) si dice ch’ell’era una cara giovinetta, che tanto prometteva nell’arte, e di cui certamente sarebbe divenuta una sacerdotessa, se un importuno Giasone, non fosse venuto a spegnere il fuoco della sua ara, quando appunto tutto a lei sorrideva ; bellezza, talento, l’amore dei suoi parenti, dei suoi amici e le simpatie del pubblico.
.° 36 dello stesso giornale per la stagione di primavera al Fu Obizzi di Padova, lo dice applaudito nelle parti da tiranno, e lo esorta « a raddoppiare il suo zelo, onde coprire qualche naturale svantaggio ».
., dice, al proposito di Valerio (I, pag. 331) : Nel 1660, essendo la Compagnia italiana definitivamente stabilita a Parigi, il Cardinale fece venir d’Italia un primo innamorato, il quale colmasse il vuoto lasciato dal valente Marco (?) […] Questo gli lo scrivo confidentemente ; lui dice che non l’ha fatta per dubio di non si amalare per una sua indispositione, intanto havendo io posto fin un opera nova per render più diligenti questi compagni a impararla, suplico V. […] S. di restar allevato, dice che sempre a V. […] no, circa poi che dice il S.
III, dice della Belloni che colla pantomima di Elena, e coll’espressivo sentimento di Carlotta, s’accostò all’apice della perfezione.
Ebbe – dice il Regli – molt’anima, fino sentire e non comune intelligenza ; e quanti lo conobbero son concordi nell’affermare che niuno come lui seppe accoppiare alle doti pregevoli dell’artista le squisite doti dell’animo.
Egli conduceva la sua Compagnia « con buoni regolamenti – dice il Bartoli – vantaggiosi per se stesso e pe’suoi compagni.
La cronaca del tempo dice : « è un uomo tarchiato e piccoletto.
Grisostomo con Onofrio Paganini a sostituir la Compagnia Sacco, andata in Portogallo. « Fu il comico Argante – dice Fr.
Recitava – dice il Bartoli – intorno al 1710 ai Fiorentini di Napoli.
« Comico che fioriva — dice Fr.
Ebbe figliuoli che « allevò – dice il Bartoli – con amore, ed ai quali diede un’ onesta educazione, essendo ella molto religiosa e buonissima cristiana. » Fu, come artista, egregia nel ruolo della serva, e specialmente nelle comedie all’improvviso, in cui recitava con molto spirito e molta prontezza.
Recitava il Tomasoli anche senza la maschera parti di vario carattere, e fu, dice Fr.
Mise da giovine la maschera del Pantalone, poi quella del Dottore ; e, dice il Bartoli, che sosteneva or l’una or l’altra con egual maestria.
La Francia vicina (dice il prelodato Storico Inglese) prima di ogni altra regione verso il VII secolo approfittossi del bell’esempio, il quale di mano in mano si comunicò all’Alemagna, indi alla Spagna, all’Inghilterra e alla Scozia. […] Nelle parole di tal prelato, ed in ciò che dice di Adriano il Tiraboschi, si attenda allo zelo, alla sacra dottrina, alla forza delle ragioni, e non già alla purità della lingua, e alla vaghezza dello stile. […] A questi tempi (dice) le decisioni di liti tra’ privati, e di gurisdizione tra’ potenti, facevansi per via di prove di acqua, di fuoco, di braccia a croce, e di duelli. […] Nos (dice il Re Alfonso) por la gracia de Dios Rei de Castilla, de Toledo, etc. […] Nella II al tit. 21 si parla in 25 leggi de’ duelli, e tra esse nella 13 e 14 s’insegna il modo di fare i cavalieri e gli scudieri, e nella 21, si dice, che gli antichi cavalieri combattevano a favor degli aggraviati.
Vi debbe certamente serpeggiare un perché, uno spirito attivo, vivace, incantatore, pel quale, come dice Orazio, i poemi piaceranno, ripetuti dieci e cento volte. […] Nell’Avaro di Shadwell dice a tavola un dissoluto a una meretrice: «Vada al diavolo questo misero ditale da’ cucire; dammi un altro bicchiere, e sia uno di quelli che adopra il tuo curato non-conformista dopo essersi riscaldato a tenere una conferenza; dammelo grande quanto la coppa del re Giovanni, o quella di Calvino che in Ginevra si conserva come una reliquia». […] Nell’atto V della medesima commedia dice un dissoluto a una dama: «Grande era in me l’appetito delle vostre bellezze, ma grande ancor la paura che mi cagionava la vostra riputazione». […] Cristo (si dice in un auto) morì nella strada delle Tre-Croci, alludendo con equivoco puerile alle croci del calvario e alla Calle de las Tres Cruces di Madrid. Con simile equivoco si dice che la samaritana abita alla Strada del Pozzo.
Bartoli prende tutto dal Valerini stesso ; se non che, la fa esordire a Modena, mentre il Valerini non ce ne dice nulla, ed esclude perfino Modena dalle città annoverate, nelle quali essa colse tanta messe di lodi. […] mo honorò hieri con la presenza sua la commedia della Flaminia, per essere sua vicina, con tutto che fosse invitato a quell’altra, che fu una pastorale bellissima, per quanto si dice, et si vidde Io a convertire in vacca, Giove e Giunone parlarono insieme : venne poi e spari la nebbia, Mercurio col sono adormentò Argo, et poi gli tagliò la testa, una Furia infernale fece venire in furia quella vacca, et infine fu di nuovo convertita in nimpha, et il padre ch’era un fiume, venne ancor lui, versando acqua, a fare la sua parte, et in un istante medesimo i pastori fecero le loro nozze et eccetera. […] I musici, i poeti, i pittori, e gli scultori cercavano con ogni sforzo e industria delle lor arti renderla immortale. » Poi, venendo alle bellezze fisiche, dice : « Era di corpo bellissima, e di rado avviene che ad un bel corpo non sia bell’alma unita, essendo il bello e il buono un’istessa cosa. […] Ella per la tua fede e per tuo merto dice : d’amor ti si concede quel che ad altri non lice ; e coglier è a te dato, quel ch’è a ciascun vietato. […] Il Sand inesattamente fa nascere l’Armiani (sic) a Vicenza, anzichè a Venezia, come abbiamo dal Valerini stesso, e dice che nel 1570 ella divien celebre per tutta Italia ; mentre sappiamo ch’essa rese l’anima al Creatore il dì 11 settembre l’anno 1569 ; e che « un Gandolfo, del quale rimane sconosciuto il cognome, a’15 settembre così scriveva al Castellano di Mantova : « La Vicentia comediante è stata atosegata in Cremona.
Nell’epitalamio cantato dal Coro per le nozze di Giasone con Creusa, vedesi, il progresso dell’azione; e Medea dice nel cominciar l’atto II: Occidimus! […] Sic gnatos amat (dice Medea maravigliata)? […] Ippolito o per farla ravvedere, o perchè ancora non ben l’intenda, le dice, Amore nempe Thesei casto furis? […] Crede per un istante Ulisse, indi dubita, e dice a se medesimo: richiama le tue usate frodi e tutto te stesso, o Ulisse, Scrutare matrem. […] Cogere, le dice il tiranno, ed ella: … Cogi qui potest, nescit mori.
Il Gueullette in una delle sue preziose note manoscritte allo Scenario del Biancolelli, dice che il Mezzettino del Riccoboni, che qui riproduco, è il ritratto di Anna Elisabetta Costantini.
E dice il Colomberti nelle sue note che la Compagnia del Lipparini, non mai primaria per celebri attori, non fu mai secondaria a nessun’altra per piacere al pubblico delle primarie città d’Italia.
Affetto da aneurisma nel collo, dovè, dice il Bartoli, abbandonar le scene del '65, e stabilirsi a Milano sua patria, dove morì del '68.
Si diede a sostener la maschera del Brighella, e dice il Bartoli (1781), che egli era comico sufficiente, e musico di molta abilità, e che, data la sua ancor fresca virilità, poteva sperare de' migliori progressi alla sua mediocre fortuna.
Fu, ci dice il Bartoli, bellissima, egregia attrice per le parti di donna seria, e….
Nata a Bassano del 1782, fu una egregia comica per le parti di serva, che cominciò a sostenere all’improvviso, sì in dialetto che in italiano, con tal grazia ed eloquenza, che i più provetti dell’ arte si dice non potessero starle a fronte.
… Che finalmente si possa identificare in questo Testa l’Aurelio conosciuto fin qui col solo nome di teatro, che il Bartoli dice fiorito verso il 1630, che il Belgrano trova il 1610 a Genova direttore di una accolta di nobili dilettanti, che il Martinelli cita in una sua lettera da Milano del 1620, e di cui il Bertolotti riferisce una lettera del 7 luglio 1621 da Napoli al Duca di Mantova, firmata « Aurelio fedele comico » (V.
Il Barone Ö Byrn nel suo pregevole studio più volte citato, riferisce la cronaca del tempo, che dice del Toscani : « È giovine di bella figura, di carnagione scura e d’occhi e capelli neri.
« La Toscani – egli dice – sa chiacchierare ; ma ciò non basta : bisogna nascere Colombina.
Egli dice : Giovan Paolo Trapolino fu le delizie de' suoi giorni in teatro, e fu anche poeta.
Nubile ancora nel 1781 viveva « lietamente – dice il Bartoli – presso il suo genitore, e dirigendo più che con femminile ingegno i domestici affari della propria famiglia ».
Il ' 56 diventò capocomico egli stesso, e continuò a esserlo fino alla fine della sua vita artistica che si chiuse il '69 ; anno in cui si recò definitivamente a Firenze (vi si era già recato nel '64 col fermo proposito di lasciar l’ arte, alla quale tornò poco di poi, sollecitato da Riccardo Castelvecchio ad assumere la direzione della sua Compagnia Dante Alighieri), affine – dice un suo biografo, Cesare Calvi – « di proseguire alcuni studj sull’arte e sul teatro che durante il suo artistico peregrinaggio non poteva condurre a fine, » ma in realtà – dice un annotatore – per darsi a non so che lucroso commercio.
Cassel, 1880), dice di Colombina : La Colombina era la compagna obbligata dei servitori astuti ; era la ragazza vivace e astuta, capace di tener fronte ad essi per spirito e destrezza. […] Sul proposito a punto della civetteria, Colombina dice a Isabella : Non bisogna essere eccessivi mai ; ma siate certa che un pizzico di civetteria nei modi, fa la donna cento volte più amabile e provocante. […] Ma come Vossignoria dice, voglio un bon rolo ; per esempio le rolle du Portier che maneggia l’argento.
Domenico Bruni dice di lui, che fu peritissimo nelle lettere greche e latine ; e con tuttociò in iscena non avendo quella grazia che si aspettava, benchè di bellissima presenza fosse, non ispaventava Orazio Nobili (V.), l’altro innamorato della Compagnia de' Gelosi. […] Secondo Adolfo Bartoli sarebbe stata quella la Compagnia degli Uniti, che si erano formati, – egli dice – sotto la direzione di Adriano Valerini nel 1580 circa. […] Ivi 1586, dov'egli – dice Adolfo Bartoli – cita scrittori greci e latini e dove dà prova di una erudizione storica non comune.
Bartoli, contemporaneo, ha per lei parole di alto encomio e come attrice e come donna. « È la Martorini molto commendabile — egli dice — nelle parti tenere ed amorose, mostrando coll’ espressione della voce gl’ interni affetti dell’anima ; distinguendosi in singolar modo con attenzione indefessa anche nelle più minute cose, senza ommetterne alcuna, e tutto volendo che giovi, e contribuisca alla perfezione di ciò che ella rappresenta. » E più giù : « nel nubile suo stato, al fianco d’una vecchia tutrice, esposta agli occhi del mondo, fornita di bellezza e di grazia, ella ha saputo schermirsi dall’insidie del secolo. »
Infatti, assicurato che la Ricci non sarebbe in alcun modo partita, dice aver saputo dopo « che la Vinacesi da lui conosciuta giovine di molta abilità, ma di costume riservato, contenta di ciò che guadagnava in Italia, aveva rifiutato a' tumulti di Parigi, e a quelle fortune irregolari che alcune femmine teatrali si promettono in quella metropoli. » In una mia raccolta di elenchi della fine del secolo xviii un Giovanni Vinacesi figura come Pantalone nella Compagnia di Gregorio Cicucci.
Passò poi col Pianizza a Napoli, « e i uno di que' teatri – dice Fr.
dice Medea maravigliata: Bene est; tenetur; vulneri patuit locus. […] Ippolito o per farla ravvedere, o perchè ancora non ben l’intenda, le dice, Amore nempe Thesei casto furis? […] Vinta dunque dall’ astuto volgesi alle preghiere, confessando di esser vivo Astianatte; miserere matris, ella gli dice; ed Ulisse, exibe gnatum, & roga. […] Ma ciò nè anche bastando all’augure, alia, dice, tentanda est via. […] Ed in fatti, come indi dice il messo, ella è accinta a precipitarsi in mezzo alle squadre, come fende l’aria veloce partico strale, come va una nave spinta da vento farioso, o come dal cielo cade una stella.
Ecco quel che dice (p. […] Secondo me Orazio altro quì non dice, se non che la plebaglia nel meglio di recitarsi de’ versi s’innamorava di vedere lo spettacolo dell’Orso, o de’ Pugili. […] (ei dice nella p. […] Il Gravina nel Numero XVII. del Trattato della Tragedia altro non dice, se non che il Guarino, e il Tasso adescati da’ Romanzieri si scostarono dalla semplicità naturale nelle loro Pastorali. […] Ebbe in seguito qualche inclinazione per sua Cognata la Principessa d’Inghilterra Sorella di Carlo II. per la quale conservò poscia inalterabilmente un fondo di stima e di amicizia; ed a quel tempo, dice M. de Voltaire, la Corte di Luigi XIV.
– Il testo della supplica, dice il Neri, è di mano di Gio.
Fu detto ch’egli era giureconsulto innanzi di darsi alle scene ; ma il Perrucci nella sua arte rappresentativa dice in proposito : « in Napoli ci sogliamo servire della Parte di Pulcinella, personaggio non già inventato da un giurisconsulto, che si diede a farlo su i pubblici teatri, chiamato Andrea Ciuccio, come sognò l’Abbate Pacicchelli ; ma da un comediante detto Silvio Fiorillo, che si facea chiamare il Capitan Mattamoros : è vero che poi vi aggiunse con lo studio e la grazia naturale, perfezione Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, sartore e non tribunalista, come è noto a tutti coloro che ancora se ne ricordano, essendo morto nel passato contagio del ’56. » Il Bartoli poi alla sua volta, cita contro quella del Perrucci l’asserzione di Bernardo de’ Dominici, che nel Tomo III delle sue Vite de’ Pittori napolitani (pag. 87) afferma essere stato il Calcese giureconsulto.
« Fu chiamato – dice il Bartoli – al servizio di D.
xxi) dice di Alberto Ferro : Se colla parte di Barone nell’Avventuriere notturno si distinse nel comico caricato, con quella dell’Impresario nelle Convenienze teatrali non mancò di provare la sua naturalezza vivace, che venne ancora meglio espressa col Federico II nel dramma che porta questo nome.
Francesco Bartoli la dice contemporanea della Diana (V.), e la fa morir nel 1730.
Carlo Goldoni fa cenno, nel XIV volume dell’edizione del Pasquali, della moglie di lui, bolognese, punto inclinata al teatro per la estrema sua freddezza, e per la incorreggibile pronunzia dialettale, a cui volle affidar la parte di Graziosa nella Bancarotta, chè a cagione appunto della sua melensaggine, riuscì, egli dice, uno de' più dilettevoli personaggi della commedia.
Bartoli lo dice un eccellente comico, e aggiunge ch' egli aveva una presenza veramente marziale, e che i suoi discorsi erano tutti sostenuti da frasi alte ed ampollose, dimostranti un coraggio d’invincibile guerriero.
Il Roti – dice F.
Si trovava il 1781 sempre con la Dotti a Ragusa, dove – dice il Bartoli – facea valere il suo spirito procacciandosi degli applausi, e facendo qualche mediocre fortuna.
Sposò il 30 luglio '42 l’attore della Comedia italiana, Dehesse (il suo vero nome, dice una nota manoscritta del Gueullette, era Hesse), olandese, figlio di francesi, dopo cinque anni almeno di contrasti penosi, cagionati da certa Maria Maddalena Hamon, la quale, vissuta lungo tempo con lui, e presentata a più persone come sua moglie, pretendendone i diritti legali, si opponeva al matrimonio.
Luigi Riccoboni dice (V.
Ecco quel che il Riccoboni dice in proposito : La Città di Bologna, in Italia, che è il centro delle scienze e delle belle lettere, e dove sono una così celebre Università e tanti collegi di paesi stranieri, ci ha sempre fornito un gran numero di scienziati, e sopratutto di dottori, che avean le cattedre pubbliche di quella Università. – Essi vestivan la toga e in iscuola e per via ; e saggiamente si pensò di far del dottore bolognese un altro vecchio che potesse figurare al fianco di Pantalone, e i loro due costumi divenner, l’uno accanto all’altro, di una irresistibile comicità. […] E il Perrucci, che colla sua arte rappresentativa ha gettato veri sprazzi di luce in mezzo al bujo che avvolge le nostre scene ne’secoli xvi e xvii, dice : La parte del Dottore non ha da esser tanto grave, servendo per le seconde parti di Padre, ma per la vivacità dell’ingegno, per la soverchia loquela può darsele qualche licenza d’uscire dalla gravità ; ma non tanto che si abbassi al secondo Zanni, perchè allora sarebbe un vizio da non perdonarsele ; il suo linguaggio ha da esser perfetto Bolognese, ma in Napoli, Palermo ad altre città lontane da Bologna, non deve essere tanto strigato, perchè non se ne sentirebbe parola, onde bisogna moderarlo qualche poco, che s’accosti al Toscano, appunto come parla la nobiltà di quell’inclita Città, e non la Plebe, di cui appena si sente la favella : onde allora ch’ebbi la fortuna di esservi, al mio Compagno sembrava d’esser fra tanti Barbari, non intendendo punto quella lingua. […] Per quel che concerne l’origine della maschera del Dottore, dice il Sand (op. cit. […] Olindo Guerrini a pag. 123 della citata opera sul Croce, dice : Se non sotto questo nome (Grasiano da Francolino), pure la caricatura del legista cattedratico del vecchio studio bolognese deve essere, quasi quanto lo studio stesso, antichissima. […] Anche dice il Guerrini, al proposito dell’autor vero di un Trattato delle virtù morali già attribuito a Roberto Re di Napoli, e riconosciuto poi per opera di Bonagrazia, Graziolo, o Graziano de’ Bambagioli, bolognese : Resta intanto che fu dottore, letterato e mescolato alle faccende politiche del suo tempo.
Despazes autore delle quattro Satire, gli dice drammi senza piani, senza caratteri, senza correzione di stile. […] Delicato è pure ciò che dice nell’atto II; Si on me la rèfuse, qu’on m’apprenne à l’oublier… l’oublier? […] J’ai , dice, quinzecent livres de rente? […] Il m’avait (dice Eugenia nella scena seconda dell’atto I) cachè ces bruits dans la crainte de m’affliger.
Erano – dice l’anonimo delle memorie tolentinati (Tolentino, 1882) – quasi tutti avanzi gloriosi della R. […] Il Bonazzi (Gustavo Modena e l’arte sua, Perugia, 1865) dice del Blanes che calzava con mitica dignità l’alto coturno dei classici. […] Belloni Antonio, vicentino, figliuolo di un maestro di spada e di una lavoratrice di mode, come dice Fr. […] Il Bartoli dice che l’arte del comico e del lavorator di mode andava alternando e che per la squisitezza de’modi e l’avvenenza della persona, era accolto e gradito dalle dame di ogni città.
Comica egregia che fioriva – dice Fr.
Della Bon-Martini dice il Rossi nel 1° volume delle sue memorie (pag. 44) : …. mi occupai molto della direzione della compagnia, e specialmente della nuova prima donna, la quale, poveretta, faceva tutto quello che poteva ; ma le piaceva più cantare che recitare : e tale era la sua passione, che indusse anche me a cantare con lei.
II) dice : « nei caratteri di varia semplicità conservò sempre il raro suo valore.
« Fanciullo grazioso – dice Fr.
. — Il Colomberti lo dice attore di molta intelligenza e di prestante figura, applauditissimo sempre, nonostante il difetto di una voce alquanto nasale.
Era secondo nell’ elenco, e dice il Giornale de’ teatri che si distinse colla parte di Rodolfo (primo innamorato) nel Ladislao, fisedia (?)
Cammillo Ferri era più tosto piccolo di statura e alcun poco tozzo : ma la voce magnifica, il volto espressivo, il sentimento vivo, l’ingegno pronto lo compensarono a esuberanza del difetto : e dice il Regli (op. cit.
A testimonianza del valor suo, Francesco Righetti nel secondo volume del suo Teatro italiano, dice : « Il personaggio di servetta era semispento nelle compagnie comiche, e colla morte della celebre Maddalena Gallina, che mirabilmente lo rappresentava, e per il nuovo genere introdottosi in Italia di commedie, in cui il ridicolo entra appena di furto, e per l’abbandono della commedia goldoniana. »
Per certa malattia, dovè poi lasciar la professione, e restituirsi a Bologna, ove ripigliò i suoi studi sotto il Dantone e il Mitelli, ch'era — dice il Bartoli — geloso dello scolaro.
Fra le tante poesie che le furon dedicate, il Bartoli trasceglie il seguente sonetto, parto felice (dice lui) d’un dottissimo Cavaliere Urbinate : Recitando con applauso universale nel Teatro de' Nobili Sig.
Il Bartoli, al cui tempo (1781) ella fioriva, dice che « un nobile aspetto, un volto ornato di grazie, ed una rara biondissima chioma erano i pregevoli naturali suoi doni.
A. che egli cessi la sua…… di Masaniello, p che continouamente tiene in moto tutti, e questo lo sa cosi ben fare, che imposibile a dirlo. egli sie licenziato dalla Compagnia fuori dogni ragione, e se dice p la uicenda, V. […] Infine la lettera seguente dell’Archivio di Modena ci dice com’ella fosse a Torino l’agosto del ’54, tornata di fresco da Parigi.
Tesi Faustina, di Crema, moglie di Domenico Tesi comico bresciano, « il quale – dice Fr. […] Si tolse da esso l’anno dopo, fuor di tempo, « e dall’amicizia – dice Bartoli – di nobile cavaliere letterato ricavar seppe a vantaggio suo delle favorevoli disposizioni » ( ?).
L'atto di morte lo dice Ufficiale del Re. Lo Jal all’articolo Visentini dice : « il avait été appelé d’Italie pour doubler et remplacer Evaristo Gherardi, successeur du second Dominique Biancolelli, fils du célèbre Arlequin aimé et éstimé de Louis XIV.
Bartoli dice che Vitalba recitò sempre sotto il nome di Florindo, e fu comico al servizio di S. […] Anche lo fa nascere a Bologna, mentre Goldoni lo dice padovano.
L’autore di essa fu uno Spagnuolo domiciliato in Italia, chiamato, per quel che dice egli stesso, Alfonso Ordoñez32. […] Le commedie del Rueda, dice Lope de Vega nell’Arte Nuevo, di stile assai basso e che rappresentano fatti di artefici mecanici ed amori di persone plebee, come della figlia di un fabbro, nelle quali però, egli dice, . . . . . . […] Nè ciò si dice perchè importi gran fatto l’esser primo, essendo i saggi ben persuasi che vale più di esser ultimo come Euripide o Racine o Metastasio che anteriore come Senocle o Hardy o Hann Sachs. […] Nè anche del Perez si sa l’anno in cui nacque; e solo il mentovato Sedano ne dice col solito pudo ser che forse nacque nel 1497. […] Fernando de Roxas (dice l’erudito Mayans y Siscar nella Vita del Cervantes) que la diò fin, no pudo igualar al primero inventor.
Canzachi Giovanni Camillo, bolognese, detto lo Zoppo. « Recitò assai bene – dice Fr.
La bibliografia pratese lo dice da Spoleto.
Chi dice che fu Amore cagione di quello sproposito ; chi una disperazione per mancanza di soldi ; e chi per essersi offesa di una imputazione non meritata.
Il Goldoni, a proposito dell’arte sua, dice che eccettuata qualche caricatura sosteneva benissimo l’impiego di Cameriera ; ma, avverte saviamente il Löhner, egli la « giudica un po'severamente, forse perchè era cresciuta nelle tradizioni un poco sgangherate delle farse “à Canevas” d’allora. » Sposò il 9 gennajo 1739 in prime nozze il bravo dottore Rodrigo Lombardi (V.), dal quale s’ebbe più figli, tra cui Benedetto e Rosa, di cui è parola al nome di Lombardi ; e dieci anni dopo Atanasio Zanoni, celebratissimo brighella, da cui si ebbe due figli, Teresa e Idelfonso (V.).
L’autore di tal versione fu uno Spagnuolo domiciliato in Italia chiamato, per quel che si dice da lui stesso, Alfonso Ordonez a. […] Nè ciò si dice perchè importi gran fatto l’esser primo, essendo i saggi ben persuasi che vale più di essere ultimo come Euripide o Racine o Metastasio, che anteriore come Senocle o Hardy o Hann Sachs. […] Nè anche del Perez si sa l’anno in cui nacque; e solo il medesimo Sedano ne dice col solito pudo ser che nacque forse nel 1497. […] Nella prima, ei dice, si trasgrediscono le regole delle unità: nella seconda si pecca contro il verisimile: nella terza le azioni principali sono due: nell’ultima è fantastico e fuor di natura il carattere del protagonista. […] Castro dice al re: Tutti, o signor, me trafiggendo uccidi; Tutti morremo.
Crede per un istante Ulisse, indi dubita, e richiama (dice a se stesso) le proprie frodi, et totum Ulyssem: Scrutare matrem. […] Ma ciò neppur ballando all’augure «alia , dice, tentanda est via. […] Svetonio però ci dice, che questi fu esigliato per aver mostrato a dito dalla scena uno degli spettatori che lo beffeggiava. […] «Noi (dice Gellio lib. […] Casaubon conviene con Valerio Massimo, e trattando della satira greca e latina dice, che la commedia atellana era piena di acutezze piacevoli senza oscenità.
Dall’amore dell’arte militante fu ricondotto vecchissimo sul teatro, e morì in miseria, dice il Regli (op. cit. […] Quanto all’anno 1788 segnato dal Croce, qualcosa rimane a verificare, poichè l’Andolfati stesso nella citata lettera in risposta al signor De Bastide colla data del ’92, dice : « …. […] Germano, commedia spagnuola di Zavara e Zamora da lui tradotta, egli dice : « Questa commedia ha sortito un esito felicissimo ; e fu appunto questo esito che indusse un vivace talento a carpirla a memoria, e darla contemporaneamente ad altra Compagnia, per il che fui da una incauta violenza di temperamento, che arrossendo condanno, trasportato a…. un denso velo sopra il passato.
» E il crociato, dice in nota il compilatore dell’epistolario, era un parafuoco dipinto dal Bottazzi che i Modena dovettero rimpiccolire per adattarlo al nuovo appartamento di Torino.
Fu poi con Antonio Sacco, dal quale dice il Gozzi (Mem.
Lo vediamo il settembre del '46, momenti di fanatismo pel nuovo Pontefice Pio IX, a Tolentino ; e il cronista ci dice che ogni sera si facevan dimostrazioni di giubilo, si sventolavano dai palchi banderuole, s’intrecciavano pezzuole bianche-gialle tra palco e palco, intanto che uno scelto coro di cantori venuto per le musiche sacre intuonava l’inno a Pio IX di Rossini.
Infatti un contemporaneo, il Gueullette, dice che Sticotti era un grand’uomo assai ben fatto, di viso tondo e piatto, e di fisonomia piacevole ; di umore gajo al sommo, e amabilissimo in società.
Il Mercurio di Francia dell’agosto 1741, seguìto poi dai fratelli Parfait, dice ch'egli fu molto applaudito nella parte di arlecchino, che recitò con conveniente intelligenza, dando prova di molto talento ; mentre il D' Origny afferma che l’esordire di lui come arlecchino servì a provare che il talento è di rado ereditario.
Allo Zanetti certo allude Luigi Riccoboni, quando dice (op. cit.
Recitò molti anni applauditissima nelle parti tragiche e nelle comiche, in Compagnia di Giovanni Roffi (V.) al Cocomero di Firenze. « Una tenera espressione – dice Fr.
In fatti nel parlarne il Crescimbeni nel tomo I, dice di non meritare il nome di tragedia. […] Che pregio, egli dice? […] Andromaca nella tragedia latina dissimulando e piangendo con Ulisse dice che il figliuolo è morto. […] E sa il signor avvocato Mattei quello che dice egli stesso? […] Vedi ciò che ne dice il conte di Calepio nell’articolo V del capo I.
Un villano p. e. con un asino carico di paglia urta e spinge al suolo un nobile imaginario, e un altro impostore, che ha preso il titolo di barone, essendo ciabattino di origine e di mestiere, dice con disdegno, no merece mil muertes? […] Quanto dice Basilio e Chiteria meriterebbe di trascriversi. In un monologo pieno di un patetico che giugne al cuore, dice la pastorella nella scena prima del II: Ay! […] * Ma l’ingegnoso autore dopo avere nel 1789 data la caccia a’ poetastri con un piacevole opuscolo dettato dal buongusto intitolato la Derrota de los Pedantes (la sconfitta de’ Pedanti) in cui gli spaventa, gli dipinge, gli schernisce, gli confonde, e gli caccia in fuga con piacer del pubblico che gli riconosce, compose la nominata Comedia Nueva, ove espone una fedel dipintura, a quel che si dice nel prologo, dello stato attuale del teatro spagnuolo.
« L’Agnese – dice Goldoni – cra la cantante di moda per le serenate, e colla bellezza della sua voce, e la chiarezza dell’espressione, fece gustare la musica e applaudir le cabalette.
D’Italia passò in Francia ; e quivi apprese – dice Fr.
Fu il 1880 con Antonio Colomberti, che in una sua nota inedita dice di lui : …. avemmo campo di apprezzarne le doti artistiche nel dramma di Gualtieri, Silvio Pellico, nell’Antigone di Alfieri, nella Signora dalle Camelie di Dumas, in varie commedie di Gherardi Del Testa, ecc.
(io tacio – dice l’Ottonelli – e tacerò i nomi uditi per degni rispetti), e dalla Principessa N.
Nella lettera al Costantini egli dice (pag. 965) : verrò a servirlo io, la madre, figliuoli e servitore.
Teatro alla Cannobbiana, dice : Primieramente fermeremo la nostra attenzione sulla gentile prima donna Regina Laboranti.
Fu – dice il Bartoli – attore nella sua maschera molto esperto ; e accenna a un amore per una donna di elevata condizione che gli fe'dar di volta al cervello, non tanto però da vietargli di fare al cospetto del pubblico il più scrupoloso dei doveri.
Tommaso Ristori aveva — dice il suo passaporto d’allora, tuttavia esistente — i capelli castano-chiari, e vestiva un abito conveniente rosso, orlato d’oro.
,143) riferisce i particolari della uccisione del famoso musico Siface, dallo Zibaldone di Anton Francesco Marini, il quale alla data 10 luglio 1704, dice : « Discorrendosi questo dì 21 luglio 1704 di Siface musico celebre ; mi disse Giuseppe Sondra detto Flaminio, comico del Principe di Toscana, che il Quaranta Marsilio lo facesse egli ammazzare tra il Ferrarese e il Bolognese, ecc. » Sperandio Bartolommeo, mantovano, sostenne con molto successo, e in varie compagnie di giro, la maschera di Arlecchino, nella seconda metà del secolo xviii.
In un articolo del Fanfulla della Domenica del 1° gennajo 1888, Giuseppe Costetti lo dice non figlio d’arte, mentre il Colomberti lo fa nascer da genitori oriundi napoletani che esercitavan l’arte drammatica.
Il 1778 le morì il marito ; e dice Fr.
Del successo di Visentini si han pareri disparati : un contemporaneo stampò ch'ei non riuscì indegno del famoso nonno Thomassin : e una nota manoscritta dell’ '87, che rispecchiava l’opinione del Comitato del Teatro italiano dice semplicemente : Thomassin, absolument inutile.
In seguito l’autrice diede al teatro, la Figlia di Aristide, del medesimo genere, la quale non ebbe ugual successo felice, perchè, dice Palissot, il tempo dell’indulgenza era passato. […] I versi del Du Fresny (dice l’istesso Palissot) cedono in facilità a quelli di Regnard, ma il di lui stile è più puro. […] “Mancavagli (dice Palissot) la profonda conoscenza del cuore umano, quella del mondo e dell’arte comica . . . […] Il secolo (dice Dorante filosofo moderno) ha fatti tanti progressi che può oramai ridersi dell’odio e dell’invidia. […] “L’arte della declamazione (dice uno di essi ironicamente) si è fra noi inalzata a un punto sublime.
Non insinuarmi (dice Elettra a Crisotemi) a non serbar la fede a chi la debbo. […] Che pregio egli dice? […] Andromaca nella tragedia latina dissimulando e piangendo con Ulisse dice che il figliuolo è morto. […] E sa il Signor Mattei quello che dice egli stesso? […] Vedi ciò che ne dice il Conte Calepio nell’articolo V del capo I.
Alla prima dice in esso che la tragedia è un’azione pubblica, grande, interessante, nazionale. […] Egisto dice che già di funeste grida intorno suona la reggia tutta. […] Agide gli dice che egli stesso lo trarrà d’impaccio ; raccomanda a lui la figlia e si ferisce. […] Ma in fine gli dice Flaminio, che pretendi ? […] Mancando dice poscia : Nicomede ?
Il matrimonio non si effettuò più – per ignote cagioni – dice Fr. […] Il Bartoli, contemporaneo del Coralli, dice : « Nella maschera dell’ arlecchino non piacque pel troppo disuguale paragone del tanto ben veduto ed accreditato Bertinazzi.
Di lui dice il Quadrio (op. cit. […] Il Cardinale Caetani, raccomandando il 12 aprile 1611 il figlio Scapino al Duca di Mantova, dice che il Siuello era suo amorevole.
Baschet 244 — a proposito dei Due Simili recitati al Louvre dai Fedeli la sera del 14 settembre 1613, dice che il Pellesini aveva allora ottantasette anni : sarebbe nato dunque il 1526), fu uno dei più grandi Zanni del suo tempo, più noto col nome di Pedrolino. […] Il D'Ancona la dice dei Gelosi : ma non eran gli Uniti ?
In una cronaca manoscritta di autore anonimo che può credersi compilata nel XII secolo da cronache anteriori, si descrive l’antico teatro della città di Milano, e di esso si dice: super quo histriones cantabant, sicut modo cantantur de Rolando et Oliverio, finito cantu bufoni et mimi in citharis pulsabant, et decenti motu corporis se volvebant b . […] Giovanni Manzini della Motta, nato nella Lunigiana, scrisse verso la fine del secolo alcune lettere latine, ed in una parla di una sua tragedia sulle sventure di Antonio della Scala signore di Verona, e ne reca egli medesimo (dice il celebre Tiraboschi) alcuni versi che non ci fanno desiderar molto il rimanente. […] Vedasi anche ciò che ne dice l’abate De Sade dotto Francese che si è occupato con molta diligenza a scrivere quattro tomi di Memorie della Vita del Petrarca.
Comunque fosse, dice il Mercure de France, che gli applausi in quella riapparizione furon frenetici, e che, nonostante l’aumento del doppio nei prezzi, il teatro non potè contenere tutto il pubblico che avrebbe voluto assistervi. […] Il costume di Mezzettino – dice Riccoboni – trae la sua origine dai disegni di Callot (V. il Mezzettino dei Balli di Sfessania al nome di Antonazzoni) o dagli attori comici del teatro francese del 1632, Turlupin e Philipin, che vengon dalla stessa fonte. […] Ma se il libro è detestabile, egli dice, ne va compatito l’autore, il quale ha dovuto uniformarsi, scrivendolo, alla capacità di colui che avrebbe dovuto metterci il suo nome come autore.
Buon cristiano, buon amico, buon prossimo : sovventore dei poveri, ed abile artista comico in generale : in particolare poi, sommo nel così detto carattere di Stenterello, che egli stesso inventò, ed inimitabilmente e gustosamente sostenne fino alla decrepitezza…… E il Morrocchesi poteva discorrerne con ragione, poichè fu con lui scritturato per tutto il 1800, che egli passò, dice, in un batter d’occhio, perchè fu del continuo accompagnato da quiete d’animo, da perfetta salute, da ogni possibile soddisfazione nell’arte, e con sopra a 400 zecchini d’avanzo, dopo essersi mantenuto gajamente in tutto e per tutto. […] Toltosi dal teatro, a continuar l’opera sua scelse Lorenzo Cannelli, del quale fu maestro appassionato, ma che poi dovette abbandonare per la troppa scurrilità di cui si piaceva rivestire ogni sua frase ; giacchè il Del Buono, che il Morrocchesi dice Angelo umanato, volle ritrarre il popolo fiorentino in genere, nella vivezza del linguaggio, purgato da ogni parola men che conveniente. […] Fu anche Luigi Del Buono, come dice la lapide commemorativa, egregio scrittore di commedie e di operette, tra le quali, una delle più note e più lodevoli, la Villana di Lamporecchio, la cui protagonista fu studiata sul vero nella persona di Virginia Venturini di Lamporecchio, che viveva al servizio di lui, e lo pettinava ogni mattina, acconciandogli il codino stenterellesco che egli non abbandonò mai.
Il Colomberti, per un esempio, suo direttore, di cui la Pelzet in una lettera al Niccolini del 27 luglio '43 da Bologna, dice ogni male possibile, perchè, essendo inabile a recitar la tragedia, la vuol bandita dal repertorio, e lascia lei, scritturata prima attrice tragica, inoperosa, lasciò scritto ch'ella « fu una delle migliori attrici della sua epoca, abilissima in ogni genere di rappresentazioni tragiche, drammatiche e comiche. […] Nella medesima del '43, discorrendo del capocomico Domeniconi, dice : Il prossimo carnevale torniamo in questa città, e voi dovreste parlare a Domeniconi, pregandolo, a nome mio, che faccia mettere in iscena questa tragedia (Antonio Foscarini) per la prima attrice tragica. […] Ma ancora due anni di pazienza, e avrà lasciato per sempre la galera comica, com’ella dice in altra sua da Roma del 20 luglio '44 allo stesso Niccolini, al quale si raccomanda perchè sia dato un impiego a suo figlio, alla cui sussistenza non può pensare, avendo appena il pane per sè.
Soppresso poi totalmente l’anno dopo il genere italiano, ella fu congedata con una pensione di mille lire annue e un indennizzo di cinquemila lire da pagarsi in due anni e in due volte, e se ne tornò in Italia con la madre e un bambino, frutto del suo matrimonio con un Bianchi, dal quale viveva separata. « I suoi meriti personali – dice Fr. […] Esordì a Torino e subito fu riconosciuto attore di rari pregi ; talchè, addentratosi ognor più nello studio, riuscì in breve il più valoroso artista del suo tempo a giudizio d’uomini competenti, quali Francesco Gritti, che afferma « nelle parti dignitose e gravi, e ne' caratteri spiranti grandezza e pieni di fuoco, lui rendersi certamente impareggiabile » e Carlo Gozzi che lo chiama « il miglior comico che abbia oggi l’Italia, » e Francesco Bartoli che gli dedica nelle sue Notizie più pagine dell’usata iperbolica magniloquenza. « Una magistrale intelligenza – dice – una bella voce sonora, un personale nobile e grandioso, un’ anima sensibile ed una espressiva naturale ma sostenuta, formano in lui que'tratti armonici e varj, co'quali sa egli così ben piacere e dilettare a segno di strappare dalle mani e dalle labbra degli uditori i più sonori applausi. » Nel Padre di famiglia di Diderot, nel Gustavo Wasa di Piron, nella Principessa filosofa e nel Moro dal corpo bianco di Carlo Gozzi, nel Radamisto di Crebillon, nel Filottete (di De la Harpe ?) […] E chiudo con quest’altro, pur riferito dal Bartoli, « parto elegante – egli dice – di dottissima penna genovese, » dedicato Al merito singolare del signor Petronio Zanarini attore impareggiabile al Teatro di Sant’Agostino, nella Primavera dell’anno 1775 : Cingati omai de'suoi più verdi allori Apollo il crin, e con dorate piume spieghi la fama i tuoi veraci onori, della comica scena inclito lume.
L'11 di gennajo del '68 gli morì la moglie, Teodora Blaise (forse Blasi), che era, dice Corrado Ricci in Ottavio dalle Caselle, bolognese : e l’atto d’inumazione chiama lo Zanotti « Capitano del Ponte della Samose ». […] Bartoli dice che gli sopravvisse molti anni la moglie. […] Nella dedicatoria dice che tradusse l’opera del Cid mentre aveva le sue dimore in Francia, trattenuto al soldo di quel monarca.
Nella X invitandolo in campagna gli dice che venga con tutti gli scritti suoi, Dactylicos, elegos, choriambum carmen, epodos, Socci et cothurni musicam Carpentis impone tuis, nam tota supellex Vatum piorum chartacea est. […] Il dotto Fabricio ci dice: Marci Accii minimè est, quoniam author ipse in prologo hanc fabulam investigatam Plauti per vestigia profitetur a. […] Uno squarcio di essa però merita riflessione, e pare che la faccia ascendere sino alla fine del I secolo, mentovandovisi i Gaulesi della Loira, i quali scrivevano su gli ossi le sentenze di morte pronunziate sotto le querce: Habeo (vi si dice) quod exoptas; vade, ad Ligerim vivito. […] Certo è però che il primo io non sono a dubitarne; e il dotto Scipione Maffeia, più cose , dice, alquanto difficultano il crederlo (del secolo XII) e tanto più se ciò si fosse arguito dal solo carattere del codice, che è congettura molto fallace. […] Certamente nel Saggio della Poesia Araba del signor Casiri inserito nella Biblioteca Arabico-Ispana, da cui Nasarre si prometteva tali monumenti, si dice nettamente che gli Arabi non conobbero gli spettacoli teatralia.
E « il Carlo XII nel Carlo XII a Bender del Federici, e l’ Enrico Traslow nel Federico II, mostrarono – dice il Teatro mod. app. […] Dopo un mese di malattia, « espulso, – dice il Leoni (Dell’ Arte e del Teatro di Padova. […] L' Istruzione al popolo italiano e l’Insegnamento popolare di Gustavo Modena« scrittura – dice il Martini (Giusti studente in Simpatie. Firenze, Bemporad, 1900) – a cui l’enfasi dello stile guerrazzeggiante non scema vigore e non toglie efficacia. » Dell’ Insegnamento popolare egli riferisce il sunto che ne fece il Lami al Presidente del Buon Governo e ch'egli dice fedele ; e quella parte del dialogo riguardante il Canosa, a proposito della quale egli sarebbe incline a credere che lo spiedo immaginato dal Modena generasse la Ghigliottina descritta dal Giusti (Ivi, 112, 113). […] Mazzini, col quale egli eresse a sè l’oraziano monumento più durevole del bronzo, e nel quale è un’ampia e bella biografia dettata amorosamente da Ettore Socci, rilevante in ogni sua parte la grandezza dell’affetto che a lui legava la incomparabile compagna Giulia Calame di Berna, che lo aveva sposato fuggiasco, e che fu – dice il Mazzini – donna mirabile, come per bellezza, per sentir profondo, per devozione e costanza d’affetti e per amore alla sua seconda patria ; corse più tardi ogni pericolo di guerra accanto al marito nel Veneto…… IV.
) dice al proposito del Bon Ménage di Florian : In molti punti Carlino ha fatto piangere. […] Scapino afferrando l’idea di potersi servire della conformità delle circostanze e delle età, dice a Pantalone che il bambino che tien Rosaura è il figlio di Arlecchino. […] … » Ha trovato il padre, dice Arlecchino andandosene. […] Rosaura gli si accosta per muovergli rimprovero ; Scapino la placa, dandole il bimbo che le dice esser suo figlio. […] IV) colla solita ingenuità, dice secco secco al proposito : questa non ebbe fuor che quattro rappresentazioni !
Ci dice il signor Mattei nel suo Nuovo Sistema d’interpretare i Tragici greci pag. 194, «Questa che noi ora chiamiamo tragedia é una invenzione de’ Moderni, ignota del tutto agli Antichi». […] Che ci dice di più il signor Mattei? […] «C’est par l’Italie que les sciences, les lettres et les arts sont parvenus jusqu’à nous», dice Carlo Duclos nell’Istoria di Luigi XI vol. 3 pag. 167. […] Il clima (dice Polibio lib. […] Chiunque sappia far uso della propria ragione, ciò leggendo, dice fra se, conviene ad Aquilio quest’immagine?
Metto fra i comici anche il nome di questo scrittóre ben noto, nato a Venezia nel 1756 dal Conte Casimiro, napoletano, e da Angiola Olivati, veneziana, perchè, già vedovo della comica Monti, « che in quell’epoca – scrive Iacopo Ferretti – in cui era di moda recitare il verso tragico cadenzato, come i sonetti si recitavano dai novizii di Parnaso, era una rediviva figlia di Roscio, » fatta società colla insigne comica Marta Colleoni, si diede anche all’arte del recitare, nella quale riuscì mediocremente ; « fu discretissimo – dice lo stesso biografo – e non apparve più sulle scene. » Visse col De Marini, collo Zuccato, col Fabbrichesi, col Vestris e col Blanes, e ne fu poeta.
Qui dunque non son donne ; ma esse dovevano esserci – dice il Neri ; – e riporta le parole del Barbieri : « ve n’era bisogno di tre : prima, seconda e fantesca. » Infatti ne’Gelosi abbiam l’Andreini, la Prudentia e la Roncagli (V.
Del figlio Antonio dice il Casanova nelle memorie che era il preferito Arlecchino della Principessa Elettorale di Sassonia (Regina di Polonia) e che fu poi il conduttore dei Sassoni che viaggiaron l’Italia.
Al solo nome di Bonamici, il Bartoli dice : « Comico fiorentino.
« Modenese, nacque – dice il Bartoli – da onesta e civilissima famiglia, occupando il padre suo la carica di cassiere nell’ impresa dei pubblici lotti di tutto lo Stato del Serenissimo di Modena. » Dallo spoglio fatto nell’Archivio comunale di Modena, più Goldoni col nome di Antonio risultan quivi nati nella prima metà del secolo scorso, ma non si può dire qual sia il nostro di essi.
Il Bartoli lo dice grande nel premeditato e all’improvviso ; e aggiunge che sapeva anche farsi applaudire ne' semplici annunci fuor del sipario per lo spettacolo del domani.
Nella commedia La mama non mor mai, rappresentata la prima volta a Trieste il 12 febbraio 1880, la vera protagonista, come lo dice il titolo stesso, è la madre morta ; e questa ci vien descritta simile alle altre donne che il Gallina creò per la Moro-Lin : 1875, Rosa — El moroso de la nona ; 1877, Marina — Telèri vechi ; 1878, Marianzola — Mia fia ; 1879, Teresa — I oci del cor.
Restituitosi in patria, risolse di abbandonare la scena, stabilendosi nella sua Ferrara, ove ottenne, dice Fr.
Ella gli dice con voce bassa, non tute ipse . . . . […] Questa è la voce di Mirrina, dice Panfilo; nullus sum . . . . perii. Parmenone dice di avere udito, Philumenam pavitare nescio quid. […] Ma come dice di averla fatta doppia di semplice ch’essa era? […] Addio, mia bella Taide (dice Fedria) sino a che passino questi due giorni.
Il suo Giorgio però s’impresse nel 1611, e l’approvazione si ottenne nel 1610; anzi l’autore nel dedicarla a Ferrante Rovito dice di averla composta alquanti anni addietro. […] Ella le dice: Il Padre mio ben sai che a maritarmi Pensa assai poco . . . . […] Io so (dice Trasilla) d’ avere in mano il cor d’Annibale che tu credi essere ne’ tuoi lacci. […] Il cardinal Delfino (dice il conte di Calepio con tutta verità) diede principio all’abbandonamento degli scherzi recando alla tragedia della maestà sì con le sentenze che colla maniera di esporle. […] A Dite, ella dice nell’atto terzo, Anderò dall’Egitto, e non da Roma.
Esordì nell’arte comica in Compagnia di Antonio Sacco, e fu noto sotto il nome di Menghino degli Aldrovandi, per avere, prima di darsi all’arte, servito come impiegato in quella Casa Senatoria, come dice il Bartoli.
., recitò – dice il Bartoli – con valore, combattendo con marziale coraggio, benchè finto, e nella apparente ombra di lei, cantando con molta grazia.
Lasciò di sè un onorato grido, ed alle comiche tutte un vero esempio dell’onestà teatrale. » Ma non ci dice a qual famiglia appartenesse.
Andreini dice di lui nel citato Ragionamento : « Girolamo Salimbeni da Fiorenza, che faceva da vecchio fiorentino detto Zanobio, e da Piombino. » Fr.
Giovanni Ventura (il Colomberti lo dice piccolo di statura, ma di volto assai espressivo) morì a Milano il 19 gennajo 1869.
La illustrazione che riproduco qui retro dice chiaro quanta fosse la varietà del suo repertorio.
Primieramente potrebbero esprimere rappresentare e declamare, perché cantare dicesi pure da’ latini e da noi il recitar versi, per quella spezie di canto, con cui si declamano; ed oltracciò, io canto, dice ogni poeta che prende a narrare; cantano alternando i pastori siracusani, e mantuani, e gli arcadi romani. […] Non oltrepassava l’autore, per quanto credesi da taluni, l’anno diciottesimo della sua età quando la compose in tempo di duo giorni, come egli stesso dice in una sua lettera a Carlo Canale, «intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano» Francesco Gonzaga in occasione che questi da Bologna, ove risiedeva legato, portossi a Matova sua patria, ove era vescovo, nel 1472, siccome con il dotto abate Bettinelli stabilisce il chiaro padre Ireneo Affò di Buffeto minor osservante, che nell’anno scorso ha fatto a onore e beneficio della letteratura italiana stampare in Venezia appresso Giovanni Vitto l’Orfeo, tragedia di Messer Angiolo Poliziano tratta per la prima volta da due vetusti codici ed alla sua integrità e perfezione ridotta ed illustrata 143. […] Nell’anno 1486 cominciarono ad imitazione di Roma, e con maggior magnificenza, a rappresentarsi in Ferrara feste e spettacoli teatrali sotto la direzione dell’infelice Ercole Strozzi, figlio di Tito Vespasiano Strozzi Ferrarese146 e niuno vi ebbe (dice l’eruditissimo Tiraboschi) che nella pompa di tali spettacoli andasse tant’oltre quanto Ercole I duca di Ferrara, principe veramente magnifico al pari di qualunque più possente sovrano147. […] «Les talents endormis dans le sein de la nature (dice egregiamente il cardinal de Bernis) ne s’éveillent presque jamais qu’à la voix des princes bienfaisants». […] «La rappresentazione de Menecmi (dice il Tiraboschi) o fosse per la novità della cosa, o per la magnificenza dello spettacolo, riscosse l’ammirazione di tutta l’Italia.»
Egli dice : Ha più di quarant’anni ; una figura colossale, una faccia di vecchia, nonostante la magia della truccatura. […] « Bolognese, nato – dice il Bartoli – da illustri parenti celebri nel foro…. c nelle cattedre della sua Patria, come non meno ne’ gradi eccelsi di Religioni claustrali antichissime ed insigni, » lasciò a mezzo gli studi per darsi all’arte del comico in cui riuscì ottimo per le parti di primo innamorato, e specialmente nella commedia all’improvviso, « da lui travagliata – trascrivo ancora dal Bartoli – con nobili e concettosi sentimenti, facendosi non solo conoscere per buon Rettorico e dicitore forbito, ma altresi per dotto e sentenzioso filosofo, degli affetti e delle amorose passioni in sul teatro scrutatore ingegnosissimo e penetrante.
Alle attitudini per la scena congiungeva la Medebach – dice il Bartoli – una figura leggiadra, un volto tutto spirante grazia, e una voce dolcissima e chiara. […] E a questa risoluzione fu spinto il dottor Bellagi, procuratore del Torricelli, stante – dice il testo – la notoria condotta del Medebach di aver praticato lo stesso con altri Locandieri, e somministranti vitto in altre città, senza che in quelle sia stato appurato anzi costretto non ostante a pagare, ecc. ecc.
Alla coltura del Savorini accenna Luigi Riccoboni nel capitolo settimo della Storia del Teatro Italiano, là dove dice : « Nell’anno 1690, all’età di tredici anni, io cominciava a frequentare il teatro : tutti i comici di quel tempo erano ignoranti. Tranne Giovanni Battista Paghetti, che rappresentava la parte di Dottore, e Galeazzo Savorini, che dopo lui sosteneva le medesime parti, non potrei nominare uno, ch'avesse fatto i suoi studi. » In data dell’'88 abbiamo una lettera al Duca di Modena, in cui si lamenta di non aver ricevuto la sua parte del donativo passato ai comici, e dice di aver lavorato per nulla, carico di famiglia.
) dice : « Una Virginia Clarini detta Rotalinda trovo pure da alcuni rimatori lodata, come eccellente nel rappresentare con maestà le alte matrone.
) ; questo troviamo in Goldoni, il quale dice di lui (Ediz.
Alle qualità artistiche del Pilastri che lo fecer uno de' più pregiati comici del suo tempo andò congiunta una memoria prodigiosa : e Domenico Bruni nell’introduzione alle sue Fatiche Comiche dice di lui : Vi è stato un Leandro Pilastri, e dotto e grazioso, che della profondità della sua memoria ha fatto stupire ogn’uno, poichè in molti luoghi, ma particolarmente in Milano ha di tutte le famiglie illustri, in una occasione narrato l’armi, descritto i colori, detto i nomi e la origine col nominare quanti Castelli sono sotto quel Dominio, e le cose notabili che in quelle parti nascono ; ha fatto raccolta di sei e settecento nomi, e con epiloghi differenti di quelli mostrato la sicurezza della memoria sua.
Questa Compagnia ha un’ottima qualità complessiva, di tutti, cioè : quella di recitar la commedia naturalmente, parlando, e nessuno glie ne tien conto. » E il Sossaj, nella sua cronaca (Teatro Comunale di Modena, autunno del 1844), della Compagnia Vergnano dice : « Tutto che composta di soggetti di merito discreto, pure fu assai mal corrisposta dal pubblico.
Di lui dice il Regli : Fu attore di grande slancio ; la sua voce aveva il suono d’un campanello d’argento.
L’innamorato chiede in prestanza tal danaro al marito, lo passa alla donna, e dice poscia al prestatore di aver restituito il danaro alla consorte. […] Per sua difesa altro egli non dice che di essere innocente. […] dice Isabella. […] Con simile equivoco si dice che la Samaritana abita alla calle del Pozo. […] Marianna gli dice che la sua prigionia è volontaria.
L’innamorato chiede in prestito tal denaro al marito, lo dà alla donna, indi dice al prestatore di aver restituito il danaro alla consorte. […] Essex è convinto dagl’ indizj evidenti di alto tradimento; egli per sua difesa altro non dice che di essere innocente; è condannato a perdere la testa. […] dice Isabella. […] Con simile equivoco si dice che la Samaritana abita alla calle del Pozo. […] L’incontra, offerisce liberarla (quando che dovea e potea farlo decentemente colla propria autorità); Marianna gli dice che la sua prigionia è volontaria.
La rappresentò (si dice nella lettera premessavi) messer Sebastiano Clarignano da Montefalco. […] Delle tragedie si dice espressamente che aveano i cori cantati. […] Di un’ altra pastorale inedita fa anche menzione il Manfredi composta dal conte Alfonso Fontanelli, la quale , dice nella lettera 364, intendo essere un miracolo di quest’arte . […] Non si tocchi l’Aminta (si dice nelle Lettere di Virgilio dagli Elisii). […] Apollo dice di lui nel prologo: Un che del Tebro in su la riva nacque; E di sua etade è nel più verde aprile!
La rappresentò (si dice nella lettera premessavi) M. […] Delle tragedie si dice espressamente che aveano i cori cantati. […] L’autrice da prima non vi pose i cori, e fu ben fatto (le dice il Manfredi scrivendole a Parma il dì 11 di gennajo), conciosiachè contenendo la pastorale azion privata, non è capace del coro, siccome non è anche la commedia per la medesima ragione, e non vi si fa. […] Di un’ altra pastorale inedita fa anche menzione il Manfredi composta dal conte Alfonso Fontanelli, la quale (dice nella lettera 364) intendo esser un miracolo di quest’arte. […] Non si tocchi l’Aminta (si dice nelle Lettere di Virgilio dagli Elisj).
Ma egli o s’infinge, o non si avvede, che questo sagace Impostore non dice già de’ vostri Poeti, ma de’ vostri Attori. […] Questo dice il dotto Impostore, ma voi, Signor Apologista, falsificate l’espressione nelle conseguenze, e in vece di dire Attori, scrivete hanno elevati i moderni Tragici. […] “Nuestros Comicos (dice D.
«Quel secolo (dice Fontenelle) non era dilicato su tal materia, e professava apertamente la dissolutezza, che in altri tempi si cerca di dissimulare; egli é solo sorprendente (soggiugne) che gli ecclesiastici, i quali vi son ritratti, non abbian messo schiamazzo». […] A Garnier succedettero Montchrétien, Baron, e Hardy, i quali vendevano, dice M. de Voltaire, a i commedianti che andavano girando per la Francia, le loro composizioni a dieci scudi l’una. […] Del re Eduardo VI, delle cui cognizioni Cardano fa grandi elogi, si dice, che avesse composta una commedia elegantissima, intitolata la Puttana di Babilonia.
A. m’à concesso non è come quella che à dato a Flaminio ond’io la bramerei come quella che dice per essere rafermato nella sua servitù havendo servito con deligienza ve le concedo per bene merito che goda etcetera. […] Qui si dice che l’opera in musicha di Firenze non si fa per insino alla rinfrescata, però questa non è nova sicura, io ne avrei grand. […] ra Lavinia che va prima di noi a Firenze, tutti affermono quello che dice l’A.
Il suo Giorgio però s’impresse nel 1611, e l’approvazione si ottenne nel 1610; anzi l’autore nel dedicarla a Ferrante Rovito dice di averla composta alquanti anni addietro . […] Io so (dice Trasilla) di avere in mano il cor di Annibale che tu credi essere ne’ tuoi lacci. Io so più di te, dice l’altra, 240 Mentre so ch’Anniballe in me rivolto Non degna pur di rimirarti in viso. […] Mustafà dice: Fugga chi ha il cuor nocente, a me conviene Sostener di fortuna il duro incontro. […] A Dite, ella dice nell’atto III, Anderò dall’Egitto, e non da Roma.
Un villano p. e. con un asino carico di paglia urta, e spinge al suolo un nobile immaginario, ed un altro impostore che ha preso il titolo di barone essendo di origine e di mestiere ciabattino, dice con disdegno, no merece mil muertes? […] Quanto dice Chiteria meriterebbe di trascriversi interamente. In un monologo pieno di un patetico che giugne al cuore, dice la pastorella nella scena prima del atto II : Ay! […] Sebbene io l’abbia tradotta interamente in prosa, come feci altresì della precedente, pure ne addurrò quì lo squarcio che ne pubblicai in versi nel 1790 nel sesto volume di quest’opera: Vada (dice della figliuola l’irato don Martino) vada da me lontana, viva infelice, sappia a quante disgrazie la soggetta il pessimo suo procedere. […] Moratin compose la nominata in terzo luogo Commedia nueba, ove espone una fedel dipintura (a quel che si dice nel prologo) dello stato attuale del teatro spagnuolo.
S. ha concepito un odio senza pari contro di me, et che dice per tutto di volermi rovinare. […] Al vecchio per due volte domandai se avanti partisse lo voleva vedere, perchè il figlio desiderava domandarli la sua benedizione ; questo non vuolse mai, e quando ha sentito che era partito, il che gli aveva significato con un biglietto, salta e dice roba scomunicata contro di lui, perchè non l’ha visto e dice che vuol lasciare tutto il suo alla sua donna. […] Quanto al tipo teatrale, di lui dice Luigi Riccoboni (op. cit. […] Ce qui fit dire un jour à un grand Prince qui le voyoit jouer à Rome, Scaramucchia non parla, e dice gran cose : Scaramouche ne parle point, & il dit les plus belles choses du monde. […] La rappresentazione di Scaramouche ermite data il 1667, ci dice a qual segno di libertà fosse arrivato il Teatro italiano.
Io ho inteso che i nomi hanno in loro un non so che di fortunato e d’infelice ; per me questo di Lauinia non mi piace ; poichè Lauinia, quella cantata da Virgilio originò incendio al Latio, la morte a Turno, e trauagli a Enea : oltre che se voi pigliate la seconda sillaba di questo nome che è Vi, e la fate prima, componete un nome che dice Vilania. […] Dico, che quando anco la scienza della nomandia nel nome di Lauinia mi facesse prevedere la mia morte, che in ogni modo a confusione di Celia l’amerei, et se il nome di quella con l’anagramma da voi formato dice Vilania ; e quello di Celia per inversione di lettere dice Alice. […] E la supposizione di alcuni, che il Bruni, pistoiese, fosse lasciato colla madre a Bologna, intanto che il padre scorrea colla compagnia il mezzogiorno d’Italia (e non saprei poi perchè più tosto a Bologna che nella città natale), cade dinanzi all’oroscopo che traggo, come gli altri, dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, il quale ci dice il Bruni bolognese.
Di lui dice Costetti (La Compagnia Reale Sarda.
Stando a quel che ne dice Francesco Bartoli, dopo di aver recitato per lungo tempo nella Compagnia di Domenico Bassi (1750), si diede al dolce far niente, stabilendosi in Venezia, vivendo alle spalle di un pubblico non sempre il più edificato dalle sue buffonate.
Adamo Alberti ne’ suoi Quarant’anni di Storia del Teatro de’ Fiorentini in Napoli (ivi, 1878), dice che Luigi Belisario era un distintissimo attore comico ; ei recitava con grande spontaneità, e spesso improvvisava la sua parte con tanta verità, che il pubblico lo applaudiva credendo che la sapesse a memoria.
Fu il Bellotti artista proteiforme nel più largo senso della parola ; poichè mentre alla rappresentazione diurna sollevava il suo pubblico all’entusiasmo colla recitazione calda e vibrata della parte di Prometeo, a quella notturna faceva smascellar dalle risa colla parte di Tonin Bonagrazia, o di Nicoletto mezza camisa, in cui si dice non avesse rivali.
E questa donna, la cui vita fu tutta un generoso e spontaneo sagrificio in pro' degli altri, è morta più che ottantenne, povera e abbandonata, nel suo quinto piano, in cui non eran nè men più i mobili, ch'ella, ammalata, vendè per trovar modo di tirare avanti, e da cui — bene dice la Pezzana — la forte donna avea veduto sorgere e tramontare parecchie generazioni d’artisti, rimanendo essa in piedi per piangere sugli amici perduti.
E venendo a parlar delle Torri, due commedie di sua particolare fatica e di sua invenzione, il Bartoli assicura aver egli toccato il sommo dell’ arte, in una scena specialmente, per la quale ci dice che bisognava vederla per giudicare s’ ella meritava ogni lode di chi sa intendere la forza di quell’ arte, che è tutta propria d’ un bravo Comico e che non è permesso alla penna d’ uno scrittore d’ estenderla al Tavolino in pari modo.
I, Venezia, Pitteri, m. dcc. lvii), Goldoni dice : Non ebbe, per dir il vero, molto felice incontro, e il personaggio, che rappresentava il geloso avaro, quantunque abilissimo in altre parti giocose, in questa non riusci bene.
Quando si dice che l’arte debbe aiutar la natura, si viene a dire che l’artificio è un supplemento di ciò che a lei manca. […] V’è chi lo dice in confidenza, chi con una confusione che ributta. […] Si dice che i selvaggi del fiume S. […] A cinque proposizioni può ridursi quanto egli dice intorno a questo argomento. […] «Diverbia, egli dice, histriones pronunciabant».
Tra’ barbari (dice Aristotile Polit. […] E’ vero, che ’l Poeta Greco dormicchia talora e sogna, spezialmente nell’Odissea, da lui comporta nella vecchiaia; ma egli é ancor vero, che le sue sole e i suoi fogni (come dice bene Longino de sublim.
.), nelle di cui lettere è riferita la storia dei subbugli, avvenuti in pubblico teatro, e la partenza per Napoli del Napolioni, che seco trasse buona parte di quei comici, da lui, come dice il Cantù, subornati. […] La Compagnia di Flaminio era stata rotta dal signor Podestà di Galicano, e il Toschi dandone l’annunzio al Duca, e proponendogli il Napolioni, lo dice il Melio che calchi sena….
Secondo poi il Sand, Tabarino sarebbe stato lo Zanni della Compagnia che si recò in Francia il '70, condotta da Alberto Ganassa ; ma non ci dice, al solito, a qual fonte abbia attinta la notizia. […] Il Sand discorre di un tipo, esistito a Bologna fin oltre il 1850 e passato poi nel dominio delle marionette, che rappresentava un vecchio mercante di circa sessant’ anni, ignorante e orso, col nome di Tabarino, il quale soleva cominciar le frasi in italiano e finirle in dialetto bolognese. « Padre quasi sempre di Colombina e alleato del Dottore, egli era – dice – il Cassandro o il Pantalone bolognese.
Recitò le parti di caratterista con molto favore, prima nella Compagnia di Onofrio Paganini, poi in quella di Gerolamo Medebach a Venezia, l’anno 1772, finchè si fece conduttore di una Compagnia propria, che intitolò dal nome di sua moglie, la rinomata Maddalena, e pella quale scritturò, dice il Bartoli, una scelta de’ migliori commedianti che vantasse allora l’Italia.
L’annotatore dice di lui : Di questo vecchio non si può dir male ; mentre essendo vecchio nell’arte sapeva stare sulle scene ed era sicuramente il meglio che fosse in compagnia.
Vestiva con tanta attillatura – dice Francesco Bartoli – che fu l’esempio del buon gusto alle donne in allora sue compagne.
Il Fontanelli poi con lettera del 20 luglio 1691, impetrando soccorsi dal Duca pel pantalone Girolamo Gabrielli e la prima donna Antonia Torri, dice di questa : « La Lavinia anch'essa sta attendendo dalla solita benignità di V.
Stabilitosi a Firenze, vi aprì una bottega di varie merci — come dice Fr.
Lo dice avvezzo a tramutar le voglie, Capace di tradir al par di Gano, Chi in lui s’affida il seme butta invano ; E sol miete per fin affanni e doglie.
Fu allora che « come un baleno — è lei che lo dice — da un cantuccio della sua mente scaturì l’ardito progetto di andare in Francia. » Ma il Righetti, nella gran prudenza poco intraprendente, si oppose al proposito nuovo : troppi i rischi, possibile l’insuccesso artistico, possibilissimo il finanziario. […] E la risoluzione, infatti, fu presa irrevocabilmente, e la Ristori si diede attorno con tutti i mezzi che le offrivan la sua grandezza artistica e il suo nuovo stato per « rivendicare all’estero — com’ella dice — il nostro valore artistico, mostrando che anche in ciò la nostra non era terra dei morti. […] E per le intellettuali : Le sue ispirazioni sono sublimi, ella trova nelle sue parti ciò che l’autore stesso non aveva indovinato, e le sviscera in ogni più tenue gradazione di tinte : con un sol gesto, con una occhiata ella dice assai più di un’altra con cento parole. […] Il d’Heylli nel suo Journal intime de la Comédie Française (Paris, Dentu, 1873), dice di lei : L'ornamento principale della Compagnia, Adelaide Ristori, si ebbe nella interpretazione di tragedie di Alfieri e di Schiller, un successo colossale, che aveva davvero del fanatismo e del delirio, e che fu, si potè dirlo con ragione, il trionfo più grande e incontestato dell’Esposizione.
Di lui dice Bruscambillo che era grasso e di aspetto gioviale, e lo comparò talvolta a Bacco.
Di lui dice il Quadrio (vol.
Ella rivaleggiò con le maggiori artiste del suo tempo : a niuna seconda in nessun genere di parte, le superò tutte nella commedia, in cui, dice il Regli, era una potenza ; e aggiunge che : « Pamela nubile, Zelinda e Lindoro non ebbero più mai un’interpetre così fedele e così perfetta. » Ritiratasi dall’arte, andò a recitar co' filodrammatici a Vicenza, dove, a soli cinquantun’ anni trovò la più tragica fine. « Afflitta da molte sventure di famiglia, angosciata di cuore e alterata di mente, uscì di casa una mattina senza dire ove andasse, nè mai più fu veduta….
Invece che uno badi a quanto gli dice un altro attore, e per via delle differenti modulazioni del gesto e del viso dia segno che sopra di lui ha fatto quella impressione che si conviene, non altro che sorridere a’ palchetti, far degl’inchini e simili gentilezze. […] A quei pochi che amò singolarmente Apollo sieno permessi i supplementi del loro, come a quelli che possono entrare nella intenzione del compositore, e non sogliono aver dispareri, come si dice, col basso, e coll’andamento degli strumenti. […] Ella sembra, dice il Tosi, la girandola di Castel S.
) riferisce il seguente racconto tratto dalle memorie manoscritte del Ronchi : Si dice che il Riccoboni, sulle scene il Lelio, fu fatto arrestare per istanza a S. […] A. il Riccoboni, che aveva già cominciato a far tanto parlar di sè pe' suoi tentativi di Riforma del Teatro Italiano, sostituendo alla Comedia dell’ arte, buone opere scritte, tolte dall’ antico repertorio, quali Sofonisba del Trissino, Semiramide di Muzio Manfredi, Edipo di Sofocle, Torrismondo del Tasso, e altre, e altre, che troppo sarebbe voler qui enumerare, le quali allestì al pubblico con molto decoro, e recitò con molto valore. — A proposito della recitazione tragica, è opportuno riferire quel che dice Pier Jacopo Martello nel volume I delle sue opere (Bologna, Lelio dalla Volpe, MDCCXXXV) : ..… ti vo'dar gusto con sentenziare, che l’ Italiano va a piacere con più ragione degli altri, se più commozione dagli Franzesi, e più gravità dagli Spagnuoli prenderà in prestito nelle Scene. […] L' atto di morte lo dice Antico Ufficiale del Re.
Osservisi ancora con quanta grazia e verità nell’atto stesso incontrandosi Panfilo colla serva Miside, le dice, quid agit? […] Miside rimanendo nell’ incertezza gli dice, Ego quid agas, nihil intelligo . […] Questa è la voce di Mirrina, dice Pamfilo; nullus sum… perii . […] Ma come dice di averla fatta doppia di semplice ch’essa era? […] Addio, mia bella Taide (dice Fedria) sino a che passino questi due giorni.
mo di Cell, « ch'è un Principe così grande – dice il Sacco nella prefazione – così giusto, e così pio, e ci grazia non solo dell’alta sua protettione, ma ci comparte una mercede così copiosa, che può far la fortuna, anche a chi pretende distintione assai superiore a quella di Comico », è forse la più importante opera del Sacco, sì per la varietà imaginosa delle scene, sì per la comicità ond’è piena, e anche per lo stile men reboante del solito. […] Recitava come sempre nel dialetto napoletano, e alla scena XVI del primo atto, in cui tutti i Comici fanno « un paragone della Comedia ad altra cosa » egli, dopo il discorso del primo innamorato Ottavio, e del Pantalone Girolamo, dice : Platone nel settimo della sua Repubblica, obliga i Capitani d’eserciti ad essere buoni aritmetici, però io che rappresento la parte del Capitano, sosterrò che la Comedia costa di questa scienza matematica, e che sia il uero : l’aritmetica si diuide in prattica, e speculatiua ; la Comedia e composta di numero semplice non douendo uscire da i termini assegnati da Aristotile, di ventiquattr' hore ; e di numero diuerso, partito in tre parti che sono gl’Atti, ne quali si racchiude.
In una lettera al Duca di Modena, la Fiala si dice carica di famiglia ; ma di due figliuoli soltanto sappiamo che intrapreser l’arte dei genitori, come appare dai due documenti che qui riferisco : Ser.
ma di benigna protetione per mio figliolo Virginio, che desidera abbandonare il posto di terzo moroso, et esercitare quello del secondo, e tanto più quanto che dovendovi essere (come si dice un capitano spagnolo) non sa come possino accordarsi le cose.
Egli non solamente lo ammira come tiranno, padre nobile e attore tragico, ma lo dice rispettoso del pubblico e di sè ; abbigliato sempre irreprensibilmente, e disputato da' più accreditati capocomici.
Ecco quel che de’ Drammi Italiani del Cinquecento dice il Signor Lampillas (p. […] “El artificio” (dice il citato Bibliotecario parlando di Calderon) “y afeite con que hermosea los vicios, es capaz sin duda de corromper los corazones de la juventud”. […] Sia così: s’egli il dice e il crede, l’Apologista fa bene a crederlo, e a ripeterlo. […] So però, che quanto quì dice il Signor Lampillas, si oppone alla verità manifesta, agli Drammi che si leggono e si recitano, e al testimonio di cinquanta Eruditi Spagnuoli. […] Antonio Ponz dice (Viag. de Esp.
Il Burchiello, profetando il ritorno di esso da Lisbona per il mese di dicembre (carnovale 1755-56), cantava : Anderan le formiche a processione, perocchè carnovale era sbandito ; e' dice ancora, tutte le persone andranno al Sacco, come ad un convito ; e rideranno, e dirangli : Ghiottone ; perchè sì t’eri, traditor, fuggito ? […] Garrik in Inghilterra, Preville in Francia, e Sacchi in Italia : e nella Prefazione al Servitore di due padroni, Scenario, ossia Commedia a Soggetto, composta il 1745, mentre era a Pisa fra le cure Legali, dice di lui : I sali del Truffaldino, le facezie, le vivezze sono cose che riescono più saporite, quando prodotte sono sul fatto dalla prontezza di spirito, dell’occasione, del brio. […] Ne fa fede Pietro Antonio Gratarol al Capo XII della sua Narrazione apologetica, quando dice : Non altronde che a Venezia ti verrebbe fatto, manigoldo, di ottenere da ogni genere di persone quanto ivi ottieni. […] Bartoli che fu nella sua Compagnia sei anni, senza buona fortuna, tesse di lui le più ampie lodi ; lo dice istruito, specialmente intorno alla Storia Universale, direttore egregio per le opere serie come le comiche, gran comico, ritrovatore di molte scene, di cui lardellava i vecchi soggetti dell’arte, che ne venivan così risanguati, autore di scenarj, fra cui del fortunatissimo Truffaldino molinaro innocente.
). « Girolamo Stanga — dice il Bertolotti (Musici alla Corte dei Gonzaga in Mantova dal secolo XV al XVIII — Milano, Ricordi s. a.) — sul finire di ottobre 1490, scriveva al Marchese Francesco le difficoltà per la ripetizione a Marmirolo dell’ Orfeo, accennando Filippo Lapacino e Zafrano, che dovevano prendervi parte, oltre al Citaredo Atalante che si attendeva da Firenze.
« Quando egli può — dice un giornale del tempo — e vuolsi cacciare con impegno nelle produzioni, sa farle degnamente risaltare.
La Gazzetta Ufficiale di Verona (luglio 1857) dice che « la Zuanetti ha il privilegio forse esclusivo (?)
Ma, mentre prima si dice di Soldino tant a luy que à unze ses compaignons, e di Anton Maria tant a luy que à neuf autres ses compaignons ; dopo, uniti in uno solo gli ordini di pagamento, abbiamo che i comici sovvenuti non furon più venti, ma sedici.
Franceschina per salvarlo dalle guardie che lo perseguitano, lo nasconde in un sacco ; nascosto poi in altro sacco Frittellino che era venuto a portarle un pollo in nome del Capitan Rodomonte suo padrone, e insidiatore dell’onore di lei, dice il seguente monologo : Ecco giuocato il tiro.
Carlino, dove ha sorte migliore (la Zampa non fu per lei dimenticata) recandovi – dice il Di Giacomo – una figurina asciutta, piccola e un’ osservazione satirica che talvolta pungeva forte.
Il Bartoli lo dice di Ravenna, ma ogni mia ricerca negli archivj parrocchiali e del Comune riuscì vana : egli era forse della provincia o di qualche paesello del Ravennate.
Con quale disperato rimpianto dice egli addio a tutti i suoi sogni d’amore e di gloria !
Il Cavalieri nell’introvato libretto della Scena illustrata, dice di lui : E chi non vede la balordagine di Trappolino tanto ingegnosa, quanto piacevole, sconcertar l’orditura de’più serj negozi ?
Di lei dice Gio.
Viveva ancora nel 1782 la moglie « la quale – dice il Bartoli – ad una vita piena d’inerzia, decaduta quasi interamente dall’acquistatosi concetto, in compagnie di niun valore andava passando con stento la propria vita. »
Lo dice il Bartoli uomo onorato, e ottimo marito.
Fece il carnevale '22-'23 al Goldoni di Firenze, e il Colomberti, descrivendo la Polvaro nella Giovanna d’Arco, uno dei tanti spettacoli della Compagnia, dice : « nel vederla vestita in armatura, quale ci vien rappresentata quella martire nelle sue statue, con i suoi lunghi e bellissimi capelli biondi sparsi sulle spalle ; con il più vezzoso volto che immaginar si possa, con quegli occhi grandi e cerulei, io rimasi sorpreso.
Raggi Giovanni, fu – dice il Bartoli – figliuolo del trovarobe della Compagnia Medebach.
Istruita nel ballo dal padre, esordì come ballerina nelle danze — dice Francesco Bartoli — delle opere musicali, in compagnia di sua sorella Caterina. […] Il marito Francesco riporta un sonetto del cavalier Gaetano Tori modenese, egregio poeta – dice lui – e Ministro inviato alla Real Corte di Torino per S.
Francesco Bartoli dice al nome di Flamminia (op. cit. […] Il libretto consta di 72 pagine ; e contiene, oltre a una lettera dedicatoria dell’Alzato al Brivio, e ad un sonetto allo stesso del signor Antonio Biagnaggoni, 109 poesie (madrigali, canzoni, sonetti) tutte — dice l’Alzato — compositioni di honorati Cavalieri, & d’altri virtuosi spiriti concorsi alla lode di meritevole soggetto, quale è appunto la Sig.
Fu due anni in Compagnia Reale Sarda ; ma questa pagina – dice il Regli – nella sua biografia va voltata di pianta, se però non vogliamo provare che ogni eroe ha le sue sconfitte. […] E dopo di avergli dato ragguaglio sull’esito delle due Pupille, della Bottega del libraio, dell’ Avaro, della Turca, commedie tutte dello stesso Benci, delle quali ebber le prime due le migliori accoglienze dovunque, dice : ….
Se, appunto come si dice in questi casi, l’ingegno governa l’artista incosciente, e l’artista recita così perchè un dio anima l’argilla, e al vagito appena viene decretato l’onore trionfale, l’artista non studierà più o non studierà mai. […] – La frase è gentile e simpatica, ma non dice nulla. […] Perchè di lei, si può dire appunto quel che un critico francese dice dell’opera dei poeti simbolisti : il faut qu’elle soit nouvelle, et on la reconnait nouvelle tout simplement à ceci qu’elle vous donne une sensation non encore prouvée.
Cicerone per dire che taluno meditava qualche cosa sublime, dice, an pangis aliquid Sophocleum? […] L’Edipo re, o tiranno, come dice l’originalea, è la disperazione di tutti i tragici ed il modello principale di tutte l’età. […] In oltre lo stesso Castelvetro dice nel c. 86 che quando si ballava, si cantava e si sonava, non si recitava la tragedia ciò essendo bisogna dire che essa si recitasse da chi non ballava, non cantava e non sonava, e per conseguenza che gli attori introdotti contro l’esposizione del Castelvetro, avessero un uffizio diverso da quello del ballo, del canto e del suono. […] In fatti Aristotile stesso nel luogo citato dice che Eschilo fu il primo a far riconoscere il rappresentatore delle prime parti. […] Ciò che di lui si dice indica l’intelligenza degli antichi nella Prospettiva, mentre la veduta dipinta in quel teatro compariva bella insieme e naturale a cagione delle diverse tinte che davano risalto a tutte le parti dell’architettura in essa espressa.
» Il marito di lei nel Ragionamento IV delle Bravure dice : « Se la signora Isabella, bella di nome, bella di corpo, e bellissima d’animo, non si risolveva di ricompensar la mia fede, ecc. […] Ancora : Isabella da pazza dice al Capit. di conoscerlo, lo saluta, e dice d’hauerlo veduto fra le 48 imagini celesti, che ballaua il canario con la luna vestita di verde, & altre cose tutte allo sproposito, poi col suo bastone, bastona il Capit. […] Qui ognun dice ch’ anderà in Provenza ; e che per ottobre deu’essere in Lione. […] Parlando ad uomo innamorato di mala femmina, dice : 3. […] Isabella Andreini ebbe sette figliuoli : le quattro figlie « sacrò vergini a Dio — dice Fr.
« Dans la même année (1667) — dice il D’Origny Annales du Théâtre italien, Paris, 1788) — il a été représenté un assez grand nombre de pièces.
La Baccelli - dice il Bartoli - travagliò più di dieci anni in carattere di prima donna, finchè fu poi sostituita dalla Teodora Ricci, moglie del Bartoli stesso.
Ma visto che il prezzo di tali bollettini era eccessivo, la Florinda chiese e ottenne che le tre parpajole fosser ridotte a due per ciascun bollettino. » « Nel 1612 – dice ancora il Paglicci Brozzi nell’ Appendice del suo lavoro – si ebbe una nuova concessione, in forma tutta gentile e direi quasi sentimentale, onde poter recitare insieme alla sua compagnia nel teatro solito del palazzo Ducale.
Il Gherardi nella prefazione alla sua Raccolta del Teatro Italiano, dice di non aver conosciuto che Gradelini e Pulcinelli che non piacquer mai ad alcuno ; e però non se ne trova traccia nelle scene della sua raccolta, e se li ha nominati nella prefazione, si è perchè essi sono stati alla Porta del Teatro italiano.
La sua vita è tutta legata a quella della Diana di cui prese il nome. « Procurava – dice il Bartoli – di provvedere il teatro di nuove cose, quindi è che applicò sovente l’ingegno nell’invenzione d’alcune commedie a soggetto delle quali anch’ oggi sulla scena se ne suol far uso. » Morì in Romagna nel 1747.
Il ’97 egli non si chiama più arlecchino ma Truffaldino, e il Giornale dei teatri di Venezia dice di lui : Se al merito singolare di questo insigne attore accoppiate si fossero alcune felici combinazioni teatrali, egli solo sarebbe bastato per far riempiere ogni sera dai più intelligenti dell’arte, non che dal popolo, il vasto teatro in cui recitava.
I fratelli Fracanzani, Cesare e Francesco, dice ancora il De Dominicis, vissero miserabilissimamente, e però dipinser cose ordinarie.
La Moda di Napoli dice : « è difficile veder due volte il Marchionni con la stessa sembianza : diverso sempre da sè sotto le diverse forme che veste su le scene, ei non somiglia a sè stesso che in una sola cosa, cioè in esser sempre eccellente. » Di lui abbiamo tragedie : I Martiri, Olindo e Sofronia, Edea Zavella o La presa di Negroponte, La Vestale, che meritò gli elogi di Vincenzo Monti e di Ugo Foscolo ; spettacoli : Pirro, o i Venti Re all’assedio di Troja, La figlia della terra d’esilio ; drammi : Chiara di Rosenberg calunniata, Chiara innocente, L'Orfanello svizzera ; lavori questi scritti per la sorella Carlotta e da lei con molto successo recitati.
Clemente Alessandrinob dice, φασὶ Τουσκανους την Πλας ῖκὴν επινοῆσαι. […] E per le cose sceniche troviamo mentovate le tragedie e la ludicra degli Etruschi; e ci si dice che le donne ancora rappresentavano ne’ loro teatrib.
Certo : quando la signora dice alcuna parola in francese al sur Pedrin, quel comme ? di lui, che non ha capito un’acca, è una graziosa trovata ; quando la prima donna, ormai sulla quarantina, dice al Maester Pastizza di aver ventun anno, quel io ne ho dodici di lui è una graziosa trovata ; quando, detto al servitore di togliersi di testa il cappello, el sur Pedrin si sente rispondere : « ma anche lei ha il cappello in capo, » quella sua replica : « ma io sono il padrone, ignorante vigliacco » è una graziosa trovata ;….
Io m’appello a tutte le dame di tutte le corti più galanti, se si può con miglior dignità ed amabilità in una nobile e gentile conversazione, dir sedete come lo dice la nostra Marchionni ; con quale vivacità di colorito sa ella moltiplicare e compartire le tinte in una scena di gelosia ! […] , 38) dice : E quando si rifletta che la verginità di Carlotta Marchionni non fu una maschera astuta per gabellare irresponsabilmente non dirò la scostumatezza, ma nemmeno le facili mondanità della vita del teatro, ma fu invece una castità immacolata e tersa, non appannata mai neppure dal soffio della maldicenza che, fra le quinte, è vipereo ; è da pensare piuttosto che quell’anima forte e quella vigorosa fantasia si piacessero del contrasto fra la severità del costume che s’era imposta, e le sfrenate amorose passioni che doveva rappresentare.
I versi del Du Fresny (dice l’istesso Palissot) cedono in facilità a quelli di Regnard; ma il di lui stile è più puro. […] Ma intendendo poi che si tratta di lui stesso, finge di addossarsene l’impegno, e dice. […] «Mancavagli (dice Palissot) la profonda conoscenza del cuore umano, quella del mondo, e dell’arte comica… Mai non possedè (soggiugne) il talento del buon dialogo drammatico fondato nell’imitazione fedele del miglior genere di conversazione.» […] Il secolo (dice Dorante filosofo moderno) ha fatti tanti progressi che può oramai ridersi dell’odio e dell’invidia. […] «L’arte della declamazione (dice uno di essi ironicamente) si è fra noi innalzata ad un punto sublime.
Lo stesso Bruni dice di lui : « Di Gio. […] Parlando il Beltrame (op. cit., pag. 21) degli onori fatti a’ comici, dice : « Il Signor Gio. […] Il Perrucci dice a pag. 137 : Perchè poi gli Antichi non videro come ha potuto l’arte inventare le metamorfosi in scena di trasformarsi in aquila, leone, serpente, ed altro, avendolo per impossibile, l’esclusero, benchè avessero le loro macchine tra le regole de’ teatristi antichi. […] E a pag. 53, al proposito dell’allestimento scenico dei grandi teatri di Venezia, dice : La Serenissima e bellissima città di Venezia…. ha invitato tutto il mondo in quella patria, ad ammirarne gli stupori. […] Marino : e però io credo che relativamente più esatto sia il giudizio che ne dà Luigi Riccoboni, il grande erede del nome teatrale dell’ Andreini, il quale nel suo Teatro italiano (pag. 71) dice : « Gio.
Il 1820, in Compagnia di Andolfati era il Cavicchi Giovanni per le parti di caratterista, di cui dice laconicamente il Giornale dei teatri : non si può negare a questo attore un sufficiente talento ; conosce la comica ed è applaudito ; poi Cavicchi il giovine (unico per la maschera del Brighella). […] Però, nella interessantissima lettera dello Scappino Gabbrielli (V.), mentre si sparla unicamente dell’arte di Lavinia, di Cintio, di Ortensio, di Mezzettino per metterli in disgrazia del Duca, venuto a parlar di Cecchini « Frittellino — dice — è buono da farsi odiare non solo da comici, ma da tutto il popolo, e lo vediamo con isperienza, poichè se volle compagni bisogna vadi per forza de prencipi, o che li pagi ; lasso il voler tirare più parte degli altri. […] Le cagioni della morte del De Vecchi sono chiaramente spiegate, nella dedicatoria al Marchese Ottavio di Scandiano delle Lettere facete e morali, in cui egli dice : Un’ altra cagione (pur di momento) mi ha persuaso a raccomandarli questo puoco Volume, et è stato lo raccordarmi, ch’ io stesso fui caramente raccomandato alla protettione dell’ Illustrissima Sua Casa nel tempo, che riscaldandomi gli ardori della gioventù, mi rendevano tal’ hora bisognoso di un saluo ricouero per fuggir non so s’io debba dir lo sdegno, o pur il costume della Giustitia, la quale con il mezo dell’autorità, et bontà della felice memoria dell’ Illustrissimo Sig. […] A venti anni di distanza, quando l’Arlecchino Martinelli potè ottenere dal Duca di Mantova il diritto di far stare a dovere Frittellino, comandandogli come a soggetto, il fratello di lei, per nome Nicola, buona schiuma, amico, dice il Martinelli, sol di ladri e gente cattive, prese le difese del cognato, minacciando di morte tutti coloro che aveangli fatto dispiacere. […] A un tale, per esempio, ricchissimo e non dabbene, egli scrive crudissime verità ; dice (Lett.
Ciascuno (dice in Euripide nell’atto I il Pedagogo alla Nutrice) ama più se stesso che gli altri, e chi ciò fa per giustizia e chì per proprio comodo. […] I trasporti de’ re (dice nel greco la Nutrice) sono veementi e da lievi principii prendono incremento, e con difficoltà poi si cangiano i loro sdegni. […] Non insinuarmi (dice Elettra a Crisotemi) di non serbar la fede a chi la debbo.
Gabbrielli Francesco, figlio maggiore del precedente, celebre sotto il nome di Scapino, « fu – dice il Barbieri – il miglior Zanni de’tempi suoi ; inventor de’fantastici instrumenti, & di canzonette, & arie gustevoli ; maestro di chitarra alla Spagnuola del Re Cristianissimo, della Reina Regnante, di Madama Real di Savoja, dell’Imperadrice, mentr’era a Mantova, e di tant’altri Principi e Principesse della Francia, e fu sempre accettato tra’grandi come virtuoso, e non come buffone. » E aggiunge ch’ ebbe figli tenuti a battesimo da serenissimi Principi. Giovanni Cinelli nella sua Biblioteca volante dice che gl’istrumenti di Scappino erano in tal novero, « che per farli sentire si recitava a bella posta una commedia intitolata : Gl’instrumenti di Scappino, » per la quale fu pubblicato il sonetto senza data e senza nome d’autore, che trovasi alla Braidense di Milano, nella Miscellanea raccolta dal Padre Benvenuti, ristampato poi dal Paglicci nel suo Teatro a Milano nel secolo xvii. […] E coi Confidenti lo troviamo ancor nel ’18 a Venezia, di dove Don Giovanni De Medici scriveva al Duca di Mantova con data del 30 marzo, ricusandogli Mezzettino e Scappino (richiesti a istanza di Lelio e Florinda), sui quali egli dice fondata la Compagnia dei Confidenti, che mise assieme per suo gusto da circa sei anni, e che andava conservando sempre con ogni suo potere, tenendogli uniti et obligati (a me) come particolari servitori.
A provarlo (egli dice) “si posson recare alcuni bei monumenti tratti dagli Statuti della Compagnia de’ Battuti di Trevigi eretta nel 1261 e pubblicati dal più volte lodato sig. conte canonico Avogaro (Memorie del B Enrico P.
Fu, dice il Bartoli, Arlecchino, e recitava assai bene nella commedia all’improvviso, che insegnava anche agli altri con passione ed amore.
III, pag. 144), accenna a Teresina Morelli, che chiama bella e fiorente ; e dice che il Kurz diede una splendida prova del suo magistero, trasformando in soli tre anni una inesperta ballerina in una delle più grandi Colombine tedesche.
Il Colomberti dice che mentr'era nella Compagnia di lui il 1859 come generico primario, lo vide eseguir molto bene Saul, Egisto nell’ Agamennone, Zambrino nel Galeotto Manfredi (questa dello Zambrino era rimasta, ricordo, un suo caval di battaglia degli ultimi anni), e i drammi Luigi XI, Il Cittadino di Gand, e La colpa vendica la colpa.
A proposito della loro recitazione nel maggio 1765, lo stesso Collé (Journal historique), dice : Gl’ introiti degl’ italiani diminuiscono a vista d’occhio.
Il Mercurio di Francia dice ch'egli era di una sorprendente agilità, e secondava a meraviglia l’incomparabile Arlecchino Biancolelli (Dominique).
Noi abbiamo un contrappunto, del quale si dice che gli antichi non avessero alcuna notizia; abbiamo un’armonia via più doviziosa e più raffinata di quella che avevano essi nel tempo in cui s’operavano effetti cotanto maravigliosi; si dice altresì che i moderni strumenti, abbracciando più ottave di quelli, siano più atti a produrre combinazioni più variate di suoni. […] «Che giovamento adunque» , dice questo scrittore, «fecero le tragedie cotanto onorate dagli Ateniesi? […] E ciò che si dice della poesia rispetto alla musica, si dice ancora della musica strumentale rispetto alla vocale, cioè che vicendevolmente si nuocono per voler ciascuna primeggiare da sé, sottraendosi dalla dipendenza della sua compagna. […] [31] Quanto si dice della moltiplicità delle parti si dice altresì della scelta degli intervalli che sono in uso nella nostra armonia. […] Platone, per esempio, parlando della melodia frigia, dice ch’era più tranquilla della dorica, che ispirava la moderazione, e che si conveniva ad un uomo ch’esercitasse un atto di religione.
Trattasi nel II atto de’ mali apparsi dopo la pace fatta , e gl’interlocutori sono un augure, il coro ed un messo che nulla dice di più degli altri. […] Il duce si sottopone alla condanna ed è ucciso; dopo di che dice il carnefice: Quam graviter diram constans tulit necem. […] Cantare dicesi pur da’ Latini e da noi il recitar versi, per quella specie di canto con cui si declamano; ed ogni poeta dice de’ suoi versi, io canto. […] Con maggior magnificenza ancora cominciarono nel 1486 a rappresentarsi in Ferrara feste e spettacoli teatrali sotto la direzione dell’infelice Ercole Strozzi figlio di Tito Vespasiano ferraresea; e niuno vi ebbe (dice Girolamo Tiraboschi) che nella pompa di tali spettacoli andasse tant’oltre quanto Ercole I duca di Ferrara principe veramente magnifico al pari di qualunque più possente sovrano. […] Fu poeta, filosofo, istorico, giureconsulto e musico, se crediamo a ciò che se ne dice in una orazione detta in sua lode nel 1437 pubblicata dal Ludewig nelle Reliquiae Manuscriptorum t.
Trattasi nel secondo de’ mali apparsi dopo la pace fatta, e gl’ interlocutori sono un augure, il coro ed un messo che nulla dice di più degli altri. […] Il duce si sottopone alla condanna ed è ucciso; dopo di che dice il carnefice: Quam graviter diram constans tulit necem. […] Cantare dicesi pur da’ latini e da noi il recitar versi, per quella specie di canto con cui si declamano; ed ogni poeta dice de’ suoi versi, io canto. […] Con maggior magnificenza ancora cominciarono nel 1486 a rappresentarsi in Ferrara feste e spettacoli teatrali sotto la direzione dell’infelice Ercole Strozzi figlio di Tito Vespasiano Ferrarese63, e niuno vi ebbe (dice il Tiraboschi) che nella pompa di tali spettacoli andasse tant’oltre quanto Ercole I Duca di Ferrara principe veramente magnifico al pari di qualunque più possente sovrano. […] Fu poeta, filosofo, istorico, giureconsulto e musico, se crediamo a ciò che se ne dice in una lunga orazione recitata in di lui lode nel 1437, e pubblicata dal Ludewig nelle Reliquiæ manuscriptorum t.
Non vi fu ipocrita o sia attore che ardisse di rappresentare, il personaggio del potente Cleone, né artefice che ne volesse far la maschera, come si dice nell’atto I; per la qual cosa Aristofane dovette egli stesso montare in palco, e rappresentarlo, tingendosi alla meglio il volto, e studiandosi di contraffarlo in tutto, perché si ravvisasse. […] Qui pur si trova che Eupoli diede una commedia, intitolata Marica, nella quale (dice Aristofane) ha saccheggiato i miei Equiti, aggiugnendovi solo una vecchia che fa un ballo, disonesto, che pure é rubato a Frinico. […] Oltracciò in Racine il reo é veramente un cane, e ’l cappone rubato non é altro, se non quel che si dice; dove che in Aristofane il cane rubator di un formaggio di Sicilia allude a un capitano, il quale avendo condotte le truppe in Sicilia, si fe corrompere co’ formaggi di quell’isola, cioé co’ regali40 simili circostanze e allusioni per noi perdute davano molto pregio alla finzione d’Aristofane. […] Del resto ciò ch’egli dice, ci fa perder di vista la vera fisonomia, diciam così, del teatro greco, e ci occulta specialmente i lineamenti del gran periodo, in cui fiorì la commedia antica, quando i poeti e gli spettatori erano animati in teatro da quel, medesimo spirito geloso che dettava sì spesso l’ostracismo contra il merito e la virtù. […] Ecco ciò che ne dice il signor Palissot: «La Poétique de M.
Un piccolo ristoro, madama ,dice Simone a mad. […] Madama , dice Simone, è gran tempo che io non vi ho abbracciata. […] Egli dice, Mirtillo infelice! […] Io cominciava (dice Sara all’amato suo rapitore Mellefont) a gustarle dolcezze del riposo, quando tutto ad un tratto mi e sembrato di trovarmi in una ripida balza.
“Un picciolo ristoro, madama, dice Simone a mad. […] “Madama, dice Simone, è gran tempo che io non vi ho abbracciata. […] Egli dice, Mirtillo infelice, chi ti consolerà? […] “Io cominciava (dice Sara all’amato suo rapitore Mellefont) a gustar le dolcezze del riposo, quando tutto ad un tratto mi è sembrato di trovarmi in una ripida balza.
L’Antonazzoni « di cui — egli scrive — non conosciamo il nome di famiglia, innanzi di salire agli onori di prima donna, come si dice, e farsi chiamare Lavinia, nome portato allora dalla Ponti (V.) sembra abbia sostenuto le parti di servetta sotto la denominazione di Ricciolina, a vicenda con la Silvia Roncagli (V.) detta Franceschina, nella Compagnia dei Gelosi, condotta in quel tempo da Flaminio Scala. […] « Nell’anno successivo (1619) si fecero — dice il Neridei segreti maneggi da parte del Duca di Mantova per togliere Lavinia, il marito, Mezzettino (Ottavio Onorati), Scappino (Francesco Gabbrielli), dalla Compagnia dei Confidenti, forse con l’intendimento di radunare un buon manipolo di commedianti da mandare in Francia, in seguito alla richiesta fattane da quella Corte ; ma la cosa non ebbe effetto. » Marina Antonazzoni morì nel 1639. […] Siasi pur ella in Paradiso, e goda l’eternità, e per me prieghi. » Intorno alla bellezza, vantata nel sonetto di Michiele, ecco quel che ne dice Gio. […] Ma perchè mio marito dice che farrà quello che V.
La Passalacqua, riconosciutasi nel personaggio, andò a lagnarsene dal Direttore e dal Grimani, invocando modificazioni, ma inutilmente : o rappresentar la parte come stava, o andarsene : e lei, furba, sbigottita dall’alternativa, si mostrò rassegnata, e accettò la parte, e la eseguì — dice Goldoni — a perfezione.
Grimani, dalla quale apprendiamo che egli fu da lui protetto e beneficato ne’venticinque anni che gode l’onore di servire il nobilissimo suo teatro ; e un discorso preliminare, il quale ci dice come queste opere regolate fossero precedute da due favole spettacolose Arabinda prima e Arabinda seconda, che sortirono un esito felicissimo.
«Se leggiamo (dice Aulo. […] Dell’antica egli dice: Quel che abbiam detto della tragedia antica (noi l’abbiamo esaminato di sopra) affermiamo dell’antica commedia, che altro non era che una festa di ballo grottesco animato da una poesia corrispondente. […] Si dice inoltre che la commedia nuova sulla prima fù piuttosto un privato divertimento che un pubblico spettacolo .
Wien, 1884) da cui resulta che : il 16 dicembre 1568 « Franncischco Ysabella Camediannte » ricevette venti Talleri, dice : « ma qui è lecito credere che di due persone si sia fatta una, e che si tratti de’ conjugi Andreini ; » e forse perchè, essendovi altre spese pagate a Giovanni Tabarrino e a Flaminio, si volle dedurne, e a Carlo Trautmann stesso (Italienische Schauspieler am bayrischen Hofe. […] E dopo che Scovino e Tempesta gli han noverate varie sue imprese straordinarie a lui sconosciute, egli dice : Cap. […] Del Matamoros (Fiorillo) per esempio, il quale « per farc il Capitano Spagnuolo – egli dice nello stesso libretto – non ha hauuto chi lo auanzi, & forse pochi che lo agguaglino ? […] E il capitano qui ripreso era Gerolamo Garavini, il Capitano Rinoceronte, che rappresentava il suo personaggio (dice Fr. […] Fiedler della Casa Deekelmann della Chaux de Fonds, ecco quel che ne dice F.
Bettinelli “Ben è curioso (egli dice) il legger le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime del teatro italiano, essendo in vero lor primo merito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni del costume onesto”. […] E perchè egli parlando della rappresentazione che fecesi in Roma della Calandra del cardinal da Bibiena (assai più licenziosa della Mandragola) dice quasi scusandola, che “i papi, i cardinali e i prelati non si facevano scrupolo d’assistere a quelle licenziosità di gusto antico, perchè consecrate quasi da’ Greci e da’ Latini”?
Ella dice: Lassa che appena i languidi occhi al sonno Chiudere io vò, che immagini funeste Mi rappresenta il sonno, e larve orrende Mi rompono il riposo e la quiete. […] Vediamone ancora un altro frammento della scena terza del III, in cui Corradino avendo saputa la deliberazione di Carlo di farlo morire, dice a Federigo: Solo mi duol che a l’infelice Madre Venuta insin da la Suevia a Pisa Per me suo desiato unico figlio Converrà trista e sola or far ritorno.
Certamente nel saggio della poesia araba del signor Casiri inserito nella Biblioteca Arabico-Ispana, da cui Nasarre si prometteva tali monumenti, si dice nettamente, che gli arabi non conobbero gli spettacoli teatrali112. […] «Dopo l’invalsone de’ barbari (dice il dottissimo Tiraboschi tom.
Aristotile però nella Poetica ci dice che i Megaresi di Sicilia pretesero che Epicarmo fosse stato l’inventore della commedia regolare, e che di non poco spazio preceduto avesse Connida e Magnete. […] Tardi il Magistrato venne a concedere il Coro ai Comedi, mentre da prima erano volontarii, dice Aristotile nella Poetica.
Il credito di lui pareggiò quello di Shakespear; e gl’Inglesi vollero in questo ravvisare un Cornelio per la sublimità, ed in Otwai un Racine credendo di vedere in lui pari tenerezza ed eleganza, titoli , come pur dice l’abate Andres, dispensati con troppa prodigalità . […] Nell’atto V della medesima commedia un cavaliere dissoluto dice a una dama: ”Grande era in me l’appetito delle vostre bellezze, ma grande altresì il timore che mi cagionava la vostra riputazione.
Giovanni Manzini della Motta, nato nella Lunigiana, scrisse verso la fine del secolo alcune lettere latine, ed in una parla d’una sua tragedia sulle sventure di Antonio della Scala signore di Verona, e ne reca egli medesimo, dice il chiar. […] V. anche ciò che ne dice l’Ab.
Il di lui credito pareggiò quello di Shakespear; e gl’ Inglesi vollero in questo ravvisare un Cornelio per la sublimità, ed in Otwai un Racine credendo di vedere in lui pari tenerezza ed eleganza, titoli, come ben dice l’ab. […] Nell’atto V della medesima commedia dice un cavaliere dissoluto a una dama: “Grande era in me l’appetito delle vostre bellezze, ma grande altresì il timore che mi cagionava la vostra riputazione.
Delicato è pure ciò che dice nell’atto II: Si on me la refuse, qu’ on m’apprenne à l’oublier . . . […] Il m’avait (dice Eugenia nella 2 scena dell’atto I) caché ces bruits dans la crainte de m’affliger . . .
Allora per compensare l’artista del fiasco, fu messo in iscena l’Uomo prudente, che ebbe un ottimo successo e pel quale fu il D’Arbes proclamato l’attore più perfetto - dice Goldoni – che fosse allora sul teatro. […] Bartoli dice che egli « sapeva giocar di scherma, ed insegnavala a chi voleva da lui impararla.
Batta, detto Pantalone, che in una lettera allo stesso ministro tocca del Beretta ; la scrittura del quale, dice, non sa come possa conciliarsi con quella di suo figlio Virginio, che gli raccomanda vivamente. Il figlio Virginio è quegli che l’Allori chiama inetto al recitare, e di cui dice che ha tanto poca fortuna da per tutto che la compagnia patisce pur assai).
Luigi Riccoboni dopo di avere parlato delle condizioni artistiche, dell’ignoranza dei comici, della sudiceria dominante nelle commedie di allora (1690) dice : Una sola Compagnia in questa spaventosa decadenza serbò la modestia sul teatro ; ma il buon esempio non durò gran tempo per poter essere seguito dagli altri : essa lasciò l’Italia per recarsi in Germania a servizio dell’ Elettor di Baviera a Monaco e a Bruxelles, d’onde poi passò a Vienna in Austria al servizio dell’ Imperator Leopoldo e di Giuseppe Re de’ Romani. […] ta Comp.ª, sopra della scena, che si auerebbe da esser fratelli, sono come nemici chi da un ochiata torta, chi ride dietro al altro, e tra l’altre ogn’un dice, scriverò al Sig.
Dopo questa succinta analisi delle sette tragedie di Eschilo, ascoltiamo ciò che ne dice D. […] Tale era Xenocle (figlio di Carcino, tragico anteriore a Euripide), il quale gli fu preferito da’ giudici, come dice Eliano, sciocchi, o subornati. […] Ella dopo le dolorose esclamazioni della madre dice: «la medesima misura di versi conviene allo stato mio»; al che il P. […] Egli dice, ……………… Son’io? […] «Cette pièce (dice il P.
Io porterommi al tempio (ella dice nell’atto III), mi scoprirò al tiranno, gli trarrò dal capo la corona, farò provargli tutta l’ira mia. […] Vieni, dice ad Eurinoe, Fuggiam da questi luoghi. […] Aggiugneremo quel che ne dice un giornalista in parte suo parziale, che egli era il tragico del volgo e degli Ebrei. […] S’incontrano in fine, si parlano alla cieca, ed Argia in una reggia per lei tanto sospetta vede una donna, e dice di cercare Antigone e di aver con lei comune la pietà ed il dolore. […] On ne traduit point le gènie, aggiugne e dice benissimo, e ciò può dirsi di altre ancora.
E nel capitolo XXXVIII, a proposito della rappresentazione della Griselda, dice ch’egli interessava e faceva piangere.
L'autunno del 1768 entrò col marito al San Luca di Venezia in Compagnia Lapy ; e dice il Bartoli esser giunto a tale il successo, che il pubblico, non contento di applaudirla in teatro, l’accompagnava ogni sera a casa fra le più festose acclamazioni.
Ecco in fatti ciò ch'egli ne dice alla pagina 18 del secondo volume : Il Brighella di quella Compagnia era un bolognese nasuto che faceva il sartore di professione, e cangiata l’aveva in quella di commediante.
Ciò ella attribuisce all’infedeltà di Ati, e dice, Hélas! […] e si uccide alla presenza di lei che pentita si duole di non poter morire, ed Ati allora dice spirando, Je suis assez vengé, vous m’aimez, & je meurs. […] Vaghi ed armoniosi sono i versi che dice: Plus j’observe ces lieux, & plus je les admire.
Scoprendosi la scena, si vede il Re Scappino con Brighella e Bagolino suoi consiglieri, uno da un canto, e l’altro dall’altro con una mano di Paggi Zagnetti, dove arrivando Muzzina senza Tabarro e Beretta, gli dà una Supplica, e Scappino così cantando dice : Varda un poco, Brighella, mio conseglier fidado, se sto Zagno ha portà qualche novella, che possa desturbar el nostro stado : spiega tosto la carta, e inanzi, ch’el se parta, saveme dir, s’el brama pase o guerra, e che bon vento l’ha portà in sta terra. […] E Scappino dice ai Consiglieri : e a zo ch’el possa recitar comedie – deghe pur col Tabar, Bretta, e Scarsella. […] Quando Scappino invita Muzzina a far la prova dell’arte sua, gli dice : « ma avverti ben de non te dar di bianco. […] Nel prologo di accettazione nella Zagnara era certo rappresentato al vivo il suo stato miserevole. « Le vicissitudini della mia fortuna » dice nelle parole al lettore (V. la Corona maccheronica) « dopo la mia nascita, hanno stillato sempre di farmi vivere in angoscie.
Giovambatista Altoviti, che il Verzone pubblica per la prima volta (Firenze, Sansoni, 1882) e di cui riproduco il principio, ci dice chiaro essere stato il Cantinella il capo della Compagnia, se ben per arte inferiore allo Zanni…. […] Il Bartoli, al nome di Colombina, dice che maritandosi con Buffetto commediante diè motivo ad un poeta di pubblicare, ecc., ecc. […] r Don Cornelio siamo tanti offesi che me ne creppa il Core uedendoci non solo questa infamia publica in faccia ma adolarata la mia cara moglie in maniera tale che siamo piu che disperati, tanto piu che il Dottore di gia dice, auendo uisto la letera di Flaminio, io sono in Compagnia al dispetto di Buffetto : doue che aspetiamo magior desposti, se sua altezza non ci remedia con la sua Clemenza, per il douero bramo e non per altro. […] S. la prego a esermi mezano acio io non resti mortificata da questo mal omo contra ala mia inocenza che piu tosto con bona licenza del patrone morirei di fame perche mi figuro dale parole che lui dice di essere in compagnia al nostro dispetto di riceuere magiori mortifichazioni cosa che non ho mai riceuto perche o sempre auto protezioni ora mi par strano che ciò mi sia intreuenuto soto ala protetione di S.
Alfine Agamennone benchè addolorato risolutamente le dice, κάν θέλω, κάν μη θέλω, voglia io o non voglia , non per Menelao, ma per la Grecia tutta son costretto a sacrificarti. […] Euripide stesso dice nel l’Ecuba, incomincio il canto delle baccanti , cioè prorompo in querele da forsennata. […] Egli stesso non fece di più nel tradurre questa medesima scena in maniera, com’egli dice, diversa dalla Salviniana. […] Egli dice: Son io? […] Crudelitas fati tanto ingenio non debita , dice Valerio Massimo lib.
Il documento d’archivio non lo dice, ma, certo non quella del Di Fiore, che nel 1745, un anno prima, cioè, di passare al Nuovo recitava a San Carlino.
Recitò coi celebri Francesco Lombardi e Amalia Vidari ; e il Regli dice che erano tanti gli applausi ch’ egli coglieva da farne geloso il Lombardi stesso ; e aggiunge in fine del suo breve cenno : anch’ esso è uno di quegli attori, di cui si è perduto lo stampo.
« Celebre e brava commediante – dice il Bartoli – che s’acquistò molta fama col valor suo in Italia e oltre i monti.
Lo ricordo nel secondo, in cui, nonostante certi difetti di recitazione, emergeva l’antico pregio dell’originalità per alcune parti specialmente, come dell’ Oliviero di Jalin nel Demimonde, in cui non ho mai trovato chi per la eleganza e la verità, lo facesse dimenticare, o del Cavaliere d’ Industria, a proposito del quale, l’ Arte del 28 gennaio '55, in una lettera a Fanny Sadowski, dice : Vi ricordate di Peracchi nel Caralier d’Industria !
Il Goldoni assistè più volte a rappresentazioni di sue commedie, e alla prefazione del Cavaliere e la Dama, dice : Penetrai altresi che in Firenze vi erano le commedie mie rappresentate senza le maschere, cambiate in altri caratteri da persone di abilità e di talento, e mi consolai che colà si facessero le mie commedie, trovandomi onorato moltissimo che da si dotta e cólta Nazione si soffrano e si coltivino le imperfette opere mie.
Ma questa non è che un’ipotesi ; e anzi, il Robinet, citando il nuovo Pantalone, nella sua lettera in versi dell’8 marzo 1670, dice : tous les acteurs de cette troupe, qui maintenant ont vent en poupe, compris leur nouveau Pantalon, rouge, ma foi, jusqu’au talon, y font a l’envi des merveilles.
Angelo sul monte, del quale dice il lodato Alberti, descrivendo la Campagna di Roma, benchè io abbia veduto molti teatri & anfiteatri . . . . . . non però non ho mai veduto il simile a questo 159. […] Nella decima invitandolo in campagna gli dice che venga con tutti i suoi scritti: Dactylicos, elegos, choriambum carmen, epodos, Socci & cothurni musicam Carpentis impone tuis, nam tota supellex Vatum piorum chartacea est. […] Se ne ignora l’autore, e il dottissimo Fabrizio ci dice: Marci Accii certè minime est, quoniam author ipse in prologo hanc fabulam investigatam Plauti per vestigia profitetur 183. […] Certo è però che il primo io non sono a dubitarne; e il dotto Scipione Maffei194 più cose (dice) alquanto difficultano il crederlo (del secolo XII) e tanto più, se ciò si fosse arguito dal solo carattere del codice, che è congettura molto fallace. […] Certamente nel Saggio della Poesia Araba del Signor Casiri inserito nella Biblioteca Arabico-Ispana, da cui Nasarre si prometteva tali monumenti, si dice nettamente che gli Arabi non conobbero gli spettacoli teatrali196.
“In Francia (dice M. […] La sua Chercheuse d’esprit, dice Palissot, si stima meritamente la più ingegnosa opera buffa francese.
V’è, gli dice Publio, chi lacera anche il tuo nome; e Tito: E che perciò? […] È prosa, dice l’invidia sotto la maschera del gusto; ma che bella prosa che fa obbliare tanti e tanti versi! […] Deggio, dice Tito, una vendetta alla mia clemenza sprezzata . . . . . . […] Non ha perchè temere (dice) il Metastasio il confronto con Cornelio, con Racine e con qualunque altro poeta tragico. […] “Essi non sapevano (dice Marmontel nella Poet.
Sacontala si ferma, e dice: “Sacon. […] Ciò che di lui si dice, indica l’intelligenza degli antichi nella prospettiva, mentre la veduta dipinta in quella scena compariva bella insieme e naturale a cagione delle diverse tinte che davano risalto a tutte le parti dell’architettura in essa espresse. […] Vedevasi (dice quest’insigne letterato3) situato in parte eminente, donde si scoprivano le città di Napoli, Ortigia ed Acradina bassa, i due porti, i fiumi, i fonti, i laghi, le campagne adjacenti; ed era lavorato ed incavato nel macigno naturale.
Egli è troppo vero ciò che quì si dice.
Il Bonazzi, comico e scrittore valentissimo, dice di lui fuggevolmente : « il vivace, ed anche troppo vivace Adamo Alberti, famoso per la parte di Ludretto.
E in altra lettera del 10 maggio, stesso anno (carte 224ª), dice : La Franceschina partì X dì sono.
A quali Rodomontate allude il Cataldo nella prefazione alla sua commedia Gli amorosi inganni, edita il 1609 a Parigi, là dove dice : T’auiso Candido Lettore, che molti mesi sono, son uenute in luce alcune rodomontate Spagnuole, non solo qui, ma quasi per tutta la Francia vendute poco accortamente da colui (perdonami Sua Signoria) che le diceua e recitaua sopra la scena, le quali hanno forse auuilite quelle che ’l vostro Cataldo vi fa leggere…… ?
E dopo di aver accennato alla buffoneria stereotipata del pulcinella cerloniano, e all’opera riformatrice di Pasquale Altavilla, dice : Antonio Petito, a cui la riforma sorrideva, raccolse la maschera, ma se ne coperse la faccia non per nasconderla sotto una stupida e goffa sembianza.
Ponti Diana, « Comica desiosa – dice il Quadrio – detta in commedia Lavinia, fiorì con Agata Calderoni, della quale fu molto amica.
Al contrario sparisce ogni idea tragica in Corneille, allorché Cesare dice, ch’egli ha combattuto con Pompeo ne’ campi di Farfuglia per gli belli occhi di madama Cleopatra. […] E un altro letterato francese traducendo nel 1762 un’oda pastorale di un cavalier italiano, dice nella sua prefazione colla solitaria gallico-critica, boriosa e ignorante: «j’ai supprimé tous les concetti, cette production du climat, ce vice favori du terroir». […] Gresset, il quale dice con rammarico a’ suoi nazionali, Il ne nous reste plus que des superficies, Des pointes, du jargon de tristes facéties, e Gian-Giacomo Rousseau che afferma: «La nazion francese si diletta di frizzi puerili, d’idee attratte, di figure caricate, di stile confuso enigmatico». […] Boileau Despréaux, pure asseriva, che Regnard non era mediocremente piacevole; e ’l signor di Voltaire ancora dice: «Qui ne se plait pas avec Regnard n’est point digne d’admirer Molière». […] Veggansi i di lui due discorsi sull’arte drammatica: «À quoi bon (dice specialmente nell’ultimo) mettre en Poésie ce qui ne valait pas la peine d’être conçu?
… Di lui dice T.
) dice di lui : …..egli seppe compensare collo studio indefesso certe manchevolezze ch’aveva da natura ; come a dire una voce ranca, una fisonomia accigliata e ribelle alla giocondità, così necessaria al ruolo di caratterista.
Supplemento), dice che a Pistoja, la Piazza precedente, non divisero un soldo e rimisero del loro, e a Livorno son con due paoli al giorno, e con la prospettiva di una nuova rimessa, nonostante la gran quantità de' forastieri e il buon successo della Compagnia ; e domanda per lui ed esso Gaggi dieci doppie pel sostentamento, che avrebber rilasciate dal donativo di carnovale.
III delle sue Memorie, dice : Prendemmo una carrozza, ed andammo da Madamigella Camilla Veronese, ove eravamo aspettati a pranzo.
“Ciò posto (dice dunque), ognun vede che fino a questi tempi non può dirsi inventato dagl’Italiani il Dramma Pastorale”. […] Egli dice che Agostino de Roxas Commediante fiorì tra il secolo XVI., e il XVII., e scrisse alcuni Dialoghi intorno al mestiere, e a’ costumi de’ Commedianti, mostrando la loro laboriosissima vita; e il suo Libro impresso in Madrid nel 1583., nel 1603., e nel 1614., ed anche in Lerida, s’intitolò El Viage entretenido.
Il lettore non ha bisogno d’essere avvertito che parlandosi di que’ secoli quanto si dice della poesia intendersi dee anche della musica, imperocché l’una era inseparabile dall’altra. […] Che ne dice dopo tutto ciò il baldanzoso ed erudito Minosse degli altrui libri? […] Alla pagina 184 del secondo tomo ho detto «noi abbiamo un contrappunto del quale si dice che gli antichi non avessero alcuna notizia». […] Ora un “si dice” in un luogo, ed un dubbio così decisivo in un’altro fanno chiaramente vedere ch’io sono ben lontano dal voler pigliare partito in così fatta questione. […] Lo dice lo stesso giornalista, «come se questi due (cioè il tuono e il semituono) non fossero due altre seconde la maggiore, e la minore?»
Siano e non siano Siano o non siano p. 23. v. 29. di Tragedie di Tragici p. 32. v. 23. ci accorderemo ci accorderemmo p. 33. v. 3. un figura una figura p. 39. v. 3. me diguis me digais p. 40. v. 10. tristos gemidos tristes gemidos p. 40. v. 22. in quanto dite in quanto dice p. 41. v. 20. vò partar vò portare p. 41. v. 20. esame, dirò esame, e dirò p. 48. v. 15. pies de ninnos pies de niños p. 49. v. 12. introducevono introducevano p. 52. v. 15. immagnate immaginate p. 53. v. 21. ammetterla ammetterne la censura p. 59. v. 3. ciantos llantos p. 61. v. 9. trennità tre unità p. 66. v. 8. sin la stima sin lastima p. 66. v. 8. se a parte se aparte p. 67. v. 5. gran la stima gran lastima p. 67. v.ult. a si asi p. 72. v. 27. che sanno che ne sanno p. 77. v. 23. dell’Edia dell’Eolia p. 83. v. 9. in ta’ favole in tali favole p. 84. v. 5.
Essi ignoravano, dice m. de Fontenelle, che hanno esistiti al mondo Greci e Latini.
Essi ignoravano, dice M.
I suoi nomi – dice il Regli – furon Francesco Giorgio Maria, ma egli assunse a Parma il nome di Augusto, quando la Duchessa Maria Luigia, vedova di Napoleone I, presentatale dal Bon l’edizione delle sue commedie, gli disse : Signor Augusto Bon non so come ringraziarla….
Ebbe, dice il Bartoli, tutte le doti necessarie per riuscire un ottimo Pantalone ; alle quali però non seppe nè volle accoppiar mai la fatica dello studio.
Onde seguire l’irresistibile inclinazione per il teatro, non si curò di conseguire, come gli altri fratelli, un grado accademico, ma seppe però corredarsi di buona coltura, cosi che se la sua recitazione fu enfatica, colla cadenza dovuta al sistema di battere il sostantivo, come si dice in gergo comico, seppe però farsi apprezzare ed ascoltare con attenzione dal pubblico per la intelligente chiarezza con cui rese sempre il giusto significato di quanto esponeva.
……… Ch' Ella fosse congiunta a Cesare Nobili, come inclinerebbe a credere il Belgrano, non si può dire : tuttavia non è assai fuor del probabile, potendosi forse ritenere ch' ella fosse davvero Nobili di nascita da un sonetto di Enriço Sottovello (pag. 68), là dove dice : mentre Camilla Rocca, onor, contento del secol nostro…..
Dopo che Fiammella ha promesso a Titïro, se cessi dalla sua crudeltà, un vaso per attinger acqua, fatto d’un teschio d’un uccello, ch'in aria si nutrisce di rapina, ………… e n’è intagliato con sottil lavoro tutt’all’intorno d’ogni sorte uccelli, ………… Ardelia dice : E tu, Titiro mio, se mi compiaci, ti vo' donar una bella ghirlanda da verginelle mani ben contesta di Rose, di Ligustri, e d’Amaranti, con molte foglie d’Ellera e d’alloro, nelle quali son scritte le mie pene, e come fui per te d’amor trafitta, con fregi che circondano le foglie ch'in esse si comprendono il trionfo del faretrato Dio, e di sua madre.
Euripide (dice Longino) è veramente assai industrioso in esprimere tragicamente il furore e l’amore, nelle quali passioni riesce felicissimo. […] Euripide stesso dice nell’ Ecuba: incomincio il canto delle baccanti, cioè, prorompo in querele da forsennata. […] Egli dice: Son io? […] Vedi ciò che dice l’Ab. […] In fatti Aristotile stesso nel luogo citato dice che Eschilo fu il primo a far riconoscere il rappresentatore delle prime parti.
In effetto mettevano gli antichi ne’ loro teatri i vasi di bronzo, affine di aumentar la voce degli attori, quando essi teatri erano di materia dura, di pietra, di cementi o di marmo, che sono cose che non possono risuonare; laddove di tale artifizio non abbisognavano in quelli che erano fatti di legno, il quale forza è, come dice espressamente Vitruvio 57, che renda suono. […] La grandezza del foro, dice ancora Vitruvio, si dee fare proporzionata alla quantità del popolo, acciocchè o non riesca la capacità di esso ristretta riguardo al bisogno, o pure per la scarsezza del popolo il foro non paia disabitato e solitario58.
Prussiana) cosa dice del teatro Tedesco 289. […] 294. n. cosa dice di loro Finirco Materno 226. n. la Fontaine e Montesquieu 227. n. […] Freron (Elia-Caterino) sua distesa di Aristofane 96. cosa dice di M. de la Harpe 225. n., de’ drammi Tedeschi 402. e 403. a., della nuova Filosofia Gallicana 433.
E qui finisco, che di quest’acqua « sat prata biberunt » una bistecca mi attende, una buona bottiglia mi chiama ; e la bistecca è il mio debole che mi rinforza, il vino la mia passione che mi rasserena, dappoichè, come dice Byron, è solamente in fondo al bicchiere che non si trovano inganni, e « un peu de vin pris moderement est un remede pour l’ame et pour le corp. » Addio dunque, opprimi, ammala anche Alarico (nome teutonico che vuol dire molio potente) e di’ lui che sto bene quantunque sia sempre magro come una colonna gotica, ma la magrezza non guasta, anzi interessa ; vedi Paride magro, come lo dipinge Virgilio, Eneide ; Leandro magro….
L'agosto del '62 fino a tutto il settembre recitò al Rangoni di Modena, d’onde dovea recarsi a Reggio per la fiera, invitatovi in nome del Capponi da Alessandro Frosini, che dice la Compagnia di lui, la migliore che si conosca.
Augusto di Kotzebue nelle sue Osservazioni intorno a un viaggio da Liefland a Roma e Napoli (Colonia, Peter Hammer, 1805), dice del Pinotti, a pagina 63 della seconda parte (Teatro a Napoli) : La drammatica compagnia dei Fiorentini non è, a dir vero, eccellente, ma buona.
E il sonetto mi pare ancor più sibillino dell’oroscopo, il quale, nondimeno, ci dice, e qui non corron dubbi, la data della nascita di A.
«Un piccalo ristoro, Madama, dice Simone e la bacia. […] Peggio nella II scena dell’atto IV «Madama, dice Simone, egli é lunga pezza ch’io v’ho abbracciata. […] «Les comiques anglais (dice il Signor Abate Arnaud) ont plus de verve que de goût. […] VIII pag. 416. seqq., il quale in fine dice: «M. […] Freron dice: «Le caracttére de Marwood a quelque ressemblance avec celui de Milvoud du Barnevelt anglais: je ne sais lequel de ces deux rôles est le plus odieux: on regrette qu’elle ne soit pas punie de ses crimes à la fin de la piéce.
Egli è vero che il Fiorentino Vespucci si approfittò del l’opportunità avuta risedendo in Siviglia col l’impiego di Piloto magiore per segnar le strade da tenersi, e col dare nelle carte a que’ nuovi paesi il proprio nome pervenne col tempo à farli da naviganti chiamare America, e tolse con fortunata impostura, come ben dice il giudizioso Robertson, al vero discopritore la gloria di dare il nome al Nuovo Mondo. […] E nella Storia filosofica e politica degli stabilimenti degli Europei in America così si dice nel libro XIX: Quando Errico VIII volle equipaggiare una flotta, fu obbligato a noleggiare i vascelli di Hamburg, di Lubeck, di Dantzich, e soprattutto di Genova, e di Venezia, le quali solamente sapevano allora costruire e condurre armate navali, fornivano destri piloti ed esperti ammiragli, e davano al l’Europa un Cabotto, e un Verazzani, uomini divini, per li quali il mondo è divenuto si grande.
Egli è vero che il Fiorentino Vespucci si approfittò dell’opportunità avuta risedendo in Siviglia coll’ impiego di Piloto maggiore per segnar le strade da tenersi, e col dare nelle Carte a que’ nuovi paesi il proprio nome pervenne col tempo a fargli da’ naviganti chiamare America, e tolse con fortunata impostura, come ben dice il giudizioso Robertson, al vero discopritore la gloria di dare il nome al Nuovo Mondo. […] E nella Storia filosofica e politica degli stabilimenti degli Europei in America così si dice nel libro XIX: Quando Errico VIII volle equipaggiare una flotta, fu obbligato a noleggiare i vascelli di Hamburg, di Lubeck, di Dantzich, e sopratutto di Genova e di Venezia, le quali solamente sapeano allora costruire e condurre armate navali, fornivano destri piloti ed esperti ammiragli, e davano all’Europa un Colombo, un Vespucci, un Cabotto, e un Verazzani, uomini divini, per li quali il mondo è divenuto sì grande.
Il luogo di nascita ci dice egli stesso in un sonetto A Cividal del Friuli sua patria in occasion di guerra civile, e ci ripete poi nella Canzone, nella quale descrive parte de’ suoi infortunij da che nacque fino all’anno quarantesimo sesto di sua età, e la conchiude con la morte della figliuola. […] Andò con Francesco e Isabella Andreini alla Corte di Francia il 1603 : e allude a tal tempo nel I Capitolo al Della Genga, là dove dice : Con le Comedie ho già servito ai Gigli di Francia in Compagnia di quella donna che non teme del tempo i duri artigli.
Anchora che da Mantoua non habbia hauuto tal auiso nondimeno qua si dice ch' essendo uenuto capriccio al Duca di uedere una Comedia dai Gelosi che fosse tutta redicolosa et faceta, i recitanti lo seruirno con farne una ingieniosissima et ridicolosissima solo che tutti i recitanti erano gobbi della qual cosa Sua Altezza rise tanto, et tanto piacere se ne prese che niente più, finito il spasso, chiamo quei Principali comedianti et disse qual di loro era stato l’inuentore. […] Il Sand, riferendosi forse al costume degli antichi veneziani del Gran Consiglio, dice che il Pantalone da principio aveva la zimarra rossa, ma a me non fu dato rintracciarne esempio.
«Le goût (dice il P.
E per le cose sceniche troviamo mentovate le tragedie e la ludicra degli Etruschi, e ci si dice che le donne ancora rappresentavano ne’ loro teatri11.
Nel Mattino di Napoli dell’ 11 agosto '97 un abbonato milanese dice che Meneghino trae la sua origine da Domenica, essendochè era uso in Milano, nei secoli passati, di chiamare in servizio, per tutta la giornata di Domenica, un uomo del popolo, il quale si prestava al disimpegno di molteplici faccende, acconciandosi anche a fungere da servo straordinario.
La commedia recitata fu Paolo e Virginia, e dice la cronaca che il servo si mostrasse assai più in carattere del suo padrone.
Forse per brevità questi aveva mutato in quel di Reiter il nome di Reiterer, lasciatogli dal padre, tedesco, uno de' più fidati del Duca di Modena, dal quale anche fu mandato a Vienna con missioni segrete, e si dice vi accompagnasse il Conte Tarrabini, Ministro delle Finanze Estensi, in qualità d’interprete : nel 1859, fedele al Padrone nella prospera e nell’ avversa fortuna, seguì a Vienna il Duca, ed ivi morì nel 1880, d’anni 78, lasciando tra altri il figliuolo Carlo, padre della piccola Virginia, che educò alla Scuola di Carità dalle monache figlie di Gesù.
Ogni sentimento del cuore umano, ogni slancio di passione ha, come dice Cicerone, i suoi tratti corrispondenti nel volto, nella voce, e nell’atteggiamento167. […] La filosofia, ai dettami della quale fa d’uopo assoggettare non meno le facoltà appartenenti al gusto che le più elevate scienze, ha insegnato ai coltivatori di quelle che un discorso fatto simultaneamente allo spirito in due idiomi affatto differenti non può far a meno di non confonderlo, che se la danza dice lo stesso che la compagna il suo linguaggio diviene inutile, come diviene contraddittorio se dice l’opposto; ch’essendo la pantomima fondata sulla supposizione che debba parlarsi ad un uditorio di sordi o di muti, cotal supposizione diventa ridicola qualora si senta nel medesimo tempo sulla scena un altro linguaggio che distrugga l’ipotesi, e che se gli spettatori si prestano di buon grado ad un genere d’illusione, soffrono però mal volentieri di dover assoggettare la loro imaginazione ad un altro, il quale sia in contraddizione col primo. […] Lambert, Campra e più altri compositori di sommo merito perfezionarono a tal segno la musica de’ balli che «al mio tempo (dice l’Abbate Du Bos, da cui tratte abbiamo in parte le predette notizie) i maestri assegnano fino a sedici diversi caratteri nella d’anca teatrale» 181. […] [NdA] L’inverosimiglianze a cui diede luogo il coro furono così grandi che giunsero a far ristuccare di esso gli uditori a segno di costringerli (come lo dice un antico autore) ad alzarsi dai sedili, e abbandonar lo spettacolo subito che cominciava la cantilena. […] Orazio ce lo insegna colà dove dice «…multaque tolles Ex oculis quae mox narret facundia praesens.»
L’antico scrittore che racconta il dissidio tra Francesi e Romani, dice che Adriano Pontefice mandò in Francia maestri i quali fra le altre cose gli istruissero nell’organare in arte organandi. […] Si dice, per esempio, che Guido fosse il primo a inventar le righe, e a collocarvi sopra i punti, affinchè colla diversa posizione di questi s’indicassero gli alzamenti e gli abbassamenti della voce; ma ciò si niega a ragione dal Kirchero nella Musurgia, poiché oltre il parlar Guido nel suo Micrologo di essi punti e righe, come di cose note e non mai inventate da lui, egli è certo che si trovano csempi dell’uno e dell’altro fin dai secoli nono e decimo,23 Si pretende ch’egli aggiugnendo al diagramma, ovvero sia scala musicale degli antichi, che costava di quindici corde, la senaria maggiore, abbia accresciuta di cinque corde di più la scala musicale, ed ampliato per consequenza il sistema. […] «I moderni», dice, «usano presentemente di misura molto tarda». […] Sul principio non furono se non rozzi spettacoli presentati agli occhi del popolo su i cimiteri delle chiese, sulle piazze e sulle campagne, la qual circostanza ebber essi comune ancora colla tragedia greca, che nacque, a ciò che si dice, nelle feste di Bacco fra il tripudio e l’allegrezza degli agricoltori. […] [NdA] L’originale francese dice: «Quoi!
Però non manca chi il dice monotono in alcuni suoi lazzi e movenze : pur v'è chi risponde esservi in lui la stessa monotonia che nella natura. […] Al principio del diario di Venezia (24 settembre) egli dice infatti : Abbiamo finalmente da otto giorni qui una Compagnia che recita al teatro S.
Non si discute quì il merito delle Tragedie Spagnuole o Italiane, bensì il numero; e il Lampillas dice delle nostre, son poche le ben regolate; è risposta data a proposito?
E acciocché lo spettatore non confonda i vari personaggi che sostiene un istesso attore, tosto ch’ei si presenta in teatro, dice alla bella prima il nome che porta in quella scena.
Vedi ciò che dice l’ab.
Suida ci dice che questo comico portò la prima volta sulle scene le avventure amorose e le vergini deflorate, le qu ali cose si rappresentarono con frequenza nella commedia nuova da cui passarono alla latinaa.
Mario Consigli, nel compilar la biografia della sua illustre concittadina, ricorda la potenza d’arte ch’essa spiegava nel proferir quel verso della Pia di Carlo Marenco : non temo il disonor, temo la colpa, e un anonimo livornese in una corrispondenza del ’37 al Giornale de’ Teatri in Bologna, ricorda quella da essa spiegata il 13 marzo agli Avvalorati, rappresentando per sua beneficiata la Mirra di Alfieri. « Quando al quinto atto, Ciniro, sdegnato del lungo e ostinato silenzio della figlia, le dice : Ma chi mai degno è del tuo cor, se averlo non potea pur l’incomparabil, vero, caldo amator Perèo ?
A tal proposito il D'Origny dice : A l’égard de ceux-ci, quand on se rappelle que des personnages de ce genre ne sont jamais si bien remplis que par des Acteurs qui ont de l’inclination l’un pour l’autre, on est tenté d’attribuer leur malheureux succès, moins à leur inaptitude, qu’à une situation qui ne permet guère que le cœur ressente les feux de l’amour.
Il 14 gennaio 1838 Camillo Ferri da Milano propone alla Bettini il posto di prima attrice assoluta nella propria Compagnia alle stesse condizioni che ha col Nardelli, e soggiunge : Mi si dice che quest’ultimo non prosegua oltre il 39 ed è perciò che le avanzo questa proposizione, in caso contrario mi guarderei bene dal tentare di rapirle uno dei primi ornamenti dell’ arte nostra. […] Il Domeniconi, il 18 detto, parlando delle pretese, dice : Circa all’onorario vi prego di considerare che la Compagnia Reale di Torino ha un provvedimento sovrano che manca alle altre Compagnie girovaghe e le 12,000 lire austriache che vi avevo accordato credo che sia il maggiore stipendio che queste possano accordare ; non è questa un’ offesa al vostro sommo ed incontestabile merito, ma sono i meschini proventi che si ricavano dagli esercizi drammatici nel nostro disgraziato paese…. […] Il Niccolini le dice : la natura vi ha privilegiata di mente arguta, d’animo forte e gentile : e non conosco chi abbia più dottrina e sentimento di quello ch’è bello.
E a queste lodi schiettissime faceva seguire schiettissime osservazioni, per le quali m’ebbi a fin di stagione dalla eletta artista il ritratto che qui riproduco, con dietro queste parole : A chi m’incoraggia – A chi mi dice il vero, correggendomi – A chi mi analizza…. – A chi conosco e ricordo come compagno d’arte – A persona che stimo. – E. […] — Sono anch’io un poco come quel tale, che finiva per essere sempre dell’opinione dell’ultimo che parlava, e per prova, mentre Le scrivo, mi si dice che al Teatro Milanese c’è modo di passare nna serata come nel migliore dei mondi possibili — e io ci credo — senza discutere — e ci vado — senza entusiasmo e senza resistenza. […] « L’ingegno è una cosa vivente » dice quell’attossicante del vostro Bourget : ebbene.
Ciò ella attribuisce all’infedeltà di Ati, e dice, Helas! […] e si uccide alla presenza di lei, che pentita si duole di non poter morire, ed Ati allora dice spirando, Je suis assez vengè, vous m’aimez, et je meurs.
Egli dei drammi del Rinuccini dice, che furono i primi che circa il principio della trascorsa età sieno stati rappresentati in musica; e come noi altro egli non vide nell’Orfeo del Poliziano, nella festa del Botta, e nella rappresentazione posta in musica dallo Zarlino per Errico III in Venezia, che uno sbozzo e quasi un preludio dell’opera. […] Se ne sovviene veramente lo spettatore ch’è sul fatto, ma non altrimenti che si sovviene del verso, del musico, delle gioje false e delle scene dipinte; e dice a se stesso: Il poeta fa parlare Aquilio come si deve e come esige il suo stato?
D’indole bizzarra, intollerante, aveva esercitato parecchie professsioni, e – dice il Morandi – tutte bene : lo studente di medicina, il professore, il poeta, il critico, il cospiratore, la guardia di finanza, il commediante, il capocomico, l’agronomo, e ultimamente faceva anche il fabbricatore di vino scelto, e ne beveva ! […] Quanto al fisico e all’indole sua, egli dice (op. cit.
Entrò l’'81 primo attor giovine con Dondini-Dominici, e l’'82, ahimè, tentò il capocomicato (sfogando – come si dice in gergo – tutte le sue passionacce, fra cui quella del Figlio delle Selve di Halm), che lasciò subito l’anno di poi, per andar primo attore in Compagnia Palamidessi che (altro ahimè) si sciolse a metà d’anno. […] Tutto questo passare per quasi quarant’anni da un ruolo all’altro, da una compagnia all’altra con vertiginosa rapidità, specie ne'primi tempi, dice chiaro quanta fosse la duttilità del suo ingegno, la sua dedizione intera, incondizionata all’arte, pur di fare ; e senza aspirazioni, pur di far bene, a toccar cime elevate, alle quali egli si trovò direi quasi senza saperlo, per una conseguenza logica del suo gran merito.
Ila sei ordini di palchetti ma (dice l’autore dell’opera del Teatro) de’ comodi interni, e dell’abbellimento esteriore, non vi è occasione di poterne fare neppure un cenno.
Si vegga ciò che se ne dice nel tomo I della Gazzetta letteraria dell’Europa, dove si parla delle Lettere di Miledy Maria Worthley.
Il Giornaletto ragionato teatrale del 1820, dando conto della Compagnia Taddei al Teatro Goldoni di Firenze, dice del Gattinelli che « nella declamazione della tragedia inclina al languore che può convenire alla commedia ( ?)
Pietro Pinelli il 1611 col titolo : Corona di lodi alla Signora Maria Malloni detta Celia Comica ; il quale anche ha in fine una Scrittura — dice il Bartoli — sopra i meriti della stessa, dettata in prosa dal Commendatore Cleoneo Accademico Oscuro.
mo Per l’instanza che me vien fatta per parte di Vittoria Piissima comica, la quale dice già aver avuto una sentenza a favor suo sopra un suo credito di denari prestati, ho voluto pregar V.
Egli de i drammi del Rinuccini dice che furono i primi che circa il principio della trascorsa età sieno stati rappresentati in musica ; ed al pari di noi altro egli non vide nell’Orfeo del Poliziano, nella Festa del Betta, e nella rappresentazione posta in musica dallo Zarlino per Errico III in Venezia, che uno sbozzo e quasi un preludio dell’Opera . […] Se ne sovviene veramente lo spettatore che è sul fatto, ma non altrimente che si sovviene del verso, del musico, delle false gemme e delle scene dipinte, e dice a se stesso: Il poeta fa parlare Aquilio come si deve e come esige il suo stato?
La sua Chercheuse d’esprit, dice Palissot, si reputa la più ingegnosa opera buffa francese. […] L’azione complicata produsse poco interesse, per non essersi, dice un giornalista, saputo trarre partito dal soggetto. […] In tal componimento (dice un Francese) «vi sono venti strofe che per la grazia e per la delicatezza de’ pensieri e pel giro della versificazione, e per la scelta felice delle rime, reggono al paragone di quanto si è mai prodotto in simil genere».
Torchio gli dice: Questo è troppo; è un ignorante; cosa volete che stampi? […] Vi adopera tutto il sale Aristofanesco e Plautino per ridersi de’ Filosofi d’ogni aria e d’ogni secolo, com’ egli dice nel Prologo, e soggiugne: Verran per ora Egizj, e Babilonici, Traci, Milesj, Clazomenj, ed Attici; E poi verranno ancor su queste tavole Angli, Germani, Franchi, Ispani, ed Itali &c. […] Ad altro io non aspiravo (dice nelle sue Memorie) che a riformar gli abusi del teatre del mio paese.
— dice — è il pastore di questa greggia, la custodisca ancora, e le pecore infette le discacci. […] Il Sand, parlando di Flaminio Scala e de’ Gelosi (tomo I, pag. 304), dice : « dal 1576 al 1604 i personaggi e attori di questa compagnia rimarchevole furono, per le parti di amoroso, Flavio (Flaminio Scala), Orazio (Orazio Nobili), Aurelio (Adriano Valerini), Cintio (Cintio Fidenzi) Fabrizio. » Lasciamo stare il nome di Cintio, che è evidentemente una inesattezza del Sand ; a lui certo poteva benissimo attagliarsi la parte di rubacuori e guastamatrimonj, a lui potevan benissimo esser volte le Frenesie della signora Cecchini (il marito non aspettava più i sessant’ anni, e forse per sua temerità si deve intendere la sua bonomia matrimoniale), se è omai stabilito dal Cinelli (Biblioteca volante, scansia undecima. […] Morta questa, l’Andreini si unì in matrimonio con essa Lidia, imposta prima alla povera Virginia, la quale sopportava non rassegnata, per paura, come dice il Cecchini, che il marito non le facesse una qualche burla !
Erano infine rozze e sacre rappresentazioni le Commedie Italiane del medesimo tempo, la Catinia traduzione della Latina di Secco Polentone Lusus Ebriorum, i Menecmi, il Cefalo Pastorale del Correggio, il Timone del Bojardo, l’Amicizia del Nardi, della quale soltanto dice qualche cosa l’Apologista?
) che lo dice inventore di questa stragofissima parte ; mentre del Fiorillo Matamoros il Cecchini medesimo ci dà un’ ampia testimonianza, dicendo ch’ egli fu huomo in altri comici rispetti di una isquisita bontà, posciacchè per far il capitano spagnuolo non ha havuto chi lo auanzi, & forse pochi che lo agguaglino.
Con qualche passo di più forse l’ultimo di essi l’avrebbe condotta a quel grado di prefezione, in cui le arti, come ben dice Aristotile, si posano ed hanno la loro natura. […] Nè di ciò pago lo scorto poeta, in una lunga scena di Elettra col Coro e con Oreste, fa che questi appalesi la repugnanza e l’incertezza che lo tormenta, la quale si va poi dissipando col sovvenirsi delle terribili circonstanze dell’ammazzamento di Agamennone, alle quali fremendo dice che darà la morte a Clitennestra, indi a se stesso.
Di quest’ultima favola parlando Scaligero intorno a Varrone, dice: Pomponio poeta Atellanario intitolò certo esodiob Pitone Gorgonio, il quale, a mio credere, altro non era che il Manduco, perchè il nome di Pitone è posto per incutere terrore, e Gorgonio equivale a Manduco, dipingendosi i Gorgoni con gran denti. […] Minuzio Felice nel terzo secolo dell’era Cristiana de’ Mimi dice in fine del suo Ottavio: In scenis etiam non minor furor, turpitudo prolixior, nunc enim mimus vel exponit adulteria vel monstrat, nunc enervis histrio amorem dum fingit, infligit.
Non pertanto egli dice (p.
Nel ’54 sostituì il Pieri nella Compagnia Reale Sarda, ed ecco che ne dice E.
Il Bartoli lo dice Comico al servizio di S.
Dopo dodici anni nacque questo po' po' di personaggio (La storia non dice se vi fu luminaria !).
La musica dice, M. […] La migliore imitazione, dice Aristotile, è la più semplice, e la meno semplice è quella senza dubbio che vuol tutto imitare. […] Così più disinvolta e precisa sarà la greca che dice “logos logu, logo, logon e logos” ovvero la latina “sermo, sermonis, sermoni, semonem, sermo a sermone”, che non l’italiana, la quale non può declinare il medesimo nome senza premettere a ciascun caso l’articolo. […] Nel primo caso sparisce ogni idea d’imitazione e di dramma, nel secondo si fa una strana violenza all’imaginazioue, poiché nel punto, che il poeta mi dice, o mi fa capire che mi trovo ad ascoltarlo in una camera, il coro mi trasporta violentemente in Persepoli, o in Gerusalemme.
Non importa, dice Mere-Sotte, Veueillent ou non, ils le feront, Ou grande guerre à moi auront.
Non importa, dice Mére-Sotte, Veueillent ou non, ils le feront, Ou grande guerre à moi auront.
Nella Ipermestra del Moniglia la castissima sposa, apostrofando alle labbra dello sposo, dice in piena udienza: «Belle porpore vezzose Onde Amore i labbri inostra Pur son vostra: Di rubini almo tesoro, Mio ristoro, idolo mio, E che più bramar degg’io?» […] [11] Nella Dorinda d’un poeta sconosciuto si trova un monologo fatto ad imitazione di quello d’Amarilli nel Pastor fido, dove fra le altre cose Dorinda dice: «Niso amato ed amante, Se giugnesti a veder quanto mi costa Questo finto rigore, So che avresti pietà del mio dolore. […] Otto villani, che ballano al suono d’una bizzarra sinfonia di zucche, la scacciano da sé parimenti: «Vanne pur, vattene via, Non entrar in questa cricca, Se chi dice il ver s’impicca Non sei buona compagnia.
Vada (dice della figlia l’ irato Don Martino) vada da me lontana, viva infelice, sappia a quante disgrazie la soggetta il pessimo suo procedere. […] Voi non sapete vivere, egli dice a Fausto, siete schiavo del vostro impiego.
«Egli é certo (dice un filosofo dell’ultimo settentrione) che in ogni paese i progressi delle scienze si sono aumentati a misura della felicità nazionale.
Ed affinchè lo spettatore non confonda i varj personaggi, che sostiene lo stesso attore, nel presentarsi in teatro dice alla bella prima il nome che porta in quella scena.
Il Baschet non ci dice altro che dal '14 al '20 non vi fu più Compagnia di comici italiani in Francia ; ma non mancaron per lo meno i soliti negoziati, come appare dalla lettera interessantissima del '15 di Arlecchino alla Comare Cristianissima, che riproduco fedelmente (Raccolta Rasi), proveniente dalla casa Charavay di Parigi.
La poesia e la musica sono come il testo d’un’orazione, e il commento; ciò che dice questo non è che un’amplificazione, uno sviluppo di quanto accenna quell’altra, e siccome è impossibile o almeno difficile lavorar una musica espressiva su parole insignificanti, così un compositore ed un cantante trovano per metà risparmiata la fatica qualora il poeta somministra loro varietà e ricchezza d’inflessioni musicali. […] egli dice. […] Ma con quanto maggior grazia, brevità e disinvoltura si dice lo stesso dal Metastasio? […] «Resta a fissarsi», dice un ameno ed elegante scrittore, «la lingua viva ed a farsi universale ad uso di tutti, come incomincia da qualche tempo. […] Mi s’opporrà forse l’autorità di Quinto Curzio, il quale descrivendo la pompa del re Dario allorché venne a guerreggiare contro ai macedoni dice che i persiani portavano attorno il simolacro di Giove.
Lo stesso Fernando de Roxas che la terminò, dice nel prologo di non sa pere tra il Cotta ed il Mena chi avesse composto quell’atto primo.
Nelle brevi parole che precedono La Dalmatina, tragicommedia di cinque atti in versi, rappresentata in Venezia l’autunno del 1758, dice il Goldoni : La valorosa signora Catterina Bresciani ha sostenuto con tanto spirito e verità il carattere della Dalmatina, che ha meritato gli applausi di tutti, e specialmente degli Schiavoni.
Fu anche Luigi Duse, ci dice lo stesso nipote, gastronomo per eccellenza ; e « quando passava per le piazze era tutto un coro : Sior Luigi sta dindieta – sior Luigi, sti osei – sior Luigi sta bondola.
In qualsivoglia altro componimento poetico la poesia è la padrona assoluta, a cui si riferisce il restante; nell’opera non è la padrona ma la compagna delle altre due, anzi in tanto si dice buona, o cattiva, in quanto più, o meno si adatta ai genio della musica, e della decorazione. […] A misura però che il linguaggio si stende, che le arti si moltiplicano, e che la coltura delle lettere vi si aumenta, lo stile delle figure e de’ segni s’indebolisce, s’introduce l’uso de’ termini astratti, la filosofia, riducendo l’espressioni al significato lor naturale, va poco a poco ammorzando l’entusiasmo, la poesia, e la eloquenza divengono più polite, e più regolari, ma conseguentemerite meno espressive: appunto come i grani d’oro assottigliati, e ridotti in foglia dagli artefici, i quali, come dice l’Abbate Terrason, perdono in solidità tutto ciò che acquistano in estensione. […] «Presso di noi, dice il primo, la commedia è lo spettacolo dello spirito: la tragedia quello dell’anima: L’opera quello de sensi.» «L’opera, dice il secondo, non è che il maraviglioso dell’epica trasferito al teatro».
Lilio Gregorio Giraldi ne’ dialoghi de’ poeti dice aver il Rucellai voluto in essa imitare l’Ecuba d’Euripide. […] Nel Cesare del Conti, fra gli altri sensi detti a parte, inescusabile è ciò che dice Cassio ad Albino nell’atto 3, scena 6. […] Ciò che l’autore dice in favore delle azioni commotive esposte alla comun vista sembrami ragionevole. […] Questi encomi disconvengono al proposito ed alla persona che li dice: ed una tal maniera di favellare raffigura un poeta lirico che canti d’una Beatrice o d’una Laura. […] L’uno, per qual ragione voglia Aristotile che l’huom si privi della compassione, che è cosa, come dice il Boccaccio, cotanto humana.
rappatumano: si dice di persone che trovano un’intesa dopo un dissidio. […] Nota alla nota d’autore n. 17: «I suoi giardini attirano la vostra ammirazione; ovunque guardate scorgete le mura; non si vedono piacevoli contrasti, né quella artificiosa selvatichezza che appesantisce la scena; a ogni boschetto corrisponde un boschetto; ogni viale ha il suo gemello; la metà di una spianata riproduce esattamente l’altra metà», vv. 113-118; «Consultate in tutto il genio del luogo che dice alle acque di alzarsi o di cadere o spinge il colle superbo a sollevarsi verso i cieli o scava la valle come un anfiteatro; invita al campestre, apre un varco in un bosco, congiunge le selve, varia le ombre, prolunga o spezza le linee dritte; dipinge mentre voi piantate e disegna mentre voi lavorate», vv. 57-64.
Ed affinchè lo spettatore non confonda i varii personaggi che sostiene, lo stesso attore, nel presentarsi in teatro, dice alla bella prima il nome che porta in quella scena.
Angelo sul monte, del quale dice il nomato Alberti descrivendo la Campagna di Roma, benchè io abbia veduto molti teatri et anfiteatri…. non però non ho mai veduto il simile a questo .
Ivi ad imitazione di Demostene, di cui si dice che andasse ogni giorno al lido del mare affine di emendare la balbuzie della sua lingua col suono de’ ripercossi flutti, gli esercitavano essi facendoli cantare dirimpetto al sasso, il quale, replicando distintamente le modulazioni, gli ammoniva con evidenza de’ loro difetti, e gli disponeva a correggersi più facilmente. […] Il Rousseau, che fa menzione di lui nel suo Dizionario, dice in pruova della sua abilità: «che egli saliva e discendeva in un fiato solo due piene ottave con un trillo continuo, marcando tutti i gradi cromatici con tanta giustezza di voce, benché senz’accompagnamento, che se l’orchestra suonava all’improvviso quella nota dove ei si trovava, fosse bemolle, o fosse diesis, si sentiva al momento una conformità d’accordo che faceva stupir gli uditori» 89. […] Quantunque ciò non meriti ogni credenza, egli è tuttavia certo che Pergolesi fu il bersaglio della invidia, e che sembra essersi avverata nella sua persona quella severa e incomprensibil sentenza, che la natura, in creando gli uomini singolari ha, come dice un poeta francese, pronunziata contro di loro: «Sois grand homme, et sois malheureux.»
Potrei citare Filippo di Comines, che lo dice, potrei aggiugnere l’Abate du Bos, che di proposito lo pruova, autori entrambi di sommo grido e di sicura critica; ma essendo eglino stranieri, come son io, non debbono chimarsi in giudizio contro all’Italia, essendo tale la debolezza degli uomini, alla quale gl’Italiani al paro degli altri, e forse più degli altri partecipano, che chiunque di patria e di linguaggio è diverso si stima, qualora non parla a grado nostro, che debba esser acciecato dall’odio o dall’ignoranza. […] «Questi sono (dice, parlando de’ Fiaminghi) i veri maestri della musica, e quelli che l’hanno restaurata e ridotta a perfezione, perché l’anno tanto propria, naturale, che uomini e donne cantan naturalmente a misura con grandissima grazia e melodia, onde avendo poi congiunta l’arte alla natura fanno e di voce e di tutti gli strumenti quella pruova ed harmonia, che si vede ed ode, talché se ne truova sempre per tutte le corti de’ principi Cristiani. […] [22] Non sarà tenuto nimico delle glorie italiane il gran Muratori, il quale, parlando di Leonello d’Este Duca di Ferrara, che successe al suo padre Niccola Terzo nel 1441, dice «che fece venir da Francia i cantori» 43, anzi i più bei madrigali di alcuni di essi francesi dimoranti allora in Italia si trovano raccolti da Girolamo della Casa, udinese, e proposti per modello d’imitazione nel suo rarissimo libro, che ha per titolo Il vero modo di diminuire con tutte le torti di stromenti. […] De’ Provenzali, dice il Millot, che furono commendati dal Nostradamus, e da altri come conoscitori dell’arte drammatica per aver usato il dialogo nelle loro poesie. […] Quale spirito muove adunque questo scrittore qualora mi fa dire ciò che non ho mai sognato di dire, e qualora m’intenta un processo per aver detto ciò che dice egli stesso dietro a una folla di scrittori i più accreditati?
» Meglio non avrei potuto cominciar le note sul forte artista che con questa lettera, la quale dice chiaro nella sua concisione, nella sua modestia, non discompagnata da una certa alterezza, l’indole dell’uomo.
., » e che presentò poi nel’43 al Teatro Re di Milano, dice dell’Arrivabene (pag. 28, dell’edizione curata dal Morandi) : E vi apparve l’Adelia Arrivabene, della patrizia famiglia di Mantova, nuova e vezzosa meteora, che dopo un’ora di meraviglia si estinse rapidamente per le scene italiane.
Il Bruni, nato nel 1580, e che pubblicò le sue Fatiche comiche del 1623 a Parigi, dice di lui nell’introduzione : A questo (Gio.
Chi non sente elevarsi e commuoversi a ciò che dice Orazio a Curiazio suo cognato, Albe vous a nommè, je ne vous connois plus; ed alla risposta di Curiazio, Je vous connois encore, et c’est ce qui me tue. […] Al contrario sparisce ogni idea tragica allorchè Cesare presso Corneille dice di aver combattuto con Pompeo ne’ campi di Farsaglia pe’ begli occhi di madama Cleopatra , espressione tolta a’ marchesini francesi.
Ed ecco il fondamento della massima di Orazio, colà dov’ei dice che né gl’iddi, né gli uomini, né le colonne permettevano a’ poeti di essere mediocri150. […] Si dice che v’abbia con i suoi precetti comunicata cotal malattia contagiosa un maestro dell’arte, chiamato Orazio, e che i Greci e i Francesi v’abbiano fornito l’esempio. […] [NdA] Degli elogi italiani ridotti a sonetti dice con molta grazia il celebre francese Signor Thomas nella sua storia degli elogi cap. 39 «Sono in materia di lodi la moneta corrente del paese.
Intanto non posso dispensarmi dall’osservare che il chiarissimo abate esgesuita Giovanni Andres asserisce con una franchezza che fa meraviglia, che il Teatro Italiano regolare da principio ma languido e freddo (di che vedasi ciò che si è detto nel precedente volume della nostra Storia) sbandi poi nel passato secolo e nel principio del presente (parla del decimottavo) ogni legame di regolarità, e lasciate le tragedie e le castigate commedie altro non presentava che pasticci drammatici, come dice il Maffei .
Mi dicano gli Huertisti, giacchè il loro archimandrita ha cessato di spacciar fanfaluche, in quallibro ciò suppone o dice il Signorelli?
Di quest’ultima favola parlando Scaligero intorno a Varrone, dice: Pomponio poeta Atellanario intitolò certo esodio 131 Pitone Gorgonio, il quale, a mio credere, altro non era che il Manduco, perchè il nome di Pitone è posto per incutere terrore, e Gorgonio equivale a Manduco, dipingendosi i Gorgoni con gran denti.
[Sez.I.3.5.6] Dalla medesima connessione d’idee che si trova in qualunque de’ nostri piaceri, si può intendere il senso di ciò che comunemente si dice, che il piacere moltiplica la nostra esistenza. […] [Sez.II.3.0.2] Ma la rigidezza de’ primi spesso, anzi che rendere verisimile la favola, adoperava il contrario, costringendo gli attori a fare o dire in publico ciò che un uom di senno appena fa o dice ne’ più segreti penetrali di sua casa. […] Che non dice quel sembiante sdegnato, quell’altro timoroso? […] A questo fine il parlamento di Parigi nel 1641 registrò un dichiarazione in cui, dopo aver rinnovate le pene ordinarie contro i comici, che useranno parole equivoche o lascive, si dice che qualora osservino tali condizioni, essi non saranno in avvenire notati d’infamia118. […] Chiesa; dove si dice, che questo Prelato fu il primo, che cantar facesse una Tragedia in pubblica piazza» (p. 431).
E se a ben condurre la melodia non ci vuole per avventura tanta profondità di dottrina, quanta a ben condurre il contrappunto, ci vuole però un gusto finissimo e una somma discrezione di giudizio; lo più bel ramo, dice quello antico savio, che dalla radice razionale consurga.
Il Tasso (dice Rapin) “è assai difettoso perchè frammischia nel suo Poema il carattere piacevole al serioso, e tutta la forza e la maestà dell’Epica Poesia alla delicatezza dell’Ecloga e della Poesia Lirica”.
Du Bellai (adduce questa testimonianza nell’Entusiasmo il Bettinelli) in un suo sonetto dice che spera, venendo in Italia, di apprendère il ballo e la Marchesa di Mantova andando in Baviera sua patria condussevi ballerini Italiani siccome una rarità prima del 1500.
Il primo ad introdurlo sembra essere stato il cantore Baldassarre Ferri perugino, come si può argomentare dalla prefazione d’una raccolta di poesie a lui dedicata, ove nello stile ampolloso di quei secolo si dice, parlando di non so quale cantilena: «Che il popolo sopraffatto da vostri sovrumani concenti, guardandovi qual novello portentoso Orfeo della età nostra, vi sentì replicar più volte sulle nostre scene rimbombanti coi vostri applausi ed inaffiata coi torrenti dell’armonia vostra dolcissima.» […] [40] Rivolgendo le composizioni del Pergolesi, del Leo, e del Vinci, e disaminando il Se cerca, se dice del primo, il Misero pargoletto del secondo, il monologo di Didone moribonda del terzo, io trovo ch’eglino hanno talmente meditato sovra i principi pur ora esposti, hanno saputo afferrare in maniera lo spirito delle parole che chiunque volesse o cambiar le arie loro o accomodar il motivo, gli accompagnamenti e l’espressione totale ad un’altra poesia non farebbe che distrugger affatto la loro verità musicale. […] Né la scuola del Somis ha tralignato dall’antico valore, ma durevoli saggi ci porge ancora in due pregevolissimi torinesi il Chiabrano cioè, violonista eccellente, e il Giardini, imitatore felice dello stile del suo maestro, al quale si dice che aggiunga del suo una bellissima cavata di suono limpido, netto e preciso.
Quest’arte che alla nuda parola o a’ meri segni vocali delle idee e degli effetti aggiunge il tuono, la figura ed il gesto conveniente, si dice propriamente pronunciazione. […] Tale stato, come oggetto di desiderio, divenendo più o men volontario, prende l’indole e la forma di passione, che ha pure i suoi gradi e i suoi eccessi, e quindi la sua espressione conveniente, ed allora si dice pigrizia od ignavia. […] Quando adunque si dice la natura alterata e corrotta noi intendiamo di riferire l’una epoca all’altra, che tutte egualmente alla natura più o meno spiegata appartengono. […] Lo scegliere importa un paragone, ed una ragione da preferire l’uno o l’altro oggetto che voglia imitarsi; e si è detto e si dice comunemente che l’artista non isceglie ed imita, che la bella natura. […] Si dice che Le Kain avesse risposto in tuono tragico all’inchiesta che gli si fece su la salute di non so chi.
Ha sei ordini di palchetti; ma (dice l’autore dell’ opera del Teatro) de’ comodi interni, e dell’abbellimento esteriore, non vi è occasione di poterne fare neppure un cenno. […] Andres asserisce che il teatro Italiano regolare da principio ma languido e freddo (di che è da vedersi però il precedente volume di quest’opera) shandì poi nel passato secolo e nel principio del presente ogni legame di regolarità, e lasciate le tragedie e le castigate commedie altro non presentava che pasticci drammatici, come dice il Maffei.
Chi non sente a un tempo stesso elevarsi e commuoversi a ciò che dice Orazio al cognato Albe vous a nommè, je ne vous connois plus?
Al contrario sparisce ogni idea tragica allorchè Cesare presso Cornelio dice d’aver combattuto con Pompeo ne’ campi di Farsaglia per gli begli occhi di madama Cleopatra, espressione degna di un marchesino Francese.
[1.15ED] Certamente io dirò quello che io lessi aver detto, benché mal a proposito, in altra occasione lo stesso Aristotile: «Costui molto dice, ma niente prova.» […] [2.123ED] La madre sente che la figliuola dice male di lei, che la mette in disgrazia de’ popoli; e questa vedova ed erede del grande Agamemnone, a cui cento re vivevano tributari, non è da tanto di farla chiudere in casa e ben custodire? […] [3.17ED] In tanto piace il ragionamento rappresentato in scena in quanto imita il vero parlare de’ gran personaggi ne’ gravi interessi ne’ quai li finge la favola; ed essendo la voce quell’instrumento che ci fa scorgere, come in uno specchio, l’immagine di que’ sentimenti che in altra guisa non si vedrebbero, ciò ottenuto, nulla più ci rimarrebbe a bramare se veramente credessimo che si pensasse come si parla e se non ci costasse per esperienza ed esempli che altro alle volte si dice ed altro si pensa. […] [4.136ED] E in tal caso ti consiglierei per bene delle tue spalle a prenderti ancor tu un corno o un paio di bacini, e a strepitare con essi secondo la moda, ancorché contro della ragione. [4.137ED] Cosi han fatto i poeti italiani per assicurarsi le spalle che tu ti vedi già minacciate per aver voluto quel che sin ora non si è voluto per altri. [4.138ED] Ma per tornare a que’ ragionari (siccome dicesti) che di undici in undici sillabe o di sette in sette non punto rimati van riposando, chi dice a te che riposino e quale indizio ne hai? […] Ogni lingua si dice giunta allo stato di perfezione quando abbonda tanto nella prosa, quanto nel verso di valenti scrittori, per cui prenda in se stessa e dia una stabile regola all’avvenire.
Bisogna scorticar un moscovita per far ch’ei senta, dice con molto spirito il Montesquieu.