È accennato dal Gandini (Cronist. dei T. di Modena, P.
L’essere in poco tempo saliti da umili compagnie alle più reputate è prova certa dei loro pregi. […] Recitò anche a viso scoperto, e sostenne con molto valore la parte di Gobe-Mouche nella Serata dei boulevards, commedia di Favart. […] Alla fine dello stesso anno l’apoplessia lo colse nel suo domicilio di Parigi, Via dei Petits-Champs, ove morì il 6 settembre 1783. […] L’Arlecchino attuale che ha molto merito per la Francia, e ne avrebbe pochissimo per l’Italia, soffre in estremo grado la passione comune dei Commedianti : la gelosia. […] Tuttavia anche a lui accadeva talvolta quel che accadde, e accade pur troppo, ad altri dei e semidei della scena : di recitare alle panche.
Bologna, erede dei Cocchi, s. a. […] — Cronistoria dei Teatri di Modena. […] — Il libro dei monologhi. […] Stamperia dei Santi Apostoli, Palermo, 1774. […] Fulvio Viromani da Camerino in alquanti dei Madrigali.
Luca di Venezia al servizio dei nobili Vendramini.
E con opere dialettali in verso e in prosa, ricche di giocondità e profondità insieme, si venne in breve acquistando tra’ letterati del suo tempo un tal posto che poi gli mosse contro l’invidia irosa e petulante dei parrucconi. […] La questione della identità delle persone a cui son le lettere dirette, e dei fatti che in esse son descritti, non è risoluta. […] cxxi) : Ora la forma è facile e piana, come si conviene a scrittura vernacola, ora assume atteggiamenti strani, contorcimenti inesplicabili, ora corre liscia e spontanea, ora si riveste dei riboboli più bizzarri, delle secentate più aride.
Abbiamo di lui un passaporto dei più ampii, rilasciato il 15 febbrajo 1689, quando i Savorini dovevano recarsi da Bologna in varie città d’Italia, e firmato Francesco-Carlo Pio di Savoja. […] Altra supplica dei Savorini abbiamo al nuovo Duca, morto Francesco, con la quale espongono la loro critica posizione e domandano un ajuto. […] Da quel momento Gaetano Sbodio, « ambrosiano del vecchio stampo, dal cuor largo, dal buon senso caratteristico, dall’amore tradizionale per la rettitudine e per la giustizia, condita con quel pizzico di umorismo onestamente mordace, che rende i Lombardi formidabili negli incruenti duelli della parola e nell’ espressione dei loro giudizj (Ferravilla e Compagni, Milano, Aliprandi, 1890) », potè anche dirsi il più popolare degli artisti milanesi.
Nata da artisti di pregio, cresciuta sulle tavole del palcoscenico, all’ombra, direm quasi, della grande zia, non è a stupire ch'ella divenisse grande a sua volta, dando i primi segni di una eccezionale intuizione a soli nove anni, quando al Teatro Re di Milano si presentò a recitare nella Giovannina dei bei cavalli. […] Ermete Novelli, uno dei pochi, il solo forse, veramente capace d’intendere quella recitazione tutta impulsi, senza un fil di meccanica, dettò nel Fanfulla domenicale del 31 gennaio '92, poco dopo la morte di lei, un articolo ricco di commovente entusiasmo, da cui mi piace, per chiuder degnamente questo mio, stralciare un brano, che si riferisce a una recita di Fernanda al Margherita di Genova per la famiglia di Carlo D'Antoni. Tutto, come dissi, andò…. come doveva, splendidamente ; ma dove l’entusiasmo del pubblico non ebbe più limiti, senza contare la commozione dei fratelli d’arte, fu al terzo atto, alla famosa scena fra Clotilde e Pomerol !
Degli altri un solo non si diede all’arte, Vincenzo, un dei nostri ufficiali più egregi, capitano d’ Affrica, insignito di più croci e medaglie che attestano la grandezza del valor suo e della suo devozione alla patria. […] Lui capo tavola a far le minestre per tutti : c’erano i figli, le mogli dei figli, e fors’anche i padri o le madri delle mogli dei figli ; c’eran gli altri comici ; pochi.
Dondini Argenide, sorella dei precedenti, nacque a Roma il 1825, e cominciò a recitar le parti d’ingenua con Lorenzo Tassani, poi quelle di amorosa con Mascherpa.
Recitava le parti di Mezzettino nella celebre Compagnia dei Confidenti, sotto il patronato di Don Giovanni De Medici, a fianco di Marina Antonazzoni, la rinomata Lavinia, al nome della quale sono particolari curiosi della discordia regnante allora in compagnia (1615).
Questa mia opera• dei comici italiani • voglio consacrata • al nome di mia moglie • TERESA SORMANI • che da quindici anni • collaboratrice fedele e costante • leva in alto il mio spirito • confortandomi nel lavoro • sostenendomi nelle lotte • gli ostacoli rimovendo o attenuando • con intelligenza rara di donna • con amore di sposa profondo • incomparabile.
Abruzzese e frate dell’ordine dei Crocicchieri, è citato dal Sansovino fra i più antichi comici di Venezia.
Il Bertolotti (Musici alla Corte dei Gonzaga) annovera l’Austoni fra i comici che il 6 febbraio e il 5 maggio del 1591, di passaggio a Mantova, presero alloggio all’albergo della Fortuna.
Poche parole ci ha lasciate nelle sue notizie Francesco Bartoli di questa comica ; ma di essa abbiamo un largo studio in due articoli di Achille Neri (Gazzetta letteraria dell’ 11 e 18 maggio 1889) dei quali ci varremo non solo restringendo, ma qua e là trascrivendo. […] Scrissero lettere il Bruni (V.), uno dei più acerbi nemici dell’Antonazzoni (perchè pare fosse l’amante dell’Austoni) in nome anche del Romagnesi e di Mezzettino, e dell’Antonazzoni stesso. […] Io metto qui in fondo le due lettere dei coniugi Antonazzoni, le quali, con quelle degli Andreini e dei Cecchini (V.), dànno un’idea abbastanza chiara della vita dell’arte d’allora. […] È uno dei soliti lavori a protagonista, immaginato e creato per dar campo all’attrice di sfogare in iscena tutto il suo valore artistico. […] Che le commedie d’allora fossero, in genere (scritte o improvvise), una poverissima cosa, portato naturale del tempo, bruttino anzichè no, sappiamo : che quelle commedie si reggessero e piacessero per la eccellenza dei comici, molti contemporanei, e di non sospetta autorità, lo affermano.
Luca, al servizio dei fratelli Vendramini, recitò con molto plauso la parte di protagonista nella tragedia di Vitturi veneziano : Berenice, Regina d’Armenia. […] Napoli, Pierro, 1891, pag. 422) riporta l’elenco della Compagnia dei comici lombardi, che nel giugno del’47 Domenico Giannelli, il quale faceva i titoli delle recite del Costantini, offriva al Re ; e mette prima donna l’Elisabetta Passalacqua, e terza l’Elisabetta D’Afflisio, mentre è accertato non essere la Passalacqua fuorchè il soprannome di Elisabetta D’Afflisio.
M. presso il governo generale dei dipartimenti dell’ ex-Piemonte — Torino. […] Fu in seguito l’Andolfati reso da me edotto che tali opere essendo proprietà dei respettivi autori e che avendo questi concesso ad altre compagnie la privativa di rappresentarle non poteva egli farne uso senza ledere i diritti altrui, per cui gli autori medesimi reclamavano un compenso equitativo.
Questa volta il pubblico l’accolse favorevolmente, in ispecial modo per la precisione dei gesti e la rapidità delle trasformazioni. […] Perchè colla maschera non potrei mostrare sul mio volto gli sforzi che un bleso fa inutilmente per parlare e la tensione dei muscoli prodotta da quegli sforzi.
E prima aveva detto che era eloquentissimo quel suo sguardo dei grandi e grossi occhi di color grigio, di che, consapevole, abusava talora negli effetti detti di controscena. […] Non sappiamo se la triste e volgare stupidità gli abbia procacciato dolori ; ma dal Costetti sappiamo che sino a quando durò la società di lui coll’ Alberti, l’ impresa dei Fiorentini fece ottimi affari.
Degne di nota speciale sono poi le due commedie che trattan della vita del Goldoni, e la Introduzione comica, in cui sono dipinti al vivo i costumi dei comici colle loro convenienze, dispute, bizze, suscettibilità. […] Scrisse ancora, dopo la stampa dei quattro volumi : Solitudine e pianto, tragicommedia in tre atti con prologo intitolato Offesa e Vendetta, recitata al S.
Com pagno sviscerao, salute e bezzi A vù che per tant’ anni se sta bon de far el Vecchio en Scena con bravura favorio cusì ben da la natura per esser un famoso Pantalon ; A vù che recitando in più Cittae se sta gloria e lusor d’ogni Teatro, che si ben xe sonà le vintiquatro, sè ancora bon cavar de le risae ; A vù che el tempo coi sò Carnevali v’ha messo in tel catalogo dei Cuchi, che al despetto de certi mamaluchi ve conserverà el nome i vostri sali ; Presento adesso un don che m’è sta fato, e ve dedico i ferri de’ Bottega ; basta una scena a metterve in Canzega, e repararve i refoli del flato. […] Ve tegna el Ciel in rodolo dei sani, parandove del tempo la stocada, e passando dal rio de la panada, in cale abbiè a finir de Ca Centani.
Fra la folla dei discreti attori, passai anch'io, raccogliendo qualche loro bricciola : il che significa senza lode e senza infamia : ecco tutto. » Ma che bricciola mi vien ella bricciolando ! […] Ed ecco la Zucchini nell’autunno del '73 con la Ristori, con cui fu in Inghilterra, e nel '74-'75 con la Zampolli, direttore il Toselli, assunta al grado di prima donna, che sostenne assai decorosamente pei molti pregi artistici onde era dotata, ma non fortunatamente per la costituzione del fisico forte e sviluppato, in aperta contraddizione colla sentimentalità e romanticheria dei caratteri che doveva riprodurre.
Sia quel che dei Non quel che puoi dell’opre tue misura. […] [21] Ecco che l’accennata interrogazione ci porta ad un altra cognizione non meno interessante, a quella cioè dei diversi generi di canto che corrispondono al diverso carattere, e alla situazione diversa dei personaggi. […] L’opera non è, o non dovrebbe essere, che un prestigio continuato dell’anima, a formare il quale tutte le belle arti concorrono, prendendo ciascuna a dilettare or l’uno l’altro dei sensi. […] Il buon gusto e la filosofia debbono tutto sagrificare a questi due fini, e siccome gli uomini radunati in società rinunziarono alla metà de’ suoi diritti per conservar illusa l’altra metà, così il poeta purché conservi ed accresca i dilicati piaceri del cuore, e della immaginazione, purché dia campo alla musica d’ottener compiutamente il suo fine, non dee imbarazzarsi gran fatto dei cicalecci dei critici, che gli si oppongono. […] Non vi par egli che l’atteggiamento, e le sembianze d’un fiume, dell’aquilone, del zeffiro, della paura, dei demoni e di tali nomi egualmente leggiadri siano facili ad imitarsi?
Appartenne alla nuova Compagnia dei Confidenti, formata il 1615 da Don Giovanni De’Medici, assieme alla moglie che vi sosteneva le parti di servetta col nome di Nespola, e che, per essere l’amante di Antonazzoni, fu causa di discordie in compagnia.
Queste pubblicate, parte da Atto Vannucci nel secondo volume dei Ricordi di G. […] Voi avete per voi il suffragio d’Italia : io che sono l’ultimo dei suoi scrittori, riconosco intieramente da voi la fortuna delle mie tragedie, ed è impossibile far meglio la parte di Teresa. […] — La si fece esordire dopo tutti gli altri artisti nuovi, come una generica, per lasciare che il pubblico accettasse qual vera prima attrice la Pieri-Alberti ; la si tenne inoperosa per molte sere ; le si fecero rappresentare varie parti nuove per lei e vecchie per il pubblico, non la si circondava dei migliori attori ; si trascuravano alcuni accessorj della scena ; le si faceva calare il sipario prima del tempo ; gli amici dell’ Impresa non l’applaudivano per non perdere l’ingresso di favore…. […] Io ho fatto il contrario, e mio marito non ha potuto secondare i vizi dei comici e le loro abitudini, ed ecco il motivo per cui non abbiamo amici in quest’arte.
Figlia dei precedenti, continuò l’arte di sua madre, diventando una servetta non comune.
Sorella dei precedenti, fu prima donna di assai merito, e recitò, ora scritturata ora capocomica, in Italia e in Germania.
Nato al principio di questo secolo da famiglia italiana, stabilita in Grecia, si diede all’arte dopo di aver compiuto il corso di studj a Padova diventando in breve uno dei migliori brillanti del suo tempo.
Figlio dei precedenti, fu come il padre un egregio arlecchino, e come lui conosciuto col nome di Sacchetto.
Figlia dei precedenti e moglie di Giuseppe Salvini, fu una egregia servetta, e tale la vediamo col marito nella Compagnia Paladini-Internari, con la quale doveva recarsi del 1830 a Parigi ; ma còlta dal mal di petto, fu obbligata a restarsene in Italia, a Venezia, presso i suoi parenti, sostituita nel ruolo dalla moglie di Luigi Taddei.
I più eletti ingegni del suo tempo l’onoraron della loro amicizia, e nell’ album di lei, ch’è oggi alla Biblioteca Nazionale di Firenze, figurano scritti di Guadagnoli, di Pellico, di Rosini, di Peretti, di Missirini, dei Perticari, di Marenco e di altri. […] Riferisco dall’album, tuttavia inedite, le parole dei nostri grandi artisti : Carolina Internari fu una delle più splendide gemme dell’arte drammatica, e lasciò tale un vuoto di sè che mai sarà riempiuto perchè troppo racchiudeva di affetti quell’anima bollente ed eminentemente italiana. […] Dalle sfere ignote (ove certo signoreggi, come quaggiù nella memoria dei mortali) rivolgi a me un raggio della divina luce di tua sovrana intelligenza.
[4] Claudio Monteverde l’introdusse in Vinegia allorché divenne maestro della Serenissima Repubblica, e prima nei privati palagi e ne’ conviti dei dogi, poi nell’antichissimo teatro di S. […] I Saynetes, sorta di frammessi bellissimi che sono nel teatro spagnuolo l’immagine della vera e genuina commedia, e nella composizione dei quali ebbe gran nome Don Luigi di Benavente nel secolo passato e Don Raymondo de la Cruz nel nostro, servirono a promuovere maggiormente la musica teatrale aprendo talora la scena con qualche coro di musica e anche framischiando talvolta qualche dialogo musicale. […] La musica dei russi è semplicissima, come debbe esserlo in tutte le nazioni non ancor coltivate. […] In oggi per la scelta delle più belle voci e de’ più gran musici, per la magnificenza delle decorazioni e dei balli, l’opera di Petersbourg è la più compita di Europa. […] La musica e la poesia italiana non possono adunque se non assai debolmente influire sulla civilizzazione dei russi, i quali, ignorando le ascose cagioni della loro bellezza, altro non saranno giammai che languidi e freddi copisti.
Sosteneva la maschera del dottore, « rappresentando – scrive il Bartoli – l’avvocato dei poveri con valore ed energia. » Fu in varie Compagnie, fra cui quella di Pietro Rossi e di Gerolamo Medebach.
Marzocchi Gaspare, bolognese, figlio dei precedenti, fu egregio artista per qualsivoglia genere di parti.
Figlio forse dei precedenti, insuperabile nella parte dello Sguizzero mbriaco dint’ a lo vascio de la siè stella, fu generico primario e caratterista valorosissimo.
Nella prima parte del primo tomo dei Teatri (1827), G.
Fu poi prima attrice dei comici lombardi ai Fiorentini di Napoli nel 1776.
Angelo di Venezia un solo anno, si scritturò con varie Compagnie nomadi, recandosi poi in Sicilia, dove ebbe a lottar colla…. sorte, e dove…. al tempo in cui il Bartoli dettava le sue notizie dei comici, cioè al 1780 circa, viveva ancora recitando.
Entrando da mano dritta nella Chiesa dei frati conventuali a Bagnacavallo, in una cappella vi è la sua sepoltura ; e scolpita sul marmo questa quartina : col figlio suo fu tolta da cruda morte amara Teresa Baldigara sul fiore dell’età.
Il suo nome cominciò a esser proferito con lode sul finire del ’67, insieme a’grandi interpreti dei Mariti di Torelli, in cui rappresentava mirabilmente il personaggio del Duchino Alfredo.
Pieri-Cristiani Amalia, figlia dei precedenti, cominciò a recitar quindicenne nella Compagnia che suo padre aveva in società con Vedova.
Traggo le notizie dall’ Histoire de l’ancien théâtre italien dei fratelli Parfait. […] Nell’ Arlequin Lingère du Palais, del Gherardi, il costume di Spezzaferro è un misto dei due qui riprodotti.
Quanto al carattere di Scapino, è il medesimo degli schiavi di Plauto e di Terenzio ; intrigante, furbo, che s’impegna di condurre a buon termine tutti gli affari i più disperati dei giovani libertini ; che si picca di far dello spirito, che parla molto e molto consiglia. […] Gabbrielli Francesco), ci dà la solita variazione quasi inavvertita dei Pulcinelli, Gianfarine, Fritellini, Francatrippe, ecc., ecc.
Figlio dei precedenti, nacque a Cuneo il 4 dicembre 1807. […] Al solo vederlo suscitava il buon umore, infondeva l’amenità del suo carattere nell’uditorio, e faceva fare buon sangue agli ascoltatori, nelle interpretazioni dei più variati caratteri che rappresentava.
Dopo tanti anni di sicuro cammino sulle scene, ornata dei pubblici elogi, tal Donna è superiore a qualsiasi linguaggio di maldicenza.
Molto probabilmente era figlia dei precedenti.
Era il primo innamorato di quella famosa Compagnia dei Comici Gelosi, che pose termine alla drammatica arte, oltre del quale non può varcare niuna moderna compagnia di comici (V.
.), per essere aggregato alla Compagnia dei Confidenti.
Roncagli Silvia, bergamasca, recitava nella famosa Compagnia dei Gelosi, magnificata da Francesco Andreini (V.) nel Rag.
Nato a Bologna da civili parenti, compiè il corso degli studj e si laureò in legge : ma vinto dall’ amor pel teatro, nel quale aveva già fatto egregie prove co' filodrammatici, si scritturò il 1829 con la Società Vedova-Colomberti, riuscendo in breve sì per la svegliatezza di mente, sì per la correttezza dei modi e la spontaneità, un de' migliori attori comici del suo tempo.
E di questi soavissimi versi metto a riscontro questi altri, che tolgo dall’ epistola a Gustavo Modena sulle comiche compagnie italiane, inserita nel citato libretto del Bonazzi, e che, pur non essendo cattivi, son ben lontani, pare a me, dall’aurea semplicità dei primi. […] E noti bene il lettore che tale condizione dei comici è assai meno antica di quel che si crede, e risale fino ai più cospicui attori odierni, quasi decrepiti in gioventù, e ringiovaniti in età matura. […] Il tempo delle grandi affluenze ai teatri, e quindi delle grandi paghe degli attori e dei profusi cavalierati, incominciò dopo la liberazione d’ Italia, e specialmente dopo i trionfi della Ristori in Europa, e dopo la morte di Gustavo Modena nel 1861. […] Ma il fenomeno delle grandi paghe accoppiato alla decadenza dell’arte non avrebbe intera spiegazione, se, tenuto conto del maggior caro dei viveri, non si tenesse anche conto di un elemento oggi importantissimo, cioè della mafia e delle camorre che caratterizzano l’epoca nostra. […] Quando il povero parroco, nella bella commedia del Garelli I contingenti piemontesi, esce a far la sua parte, il pubblico lo prende su come viene, e se la figura è meschina e i modi sono piccoli, il pubblico se ne compiace di più perchè lo rassomiglia all’uno o all’altro dei tanti curatucoli di campagna, che son di sua conoscenza ; ma se il parroco recita in italiano, allora il pubblico, ci si perdoni la frase, si monta diversamente, e vuol figura veneranda, vuol modi gravi, vuole unzione, vuole insomma quell’ ideale, che invano si vorrebbe da taluni scompagnare dall’arte.
Si rileva da una lettera dell’Archivio di Modena, scritta da Parma a quel Duca da Ranuccio Farnese il 1° aprile del 1678, come Auretta e Mezzettino, comici dei Farnesi, fossero stati accordati per un anno all’Abate Grimani, dietro istanze del Duca di Modena espresse con lettera del 24 marzo.
Tornato in famiglia, sostenne per alcun tempo lo stesso ruolo nella Compagnia dei fratelli, passando poi primo attore assoluto, ora in una società formata col Pompili, ora in Compagnia propria.
Uscita dall’Accademia fiorentina dei Fidenti, esordì amorosa con Adelaide Tessero, colla quale stette sei mesi, per passare seconda donna con Ermete Novelli.
Uno dei tanti Arlecchini del secolo xviii.
Valentini Rosa, detta la Diana, fu moglie del precedente, e nacque – dice il Bartoli – in Polonia, « mentre la madre sua trattenevasi al servizio di quel monarca, da lui cotanto favorita, che donolle il suo proprio ritratto tempestato di gemme d’inestimabil valore. » Cresciuta in bellezza (vuolsi che dalla maestà di tutta la persona, e dalla ricchezza dei biondi capegli trasparisse la nobiltà del seme di cui dicevasi frutto), e divenuta artista preclara, si sposò a Giovanni Valentini, percorrendo con lui l’Italia, ammiratissima e per le doti fisiche, e per le artistiche.
» Codesto Battista noverato da Jason De Nores assieme a Messer Giulio, il Pasquati Pantalone, e a Messer Orazio, il Nobili Innamorato dei Gelosi, deve aver fiorito fra il 1570 e il 1580.
Composto più sorprendente di così belle sociali pitture noi non troviamo che nelle Allegorie, nelle quali con vive immagini osserviamo i diversi mostri, che mascherati di soave apparenza, si fanno i tiranni dei nostri affetti, e tutto sfigurano il nostro spirito. […] Fra la più grande illusione della (per così dire) Magica Azione, il valente Poeta ha saputo costantemente condurci alla conoscenza dei più nobili sentimenti, al più moral disinganno, ed al trionfo più bello dell’ umana moderazione.
Sul letto di lunghi dolori sta il pallido artista sognando ; passeggia fra ignoti bagliori dai vivi lo spirito in bando : E mentre le strofe dei canti sommesso parlando gli van, gli passan, gli passano avanti le larve di un giorno lontan ! […] … Or meglio morir nel profondo dei flutti, regina, con te !
Figlio del precedente, uno dei più forti e gloriosi artisti del nostro tempo, che regnò sessant’anni sulla scena italiana fra gli astri di maggiore grandezza, nacque a Brescia il 12 giugno 1812. […] Dopo lo accolse il paesello di Scandicci, ove s’era fatto dono in tanti anni di lavoro, di una romita e modesta casetta, e quivi morì fra le braccia della moglie e dei figli il 10 gennaio 1893.
Nato a Chioggia, mostrò sin da giovinetto una chiara attitudine alla pittura che coltivò finchè potè e come potè, però che il padre, desideroso di aver tutti con sè i propri figliuoli, lo tolse agli studi, incorporandolo nell’artistica famiglia come primo attore ; il qual ruolo mantenne anche dopo la morte del padre in Compagnia dei fratelli.
Federigo, l’ultimo dei fratelli Duse, è morto a trentacinque anni, avanti il ’50, e fu artista drammatico di buon nome per le parti di primo attore. […] Nel’46 risolse di far rivivere il teatro, più specialmente dialettale, di Goldoni, scegliendo a ciò attori provetti, e le commedie allestendo con minuziosità di particolari, e decenza e fedeltà di arredi, e interpretazione accurata, e recitazione viva e spontanea : e tanto vi riuscì, che la sua Compagnia si acquistò allora fama di Compagnia modello ; e le rappresentazioni della Casa Nova, delle Morbinose, delle Donne Gelose, del Campiello, del Maldicente, del Bugiardo, della Puta onorata, della Bona Mugier, del Ventaglio, del Sior Todero Brontolon, delle Done de Casa Soa, delle Baruffe Chiozzote, del Molière, dei Quattro Rusteghi, non ebbero più chi le superasse nè chi le uguagliasse. […] Nè si limitò il Duse alla Recitazione del repertorio goldoniano ; chè in molti de’ drammi lacrimosi e degli scherzi comici del tempo, alcuni dei quali scritti a posta dallo Zanchi, dal Calderon, dalla Barluron, egli riusciva artista preclaro. […] Ma per aver tuto questo ghe vol el consentimento de sto pubblico e dei me boni veneziani tanto boni e cortesi con mi.
Chi abbia ragione dei due non so.
Se più d’ogni altra di sapere abbonda la tua bell’alma, tu sol la Quadriga dei guidar di tua gloria ; ogni altro Auriga di Climene al figliuol fia che risponda. […] Seco m’aggiunsi, e giovenetta mostra Fei ne’ teatri, ch’or tanto deprime Non ben saldo parer d’animi foschi ; Non già così chi ’l nobil capo inostra De la Romana chiostra Lodato eroe tra le famiglie prime De’ Greci, e dei Latin come dei Toschi Saggio cultor, e ’n un Testor amante ; S’egli ad ogn’altro avante Poggia per gran saper, che dicon questi Aristarchi bugiardi ogn’or molesti ? […] A Trento era colla compagnia l’autunno del 1608, quando cioè pubblicò i Capitoli e le suppliche ; e innanzi di partire si duole nella seconda di esse al Capitan di Trento, Barone di Thon, della miseria dei comici non andando gente a teatro. […] Il Colomberti così narra le cagioni che la determinarono a entrar nell’arte : Giovine ed inesperta, si innamorò di un cattivo soggetto, e contro il consiglio dei di lei genitori volle sposarlo ; ma ben presto si penti della sua scelta.
Fu allora che il Conte Carlo Gozzi, già forte estimatore dell’ingegno di lui, pensò di venirgli in ajuto, esordendo come autore la sera del 25 gennajo 1761 con la fiaba L'amore delle tre Melarance, « caricata parodia buffonesca sull’opere dei signori Chiari e Goldoni, che correvano in quel tempo ch'ella comparve. » Fu preceduta da un prologo in versi « Satiretta contro a' Poeti, che opprimevano la Truppa Comica all’improvviso del Sacco », e « nella bassezza de'dialoghi e della condotta e de'caratteri, palesemente con artifizio avviliti, l’autore pretese porre scherzevolmente in ridicolo Il Campiello, Le massere, Le baruffe Chiozzotte, e molte plebee e trivialissime opere del signor Goldoni. » Che Dio l’abbia in gloria ! […] Non mi par qui il caso di dover rilevare la stupida osservazione del giornalista, come se l’arte comica in Italia fosse responsabile dello sperpero dei danari, degli ori, degli argenti, e delle gemme, che un attore, favorito dalla sorte fino agli ottant’anni, fa in amori senili degni di ogni dileggio…. […] Nè dal tempo delle fiabe scritte, dopo tornato egli da Lisbona, datan le offese e difese dei due campi. […] Truffaldino non è che uno dei tanti nomi di Arlecchino, senza mutamento nè di abiti, nè di essenza. […] L'arlecchino di Dresda del 1723 non era Natalino Bellotti (V.), uno dei Beniamini della Corte ?
Imperciocché se tacessero i trilli, dove parlano le passioni, e la musica fosse scritta come si conviene, non vi sarebbe maggior disconvenienza che uno morisse cantando, che recitando dei versi. […] E con ciò la musica vocale era quale ha da essere secondo la vera instituzione sua: una espressione più forte, più viva, più calda dei concetti e degli affetti dell’animo. […] [2.8] La prima cosa è piena veramente di pericolo, se uno guardi al buon effetto della melodia che, stando anch’essa nel mezzo, tiene maggiormente della virtù; e nella musica si vuol fare quell’uso degli acuti che si fa dei lumi ardenti nella pittura. […] Non si trovava la via da accordare col nostro canto le orecchie dei Francesi, ed era da essi loro rigettata l’oltramontana melodia, come vi fu altre volte aborrita la oltremontana reggenza. […] Nelle opere serie è anche forza confessare che si odono qua e là dei pezzi degni dei tempi migliori.
Fu comico al servizio dei Gonzaga di Mantova.
Figlia dei precedenti, sposò il 1708 Carlo Virgilio Romagnesi, detto Leandro col quale fu in Francia a recitare in provincia sino al 1725, e del quale restò vedova il 1731.
Di lui, attore in Compagnia Vestri e Venier, scrisse il Giornaletto ragionato dei teatri del 1821 : Partito da Firenze sua patria, immaginò in Lombardia un nuovo ridicolo personaggio, cui diede il nome di Stentarello, che quantunque in lui non male accolto dal pubblico, tuttavia non fu da altri poi ricopiato.
Sorella dei precedenti, nacque a Venezia nel 1741, e cominciò da bimba a mostrar grandi attitudini alla scena.
Il 1754 era con Domenicantonio di Fiore al Casotto del San Carlino ; dal '63 al '69 ottenne, per farvi commedie, un rimessone dei Reverendi Padri Agostiniani a Portici.
Succedette alla Tessari Maddalena Pelzet, la quale dopo un solo anno dovette andarsene ; e la Pieri tra pel merito reale, e per l’ intrigo del marito, Adamo Alberti, capo socio della Compagnia, diventò la prima donna assoluta dei Fiorentini, fino al '54, in cui fu sostituita da Fanny Sadowski, assumendo essa il ruolo di madre nobile, che sostenne per varj anni, finchè, stanca dell 'arte, il 10 ottobre del 1885 si ritirò dalla scena.
Pieri Vittorio, figlio dei precedenti.
Figlia dei precedenti, fu una ottima prima attrice per le commedie goldoniane e le sentimentali del teatro francese, che al suo tempo inondavan le scene, tradotte dalla madre Gaetana.
Figlia dei precedenti, si diede principalmente allo studio della danza, e recitò anche parti di fanciulla nelle Fiabe di Carlo Gozzi.
Passò poi di città in città e di trionfo, e in poco tempo fu acclamato come uno dei più vigorosi e più spontanei comici. L’Alberti è ormai più noto a noi come conduttore e direttore della famosa Compagnia dei Fiorentini di Napoli, nella quale egli scritturò pe’l corso di quarant’anni i più rinomati artisti d’Italia.
Non v’era più bisogno della malignità dei comici per architettare aneddoti saporiti : la sua vita sbrigliata e sregolata era ormai palese…. […] Non vedo l’ora (esclama ella sanata dei pregiudizj) di passare a Parigi, laddove de’ finanzieri ricchi sfondati, scagliano de’ borsoni di luigi d’oro alle Attrici, con maggior facilità che in Italia non si dona una pera. […] Eccolo : Alza verde arbuscel da fondo umile de le foglie l’onor, dei tronchi i vezzi, e già si stende, e già divien simile a Pino che i virgulti ombri e disprezzi.
Il buon Prelato ascoltò le ragioni de'Comici : non mancauano li dua di portar Testi contro le Comedie, e non voleuano, che i Comici altercassero ragioni ; quasi volendo che l’autorità dell’habito potesse far autentica legge alle loro opinioni : ma l’amoreuole Superiore diceua, lasciateli dire, il douere è, ch'ogn’ vno dica la sua ragione ; ma perchè la cosa andaua in lungo, si trasportò il ragionarne all’altro giorno ; e così il giorno seguente all’hora deputata comparuero i Comici con l’autorità segnata ne' libri, e così fecero gl’altri che si trouarono inuitati, chi da vna parte, e chi dall’altra, oue che si contrastò vn pezzo, in vltimo il benedetto Cardinale decretò, che si potesse recitar Comedie nella sua diocesi, osseruando però il modo che scriue San Tomaso d’Aquino ; et impose à Comici che mostrassero i Scenarij delle loro comedie giorno per giorno al suo foro, e così ne furono dal detto Santo, e dal suo Reuerendissimo Signor Vicario molti sottoscritti, ma in breue i molti affari di quell’ Vffizio, fece tralasciar l’ordine, giurando i Comici, che non sarebbero stati gli altri suggetti meno honesti dei riueduti : il Braga (così chiamano il Pantalone di quella Compagnia) et il Pedrolino haueuano ancora (e non è molto) di quei suggetti, ò siano Scenarij di Comedie sottoscritti, e quelli segnati da San Carlo, si tengono custoditi, e nella Compagnia, oue hora sono vi è chi ne ha due, e li tiene à casa per non li smarrire. […] Conte Marco Verità, con alcune annotazioni del signor Fulvio Vicomani da Camerino in alquanti dei Madrigali. […] Quinci dell’armonia s’ode dal cielo vera imagine uscir, esempio vero, ch'unqua all’orecchie dei mortal non venne.
Francesco Bartoli ha per l’Androux parole di encomio, da quando era col Lapy ; il giornale dei teatri di Venezia del ’96 ha di lui : « col Ruggero nelle Lagrime d’una vedova e col Saggio nella Lauretta di Gonzales, si assicurò sempre più la fama di buon comico.
Carlo stabilì la censura per le bozzature delle commedie, su poche delle quali però appose la sua firma, perchè, pei molti affari di quell’ uffizio, fece tralasciar l’ordine, fidando nella parola dei comici, i quali giurarono che non sarebbero stati gli altri soggetti meno honesti de i riveduti.
L’esilità della persona e la tenuità dei mezzi accoppiate a una persistente sfortuna non le permisero di esser prima in compagnie di primo ordine ; ma la correttezza della dizione, la non comune intelligenza, e l’amore per l’arte che è culto in lei, le dieder sempre e le dan tuttavia soddisfazioni artistiche non comuni.
La Patti ebbe momenti di buon successo, ma più, dicon taluni che la conobber da vicino, al cospetto dei pubblici dozzinali che degl’intelligenti, abbandonandosi essa a ogni sorta di artifizio pur di aver quegli applausi, che, per vero dire, non le mancarono mai.
Ritiratosi il Bellagambi dall’arte, si restituì a Firenze, ove, aperta una bottega di libri antichi, doventò uno dei più pregiati e intelligenti librai, ed ove morì in età avanzatissima.
Biancolelli-di Turgis Francesca-Maria-Apolline, figlia dei precedenti, nacque il 1664, ed esordì come amorosa alla Commedia italiana l’11 ottobre 1683 nell’Arlecchino Proteo, sotto nome d’Isabella, insieme alla sorella minore Caterina che recitò la parte di servetta, diventando poi la rinomata e incomparabile Colombina.
(Dal Reg. 730 dei Passaporti nell’Arch. di Stato in Milano).
Figlia dei precedenti, nacque a Torino l’aprile del ’59.
Battista da Treviso), poi con tutte due nella lettera dei Comici Costanti, senza data, ma diretta da Ferrara al Duca di Modena, reclamando la partizione di trenta zecchini dal Pantalone Scarpetta (V.) il quale non solo vuol tenerli per sè, ma neanche vuol seguire la compagnia, adducendo la ragione del caldo soffocante.
Il Giornale dei teatri di Venezia (vol.
Fini Teresa, moglie del precedente, figlia di poverissimi artisti, si trovava a Legnago a recitar coi parenti e pochi scritturati il Curioso accidente di Goldoni alla presenza dei celebri artisti Anna Pellandi e Paolo Belli-Blanes, colà di passaggio.
L'ultimo dei Meneghini, nato a Milano il 1811, fu prima compositore nella tipografia teatrale Brambilla ; poi, accarezzato il sogno di eccellere in arte come attore tragico, si scritturò, dopo alcune prove con dilettanti, al Teatro Lentasio, come generico nella Compagnia di Antonio Giardini, della quale sposò la prima attrice giovine Amalia Pasquali.
Figlia dei precedenti, nata a Venezia e battezzata il 1° dicembre 1711 nella Chiesa di San Moisè, non lungi dalla Piazza di San Marco, esordì bambina il 1719 come il fratello Francesco nella scena aggiunta dell’ Arlequin Pluton di Gueullette sotto le vesti di piccola Arlecchina.
A Giuseppe Lapy si deve più specialmente la importazione forestiera dei drammi così detti lagrimosi che sostituì al teatro di Goldoni, non più tanto proficuo per lui, tradotti a posta da Elisabetta Caminer. Il repertorio dunque della Compagnia fu a iniziativa sua de' più varj, sapendo egli con buon discernimento alternar le commedie, coi citati drammi, e colle tragedie : e di tal discernimento accoppiato a una operosità senza pari, egli potè godersi i frutti nella vecchiaja. « Vive il Lapy tuttavia (1782) – scrive il Bartoli – in buona prosperità, ed ha la consolazione di vedere la sua famiglia incamminata ad un auge, per cui anche dopo la di lui morte rimarrà al mondo una degnissima ricordanza degli onorati meriti suoi. » In una lettera che si conserva autografa nella biblioteca di Verona, e che trovasi pubblicata nel catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca stessa, il Lapy dà ragguaglio da Venezia il 22 ottobre del 1770 a Domenico Rosa-Morando del successo ottenuto colla sua tragedia La Andromaca, già replicatasi quattro sere, e reclama aggiunte e modificazioni per le nuove repliche da farsi quando la quantità delle genti che presentemente sono in Villeggiatura si saranno restituite in Venezia.
Formò poscia a Torino il Teatro di famiglia con animo di rappresentar le vecchie commedie morali del Teatro dialettale ai Teatri d’Angennes e Scribe ; ma l’ '80 ritornò nella Compagnia piemontese diretta da' suoi due allievi Gemelli e Milone, e dopo il carnovale dell’ '82 abbandonò il teatro seguendo le sue figliuole Clara e Carlotta, attrici della Compagnia Pedretti (aveva preso in moglie da giovine una Anna Dogliotti), e vivendo di una piccola pensione che gli accordava il Consiglio dell’ordine dei Cavalieri dei SS.
Il volume ha una specie di autobiografia dei primi anni del Bruni, in cui è narrato per disteso il suo ingresso nell’arte, e in cui si discorre largamente e chiaramente di vari comici, quali Isabella Andreini, Gio. […] Della nobile Torino, riserbata ad avere tanta e così gloriosa parte nella storia d’Italia, scriveva il Bruni, quasi presago dell’avvenire : « in questo luogo dove i monti tengono il piede, l’Italia il cuore, il Re dei Fiumi la cuna, Venere l’albergo, la Vittoria le palme, la Gloria i trionfi e l’Onore il seggio, ecc. » Non ho veduto questo libretto di Prologhi, ed ho però trascritte le parole di A. […] Precedenza dei colori e della proportione. […] Ci si trova dinanzi a’ soliti contrasti dalle imagini bizzarre a grossi paroloni, dalle sottigliezze lambiccate, dalle sdolcinature iperboliche a base di sole, di luna, di fontane, di fiumi, di aurore, di tramonti, con tutti gli dei e semidei dell’olimpo. […] Queste sono delle maraviglie che suole produrre la natura che ancor che paja diligentissima si dimostri nel distinguere le persone, nel carattere dello scrivere, nel suono delle voci, et nella forma dei volti ; contuttociò molti si sono trovati che simigliantissimi tra di loro essendo, benchè nati in paesi diversi e lontani, hanno ingannati quelli che più famigliarmente con loro praticavano ; e la prova si vede nella mia persona che tanto dite assomigliarsi a questa Celia.
Costretto dal suo ruolo generico a rappresentare dei vecchi, aveva presa l’abitudine d’ingrossare la voce, per modo che non poteva più piegarsi alle parti da giovine : il che non impedì ch’egli fosse e meritamente applaudito.
Destinato alla carriera ecclesiastica, deliberò di abbracciar quella del teatro, fuggendo di casa, e assumendo un nuovo nome per sottrarsi alle ricerche dei parenti.
Si condusse, per affari di commercio, in Pesaro, e colà addestrossi in filodrammatiche società assieme ai Conti Perticari, dei quali diventò l’amico ; e, sentito colà dalla Pellandi e dal Belli-Blanes, fu scritturato da essi pel 1813 come brillante assoluto.
Figlio dei precedenti, nacque il 1820. […] Lui morto, mi capitò sott’occhi un volume di Edmondo De Amicis « Costantinopoli, » nel quale è la seguente dedica autografa, colla data di Torino 1 settembre ’77, che sotto la celia gentile ben compendia, nella infinita modestia del geniale poeta, le grandi qualità dell’artista : Al Pascià dai mille amori, Al Muftì dei commedianti, Al Sultano dei brillanti Il Rajà degli Scrittori.
Giovanni, artista di pregi non comuni, recitò nella prima giovinezza come amoroso prima, poi come primo attore giovane in Compagnie primarie quali del Mascherpa, del Domeniconi, Robotti-Vestri, Cesare Dondini, avendo così la fortuna di recitare al fianco dei grandi artisti che fiorivano a quel tempo.
Sposò l’attrice Carolina Spelta in Cammarano, ed ebbe undici figli, tutti comici, dei quali Colomba, Michele, Guglielmo, Edoardo, Ernesto, Matilde, Elena e Pia, morti.
Figlio dei precedenti, nacque a Firenze il 1849.
Ma in lui crebbe a segno la passione del teatro, che, un giorno, fuggito dalla casa paterna, si unì a una compagnia delle più mediocri, di cui divenne ben presto il sostegno, recitando con singolare perizia, e con meraviglia dei suoi compagni, i disparati caratteri di amoroso, primo attore, padre e tiranno.
In esso volume, oltre alle commedie recitate in Firenze, figurano : L’amor semplice – Il Molière – L’amor non può celarsi – L’erede universale – L’orfana fuggitiva – La vedova spiritosa – L’ Eugenia – La finta pazza – Gl’impostori onorati – La contadina tradita – Torquato Tasso – Il disertor tedesco – Pamela fanciulla – Pamela maritata – La fiera delle fate – I due avari – Il Conte di Valtron – La moglie saggia – La caccia d’ Enrico IV – Il vecchio collerico – Gli eroi inglesi – Le glorie della religione di Malta – L’inferno aperto a favore d’ Arlecchino – Arlecchino custode dei pazzi – Geneval – Colombina spirito folletto – La felicità nata dalle sventure – La Reginella – Il padre fanatico – La Calzolaia – La presa di Belgrado – Il disertor fortunato. […] Oltre a dette raccolte di ottave e ad altre opere piacevoli del Corsini, assai noto è uno Scherzo poetico intitolato : Il viaggio dei fiorentini alla Madonna della Tossa (Fir., Magheri, 1824), che comincia : Quattro amici compagnoni, sendo in Tomba all’ osteria, dopo il bere ed il mangiare, com’ è l’uso di costoro, cominciaro a ragionare sopra varie allegre cose, secondo quel che ciaschedun propose.
Il primo anno fece società con Francesco Coltellini, da cui essendogli pervenute alla resa dei conti cinque o seimila lire di guadagno, oltre a quel tanto da vivere che s’ era assegnato giornalmente per sè e la moglie, si sciolse amichevolmente, e diventò capocomico solo, mettendo subito piede al primo teatro di prosa di Milano (ora Manzoni) il settembre, e all’Arena Nazionale di Firenze la primavera. […] Commise a Cavallotti un lavoro, che fu poi il fortunato Cantico dei Cantici….
Fratelli dei precedenti e generici di poco conto.
Li comici Confidenti, dei quali hora io mi servo, desiderano di haver voi in compagnia loro, il che anche a me piace, per intender la sufficienza vostra ; perciò mi sarà di non poca soddisfatione che, posponendo ogni cosa, vi transferiate qui a servire me et a compiacere loro, che vi amano molto.
Egli soleva tra il penultimo e l’ ultimo atto della rappresentazione invitare il pubblico, secondo il costume, alla recita del domani : e tale e tanta era la grazia delle sue parole, tanta la varietà ed elevatezza dei concetti, e tale ancora la dovizia delle trovate, che molti degli abbonati recavansi a teatro in quell’ ora solamente.
E se bene egli non avesse troppo bella persona (era gobbo), ei li rappresentava con tal giustezza e precisione che niente lasciava a desiderare. » Aveva sposato Angelica Caterina Tortoriti, figlia del celebre Pascariello, poi Scaramuccia, e morì il 14 novembre 1732, munito dei SS.
Raparelli Giovanni, di Viterbo, fu cancellier criminale per molti anni in Perugia sotto il Governo di Monsignor Galli, in Ferrara dei Cardinali Cibo e Spada, in Imola degli Eminentissimi Acquania e Borromeo, e altrove.
Passò da quello di donna seria al carattere della serva sotto il nome di Smeraldina, nel quale successe alla Passalacqua, e riuscì attrice pregiatissima per l’acutezza dello spirito, la grazia del gesto e la vivezza dei lazzi.
Essa prelude al suo articolo con queste parole : « il giovane attore che compose questa rappresentazione merita i nostri elogi e gl’ incoraggiamenti del Pubblico, il quale avvezzo ad applaudire a’ suoi non ordinarj talenti nell’ arte del declamare, potrà, s’ egli non si stanca d’ impiegarli eziandio nello scrivere, dovergli dei drammi, pei quali anche il Teatro italiano conti un autore fra’ suoi attori. […] Ma, dei Numi al partir, l’età più rea Successe, e fe men delle Selve amanti Le Ninfe, e incerto il lor pensier volgea. […] Qui puri vezzi e candida innocenza, Qui del Mondo primier gli aurei costumi, Qui l’alme ne rapia dei sommi Numi, Sotto spoglia mortal, l’alta presenza.
S. le auguriamo il colmo dei suoi altissimi pensieri. […] Al Duca di Mantova pare non si potesse, almeno qualche volta, obbiettare, se la povera Virginia fu, dietro comando suo, costretta a raggiungere a Torino la Compagnia dei Cecchini, col pericolo di partorire entrando in lettiga. […] Sul dorso è : Poesie in lode dei Conjugi Andreini. […] Arlecchino non è informato di ciò facendo vita fuori del grembo dei compagni, et essendo sempre stato in casa del signor Ambasciatore e poi lui fuori de’ suoi interessi non capisce altra cosa. […] Il Sand mette fra le amorose che fecer parte della Compagnia dei Gelosi dal 1576 al 1604, Isabella, Flaminia, Ardelia, Lidia, Laura.
Ebbe tre mariti, uno dei quali, il secondo, a noi sconosciuto.
Fu autor di Scenarj di commedie all’improvviso, ch'egli recitava mirabilmente, intitolate Il Dottore giudice e padre, e Chi trova un amico trova un tesoro, o sia Il Dottore avvocato dei poveri.
Nata a Torino il 4 dicembre del 1872 da Corrado Di Lorenzo dei Marchesi di Castellaccio, siciliano, e da Amelia Colonnello, artista drammatica, trascorse la prima fanciullezza in Noto, città natìa del padre. […] Ha le doti naturali, ha spontanea la sincerità, ha, in tre situazioni, fuggevolmente, fatto balenare l’interpretazione del carattere, ma in genere non ha mai interpretato interamente un carattere, dei molti e vari del suo repertorio. […] Lasciamo il giardinaggio da stufa o la spontanea produzione dei campi, e diciamo le cose come veramente sono. […] Perchè di lei, si può dire appunto quel che un critico francese dice dell’opera dei poeti simbolisti : il faut qu’elle soit nouvelle, et on la reconnait nouvelle tout simplement à ceci qu’elle vous donne une sensation non encore prouvée.
A lui fu affidato il prologo e uno dei servi, in compagnia di Geronimo Pescara.
Sostituita la Fumagalli, quant’altre mai valorosa, non ne fece rimpianger l’assenza, sia con la elettezza dei modi nelle parti aristocratiche, sia con la vivacità della dizione in quelle popolari, sia, e in quelle e in queste, colla giustezza della intonazione e la verità della concezione.
Educata nel Collegio delle Rosine a Torino, dove nacque, ne uscì a quattordici anni per abbracciar l’arte dei parenti.
Al gratioso suo girar dei lumi, languiscon l’alme e van le grazie ancelle, apprendendo da lei leggi e costumi ; A le mutanze sue leggiadre e belle sian palchi i cieli e spettatori i Numi e per lampade e faci ardan le stelle.
Vivo, s’acquistò con la sua operosità e integrità, l’amore dei compagni, le lodi del pubblico e della critica ; morto, ebbe tributo di lagrime da quanti lo conobbero.
La Gaetana non ebbe mai chi la superasse nella Gabbriella di Vergy, e fu grandissima nella Merope del Maffei e in quella dell’ Alfieri, di cui recitò poi col maggiore dei successi la Sofonisba, l’ Ottavia e l’Antigone.
Ma sì per voluto sbilancio nelle finanze, sì per la niuna compatibilità dei caratteri, ella domandò e ottenne giuridicamente una separazione di corpo e di beni.
Fu – dice il Bartoli – attore nella sua maschera molto esperto ; e accenna a un amore per una donna di elevata condizione che gli fe'dar di volta al cervello, non tanto però da vietargli di fare al cospetto del pubblico il più scrupoloso dei doveri.
Ma dopo varj anni, colpito da paralisi, fu per consiglio di medici trasportato a Barbania di Piemonte, in una villa dei Cottin, dove morì l’ 8 novembre 1886.
[7] S’avverta innoltre al discorso che fa Ercole a Plutone; si rifletta al coro che nella Proserpina ringrazia gli dei per la sconfitta de’ giganti; si leggano i versi dove si fa per ordine di dio la creazione del mondo; si paragonino poi codesti squarci e molti di più che potrebbero in mezzo recarsi coll’ode sulla presa di Namur, dove Boeleau ha voluto far pompa di lirica grandiosità, indi si giudichi, se sia o no più facile il criticar un grand’uomo che l’uguagliarlo. […] Gli dei e i diavoli furono sbanditi dal teatro, allorché si seppe far parlare dignitosamente gli uomini, e i madrigali, le antitesi, le acutezze amorose e l’altre simili ipocrisie dell’affetto si mandarono via insiem colle fughe, le contrafughe, i doppi, i rovesci, e tali altri riempitivi della musica. […] La caduta dei Decemviri è il più passabile de’ suoi componimenti. […] Lo stile dei drammi di Jacopo Martelli bolognese è vago, ricercato e fiorito, ma l’autore disegna bastevolmente i caratteri e lavora qualche aria di buon gusto. […] L’arte di far comparire spaziosi e grandi i luoghi ristrettissimi, l’agevolezza e rapidità di volger in un batter d’occhio le scene, la maniera di variar artificiosamente il chiarore dei lumi, e soprattutto l’invenzione dei punti accidentali, ovvero sia la maniera di veder le scene per angolo, condussero la scienza della illusione al sommo cui possa arrivare.
Anzi se vorremo por mente come pochissimo travaglio ei sogliono darsi per la scelta del libretto, o sia dell’argomento, quasi niuno per la convenienza della musica colle parole, e niuno poi affatto per la verità nella maniera del cantare e del recitare, per il legame dei balli con l’azione, per il decoro nelle scene, e come si pecca persino nella costruzione de’ teatri, egli sarà assai facile a comprendere qualmente una scenica rappresentazione, che dovrebbe di sua natura esser tra tutte la più dilettevole, riesca cotanto insipida e noiosa. […] E di vero, quand’anche sensatamente scritto e composto fosse un dramma, come verrà egli eseguito dipoi, se non è per niente ascoltata la voce dei capi?
Il Seminario – L'amoreto de Goldoni a Feltre – Dall’ombra al Sole – Il Tiranno di San Giusto – Col ferro in pugno – La bugia del secolo – Macchie di sole – Padre e figli – Scuola professional – Il Re di Molinella – Cesarina – L'onorevole Campodarsego – I Pellegrini de Marostega – Maestro Zaccaria – El suicidio de sior Prosdocimo – La bicicletta – I figli d’Ercole – Tenente dei Lancieri – La bella vita – Il banchetto di Montebelluna – La famegia d’un canonico – Storia de geri – Alcuni bozzetti e varî scherzi comici. […] Augusto di Kotzebue nelle sue Osservazioni intorno a un viaggio da Liefland a Roma e Napoli (Colonia, Peter Hammer, 1805), dice del Pinotti, a pagina 63 della seconda parte (Teatro a Napoli) : La drammatica compagnia dei Fiorentini non è, a dir vero, eccellente, ma buona.
Figlio dei precedenti, nativo di Verona, dopo di avere recitato in Italia le parti di Arlecchino, si recò a Parigi, chiamatovi per recitar alternativamente col famoso Biancolelli, ed esordì all’antico teatro italiano verso il 1682. […] Il costume di Mezzettino – dice Riccoboni – trae la sua origine dai disegni di Callot (V. il Mezzettino dei Balli di Sfessania al nome di Antonazzoni) o dagli attori comici del teatro francese del 1632, Turlupin e Philipin, che vengon dalla stessa fonte. […] Fu anche voce comune che la chiusura del Teatro italiano nel 1697 (ritratta dal Watteau in uno splendido quadro che riproduco dalla superba incisione originale del Jacob), dopo la quale egli dovette andarsene in Germania, si dovesse alle allusioni mordaci da lui fatte alla Maintenon nella rappresentazione della Fausse Prude ; dopo le quali, il signor D’ Argenson, luogotenente generale di polizia, il 4 maggio 1697, accompagnato da gran numero di commissarj, si recò alle 11 del mattino al Teatro dell’ Hôtel de Bourgogne, e fece apporre i suggelli su tutte le porte, non solo di strada, ma dei camerini degli attori, ai quali fu vietato di presentarsi per continuar gli spettacoli, non giudicando più Sua Maestà opportuno di ritenerli a’ suoi servigi.
Figlia dei precedenti, nacque in Milano il 15 agosto del 1809. […] Messa in questa Chiesa Parrocchiale dei SS. […] Bartolomeo, domicilio dell’infrascritto sposo, e non essendovi denunciato alcun impedimento canonico, io infrascritto Parroco dei SS. […] Queste notizie erano sulla Compagnia dei Fiorentini, nella quale era andato pure il Domeniconi mandando così a monte la società col Gottardi. […] Abituata fin dalla sua più tenera gioventù a non considerare la sua parte dal numero dei foglietti, ma dall’interesse che poteva avere nell’intiera produzione, poneva in tutte lo stesso impegno, non escluse le farse.
Opposizioni e reclami riconosciuti mendicati al solo scopo di eludere il pagamento del debito : e però fu continuato l’inventario dei mobili già cominciato, ecc.
Concediamo licenza in uirtù della presente a Simone Basilea, hebreo, che con la sua sola uoce suole rapresentar comedie di molti personaggi, di poter, a nostro bene placito, però andar et stare in qualsivoglia città et luoghi dei nostri Stati et recitar comedie senza portar segno alcuno al capello o in altri luoghi come fanno gli altri ebrei eccetto che in Mantoua doue uogliamo che porti il solito segno, comandando perciò espressamente a tutti li ministri ufficiali et Datiari nostri non gli debbano dar molestia alcuna per tal conto ne fargli pagar datii per li suoi panni da dosso ne per quelli che adopera nelle comedie.
E anche ieri come oggi, nonostante quella maschera, l’amico dei comici, il protettore, il critico, si credevano in diritto di penetrar sulla scena, e mettere gli attori e più specialmente le attrici nel rischio di ritardare una sortita.
– Giuseppe Campioni : uno dei capi della compagnia de’ comici veneziani venuti mesi sono da Venezia a divertire colle loro applaudite fatiche la nobiltà di questa Metropoli e che ora ritornano a Venezia, colle loro famiglie, servitori, attrezzi teatrali e robbe di uso proprio.
Per quante ricerche fatte nell’Archivio dei Gonzaga, la lettera originale non s’è potuta rinvenire, spostata molto probabilmente dal Baschet quando fu a Mantova nel ’66, come si ebbe a verificare per altre lettere.
Fu come lui valoroso interprete delle commedie goldoniane, e come lui grandissimo nelle parti di mammo in genere e di Giacometto in ispecie, che recitava già vivente il padre, sostenendo con gran successo al suo fianco uno dei Due Giacometti nella commedia omonima.
« Modenese, nacque – dice il Bartoli – da onesta e civilissima famiglia, occupando il padre suo la carica di cassiere nell’ impresa dei pubblici lotti di tutto lo Stato del Serenissimo di Modena. » Dallo spoglio fatto nell’Archivio comunale di Modena, più Goldoni col nome di Antonio risultan quivi nati nella prima metà del secolo scorso, ma non si può dire qual sia il nostro di essi.
Assunse nel 1838 la direzione dell’Impresa dei Fiorentini, lasciata dal Fabbrichesi, quando la R.
Napoleone Tassani rappresentava di preferenza i drammoni da popolino, ai quali faceva seguire la declamazione dei libretti di opera Trovatore, Norma, Ernani, ecc., con cori e orchestra.
Forse figlia dei precedenti e sorella di Antonio Torri detto Lelio, fu attrice al servizio del Duca di Modena per la parte musicale, come si rileva da una sua curiosissima lettera al Duca stesso da Bologna, in data 2 giugno 1683 in cui si lagnava che certo signor Francesco Desiderij suo famigliare facesse da padrone assoluto con lei e la madre (il padre era già morto) senza aver riguardo alcuno alla lor povertà, vantandone autorità da Sua Altezza.
Non poche parti, nullameno, le diedero buon nome, cominciando da quelle dei Diritti dell’anima e di Anime solitarie ch'ella interpetrò lodevolmente all’inizio della sua vita artistica, e terminando col Malatestino in Francesca da Rimini di D'Annunzio, che seppe esprimere con colorito vigoroso.
Figlia dei precedenti, cresciuta sulle tavole del palcoscenico, entrò a far parte della prima Compagnia di Novelli dopo uscito dalla Compagnia Nazionale, per parti di giovine : ma da lui consigliata, poco oltre i vent’anni mise la parrucca della madre, per seguire la tradizione di famiglia, in cui nonno e padre s’eran fatti celebri colle parti caratteristiche.
Che sorte di dei giuri tu? […] Tu dei sapere che la prima cosa che quì s’insegna, si è che non vi sono dei. […] Viene Iride a dire che bisogna sacrificare agli dei. […] A noi che siamo dei del cielo. […] Già niuno più sacrifica agli dei. ecc.
Anzi in essa buona parte ebbe il Pasquati, chè, non solo, a dire del Porcacchi, s’ era in dubbio qual fosse maggiore in lui o la grazia, o l’acutezza dei capricci spiegati a tempo e sentenziosamente nella rappresentazione data in onore di Enrico III al Fondaco de'Turchi a Venezia la sera delli 18 luglio 1574 ; ma lo stesso Re, che desiderò poi di avere la Compagnia in Francia, scrivendone al suo ambasciatore a Venezia, Du Ferrier, il 25 maggio '76, gli chiedeva e raccomandava sopra tutto il Magnifico che aveva recitato a Venezia davanti a lui. […] Ora vediam di tracciar qui cronologicamente l’itinerario dei Gelosi (coi quali però non si può affermare se fosse sempre il Pasquati, mutando egli, come tutte le celebrità, di compagnia anche per una sola stagione), riassunto sui varj studj apparsi in giornali e riviste e volumi dal D'Ancona, e arricchito poi di aggiunte dal Solerti nel suo studio in collaborazione col Lanza sul Teatro ferrarese nella seconda metà del secoloxvi. […] Forse il brutto fatto si collega a quello bruttissimo dell’ '82, in cui, graziati, voller per rappresaglia far colla commedia dei gobbi allusioni men che rispettose ? […] Pantalone (l’etimologia non sappiam dire con sicurezza se si trovi nella frenesia dei mercanti veneziani di acquistar terre nel nome della Repubblica, piantando il lion di S.
Fu uomo onesto e probo, e sposò in seconde nozze la madre dei comici Merli Cristoforo e Merli Giovanni.
Nelle due Clitennestre delle due tragedie del grand’Astigiano, Agamennone, ed Oreste, nella Giocasta in Eteocle e Polinice, nella Rosmunda, nella Merope, tutte del medesimo autore, nella Fedra di Racine, ha cotesta attrice dei tratti veramente sublimi, si disegna non di rado con molta maestà, e nelle violente espansioni dell’anima dà alla sua dizione tutto il fuoco possibile, e non scapiterebbe alquanto di pregio, se fosse più accurata la pronunzia, e facesse mente locale a proferire lascia e non lassia, sciagura e non siagura, ecc., vizio di pronunzia, in che cadono molti attori ed attrici, e di che poco lor cale.
Figlia dei precedenti, esordì per le parti ingenue, il 1814, nella Compagnia di Elisabetta Marchionni, della quale eran parte il padre e la madre.
Tolgo dal Campardon la seguente quartina, pubblicata in suo onore nel Calendario storico dei teatri del 1751 : Le fameux docteur Benozzi nous instruit en nous faisant rire ; c’est la bonne façon d’instruire mais elle n’appartient qu’à lui.
mo Spedisco Aurelio, perchè serua a Vostra Altezza con ogni puntualità maggiore nella Compagnia dei Suoi Comici, e già che uengo auuisato, ch' ella mi habbia fauorito della persona di Florindo, io non lascio di ringratiarnela di cuore, assicurando l’Altezza Vostra, che perfettionato il futuro Carneuale resterà à di lei dispositione lo stesso Florindo, confidando, che il simile seguirà d’Aurelio.
Abbandonata il primo attor giovine D' Ippolito la Compagnia, nel carnovale dello stesso anno, il Rasi ne prese il posto, che tenne fino a tutto l’anno veniente, dopo il quale passò primo attor giovine sotto Francesco Ciotti, al fianco di Virginia Marini, in Compagnia di Alamanno Morelli facendosi notare dai compagni e dal pubblico per la elettezza dei modi, e la correttezza della dizione.
Fratello della precedente, nato a Corfù il 20 ottobre 1837, fu attore assai pregiato nelle parti di caratterista promiscuo, sia per la interpretazione sapiente dei personaggi, e per la verità della dizione, non impeccabile pur troppo per un naturale difetto di pronunzia, che le fece parer vecchio assai prima del tempo.
L’ultima manifestazione artistica degli italiani a Dresda fu la recita della Vedova scaltra data il 26 febbraio del 1756 ; dopo la quale, lo scoppiar della guerra dei sette anni chiuse per sempre le porte del teatro italiano a Dresda. […] Nullameno tali difetti saranno stati attenuati da una recitazione vivace, spiritosa, intonata, italiana ; e pare che Giovanna Casanova non amasse di seguire il consiglio di darsi alle parti di vecchia cattiva, poichè sino alla fine della sua vita artistica rappresentò le Rosaure, fedele al principio dominante dei ruoli stabili.
Nemico acerrimo di ogni volgarità, dei doppi sensi, di quelle licenze in somma, tanto vive in iscena su lo scorcio del secolo xvii, si diede con molto acume a purgare il teatro, arricchendolo delle opere migliori. […] Il successo ne fu clamoroso ; e, naturalmente, vi fu anche una invasione di tragedia ; all’ Aristodemo del Dottori tenner dietro le traduzioni di tragedie dei due Corneille e di alcune di Racine nei collegi, specialmente per sollazzo di carnevale.
L’opera maggiore del Gherardi è quella del Teatro italiano, dopo la pubblicazione degli Scenarj di Flaminio Scala, la più importante per la storia dei nostri comici. […] La nuova edizione, apparsa il 1700, comprende sei volumi in 12°, arricchiti di incisioni in rame non firmate, ma assai probabilmente del Bonnart, importantissime per la storia del costume teatrale dei nostri comici sullo scorcio del secolo XVII.
A lungo e non poco…. qualunque sia il resultato dei miei studi. […] Con questo corredo di preparazione ho ripreso, per poco, lo studio dei versi e poi le prove lentamente, tentando di dar vita a quella figura che sapevo e che…. il pubblico solo ora può dire in quanta parte di vero abbia reso.
Toltasi da Napoli, formò altra società con Antonio Stacchini, per entrar poi scritturata in Compagnia di Alessandro Monti e in altre di second’ordine, finchè si ritirò in Bologna per l’educazione dei due figliuoli Vittorio e Vittorina.
Le parti che le procacciarono maggior lode furon quelle della Statua di carne del Ciconi, a’bei tempi della gioventù, e dei Fourchambault (Signora Bernard) dell’Augier, ch’ella creò nella maturità con assai buon successo al Manzoni di Milano.
Gustavo Modena, richiesto d’informazioni dall’attore Giovan Paolo Calloud su l’arte di entrambi, così gli scrisse il 17 agosto del 1851 : La Petrucci è un buon acquisto ; recita naturalmente, ha forza, ha intelligenza, è un pastone di bontà, e farà progressi : è giovanissima, un po'tozza di persona, ma belloccia di viso, e non sconcia : non ha sentito eroi nè eroine a recitare, quindi non è ancor guasta, - ma venga con voi o con altri si guasterà, grazie al colto pubblico e all’esempio dei compagni.
Il numero dell’Arte di Mercoldì 9 agosto 1855 recava in terza pagina queste poche parole listate a nero e sormontate da una croce : L'artista comico per eccellenza, il conscienzioso ed esperto agente teatrale, attaccato jeri dal cholera, spirava questa mattina a ore 4 antimeridiane, fra il pianto dei suoi più cari e il lamento di tutti quelli che apprezzavano il di lui talento e le sue rare virtù.
Figlio dei precedenti, nato il 1750, fu ottimo artista sotto la maschera di Brighella.
Salvadori Enrico, nato a Pisa il 16 luglio 1848 da Francesco e da Enrichetta Donati, fu uno dei più forti primi attori giovani del nostro tempo.
Ottenne il 1767 tre quarti di parte, e fu incaricato assieme a Giambattista Dehesse, della sorveglianza dei macchinismi e degli scenari delle rappresentazioni a spettacolo del genere italiano.
Di nobili pensamenti e coscienziosissimo, sprezzava quegli artisti, che per farsi dei partigiani, recitano la commedia al Caffè, anzichè in Teatro (parole sue).
Furono mandati dei musici, dei cacciatori, e fino la pianta del Serraglio delle fiere di Firenze con persone perite per costruirne colà uno simile. […] Si compia intanto ch’ io la ringratii de’ suo’ consigli dei quali saprò valermene quando la deboleza homana mi farà perdere il cervelo ; di presente, gracia a Dio, me ne trovo ben provisto e tanto più perchè mi confermo con afetovoso rispeto Di V. […] Ma dove si vide come egli avesse regnato sovrano nella Comedia italiana di Parigi si è nella vasta opera di bulino dei sec. […] ) : …. per la forma è una imitazione dell’abito spagnuolo, che da tanto tempo era a Napoli l’abito di Palazzo, dei Magistrati, e de’ militari. Verso il 1680, i capitani spagnuoli finirono in Italia, e il Capitano antico italiano essendo da gran tempo dimenticato, si fu costretti a toglier dalle Compagnie dei comici napolitani un attore che sostituisse il Capitano spagnuolo : Scaramuccia ne prese il posto.
Eccolo assassino, ed eccolo con la marca in fronte, ed il suggello dei reprobi.
Null’altro sappiamo di questa Comica per poter soggiungere di lei una più lunga, ed accertata notizia, e solo abbiamo in sua lode un sonetto, tolto alle Gemme liriche, libro citato altra volta da noi, ed è il seguente : O splendori, o cinabri, o fiamme belle, chiome, bocca, zaffiri, in cui si giace il colore, il rossore, il bel che piace degli ori, dei coralli, e delle stelle.
Improvvisatore di versi, che, grazie a Dio, non son giunti sino a noi, se giudichiamo dal distico che ne dà il Bartoli e che riportiamo qui in fondo, soleva con una sfacciataggine singolare intromettersi nelle altrui conversazioni, sedersi alle altrui tavole, ciarlataneggiando, declamando, talvolta con grande sollazzo dei commensali, tal altra con gran loro rammarico.
Il giornale del Dipartimento del Reno (Bologna, martedì, 14 aprile 1812) rendendo conto delle recite che là si tenevano dalla Compagnia Reale, così parla del Bettini : Bettini è un giovane dotato di molti pregi, e ce li ha fatti conoscere nelle rappresentazioni dei Baccanali e del Maometto in cui sostenne con molto valore le parti di Eburio e di Leid, e ne riscosse i più vivi e reiterati applausi ; nè potrà a meno di ottenere lo stesso incontro ovunque, se con pari ardore vorrà farsi valere in ogni rappresentazione.
Zingari della commedia dell’arte essi si sbandavano paurosamente, a quando a quando, come, nel verno, soffiasse sulla loro straccioneria la raffica della miseria, livida nemica di Talia ridente, oppur come – impensierito da’ reclami dei padri di famiglia che vedevano i lor figliuoli impegolati fra le attrici – il severo Tanucci fulminasse la banda comica con decreti di immediato scioglimento.
Morto il padre, si restituì in Italia, e frequentò a Milano la Scuola dei filodrammatici, sotto gl’insegnamenti di Amilcare Bellotti, detto Bellottino (V.).
In La Clemenza nella Vendetta egli sostenne, il '36, con grandissimo onore la parte di Pantalone Re dei Cuchi, cantandovi ariette musicali, ed eseguendovi diversi combattimenti.
Ultimo dei fratelli Vestri, nacque a Brescia il 1832.
Venendo egli a parlare dei genitori di lui, mette in rilievo alcune parole colle quali un Don Gio. […] München, 1887), non parve improbabile, che si potesse trattare dei Gelosi. […] Nè la lista dei Capitani si fermò certo a quella nominata più sopra. […] Bel tipo di ciarlatano, salvator della patria, amico dei Principi. […] clxix, clxx i nomi dei Comici che più si acquistaron fama nella rappresentazione di alcuni di quei tipi.
Vedi la di lui raccolta dei Frammenti drammatici Greci p. 440 del l’edizione di Parigi. […] Era questa figliuola di Cercione della quale Nettuno ebbe Ippotoonte uno dei dieci eroi che diedero il nome alle dieci tribù di Atene.
Dotata di una bellissima voce, facile alle varie modulazioni, teneva la facoltà di timbrarla a norma dei vari caratteri che rappresentava.
Per questo forse la sua carriera, che fu lenta fino all’entrata in Compagnia di Calloud e Diligenti nel 1872 come primo attore a vicenda col Diligenti (era stato quattr'anni primo attor giovine in quella di Peracchi), diventò poi rapidissima, affermandosi egli, un anno dopo, primo attore assoluto nella Compagnia N. 1 di Bellotti-Bon, l’aspirazione suprema dei giovani artisti, al fianco di Adelaide Tessero.
Il 25 febbrajo '90, trovandosi a Roma, e avuta notizia che il Duca privava la Compagnia del Dottore e del secondo Zanni, si volge con lettera a un segretario del Duca, per ottenere o lo scioglimento da ogni obbligo di servizio, o la sostituzione dei due personaggi.
Figlia dei precedenti e moglie di Giovanni Vitalba, fu egregia nelle parti di prima donna, che sostenne sempre nella Compagnia di suo padre che le fu ottimo maestro.
Oreste Calabresi diverrà capocomico solo, e avventurerà al gran pubblico una giovine promessa : Elisa Severi ; la Gramatica diverrà capocomica sola, e scritturerà primo attore e direttore Flavio Andò ; Virgilio Talli farà una compagnia col proposito fermo di toglier di mezzo tutte quelle piccole convenzioni di palcoscenico, che tendono ad infrenare il libero corso dell’arte, e principale quella dei ruoli.
In realtà, non tutto gioca a favore dei moderni e della loro grande sapienza formale. […] Risuscitare la musica greca evidentemente non era possibile, ma sembrava consigliabile vagheggiarne la funzionale sobrietà: non era stato del resto questo il principio ispiratore dei colti classicisti della Camerata dei Bardi? […] Erano ormai passati vent’anni, eppure Planelli credeva che a Napoli quei discorsi in difesa degli attori e dei cantanti andassero ripetuti. […] Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti [Edizione 1568]. […] «Mai non diero i dei senza un egual disastro una ventura».
Il 1820, in Compagnia di Andolfati era il Cavicchi Giovanni per le parti di caratterista, di cui dice laconicamente il Giornale dei teatri : non si può negare a questo attore un sufficiente talento ; conosce la comica ed è applaudito ; poi Cavicchi il giovine (unico per la maschera del Brighella). […] Figlia di umili artisti, possedeva dalla natura il sentimento del bello, e come dalla roccia si estrae il diamante, così Cesare Dondini tolse dall’oscurità questa preziosa gemma di pura acqua, alla quale sovrabbondava il fuoco, produttore dei raggi che abbarbagliano. […] La squisita e fine interpretazione dei caratteri, la minuziosa analisi d’ogni profondo sentimento, aveva in lei una riproduttrice esatta e fedele. […] Qual peccato che sia stata sin qui senza frutto la ricerca delle cento ottave e dei quaranta sonetti del cav. […] Dei Frutti delle moderne Comedie et avisi a chi le recita (Padova, Guareschi, 1628) abbiam già riportato i varj capitoli al nome dei personaggi che li concernono (V.
Il Cavalieri era nato dunque il 1730 ; e, secondo l’atto che è nel Registro manoscritto appartenente al Magistrato di Sanità, dei morti nella città e nei suburbi di Milano, morì ex febri acuta, sine pestis suspicione iudicio Patrini Medici chirurgi Sanitatis.
Venutogli a morte il padre nel 1830, il Gallina risolse di lasciar le scene per attender da sè all’amministrazione dei beni ereditati.
La Giovanelli fu dei primi attori che costituirono la prima Compagnia Milanese, una ventina d’anni fa, sotto la direzione di Cletto Arrighi, e si rivelò nel famoso Barchett de Boffalora.
Entrò in una gabbia di leoni del circo Bidel, fu istruttore drammatico dei matti alla Senavra, ed è astemio.
Rimangono ancora nella memoria dei Francesi simili finezze usate dal Baron e dalla Le Couvreur, che tanto faceano risaltare i versi di Cornelio e di Racine; e si sentono tuttavia fedelmente imitare in un paese, dove il teatro, come in Atene, fa gran parte della vita e dello studio. […] A considerare il bene e il male che da ciò ne risulta, sembra che sia da preferirsi il costume dei Francesi, che non permettono a’ loro cantori quegli arbitri de’ quali troppo sovente sogliono abusare i nostri, riducendogli ad essere meri esecutori, e non più, de’ pensamenti altrui. […] E se una melodia espressiva accompagnata da strumenti convenevoli avesse per base una bella poesia, e fosse dal cantore eseguita senza affettazione e animata con un gesto decente e nobile, la musica avria potere di accendere a voglia sua e di calmare le passioni; e si vedrebbe ai dì presenti rinnovare forse anche tra noi quegli medesimi effetti che cagionava anticamente, perché accompagnata appunto e fortificata dai medesimi sussidi della espressione, del conveniente accompagnamento, della energia dei versi, dell’azione e dell’arte del cantore.
2° I Comici, augurandosi di servir Sua Maestà in pace e con buona fama, dimandano che in nessun tempo sien ricevuti nella Compagnia della famiglia dei Costantini, per la quale, tutti sanno che i Comici italiani lor predecessori, vennero in disgrazia della Corte. […] 5° I Comici supplicano Sua Altezza Serenissima di far vive istanze alla Corte, perchè sia loro concesso, come in Italia, il libero uso dei Santi Sacramenti ; molto più che essi non reciteranno mai nulla di scandaloso, e Riccoboni s’ impegna sottopor gli scenarj delle comedie all’ esame del Ministero, e anche di un Ecclesiastico, per la loro approvazione. […] Tale opera comprende anche un catalogo di tragedie e commedie pubblicate per le stampe dal 1500 al 1600 ; e per comporla egli dovè far capo sempre al famoso raccoglitore e amico dei comici Gueullette, come si rileva dalle sue lettere, nelle quali ora domanda, per dar l’ultima mano al suo lavoro, Le livre sans nom, ora l’Arliquiniana, ora la Bibliothèque des théatres.
Essendo il padre custode del teatro d’Alessandria, la piccola Virginia attendeva ogni mattina alla ripulitura dei palchi e della platea, ingannando il tempo con tirate di commedia che aveva imparate la sera in teatro. […] Tita Nane, pseudonimo che cela uno dei più modesti e più intelligenti cultori dell’arte nostra, così descrive quello e gli altri primi passi in un bello e appassionato articolo apparso nella Tribuna illustrata del settembre '94 : Adamo Alberti scelse per il debutto un vecchio pasticcio del Bayard : Il nuovo Figaro e la Modista.
Il 10 ottobre del ’73 si unì in matrimonio con la prima attrice giovine della compagnia, Celeste Iucchi, figlia d’arte ; matrimonio non fortunato, chè il 14 dicembre dell ’’87, il Tribunale di Milano segnò l’atto di separazione dei due coniugi.
Ma l’occhio non lampeggia più, l’anima non più s’infiamma, la parola è fredda, le dissertazioni si succedon disordinatamente alle dissertazioni, e lo spensierato Edmondo Kean, e il pazzo Principe di Danimarca ricade nel suo letargo…. a pena indicato alla curiosità o alla derisione dei comici.
Maria di Tutti li Santi, Libro I dei matrimonj, fil. 12).
In una lettera al Duca di Modena, la Fiala si dice carica di famiglia ; ma di due figliuoli soltanto sappiamo che intrapreser l’arte dei genitori, come appare dai due documenti che qui riferisco : Ser.
Napoletano, figlio di Antonio, primo innamorato, e capocomico egregio, morto il 1733, e di Isabella, prima donna, morta in età cadente il 1778, si diede all’arte dei parenti, recitando con mediocre successo le parti d’innamorato.
L'esempio dei maestri, sotto i quali militò, e sui quali si modellò, la sua attitudine e il suo buon volere fanno sperare assai bene del suo artistico avvenire.
Essa è l’unica parte della musica che cagioni degli effetti morali nel cuor dell’uomo, i quali oltrepassano la limitata sfera dei sensi, e che trasmette a’ suoni quella energia dominatrice che ne’ componimenti s’ammira de’ gran maestri. […] [4] Tutto ciò non può ottenersi dalla semplice armonia considerata in se stessa: imperocché, consistendo principalmente nelle proporzioni equitemporanee dei suoni, è atta bensì a formare un accozzamento gradevole, che diletti l’udito; ma non può sollevarsi fino al privilegio d’imitar la natura, colla quale l’unione degli accordi non ha se non se una relazione troppo lontana, né può avere una influenza notabile sugli affetti, che è il vero scopo della musica teatrale. […] Celebre parimente si rese Giacomo Antonio Perti bolognese abbastanza noto in Europa e per essere stato uno dei primi maestri nella musica di chiesa, e per aver fatto un grandissimo dono alle scienze armoniche nella persona di Fra Giambattista Martini il più illustre fra suoi discepoli. […] Se le armoniche facoltà ebbero i loro Orazi e i loro Virgili, non mancarono di Bavi e di Mevi anche in abbondanza, e se la semplicità, la sobrietà, l’espressione, e la naturalezza furono le delizie dei primi, le fiaminghe anticaglie, il contrappunto operoso, le difficili puditezze, e la romorosa armonia spiccaron non meno nelle composizioni dei secondi. […] Ad essa noi pure rimettiamo i lettori che dello stato del teatro italiano volessero avere piena contezza. né i mentovati vizi si trovano nel volgo soltanto dei compositori, e degli attori, ma in alcune composizioni eziandio di quelli uomini sommi, di cui si è finora parlato con tanta lode.
. – Mi fa da ridere quando parla dei Faigny e dei Doligny, e altri francesi : quei poveri infelici, dopo d’aver divertito il colto pubblico italiano, han dovuto far delle collette per tornare in Francia ; e qui si son mangiati gli abiti, i bijoux, le camicie, e fin le unghie. […] – In fin dei conti io credo che la Compagnia del Battaglia finirà prima di cominciare come quella di Alì impresario per le Smirne. […] Guerrazzi, dal suo banco ministeriale, pallido, terreo, mandando lampi di collera dai cristalli dei suoi occhiali d’oro, irruppe con brusca impazienza : Non feci allusioni : – non si accalori così.
Acconciate le cose di Genova col ritorno dei francesi, dopo la battaglia di Marengo, i parenti e gli amici gli scrissero che, ritornando in patria, avrebbe riavuto il suo impiego ; ed egli rispose ringraziandoli, non convenendogli di rinunziare ad una bellissima paga, per riprendere il suo meschino stipendio : e ritornò in patria dopo 27 anni di carriera drammatica.
Figlia dei precedenti.
Erano arrivate a un punto le corbellature dei compagni che ogni qualvolta gli si accennava seriamente ad un fatto storico, egli soleva rispondere : « Ah !
) : « (Venerdì 16 marzo 1668) fu inumato il signor Giacinto Bendinelly, detto Valerio, uno dei comici di Sua Maestà, della compagnia italiana, morto in via S.
Esordì in non so qual compagnia come amoroso, per diventar poi nel ’56 il primo attor giovine di quella dei fratelli Bosio, diretta da Francesco Chiari, di cui era prima attrice la Giuseppina Biagini : e leggo ne’ giornali del tempo ch’ egli si faceva molto applaudire, specialmente nel mulatto della Suonatrice d’arpa.
Esordì colla parte del fratello vendicatore nel dramma : Prestatemi cinque franchi ; e tanto vi dispiacque, a cagione specialmente della pronuncia siciliana, accentatissima, che il Marchese Imperiali, deputato della sopraintendenza a quel teatro, ne volle cancellato il nome dall’elenco degli attori pel nuovo anno comico, rispondendo rigidamente a chi glie ne vantava le doti : « quando il signor Bozzo parlerà italiano potrà tornare al Teatro dei Fiorentini.
Vengon dopo : una lettera di Angelo Maria Ricci e una di Vincenzo Folcari, all’incitamento dei quali è dovuta la pubblicazione dell’interessante operetta.
Altro figlio di Carlo e Teodora, che seguì l’arte dei parenti, nacque nel 1818 a Ragusa Sicula, e fu attore di pregio per le parti di brillante e di caratterista.
Nessuno dei tanti Otelli della scena moderna, incarna questa lotta tremenda con più efficacia e con maggiore verità del Drago, nessuno mostra con più evidenza di contrasti la passione che strazia il Moro.
Figlio del precedente, fioriva nella prima metà del secolo xvii ; fu artista di gran pregio per le parti di secondo Zanni, che rappresentò sotto il nome di Trappolino, nella Compagnia dei comici Affezionati.
Egli avea frequentate tutte le condizioni sociali e, di quella signorile, ne osservava le forme nel trattare i suoi compagni…… Molto logicamente il Suner, toccando della catastrofe e dei punti che la mossero, ha richiami al maestro Luigi Bellotti-Bon, del quale se il Garzes imitò molti atteggiamenti della vita, come la vanità, la sontuosità, la prodigalità, volle anche imitare la morte con un colpo di rivoltella al cuore.
te assentirà, ancora portarsi à Venezia à recitare etiam nel Teatro dei SS.
Fece il carnevale '22-'23 al Goldoni di Firenze, e il Colomberti, descrivendo la Polvaro nella Giovanna d’Arco, uno dei tanti spettacoli della Compagnia, dice : « nel vederla vestita in armatura, quale ci vien rappresentata quella martire nelle sue statue, con i suoi lunghi e bellissimi capelli biondi sparsi sulle spalle ; con il più vezzoso volto che immaginar si possa, con quegli occhi grandi e cerulei, io rimasi sorpreso.
Nè è da credere che a questi soli spettacoli egli fosse dedito : nel suo repertorio avean posto d’ onore Goldoni, Alfieri, Nota, Pindemonte, Giraud, e la sua Compagnia era composta dei migliori elementi.
Avanti di entrare in Compagnia Modena, trovavasi a Forlì, ove per la sua beneficiata si pubblicò, in foglio volante, la seguente epigrafe : A GIVSEPPE SALVINI livornese per felice natura potente ingegno accurata industria fatto esempio singolare del decoro della proprietà della grazia onde la drammatica recitazione dilettando governa le menti e i' cuori a figurare gli umani affetti una cosa col vero fra l’unanime applauso dei forlivesi che nel teatro del comune il carnovale del m dccc xliii ammiravano tanta eccellenza i soci delle barcacce ghinassi versari e minardi vollero rendere onore con questa memoria ed augurare all’arte lodatissima perfetta giusta mercede e che italia schiva una volta di usanze forestiere le liberalità rimuneratrici della danza e del canto serbi a più utili studj e non torni in bas tarda
me Favart, e tre intermedi, l’ultimo dei quali, Les Villageois, era stato composto dal Dehesse.
Come chiusura dell’articolo, do l’ultima parte della lettera che la Flaminia scriveva all’abate Conti ; interessantissima, perchè concernente il modo di recitare la tragedia dei francesi al paragone di quello degl’italiani : M. […] Baron (Michel Boyron) uno dei più forti, se non il più forte artista della Francia, nacque a Parigi l’ottobre del 1653, e vi morì il 22 dicembre del 1729.
Cassel, 1880), dice di Colombina : La Colombina era la compagna obbligata dei servitori astuti ; era la ragazza vivace e astuta, capace di tener fronte ad essi per spirito e destrezza. […] Comediarò quando havrò trovà dei Comedianti per Comediar.
(V. l’Indice generale dei nomi). […] Riesce il nostro libretto di grande interesse per le notizie dei comici italiani, racchiudendo esso non pochi particolari dell’arte di Flaminia e delle parti ch’ Ella rappresentava.
Recitava le parti di Graziano nella Compagnia dei Comici Confidenti, che tanto grido levaron tra noi e in Francia nella seconda metà del sec. […] Non è ben chiarito in quale epoca si recassero a Parigi, ma non prima, pare, del '75 ; nè in quale si fondessero coi Gelosi, formando la Compagnia dei Comici Uniti, e da quelli poi si risciogliessero.
In un codice dei Trionfi del Petrarca (S.
Riappare a Venezia nel carnevale del 1522, e lo vediamo recitare il 2 febbraio una tragedia in casa Grimani alla presenza del vescovo d’Ivrea, il 9 detto una commedia nel Convento dei Crocicchieri, e il 12, nello stesso luogo, la Mandragola.
Fratello minore dei precedenti, cominciò a recitar con Gaetano in Compagnia Nardelli, qual semplice generico, l’ anno 1837.
Stabilire cronologicamente la vita di lui è impresa malagevole per certe contradizioni che sono nelle date dei documenti.
E se come attore e direttor di compagnie s’ebbe moltissime lodi, non minori furon quelle tributate al direttore de' filodrammatici, l’affetto e il rispetto dei quali l’accompagnarono fino all’ultimo giorno di sua vita che fu il 6 maggio dell’ '88.
Benchè da tanti obblighi non ritraesse che un piccolo stipendio, pure non solo provvedeva alla propria sussistenza, ma siccome era studiosissimo, toglievasi spesso il pane dalla bocca, per comprare dei libri.
Nell’imminente tua fatal partita pianga la figlia, il genero sgomenti, non dei restar, s’altrove il Ciel t’invita.
Ora egli sta preparando la Storia del teatro contemporaneo, di cui è già a stampa la prefazione, e un Libro di memorie ; e io e quanti aman l’arte con me auguriamo all’egregio uomo di condurre a fine le due opere che saran certo dei più preziosi contributi alla storia della nostra scena di prosa.
I, dei drammi giocosi per musica, XXXV delle opere teatrali), in fronte alla quale è detto con nuovo errore : rappresentato per la prima volta in Milano nell’anno 1732.
E qui fa un’analisi minuziosa e interessante dell’interpretazione, in cui la Carlotta si mostrò più che in altre artista di genio ; alla quale fa seguir quella della Mirra, che ne fu la creazione più maravigliosa, approdando alle stesse conclusioni, e terminando poi con queste parole : « la nostra Marchionni ha dei difetti : e chi non ne ha ? […] Tra'versi dettati in suo onore, del Pezzòli nella Galleria dei più rinomati attori drammatici italiani, del Vico nell’opera del Costetti, ecc., scelgo il principio e la fine del sermone di Giuseppe Barbieri, Il Teatro, a lei dedicato, che è men facile a trovarsi : …………… Pochi nel genial comico ludo surgono ad alta meta insigni attori ; e Tu forse nel tragico lamento unica sei, che l’anime distempri d’ineffabil dolcezza ; e ben Tu fosti a miracol mostrar, di Ciel venuta, soavissima Venere del pianto.
Nell’arte conobbe mia madre, buona creatura, donna dei tempi primitivi ! […] La vivacità della sua dizione, la snellezza della sua figurina, l’agilità dei suoi movimenti, l’eloquenza della sua espressione la fan parere ancor giovinetta ; specie quando rappresenta la Cameriera astuta del Castelvecchio, in cui ella profonde tutto il tesoro delle sue grazie, richiamando alla memoria le monellerie della Cutini (V.), che, appunto in quella commedia, sentii a oltre cinquant’anni, e pur sempre maravigliosa d’arte e di freschezza.
Figlio dei precedenti, nacque a Firenze il 9 febbraio del 1576. […] Invogliato poi di continuar l’arte dei genitori, entrò con essi nella Compagnia di Flaminio Scala, recitando con molto successo le parti d’innamorato sotto il nome di Lelio. […] Fu l’Andreini capocomico e direttore della Compagnia dei Fedeli, ch’ egli volle emula in tutto della celebre, allora estinta, dei Gelosi. […] La Maddalena Dopo di aver dato l’elenco dei personaggi che sono una trentina, senza il coro, l’autore descrive l’ APPARATO L’apparato tutto esser dovrà mare e scogli ; e nel lontano dello stesso mare, alcuna barchetta vedrassi, prima però che apparisca il Prologo, come parimente guizzare varj pesci ; ma poi non mai questi pesci vedransi, se non quando le sinfonie risuoneranno ; ma però di rado. […] E a pag. 53, al proposito dell’allestimento scenico dei grandi teatri di Venezia, dice : La Serenissima e bellissima città di Venezia…. ha invitato tutto il mondo in quella patria, ad ammirarne gli stupori.
Col ballo s’intimavano le guerre, si placavano gli dei, si celebrava la nascita di un fanciullo, e la morte di un amico. […] La partenza de’ guerrieri dai loro villaggi (cosi ne parla lo storico Robertson a), la marcia nel paese nemico, le cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni del loro partito in agguato, la maniera di sorprendere l’avversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento del pericranio a quegli che sono uccisi, la presa de’ prigionieri, il ritorno dei conquistatori in trionfo, ed il tormento delle vittime sventurate, sono tutte cose che vi si rappresentano una dopo l’altra. […] Quel l’uomo raro, che accoppiò la speculazione più fina alla pratica più coraggiosa, non fu prima ributtato in Portogallo, indi ingannato e tradito dal vescovo di Ceuta e da i due medici e geografi Ebrei Portoghesi, i quali per ispogliarlo del l’onore e dei vantaggi del suo glorioso progetto, dopo averlo tormentato (sono espressioni dello storico Inglese del l’America) con cavillosi interrogatorii per indurlo per tradimento a spiegare il suo sistema , suggerirono al re Giovanni la bassa viltà di spedire in segreto un vascello per tentare la proposta scoperta?
Col ballo s’intimavano le guerre, si placavano gli dei, si celebrava la nascita di un fanciullo e la morte di un amico. […] La partenza dei guerrieri dai loro villaggi (così ne parla lo storico Robertson 34), la marcia nel paese nemico, le cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni del loro partito in aguato, la maniera di sorprendere l’ avversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento del pericranio a quegli che sono uccisi, la presa dei prigionieri, il ritorno de i conquistatori in trionfo, ed il tormento delle vittime sventurate, sono tutte cose che vi si rappresentano una dopo l’altra.
Delle vicende artistiche del Fidenzi poco possiam dire, per la scarsezza dei documenti fin qui trovati ; ma due lettere di lui che esiston nell’Archivio di Modena, qui riferisco per intero come quelle che ci dànno, se non molte, curiose notizie del nostro artista. […] Forse l’Angiola D’Orso, allora giovinetta, che vediamo nel ’50 moglie di Fabrizio e chiamata nella lista dei comici col diminutivo di Angiolina per essere distinta dall’ Angiola, ch’era la Nelli, prima donna della compagnia ? […] Il Sand annovera Cintio Fidenzi tra i comici che furon nella Compagnia dei Gelosi dal 1576 al 1604.
Pietro Barsi, artista dei più coscienziosi, dotato di una memoria ferrea e di un fisico, per le parti di caratterista, più unico che raro, intelligente, studioso, modesto, potè di punto in bianco acquistarsi la benevolenza de’pubblici meno indulgenti, come quello del Teatro Manzoni di Milano ; dove, specialmente nel repertorio Goldoniano, fu annoverato, e a ragione, tra’ buoni artisti.
che ha – dice il Rossi (le lettere del Calmo) – fenomeni fonetici dei dialetti istriani e dalmati, e nella quale scrisse anche il Molino alcune barzellette ispirate dai preparatori della battaglia di Lepanto.
Anche il Veilen nella sua Storia dei Teatri di Vienna (Cap.
Mise il primo in iscena a Firenze, dopo la rappresentazione dei filodrammatici Concordi, il Goldoni di Ferrari con grandissimo plauso, e andò famoso per alcune parti di genere opposto, come Luigi XI, e Il Cavalier di spirito.
Sorella del precedente, nata a Trento il 30 agosto 1799, si diede come lui all’arte dei parenti, giovanissima, e riuscì a soli diciassette anni egregia nelle parti amorose di prima donna, mutandosi poi in egregia prima donna tragica.
Il nostro Tessari convinto di questa verità, rifletteva, e sentiva ; e colse il premio del suo studio nell’estimazione dei saggi. » Da un volume ms., intitolato Coscrizione prima – Registro de' Volontari, si ricava che Alberto Tessari era alto 5 piedi, 4 pollici e 5 linee, ed aveva i seguenti connotati : « capelli castagna, fronte spaziosa, ciglia castagna, occhi cerulei, naso lungo, bocca regolare, mento rotondo, viso largo. »
Dunque non li dei compor senza rima. […] Dunque se tu vuoi far versi dei verseggiar senza rime. […] Quondam, Roma-Bari, Laterza, 1973, pp. 503-589), uno dei principali obiettivi polemici di TrAM. […] Gravina il cui classicismo greco è uno dei bersagli polemici di M. […] Fink, La teoria dei climi nel secolo dei Lumi, in «Atti dell’Accademia Roveretana degli Agiati», CCXLVIII, 1998, pp. 127-150.
Si avvede Polifemo dei capretti legati e del latte portato fuori da Sileno per Ulisse nella scena precedente, cose che indicano un furto. […] Ma questi gonfio della propria robustezza e potenza prende il linguaggio di uno spirito-forte e beffeggia gli dei nominati da Ulisse. […] Io veggio (dice già ubbriaco) girar la terra, il mare e ’l cielo; veggio il trono di Giove e seco tutta la folla degli dei. […] N’ebbe Atene, n’ebbe Roma, ne hanno le patrie de’ Newton, dei Des-Cartes, de’ Galilei e de’ Borelli.
.° dei morti della Parrocchia Metropolitana Milanese.
Aveva buona voce, e quindi immaginò d’introdurre nella Commedia gl’ Intermezzi in musica, che per molto tempo furono uniti alle opere serie e che soppressero per sostituire i balli in lor vece (Ivi, XXXV). » — « Non sapea di musica ; ma cantava passabilmente, ed apprendeva a orecchio la parte, l’intonazione ed il tempo, e suppliva al difetto della scienza e della voce coll’abilità personale, colle caricature degli abiti, e colla cognizion dei caratteri, che sapeva ben sostenere (Pref.
Mi dichiararono superiore a molti e inferiore a nessuno dei primi attori che sin oggi hanno rappresentato Goldoni.
In Compagnia Righetti sposò la rinomata attrice Carlotta Polvaro, dalla quale presto fu separato per la incompatibilità dei caratteri. […] Battista Andreini, capo dei Fedeli, scriveva di Torino il dì 14 agosto 1609 al Duca di Mantova (V. Andreini Virginia) narrando i dissapori sorti in Compagnia, per opera specialmente dei coniugi Cecchini, conchiudeva col chiedere a S.
Da quella di Napoli, passò il '29 dopo la morte del Righetti alla Real Compagnia di Torino, nella quale stette fino al '41, per andare come attore e direttore di una nuova Compagnia formata da Carlo Re, proprietario del vecchio Teatro di tal nome in Milano, che esordì la quaresima al Teatro Obizi di Padova, dove si manifestarono i primi sintomi del tumor maligno da cui fu condotto al sepolcro in Bologna la mattina del 19 agosto di quell’anno medesimo, in così misero stato finanziario, da non lasciare il danaro sufficiente alla spesa dei funerali, fatti solennemente mercè pubbliche offerte, e così descritti nel giornale Il Felsineo dall’attore bolognese Augusto Aglebert : Il giorno 21 agosto la campana della chiesa di S. Benedetto suonava il tocco dei morti, e quivi radunavasi il popolo che vivo l’ammirò, a impetrar requie all’anima di Luigi Vestri. — Pregava con tetra melodia l’ultime voci di pace la musica solenne del valentissimo maestro Marchesi, il quale ne dirigeva la esecuzione, ed egli e tutti i professori filarmonici e cantanti, artisti ed amatori che trovavansi in Bologna, prestavano gratuitamente questo doloroso tributo. […] Fra le tante carte del Vestri che io posseggo è anche l’inventario dei mobili esistenti nell’alloggio ch'egli occupava a Torino, e che vendè a Samuel Levi e C. per 1500 franchi, quando abbandonò la Compagnia Reale Sarda.
Buon cristiano, buon amico, buon prossimo : sovventore dei poveri, ed abile artista comico in generale : in particolare poi, sommo nel così detto carattere di Stenterello, che egli stesso inventò, ed inimitabilmente e gustosamente sostenne fino alla decrepitezza…… E il Morrocchesi poteva discorrerne con ragione, poichè fu con lui scritturato per tutto il 1800, che egli passò, dice, in un batter d’occhio, perchè fu del continuo accompagnato da quiete d’animo, da perfetta salute, da ogni possibile soddisfazione nell’arte, e con sopra a 400 zecchini d’avanzo, dopo essersi mantenuto gajamente in tutto e per tutto. […] Il Giornaletto dei teatri di Venezia del 1821 cita un Vincenzo Fracanzani il quale partito da Firenze sua patria, immaginò in Lombardia un nuovo ridicolo personaggio, cui diede il nome di Stenterello, che quantunque in lui non male accolto dal pubblico, tuttavia non fu da altri poi ricopiato.
Egli si unì dapprima con alcuni artisti, rimasti a spasso a fin d’anno, tra’quali la vedova del vecchio Fabbrichesi ; e andò a Foggia, ove la Compagnia si trattenne un intiero anno, invece dei quattro mesi pei quali era stata scritturata.
serà questa una prova per vedere se in conseguenza di tanti ciarlatani che sonno riusciti, vi potessero ancor capir questi, quali stano tra il comico et lo ciarlatano. » Del resto al Cecchini poco premeva che il Duca accettasse la proposta dei comici.
E la querela del Gherardi è accompagnata dalle testimonianze dei colleghi Fracanzani, Romagnesi, Lolli, Geratoni e Tortoriti, che conferman pienamente il fatto da lui riferito.
L’acre polvere dei palcoscenici mai è giunta a posarsi, ad insudiciare l’anima buona e bella della illustre signora ; si che nel mondo pettegolo, maldicente, qualche volta infamante, che si agita tra le coulisses, il nome della Falconi è pronunziato come quello di Maria Vergine Santissima ; ed in quel mondo pettegolo, come moglie, come madre, ella è semplicemente venerata.
E tuttavia nel vigore degli anni, al colmo della gloria, più che circondata, assediata dal favore del pubblico, abbandonò l’arte, dopo il carnovale del 1774, fermandosi in Venezia, in cui viveva floridamente ancora dell’ '81, tutta intenta all’austera educazione dei due suoi figliuoletti.
Il colore dei vestiti, il taglio, i ricami, e l’attillatura erano pure imitati.
Il canto è quello che li determina, dando loro un valore e una durazione esprimibile per alcuno dei segni musicali. […] Secondo: per le oscillazioni reciproche dei ligamenti della glottide, i quali or s’increspano, or si rallentano a guisa delle corde musicali ne’ diversi toni grave ed acuto. […] Misura altresì molte parole alla foggia de’ Greci, e de’ Latini, o almeno la pronunzia di esse è tale che facilmente potrebbero misurarsi, ond’è che può formare dei piedi il trocheo, come “venne fronde”, il giambo come “farò virtù”, l’anapesto, come “gradirò”, lo spondeo, come “sogno”, e il dattilo, come “timido”, dal vario accopiamento de’ quali può conseguentemente imitare dei versi l’esametro, il pentametro, l’asclepiadeo, il saffico, l’idonico, il faleucio, l’anapesto e il giambo15. […] Nel che è da osservarsi che le lingue, le quali per conservar rigorosamente l’ordine analitico delle parole non sanno preparar cotal sospensione, mettono in certo modo la poesia in contradizion coll’orecchio, poiché mentre il sentimento dei versi è completo, quello della musica, che va poco a poco spiegandosi, non finisce se non colla cadenza. […] Cotal lingua confusa poi colla latina, e notabilmente alterata in seguito da gotiche, e longobardiche mischianze ha conservato nondimeno nella volgare favella l’originaria dolcezza di suono in gran parte orientale, onde molti di essi popoli traevano principio, per quella ragione avverata in tutti i secoli e da tutte le genti, che l’accento naturale è più durevole delle leggi e dei governi.
Sangaride Io fremo; il mio timor deh rassicura, Ati, per qual sventura Morir tu dei? Ati Morir tu dei? […] Perdere è poco L’oggetto del tuo foco: Ciò che pianger tu dei È che mi perdi, e l’idol mio tu sei.
E non sappiamo quale dei due più : forse sè stesso ! […] Vagheggiò la morte su la scena fra lo splendore dei lumi, il fragor degli applausi, come quella d’un generale sul campo di battaglia : il fato che gli fu prodigo di tante dolcezze, gli serbò la più amara delle delusioni : su la grande arte sua, in mezzo agli urli della folla esaltata, al teatro di Odessa, calò il sipario per sempre ; e abbandonato, forse già dimenticato, il grand’uomo nella piccola Pescara esalò l’ultimo respiro alle 11,45 del 4 giugno 1896. […] Dire degli onori toccati a Ernesto Rossi nel corso della sua vita artistica non è possibile : basti, ad averne una pallida idea, guardare al museo magnifico dei regali, venutigli da sovrani, da artisti, da poeti.
Figlio dei precedenti, nato a Montecchio di Reggio d’Emilia il 14 settembre dell’anno 1857, è quegli che assieme con Ermete Novelli divide il primato artistico dell’età presente. […] In Demi-monde, Amico delle Donne, Resa a discrezione, Tristi amori, sono scene e descrizioni e squarci che, detti da lui possono esser sempre citati come modelli di perfetta recitazione, benchè più volte la dizione si vada offuscando in un ingrassamento di note, che voglion taluni attribuire alla cupezza dei tipi nordici ch'egli da più anni interpreta con tanto fervore, e si potrebbe anche dire con gran preferenza sugli altri tipi. […] Quando in estate, nei mesi di riposo, può con una maglietta nera, coi calzoni rimboccati, colle braccia nude e un berrettuccio in testa, infilare il bracciale da pallone, o inforcar la bicicletta, o guidar l’automobile fuor delle mura di Bologna, presso la sua cara villetta, o in riva al gran mare, egli è a nozze ; e un bel sorriso sano gli risiede sulla bocca, spianando tutte le rughe degli Osvaldi, dei Corradi, degli Otelli….
Del Bono), ci ha dato anche Zan Muzzina in più sonetti, uno dei quali è il seguente : Io che passo si spesso, e pur non posso se ben batto da Betta un dì far botta, comporterò s’altrui l’accatta cotta, ch’ella me sol salassi fin su l’osso ? […] Fra tanto sbuca fuor de’portici un Toscano e monta su con la putta, smattando come un asino Burattino col suo Graziano ; il circolo si unisce intorno a lui, le genti stanno affisse per vedere ed ascoltare, ed ecco in un tratto si dà principio, con lingua fiorentinesca, a qualche pappolata ridicolosa, e in questo mezzo la putta prepara il cerchio sul banco e si getta in quattro a pigliar l’anello fuora del cerchio, poi sopra due spade, tuole una moneta indietro stravaccata, porgendo un strano desiderio al popolo della sua lascivia grata : ma fornita la botta, si urta nelle ballote e il cerchio si disunisce, non potendo star più saldo allo scontro dei bussolotti che vanno in volta. […] Bernovalla è poi, mutato in Pernovalla, divenuto uno dei personaggi de’Balli di Sfessania, accoppiato con Cucorongna. […] Nella lista dei personaggi vi troviamo infatti un Giovanni bergamasco servidor, il quale nel corso della commedia è sempre chiamato Zane, e fa precisamente la parte dello Zanni.
Tanto i vostri concetti è d’amor pregni, e ogni altra qualità xe in vu sì bella che se Dea dei Teatri a mille segni.
I tre atti della Legge del cuore di Dominici che richiamavan di fatto al pensiero il Vero blasone di Gherardi del Testa, non solo confermaron la opinione della critica, ma furon come il punto di partenza per la demolizione dell’autore : il semplice ricordo di un’idea distruggeva in un attimo nel cuore e nella mente, ma più nel cuore, dei demolitori, le qualità essenziali e originali, che nessuno avrebbe mai dovuto disconoscere : la spontaneità e vivezza del dialogo, la chiarezza dell’esposizione.
Morì a cinquantotto anni il 26 aprile del '71 e fu sepolto il dì dopo nella chiesa del convento dei Grands-Augustins.
Poi Majeroni, scritturato da Adelaide Ristori, fece il giro dei principali teatri d’ Europa.
A. diede la sussistenza in ragione di due doppie al mese per ciascheduno dei comici dal 1° maggio 1686.
E il patto fu mantenuto…. per cinque anni ; dopo i quali (1894) risolse di bel nuovo di cedere all’invito della grande sirena, e lasciati moglie e figliuoli in Italia, si recò nell’America del Sud, ove, prima a Buenos-Ayres, poi a Rosario di Santa Fè e a Montevideo, s’ebbe il più vivo dei successi.
Figlia dei precedenti e moglie di Vittorio Pieri. […] Stefano Davari, direttore dell’Archivio storico Gonzaga di Mantova, dalle quali si vede chiaro come l’Allori fosse non solo attore, ma anche autore e direttore della Compagnia, per ragione forse della Francesca, l’Ortensia, che in una lettera del Truffaldino, Carlo Palma, è chiamata buona comica, e indicata al Ministro del Duca di Mantova, per giudicare dei meriti di un capitano da scritturarsi, certo Federico Beretta.
II) scrive : Son debitore dei diletti che mi procurò questa commedia a Madama Bresciani che rappresentava la parte d’Ircana ; ed era appunto per essa, che avevala immaginata e composta. […] Del Poeta no parlo ; el soffre, el tase, Perchè a lu no i ghe fa nè ben, nè mal ; El Pubblico el respetta, el se compiase, Che dei discreti el numero preval.
Prima attrice della Compagnia dei Fedeli. […] Davari dell’Archivio mantovano dei Gonzaga.
Probabilmente essa fu figlia dell’arte, e nacque a Venezia, ove sua madre, incinta, era a recitare : questo il parere del D’Ancona, il quale cita al proposito i vari comici D’Armano, dei quali si parla più oltre. […] etc. » E qui fa una lista de’ grandi comici, attori e autori, greci e romani ; i quali tutti, s’intende, sono zero appetto a lei : nè ai comici si ferma, chè, nemmeno Teocrito, Esiodo e Virgilio seppero esprimere tanto artificiosamente la vita e i costumi dei pastori……. […] Ma quella cosa da che più l’alme eran percosse, e maggior virtute aveva in noi, furono le rilucenti perle uguali, che qualora dal grazioso riso erano scoperte abbagliavano co’i suoi raggi la vista dei riguardanti.
Morì a Parigi il 18 aprile 1734 in sua casa, via Montorgueil, munito dei SS.
Napoletano, recitava la seconda metà del secolo xvi nella famosa Compagnia dei Comici Confidenti, le parti di capitano, col nome di Capitan Coccodrillo.
La dichiarazione dei diritti dell’uomo rianimava, tardi ma in tempo, fin la maschera acerrana ; il Palcoscenico del San Carlino aveva in Pulcinella un uomo accessibile alle passioni più varie e contrarie, un attore che, di volta in volta, sapeva pigliar così dirittamente la via del cuore da commuovere fin alle lagrime gli spettatori.
r Duca. di quanto scriuo gliene potrà far fede il nostro Beltramme che sempre a procurato l’unione di questa compagnia, et ora ne confesso l’impossibilità. si come mi rimetto allo stesso che dica s’io mai diedi occasione a niuno dei sudetti di maltrattarmi. spero che le mie potenti ragioni appresso la natural Clemenza di Sua Altezza Serenissima mi faranno degna della grazia che humilmente suplicando le chiedo di non esser non questi doi. et io come riuerente serua di Vostra Signoria Ill.
Il Vescovo di Parma scriveva al Marchese Rossetti a Ferrara il 9 aprile 1664, inviandogli la nota dei comici che desiderava unire Fabrizio, il primo innamorato (V.), de’quali prima donna era l’Angiola, e serva la figliuola, moglie di Costantini, nota col nome di Auretta.
Acclamatissima fu il 1746 nel nuovo passo a due ch'ella e il piccolo Dubois eseguivano dopo il Principe di Salerno, in costume di vendemmiatori, dei quali esiste una incisione con in calce i seguenti versi : Ces deux danseurs presque en naissant par leur danse ingénue embellissent la scène, et dans l’âge où l’on sent à peine, ils expriment tout ce qu’on sent.
Si censurò vivamente la Filli, ma le censure sparvero tosto, e la Filli gode una lunga fama, ad onta dei difetti dello stile, e della moda già passata delle pastorali. […] Vaga nell’atto I è la descrizione fatta dall’innamorato Filebo delle bellezze di Gelopea, e dei di lei graziosi trastulli col merlo imitati da quelli vaghissimi col passero di Catullo.
Ai due urti fecero eco due urli di spavento, non solo dei passeggieri, ma di tutti i marinaj ; ed ognuno può immaginare il terrore e il tremito, dai quali tutti furono invasi, sentendo il legno colare a fondo. […] L’amministrazione dei battelli a vapore era riunita al porto attendendo l’arrivo della Luisa, avendone già veduto i lumi colorati, ma l’improvviso spengersi di questi fece subito sospettare una disgrazia…… Della compagnia comica e degli altri passeggeri non si salvarono che Luigi Gagliardi e l’apparatore della compagnia che non sapeva nuotare : dell’equipaggio sei marinaj.
E, naturalmente, essendo la tragedia e le antichità quelle cose ch'ei predilige, son quelle ancora che gli dànno il maggior dei dolori. […] Ricordo il Novelli Generico primario di quella Compagnia di Giuseppe Pietriboni, che si acquistò gran rinomanza per l’insieme omogeneo, per l’armonia delle voci, per la ricchezza dell’allestimento scenico, per la fedeltà storica dei costumi, per la sobrietà della dizione.
Bologna, 1888) come dal 9 ottobre 1695 sino al 5 gennaio del 1696 recitassero a Bologna i comici del Serenissimo di Mantova, per le donne dei quali successero allora de’pettegolezzi.
Il 26 febbraio del 1756, la rappresentazione della Vedova scaltra fu l’ultima dei comici italiani a Dresda.
Vive ancora sul teatro la trilogia dei Ludri, un tipo tolto ad imprestito a Carlo Goldoni ; e cioè, Ludro e la sua gran giornata, il matrimonio di Ludro, e la vecchiaja di Ludro.
Carolina Cavalletti che sostiene le parti di [ILLISIBLE] l’attrice a fronte di sì illustri soggetti capaci di adombrare il merito dei più provetti, debbesi molta lode e incoraggiamento.
E ai successi della Satira e Parini, del Falconiere, del Trionfo d’amore, possiamo aggiunger quelli della Prosa, del Ridicolo, della Messalina, della Catena, del Pietro o La gente nuova, del Rienzi, del Lorenzino de’Medici, scritto per lui dal vecchio Dumas, del Duello, dei Mariti, ecc.
Nè si smenti nella rappresentazione del comico : la commedia dei tre gemelli ne è la prova.
AL MEDESMO Oratio, grazia di quel certo ingegno che torre il Cielo a sè medesmo sole, per darlo in sorte a chi più pote, e vole dei miracoli suoi mostrar gran segno.
Scioltasi la Compagnia dei Gelosi, Beltrame, ripartito per l’ Italia, entrò in quella dei Fedeli.
Quasi, quasi sto per convincermi che Shakespeare sia stato costretto a scegliere il suo eroe fra i neri, arrestandosi dinanzi alla ferocia brutale dei signori bianchi ! […] L’ Emanuel sarebbe davvero uno dei direttori indicati per una compagnia stabile, nella quale abbondassero, come di dovere, gli elementi giovani. - Intorno all’artista, al primo attore, c’è poco da aggiungere a ciò che più volte ho detto io stesso.
Avanti di quest’epoca, cioè avanti che la rappresentazione indirizzasse il ballo ad imitar favole compiute o comiche o tragiche o satiresche, e a dire in tal guisa per mezzo de’ sensi qualche cosa allo spirito, altro non era la danza che una saltazione quasi senza oggetto, come il piroettave dei Dervisi Turchi. […] N’ebbe Atene, n’ebbe: Roma, ne hanno le patrie de’ Newton, dei Leibnitz, dei Des-Cartes, de’ Galilei e da’ Borrelli.
Per la Compagnia Reale Sarda furono stanziate in bilancio lire cinquantamila, e il Bazzi col valido aiuto morale dei Conti Piossasco e Benevello, potè pel corso di oltre venti anni far ammirare dai più disparati gusti del pubblico italiano un vero modello di Compagnia, e pel valore degli artisti e per la ricchezza dell’allestimento e per la musicalità dell’assieme e più ancora per la elettezza e varietà del repertorio, quasi tutto italiano.
XXIX) dice del Camerani : « Quest’uomo molto attivo, pieno d’intelligenza e di probità, incaricato di commissioni spinose, sa conciliar così bene gl’interessi della Società e quelli dei particolari, ch’egli è il mezzano delle contese, l’arbitro delle riconciliazioni, e l’amico di tutti. » E queste qualità trovo confermate nella lettera seguente, non mai pubblicata, che debbo alla cortesia di Luigi Azzolini.
La quaresima del ’74 entrò nella Compagnia di Pietro Rosa come Arlecchino, per passar poi, scritturatovi da Francesco Zanuzzi venuto a posta in Italia, nella Compagnia italiana di Parigi, nella quale esordì il 16 maggio del 1775 nella commedia in quattro atti : Il Dottore avvocato dei poveri.
Esordì bambino nella Compagnia di suo padre, e così, egli stesso, mi descrive i suoi primi passi : « quella che non mi andava giù era la parte di uno dei figli nell’ Edipo Re : non potevo resistere allo strazio di vedere all’ ultimo atto mio padre senza occhi ; anzi, al Filodrammatico di Trieste, una sera, ho piantato tutti e me ne sono andato via di scena piangendo.
Ma eccolo dal '56 al '60, i quattro anni che accrebbero e cementarono la sua riputazione di artista, con Cesare Dondini, di cui diventa socio più tardi, a fianco di Clementina Cazzola, che doveva poi essere la donna del suo cuore e la madre dei suoi figli. […] È Dio dei forti e sta con me, ti prostra.
Lasciando di favellare delle sue prime tragicommedie la Criseide, e la Silvia, e la Silvanira, ossia la Morta viva, egli sulle tracce del Trissino produsse la sua Sofonisba, e benchè nell’imitarlo variasse la condotta della propria favola, osservò non pertanto le tre unitàa, ed il popolo nella rappresentazione seguitane nel 1609, ad onta dei difetti che vi notò e della debolezza dello stile, ne sentì il merito e l’applaudì.
A un tratto lo sguardo vitreo della poveretta si rischiarò, si animò ; le labbra si mosser come a discorrere, e dopo un istante, sfidando quasi lo sguardo di uno dei convenuti…. « non è il damo che io lascio – mormorò – è il mondo. » Lasciò quegli cader di mano la torcia, colpito dal terrore, e se ne andò fuor della stanza, come pazzo.
Lo vediamo in quest’ anno citato nella sentenza del tribunale statario di Modena, dove si afferma che Carlo Zucchi imputato « assistette alla recezione…. dei comici Velli e Vismara nella setta massonica, non che al conferimento del grado di maestro all’altro comico Mascherpa, sottoscrivendone le relative patenti. » (V.
Figlio dei precedenti, veneziano, fu attore e capocomico ; e fu la sua, la prima compagnia venale che, nel novembre del 1798, Tolentino ascoltasse a memoria d’ uomo.
Ma queste diventavan quasi una celia, confortate dall’ammirazione sconfinata per l’incomparabile artista, la quale su tutti gli profuse in privato epistolario e su per le gazzette Angelo Brofferio, di cui, metto qui il brano seguente : Ti ringrazio, o mio buon Moncalvo, lume e splendore dei Meneghini, ti ringrazio dell’oblio che spargi sulle mie pene, del sorriso che chiami sulle mie labbra, della serenità che trasfondi nel mio cuore.
Col mezzo delle quali anche, otteneva da Milano, prima di mettersi in viaggio per la gran Capitale, il più ampio dei passaporti, che qui trascrivo letteralmente : (Archivio di Stato di Milano. […] La maschera del Buffetto, come si vede anche dalla magnifica stampa di Stefano della Bella, è identica a quella di Brighella, uno dei due Zanni della Commedia dell’arte, di cui non ha mutato che il nome. […] Domenico Locatelli, secondo il parere dei Parfait, convalidato da un brevetto del Re in data 21 gennaio 1647 che gli accorda di poter confiscare i beni di certo Lorenzi, italiano, sarebbe andato in Francia il 1645.
La satira de’ poeti contemporanei, e spezialmente dei tragici, era molto in voga nella commedia antica; ed oltre a molti tratti, che si trovano da per tutto, e alle continue parodie, oltre alla commedia di Cratino, intitolata Eolosicone, in cui venivano satireggiati Omero e i poeti tragici, Aristofane in due commedie intere prende a motteggiar, criticare, e render ridicolo Euripide. […] Avanti quest’epoca, cioé avanti che la rappresentazione insegnasse al ballo a imitar favole seguite e compiute tragiche e comiche, esso non era altro che una saltazione quasi senza oggetto, come il piruettar dei dervisi turchi. […] Fout a Londra, gli spettacoli delle fiere e dei baluardi a Parigi, e l’arlecchino all’Italia? […] Il poeta tragico Girolamo che col suo sentimento avea fatto determinare i giudici dei drammi a permettere, come cosa lecita e onesti, la rappresentazione delle Nuvole di Aristofane, viene pure per la sua troppo strana e lugubre fantasia dileggiato in un coro degli Acarnanii.
Le memorie dei defunti scolpite nelle colonne egiziane erano in versi.
.), nelle di cui lettere è riferita la storia dei subbugli, avvenuti in pubblico teatro, e la partenza per Napoli del Napolioni, che seco trasse buona parte di quei comici, da lui, come dice il Cantù, subornati.
E la recitazione di Giacinta Pezzana, con tutte le armonie di quella voce dolcissima, con tutta l’eccellenza dei suoi effetti immediati, con tutte le profondità del sentimento che sa destare, con tutte le sue gradazioni di comicità e di drammaticità, con tutto ciò che in altri artisti della scena può essere il risultato di magistero magnifico, ha avuto sempre, per me, quel carattere di vera sincerità e di congenita bellezza che esclude ogni supposizione di sforzo, di ricerche, di lavorio cerebrale e di attività volitiva.
Ed in fatti se a conservar la tranquillità di ogni stato bastar potesse il gastigare o prevenire i delitti che lo sconcertano, l’armata sapienza delle leggi è quella che presta alle società l’opportuno soccorso per atterrire o distruggere i colpevoli e per minorar la somma dei delitti, a quali trascorrono gli uomini abbandonati a’ proprii appetiti e alle passioni eccessive. […] Vedi la prefazione della ristampa dei suoi componimenti, dove nel tempo stesso si abbassa con bontà eccessiva a riprendere sette o otto voci da me usate nella Storia de’ Teatri in un volume del 1777.
Io fremo; il mio timor deh rassicura, Ati, per qual sventura Morir tu dei? […] Perdere è poco L’oggetto del tuo foco: Ciò che pianger tu dei È che mi perdi, e l’idol mio tu sei!
Oltre a ciò si oppone al solito effetto della simmetria l’architettura dei due grandi ingressi laterali posti fra la scalinata ed il proscenio, essendo ornati di due ordini diversi dal rimanente.
Lo spirito di controversia che animava il Luteranismo, trasportò sulle scene le dispute teologiche, onde nacquero diversi drammi, il Postiglione Calvinista, il Novello asino Tedesco di Balaam, la Commedia di Gesù vero Messia, il Cavalier Cristiano di Eishenben, in cui trovasi la storia di Lutero e dei di lui gran nemici il Papa e Calvino.
Cajetani et Angelo Bentivolio Cajetani, ambo venetis, ad premissa vocatis et rogatis ; eademque die in hac parochiaii ecclesia nuptialem benedictionem susceperunt. » Nel 1771 passò nella Compagnia di Antonio Sacco, quanto per sua moglie favorevole — egli dice con rara ingenuità — altrettanto per lui dannosa ; poichè essendo o mal visto, o mal noto, o mal gradito fu la sua abilità trascurata, ebbe a soffrire dei travagliosi disgusti, e perdendo la quiete, perse nel tempo istesso, pur troppo, gran parte della salute ancora.
E un giorno che l’Isabella col padre, la madre e i figliuoli era a colazione da Buffetto, egli la pregò di volergli lasciare per tutta la giornata il minor di essi Domenico Giuseppe, cognominato Menghino, d’anni 7 e mezzo, ma di tanta svegliatezza che il più delle volte si faceva a racconsolar con belle parole Buffetto dei suoi dolori.
Ernesto Rossi, Antonio Colomberti, Luigi Capuana, ne’loro ricordi di teatro e di critica ebber verso Anna Job parole di molta lode : e dei meriti suoi come caratterista e madre nobile posson far fede moltissimi anch’ oggi che poterono ammirarne la dizione spontanea e piana, il gesto sobrio, l’intelligenza fine, il contegno nobilissimo.
Per la Signora Vittoria Comica Con soavi catene di grazie e di bellezza, di crudele pietà, di molle asprezza, l’alma m’avvince, ed incatena il core questa maga d’amore, de' Socchi, de' Coturni e delle Scene Vivo splendore e gloria, Vincitrice dei cor dolce Vittoria.
In versi erano le memorie dei defunti scolpite nelle colonne Egiziane; ed intorno alle urne lagrimali poste ne’ sepolcri d’Iside e di Osiride vedevansi incise alcune canzoni, come può leggersi in Diodoro Siculo nel libro 1. […] e 24., in vece di queste parole, le memorie dei defunti scolpite nelle colonne egiziane erano in versi, si scriva come segue.
Le storie ragionate che per mano della filosofia si conducono per le varie specie poetiche e singolarmente teatrali, non son dettate per appagar soltanto una sterile curiosità: ma racchiudono in se mai sempre una Poetica a ciascuna di esse corrispondente, ed una Scelta de’ più cospicui esempj sì delle cadute che dei progessi che vi si fecero in diverse epoche.
Lo spirito di controversia che animava il Luteranismo, trasportò sulle scene le dispute teologiche, onde nacquero diversi drammi, il Postiglione Calvinista, il Novello asino tedesco di Balaam, la Commedia di Gesù vero Messia, il Cavalier Cristiano di Eishenhen, in cui trovasi la storia di Lutero e dei di lui gran nemici, il Papa, e Calvino.
, Tom Iones, Derby nel dramma la Rosa bianca e la rosa rossa, il Berretto nero, la Scuola dei vecchi, I due Sergenti, l’Uomo di 104 anni, etc., etc., etc.…, tutte queste produzioni tragiche, comiche e drammatiche furono da lui declamate e recitate con tal superiorità di genio da non temere il confronto del Garrick inglese e del Talma francese : ed era cosa veramente sorprendente il vederlo questa sera nel Milord Bonfil con volto di forme regolari, con sguardo vivo ed ardente d’amore, con un corpo, che per le sue perfette proporzioni, solo un Canòva avrebbe potuto modellare, con una voce ora armoniosa, ora irritata, ora commossa, dimostrare l’immensa sua passione per Pamela ; e la sera seguente sotto l’aspetto di un vecchio centenario (l’Uomo di 104 anni) paralitico, balbuziente, vederlo camminare a stento, con occhio semispento ; eppure giungere a destare il fanatismo in una scena di rimprovero al nipote e alla nuora per la loro cattiva condotta.
E chi era il Capitan Matamoros che vediam nel quadro dei Buffoni francesi e italiani (riprodotto poi dall’Huret nell’incisione che qui riferisco), di cui do nella testata la riproduzione, per gentil concessione del signor Rambaud, che fu anima dell’esposizione drammatica di Parigi (1896), e di cui non esistono che due esemplari : uno che è nel foyer della Comedia Francese, l’altro appartenuto già al signor De la Pilorgerie, che sarebbe, secondo il Baron de Wismes, di quello una copia ; ma anch’esso, a parer mio, originale ?
Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina.
Favella poi col coro dei diversi ritrovati e di tante arti insegnate agli uomini, i quali prima, poco differenti da’ tronchi, viveano come le belve rintanati negli antri. […] Noi siamo persuasi che, dopo di essersi la mente preparata co’ saldi invariabili principii della Ragion Poetica ed avverati con una sana filosofia, con una paziente critica lettura e con una lunga esperienza del teatro, il cuore solo è quello che decide dei drammi e senza ingannarsi ne conosce e addita le bellezze.
Le memorie dei defunti scolpite nelle colonne Egiziane erano in versi.
Il modo di salire al posto, di scenderne, di ascoltar le parole sommesse dei compagni sulla scoperta fatta dal maestro delle buccie di salame ; e quel comico venir alle mani, e le risposte all’esame, e il dialogo improvviso, e tutto, tutto di quella ineffabile scipitaggine non è nel tutto di Edoardo Ferravilla perfezione di arte ?
Finito il carnovale a Modena, Florindo si restituì in patria, e il Duca lo raccomandò con ogni larghezza, il 3 marzo 1681, a Francesco Magnacavallo suo Agente a Napoli e al fratello di lui Ortensio, dei quali Florindo ebbe sempre a lodarsi.
Tutto che dal soprannominato autore dei tre Secoli della Letteratura Francese venga annoverata fra le altre viziose commedie lagrimevoli l’ingannata sensibile Eugenia di M. […] La di lui commedia di Dupuis e Defronais, benché desti qualche volta la tenerezza ed anche le lagrime, é assai lontana per la verità dei caratteri e per la semplicità degl’incidenti, da que’ drammi romanzeschi, così poco degni di stima sotto il nome di tragedie cittadinesche, e di commedie piangolose, pel cui cattivo genere il signor Collé ha non di rado manifestato il suo disprezzo. […] Ma il soprallodato autore dei tre Secoli della Letteratura Francese la pone nella classe delle riprovate commedie piagnevoli; e perché mai? […] Niuna cosa essendo tanto difficile, quanto il far ridere gli uomini gentili e perspicaci, non é maraviglia, che i francesi in questo secolo di scadimento siensi ridotti a far commedie romanzesche, le quali, al dire del signor di Voltaire, sono piuttosto saggi di tragedie domestiche o cittadinesche, che la naturale e piacevol dipintura dei ridicoli correnti.
Ma per timore dei potenti essi comparivano tinti di feccia per non essere ravvisati ».
[3] Il politico, osservando unicamente gli oggetti per la relazione che hanno colla civile economia e coi fini dello stato, lo riguarda come un luogo atto a far circolar il danaro dei privati e a render più brillante il soggiorno d’una capitale; come un nuovo ramo di commercio, ove si dà più voga alle arti di lusso pella gara che accendesi scambievolmente di primeggiare negli abbigliamenti e pel maggior concorso de’ forastieri chiamati dalla bellezza dello spettacolo; come un ricovero all’inquieta effervescenza di tanti oziosi, i quali in altra guisa distratti potrebbono alla società divenire nocivi, impiegando contro di essa non meno i propri divertimenti che le proprie occupazioni; come un mezzo termine infine opportuno a dileguar i bisbigli de’ malcontenti, o a impedire le ragunanze sempre di torbidezza feconde e di pericolo. […] Se leggono Omero, lasciando da banda le inesprimibili sue bellezze, si fermeranno a cercar nell’Odissea la geografia antica, e nella Iliade l’armatura dei Greci, o la figura delle loro fibbie, seppur le avevano.
Di quelli menestrels ebbero ancora gl’inglesi, gli scozzesi, e i danesi, e forse furono i successori dei bardi e degli scaldi.
Avvegnaché la prima Accademia scientifica dei segreti della natura fosse stata formata in Napoli nel secolo XVI (come afferma il dotto abate Gimma nella sua Italia letterata pag. 479) dal chiarissimo Giambatista la Porta, fertile ed elevato Ingegno, pregio della scienze, e dell’arti liberali, onore d’Italia, non che del regno, pure fassene qui menzione, perché parecchi membri di essa col lor capo vissero nel XVII, e furono aggregati nell’Accademia de’ Lincei istituita in Roma l’anno 1603 dallo scienziato principe Federigo Cesi Duca d’Acquasparta, il quale «con raro immortale esempio», secondo che ci dice il signor abate Amaduzzi nel Discorso filosofico sul fine ed utilità dell’Accademie, «la sua casa e le sue sostanze per essa consecrò, e di museo, di biblioteca, e d’orto botanico generosamente la arricchì».
A cagione dei nomi di Niobe, Busiri, Filottete, Prometeo, Pirra, Atalanta, i Persi ecc., che si registrano tralle favole di Epicarmo, volle Martin del Rio collocarlo tra’ poeti tragici.
Ecco l’elenco de’ personaggi e degli artisti : Zoroastro, Institutore dei Maghi Bernardo Vulcani.
A lui dobbiamo forse la prima apparizione dei dialetti nella commedia regolare.
Luigi Riccoboni dopo di avere parlato delle condizioni artistiche, dell’ignoranza dei comici, della sudiceria dominante nelle commedie di allora (1690) dice : Una sola Compagnia in questa spaventosa decadenza serbò la modestia sul teatro ; ma il buon esempio non durò gran tempo per poter essere seguito dagli altri : essa lasciò l’Italia per recarsi in Germania a servizio dell’ Elettor di Baviera a Monaco e a Bruxelles, d’onde poi passò a Vienna in Austria al servizio dell’ Imperator Leopoldo e di Giuseppe Re de’ Romani.
Tre dei figliuoli di Zanotti ebber fama di egregi uomini : Ercole, che fu storico e poeta ; Francesco Maria, filosofo e scienziato celebratissimo ; e Gian Pietro, pittore e storico dell’Accademia Clementina.
Sarebbe a desiderarsi che qualche dono e giudizioso letterato facesse qua scelta delle migliori traduzioni italiane dei più pregiati drammi antichi e moderni, e la desse alle stampe in un corpo con note, osservazioni critiche ec. […] La poesia é stata inventata per dilettare e ricreare gli animi dei dotti insieme e degl’indotti: Sic animis natum, inventumque poema juvandis, dice Orazio nell’Arte Poetica. […] «Gli dei, dicea Platone, impietositi delle fatiche e delle pene inseparabili dall’umanità, fecero all’uomo il dono del canto e della poesia……» Or se l’opere di Metastasio piacciono, non che alla sua nazione, a’ forestieri, nonché ai dotti, al popolo, «il quale, come saviamente dice Anton Maria Salvini, sebbene imperito delle finezze delle arti, pure possiede in se il comune senno, e ’l dettame del naturale giudizio, e meglio de’ semidotti ascolta, e de’ dotti appassionati», non so comprendere, perché certi critici vanno assaggiandole colle ristrette misure dell’antica poesia greca, e con freddi raziocini». […] Egli é dolce e gentile, perché abbonda di parole che cominciano e finiscono in vocali, il che spesseggia l’elisioni e fa più fluida la pronunzia: é sonoro e maestoso perché le sue vocali sono per lo più aperte e vigorose, cosa che rende il suono delle voci chiaro e pieno: é armonioso, musico, e poetico, perché é dotato di una profonda vie più sensibile di quella degli altri linguaggi; onde riesce molto più favorevole alla musica e alla varietà de’ suoni: é ricco e abbondevole, perché più d’ogni altro ha tratto dall’erario de’ greci e de’ latini, più d’ogni altro é figurato, e più d’ogni altro possiede diminutivi e aumentativi, e l’indole sagace della madre e della nutrice, prerogative che lo rendono più atto e più capace alla diversità de’ movimenti, alla vaghezza e vivacità dei vari colori e delle mezze tinte, e all’aggiustatezza delle modulazioni: finalmente é pieghevole e accomodantesi, perché può, a giudizio dell’orecchio e dell’intendimento, trasporre, impiegando con piena libertà l’iperbato e sue differenti maniere; cosa che gli somministra maggior nobiltà ed energia, chiarezza e melodia, e gli fa evitare il duro e l’unisono».
Riflettendo poi che doveano favellare da una parte principi e dei, personaggi non proprii per la commedia, e dall’altra alcuni servi comici non convenienti alla tragedia, dice che la renderà una favola mista chiamata tragicommedia. […] Essi presso a poco contengono il concetto degli undici seguenti Latini, ne’ quali ringrazia gli dei per essere arrivato salvo in quella città ove pensa far diligenza per sapere delle figliuole e del nipote, per mezzo di Agorastocle già adottato da un suo ospite chiamato Antidamante. […] Non dei stupire, Se della patria tua, se de’ parenti Noi ti chiediam ragion. […] Arriva il di lui padre in uno dei giorni ch’egli sta in compagnia di donne e di amici gozzovigliando. Un servo autore dei di lui disordini appena ha tempo da fare menar dentro un commensale ubbriaco e chiudere la casa.
Favella poi col coro dei diversi ritrovati e di tante arti insegnate agli uomini, i quali prima poco differenti da’ tronchi viveano come le belve rintanati negli antri. […] Noi siamo persuasi che dopo di essersi la mente preparata co’ saldi invariabili sovrani principj della Ragion Poetica ed avverati e con una paziente e critica lettura e con una lunga esperienza del teatro, il cuore solo è quello che decide dei drammi e senza ingannarsi ne conosce e ne addita le bellezze. […] Era questa figliuola di Cercione, dalla quale Nettuno ebbe Ippotoonte uno dei dieci eroi che diedero il nome alle dieci tribù di Atene. […] In tradurre questo passo ho solo posposta l’apostrofe alla luce Ω φως, che nell’originale va innanzi all’epilogo dei delitti o errori di Edipo. […] V, benchè siasene dipartito in qualche circostanza dei delitti: Ahi me misero!
Dopo questa nuova cura nulla ho trovato di più di quello che altra volta ne accennai, cioè dei due componimenti quasi teatrali di don Errico di Aragona marchese di Villena e di Giovanni La Encina.
Dopo questa nuova cura nulla ho trovato di più di quello che altra volta ne accennai, cioè dei due componimenti quasi teatrali di Don Errico di Aragona marchese di Villena e di Giovanni La Encina.
La stagion crudele Mi fa crudel, gli dei negletti giusto, La patria e ’l padre offesi Giudice rigoroso, il mio furore Vendicator . . . . […] Sì, lo farò, sia pena, o sia misfatto, L’approveranno, o fuggiran gli dei.
Con ugual nitore e vaghezza si descrive la trasformazione di quest’oro in un vaghissimo giovanetto che si palesa pel gran Padre degli nomini e degli dei.
Il clero cui importava che i popoli non venissero distratti dalla divozione, alla prima proscrisse siffatti spettacoli, indi cangiando condotta e seguendo lo stile delle precedenti età, quando ad onta dei divieti si videro introdotti nelle chiese, ne ripigliò egli stesso l’usanza, esercitando l’ arte istrionica e mascherandosi e cantando favole profane nel Santuario9. […] Poteva egli convincersi dei disordini del foro Spagnuolo nella compilazione meno antica intitolata Fuero Real fatta da Alfonso IX, e veder nel prologo gli sconcerti de’ secoli ch’egli voleva illuminati dalle leggi di Alarico.
Questa scena, a seconda dei drammi che vi si esponevano, diveniva tragica mostrando statue, colonne e ornati nobili, comica imitando piazze e finestre di edifizj particolari, e satirica presentando rupi, caverne, boscaglie.
Egli dei drammi del Rinuccini dice, che furono i primi che circa il principio della trascorsa età sieno stati rappresentati in musica; e come noi altro egli non vide nell’Orfeo del Poliziano, nella festa del Botta, e nella rappresentazione posta in musica dallo Zarlino per Errico III in Venezia, che uno sbozzo e quasi un preludio dell’opera.
Ma questo merito tutto appartiene al teatro, nè senza ridicolezza si metterebbe in confronto colle orazioni dei Demosteni e de’ Tullj.
Marziale motteggia sull’uso ch’ei faceva delle parole antiche; ma Varrone il più dotto de’ Romani, e giudice più competente di Marziale in fatto di lingua Latina, ne esalta l’ubertà della locuzione, nè si atterrisce dei di lui arcaismi. […] Egli è vero, che Gellio, come dicemmo, pruova ch’egli fosse inferiore al suo modello; ma l’essere stato concordemente preferito, non che a Nevio e ad altri comici, a Plauto ed a Terenzio, ad onta della sua poco pura latinità, ci sveglia dei di lui talenti ben vantaggiosa idea. […] Ti credevi, Che a te, dormendo colla pancia all’aria, Dovessero gli dei porgere aita? […] Non è da omettersi la grazia della escandescenza di Demea, e l’epilogo delle disgrazie e dei delirii della sua famiglia che egli fa nella scena ultima del medesimo atto quarto coll’ impeto consueto del suo carattere: . . . . . . . . . . .
Freron: «L’histoire de ce billet pourrait être plaisante si elle était resserrée en un acte mais cette petite aventure est noyée dans cinq grands actes qui tiennent la moitié d’un volume»; Questo peraltro é un difetto, che ravvisasi al giudizio dello stesso critico francese, nella massima parte dei drammi tedeschi, i quali vengono per lo più sfregiati e guasti dalle lungherie e da certe scene aliene dal soggetto; il che forse procede dal carattere nazionale. […] IV pag. 86, opere periodiche assai pregiate del signor abate Arnaud, membro illustre sì dell’Accademia Francese, come della stimabilissima Accademia delle Iscrizioni e Belle-Lettere, ed uno dei più fini e dotti critici e conoscitori delle belle arti che abbiasi oggidì l’Europa, non che la Francia.
Non é maraviglia che dopo tante stravaganze si trovassero i commedianti ridotti a mendicare il concorso per mezzo dei gran drammi politici ed eroici, spezie di tragedie grossolane condite dalle buffonerie di Hanns Wourst (Giovanni Bodino), ch’é l’Arlecchino o il buffone del teatro alemano.
Senza pregiudicare al merito de i sopraccitati melodrammatici, possiamo accertare che molte sono le scimie del Metastasio in Italia; imperciocché la sorte dei più eccellenti scrittori é il fare molti cattivi copisti.
Ed in fatti se a conservar la tranquillità di ogni stato bastar potesse il castigare o prevenire i delitti che lo sconcertano, l’armata sapienza delle leggi è quella che presta alle società l’opportuno soccorso per atterrire o distruggere i colpevoli e per minorar la somma dei delitti, a’ quali trascorrono gli uomini abbandonati a’ proprii appetiti e alle passioni eccessive.
Fu – dice Nicolò Barbieri nel Capo VII della sua Supplica (Venezia, Ginammi, 1634) – nella famosa Accademia dei Signori Intenti accettata e laurcata (ebbe il nome di Accesa), e ad una gara poetica, alla quale prendevan parte le celebrità del tempo, in casa Aldobrandini, riuscì prima dopo Torquato Tasso ; e fu coronata d’alloro in effigie tra ’l Tasso e ’l Petrarca (V. […] Ma dove pare a me che l’Andreini si levi talvolta a grande altezza è nelle rime ; in cui non sappiamo se ammirar più la scorrevolezza e armonia dei versi, o la leggiadra semplicità dello stile. […] Prima che quella cada, lodo il far suonar alquanto, ad imitatione dei primi comici, o trombe, o piffari, ouero qualche altro istromento strepitoso, che habbia forza di destare gli animi, quasi adormentati per la lunga dimora che ordinariamente fan la maggior parte de gli spettatori, prima che si uenghi al desiderato principio : et questo Gioua anco per risuegliare i cori de i recitanti.
Al 25 di gennaio del succennato anno, secondo l’antico diario ferrarese, questo splendido duca fece rappresentare in un gran teatro di legno, fatto innalzare nel cortile del suo palagio, la commedia dei Menecmi di Plauto, alla traduzion della quale egli istesso avea posto mano148; e a’ 21 di gennaio dell’anno seguente vi si rappresentò la favola pastorale di Cefalo, divisa in cinque atti, e scritta in ottava rima dall’illustre letterato e guerriero Niccolò da Correggio, dell’antichissima e nobilissima vala de signori di Correggio; ed indi a’ 26 dello stesso mese l’Anfitrione di Plauto, tradotto in terza rima da Pandolfo Collenuccio da Pesaro, il quale a richiesta parimente di Ercole I scrisse la sua commedia, o a dir meglio tragedia, intitolata Joseph, che fu poscia stampata nel 1564.
Io son d’avviso che gli autos mettono capo nelle farse religiose, ne’ misteri, vangeli, nelle passioni, vite di santi e simili cose recitate per la penisola nelle chiese, donde furono escluse nella fine dei XV secolo per decreto del concilio di sopra riferito.
Lo veggiamo agiato non solo e fornito di quanto bisogna alla sua sussistenza, ma disdegnoso de’ primi cibi non compri, dell’erbe su cui giaceasi ne’ tugurj, delle lanose pelli onde copriva la sua nudità, passare alle delizie più ricercate della gola, alle soffici oziose piume, alla delicatezza delle sete, de’ veli, de’ bissi, alla pompa degli aironi, degli ori, delle perle, dei diamanti di Golconda, in somma al fasto Persiano e Mogollo, e alla mollezza Sibaritica e Tarentina.
Con ugual nitore e leggiadria si descrive la trasformazione di quest’oro in un vaghissimo giovanetto che si palesa pel gran padre degli uomini e degli dei. […] Dice il sacerdote: Il valore de l’asta e de la spada E il timore dei riti e de le pene Non tiene in alto le cittadi magne, Come la riverenza e l’osservanza De la religione e degl’ iddii. […] Quante particolarità si sono narrate ne’ poemi di Omero intorno alle dissensioni degli dei favorevoli a’ Trojani ed a’ Greci, ad oracoli, fatalità, predizioni, ad antichi delitti e spergiuri de’ principi Trojani, tutto trovasi ammassato nell’atto I fatto da Giunone ed Iride, che è insieme prologo e parte dell’azione. […] Al fine Beleso nulla sperando dalle armi della ragione ricorre a quelle del suo ministero, e la minaccia per parte degli dei, benchè senza perder di vista il rispetto dovuto come vassallo alla sua sovrana.
Ma una mente che fa buon uso delle sue facoltà, e un cuor che sente, qual si richiede nella tragedia, verserà pietose lagrime al racconto del veleno preso dalla regina e dei di lei discorsi, alla compassionevole tenera contesa con Erminia, e al quadro delle donne affollate intorno a Sofonisba moribonda, di Erminia che la sostiene, del figliuolino che bacia la madre, e dell’inutile sforzo che fa costei per vederlo sul punto di spirare154. […] La musica, costante amica dei versi ancor de’ selvaggi, la quale nell’oriente si frammischia senza norma fissa neller, e in Atene e in Roma avea accompagnata or più canoramente, come ne’ cori, or meno, come negli episodi, la poesia rappresentativa, nelle grandi rivoluzioni dell’Europa se ne trovò divisa.
Trovo che elegantemente in ciò si è attenuto al l’originale l’incomparabile Metastasio traducendo questo passo nel l’Estratto della Poetica d’Aristotile cap. 5, benchè siesene dipartito in qualche circostanza dei delitti: Ahi me misero!
Il piano ed i versi del prologo, dell’atto I e delle due scene prime del II e del III, sono di Moliere; il rimanente si verseggiò da Pietro Cornelio, ad eccezione delle parole italiane e dei versi francesi da cantarsi che si scrissero da Quinault, e si posero in musica da Lulli.
Un filosofo Italiano per amor dell’umanità impiegò le sue meditazioni per salvar dalla morte gli uomini rei; or non sarebbe ancor meglio impiegata la voce dei dotti a muovere la potenza e la pietà de’ Principi Spagnuoli ed Italiani per salvar tante vittime innocenti dalla spietata ingordigia che consiglia e perpetua sì barbara ed umiliante mutilazione? […] Oltre a ciò si oppone al solito effetto della simmetria l’architettura dei due grand’ingressi laterali posti tralla scalinata e ’l proscenio, essendo ornati di due ordini diversi dal rimanente.
“Senza il soccorso delle macchine (dicesi nel Mercurio del maggio di quell’anno) senza l’intervento degli dei si è rappresentato uno spettacolo brillante e maestoso”.
«Senza il soccorso delle macchine (dicesi nel Mercurio del maggio di quell’anno) senza l’intervento degli dei si è rappresentato uno spettacolo brillante e maestoso.»
Tu dei sapere che la prima cosa che qui s’insegna, si è che non vi sono Dei. […] Il primo fu il delitto di Aristofane, e vuolsi perciò detestare come maligno accusatore; il secondo che lo renderebbe un nemico del popolo, un distruttore dei principii di giustizia e dimorale, non può imputarglisi senza ingiustizia, perchè l’impostore da lui dipinto in tal guisa meriterebbe l’odio universale. […] La povertà nulla patisce dei disagi che accennate, ne mai gli patirà.
Vi si veggono con molto artificio condotte le comiche situazioni, e con verità dipinti i caratteri, specialmente quello di don Manuel de Herrera in cui sí ravvisa un natural ritratto dei discendenti de’ nobili, che commettono azioni ingiuste degne d’ogni rimprovero, e pure credonsi onorati, purchè non rubino; quasi che l’infamia dipenda da questo solo genere di delitti. […] Allora si avvedranno, che tralle potenti cagioni che vi ostano; son da noverarsi gli scritti de’ Lampillas, dei Garcia de la Huerta, e di altri simili tagliacantoni letterarii, ed infedeli adulatori di se stessi, e de i difetti del teatro nazionale. […] Marianna di religione ebrea e della stirpe sacerdotale degli Asmonei giura per gli dei che adora ?
Alfonso vi trova Ormesinda viva, teme che veduta da Consalvo possa egli vacillare ad onta del suo voto, e tenta di evitar l’incontro dei due, ma non vi riesce. […] Il Ladislao conforme alla III legge non distende la libertà del luogo contro la verisimiglianza, benchè l’azione segua or nella reggia di Buda, or sul Danubio, ora in varj siti dei monti del Crapac lontani dalla capitale dell’Ungheria più giorni di camino: e l’azione di qualche commedia del Roxas non oltrepassa poche miglia di distanza accadendo in tre luoghi differenti. […] Il migliore dei descritti teatri napoletani è quello che si costrusse nel sito detto Pontenuovo terminato nel 1791 intitolato san Ferdinando. […] Disse nella prefazione l’autore di non averlo chiamato dramma per musica, ma componimento drammatico, non avendolo composto per andar sulle scene; ed in fatti egli si allontana da tutto ciò che determina gl’impresarj alla scelta dei drammi. […] Ciò che maggiormente sottomette l’autore all’occhiuta critica per la mediocrità de’ fatti e delle passioni nulla eroiche e nulla tragiche, e per la leziosaggine de’ sentimenti, si è la smania di chiamar tragedie le sue opere, portando seco questo rigido titolo troppi e troppo severi doveri, i quali non si affanno co’ drammi istorici del Calsabigi disprezzatore inesorabile del Metastasio e perciò magistralmente applaudito dal fu cavalier Vannetti, che è da credere di non aver conosciuto veruno dei drammi mitologici e istorici di lui.
I difetti dei grandi esemplari sono sempre fatali alle belle arti, perché accompagnati da molte bellezze e da virtù incomparabili; quindi é che le critiche fatte da uomini di molto sapere e di squisito discernimento giovano assai nella repubblica letteraria, perché formano il gusto, raffinano il giudicio, e producono altri buoni effetti.
Invocati gli dei che presiedono alle nozze funeste, come furono le sue, il caos, e le furie vendicatrici si determina a una vendetta orrenda: Quodcumque vidit Phasis aut Pontus nefas, Videbit Isthmos. […] Sul gusto greco, benché in aria romana, sono l’ingiurie dei due che altercano: Ag.
Poteva egli convincersi dei disordini del foro spagnuolo nella compilazione meno antica intitolata Fuero Real fatta da Alfonso IX, e veder nel prologo gli sconcerti de’ secoli ch’egli voleva illuminati dalle leggi di Alarico.
Ma questo merito tutto appartiene al teatro, nè senza ridicolezza si metterebbe in confronto colle orazioni de’ Tullii e dei Demosteni.
Serva sempre dei pessimi. […] Si fa la finestina nel petto di Cadigia sua fida moglie, e si vede che ella era adultera con Maometto vivendo il primo marito, e con lui si accordò ad avvelenarlo ; e moglie poi di Maometto s’innamorò di un Cammeliere, e fregiò la di lui fronte con l’ornamento dei numi Fiumi. […] Surse contro di lui la demonomania del furiofilo Calsabigi, ma spari ; e le Danaidi furono condannate a marcire nella di lui tomba, e sou piombate in braccio dei Silfi e delle Barbe turchine e delle Fiabe anili. […] I drammi poi de’ Greci e de’ Latini e de’ moderni Italiani e dei Francesi e di qualche Inglese Alemanno e Spagnuolo, avendo acquistato dritto di cittadinanza nella maggior parte delle nazioni culte, non temono gl’insulti degli anni, e posseggono una bellezza che si avvicina all’ assoluta.
Non per tanto l’Anfitrione, come testifica Giambatista Pio nel suo comento, per consenso dei dotti, si reputa la migliore delle commedie Plautine per la forza, la proprietà e la salsa facondia che regna nell’elocuzione, e per la sontuosa abbondanza dello stile veramente latino. […] Non dei stupire, Se della patria tua, se de’ parenti Noi ti chiediam ragion.
Invocati gli dei che presiedono alle nozze funeste, come furono le sue, e il caos e le furie (che può risentirsi alcun poco della declamazione che s’imputa all’autore) si determina a una vendetta orrenda.
Invocati gli dei che presiedono alle nozze funeste, come furono le sue, e il caos e le furie (che può risentirsi alcun poco della declamazione senza riserba imputata a Seneca) si determina a una vendetta orrenda.
Di grazia quando anche accorderemo a Udeno Nisieli, a Pietro da Calepio e ad ogni altro che Ippolito trafitto dalla sventura che soffre immeritamente, sia trascorso in una espressione che sente alcun poco d’irreligione verso gli dei, che cosa avremo appreso de’ pregi inimitabili di questa bella tragedia?
Gli dei che vogliono vendicare la morte di Nino, ne ordinano l’espiazione con un parricidio?
Termina il nostro signor abate le Batteux questo parallelo, che non può estere né più giudizioso, né più vero, con attribuire alle nazioni il diverso carattere dei poeti.
Al fine Beleso nulla sperando dalle armi della ragione, ricorre a quelle del suo ministero, e la minaccia per parte degli dei, benchè senza perder di vista il rispetto dovuto come vassallo alla sovrana.
Gli dei che vogliono vendicar la morte di Nino, ne ordinano l’espiazione con un parricidio?
Io trovo nella favola descritta ben maneggiate le passioni ed espresse con sobrietà di stile; ma non son pago dei discorsi accademici e pedanteschi che vi si tengono, delle storie, degli esempi, de’ versi, onde la riempiono il servo Lucilio, il medico Erosistrato ed il parassito Edace.
E quì si avverta che si parla appunto dei rettori di Ferrara, dove si rappresentava la commedia in presenza del principe e forse di que’ medesimi rettori.