Si favella di tragedie e commedie di Anselmo Faìdits nella poco esatta e favolosa storia de’ Poeti Provenzali del Nostradamus a, ma quell’Anselmo fiorì nel XIII secolo essendo morto nel 1220. Non ostante poi il titolo di tragedie e commedie, le di lui favole altro esser non doveano che meri monologhi o diverbii per lo più satirici senza azione, posti in musica da lui stesso, e cantati insieme colla moglie che egli menava seco iu cambio de’ ministrieri e de’ Giullari. […] Pretese il Bumaldi che Fabrizio da Bologna nel 1250 componesse volgari tragedie, ma ciò affermò, perchè nel libro di Dante della Volgare Eloquenza Fabrizio è chiamato poeta di stile tragico , la qual cosa, come ognun sa, in Dante significa stile sublime, nè indica che fosse autore di tragediea.
Le di lui favole sono doppie e piene d’intrighi amorosi simili a quelli delle tragedie galanti francesi, e lo stile abbonda di pensieri lirici. […] Il Badini non conobbe tragedie vere della regina di Cartagine del secolo XVI? […] Il sig. conte Pepoli che lo segue e ne adora le vestigia, ha pubblicato nel 1789 il suo Meleagro accompagnato da una lettera sul melodramma serio ad un uomo ragionevole, il quale nè anche parmi che abbia presentate sulle scene le nuove vesti delle antiche furie, de’ numi infernali, delle ombre e delle parche, corteggio perpetuo delle tragedie musicali mitologiche.
La prima scena del Pompeo in Cornelio, e il primo atto del Bruto in Voltaire sono squarci di singolar bellezza in quelle tragedie. […] Certamente non è proprio di essa, se per «dommatizzare» s’intenda l’intuonar sul teatro un capitolo di Seneca, ovvero alcuna di quelle lunghe tiritere morali, di che tanto abbondano le tragedie de’ cinquecentisti, nel qual senso sono state ancora da me condannate: ma non è già così di piccole, e brievi sentenze, che spontaneamente vengono suggerite all’animo dallo stato presente del nostro spirito. […] So che a difendere Metastasio, il quale sovente inciampa in questo difetto, s’adduce da alcuni l’esempio di Sofocle, e d’Euripide, che ne usarono talvolta nelle loro tragedie; ma (dicasi con coraggio) né Sofocle, né Euripide, né Metastasio hanno autorità che basti a distruggere i fermi ed inalterabili principi della ragione. […] Non è del tutto certo se sia ben fatto nella tragedia il mantener sempre la stessa scena, atteso che la premura di conservar la verosimiglianza in una cosa, è la cagione che venga violata in molte altre, mancandosi sovente al decoro, alla verità, ed al costume per far che tutti gli avvenimenti accadano nel medesimo luogo, siccome vedesi in alcune tragedie dei Greci, in quelle di Seneca, e più nei moderni grecisti dal Trissino fino al Lazzarini.
Un grande vantaggio sopra il comico ha senza dubbio l’attore nell’opera in musica, dove la recitazione è legata e ristretta sotto le note, come nelle antiche tragedie.
Altrimenti cosa diremo a coloro che preferiranno l’archittetura de’ Goti e de’ barbari a quella de’ Greci e de’ Romani, il poema di Lucano a quello di Virgilio, e le tragedie di Seneca a quelle di Sofocle? […] Vò scorrendo tutti i tropi, tutte le figure onde si serve la musica del pari che l’eloquenza a piacere, commovere, e persuadere; parlo de’ suoi dialoghi e delle sue riflessioni, e mi sforzo di svelare infinite sue bellezze parando innanzi l’analogia che hanno coi fenomeni che ci stanno intorno; paragono le nostre opere in musica con le tragedie antiche, e quinci ne traggo molte cose nuove accende a riordinare la forma de’ nostri drammi lirici, che di tutti i drammi sono certamente i più imperfetti, non essendo per lo più che una serie d’episodi staccati fra loro senza verun bisogno e senza veruna verosimiglianza. Esorto i poeti a sbandir da loro quel pregiudizio a cui ha dato origine la debolezza del maggior numero de musici, imperocché se la musica ha potuto accompagnare le tragedie d’Eschilo, e di Sofocle, può senza dubbio maneggiar ancora gli argomenti tragici, grandi, e regolari.
Dalla imperizia de’ cantori in questo genere è venuta l’accusa che vari scrittori fanno al canto moderno di non convenire cioè in alcune occasioni a quello stile sublime, a quelle situazioni inaspettate ed energiche onde tanto s’ammiran da noi i poemi degli antichi, e le tragedie recitabili. […] Correre in folla ai mostri chiamati tragedie del Ringhieri mentre lasciano solitarie sulle scene la sublime Atalia e la patetica Alzira? […] Lo stesso avviene degli strumenti, coi quali s’accompagnavano presso ai Greci e Latini tante cose che non erano canto né potevano esserlo (come sarebbe a dire i bandi, le dichiarazioni di guerra, e le concioni al popolo) che l’uso di essi nelle rappresentazioni drammatiche non può servire di pruova esclusiva a stabilire che le tragedie o le commedie fossero in tutto somiglievoli alle nostre opere in musica. […] Ricavo il primo dalla maniera con cui gl’istrioni recitavano le tragedie. […] Gli è vero che si trovavano dei teatri coperti, ma in questi non si recitavano tragedie o commedie almeno nelle pubbliche feste e nelle grandi solennità; erano soltanto destinate ai divertimenti della musica lirica, e qualche volta vi concorrevano anche gli autori a provare i loro componimenti prima d’esporli al pubblico giudizio nei teatri grandi, come fecero tante volte Eschilo ed Euripide, Filemone e Menandro.
Egli è ancor vero, che secondo il racconto di Sparziano, l’imperadore Adriano ne’ suoi conviti amava di far rappresentare commedie, tragedie e atellane. […] E non trovandovi nè anche salva la decenza e la morale, perchè le buone tragedie o commedie aveano ceduto alle leggerezze e agli adulterii delle mimiche rappresentazioni, gli zelanti Cristiani concepirono del teatro le più sozze idee, e scagliarono le più amare invettive contro gli spettacoli e gli attori scenici, sotto la qual denominazione compresero soltanto gl’ infami mimi e pantomimi e le impudentissime mime, cantatrici e ballerine.
Vi hanno frasi di tragedie e di drammi passate nella illustrazione sua in proverbio.
Impazienti poi dell’uguaglianza, ambirono di sovrastare; e per impiccolire i loro emuli, adoperando le proprie armi, cercarono di attenuar il merito de’ migliori pezzi delle tragedie col renderli ridicoli per mezzo di alcuni leggieri maliziosi cangiamenti; nel che consisteva la parodia che fu l’anima della commedia antica. […] Potino con esse rappresentò (benché con indignazione de’ buoni, cioé de’ pochi) alcune burlette in Atene e in quella medesima orchestra, in cui Euripide declamava le sue tragedie immortali.
L’esperienza giornaliera dimostra che per mille drammatici che tesseranno tragedie regolate, ma insipide destinate a morire il dì della loro nascita, a stento se ne incontrerà uno che sappia comporre, una farsa piacevole atta a resistere agli urti del tempo, come son quelle di Aristofane o di Moliere. […] Il disegno di simile insipida farsaccia fu di mettere in ridicolo gli scrittori di tragedie e l’osservanza delle unità.
Il d’Heylli nel suo Journal intime de la Comédie Française (Paris, Dentu, 1873), dice di lei : L'ornamento principale della Compagnia, Adelaide Ristori, si ebbe nella interpretazione di tragedie di Alfieri e di Schiller, un successo colossale, che aveva davvero del fanatismo e del delirio, e che fu, si potè dirlo con ragione, il trionfo più grande e incontestato dell’Esposizione.
Ammalatosi il Pieri nel '53, egli dovette sostituirlo per tre mesi, recitando tragedie, drammi, commedie, e farse al fianco della Cutini, acquistando nella gran varietà de' personaggi, quella elasticità di dizione e d’interpretazione che doveva condurlo a gran passi alla celebrità.
Da quanto quì abbiamo ora appena accennato ben si rileva perchè nel XVII ancor meno che nel precedente secolo si trovino tragedie vere. […] Quasi tutte le tragedie del secolo XVII appartengono a Cristoforo Virues avendone egli solo prodotte cinque nel 1609. La Gran Semiramis non è una tragedia divisa in tre atti, ma una rappresentazione de’ fatti di questa regina in tre tragedie separate quanti sono gli atti. […] Forse dopo l’Elisa Dido del Virues non possiamo contare altre tragedie del XVII secolo che la traduzione delle Troadi di Seneca fatta da Giuseppe Antonio Gonzalez de Salas che s’impresse nel 1633, in cui quasi sempre superò in gonfiezza l’originale; e l’Hercules Furente y Oeteo di Francesco Lopez de Zarate pubblicata con altre opere nel 1651, nella quale si nota qualche squarcio sublime. […] Delle tragedie del Virues vedasi il Discorso I del lodato Montiano.
Le tragedie, che di essa rimangono, spirano da per tutto questo carattere della nazione: essendo i personaggi di quelle magnanimi e grandi, ma a un tempo stesso impetuosi e inumani. […] Il che è sì vero, che quelle medesime tragedie che sul modello delle antiche e di tristo fine si compongono oggi tra noi, sono astrette a mitigare quel terribile delle greche. […] Si leggano due tragedie, l’una delle quali abbia il protagonista di carattere sublime, l’altra di mezzano, e se ne vedrà tosto la falsità. […] Il medesimo discernimento dovrebbe oggi osservarsi su’ nostri teatri, non ammettendo nelle tragedie in musica se non l’eroico pantomimo, unito, quando lo richieda il suggetto, a quello di mezzo carattere. […] E ben potrei col far minuto esame delle antiche tragedie numerosi rilevarne gli esempî, ma mi contenterò di addurne alcuni che basteranno al mio disimpegno […].
Suida rammemora tralle poesie di Callimaco drammi satirici, tragedie e commedie.
Nè le tragedie di Alfieri, Saul, Agamennone, Oreste, Virginia, Polinice, Antigone, Ottavia, nè i drammi del Metastasio, Attilio Regolo, Temistocle, Catone in Utica, ebbero più forti interpreti di lui.
Un’ altra donna l’accusa di ateismo e che coll’aver negato l’esistenza degli dei, ella che vender solea ghirlande per gli sacrifizj, dopo le di lui tragedie, non vende la metà delle corone che prima vendeva. […] E’ chiaro che tutte queste trasformazioni tendevano a contraffare e ridicolizzare le tragedie più rinomate. […] E tanti altri giovani, i quali sono autori di più di diecimila tragedie e sono più loquaci di Euripide? […] Perchè-egli avea la sede onorifica delle tragedie come ottimo artefice. […] Tali critiche benchè esagerate che Aristofane mette in bocca ai due tragici, ci conservano il giudizio de’ Greci contemporanei sulle tragedie, e non parrà nojosa e inutil cura l’averle quì opportunamente rapportate.
In Portogallo si coltivava nel declinar di questo secolo la poesia latina, e Luigi De la Cruz compose varie tragedie latine.
Acquistò maggior fama per la poesia drammatica, non solo per avere secondo Donato composte e recitate tragedie e commedie seguendo i Greci ma per essere stato il primo a volgere gli animi degli spettatori dalle satire alle favole teatralia, per la cui rappresentazione gli fu assegnato il portico del tempio di Pallade. […] Si sono conservati i titoli di undici sue tragedie; Alcestide, il cavallo Trojano, Danae, Duloreste, Egisto, Esione, Ettore, le Fenisse, Ifigenia, Licurgo, Protesilaodamia. […] Le sue tragedie sono: Achille, Achille di Aristarco, Ajace, Alemena, Alessandro o Alessandra, Andromaca, Atamanta, Cresfonte, Duloreste, Eretteo, Ecuba, li Eumenedi, Fenice, Ilione, Ifigenia, i Litri di Ercole, Medea Esule, Medo, Menalippe, Telamone, Telefo, Tieste; tutte o tradotte o imitate dalle tragedie Greche, e Scipione originale di argomento Romano.
All’edizione delle sue tragedie premise il chiarissimo abate Saverio Bettinelli un Discorso intorno al Teatro Italiano, dal quale traggonsi moltissime osservazioni importanti. […] Ma queste tragedie e commedie hanno certamente la data più indietro del 1520, e per conseguenza la prima epoca in Italia gloriosa della drammatica vuol collocarsi al principio del secolo. […] di Voltaire volle negarci questi pochi anni, e confessò che la ville de Vicence en 1514 fit des depenses immenses pour la reprèsentation de la première tragedie qui on eût vue en Europe depuis la decadence de l’Empire . […] A’ leggitori non assiderati dalla lettura di tragedie cittadine e commedie piagnevoli oltramontane; a quelli che non hanno il sentimento irruginito dalla pedantesca passione di far acquisto di libri stampati nel XV secolo, fossero poi anche scempi e fanciulleschi; a quelli che sanno burlarsi di coloro che non vorrebbero che altri rilevasse mai le bellezze de’ componimenti quasi obbliati, per poterli saccheggiare a loro posta; a quelli in fine che non pongono la perfezione delle moderne produzioni nell’accumolare notizie anche insulse, purchè ricavate da scritti inediti, ma si bene nella copia delle vere bellezze delle opere ingegnose atte a fecondar le fervide fantasie de’ giovani onde dipende la speranza delle arti; a’ siffatti leggitori, dico, non increscerà di ammirar meco questa bellissima lettera degna del pennello maestrevole del Caro.
Potino neurospasto soleva colle sue figurine (benchè con rincrescimento de’ buoni cioè de’ pochi) rappresentare alcune burlette o spezie di mimi in Atene e in quel medesimo teatro dove declamavansi le immortali tragedie di Euripide141.
Un’altra donna l’accusa di ateismo, e che coll’aver negato l’esistenza degli Dei, ella che vender soleva ghirlande per gli sagrifizii, dopo le di lui tragedie non vende la mettà delle corone che prima vendeva. […] È chiaro che tutte queste trasformazioni tendevano a contraffare e ridicolizzare le tragedie più rinomate. […] E tanti altri giovani i quali sono autori di più di diecimila tragedie, e sono più loquaci di Euripide? […] Tali critiche benchè esagerate che Aristofane mette in bocca ai due tragici, ci conservano il giudizio de’ Greci contemporanei sulle tragedie, e non parrà nojosa e inutil cura l’averle quì opportunamente rapportate.
Acquistò maggior fama per la poesia drammatica, non solo per avere secondo Donato composte e recitate tragedie e commedie seguendo i Greci, ma per essere stato il primo a volgere gli animi degli spettatori dalle satire alle favole teatrali36, per la cui rappresentazione gli fu assegnato il portico del tempio di Pallade. […] Si sono conservati i titoli di undici sue tragedie: Alcestide, il Cavallo Trojano, Danae, Duloreste, Egisto, Esione, Ettore, le Fenisse, Ifigenia, Licurgo, Protesilaodamia. […] Le sue tragedie sono: Achille, Achille di Aristarco, Ajace, Alcmeone, Alessandro o Alessandra, Andromaca, Atamante, Cresfonte, Duloreste, Eretteo, Ecuba, l’ Eumenidi, Fenice, Ilione, Ifigenia, i Litri di Ercole, Medea Esule, Medo, Menalippe, Telamone, Telefo, Tieste, tutte o tradotte o imitate da’ Greci, e Scipione originale di argomento Romano.
Pure le sue tragedie sono altrettanti mostri.
Le prime 4 commedie e le prime 4 tragedie a tua scelta ed oltre de’ riposi che dà la piazza, uno d’obbligo alla settimana…… L’11 aprile 1838 il Gottardi da Torino torna alla carica, ed, autorizzato anche dal suo futuro socio Domeniconi, le propone il posto di Iª attrice assoluta dalla quaresima del 1840, l’onorario di 12 mila lire austriache divise in tante mezze mesate anticipate, ed il compenso di mezza serata per piazza ad uso comico. – Dispensa dalle recite doppie – una recita per settimana di tutta vostra scelta.
Teatro (il) moderno applaudito, ossia Raccolta di Commedie, tragedie, drammi e farse con aggiunta di notizie storiche, critiche, e del giornale dei teatri di Venezia.
All’edizione delle sue belle tragedie premise il chiar. […] Ma queste tragedie e commedie hanno certamente la data più indietro del 1520, e per conseguenza la prima epoca gloriosa della drammatica può mettersi al principio del secolo. […] A’ leggitori non assiderati dalla lettura di tragedie cittadine e commedie piagnevoli oltramontane; a quelli che non hanno il sentimento irrugginito dalla pedantesca passione di far acquisto di libri stampati nel XV secolo, fossero poi anche scempj e fanciulleschi; a quelli che sanno burlarsi di coloro che non vorrebbero che altri rilevasse mai le bellezze de’ componimenti quasi obbliati, per poterli saccheggiare a loro posta; a quelli in fine che non pongono la perfezione delle moderne produzioni nell’accumulare notizie anche insulse, perchè ricavate da scritti inediti, ma sì bene nella copia delle vere bellezze delle opere ingegnose atte a fecondare le fervide fantasie della gioventù onde dipende la speranza delle arti; a siffatti delicati leggitori, dico, non increscerà di ammirar meco questa bellissima lettera degna del pennello maestrevole del Caro.
Epigene, poeta tragico anteriore a Tespi, usò dei cori nelle sue tragedie e i cori certamente non erano composti da un sol personaggio. […] Nelle tragedie di Eschilo si trova una folla di personaggi che parlano diversi da quelli del coro. […] Nella prima il lodevole desiderio di veder trasferita in Roma e in Napoli l’antica Atene lo sollecita a cercar nelle tragedie di Eschilo, di Sofocle e d’Euripide le arie, i duetti, i terzetti, i quartetti e i finali qualmente si trovano nell’opera italiana.
Da quanto abbiamo ora quì appena accennato, ben si rileva perchè nel XVII ancor meno che nel precedente secolo si rinvengano vere tragedie. […] Quasi tutte le tragedie del secolo XVII appartengono a Cristofaro Virues, avendone egli solo prodotto cinque nel 1609. […] Forse dopo l’Elisa Dido del Virues non possiamo contare altre tragedie del XVII secolo, che la traduzione delle Troadi di Seneca fatta da Giuseppe Antonio Gonzalez de Salas che s’impresse nel 1633, ma in essa quasi sempre egli superò l’originale in gonfiezza, come pure l’Hercules Furente y Oeteo di Francesco Lopez de Zarate pubblicata con altre opere nel 1651, nella quale si nota qualche squarcio sublime.
E se, desiderosa di assurgere a somma altezza anche in quel genere, si diede con ogni studio e con ogni amore alla rappresentazione della Saffo e della Norma…. tragedie irte di difficoltà materiali, pur troppo ad esse più specialmente dovè la immatura sua fine.
Sull’origine del teatro le azioni drammatiche furono talmente considerate dai Greci, che secondo la testimonianza del giudizioso Plutarco gl’inventori delle tragedie si paragonavano coi più gran capitani. «Che giovamento adunque» , dice questo scrittore, «fecero le tragedie cotanto onorate dagli Ateniesi?
Calzabigi concordava nel considerare i drammi di Metastasio delle «perfette e preziose tragedie»; la sintonia con la drammaturgia metastasiana si ha anche per quanto riguarda il rapporto tra le arie e i cori e il rifiuto dell’unità di luogo.
Appena comparvero le commedie d’Ariosto, di Machiavello, del Cardinal Bibbiena, e le tragedie del Trissino, del Ruccellai, e del Giraldi; appena la pittura cominciò a gareggiar coi Greci originali sotto il pennello di Raffaello d’Urbino, del Negroni, di Baldassare Peruzzi, e d’altri, che i principi italiani bramosi d’accrescer lustro e magnificenza alle feste loro si prevalsero a ciò della unione delle tre arti. Allora si sentì sulla scena la musica accompagnar le tragedie nei cori, e le commedie nei prologhi e negli intermezzi che si framettevano.
I cori che nelle tragedie italiane erano i soli destinati al canto, non giovavano molto ai progressi dell’arte, e perché comprendevano per lo più lunghe riflessioni morali incapaci di bella modulazione, e perché cantandosi a molte voci, erano più idonei a far risaltare la pienezza e varietà degli accordi che la soavità della melodia.
Un Aristarco più severo di me risponderebbe forse che con siffatta logica potrebbono farsi passare per eccellenti le commedie del Chiari, e le tragedie del Ringhieri non che i componimenti di Metastasio, essendo certo che quei poeti altro non ebbero in vista che di riscuoter gli effimeri applausi di un volgo stolido di spettatori; che l’accomodarsi al gusto pervertito degli ignoranti non tornò mai in vantaggio di nessuno scrittore; che la superiorità di un uomo di talento si conosce appunto dal sollevarsi ch’ei fa sopra gli errori e i pregiudizi dell’arte sua; che l’irrevocabil giudizio della posterità non ha dato finora il titolo di genio se non se a quelli autori sublimi, i quali sprigionandosi dai ceppi delle opinioni e dei gusti volgari hanno imposto la legge alla loro nazione e al loro secolo invece di riceverla; che infinitamente più laude ne avrebbe acquistata il poeta cesareo, se lottando contro alle difficoltà che opponevano una imperiosa truppa d’ignoranti e l’invecchiata usanza di quasi due secoli, osato avesse d’intraprender una totale riforma nel sistema drammatico, invece di autorizzar maggiormente i vizi attuali coll’abbellirli; e che niuno poteva eseguir il proggetto meglio di lui non meno per l’ingegno mirabile concessogli dalla natura che pel favore dichiarato della nazione, per la protezione d’una corte imperiale, e pel gran numero di musici eccellenti che avrebbero dal canto loro contribuito a rovesciar l’antico edifizio per inalzarne un novello. […] Soprattutto che non lo prendano per modello di scriver tragedie, siccome alcuni scrittori con appassionato zelo vorrebbono tuttora persuadere all’Italia.
Avendo perduta intieramente l’idea del teatro antico, e non vedendo sul moderno, se non se tragedie e commedie piene di mille assurdità, era ben naturale che s’appigliassero al melodramma, in cui trovano un ampio compenso.
Se i Greci, non avvisandosi di eccitar nelle loro tragedie altri movimenti che il terrore e la pietà, ebbero pure un teatro sì patetico, sì variato e sì ricco, con più ragione dovrebbero averlo i moderni, i quali avendo adottato un sistema drammatico più dilatato perché più conforme al presente stato politico della società, non si sono limitati alla rappresentazione di quelle due sole passioni, ma hanno con felicissimo evento fatto sentir sulle scene l’ammirazione, la pietà, la tenerezza, l’amicizia, la gloria, l’amor coniugale, l’amor figliale, l’amor della patria con più altri affetti consimili sconosciuti nella maggior parte dei componimenti di Esalilo, di Sofocle, e di Euripide.