Possiamo dunque con molta probabilità affermare che almeno sino a i primi dieci anni del secolo XVII i teatri italiani non risonarono delle note di siffatti cigni infelici che mercano a si gran prezzo l’inutile acutezza della voce.
Le sue favole lugubri a noi note sono: Minna de Barnhelm, Filota, Natan, Emilia Gallotti, Miss Sara Sampson.
Se imbatteva in qualche personaggio originale degno di ritrarsi sulla scena, non lo perdeva di vista prima d’averlo pienamente studiato (Note VI).
Le sue favole lugubri a noi note sono: Minna de Barnhelm, Filota, Natan, Emilia Gallotti, e Miss Sara Sampson.
Le altre due commedie impresse appartengono a Don Tommaso de Yriarte autore di altre note produzioni letterarie.
Non vogliamo però dissimulare che il lodato Metastasio tanto nell’Estratto della Poetica di Aristotile, quanto nelle Note alla sua versione di quella di Orazio, mostrasi propenso ad ammettere l’opinione di coloro che stimano non essere stati più di tre effettivamente gl’istrioni Greci, ciascuno de’ quali rappresentava due o tre parti, non altrimenti che i commedianti Cinesi.
Scappino a Mussina Famme sentir almanco qualche cosetta niova, ma avverti ben de note dar de bianco, ch’el se scortega i Aseni a la prova : dimme qualche concetto, quà senza scaldaletto, che a sta foza vedrò, se ti xe instrutto, e fa saltar la rana sora el tutto.
E quella man, che Cetere festose, Con arguta armonia tocca e percuote Intenta a numerar l’interne note, Ricerca in tuon d’Amor corde amorose.
Sento già risuonar le note avene; 51 Sorger di nuovo, oimè! […] Una muta rappresentazione sommamente eloquente non veduta da’ semplici gramatici e da’ freddi critici, a’ quali fa uopo che sieno materialmente siffatte cose accennate in note marginali, dovette allora far comparire nel volto d’Ifigenia la riflessione del pubblico interesse che a lei sopravvenne e si contrappose al primo terror della morte. […] Plutarco tuttavolta presso Stanley nelle Note ad Eschilo senza preferirne veruno vuole che ciascuno di essi abbia avuto alcun pregio particolare, nel quale non sia stato dagli altri superato. […] Non vogliamo però dissimulare che il lodato Metastasio tanto nell’Estratto della Poetica di Aristotile, quanto nelle Note alla sua versione di quella di Orazio, mostrasi propenso ad ammettere l’opinione di coloro che stimano non essere stati più di tre effettivamente gl’ istrioni Greci, ciascuno de’ quali rappresentava due o tre parti, non altrimenti che i commedianti Cinesi.
Dal che nascono due inconvenienti: il primo che essendo il linguaggio della musica troppo vago e generico, e dovendo conseguentemente per individuare l’oggetto che vuol esprimere, far lunghe giravolte, e scorrere per moltiplicità di note; l’azione diverrebbe d’una lunghezza insoffribile se il poeta non si prendesse la cura di troncare le circostanze più minute. […] La musica, perché faccia il suo effetto, ha bisogno di certi intervalli o distanze, che lascino luogo alla espressione, altrimenti scorrendo su troppo velocemente per le diverse note, vi si confondono i passaggi, e l’armonia si disperde.
I due testi sono accompagnati da brevi note di commento. […] L’edizione del 1878 sarà curata da Alfonso Salfi, che premise al trattato degli accenni biografici sull’autore e che corredò il testo di note. […] Nota al testo La presente edizione del Della declamazione di Francesco Saverio Salfi riproduce il testo della prima e unica stampa integrale, eseguita nel 1878 presso lo Stabilimento Tipografico di Androsio di Napoli, curata dal pronipote Alfonso Salfi, Le note dell’editore, insieme ai cenni biografici sull’autore preposti al testo, sono stati eliminati. […] E perciò riesce ancora difficilissimo, anzi impossibile, il conoscere quali fossero certe maniere e pratiche di queste arti, che dagli antichi si esercitavano, siccome riguardo all’armonia della lingua, al tuono della declamazione, al canto o alle note di questa, all’uso delle maschere, alla divisione ed esecuzione sincrona della declamazione, ed al pantomimo dello stesso dramma. […] [7.22] L’uomo odia in generale qualunque obbietto sia o creda capace di cagionargli alcun male; quindi soffre diverse affezioni più o meno forti e distinte sotto l’azione di quello; ma ha l’odio fra tutti i tratti più note voli, di che pur le altre più o meno partecipano.
Alla fine dell’opera (Terza edizione, Paris, Canel, 1828) è fra le altre note istoriche la seguente : Quanto a Carlino, il marmo non ha avuto cura sin qui di eternarne le sembianze : il suo volto sconosciuto quasi anche a’contemporanei, poichè celato costantemente sotto la maschera, non è conservato che in un pastello assai mediocre, di cui poche copie furon distribuite agli amatori.
Una muta rappresentazione sommamente eloquente non veduta da’ semplici gramatici, e da freddi traduttori o critici, a’ quali fa uopo che sieno materialmente siffatte cose accennate in note marginali, dovette allora far comparire nel volto d’Ifigenia la riflessione del pubblico interesse, che a lei sopravvenne e si contrappose al primo terror della morte. […] Plutarco tuttavolta presso Stanley nelle Note ad Eschilo senza preferirne veruno sostiene che ciascuno de’ tre possedeva alcun pregio particolare, nel quale non venne dagli altri superato.
La sua favola è posta in mezzo a due baluardi istorici, cioè a una prefazione e ad alcune note nel fine. […] Ma lasciamo le istorie, le note e le prefazioni del Belloy, e conchiudiamo che delle sue tragedie l’ Assedio di Calais, Gastone e Bajardo, Zemira, Don Pietro il crudele e Gabriela di Vergy già più non rimangono che i nomi, mancando loro la nota del genio, l’armonia della versificazione, la correzione del linguaggio e la forza, la bellezza ed ogni altra dote dello stile.
Secondo il Mongitore un’ edizione dell’Aminta fu pubblicata in Sicilia colle note musicali del gesuita Erasmo Marotta da Randazza, che morì nel 1641 in Palermo.
Le più note sono quelle del celebre Dionigi Petavio, di cui s’impresse in Parigi nel 1620 il Sisara, e quattro anni dopo l’Usthazane, ovvero i Martiri Persiani con altre.
Le più note sono quelle del celebre Dionigi Petavio, di cui s’impresse in Parigi nel 1620 il Sisara, e quattro anni dopo l’Usthazane, ovvero i Martiri Persiani con altre.
Lo assicura Girolamo Ruscelli, testimonio di veduta, colle seguenti parole cavate dal primo volume della raccolta de’ migliori componimenti del teatro italiano ch’egli fece stampare nell’anno 1554, con alcune note infine, in una delle quali parlando della Calandra dice: «Onde a questi tempi in Francia sogliono rappresentare quelle loro farse mute ove solamente coi gesti senza una minima parola al mondo si fanno intendere con tanta gratia e con tanta sodisfatione degli spettatori, ch’io per me non so s’ho veduto giammai spettacolo che più mi diletti e molto mi meraviglio, che sin qui l’Italia, ove non si lascia indietro veruna sorte d’operatione valorosa, non abbia incominciata a riceverle e rappresentarne ancor ella ecc» 178. […] La loro musica non meno che la loro cadenza consisteva in una serie di note lunghe lente e posate accompagnate dal pochi strumenti, e questi de’ più gravi, cosicché i brillanti giovani e le vezzose giovanette rassomigliavano piuttosto ad un coro di Certosini che volteggiassero, che non ad una truppa di giulivi danzatori.
V’ è di più; egli le narra all’amico Pilade cui dovevano essere altrettanto note che a lui stesso; egli le narra ancora intempestivamente nel metter piede nella terra de’ barbari. […] Alcune tragedie Cristiane perdute si vuole che scrivesse ancora il benedettino mantovano Teofilo Folengo morto nel 1544, bizzarro ed ingegnoso autore delle Poesie maccaroniche sotto il nome di Merlin Cocajo, e del raro poema romanzesco l’Orlandino pubblicato col nome di Limerco Pitocco, del quale nel 1773 fece in Parigi una elegante edizione, pochi giorni prima di partirne, l’erudito nostro amico Carlo Vespasiano sotto il nome Arcadico di Clariso Melisseo, corredandolo di curiose erudite note.
La sua favola è posta in mezzo a due baluardi istorici, cioè a una prefazione e ad alcune note stampate nel fine. […] Ma lasciamo le istorie, le note e le prefazioni del Belloy, e conchiudiamo che delle sue tragedie l’Assedio di Calais, Gastone e Bajardo, Zemira, Don Pietro il crudele e Gabriela di Vergy, già più non rimangono che i nomi, mancando loro la nota del genio, l’armonia della versificazione, la correzione del linguaggio e la forza, la bellezza ed ogni altra dote dello stile.
Nella prima scena il Duca di Austria fa menzione con Corradino di cose a lui ben note, per darle ad intendere all’uditorio, cioè della sconfitta ricevuta, della loro prigionia, dell’esser tenuti per privati, e di essersi di tutto passato avviso alla madre di Corradino. […] Convien dunque a tale edizione attenersi, che, al dir dell’autore, la presenta qual si compose; ma osserveremo in note le variazioni che vi si fecero nel rappresentarsi. […] Vengono Almonte e Ricimero ad annunziare che non si trova Elvira, aggiugnendo giusta le solite loro note critiche, che forse è fuggita con Adallano. […] Paisello, la quale piacque al Calsabigi e dispiacque al pubblico per certa continuata uniformità di tinte e di tuono lugubre, che dall’andamento di tutto il dramma si trafuse nelle note di quel valoroso maestro.
V’è di piu; egli le narra all’ amico Pilade cui doveano essere così note come a se stesso; egli le narra ancora intempestivamente nel metter piede nella terra de’ barbari. […] Alcune tragedie Cristiane perdute si vuole che scrivesse ancora il Benedettino Mantovano Teofilo Folengo morto nel 1544, bizzarro ed ingegnoso autore delle poesie maccaroniche sotto il nome di Merlin Cocajo e del raro poema romanzesco l’Orlandino pubblicato col nome di Limerno Pitocco, del quale nel 1773 fece in Parigi una elegantissima edizione, pochi giorni prima di partirne, il dotto nostro amico Don Carlo Vespasiano sotto il nome Arcadico di Clariso Melisseo, corredandolo di curiose ed erudite note.
Non è già che non iscappassero fuori tratto tratto certi lampi di vera Musica teatrale in molti felici squarci di Recitativi obbligati di più di un Maestro, ma singolarmente del divino Jommelli, ed in certa difficilissima facilità del Vinci, dello Scarlati, del Leo, i quali con quattro note seppero spesso giugnere al cuore.
Il dottor Swift intimo amico di Gay nel suo Gazzettiere non meno che il Pope nella Dunciade e che il Warburton nelle note che fece a questo poema satirico, l’esaltarono come un capo d’opera.
Sarebbe a desiderarsi che qualche dono e giudizioso letterato facesse qua scelta delle migliori traduzioni italiane dei più pregiati drammi antichi e moderni, e la desse alle stampe in un corpo con note, osservazioni critiche ec.
Il dottor Swift intimo amico di Gay nel suo Gazzettiere non meno che il Pope nella Dunciade, e che il Warburton nelle note che fece a questo poema satirico, l’esaltarono come un capo d’opera.
Sol se qualche novella (che al fin verrà cred’ io) Giugnerà a Zeanghire, digli a mio nome addio: Digli che del suo nome nelle note a me care Partir tu mi vedesti, e finir di parlare. […] I cori di esse posti in musica da varj eccellenti maestri Napoletani si trovano stampati colle note musicali in fine di ciascun tomo.
Imperocché il timore di non slontanarsi troppo dal parlar familiare proprio de’ personaggi che rappresentano, fa che i buffi non si perdano in gorgheggi o cadenze smisurate, e che non facciano uso di quel diluvio di note, col quale inondandosi nella tragedia le arie più patetiche e interessanti, hanno gli altri cantori non so se disonorato o abbellito il canto moderno.
Possiamo dunque con molta probabilità affermare che almeno sino ai primi dieci anni del secolo XVII i teatri Italiani non risonarono delle note di tali cigni infelici che mercano a sì gran prezzo l’inutile acutezza della voce.
E che altro io feci nelle note su gli auti poste nella Storia prodotta nel 1777?
E che altro io feci nelle Note su gli autos poste nella Storia de’ Teatri prodosta nel 1777?
Aluro non distingue la voce della propria innamorata da quella di Terma, due persone a lui sì note?
Puisque les comédies italiennes qui nous restent de ces premiers temps (qui ne sont pas en grand nombre) ne portent dans leur frontispice que le titre d’anciennes, sans un avis au lecteur, et sans aucune note qui nous éclaircisse pour le temps ; voyons si les représentations saintes peuvent nous indiquer une époque plus sûr de la naissance du théâtre en Italie. […] Il faut remarquer que les trois exemples que je rapporte dans la note sont pris dans le noble, et qu’ils étaient adaptés aux pièces auxquelles ils ont servi, qui sont ou des pastorales, ou des tragi-comédies : comme il y en a d’autres qui sont d’un genre comique, et plus convenable à la comédie. […] Par une note qu’il a tiré du II e livre de l’histoire de la ville de Paris, pages 523, il dit qu’en l’année 1313, Philippe le Bel donna une fête, à laquelle il invita le roi d’Angleterre ; et que parmi les différents divertissements, le peuple « représentait divers spectacles, tantôt de la gloire des bienheureux, et tantôt la peine des damnés ». […] Girolamo Ruscelli dans le premier volume du Recueil des meilleures pièces du théâtre italien , qu’il fit imprimer l’an 1554 avec des notes à la fin, en parlant de La Calandra , comédie de Bibiena dit « Que de son temps29 il y avait en France un genre de farces muettes, dans lesquelles les acteurs, sans prononcer la moindre parole, se faisaient entendre à merveille par leurs gestes : il ajoute, que l’exécution en était si agréable, et si fort goûtée des spectateurs, qu’il ne sais s’il a jamais vu de spectacle qui lui fît tant de plaisir ; et je suis étonné, dit-il, que l’Italie n’en ait pas encore adopté la méthode, et ne l’ait pas transporté dans le Pays ».
Una muta rappresentazione sommamente eloquente, non veduta da’ grammatici e da’ freddi critici, a’ quali fa d’uopo che sifatte cose sieno accennate in note marginali, dovette far comparire sul di lei volto la riflessione del pubblico interesse che le sopravvenne a contrapporsi al primo terror della morte.
E poi Aluro non sa distinguere la voce della sua innamorata da quella di Terma, due persone a lui sì note?
I due Stefani, Martino Delrio e Pietro Scriverio raccolsero i di lui frammenti tragici ed il Vossio aggiunse varie note alla collezione di quest’ultimo uscita nel 1720.
J’aurais souhaité d’en user à l’égard de la parodie, comme j’ai fait pour la tragédie ; mais un simple précis ne suffisant pas, il m’a fallu donner un extrait détaillé ; j’ai fait plus, j’ai relevé par des notes marginales les traits de critique généraux, ou particuliers. […] Bayle rapporte ce passage dans ses Notes sur l’article de Molière. […] Pour preuve de tout ce que l’on a avancé, voyez Bayle aux Notes qu’il a faites sur l’article de Molière, et le Teatro di Flaminio Scala, imprimé en 1611.
I due Stefani e Martino Delrio, e Pietro Scriverio, raccolsero i di lui frammenti tragici, ed il Vossio aggiunse varie note alla collezione di Scriverio uscita nel 1730 a.