Il sig. di Voltaire che racconta questo fatto, soggiugne: c’étaient-là des larmes de héros. […] Moliere, secondo che riferisce M. d’Arnaud, avea trovato un di quegli uomini originali, i cui tratti sono caricati; si attaccò a quest’uomo, si pose con lui in carrozzino, l’ accompagnò sino a Lione, e non l’abbandonò, finchè non l’ebbe studiato in tutte le gradazioni di ridicolo che componevano questo personaggio.
Così, definita che avremo l’indole di questo suo porgere, ne parrà di aver fatto tutto quello che da noi si può meglio in limiti si angusti. Ancora : Non ha lo Alberti elemento, se questo non è comico del tutto.
Nel gennaio del ’70 vediamo il Ganassa prender parte alle nozze di Lucrezia d’Este in Ferrara, come è detto in questo brano di lettera riferito dal Solerti : con le confetture vi comparve Zanni Ganassa, e con un cinto in mano assai piacevolmente rintuzzò e fece cagliare un certo Ernandicco Spagnuolo…… Si recò la prima volta a Parigi nel 1571 colla sua compagnia, secondo un documento del 15 settembre pubblicato dal Baschet, ma pare non vi recitasse, per un divieto del Parlamento, non ostante le Lettere Patenti del Re di cui egli era munito. […] Tutto questo io accetto per vero, e credo che come Ganassa cercava di apportar utile e diletto co’ suoi gratiosi motti e recitamenti privi di oscenità, cosi gli Spagnuoli impararono a far commedie modeste, e non oscene…… e a pag. 157 : Anche del comico Ganassa io ho inteso che abbondava di ridicoli, gratiosi in modo e tanto modesti, che ogni auditore virtuoso riceveva gran diletto dall’ udirlo e grandemente se gli affettionava.
O forse, e questo è il più probabile, ella, sciolta da ogni vincolo, si andava scritturando a brevi scadenze or con questo or con quello ?
Ma cosa è egli mai questo canto? […] Ma siccome a sviluppar bene questo punto d’uopo sarebbe inoltrarmi in ricerche troppo scientifiche, e per conseguenza troppo moleste alla maggior parte de’ miei lettori intorno alla natura de’ tempi, e degli accenti; così stimo miglior consiglio il rimandar coloro che vorranno sapere più oltre, ai musici di professione, e ai matematici14. […] Non è per questo ch’io approvi l’inversione troppo intrelciata di alcuni cinquecentisti specialmente quando è affettata, e lunga, come adiviene fra gli altri nello Speroni, nel Dolce, e nel Casa, i quali ti fanno sfiatare i polmoni prima che arrivi a terminar un periodo: né che non preferisca sì in verso che in prosa uno stile conciso, e pieno di cose all’abbindolato e pieno di parole massimamente nel genere filosofico, di cui la precisione, la chiarezza, e la disinvoltura sono i principali ornamenti. […] Le donne inoltre, dalle quali ogni civile socievolezza dipende, avendo per cagioni che non sono di questo luogo acquistata una influenza su i moderni costumi che mai non ebbero appresso gli antichi, giovarono al medesimo fine eziandio ora per l’agio, e morbidezza di vivere, che ispira il loro commercio, onde s’addolcì la guerresca ferocia di que’ secoli barbari: ora per l’innato piacere che le trasporta verso gli oggetti che parlano alla immaginazione ed al cuore: ora per lo studio di molte posto nelle belle lettere, e nelle arti più gentili, dal che nacque il desiderio d’imitarle ne’ letterati avidi di procacciarsi con questo mezzo la loro grazia, o la loro protezione, massimamente nel Cinquecento, secolo illustre quanto fosse altro mai per le donne italiane: ora per le fiamme che svegliano esse nei petti degli uomini, onde questi rivolgonsi poi a cantare la bellezza, e gli amori, piegando alla soavità lo stile, e la poesia. […] [NdA] Si permetta all’amore della verità e della patria soggiungere due parole intorno al pregiudizio di questo scrittore sulla lingua spagnuola; tanto più che non si è fermato soltanto in Francia, ma, valicando le Alpi ha penetrato ancora in Italia dove si crede comunemente, che la lingua spagnuola sia piena di fasto, e di boria, in niun modo acconcia ad esprimere la dilicatezza, e l’affetto.
Con questo metodo così semplice ho veduto operarsi i più meravigliosi effetti. […] Perlochè a questo corso più o meno rapido, più o meno lento de’ medesimi piedi io ho attribuita la principal cagione dell’estrema varietà e dell’irregolarità frequente del ritmo della musica antica. […] Io addito loro i moltissimi vantaggi che ne trarrebbono da questo studio. […] La sua espressione diviene in quel caso più viva, più forte, più vibrara, e più piena; ma questo è un merito che da essa non si esige e senza il quale può rendersi grata agli orecchi. […] E poi questo coro si suppone composto da quelli stessi, che ascoltano il poeta, oppure dai personaggi, che vengono indicati nell’oda narrativa?
Potrebbe [l’Italia] pretender questo vanto [di anteriorità sopra la Spagna circa la Drammatica] “nel secolo XIV., se fosse certo ciò che scrive l’Autore della Storia Critica de’ Teatri, cioè che la Poesia Drammatica a imitazione degli Antichi rinacque in Italia nel secolo XIV.” […] Non è questo imitar gli Antichi? […] Chiuse parimente gli occhi per non vedervi riferita la Filologia Commedia del dolcissimo Petrarca, ch’egli però non volle conservarci; ma, ad onta della delicatezza di questo grande ingegno, che fu uno de’ primi promotori dell’erudizione Greca e Latina, verisimilmente essa dovea essere Commedia ragionevole, se non perfetta.
De Marini, appena lo potè, prese il sistema di destinare un abito apposito ad ogni produzione, incominciando dalla parrucca alle scarpe, meno, s’intende, l’abito borghese, che, per questo non diferenziava che la testa. […] E tante volte, alla fine della commedia, questo preparativo servivagli per un gesto, per un’occhiata. […] De Marini però non sagrificava mai la verità all’effetto, perchè diceva : questo si ottiene sempre, seguendo quella.
Si pensava per l’addietro che questo fosse un poema consecrato alle favole e da cui per istatuto se ne dovesse sbandire il buon senso. […] La prima scena del Temistocle e dell’Artaserse sono in questo genere due capi d’opera di sagacità teatrale. […] Ma non per questo Persuaso son io. […] Ed è appunto per questo pregio inarrivabile che l’autore ebbe ragione di dire parlando colla sua cetra. […] [NdA] Divinamente Orazio a questo proposito: «Nil agit exemplum, litem quod lite resolvit.»
A questo aggiungi altri artisti della stessa famiglia : Rosa, Vincenzo e l’Adelaide, già prima attrice assoluta, e prima attrice di spalla oggi al fianco di Pia Marchi-Maggi, col marito Brignone, il brillante della Compagnia.
A questo eccellente comico non si può imputare altro difetto che quello che deriva in lui da natura, quello cioè della pronuncia.
Bartoli aggiunge che « fioriva questo comico onesto e rinomato intorno all’anno 1625. » Il Callot ci ha dato una scenetta nei Balli di Sfessania tra Guazzetto e Mestolino (V.
Se questo sistema, al lor credere, non può aver la verità conveniente all’epopea, come l’avrà sulla scena? […] Tralle arti sceniche migliorate in Francia in questo periodo, conviene registrar la danza. […] Freron nel mese di giugno 1769, ove trovasi questo giudizio portato da uno scrittore inglese sulla maggior parte delle tragedie di Pietro Corneille. […] Per le quali cose afferma il signor di Voltaire che Saint-Evremond dicendo questo, avea saputo porre il dito nella piaga segreta del teatro francese. […] Euripide e Archippo aveano trattato per gli Greci questo soggetto, che Plauto poi fece conoscere ai Romani, e Molière ai Francesi.
Con questo giusto metodo calcolando voi troverete, che mentre i Greci passavano ad alcune Provincie di questa Penisola, e Roma discacciava i Sofisti, più della metà dell’Italia diventava infatti, e non immaginariamente, Greca. […] E benchè non parmi da rivocarsi in dubbio, che avessero gli Spagnuoli dato in essi alcun passo, anche prima del dominio Romano nella Penisola, non perciò si può mostrare, che questo vantaggio ricevuto avessero dal commercio co’ Greci, mancandone i documenti. Da questo esempio in somma si vuol dedurre, che il buono Apologista dee favoreggiar la Patria nella Buona Causa, in vece di ostentare nelle incertezze, e ne’ punti svantaggiosi un trionfo chimerico col vano suono delle parole. […] Se questo non si potesse diffinire, se gli Scrittori lo stimassero assai più moderno, il Signor Agologista con troppa sicurezza, senza avere riscontrati gli originali, sulla fede de’ compilatori Cordovesi della Storia Letteraria, par che affermi esser certo, incontrastabile il commercio Fenicio in Ispagna anteriore all’epoca di Salomone. […] Il passo di Appiano addotto nella Storia Letteraria è stato tratto dalle traduzioni, e perciò si attribuisce a questo Scrittore l’aver detto, che i Fenici vennero in Ispagna sin da’ primi tempi; là dove egli dice soltanto ἐξ πολλοῦ, o come diremmo in nostra lingua da gran tempo, e come dice nella sua l’Autore della Lettera citata mucho tiempo ha.
Si aggiugne un’ altr’aria di paragone di un fresco rio che coll’ umor frio feconda le piante, ma se poi è trattenuto da un pantano vil altivo, questo rio annega ogni cosa. […] I critici nazionali decideranno qual sia il più scempiato componimento di questo secolo tra questa Briseida ed il Paolino di Añorbe y Corregel. […] Ma questo spettacolo veramente reale, cui venivano ammessi gli spettatori senza pagarne l’entrata, terminò colla vita della Regina Barbara e di Ferdinando VI. […] I più distinti o ricchi spettatori occupano dopo l’ orchestra quattro file ciascuna di diciotto comodi sedili, e questo luogo chiamasi luneta. […] Confessa in oltre che allora si unirono gl’ interessi delle due compagnie e si fece una cassa; ma non vuol per questo che componessero un corpo solo.
E si è nella grande armonia di questo studio perfezionato di analisi, congiunto a un perfezionato studio di finezza e naturalezza ineffabili della dizione, ch’ ella si mostra oggi agli occhi de’ più ritrosi artista suprema. […] E a questo sentimento di modestia Eleonora Duse deve la perseveranza nello studio, che, arrotondando e perfezionando la sua natura d’artista, la collocò sul piedistallo di gloria, in cui oggi si trova : natura d’artista che traspariva tutta, anche fuor di scena, ne’ gesti, nelle parole, negli scritti. […] È il segreto dei deboli — questo ! […] Egli è veramente questo sentimento di gratitudine che ha dovuto provare la Duse, quando a lei saliva il proromper continuo delle ovazioni. […] E questo fu il motto di tutta la sua vita, al quale ella deve gran parte di sè.
Nulladimeno siccome nel mondo di quaggiù l’aspettazione degli uomini resta sovente delusa, così sarà bene il disaminare se per disavventura siamo ora in questo caso. […] Basti questo solo saggio di contraddizioni per far vedere, che il Sig. […] No: questo non sembraci vero. […] Ei ci dà questo suo sistema come una nuova scoperta sconosciuta a tutti fino al presente. […] Le cagioni di questo fenomeno non sono difficili a ritrovarsi. 1.
xxi) dice di Alberto Ferro : Se colla parte di Barone nell’Avventuriere notturno si distinse nel comico caricato, con quella dell’Impresario nelle Convenienze teatrali non mancò di provare la sua naturalezza vivace, che venne ancora meglio espressa col Federico II nel dramma che porta questo nome.
.), concordano in questo : ch' egli corruppe con cento pistole l’ incaricato di Luigi Riccoboni di trovare a Napoli un buono Scaramuccia ; ch'egli era usciere del Vicariato di Napoli, e che, recatosi a Parigi, nè piacque, nè dispiacque.
Il dialogo è de’ migliori e le scene fra Dina e Bilora e fra Bilora e il vecchio Andronico ove son descritti gli amori di questo per Dina son della più schietta comicità. […] ma a non rendermi per questo indegna della sua gratia, poi che il tutto scrissi con puro affetto di riuerentemente seruirla, e farle saper il uero del passato perche mi scrisse V.
Chi si nascondesse sotto questo nome non sappiamo. […] lo conosco ; è un brav’uomo : faceva la parte di Don Giovanni nel Convitato di Pietra ; si pensò di mangiarsi i maccheroni d’Arlecchino, e da ciò gli diedero questo soprannome….. » La Compagnia di Florindo fu quella con cui viaggiò Carlo Goldoni il 1720 da Rimini a Chioggia.
Stabilito in una delle prime Compagnie di Venesia, guadagnò molto per molti anni, spese poco pochissimo, e in questo modo arricehi. […] Forse l’uno e l’altro esagerarono le tinte ; ma io credo assai meno quello di questo.
Ma la lettera più curiosa, e che ci mette al nudo Drusiano e Angelica nella lor intimità conjugale, è quella che il Capitano Catrani scriveva di Mantova il 29 aprile '98 al Consigliere Cheppio, riferita anch' essa per intero dal D'Ancona (ivi, 523), nella quale spicca in mezzo alle accuse di uomo falso, calunniatore, senza onore, infame, questo brano edificante : Mentre Drusiano è stato ultimamente in questa città che son da cinque mesi in circa, à visso sempre de mio con il vivere ch' io mandavo a sua moglie, et egli atendeva a godere e star alegramente sapendo bene de dove veniva la robba, et comportava che sua moglie stesse da me et venisse alla mia abitatione, et non atendeva ad altro che a dormire, magnare, et lasciava correre il mondo : come di questo ne farò far fede avanti S.
Giovanni Toselli aveva un ideale,… e questo ideale aveva un nome semplice, ma profondamente significativo ; si chiamava : naturalezza ! […] Ed è per questo che il suo nome glorioso non sarà più obliato dai veri cultori dell’arte drammatica.
I più distinti e ricchi spettatori occupano dopo l’orchestra quattro file, ciascuna composta di diciotto comodi sedili, e questo luogo chiamasi luneta. […] Aggiugne che anche i meno affezionati alle commedie saben (sanno) ciò che ignora il Signorelli; e questo saben si ripete ben sei volte. […] Se in castigliano ed in italiano questo primo saben significa che di questi partiti non si sono ancora aboliti i nomi, io vorrei che mi si rinfacciasse, dove abbia io detto il contrario. […] Confessa in oltre che allora si unirono gl’interessi delle due compagnie, e si fece una cassa sola; ma sostiene però che per questo non divennero esse un corpo solo. […] Vincenzo avesse detto ciò nel tempo che io ancora dimorava in Madrid, gli avrei mostrato facilmente che s’ingannava anche in questo, e che la voce Chamberga potè forse usarsi in proposito di detta Guardia; ma il cappello slacciato, rotondo, e non à tres picos, era stato adoperato dagli Spagnuoli ancor prima dell’epoca di Carlo II.
Al Carisio si attribuisce la favola detta Mactata, della quale Grozio reca questo frammento, τό γηρας εστιν αυτὸ νοσημα, la stessa vecchiaja è un morbo . […] Menandro riputavasi di gran lunga a lui superiore, e mal soffrendo di vedersi a Filemone posposto, il punse un dì con questo motto conservatoci da Aulo Gellio: Senza andare in collera, dimmi di grazia, Filemone, quando ti senti proclamar mio vincitore, non arrossisci? […] Citansi ancora con molti elogii altre sue commedie, il Colace, il Fasma, la Taide, della quale si ha questo frammento, Colloquia mores prava corrumpunt bonos, i Fratelli, di cui si conservano questi versi Communia amicos inter, non pecuniæ Tantum, sed et mens pariter et prudentia, l’Incensa, di cui Grozio traduce quest’altro squarcio, Pereat male qui uxorem ducere Instituit primus, tum secundus qui fuit, Tum tertius, tum quartus, tum postumus, e la commedia intitolata Plozietta (Plotium) imitata da Cecilio il più accreditato Comico Latino. […] A questo punto disastroso giugne un servo dabbene, e stando già presso alla soglia, senza veruna prevenzione dell’accaduto, ode i gemiti e le grida della meschinella in procinto d’infantare, e come uomo di buon cuore e pieno di affetto per la famiglia prende parte nella di lei sventura, teme, si adira, sospetta, compassiona e si attrista. […] Il più onorevole testimonio del merito di questo Comico filosofo, si è il verso di una sua commedia che leggesi nella I epistola dell’Apostolo san Paolo a’ Corintii.
Di questo Puttino Etrusco trovato nell’agro Tarquiniense ed illustrato da mons. […] Che Gneo appartenne alla Campania, è cosa troppo trita; nè questo paese in tempo veruno fece parte della Magna Grecia. […] Di questo valoroso attore vedi ciò che ne dice Cicerone, che visse a’ suoi tempi, nel dialogo de Senectute, e l’autore de Caussis corruptae eloquentiae. […] Presso Roberto Stefano si ha la commedia pubblicata in Parigi nel 1564 da Pietro Daniele con questo titolo: Querolus antiqua comoedia nunquam antehac edita, quae in vetusto codice ms Plauti Aulularia inscribitur, nunc primum a Petro Daniele Aurelio luce donata, & notis illustrata.
Fra noi su questo argomento, non s’ è fatto il bel nulla. […] Paragonate, di grazia, il Dizionario del Regli con questo, e vedrete quanto ci corra, e come manchi per gli artisti lirici, il geniale compilatore che hanno trovato nella loro stessa schiera gli artisti drammatici. […] Colpa del Rasi, che in questi diciannove anni ha voluto dar da fare al suo biografo e che gli darà dell’ altro filo da torcere ad una nuova edizione di questo genialissimo libro. […] Mi perdoni questo mio giudizio schietto e senza ipocrisie.
Il lettore mi risparmierà l’entrare in più profonda ricerca intorno a questo punto. […] [9] Da questo paragone della musica colla poesia risultano due osservazioni spettanti al mio proposito. […] Non nella prima, imperocché quantunque l’opera debba parlare ai sensi, questo non è se non un fine secondario per arrivare al principale, il quale consiste nel penetrare addentro nel cuore, e intenerirlo. […] Ora in questo senso non si può dubitare, che il maraviglioso dell’Epica trasferito al dramma non faccia perdere il suo effetto a tutte le parti che lo compongono. […] Quello è un etere sottilissimo, questo è l’aria propriamente detta.
Possa solamente questo mio scritto esser da tanto, che trovi anch’esso un luogo nell’ozio erudito di un tal uomo, e giunga ad ottenere il suffragio di colui che ne’ più alti uffizi dello stato ha meritato l’ammirazione e l’applauso di tutta Europa.
» Chi fosse questo Arlichino, a cui succedè nel servigio del predetto Monarca – continua il Quadrio – Ganassa, non ho potuto sapere.
Bellotti-Bon Luigia, moglie del precedente, e figlia di Teresa Ristori (attrice rinomatissima tra ’l finire dello scorso e’l principiar di questo secolo e nonna della celebre Adelaide, educata all’arte e alle lettere da Antonio Simon Sograffi, divenne ancor giovanissima la prima donna della Compagnia che suo marito aveva formato in società con Giacomo Modena.
Ma pare che la Bon-Martini, non ostante questo singolar pregio, restasse assai poco in compagnia, per darsi probabilmente all’arte lirica, giacchè lo stesso Rossi alla seguente pagina, conchiude : mandai a farsi benedire da qualche impresario musicale la mia prima donna…… ecc.
Bartoli ha per questo artista, ch’egli chiama il più virtuoso comico, che abbia in oggi (1782) l’arte nostra, un vero inno di lode.
Tale lo stato di servizio di questo artista, che per la sua intelligenza, la sua modestia, la bontà della sua indole e la forza della sua volontà, passò gli ultimi dodici anni in tre sole Compagnie, ammirato e amato sempre da' compagni e dal pubblico.
Di grazia, in che discordano i secondi dal primo su questo punto? […] Notabile é in questo luogo un modo di esprimersi d’Ifigenia. […] Or non sarebbe questo il finale d’un atto? […] o questo é inganno? […] Or questo non é trar la tragedia greca dalle fasce o dalla cuna, ma copiarla.
Bartoli di questo comico egregio per le parti d’ innamorato, sotto nome di Florindo, e non meno egregio istoriografo della sua patria. […] Il 1675 arrivò a Mantova da Napoli, comico del Duca di Modena, come abbiamo da una lettera di Alfonso d’Este, il quale chiamandolo principal parte della Compagnia e che si è strecto con promesse di Regalarlo bene, propone a quel Duca non gli si dien meno di 25 dopie, essendo questo un huomo che à testa. […] Di più, l’Archivio di Modena conserva un sonetto, che qui riferisco, e che ci dà un saggio dello scrivere di questo artista letterato.
Ma come poteva questo Cavicchi giovine del 1820 essere il Cavicchi sentito recitar, già vecchio, nel 1824 dal Colomberti ? […] Non posso parlare di questo lucido astro dell’arte venuto per illuminare un momento il triste e oscuro nostro orizzonte, e poi sparito per sempre per lasciarlo nuovamente nelle tenebre. […] E questo ufficio accordatogli dal Duca, e questi entusiasmi forse, il Martinelli, anima indemoniata, non gli perdonò più : e mostrò la sua superiorità morale, uscendo trionfante nella lotta. […] Io lo so ; ma, perchè non voglio nulla del vostro, per questo parlo con soverchia libertà. […] I) : Prima che si lasciasse comparire alcuno in su le pubbliche scene, bisognerebbe intendere quel ch’egli sa, perchè vuol recitare, e se è instruito dell’ordine che si tiene, che in questo modo molti che vengono a far comedie per non lavorare, tornerebbero a’ lavor senza far comedie, e certo che questo sarebbe cagione di molti beni.
Ma che giuochetto vizioso è poi questo di tal Francese! […] Tossilo risponde esser questo il suo destino; indi l’invita a viver seco durante l’assenza del suo padrone promettendo trattarlo con ogni lautezza. […] Chiedi almeno, dice Tossilo, ad altri questo danajo. […] Non di questo (l’ altro) ma de’ seicento nummi che dovevi prestarmi. […] Saturione si rattrista al’ vedere andare in fumo il banchetto, se dee dipendere da questo intrigo.
S. e star alegramte questo carneval.
Francesco Vendramin (21 agosto 1759) di alcune modificazioni da introdursi nella distribuzion delle parti degli Amori di Alessandro, dice : La parte della Majani è di una giovinetta alquanto innocente ; la Catroli non pare fatta per questo.
E questo delirio si mantenne costante nelle principali città dell’ Italia e dell’ America, dove la Gemma si preparò un agiato avvenire.
Artista di gran pregio per le parti di prima donna, fiorì ne’ primi anni di questo secolo.
Sotto questo nome è citato dal Bartoli un certo Ferrasani, fiorito a Palermo il 1750 circa, secondo Zanni rinomatissimo, vestito di bianco alla foggia de' Pierò.
In questo elenco dell’ '89 non figura più lo Zanetti (V.), mentre sappiam dalla lettera scritta da lui insieme al dottore Savorini essere stato nella Compagnia almeno dalla primavera.
A questo punto cessano le notizie del Bartoli, il quale aggiunge che Alberto Ugolini « ne' suoi primi anni di comico esercizio fu un brillante Innamorato, e si distinse sostenendo tutte le parti principali nelle migliori commedie del Dottor Goldoni, recitando con grido Il Medico olandese, Il Filosofo inglese, Il Cavaliere di spirito, Torquato Tasso, ed altre rappresentazioni.
Nella stessa regione del Circo Flaminio, ove s’innalzò questo teatro Pompeano, se ne vedevano tre altri, cioè il teatro nominato Lapideo, quello detto di Cornelio Balbo, e l’altro eretto da Augusto sotto il nome di Marcello, il quale era il più picciolo di tutti, non potendo contenere che ventiduemila spettatoria. […] Forse allontanandoci da questa divisione di Giusto Lipsio, non incorreremo in errore, se col dottissimo nostro Mazzocchi divideremo tutta la scalinata in orchestra e in un luogo popolare, e suddivideremo questo in equestre e popolare.
Nella stessa regione del Circo Flaminio, ove era questo teatro Pompeano, se ne vedevano tre altri, cioè il teatro nominato Lapideo, quello detto di Cornelio Balbo, e l’altro eretto da Augusto sotto il nome di Marcello, il quale era il più picciolo di tutti non potendo contenere che ventiduemila spettatori151. […] Forse allontanandoci da questa divisione di Giusto Lipsio, non incorreremo in errore, se col dottissimo nostro Mazzocchi divideremo tutta la scalinata in orchestra e in luogo popolare, e questo suddivideremo in equestre e popolare.
D’allora in poi – continua il Regli – il Bon si chiamò Francesco Augusto, in onore di colei che fecesi sua matrina in questo battesimo di gloria. […] Quivi sposò in seconde nozze una giovine padovana, e quivi morì nell’età di oltre settant’anni. – Ebbe onoranze funebri degne di lui : una pietra commemorativa fu alzata sulla sua tomba dalla figlia Laura colla seguente iscrizione : qui riposa Francesco Augusto Bon patrizio veneto scrittore comico dopo Goldoni primo morto in Padova il xvi decembre mdccclviii Laura figlia sua maggiore con doloroso affetto questa pietra pose il gennaio del mdccclix A questo punto lascio la parola a Giuseppe Costetti che con tanto amore ed acume dell’opera letteraria del Bon discorse nel suo studio sulla Real Compagnia Sarda (pag. 23-24).
Aveva rappresentata in Italia una delle mie commedie intitolata i due gemelli veneziani, l’uno de’quali era balordo, e l’altro spiritoso : vi diede una nuova forma a questo soggetto, ed aggiunse un terzo gemello cruccioso e collerico, rappresentando a perfezione questi tre differenti caratteri. […] Con questo piccolissimo, ma notabile cangiamento, unito però ad una total mutazione della voce e del portamento, cranvi molti che non poteano persuadersi che fosse sempre egli solo, che quei tre personaggi rappresentasse.
A. che egli cessi la sua…… di Masaniello, p che continouamente tiene in moto tutti, e questo lo sa cosi ben fare, che imposibile a dirlo. egli sie licenziato dalla Compagnia fuori dogni ragione, e se dice p la uicenda, V. A. no lo creda p che no gl’importa poi che l’anno passato concesso più che uicenda e lui medesimo se ne dichiarato e dichiara al presente che no ha sentimento contrario e che quel che ha fatto di quella sotto scritione, fu consiglio di un de compagni ; ma quello che p verita gli preme, è la parte per la moglie e questo me inporta, p che io che ma fadigo cò la mente più de tutti, a tirar meno degli altri nò è ragione. che Flaminio sia in compagnia no solo mi contento ma son soddisfatiss.
In questi versi si vede egregiamente espresso quell’ἀίμʹ εμφύλιον, sanguinem cognatum , che il dottissimo Brumoy desiderava nella per altro elegante traduzione di questo passo fatta da Niccolò Boileau. […] I moderni non vedrebbero con piacere sulle scene Filottete zoppicante e disteso nel l’atto II colle convulsioni: ma egli si mostrava in questo stato senza sconcezza sul teatro della dotta Atene. […] Il coro istruisce Edipo delle cerimonie praticate ne’ sacrifizii che facevansi al l’Eumenidi, affinchè questo forestiere e le di lui figlie rifuggite al loro tempio non incorressero in qualche errore nel venerarle. […] Aristotile così narra questo fatto, giusta la versione del Castelvetro P. […] In tradurre questo passo ho soltanto posposta l’apostrofe Ω φως, che nel l’originale va innanzi al l’epilogo de i delitti o errori di Edipo.
(La bibliografia pratese dà erroneamente questo nome al figliuolo Evaristo).
A questo punto ci lasciano i documenti, e niun’altra notizia mi fu dato rintracciarne.
Ogni genere poetico nel principio di questo Secolo prese un migliore aspetto, e la drammatica risorse anch’essa. […] Non son del gusto di questo secolo le favole pastorali. […] Ne abbiam veduta nel passato la fanciullezza; in questo se ne vede l’adolescenza e la virilità. […] ed é questo Il sembiante di Sesto? […] questo facile, quanto é difficile!
Le dice dunque che si è travestita per uccidere Giugurta; ma è questo il fine per cui gli ha mandata la spada? […] N’era questo il tempo? […] Osservo che la favola di Diamante in questo passo è più rapida. […] Senza ciò, come conciliare i lumi e i talenti di questo letterato colle sentenze che pronunzia? […] La sua candidezza avrebbe accresciuto il proprio merito di avere abbellito questo colpo con nuove acconce espressioni.
È questo il terzo fatto osservato in tutti i teatri. […] Ma questo freno che apparentemente avrebbe dovuto inceppare l’attività degl’ingegni, in tutti i teatri che conosciamo bene, ha prodotto avventurosamente un effetto assai diverso. […] Ed è questo il quarto fatto da notarsi, che noi troveremo avverato in tutti i teatri Europei, e dal l’analogia delle idee ci sentiamo inclinati a conchiudere, che troveremmo eziandio ne’ teatri orientali, e in quello del Perù, se gli storici e i viaggiatori, da’ quali soltanto noi possiamo instruirci sulla legislazione e la poesia di tali regioni, si fossero avvisati di riguardarli nel punto di vista che quì presentiamo.
E perchè questo? […] Ed a questo tempo si rapportano i personaggi descritti da Lucianoa mostruosamente lunghi con una grandissima pancia, colla hoccaccia spalancata, e che camminavano con certe scarpe altissime come se andassero a cavallo. […] Svanì poscia questo timore ancora a poco a poco coll’essersi i comici avezzati al rispetto verso i principi, e questi renduti certi della totale sommissione de’ poeti teatrali alla loro autorità.
E perchè questo? […] Ed a questo tempo si rapportano i personaggi descritti da Luciano145 mostruosamente lunghi con una grandissima pancia, colla boccaccia spalancata, e che camminavano con certe scarpe altissime come se andassero a cavallo. […] Svanì poscia questo timore ancora a poco a poco coll’ essersi i comici avvezzati al rispetto verso i principi, e questi renduti certi della totale sommissione de’ poeti teatrali alla loro autorità.
Carlo Goldoni stimò di aver compreso dalla fama che ne correva, la maniera di sceneggiare Liveriana, e volle provarsi nel suo Filosofo Inglese a porre in vista più azioni ad un tratto; ma nell’imprimerlo ci avvertì che niuno gli avea detto bravo per questo. […] Oh non dico per questo: ma se aveste anche due libbre di caffè puro d’Alessandria . . . . […] Da prima questo letterato pieno d’ingegno quasi scherzando prese a combattere i due competitori, e si contentò di provar col fatto che il concorso del popolo non era argomento sicuro della bontà de’ loro drammi. […] Il teatro inalzato in Venezia in questo secolo è quello di San Benedetto, al cui interiore comodo e decente non corrisponde la figura che si allontana dalla regolare degli antichi. […] Ma il fatto diametralmente si oppone alla sua osservazione architettonica, in niun teatro che io sappia vedendosi que’ due oggetti meglio ottenuti che in questo del Vaccaro.
È questo, senza dubbio, il più gran momento della sua vita artistica : momento fuggevole, pur troppo, chè, ammalatosi il Leigheb, la Compagnia si sciolse, e Tovagliari formò società con Enrico Reinach e con poca fortuna.
Certamente erronea è la data dello Jal il quale dà un figlio, Luigi Renato, a Thomassin il 17 dicembre 1727, e un altro, questo Gioacchino, il 2 maggio del 1728 (cioè a dire dopo quattro mesi e mezzo), anzichè del 1723.
Si desiderava un com-piuto ragionamento storico di sì utile argomento, e tale sembrami questo, di cui si chiede la licenza della stampa. […] V. può degnarsi permettere, che questo utilissimo libro si dia in luce, serbandosi in esso le leggi della sovranità. […] L’opere degli antichi in questo genere (toltone alcune cose, che non sono, so non relative ai costumi de’ loro tempi) sono state e saranno mai sempre i nostri modelli: tutto l’oro, che più lampeggia fra noi, é stato tratto dalle loro miniere; e i moderni tanto più lusingar si possono di non mettere il piede in fallo, quanto più dappresso a questi grandi originali si accostano. […] L’unica sua fortuna in tali fastidiosi rincontri é stata il poter affidare questo suo parto alle vostre mani, riveritissimo signor D.
Anzi, sotto questo rispetto ancora, è interessantissima più che ogni altra, la Commedia del Beltrame, chè, a detta di lui medesimo, possiam quivi trovar trascritti fedelmente i lazzi, i motti, le tirate, il giuoco scenico insomma, de’singoli attori….. […] E se ben amore semina nel mio cuore abbondantissime granella de’suoi meriti, e che i raggi de’ suoi begli occhi, quasi vivi soli, faccino il loro officio di generare, non havend’io già mai con l’acqua del mio consenso inaffiato questo cuore, il seme non ha potuto concepire vegetativo germoglio….. […] S’un huomo d’eminenza va a mangiare sovente a casa di questo e di quello, vien detto ch’egli è affabile ; ma s’è un meschino, è un scroca. […] Partendomi da Vercelli mia patria l’anno 1596, mi accompagnai con un mont’inbanco sopranominato il Monferino, e passando per Augusta, o sia Aosta, città del Serenissimo di Savoja, questo Monferino chiese licenza di montar in banco al Superiore ; ma perchè non era in uso il montar in banco in quei paesi, il Superiore non sapea come deliberarne : però quello mandò da un Superiore spirituale, il qual negò la licenza collericamente, dicendo che non voleva ammettere le Negromanzie in quei paesi : il Monferino stupefatto, gli disse (come era vero) che non sapeva manco leggere, non che saper di Negromanzia : il Superiore gl’impose che non altercasse con parole ; che egli ben sapeva come si fa, e che in Italia aveva veduto ciarlatani prender una picciola pallotta in una mano, e farla passar dall’altra ; che un picciolo piombo entra da un occhio, e per l’altro salga, tener il fuoco involto nella stoppa buona pezza in bocca, e farlo uscir in tante faville, passarsi con un coltello un braccio, e sanarsi per incantesimi subito, ed altre cose del Demonio ; e non voleva che il Monferino parlasse, e da sè scacciollo, minacciandolo di carcere.
Del D’Afflisio, non comico di professione, avrei dovuto tacermi ; ma ho voluto per questo solo fare eccezione, poichè il suo nome potrebbe far supporre esser lui della famiglia di Elisabetta D’Afflisio, che (V.
Tutte le compagnie drammatiche primarie avevan poi questo ruolo speciale di cantatrice, che consisteva anzi tutto nel dover cantare gl’intermezzi dell’opera e le canzoncine finali o couplets.
Genovese, fu artista di grandissimo pregio, fiorita nella metà di questo secolo.
Chi si nascondesse sotto questo nome di Lavinia non saprei dire.
.), è questo brano che si riferisce al Marchetti : …… pongo auanti gl’occhi di Vostra Signoria Ill.ma che sono in Napoli con cinque persone carico di debiti fatti per uenir in questa Città, non con altro ogetto che di leuarmi dalla tirannia e persecutione di Lelio marchetti e suoi adherenti, che è stato la rouina di mia casa, che se io hauessi hauto minimo comando nel tempo sono dimorato in modona non mi sarei partito e non sarei cosi consumato.
La natura non lo dotò di sciolta loquela, e il Bartoli ci racconta : Egli aveva un’arte di fare frettolosamente un ragionamento (non inteso nè da lui, nè dall’uditorio) promettendo assistenza al Padrone o ad altri ; e questo con parole spessissime, e vibrate con forza fra le labbra in sì fatto modo, che il popolo movevasi a fargli un grande applauso, battendo palma a palma, ond’ egli restava soddisfatto, e l’udienza godendo moveva a più potere le risa, benchè nulla avesse capito da tal discorso, che lo Sgarri chiamava battuta, forse per la battuta di mani, ch'egli ne riscuoteva.
,143) riferisce i particolari della uccisione del famoso musico Siface, dallo Zibaldone di Anton Francesco Marini, il quale alla data 10 luglio 1704, dice : « Discorrendosi questo dì 21 luglio 1704 di Siface musico celebre ; mi disse Giuseppe Sondra detto Flaminio, comico del Principe di Toscana, che il Quaranta Marsilio lo facesse egli ammazzare tra il Ferrarese e il Bolognese, ecc. » Sperandio Bartolommeo, mantovano, sostenne con molto successo, e in varie compagnie di giro, la maschera di Arlecchino, nella seconda metà del secolo xviii.
Ei solo, penetrando più addentro nello spirito delle regole, sa fino a qual punto debbano esse incatenar il genio, e quando questo possa legittimamente spezzarne i legami: sa stabilir i confini tra l’autorità e la ragione, tra l’arbitrario e l’intrinseco: sa perdonar i difetti in grazia delle virtù, e misurar il pregio delle virtù per l’effetto, che ne producono. […] Forse questa trascuratezza, e questo abbuiamento tornerà in maggior suo vantaggio, convenendo, secondo l’osservazione del gran Bacone di Verulamio, che non si tosto s’affrettino i filosofi a fissare i confini d’un’arte senza prima vedere le diverse forme, ch’essa può prendere dalle diverse combinazioni de’ tempi e delle circostanze; ma egli è vero altresì, che chiunque ne vorrà giudicare si troverà perplesso fra tante e sì contrarie opinioni, non avendo alla mano principi, onde avvalorar il proprio giudizio, Gl’Italiani, che hanno scritto fin’ora, non sono stati in ciò più felici. […] Tuttavia finché qualche cosa di meglio non ci si appresenta, emmi paruto necessario, non che opportuno, il premettere due Ragionamenti sì per ovviare alla mancanza degli scrittori su questo punto, come per aver qualche principio fisso, onde partire nell’esame de’ poeti drammatici. Nel primo, derivando dagl’intimi fonti della filosofia la natura del melodramma, si cercherà di rintracciare independentemente da ogni autorità, e da ogni esempio le vere leggi di questo componimento, e i limiti inalterabili, onde vien separato dalle altre produzioni teatrali. […] Se le riflessioni in gran parte nuove che ho procurato spargere su tali materie, come su parecchie altre contenute in questo libro, non bastassero a formar un sistema completo (lo che non è stato mai il mio oggetto) e se i maestri dell’arte non le trovassero degne di loro, potranno, esse almeno divenir opportune ai giovani, pei quali furono scritte principalmente.
Dappoi graziosamente seguiva : Questo primo fanciullo ha bisogno di due minestrine, e questo secondo di una sola. […] Di gennaro alli quindeci fu scritto questo mio chiaro, e cauto testamento fatto del mille tre con il seicento.
Gran parte dell’invernata del 1576 il Pellesini passò a Firenze, e questo sappiamo da una lettera del Commissario Capponi al Granduca, riferita dal D'Ancona : poi fu a Pisa, poi a Lucca, poi di nuovo a Pisa, dove però non gli fu concesso di recitare per certi scandali amorosi ch' eran tra le donne della Compagnia. […] Pedrolino, et Compagni comici vniti, li quali con mia grandissima sodisfattione, e gusto m’ hanno seruito doi mesi continoui con le comedie, e forse con speranza di tornare questo Carnovale al mio seruitio desiderano per esser più vicini, et commodi al viaggio di venir per l’Autunno à recitar in Bologna nella stanza solita ; pero prego V.
E questo pazzo Gregge va pure errando! […] Chè sí che un piè gli spezzo Con questo ciotto. […] ERRORI CORREZIONI pag. 54 Menestrier Menetrier, e così sempre si corregga pag. 209 fia sia Occorrendo di reimprimersi questo tomo III si supprima l’avviso segnato nelle pagine 310, 311, e 312, dovendosi ne’ luoghi notati inserire le Addizioni surrisetite.
Luttavano allora con questo linguaggio adulterato cento idiomi oltramontani, e in tal conflitto di voci la necessità di farsi intendere dava la vita a certi nuovi gergoni, ciascuno de’ quali prendeva un carattere nazionale e distinto, in Italia, in Francia, e nelle Spagne. […] Fornì questo a molte città d’Italia il modo di rimettersi in libertà, sotto i cui auspici solo possono gl’ingegni uscir della stupidità e inazione. […] Ma questo fatto é confutato dal Quadrio nella Storia e Ragione d’ogni Poesia tom.
Si, vostra io sono ; in questo suol nudrita, nei domestici esempi e più dai segni de’ vari effetti ch’ io leggeavi in volto, dell’ardua scola teatrale appresi le prime norme, e andai crescendo all’ arte che all’atteggiar della pieghevol voce gesto loquace accorda, e fida esprime opre, affetti, pensier, costumi e sensi. […] A voi dunque mi volgo, abitatori eletti di questo suol diletto al ciel : tu pria, schiatta d’incliti padri, ordine illustre che hai per dritto di costume e sangue titolo di gentile ; e tu pietoso sesso leggiadro, a cui fan doppio omaggio i cori e l’arti che dal bello han nome. […] » Molte son le testimonianze che abbiamo del valore di lei ; fra cui quella del Sografi, che nella prefazione alle sue Inconvenienze teatrali (Padova, Bettoni, 1816) scriveva : Si distinsero nella esecuzione di questo non facile a rappresentarsi componimento moltissime attrici ed attori.
E sotto questo nome generico di ciarlatani si comprendevano a que’ tempi non solo gli scenici, cioè i mimi, buffoni ed istrioni ma eziandio i giullari e i ministrieri. […] La Francia e l’Inghilterra per loro buona sorte fin dal secolo scorso godono di questo vantaggio ed onore che tanto influisce nella felicità degli stati. […] Il Poliziano fu il primo a introdurre nella nostra poesia il Ditirambo, e ne diede l’esempio in questo dramma, ed ancora nelle sue Rime scritte a penna, secondo che ci accerta il Crescimbeni. […] Or da questo passo del Ch. […] Andres s’inganni e vada errato allorchè con troppa precipitazione ed arditezza fassi a così dire: La parte drammatica (degl’ Italiani) cede senza contrasto al greco teatro, e benchè gl’ Italiani sieno stati i primi a coltivare con arte e con vero studio la poesia teatrale, non hanno però prodotto prima di questo secolo, tolte le pastorali del Tasso e del Guarini, un poema drammatico che meritasse lo studio delle altre nazioni.
Al proposito di questo modo di chiamare la signora Bertinazzi (e a questo modo soltanto è pervenuta fino a noi), Vittorio Malamani ne’suoi Nuovi Appunti Goldoniani (Venezia, 1887) fa le grandi maraviglie, leggendo come lo Spinelli aggiunga alle parole « madama Carlin »moglie di Carlin Bertinazzi. […] Dov’è che il signor Spinelli ha trovato questo ? […] Rosaura viene con Scapino per vedere questo caro fanciullo, e mentre lo accarezza, giunge Pantalone. […] Questi vuol darla in moglie a Fileno, amato alla sua volta da Dorinda ; noi sorvoleremo questo episodio, che fu aggiunto per la Cantatrice che esordi quella sera. […] In questo mentre, Arlecchino viene a richieder suo figlio a Celio, e Camilla muove la stessa domanda a Scapino.
Noi ne parliamo in questo capitolo dove pare che possa entrare per più ragioni. […] Anche questo teatro nel secolo innoltrato si abbellì e si miglforè nelle seale e ne’corridoi. […] L’oggetto di ben vedersi ed udirsi è pienamente adempiuto in questo edificio. […] Ed è questo Il sembiante di Sesto ? […] Tutto questo apparato si è fatto nell’intervallo degli atti, e va ottimamente.
La natura ha questo di proprio, che basta che ci si mostri nel suo vero aspetto, perché tosto faccia nascer vaghezza di sé. […] L’ultimo atto della Didone abbandonata modulato in gran parte da lui a questo modo è preferibile a quanto han di più fiero e più terribile nella pittura i quadri di Giulio Romano. […] Niccolò Porpora, napoletano, e Rinaldo da Capua aggiunsero maggior perfezione al recitativo strumentato quello pell’ammirabile facilità di canto che seppe dargli, questo pel maneggio degli strumenti attissimo all’espressione. […] Forse ciò deriva dalla temperatura dolce e fervida insieme dell’aria, che domina generalmente in questo paese, la quale, rendendo più ben cotti, più aridi, e conseguentemente più leggieri i legni, e più elastiche le corde, è la cagione altresì che pesino meno e che più acutamente risuonino. […] Fra i rinomati discepoli di questo grand’uomo la posterità annovera tuttora il Locatelli bergamasco, il Geminiani, e il Somis.
Metto fra i comici anche il nome di questo scrittóre ben noto, nato a Venezia nel 1756 dal Conte Casimiro, napoletano, e da Angiola Olivati, veneziana, perchè, già vedovo della comica Monti, « che in quell’epoca – scrive Iacopo Ferretti – in cui era di moda recitare il verso tragico cadenzato, come i sonetti si recitavano dai novizii di Parnaso, era una rediviva figlia di Roscio, » fatta società colla insigne comica Marta Colleoni, si diede anche all’arte del recitare, nella quale riuscì mediocremente ; « fu discretissimo – dice lo stesso biografo – e non apparve più sulle scene. » Visse col De Marini, collo Zuccato, col Fabbrichesi, col Vestris e col Blanes, e ne fu poeta.
Interessantisima è la figura di questo comico ebreo da Verona, il quale, a somiglianza del celebre Sivello (V.
E di un figlio di questo, Andrea, sappiamo che fu più tardi impresario dell’opera italiana a Dresda, ove morì il 14 maggio 1822.
E questo suo pregio di vestir la parte, di qualunque specie e di qualunque età fosse il personaggio, si mantenne costante in lei ; la quale passava in una stessa commedia, applauditissima sempre e a pochi anni d’intervallo, da un personaggio all’altro colla maggiore indifferenza.
Chi si celasse sotto questo nome di teatro non sappiamo.
Ma dove ancor più fui colpito dall’espressione, dal calore, dalla mimica di questo attore, si fu nella parte di Giuda nel Giuseppe riconosciuto, mediocrissimo dramma tradotto dal francese.
In quello figuran come prima attrice e primo attore i coniugi Elena Petrucci-Germoglia e Giuseppe Germoglia ; in questo, Elena Germoglia-Tassani, e Vincenzo Andreani.
E per tutto ciò ella si raccomandava al Duca, acciocchè volesse degnarsi moderare a questo Signor Desiderij, quando pure già le fosse stata concessa, quell’ autorità così grande che pretendeva hauere sopra di lei….
Tutto è perito quel che scrisse questo celebre favorito di Augusto, a riserba di qualche verso, come questo Nec tumulum curo, sepelit natura relictos. […] Commosse a questo segno le passioni, la scena prende maggior movimento e vigore. […] Ma questo primo coro della Troade accoppiato ai lamenti di Ecuba rassomiglia ad alcuni delle greche tragedie, e dovè riuscire assai comodo alla musica per gli oggetti diversi che le appresta. […] É questo forse il linguaggio de’ rimorsi e di un dolor disperato? […] Non per tanto in questo lunghissimo componimento di circa duemila versi, fra tanti concetti affettati e strani trovansene alcuni giusti, bene espressi e spogliati d’ogni gonfiezza.
Tutto perì quel che produsse questo celebre favorito di Augusto, a riserba di qualche verso, come questo, Nec tumulum curo, sepelit natura relictos. […] Commosse a questo segno le passioni, la scena prende maggior movimento e vigore. […] È questo forse il linguaggio de’ rimorsi e di un dolor disperato? […] Tale è questo dell’atto II: Per regna trepidus exul erravit mea. […] Non so se in questo giudizio i leggitori sereni troveranno parzialità, ingiustizia o difetto di lettura o d’intelligenza.
Ma questo maraviglioso in che mai è posto? […] Tanta pompa di metri lirici, tante machine, tanti cori, ci mostrano l’opera nascente al tempo del Rinuccini, benchè da questo Fiorentino rimanesse il Savonese superato per interesse e per affetto. […] Ma questo letterato parlandoci di eunuchi sostituiti alle cantatrici nel dramma riferito non mostra che gli spettatori se ne fossero maravigliati, nè scrive di essersi proposto quel cambio come una novità. […] La figura di questo teatro è mistilinea congiungendosi a un semicerchio due rette laterali. […] La memoria di questo spettacolo ci è pervenuta per una bella dipintura che ne fece il famoso pittore Napoletano Domenico Gargiulo dotto Micco Spataro.
Ci voleva un capitale di filosofia per dar questo passo, e appunto troviamo, che le favole drammatiche del Perù furono inventate e coltivate da’ filosofi colà chiamati Amauti. […] Il luogo, il tempo e gli spettatori esigevano decenza e gravità, e gli Amauti vi conservarono questo lodevole carattere senza contaminare con oscenità il divertimento. […] Ma avvegnachè in questo ed in altro si rassomigliassero Greci e Peruviani, non diremo però che questi sieno da quelli discesi, ragionando alla maniera di Laffiteau. […] Non è questo anzi l’ordinario effetto del rigiro e della cabala tanto più potenti quanto più vaste sono le Corti?
A questo faccio seguire parte dell’articolo apparso nell’Italia musicale di Milano (15 dic. 1847), in cui è discorso ampiamente delle doti artistiche, ond’era pregiata la povera donna : …………………….. […] Prati (che metto qui per non averla più vista riprodotta), preceduta dal seguente cappello : Questi versi gentili, e spiranti tutti venustà ed affetto, mi furono cortesemente profferti dal signor Luciano Cerchi : ed io son grato ad esso di questo dono, e a me ne sarà grato il pubblico. […] Sol ti rivenga Qualche volta al pensier, quando t’ascolti Suonar per questo italico deserto Riverito il mio nome o vilipeso, Ti rivenga al pensier che un’infinita Riconoscenza a te, pia creatura, Mi lega d’invincibili catene, E seguirò coll’anima le tue Poche gioie, o diletta, e i tuoi dolori Sin che tra questo di civili belve Covo io rimanga alla calunnia, e al canto !
E conclude : Nella Giulietta Monti ha la scena comica una delle attrici difficili a rinvenirsi, massime in questo tempo, in cui lo strafare, l’inverisimile, ed il violento, sono divenuti gl’idoli della massima parte degli autori, degli attori, e dell’udienza.
II, pag. 143), che è questo : il Sacco aveva una Compagnia troppo ricca di attori pagati, e voleva disfarsi di alcuni di essi.
… L’arguto Buratti, poeta veneziano, lo annichilì con questo epigramma : O vu che podè tuto, Giusto e clemente Iddio, Deghe la vose al muto, Toleghela a Bonfio.
Forse nei diciassette anni ch'egli fu al servizio di Ferdinando, si trovò a essere ceduto, come spesso accadeva, a qualche altro principe : e mi pare si debba identificare pel Ranieri questo Aurelio che dal Duca di Mantova è dato al Duca di Modena, in cambio del Parrino (V.), che Questi cedeva a Quello.
Il Costetti ne lo fa uscire il '43, sostituito da Pietro Boccomini, ma è questo errore evidente, giacchè lo vediamo per l’anno '41-'42 primo attore assoluto della Compagnia Giardini, Woller e Belatti, dalla quale passò poi nello stesso ruolo in quelle di Corrado Vergnano, e di Angelo Rosa con cui stette lungo tempo.
Molto più dacché un altro vizio non minore di questo è venuto di mano in mano prendendo piede, cioè la spessezza della note. […] Cessa il canto, ma per questo siamo fuori d’impaccio? […] E questo è appunto il segno più decisivo della loro eccellenza. […] E questo perché? […] Fra tutti i rami della educazion letteraria non avvi il più trascurato di questo.
Essa sola sa discernere quel che può esser bello per un sol popolo, e quello che lo farà per moltissimi: ed egli é chiaro che ciò che si chiama buon gusto, non dipende se non dalla conoscenza di questo bello271. […] Quindi é che ’l Petrarca, seguendo il sentimento di Platone, disse: Or questo é quel che più ch’altro m’attrista, Che i perfetti giudici son sì rari.
Se vogliamo dunque risalir sino a i primi tentativi drammatici de’ Provenzali, il gusto e la ragione e l’esempio degl’antichi e dell’Italia quasi per questo secolo e mezzo lottarono contro la barbarie per discacciarla dalle scene francesi. […] Tralle situazioni che nella Sofonisba del Mairet il generoso Pietro Cornelio notò come inimitabili, novera il contrasto di Scipione e Massinissa e la disperazione di questo principe.
Intorno a questo tempo venne la moda di tradursi le migliori commedie francesi, danesi e tedesche; ma la nazione non approva se non che tre o quattro commedie originali scritte in quel genere di comico grossolano che si avvicina alla farsa. […] Incoraggir bisogna innanzi altro i poeti che sono l’anima degli spettacoli teatrali; cercare ogni via perchè si sollevino dalla turba de’ versificatori; instruirli della ragion poetica stella polare delle rappresentazioni; essi così formati sapranno l’arte di dipingere i caratteri e le passioni, e guidati da un soprio discernimento inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, i quali pieni di questo spirito rappresenteranno con energia, naturalezza e sensibilità quanto la natura umana loro presenta; là dove copiando unicamente gli attori stranieri confonderanno gli eccessi e le bellezze per mancanza di vero lume e rappresenteranno sempre con istento e durezza.
Dopo il poderoso studio col quale Vittorio Rossi prelude alla pubblicazione delle lettere di Messer Andrea Calmo (Torino, Loescher, 1888) non è difficile oggi ricostruire intero questo bizzarro tipo di comico e cantante e scrittore. […] In mezzo a tutto questo, scappano fuori periodi in latino sgrammaticato e senza senso, richiami a sproposito ad autori greci, latini, italiani, anche immaginari, citazioni monche ed erronee di passi latini, talora riferiti dove non hanno nulla che vedere…. etc.
L’effetto che produce in una donna dimenticata una equivoca dichiarazione di amore, il passaggio che ella fa da una finta modestia ed un finto sdegno alle leziosaggini d’un simulato pudore, e ’l raccoglimento o sconcerto dello spirito, la ricomposizione o turbamento del volto, e la mutazione della voce che in lei succedono al disinganno, tutto questo ed altro ancora dipingevasi si vivo nella Colli, che la illusione toccava il massimo suo grado. […] Il Golinetti era più fatto per questo secondo carattere, che per il primo.
A questo punto lascio la parola a Luigi Pietracqua, che da proto della Gazzetta del Popolo, passò ad essere il più forte autore del Teatro piemontese, per sentimento di modernità, accoppiato alla più ardente passione (traduco dalla gazzetta dialettale 'l birichin del 5 settembre 1896) : Una figurina slanciata, sottile e dritta, e così naturalmente elegante, che si sarebbe detta modellata da Fidia o da Prassitele. […] Ermete Novelli, uno dei pochi, il solo forse, veramente capace d’intendere quella recitazione tutta impulsi, senza un fil di meccanica, dettò nel Fanfulla domenicale del 31 gennaio '92, poco dopo la morte di lei, un articolo ricco di commovente entusiasmo, da cui mi piace, per chiuder degnamente questo mio, stralciare un brano, che si riferisce a una recita di Fernanda al Margherita di Genova per la famiglia di Carlo D'Antoni.
I pedanti loschi vorrebbero ridurre questo poema a quattro riboboli del popolaccio, e l’immaginazione della gioventù a un limitato numero di picciole idee. […] Chiedi almeno, dice Tossilo, ad altri questo danaro. […] Non di questo ( l’altro) ma de’ seicento nummi che dovevi prestarmi. […] Saturione si rattrista al vedere andare in fummo il banchetto, se dee dipendere da questo intrigo. […] Che Nevio appartenne alla Campania, è cosa troppo trita, nè questo paese in tempo alcuno fece parte della Magna Grecia.
Nacque da ciò il mio pensiere di pubblicare in Napoli con tali notamenti un volume settimo in continuazione de’ sei dell’edizione napolitana, e l’autore si compiacque, annuendo al mio disegno, accordarmi il manoscritto domandato di tutte le addizioni che oggi chiudonsi in questo volume.
) ; questo troviamo in Goldoni, il quale dice di lui (Ediz.
Se questo comico avesse avuto un personale più vantaggioso, oh quanto maggiormente sarebbe stato gradito !
Il Tralage in una sua nota manoscritta parla della eccellenza de'costumi di Lolli, il quale, un po'fors’anco per questo, e un po'pel suo nome di Angelo, era noto più specialmente col nome di l’Ange, o Lange, col quale anche talvolta si firmava.
Enrichetta Zerri-Grassi, attrice di molta intelligenza, se non di molti mezzi, fiancheggiò sempre col maggior decoro le prime attrici, che per la lor giovinezza e la loro figura (chè un tempo si badava anche a questo) non poteau abbracciare tutto i repertorio, quali : Pia Marchi e Annetta Campi.
E questo appunto si prefisse il Pepoli. […] Ma questo è recare in pruova ciò che è in questione. […] Ma questo breve indugio diviene sospetto al re. […] Vediamo la traccia, e qualche particolarità di questo dramma colla imparzialità che ci guida. […] Tutto questo apparato si è fatto nell’intervallo degli atti, e va ottimamente.
Sotto la denominazione di Misteri vengono parimente le vite de’ santi poste sul teatro Francese in questo secolo. […] Tutti questi spettacoli francesi di questo secolo erano scuole di superstizione, d’indecenza e di rozzezza 69, nè colà pensavasi ancora che nella drammatica eranvi modelli antichi da imitar con profitto70. […] Andres osa collocare in questo secolo ancora, e mettere in confronto dell’Orfeo vero dramma compiuto e rappresentato, la Celestina, dialogo, come confessa lo stesso Nasarre, lunghissimo e incapace di rappresentarsi, di cui il primo autore Rodrigo Cotta appena scrisse un atto solo de’ ventuno che n’ebbe poi nel seguente secolo per altra mano.
E perchè forsi qualcheduno de comici pensa di fare il padrone, a questo dico che non voglio riconoscere altro padrone che il Ser. […] ma a darmi qualche risposta in questo particolare aciò possa consolarlo questo Giovane, et non havendo che sogiungere, riverentis.º me l’inchino con la mia putta.
E però mal a proposito è stato annoverato fra gl’inventori del melodramma da quegli eruditi che non avendo mai vedute le opere sue, hanno creduto che bastasse a dargli questo titolo l’aver in qualunque maniera messo sotto le note alcune poesie teatrali. […] Restavano i soli madrigali, che servivano allora di materia alle musiche di camera, e molti e bellissimi furono a questo fine composti dal Tasso, dal Guarini, dal Gassola, e dallo Strozzi principalmente. […] Il cangiar ch’ei fa la scena; quantunque alla natura del dramma non si disdica per le ragioni da me addotte nel capitolo primo di questo libro, è tuttavia troppo violente nell’Euridice, poiché ad un tratto si passa dai campi amenissimi nell’Inferno senza che venga preparato, qualmente si dovrebbe, il passaggio. […] Amor non sò, ma voi ben mi vincesti, Quando vi fei Signore Di questa vita, di questo core. […] Non so, che alcun metafisico abbia data una spiegazion convenevole a questo fenomeno, ne io sono da tanto che speri di poterlo fare: abbiano, ciò nonostante, le seguenti conghietture il peso che meritano.
Nel secondo caso, che accadeva non di rado, era costretto dai moti nervosi o di mal celata insofferenza, o di aperta ribellione, batter la ritirata : e questo egli faceva senza verun atto di risentimento ; anzi inchinandosi a più riprese con esagerate cerimonie.
Concordando il ruolo e l’epoca dei due Bellotti, è molto probabile ch’essi non fosser che una sola persona ; benchè paia strano che il Bartoli quasi contemporaneo, il quale tanto disse dell’andata a Dresda della Bastona, del D’Arbes e di altri, non abbia accennato nemmen di volo, a’viaggi di questo, che pur chiama famoso, di cui parla fuggevolmente come di sconosciuto….
Di lui si contan parecchi aneddoti, tra'quali questo che dà un’idea ben chiara del suo cervello.
Il Richiedei ne'suoi Fiati d’Euterpe (Venezia, Sarzina, 1635) ha in lode di lei, rappresentante Arlanda condotta in trionfo da Papiro, questo SONETTO Spiega sul gran Teatro i suoi martiri questa del mio martir ministra atroce, nè spira accento pur, nè forma voce che amor non formi, e crudeltà non spiri.
Ma questo freno che apparentemente avrebbe dovuto inceppar l’attività degl’ingegni, in tutti i teatri che conosciamo bene, ha prodotto felicemente un effetto assai diverso; perocché in cambio di trattenere il volo delle fantasie de’ poeti, la legge gli ha costretti ad uscir dell’uniformità, a spianarsi nuove strade, ed a rendere il teatro più vago, più vario, e più delicato. Ed é questo il quarto fatto rimarchevole che troveremo avverato in tutti i teatri europei; e dall’analogia delle idee siamo portati a conchiudere, che troveremmo l’istesso parimente presto gli orientali e presso il peruviano, se gli storici e i viaggiatori, da’ quali soltanto possiamo instruirci della legislazione e poesia di tali regioni, si fossero avvisati di riguardarli nell’istesso punto di vista che qui presentiamo.
Da questo editto nacque la Mezzana. […] Suida ci dice che questo comico portò la prima volta sulle scene le avventure amorose e le vergini deflorate, le qu ali cose si rappresentarono con frequenza nella commedia nuova da cui passarono alla latinaa.
Declinando dal settentrione e dando uno sguardo a Costantinopoli ad oggetto di lasciar tutto l’ultimo tomo a’ teatri dell’Italia e delle Spagne, termineremo questo libro con un saggio de’ progressi della coltura della Turchia e della commedia che vi si rappresenta. […] All’amore della storia debbesi la beneficenza usata da questo principe con uno storico Italiano.
Delle poesie di lei vider la luce alcune Poesie musicali composte in diversi tempi, aggiunte alla prima edizione dell’Inganno fortunato, e una raccolta di rime, intitolata : Rifiuti di Pindo, edita in Parigi nel 1666, in 12°, sotto’l nome di Aurelia Fedeli, a proposito del quale si levaron dispute e contese fra’letterati : quello sostenendo che fu per semplice error di proto stampato Fedeli e non Fedele, cioè Aurelia, comica fedele ; questo immaginando che il nome di Fedeli sia quello d’un secondo marito, dovendosi escludere l’error del proto, il quale sarebbe stato continuato da lei e dal figlio di lei, che nelle sue liriche indirizza una poesia a Brigida Fedeli sua madre, a cui tien dietro subito la risposta della signora Brigida Fedeli, madre dell’autore. […] Inoltre : non parrebbe strano davvero che il Campardon e il Ial, solleciti raccoglitori di documenti, questi anzi tutto, non abbian accennato in alcun modo nè men di volo a questo Fedeli, italiano, venuto a Parigi non si sa d’onde nè quando ?
Luigi XIV che se n’accorse, volto al direttore di tavola : — Date – disse – questo piatto a Dominique…. […] lli Parfait, e Biblioteca de l’Opera di Parigi, che conserva lo Scenario intero trascritto da Gueullette) non ne è indizio certo ; e questo sembrò anche agli stessi Parfait.
A questo si aggiunge l’elenco per l’autunno 1795 e carnovale 1796, nella quale stagione la Compagnia era al S.
E questo stornello segnato col nome di Tito Vespasiano, sotto il quale si nascondeva il caldo poeta livornese Braccio Bracci.
Per questo forse la sua carriera, che fu lenta fino all’entrata in Compagnia di Calloud e Diligenti nel 1872 come primo attore a vicenda col Diligenti (era stato quattr'anni primo attor giovine in quella di Peracchi), diventò poi rapidissima, affermandosi egli, un anno dopo, primo attore assoluto nella Compagnia N. 1 di Bellotti-Bon, l’aspirazione suprema dei giovani artisti, al fianco di Adelaide Tessero.
Non è proprio di questo luogo, e nemmeno del mio debole ingegno il diffondermi circa un argomento, che richiederebbe più tempo, e penna più maestrevole. […] Il meraviglioso, che in questo s’introdusse nel secolo scorso, fu di due sorti, la mitologia degli antichi, e le fate, gl’incantesimi, i geni con tutto l’altro apparato favoloso, cui io darei il nome di mitologia moderna. […] A questo fine era lor d’uopo farsi creder dal volgo superiori agli altri nella scienza e nella possanza, ritrovando una tal arte che supponesse una segreta comunicazione tra il mondo invisibile e il nostro, e della quale essi ne fossero esclusivamente i possessori. […] Ed ecco il perché fin dal principio di rado o non mai venne sola la musica, ma quasi sempre accompagnossi colla pompa, colla decorazione e collo spettacolo ne’ canti carnascialeschi, nelle pubbliche feste e ne’ tornei: benché tristo compenso dovea riputarsi questo nella mancanza d’espressione e di vera melodia. […] Rousseau, volendo schivare questo difetto, non ha introdotto nella Novella Eloisa alcun carattere malvagio.
Qual è più degna impresa dell’animo, tollerare i colpi penetranti dell’avversa fortuna, ovvero opporsi fortemente a questo torrente di calamità? […] Ciò vedendo Ofelia dice ad Amlet, che è questo? […] A questo punto il re Danese commosso e colpito dice ad Amlet: “Re. Ti sei bene informato dell’azione di questo dramma? […] Ma questo gran tragico studiando la natura mancò di giudizio nell’imitare ciò che nelle società si riprenderebbe.
Tanta pompa di metri lirici, tante macchine, tanti cori, ci mostrano l’opera nascente al tempo del Rinuccini, benchè da questo Fiorentino rimanesse il Savonese superato per interesse e per affetto. […] Le Nazioni settentrionali aliene da questo obbrobrio in ogni tempo, nel venire a dominare ne’ paesi occidentali del Romano Impero, non poterono comunicar loro ciò che esse detestavano o felicemente ignoravano. […] Ma questo letterato parlandoci di eunuchi sostituiti alle cantatrici nel dramma riferito non mostra che gli spettatori se ne fossero maravigliati, nè scrive di essersi proposto quel cambio come novità. […] In questo periodo adunque l’opera italiana contrasse coll’umanità il demerito di aver tolto ogni orrore alla castrazione, facendo assaporare e premiando esorbitantemente l’artificiale squisitezza delle voci. […] La memoria di questo spettacolo ci è pervenuta per una bella dipintura che ne fece il famoso pittore napoletano Domenico Gargiulo detto Micco Spataro.
Con questo intento compose più tragedie, tralle quali si distinguono Edoardo III, Riccardo III, ed Atreo e Tieste. […] In prima egli non istimò composizione di Lessing l’Emilia Gallotti che egli non senza ragione disprezza per le bassezze e le assurdità; ma io credo piuttosto all’alemanno Federigo II il grande, il quale diceva che egli avrebbe stimato più questo scrittore, se non avesse composta Emilia Gallotti. […] Egli stesso questo coronato capitano, filosofo e poeta volle calzare una volta il comico borzacchino colla sua Ecole du monde commedia scritta in prosa francese in tre atti pubblicata tralle di lui opere postume sotto il nome di m. […] Il re quasi appena asceso al trono tra i travagli e le spese della guerra volle dedicare questo monumento al gusto della musica e delle arti, e vi chiamò con molta spesa gli attori musici dall’Italia, e la compagnia de’ balli da Parigi. […] Le arti fioriscono sotto questo cielo senza premii ed incoraggimenti brillanti, senza le statue di Parigi, senza le pensioni di Pietroburgo, senza gli onori di Londra, senaz… anzi…
Dice il Beltrame Barbieri : Morì dieci anni sono il Capitan Rinoceronte nostro compagno, e gli trovammo un asprissimo cilicio in letto : e pur recitava ogni giorno : par veramente che contrasti cilicio e comedia : penitenza e trastullo ; mortificazione e giocondità ; ma non è strano a tutti chè molti sanno benissimo che l’uomo può star allegro e anche far penitenza de’ suoi peccati…… E il Padre Ottonelli in quella parte della sua Cristiana moderazione del Teatro (Firenze, Bonardi, 1652) che tratta delle Ammonizioni a’ Recitanti : Voglio aggiungere intorno al nominato Capitano Rinoceronte quel poco che da un prudente e dotto padre spirituale, e teologo della compagnia di Gesù mi fu detto in Fiorenza l’anno 1645 a’ 25 di giugno ; e fu questo.
Per quante ricerche fatte, non mi è riuscito di aver notizia su questo comico, tranne la lettera seguente, che traggo dall’Archivio di Modena : Ser.
Che razza di vigilanza e di cura avesse delle cittadine questo strano funzionario, lo abbiamo visto ; ma quello che ci ha fatto vera sorpresa, si è che il Governatore gli dette ragione, e ne scrisse al Podestà in questi termini : 1636, ai 5 di giugno.
Scrisse questo comico alcune regole per acconciamente rappresentare in teatro le azioni umane e le persone d’ogni sorta. » Dei viaggi del Verato in Francia non si hanno, ch'io sappia, non che prove, traccie di sorta.
Iacopo Crescini le dedicò nella Galleria dé più rinomati attori drammatici italiani questo SONETTO Ti udiva, o Donna, e si pendeva attento, e mi stemprava di dolcezza tanto, de' tuoi labri amorosi al caro accento nell’arte di cui tieni il primo vanto, che ancor rapita in estasi mi sento l’alma non sazia del gradito incanto, ancor dagli occhi, se'l tuo duol rammento, involontario mi discorre il pianto.
Permettete, o Padre, che io consacri questo mudhacu, i cui fiori rosseggianti fanno comparire questi boschi tutti di fuoco» «Can. […] Convien confessare che questo innocente, semplice, patetico congedo, desti in chi legge una tenera commozione; e pur d’altro non si tratta che di prender commiato da un cavriuolo. […] Conchiudendo questo capo non vo’ tralasciare di riferire che gli Orientali hanno da gran tempo coltivati i balli pantomimici.
Vedrà per se questo supremo giudice, se nel 1777 siasene portato un moderato giudizio, e se dovea rincrescere al moderno bibliografo. […] N’era questo il tempo? […] Una nobile ingenuità avrebbe accresciuto il di lui merito di aver abbellito questo colpo con nuove acconce espressioni. […] Intanto l’anzilodato bibliografo ha voluto rimproverarmi questo grave errore nel ribattere il mio sentimento sulla Numancia. […] Con pace di questo letterato ch’io pregio, io veggo troppa distanza tralla Sofonisba e la Nise, e tra il Bermudez e ’l Trissino.
Declinando dal settentrione e dando uno sguardo a Costantinopoli (ad oggetto di lasciar le ultime pennellate di questa istoria al teatro Italiano) termineremo questo libro IX, dopo un breve saggio sul grado di coltura della Turchia Europea e della commedia che vi si rappresenta, con descrivere il teatro Spagnuolo degli ultimi tempi. […] Al l’amore della storia debbesi la beneficenza usata da questo principe con uno storico italiano.
Nè solamente a Firenze gli accadde di dover cedere alle insistenze del pubblico, e replicar sul momento or questo, ora quel brano, chè anche la narrazione di Pilade dovè replicare immediatamente « siccome un pezzo applauditissimo di scelta musica — com’egli ci avverte — nelle scene illustri di Ferrara, di Siena, di Pavia, di Torino, di Bologna. » Fu il 1811 nominato Professore di declamazione e d’arte teatrale nella Accademia di belle arti a Firenze, e vi stampò nel 1832 un corso di lezioni, corredando la duodecima, dei gesti, di quaranta tipi che rappresentano l’attore ne'momenti più importanti della sua arte, e di cui do qui dietro un piccol saggio. […] M. il re di Sardegna, e non temo d’errare se dico, che questo tragico attore era l’attore di genio ; il suo difetto nell’analisi dei caratteri traspariva nelle particolarità, non nel tutto ; e se talvolta deviava dalla retta declamazione, e si abbandonava a conati troppo più violenti del bisognevole, era meno per mancanza d’intelligenza, e d’arte, che per la foga di strappare al pubblico que'clamorosi applausi, che lo inebriavano, e di che era quasi sempre padrone.
Nivelle de la Chaussèe nato in Parigi l’anno 1691 e morto nel 1754 maneggiò questo genere qualche volta felicemente. […] Da questo passo si scorge che il Palissot e il Collè compresero la differenza che passa tralla commedia tenera e la lagrimante. […] Egli prevede che da questo matrimonio nasceranno Des pièces de thèatre et des rares enfans. […] Possiamo chiamare il capo d’opera di questo autore la commedia les Fausses Confidences, che ha un piano romanzesco, ma un colorito pieno d’arte. […] Raccolto questo fanciullo che mostrava di contar nove o dieci anni di vita fu condotto alla scuola dell’Abate.
Scorgesi certamente in questo giuoco una semplicità regolare di un fatto drammatico; ma esso non passa più innanzi delle danze Messicane e de’ balli delle tribù selvagge.
Da questo punto, si può dire, comincia la realizzazione del sogno artistico di Giuseppe Bracci.
ma di concederli questo fauore che della gratia &.
Allettata da questa, in me rinasce Vigor novello a scior la voce estrema, Che spiega a Voi d’un grato core i sensi : Parte di questo cor con Voi qui lascio ; E parte meco traggo, in cui scolpita Sta l’immagine vostra, che giammai Cancellar potrà 'l tempo, che giammai Sparger d’oblio, che mai…. ma tronca i detti Un doloroso, e fra i sospiri espresso, Non dal labbro, dal cor ultimo addio.
S’asserisce ch’ei precedesse a tutti nell’uso degli strumenti musicali chiamati polipettri, quali sono il clavicembalo, la spinetta, il clavicordio, e più altri di questo genere; ma da nessun monumento si ricava aver egli fabbricato o inventato altro strumento che è una spezie di monocordo armonico, come egli stesso ne fa fede nel suo Micrologo 27. […] Tutt’erano d’ugual valore in quanto alla durata, né ricevevano a questo riguardo altra diversità che quella delle sillabe lunghe o brevi del linguaggio a cui s’applicavano. […] Altre varietà s’introdussero prima, e poi, che non a breve saggio come questo è, ma a più lunga storia si convengono. […] Il Pentateuco mio questo è alla fè.» […] Lascio giudicare a chi è qualche cosa di più ch’erudito se questo mio sentimento debba chiamarsi una profanazione del sacro nome della filosofia, e non piuttosto una proposizione verissima appoggiata sulla cognizione dell’uomo, sulla lettura riflessa della storia, e sulla quotidiana esperienza.
Così avesse il Cornelio seguito questo modello italiano nel punto di maggiore importanza, cioè nell’interessar l’uditorio a favore del vittorioso Orazio. […] Nondimeno questo desiderato vero effetto della tragedia, che in tal favola in verun conto si produce, vien compensato dal nobile perdono di Augusto quanto meno atteso tanto più accetto. […] Nel Sertorio si prefisse di mostrare un modello di politica e di perizia militare, e vi si nota più di un tratto nobile, come questo, Rome n’est plus dans Rome, elle est toute où je suis, che forse ebbe presente il Metastasio nel far dire a Catone, Son Roma i fidi miei, Roma son io. […] Aggiungiamo su questo insigne tragico nato in Fertè-Milon nel dicembre del 1639 e morto in Parigi nell’aprile del 1699, che lasciò tralle sue carte il piano di una Ifigenia in Tauride, dal quale apparisce che egli prima di mettere in versi una tragedia, formatone il piano ne disponeva in prosa tutte le scene sino alla fine senza scriverne un verso, dopo di che diceva di averla terminata; e non avea torto. […] La storia ci obbliga tratto tratto a discostarci da questo valoroso esgesuita che per tanti altri pregi merita la nostra stima.
Da questo punto comincia la fortuna di Cesare Rossi, e la sua vita artistica gloriosa. […] Venga qua : si lasci fare : le metto questa parrucca grigia : poi questo giubbone ; poi prenda : metta questo cravattone : prenda questa canna nella destra : questo cappellone nella sinistra : si guardi di nuovo allo specchio : e veda che bel caratterista promiscuo che è lei !
Questo a giustificazione dell’aver messo qui e non alla lettera M le notizie di questo comico.
che era probabilmente quello della servetta ; nome assunto, pare, la prima volta per questo ruolo, dall’Antonella Bajardi, una delle serve de’Gelosi, come la Franceschina, l’Ortensia, l’Olivetta, la Nespola.
Bendinelli Giacinto detto Valerio, nacque a Modena da Luca Bendinelli e da Francesca Sennasoni (o Scavasoni : la lettura di questo nome è alquanto incerta).
Il signor Di Pelletier preluse alla commedia nella stampa con questo madrigale : Que puis-je dire icy de ce petit Ouvrage, sinon qu’il m’a trompé dès la première page, et je le regardois avec quelque froideur ; mais après l’avoir leu hautement je proteste, que dans le titre seul on trouve la laideur, et qu’une Beauté eclatte en tout le reste.
Accanto a queste vocali strascicate, altre ne proferiva scivolate, guizzate, salterellate…. nè questo accadeva per la volata incettatrice di applauso, come, ad esempio, nella Orfanella di Lowood, se ben ricordo, in cui colla frase « ed anche i cani delle reggïe muteee van rispetttati (alzata massima di tono, con immediato ruzzolamento delle parole che seguono) perchè portano sul collare una corona reale, » strappava i più calorosi applausi ; ma per le scene piane, nelle quali poi il difetto era più palese.
E questo bel tipo di artista vera, forse più unico che raro nel suo genere, che tutti dicevan creato a posta pel teatro, si fermò ben poco sulle tavole del palcoscenico.
A questo comico è accennato nella seguente lettera interessantissima al Duca di Modena che traggo da quell’ Archivio di Stato.
Io ho uoluto dar questo motiuo à Vostra altezza in segno dall’ottima volontà mia, che professo di caminaretrà di noi con ogni uicendeuole et affettuosa corrispondenza…..
però sarete contento di cominciare a disporre la signora Flavia, a ciò la venga a questo servicio, et se lei si scusasse con dire che gli è malsana, ditegli che li farete dare delle medicine soave, chè la guarirà, et se lei dicesse che non li piace le medicine per esser dolce, ditegli che glie ne darete di brusche, essendo che a lei gli piace più il brusco che il dolce.
Dato in Modena dal Nostro Ducal Palazzo questo di 16 xmbre 1753.
Finalmente la signora Rosina Romagnoli, già in questo carattere iniziata nella Compagnia Perotti, spiegò tutto il suo valore nella Compagnia drammatica di SS.
E tutti poi avrebbero religiosamente taciuto questo gran segreto di stato? […] Che pianto è questo tuo? […] Venere stessa vi fa il prologo, e ne accenna l’argomento: Miracol novo a fare or m’apparecchio In questo istesso loco. […] Ma questo Tirsi è appunto il medesimo pastorello che col nome di Credulo ella disdegna, e Amarilli è quella stessa Licori pianta da Tirsi per morta. […] Ode poi Silvano che questo suo amico favorisce in di lui pregiudizio Dameta presso Laurinia, e credendolo traditore ne ordina la morte ad un servo, il quale finge di averlo ucciso.
Così avesse Cornelio seguito questo modello italiano nel più importante punto, cioè nell’ interessar l’uditorio a favore del vincitore Orazio. […] Nondimeno questo vero effetto della tragedia che in tal favola in niun conto si produce, vien compensato dal nobil perdono di Augusto quanto meno atteso tanto più accetto. […] Ludovico Dolce, come accennammo, servì d’esempio a’ Francesi ed agli Spagnuoli nel portar sulla scena questo argomento. […] Palissot, ne sono essi divenuti ridicoli; or che diremo di certi ultimi Italiani che hanno portato al colmo questo difetto? […] La storia ci obbliga tratto tratto a discostarci da questo eccellente scrittore che per tanti altri pregi merita la nostra stima.
Si trova questo nella sua descrizione de’ Paesi Bassi stampata in Anversa l’anno 1567. […] Dunque a saziar la fame Nati sarem di questo mostro infame? […] Ma l’autore di questo libricciuolo, il quale, benché comparisca anonimo, fu lavoro d’un certo Avvocato Macchiavelli celebre nella sua patria per le sue letterarie imposture, ci vieta di contar molto sulla sua asserzione. […] [NdA] Un moderno scrittore, cui non nomino, mi fa a questo luogo parecchie accuse, tutte concludenti ad un modo. […] Quale spirito muove adunque questo scrittore qualora mi fa dire ciò che non ho mai sognato di dire, e qualora m’intenta un processo per aver detto ciò che dice egli stesso dietro a una folla di scrittori i più accreditati?
L’Italia ha perduto uno de’ più zelanti suoi difensori letterati e l’autore della presente storia il suo antico verace amico in questo valentuomo nativo di Marzano in provincia di Terra di Lavoro mancato di vivere in età di circa anni sessanta il dì 16 di novembre del passato anno 1788; e perciò in questo e ne’ due ultimi volumi saranno più scarse le di lui note.
A questo fu da quel capocomico affidata per la sua educazione teatrale ; e fra un ammaestramento e l’altro, trovaron modo di comprendersi a vicenda, tanto che a’ progressi nell’arte andaron di pari passo i progressi nell’amore : la Teodora si presentò al pubblico genovese nell’autunno dello stesso anno come artista provetta, e nell’autunno dello stesso anno divenne la moglie di Francesco Bartoli. […] A questo punto lascio il Bartoli per ricorrere alla fonte del Conte Carlo Gozzi, il protettore della Compagnia, che nelle sue memorie inutili molto parlò, e fors’anche troppo, della nostra artista.
Cecilia di Roma Anna Job Carolina Santecchi Annetta Ristori Annunziata Glech Virginia Santi Regina Laboranti Margherita Santi Fanny Coltellini Teresina Chiari Geltrude Chiari ATTORI Luigi Domeniconi Gaetano Coltellini Amilcare Belotti Gaspare Pieri Achille Job Ignazio Laboranti Carlo Santi Carlo Zannini Tommaso Salvini Lorenzo Piccinini Giacomo Glech Antonio Stacchini Giovanni Chiari Luigi Santecchi Giorgio Zannini Luigi Cavrara I molti debiti lasciati colla malaugurata azienda delle due compagnie, saldò interamente in questo quadriennio ; e sostenuto dalla fama che s’era meritamente acquistata di galantuomo, continuò a condur compagnie, in cui militaron sempre i più forti artisti del momento, sino al triennio ’61-’62-’63 che fu per lui costantemente e fatalmente rovinoso. […] E di questo commento sapeva così ben convincere con larghezza di parole e con evidenza di ragioni i suoi scritturati, che, se atti ad accoglierne l’intendimento artistico, non potevan che riuscir di onore alto al maestro.
Forse fu questo di Tiberio un nome assunto più tardi ? […] Non può questo avvalorar l’idea che il Matamore, di cui abbiam già il tipo nel 1616 nella Illusion di Corneille, sia qui personaggio di compagnia francese ?
… » E dopo qualche giorno, il 22 nov. 1893, morì ; e io nulla ho più da aggiungere, ubbidiente e devoto all’amico, al padre, al protettore e difensore mio ; ma voglio qui, in questo libro, ov'è trasfusa tanta parte di me, chiudere i cenni della vita di Carlo Lollio con una parola : gratitudine ! […] Mad. s’io vo dal patrone, volete ch'io mi leui di questo letto, o pure ho d’andarui cosi ignudo : horsu apritimi la porta, e fatemi lume, che gli è vn giorno di notte, che par di mezzo Agosto. o bel solaio alla sala del mio patrone ; ho patrona dite al messere, che non voglio leuarmi.
Duca di Mantoa, et di sua mano scrisse questo Madrigale in fronte dell’opera. […] lxvi Rubò Prometeo il foco À le ruote del Sole, Per farne parte a la mondana prole ; Rapì Tantalo a Gioue Il Nettare, e l’Ambrosia ; ma toglieste Gli alti concenti, e l’armonia celeste Voi Madonna a le Stelle, et a le noue Sfere superne ; e'l furto riteneste Dentro le labra : nè per questo sete Con fame eterna, e con perpetua sete Punita ne l’inferno, o nel Caucaso, Ma fatta habitatrice di Parnaso.
Il solo scrivere questo nome mi mette il buon umore e mi rifà il sangue. […] Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina.
Egli però ignorando i punti del dialogo più opportuni per le arie, ed altri pezzi musicali, nè sa valersene a rendere meno ristucchevole il recitativo, nè sa con questo interromperne la frequenza, ed evitar la sazietà che si produce anche coll’armonia quando è perenne. […] Si aggiugne un’ altra aria di paragone di un fresco rio , che coll’ umor frio feconda le piante, ma se poi è trattenuto da un pantano vil altivo , questo rivo annega quanto incontra. […] Ma questo spettacolo veramente reale, cui si ammettevano gli spettatori senza pagarne l’entrata, terminò colla vita della regina Barbara e di Ferdinando VI.
Alcuni altri dotti hanno rimproverato ad Eschilo uno stile gonfio, e troppo ardito; ma questo rimprovero dovea farsi, al dire del dotto e giudizioso Ab. […] Da questo passo di M. […] Platone per mostrare più particolarmente la stima, ch’egli faceva di questo poeta, gli diede il miglior luogo nel suo Convito, ch’è uno de’ suoi più belli dialoghi, e mette sotto il di lui nome il bel discorso, ch’egli fa dell’amore, dando con ciò ad intendere che Aristofane era il solo che potesse con vaghezza e diletto parlare di questa passione.
VII dell’Origini Italiche, e sostenuto da altri nostri valentuomini di questo secolo. […] II, c. 10 de suoi Saggi, parlando di questo elegantissimo comico Latino, ebbe a dire: les perfections & les beautès de sa façon de dire, nous font perdre l’appetit de son subjet. […] Orazio, giudiciosissimo poeta e precettore (scrive Anton Maria Salvini) rende ragione, perchè i Comici Latini non abbiano aggiunto all’ eccellenza de’ Greci, zoppicando in questa parte la commedia Latina, per usare in questo proposito la frase di Quintiliano, uomo di squisito giudicio, seguito in ciò dal Poliziano nell’erudita Selva de’ poeti, dice, che di questa infericrità n’è cagione, che i Latini non hanno amata la fatica della lima, e stati sono impazienti d’indugio, mandando fuori troppo frettolosamente i lor parti, ne’ quali più ingegno che studio si scorge.
Fu questo poi vietato con un Senatoconsulto; ma sembra che il divieto fosse andato indi in disuso, trovandosi appresso trasgredito. […] Andò questo mimo cavaliere dopo la rappresentazione a prender luogo tra gli altri della sua classe, e si abbattè in Cicerone, il quale mostrandosi imbarazzato diceva non potergliene dar molto a cagione della gran folla che vi era, alludendo al gran numero di senatori e cavalieri creati da Cesare. […] Di questo liberto sono a noi pervenute alcune centinaja di versi, i quali contengono eccellenti sentenze e insegnamenti per la vita civile, e l’eleganza che vi si ammira ci rende molesta la perdita delle intere sue favolette. […] Orazio chiamò anche Cantor questo gregge o caterva, perchè cantando e sonando chiedeva al popolo il favore dell’applauso: Et usque Sessuri, donec Cantor, vos plaudite, dicat.
» Per dare un’idea di questo scenario, il primo della serie Biancolelli tradotta dal Gueullette e pubblicata dai fratelli Parfait, (Histoire de l’ancien Théâtre italien, etc.
I, 33-1131) della Riccardiana di Firenze, trovasi aggiunto in fine questo sonetto (gentilmente comunicatomi dal bibliotecario Sig.
Sposò il comico Zanerini, poi in seconde nozze il maestro di musica Baccelli, sotto il qual nome fu già collocata in questo dizionario (V.).
Pochi conoscon forse questo nome, ma dite Giancola e vedrete gli avanzi di tutta una generazione batter le mani, atteggiarsi a un sorriso di gioja e rammentare il beato tempo che fu, quando tutti gli affanni della vita, e non ve n’eran molti allora, tutte le noje, tutte le malinconie svanivano a una frase, e ad una mossa del non superato Giancola.
Dell’arte del Diligenti non serbo memoria che di questo momento : la recita del Nerone.
E giacchè siamo in questo proposito fie bene sapersi, che la vera fisonomia del Pulcinella, non è già quella delle ordinarie maschere, che si veggono per Napoli in tempo di Carnevale con gran nasi, ma bensì il ritratto particolare di Uom grossolano, che fu dell’Acerra, Città otto miglia discosta da Napoli.
In questo frattempo, il capocomico Pietro Rossi offrì la propria figliuola in moglie al Perelli, che andò a sposarla a Gorizia sul finir del carnovale '77, restando poi col suocero tutto il '78, e assumendo l’impresa e la direzione della Compagnia l’anno successivo, in cui il Rossi avea abbandonato l’arte.
Da una testa di questo calibro si può immaginare com’erano regolati bene gli affari….
Fra i tanti miracoli compiuti dal Salsilli nell’arte sua, va segnalato questo : di aver suggerito dell’ '84 in Compagnia Nazionale, un po' a memoria e un po' improvvisando, con poche parti principali in mano, il Cuore ed Arte di Leone Fortis, al Teatro Gerbino di Torino, essendo stato involato il manoscritto, nuova riduzione dell’autore, sul punto di alzarsi il sipario ; e Paolo Ferrari, direttore della Compagnia, ignaro della cosa, si meravigliò, venuto più tardi in teatro, della esattezza e rapidità di esecuzione.
Il Goldoni aggiunge che trovasi nel quarto volume delle sue commedie (ediz. veneta del Pasquali) : errore questo, sul quale non ricordo di aver letto correzioni.
Il Saggio sopra l’opera in musica è dunque frutto di questo periodo di fervore intellettuale e nasce da una conoscenza diretta della messinscena operistica legata alla collaborazione con i teatri delle corti europee dove Algarotti aveva soggiornato. […] Le riserve nei confronti del teatro impresariale, che domina il quadro italiano in misura maggiore rispetto a quanto avviene in Europa dove il teatro musicale è sostanzialmente spettacolo cortigiano, sono presenti in misura maggiore in questo Saggio scritto anni dopo il ritorno in Italia dell’autore. […] Per ottenere questo scopo Algarotti raffina la sua scrittura, inserisce esempi e dettagli e nella redazione ulteriore del 1764, quasi uguale a quella precedente, correda il testo con un apparato di note d’autore più sviluppato. […] A questo scopo Algarotti utilizza due strategie; da un lato considera nel dettaglio le singole problematiche articolate nei diversi paragrafi e dall’altro cerca di approdare a dei quadri teorici riassuntivi che funzionino da linee guida per costruire l’opera riformata del futuro. […] Cfr. su questo aspetto A.
A questo punto, pare a me, comincia la celebrità vera del Bellotti, che seppe di punto in bianco alla grandezza dell’attore unire la grandezza del capocomico e più specialmente del direttore ; chè, come tale, fu da’ fratelli d’arte proclamato primo fra’ primi. […] A questo punto l’entusiasmo del pubblico era al colmo, e scoppi continuati di ilarità accoglievano poi per tutta la sera le parole di quel personaggio incarnato da Bellotti con tanta finezza, con tanta intelligenza…. e con tanta verità….
A questo erami dunque la tua maravigliosa arte serbata, questo voleva il mio destin, che tutto l’amaro e il dolce, in che passai la vita, « quand’era in parte altr'uom da quel ch'i' sono ; » tutto m’avesse a ribollir nel petto, e traboccarmi in lagrime dagli occhi ; e me da me diviso, e in te pendente confondermi con teco ?
(Vedasi per questo il citato studio di Enrico Bevilacqua che analizza largamente e magistralmente le due opere). […] Comunque sia, tornando all’Andreini, senza tener troppo dal Maroncelli che alza iperbolicamente al cielo la forte creazione dell’ Adamo, senza tener troppo dal D’Ancona che lo stile dell’ Adamo chiama noioso documento di secentismo, a me pare che cose veramente belle e buone in questo vasto dramma non manchino. […] Adolfo Bartoli, citando nella sua dottissima introduzione agli Scenarj inediti della Commedia dell’Arte, certe oscenità che sono in bocca al Magnifico nella Ferinda dell’Andreini, aggiunge : « figurarsi quel che scrivevano gli altri, se lo scriver questo sembrava possibile al devoto (?) […] Di questa ci serviremo come breve esame alla fine di questo studio ; poichè se in alcune parti essa può parere il più bel pasticcio comico-drammatico-tragico-melodrammatico-mimo-danzante che sia mai stato visto sulla scena a chi piuttosto la guardi un po’ superficialmente, in altre, senza dubbio, dopo un’ accurata analisi si manifesta opera fortissima, ricca di originali bellezze. […] A questo avvertimento si aggiungono le note per le sinfonie e i mutamenti di scena a vista che dànno un’idea ben chiara di quanto l’Andreini fosse padrone degli effetti teatrali.
Re di Francia Henrico Secondo di questo nome fatta nella nobile et antiqua Città di Lyone a luy et a la sua serenissima consorte Chaterina alli 21 Septemb.
Il’48 troncò d’un colpo quei primi passi della sua carriera artistica ; ma tornato di Roma, e recitata in Montedomini la parte di Egherton nell’Orfanella della Svizzera con successo di applausi, determinò di darsi intero all’arte, scritturandosi con Lorenzo Cannelli, stenterello, e da questo passando con Raffaello Landini, stenterello anch’esso, col quale stette a recitare, prima a intervalli, poi (quaresima del’61 al ’63) stabilmente con sua moglie Cesira.
Secondo il Loehner, questo Antonio non è che il Lorenzo Bonaldi, marito di Colombina, di cui il Goldoni tenne a battesimo una figliuola (a Rimini il 16 luglio 1743). « Patrini fuere Dominus Carolus Goldoni ac Domina Angela Zanotti.
Se per poco questo pur giovane artista avesse potuto persuadersi nel principio della sua carriera che l’arte va coltivata con maggior cura e serietà, con indagini perseveranti, con profonde meditazioni, affinchè renda frutti maturi e prelibati, non ne raccoglierebbe degli scialbi ed acerbi.
Questi i principii di questo artista, che, passato poi nella Compagnia di Girolamo Medebach, col quale stette più anni, potè, al Sant’Angelo e al San Gio.
È questo un Prologo fatto da lui in occasione d’incominciare le sue recite in Bologna l’estate dell’anno 1624.
Io desidero cordialmente che questo teatro di cattivo gusto, e che non serve se non a corrompere il buono ed il vero, finisca una buona volta, e sien rinviati tutti codesti istrioni in Italia.
Varie rappresentazioni simili di questo regno di Napoli potremmo anche addurne in prova, se di più ne abbisognasse il nostro avviso.
re Commissario, quando lo creda, rivolgersi alle Autorità di quel paese per interessarle nella ulteriore trattativa di questo affare…………………… ………………………… Luini.
Nulla uguaglia la prontezza con cui egli cambia di costume e di maschera ; la sua perizia a questo proposito ha del prodigioso ; ma è tal pregio che finisce collo stancare….
Ebbe l’incontro di dover recitare colla Maddalena Battaglia poco dopo comparsa in Venezia, e con essa fece maggiormente spiccare il di lui valore, sostenendo la parte d’Arsace nella Semiramide di Monsieur di Voltaire, e l’Amleto nella Tragedia di questo nome di Monsieur Ducis ; ambe tradotte da peritissimi Scrittori.
A questo punto cessan le notizie che ne dà Fr.
Probabilmente questo sonetto fu scritto del ’72, un anno avanti la pubblicazione delle rime del Vestamigli, quando cioè l’Isola si trovava a recitare a Bologna con Angiola Isola, con la D’Orsi, i Broglia, Milanta, Cimadori, e Riccoboni.
qual dardo che dall’arco sortì, corre, e s’invola, e porta omai senza sentirne orrore tutta con sè di questo cor la pace.
Il padre morto, la madre da sostentare, gli affari che volgeano sempre più al peggio, la costrinsero ad abbracciar definitivamente il ruolo di vecchia, scritturandosi con Ermete Novelli, e passando poi con Pasta, la Tessero e la Giagnoni, con Paladini, con Pasta, Garzes, Reinach, con Pasta e la Tina Di Lorenzo, con Leigheb e la Reiter, con Pasta e la Reiter, e con la Reiter sola, colla quale è tuttavia e sarà fino al principio del prossimo triennio '906-07-08, pel quale è scritturata colla Compagnia Talli, Re Riccardi : questo il lungo stato di servizio di Ermenegilda Zucchini, o, come la chiamano con affettuoso accorcimento i compagni tutti, della Gilda, che le ha procurato per la probità e la fedeltà e lo zelo con cui l’ ha disimpegnato il più ampio certificato del pubblico padrome. « Vi pare che basti ?
Non avremmo noi quì ripetuto questo giudizio tanto vantaggioso al Caraccio, se un regnicolo pochi anni fa non avesse voluto asserire in una prefazione che lo stile di lui si risente dell’infelicità del suo tempo. […] Ma è questo forse un pensier falso?
Ecco come Carlo Goldoni ci descrive il primo colloquio avuto col D’Arbes a Pisa ; colloquio che ci dà un’idea ben chiara di questo bel tipo di comico. […] Il Medebac, nostro direttore, ha fatto cento leghe per dissotterrarmi ; non fo disonore ai parenti, al paese, alla professione, e senza vantarmi, o signore (dandosi in questo mentre un altro colpo sulla pancia) se è morto il Garelli è subentrato il D’Arbes.
Il materiale da adoprare era perciò già copioso, e a questo ha recato nuovo accrescimento il signor Rasi con proprie ricerche, specialmente d’archivio. […] Questo il valore vero dell’opera del Rasi – tanto diverso dai dizionari biografici consueti ; – questo il motivo per cui ogni biblioteca, anche privata, che si rispetti, dovrebbe contarla nel proprio elenco.
E nel chiostro della chiesa di Ognissanti ov’egli è sepolto, si legge su di una parete il seguente epitaffio, fatto da lui stesso incidere in marmo fin dal 1826 : Luigi Del Buono fui – che da vivente destinavo questo marmo – per soprapporsi alla mia fredda salma – presso quest’ara sacra alla gran vergine – in carità prego di recitare – il De Profundis e la seguente giaculatoria – in lode della nostra avvocata – Maria Santissima – che ciò sarà di sollievo all’anima mia – e di merito a quel devoto che la suffragherà. […] A ogni modo è certo che nè lo schizzo del Cannelli fatto dal vero dal De Goncourt, nè le intestature delle rappresentazioni alla Piazza Vecchia, stenterello il grande Amato Ricci (V.), nè lo stesso ritratto autentico di Luigi Del Buono, che l’Jarro pubblicherà quanto prima ci dànno un abbigliamento simile a questo.
A questo infatti, col mezzo del signor di Rohan suo cugino, allora in Firenze, fece, il 21 dicembre '99 da Parigi, l’invito formale di recarsi nel suo regno, promettendogli ogni buon trattamento : e l’invito fu accettato per la Pasqua vegnente, e il Duca Vincenzo I il 19 aprile raccomandava con ogni calore al Duca d’Aiguillon e al Duca di Nevers i suoi bonissimi recitanti. […] A questo tempo il Martinelli, che, avido com’ era, non lasciava nulla d’intentato pel mantenimento sollecito d’ogni promessa che gli veniva fatta, pubblicò un libro per ottenere dal Re e dalla Regina la promessa collana con medaglia d’oro, del quale il Baschet, alla cui opera magistrale più volte citata vo queste notizie attingendo, ha fatto un largo cenno, ma il quale per la sua curiosità e rarità, riporto qui per intero.
Quello è come in embrione; questo è spiegato in ogni sua parte e compito.
Voltaire negò questo in un luogo delle sue opere, e lo confessò in un altro con queste parole: Mairet fut le premier qui en imitant la Sophonisbe du Trissino introduisit la règle des trois unités.
O avevano caratteri falsi, o costumi caricati, o linguaggi balbuzienti, od illusioni difettose ; e questo doveva succedere ; perchè, affin ch’una donna sostenga bene tutte queste metamorfosi, converrebbe veramente che avesse in sè quella magìa che nell’opera le si suppone.
.°, et seràno di gusto, per quello che può essere in questo tempo, et forsi chi sa ?
) : Dopo Luigi Vestri e Luigi Taddei, questo attore fu il seguace più fedele della scuola del vero.
Ancora : del ’76 recitò a Roma, con grande successo, la parte di Elisabetta al fianco di Adelaide Ristori, Stuarda ; e, ritiratasi dalle scene, vi ricomparve al Teatro Nuovo di Napoli, il 1º febbraio del ’97 : questo lo stato di servizio dell’incomparabile artista.
Delle qualità della donna egli discorre così nella lettera dedicatoria : Quando dirò che una donna voi siete che fece onore al Teatro coll’abilità sua e col suo contegno ; che del medesimo nulla serbate, nell’ozio grato della vostra vita presente ; che alla vivezza dello spirito accoppiate la docilità del core, e alla finezza del discernimento l’indole di compatire ; che ne' divertimenti co' quali il secolo invita la freschezza della età vostra, mantenere sempre sapete la decenza muliebre, la eguaglianza de' modi, il tratto affabile, le maniere cortesi ; quando, ripeto, dirò tutto questo di Voi, non avrò dato che un saggio del vostro carattere, ma robusto di verità, mallevadori delle quali potranno farsi tutti quelli, che vi conoscono e trattano.
Dottore faceva la barba a Brighella, e questo cuciva la roba dell’ altro ; cosi aveva il comodo di star sempre vicino alla sua Bella.
Non sappiamo chi si nascondesse sotto questo nome, che era un po' della serva e un po' dell’amorosa ingenua, a vicenda con Franceschina, nella Compagnia di Flaminio Scala.
Sangaride gentil, de’ giorni tuoi Il più bel giorno è questo. […] È ver, ma a questo Che dividi con me, l’onor tu accoppj D’esser d’un gran regnante oggi consorte. […] questo è dolore!
I più scelti autori, la novità, il genere, la debita decenza, l’analogia delle decorazioni agli spettacoli daranno prova del rispetto che tutta la Compagnia nutre e professa a questo colto Pubblico, e si lusinga che gli intelligenti e benigni amatori della drammatica, una non dubbia prova accordare vorranno di loro bontà con dare contrassegni di aggradimento alle fatiche degli umili attori, non ad altro tutti aspirando che ad essere coperti col prezioso manto di un si valevole patrocinio. […] A render tutto ciò meno difficile, mio marito pensa partire per Parigi il 20 0 25 corrente, e, corredato di lettere commendatizie, interessare l’alta società a frequentare le rappresentazioni italiane, e proteggere questo esperimento. […] Di questo sono moralmente convinto.
Giacomo Giuliani, in data 23 gennaio 1606, che sta in fronte alla Donna costante, commedia di Raffaello Borghini, l’Amadei dice : facendo io ora ristampare la commedia chiamata la Donna costante, essendo questo uno de’frutti della mia professione, ecc.
L’apparire ch’egli fa più spesso in quelle di Francesco Cerlone, potrebbe dimostrar questo, che cioè, avendolo il Cerlone conosciuto da Pulcinella nella Cantina, ove appunto si recitarono le commedie cerloniane, lo ebbe in tanto conto da farlo chiamare al Nuovo, quando vi si rappresentassero cose sue.
L’umile Attore offre a questo Colto ed Illustre Pubblico in attestato di rispetto e della più alta considerazione, la presente Allegoria recitata soltanto dalla fu Compagnia Goldoni nell’ Anno 1815 giacchè a quella sola apparteneva.
Di questo ex attore intelligente, corretto, che per le parti di generico primario e di primo attore ebbe tanti schietti encomj dai giornali e dai pubblici nostri e forestieri, metto qui una nota autobiografica, la quale, nella sua modesta semplicità, rivela l’uomo e l’artista.
S. è addirato contro di lui, e piu d’ogn’altro un Nobile venetiano, che si trouaua in modena che haueua seguito lucilla moglie di Triuellino nella quale è fieramente inamorato, parti la mattina subito da modena questo Nobile cum mali pensieri uerso Ottauio, Che è quanto e sucesso sin’hora e ui sia di nouo, e faccio hum.ª et oseq.
A questo punto cessano le notizie di Antonio Riccoboni.
Il teatro latino perdé questo gran comico nel consolato di L. […] » Commosse a questo segno le passioni, la scena marcia piena di moto, e vigore. […] Or questo debbe con somma cura fuggirsi da’ poeti, perché lo spettatore che ha motivo d’ingannarsi sul di loro disegno, allorché si dispone a un oggetto, e ne vede poi maneggiato un altro, se ne vendica col disprezzo. […] Vi é moto, affetto, e robustezza senza veruna stravaganza in questo squarcio: Ant. […] Uno degli scrittori atellanari fu Pomponio Bolognese, il quale intitolò una sua commedia Pitone Gorgonio e Scaligero su Varrone pretende, che questo nome equivaglia a Manduco.
Sotto la denominazione di Misteri vengono parimente le Vite de’ Santi poste sul teatro francese in questo secolo. […] Il più volte mentovato signor Andres osa collocare in questo secolo ancora, e mettere in confronto dell’Orfeo vero dramma compiuto e rappresentato, la Celestina, dialogo, come confessa lo stesso Nasarre, lunghissimo e incapace di rappresentarsi , di cui il primo autore Rodrigo Cotta appena scrisse un atto solo de’ ventuno che n’ebbe nel seguente secolo per altra manoa.
Dopo doman me scade una cambial de 500 lire, e mi no so come far a pagarla ; e go paura che i me la protesta, e questo saria un bruto complimento per mi. […] Ma per aver tuto questo ghe vol el consentimento de sto pubblico e dei me boni veneziani tanto boni e cortesi con mi.
Or quale antidoto forniscono le stesse leggi contro questo lento veleno che serpeggia per le nazioni e le infetta? […] Anzi questo valoroso letterato si è compiaciuto di sostituire ad alcune sue prime note che rimanevano fuor di luogo nell’essersi la mia storia dilatata, altre non meno pregevoli, interessanti ed erudite. […] Finalmente nel rendere più copiosa la mia narrazione ho fatto resistenza alla piena che soprabbondava per non accedere i cinque volumi, temendo di stancar la gioventù cui ho consacrato questo lavoro.
E a questo proposito il pubblico di Firenze è forse più indietro di quel di Bergamo. […] So che ha scritto alla Santoni, alla Fusarini, perchè vorrebbe riunire molte brave donne e farle lavorare a vicenda, ma a questo non riuscirà : le conveniense ! […] Questo dettò le semplici norme a Colui che, del tuo plauso degno, architettò questo gentil disegno.
La sera dopo egli era al teatro in Mantova ; e lo Spinelli riferisce questo brano di lettera di Luigi Galafassi a suo padre Consigliere ducale : L'Imperatore disse che a Modena la Commedia era ottima, e quell’arlecchino molto vivace e bravo, e che una sua facezia gli sarebbe sempre stata impressa, ma che non voleua dirla. […] Infatti questo idolatrato eroe, non so se per superbia di vedersi arricchito, ovvero per timor di spacciare le sue buffonerie senza il costumato prezzo delli dieci quattrini, fa moltissimo il prezioso nella società, e ne riesce alquanto sciapito. […] Potrebbe adunque esser questo il ritratto suo, giacchè quel che parmi certo si è non trattarsi qui di una semplice imagine della maschera di arlecchino, ma di un vero e proprio ritratto.
ma mi levano la speranza di poterle far servitii che da quelle me disobleghe, così la grandezza dell’animo suo pronto sempre a compiacere i suoi servitori, me dà ardire di supplicarla di una gratia ; il che tanto più volentieri mi movo a fare, quanto che questo mi porgerà occasione di poterla di novo servire.
Dotato di una forza erculea, su di essa affidavasi per insolentire a dritto o a torto…… A questo carattere violento, irruento, dovè il Lombardi la più tragica delle morti, che il Colomberti ancora ci racconta ne' suoi particolari : Sentivasi egli una mattina indisposto di salute ; aveva ordinato un brodo, e tardando a riceverlo, si recò egli stesso in cucina dal cuoco, uomo già vecchio, e che da molti anni serviva nel palazzo della Principessa.
Il 23 marzo del 1848 un avviso di Alessandria, col quale invitava il pubblico a una accademia di declamazione e di canto a beneficio dell’attore Francesco Sterni, cominciava così : La sera di giovedi 23 marzo è sera per noi di beneficenza cittadina, e questo, piuttosto che un ricordo teatrale, è un ricordo comune della tacita e reciproca promessa che ci siam fatta di ritrovarsi tutti come ad un convegno desiderato.
questa che non ignora che ciò che si chiama buon-gusto non dipende che dalla conoscenza di questo bello?
., di tutto questo uengo accertata che V.
Il 1° luglio 1747 la giovane ballerina esordì come attrice nella commedia, scritta a posta per lei da suo padre, intitolata Le due sorelle rivali, trascinando poi il 18 settembre il pubblico all’entusiasmo come attrice e come ballerina nella commedia francese in un atto e in versi, Le tableaux, di Panard, il quale dettò allora questo grazioso madrigale : Objet de nos désirs dans l’âge le plus tendre, Camille, ne peut-on vous voir ou vous entendre sans éprouver les maux que l’amour fait souffrir ?
Quest’arte celeste questo sforzo portentoso dell’umano ingegno, impaziente d’ogni confine porta la contemplazione per tutta la natura, e facendo tesoro degli oggetti verì gli ordina nella fantasia, gli colora, gli adorna, gl’illeggiadrisce, e trasportando con viva imitazione l’evidenza del vero nella bellezza del finto, ne congegna l’armoniosa catena di vive immagini che mulcendo l’udito penetra negli arcani avvolgimenti del cuore umano, ed ammaestra dilettando. Con questo divino lavoro i primi savii Lino, Museo, Orfeo trassero gli uomini dagli spechi solinghi alle città, gli additarono un Ente supremo autore del tutto, gli appresero a venerarlo, ad amarlo e temerlo, ed ammantarono l’antica teologia con poetiche spoglie. […] È il poeta, è l’autore che col suo fuoco ispira l’anima nella sua favola; è quest’anima questo fuoco che dee passare agli attori e rendergli grandi ed originali; è Moliere che forma i Baron; è Voltaire che produce le Clairon.
Fu questo poi vietato con un Senatoconsulto; ma sembra che il divieto fosse andato in disuso, trovandosi appresso trasgredito. […] Andò questo mimo cavaliere dopo la rappresentazione a prender luogo tra gli altri della sua classe, e si abbattè in Cicerone, il quale mostrandosi imbarazzato diceva non potergliene dar molto, a cagione della gran folla che vi era, alludendo al gran numero di senatori e cavalieri creati da Cesare. […] Di questo liberto ci sono pervenute alcune centinaja di versi, i quali contengono eccellenti sentenze e insegnamenti per la vita civile, e la di loro eleganza ci rende molesta la perdita delle intere sue favolette.
Appartiene la prima al secondo lustro del secolo, ed in essa, oltre all’esser piaciuto all’autore di rimare con frequenza, non si vede il calore richiesto nelle sceniche poesie; ma ben si nota la semplicità dell’azione condotta coll’usata regolarità italica ed espressa colla grazia naturale di questo leggiadro poeta. […] Tre altre pescatorie di questo secolo furono l’Aci di Scipione Manzano impressa in Venezia nel 1600, l’Amaranta del Villifranchi del 1610, e la Dori d’Isabella Coreglia lucchese stampata in Napoli nel 1634.
Appartiene la prima al secondo lustro del secolo, ed in essa, oltre all’ esser piaciuto all’autore di rimare con frequenza, non si vede il calore richiesto nelle sceniche poesie; ma ben si nota la semplicità dell’azione condotta coll’ usata regolarità Italiana, ed espressa colla natural grazia di questo leggiadro poeta. […] Altre tre pescatorie di questo secolo furono l’Aci di Scipione Manzano impresso in Venezia nel 1600, l’Amaranta del Villifranchi del 1610, e la Dori d’Isabetta Coreglia Lucchese stampata in Napoli nel 1634.
E dall’Archivio di Milano (Presidenza Melzi, – Polizia, Carta 19), il conte Paglicci-Brozzi mi manda questa nota e questo sonetto : Ieri sera al teatro della Scala si riprodusse il Cincinnato, e non furono tralasciate le espressioni proibite dal Presidente Lucini : al terzo atto fu gettato dal loggione il sonetto del quale unisco copia. Assieme a questo per effetto di satira furon gettati dei fogli del libro dell’opera scaduta intitolata La schiava dei due padroni.
E però, imitando alcuni de' suoi grandi predecessori, fra cui primo il Coltellini famoso, egli ha aperto nella sua casa di Venezia un ricchissimo negozio di oggetti antichi, ai quali è già tanto affezionato, che tra' più gustosi aneddoti della sua vita è questo, che, venduto un orologio antico a un forestiero, tanto se ne accorò, che non potè riacquistar l’antica pace, se non quando con perdita non lieve ebbe recuperato l’oggetto. […] E se egli avesse continuato in quella via, il pubblico avrebbe visto, come la cosa più naturale di questo mondo, la parabola ascendente dell’artista generico per eccellenza, assistendo con soddisfazione al tramutarsi di Marecat in Shylock, di Francesco I in Amleto, di Mario Amari in Otello.
E questo mi par provi in quale stima fosse tenuto da S. […] Di questo mescolamento mi dà grande speranza Luigi Riccobuoni detto Lelio Comico, che con la sua brava Flaminia si è dato non solo ad ingentilire il costume pur troppo villano de' vostri Istrioni, col rendere l’ antico decoro alla comica professione, ma recitando insieme co'suoi compagni regolate e sode tragedie, le rappresenta con vivacità, e con fermezza conveniente ai soggetti, che tratta, dimodochè potete voi dargli il giusto titolo di vero Riformatore de' recitamenti Italiani.
A me, a dire il vero, non è riuscito di raccapezzarmi in questo nome di Adami, che trovo nel Sand, senz’altre indicazioni, seguito poi dall’Ademollo (op.
… Ella nacque e crebbe in un guittume di nuova specie : non in quel guittume generato dall’inerzia, dalla sudicieria, dalla mancanza di ogni senso d’arte (e questo può trovarsi in artisti di prim’ ordine) ; ma in quello generato dalle avversità e dall’ambiente.
Parecchie dame adottavano le mode francesi dopo averle viste in teatro da lei, e la mandavano a interrogare dalle loro sarte, per non esserle inferiori almeno da questo lato.
Meriterebbe egli un più lungo elogio, ma questo gli vien fatto da’ suoi proprj talenti, che sanno farsi distinguere dovunque ha egli sin ora avuta occasione di presentarsi.
Troncata così colla esistenza in Corte di Massimo Trojano, la esistenza della buona commedia dell’arte, e omai non potendo nè sapendo più la Corte rinunciarvi, si ricorse ipso facto a’ comici mercenarj ; e data da questo punto la sfilata numerosa e non mai interrotta degli artisti italiani, che a coppia a coppia, per solito (un Magnifico, o Pantalone, e uno Zanni, ossia : un padrone e un servo), si recarono a quella Corte per rallegrare co’ dialoghi, colle canzoncine, cogl’istrumenti, colle capriole, quegli alti personaggi che ne andavan per la gran gioia in visibilio.
r Antonio del denaro è non lo uoglia rimettere puole spedire il Padre Francesco doue io li ho scritto che non ui sarà pericolo, è questo sarà all’ hosteria di Cerese et l’ istesso Padre mi puol mandare auisare che anderò io in persona acciò sia sicuro à leuare il denaro che per uia denaro si cauerà fuori, La suplico per l’Amor di dio a far questa gratia acciò che possi fare le sante feste costì in Modena mentre per fine resto facendoli profondissima riuerenza.
Ma come ciò concorderebbe col bel candore decantato da Francesco Andreini in questo suo sonetto : Or che Delia è sparita, e 'l suo splendore inargenta altre selve ed altri colli, che fia di noi ?
Titiro e Montano cedon finalmente a' preghi delle ninfe, e quello diviene sposo di Ardelia e questo di Fiammella, e le due coppie abbracciate si riducono alle lor capanne.
E questo prova, mi pare, quanti e quanto grandi fossero i pregi suoi di artista.
Sotto la maschera dell’ Arlecchino egli sapeva strappare le lagrime, glorioso predecessore in questo del non men glorioso Petito (V.).
Per questo drammetto, o pettegolezzo amoroso in tre, Goldoni, la Passalacqua, Vitalba, nel quale il povero Goldoni non fa la più bella figura al mondo, vedi il mio monologo La Spigliatezza (Mil., 1888).
Senza ciò, come conciliare i talenti di questo letterato colle sentenze insuffistenti che pronunzia? […] Lo stile sobrio per la verità de’ sentimenti e dell’espressioni, ricco e copioso d’immagini e di maniere poetiche ammesse nel drammatico pastorale, appassionato ne’ punti principali della favola; la versificazione armoniosa di endecasillabi e settenarj alternati e rimati ad arbitrio; i caratteri di Basilio, Chiteria, Petronilla, Don-Chisciotte &c. ben sostenuti; la passione espressa con vivacità e naturalezza; lo scioglimento felicemente condotto sulle tracce dell’autor della Novella, l’azione che in ciascun atto dà sempre un passo verso la fine: tutto ciò raccomanda a’ contemporanei imparziali questo componimento, e l’avvicina alle buone pastorali italiane.
Opitz tratta di alzar questo teatro 287. […] Due drammi attinenti a questo secolo ivi. […] Solis e Moreto migliorano questo teatro 280.
Scorgesi certamente in questo giuoco una semplicità regolare di un fatto drammatico; ma esso non passa più innanzi delle danze messicane e de’ balli delle tribù selvagge.
Dopo il Cocalo ed il Pluto di Aristofane, e le favole de i di lui figliuoli vennero ad illustrar questo genere gli Apollodori, i Filemoni, Difilo, Demofilo, e più di ogni altro Menandro che divenne la delizia de’ filosofi.
Il suo Palamede ebbe molta voga, perchè la morte di questo Greco si applicava a quella di Olden-Barnevelt gran Pensionario della Repubblica.
Il suo Palamede ebbe voga perchè la morte di questo Greco si applicava a quella di Olden-Barnevelt gran pensionario della repubblica.
Gli artisti drammatici troveranno nel libro del Bazzi tutto quello che si può nel loro arringo imparare colla teoria associata alla pratica ; ma ciò che il Bazzi non potè dire con espressi insegnamenti e lasciò tuttavia non oscuramente raccomandato è questo : che le regole e le massime e gli esempi non giovano all’artista drammatico se prima egli non abbia pensato a istruirsi la mente, a educarsi l’animo, a ingentilirsi i costumi, a rendersi famigliare tutto ciò che è bello, che è grande, che è nobile, che è generoso, e, anch’esso cittadino d’Italia, abbia pensato a scaldarsi anch’esso al raggio del sole italiano.
Hora, già che il Cielo fè sortire à Supplicanti la fortuna d’esser ammessi à questo Serenissimo Seruiggio e porta l’accidente, che l’accennato Sito è proprio di V.
Avverrebbe in questo ciò che avvenne in Francia, quando, dopo gli arzigogoli spagnuoli che vi avevano lungo tempo sfigurato Talia, usci primamente la commedia di Molière costumata e naturale. […] [Nota d’autore n. 14] Lo scrittore del presente saggio possiede un grosso volume di disegni di questo autore, il quale mostra assai meglio quanto egli valesse, che non fanno tutte le invenzioni che vanno attorno di lui intagliate dal Buffagnotti e dall’Abbati.
Et a sua moglie essendo vecchia molto gli disdice il voler fingere una semplice fanciulla, essendo che a questo tempo la scena vuol la gioventù. […] E con questo fo fine ricomandandomegli di tutto cuore.
prologo da pantalone Se l’homo animal da do man (Magnifici, e Zenerosi Signori) è solo in questo mondo che vuol tegnir el mondo sotto de lù, e tutti i altri viuenti pi che sotto i piè, non desse alle volte in tel bestial noo ghe xe dubbio nigun chi el pareraue el padron de sta casa, el Principe de sta Republica, el Peota da sta Naue, el Monarca de sto Impero e l’anema de sto corpo : daspuò che el mondo xe vna Naue che altre volte se affondete in t’vn deluvio salvandose solo un battello. […] A ben sostenere la parte di Pantalone nella commedia a soggetto, il Perucci dà questo insegnamento : Chi rappresenta questa parte ha da avere perfetta la lingua veneziana, con i suoi dialetti, proverbi e vocaboli, facendo la parte d’un vecchio cadente, ma che voglia affettare la vioventù ; può premeditarsi qualche cosa per dirla nell’occasioni ; cioè, persuasioni al figlio, consigli a' Regnanti o Principi, maledizioni, saluti alla donna che ama, ed altre cosuccie a suo arbitrio, avvertendo che cavi la risata a suo tempo con la sodezza e gravità, rappresentando una persona matura, che tanto si fa ridicola, in quanto dovendo esser persona d’autorità e d’esempio e di avvertimento agli altri, colto dall’amore, fa cose da fanciullo, potendo dirsi : puer centum annorum, e la sua avarizia propria de'vecchi, viene superata da un vizio maggiore, ch'è l’Amore, a persona attempata tanto sconvenevole ; onde ben disse colui : A chi in Amor s’invecchia, oltre ogni pena si convengono i Ceppi e la catena.
Ella gli apparisce e gli fa il vaticinio prima de’ suoi errori, poscia della fondazione di un nuovo imperio: e in questo mezzo tra il fumo di Troia si vede nel fondo del teatro risplendere l’aureo Campidoglio; e seguita un coro degli dei e un ballo degli geni protettori di Roma.
Si è verificato questo suo avviso in alcun paese?
Tale già si confessa vinto da tua beltà questo mio core.
Se il solo merito dovesse essere premiato, l’umile e rispettosa Attrice conoscendosi spoglia di questo, non potrebbe sperare di ottenere i favori di un Pubblico tanto intelligente ; ma incoraggiata dai molteplici tratti di cortesia, con cui si vede seralmente onorata, essa osa invitare questa rispettabile Popolazione, ed inclita Guarnigione alla sua Beneficiata, che avrà luogo in detta sera.
Diventò direttore della Compagnia Guarna, poi di quella Ciarli, passando dal Carcano al Lentasio, e da questo alla Stadera, per metter finalmente il piede sulle scene dell’aristocratico Teatro Re, ove fu, come dovunque, acclamatissimo.
E con questo ve baso la man, o Re de’ Zagni, pregando solo a no me dar del naso ne la partenza, perchè i miei compagni sta aspettando la niova, se son passà a la prova, che dopo tante grazie e tanti onori, volemo far comedie a sti Signori. […] Fra tanto sbuca fuor de’portici un Toscano e monta su con la putta, smattando come un asino Burattino col suo Graziano ; il circolo si unisce intorno a lui, le genti stanno affisse per vedere ed ascoltare, ed ecco in un tratto si dà principio, con lingua fiorentinesca, a qualche pappolata ridicolosa, e in questo mezzo la putta prepara il cerchio sul banco e si getta in quattro a pigliar l’anello fuora del cerchio, poi sopra due spade, tuole una moneta indietro stravaccata, porgendo un strano desiderio al popolo della sua lascivia grata : ma fornita la botta, si urta nelle ballote e il cerchio si disunisce, non potendo star più saldo allo scontro dei bussolotti che vanno in volta. […] Oltra questo mi so fa D’ogni cosa che se pol di So cantà mi la sol fa E la sol fa do re mi So sonar ol violi La chitarra col trombu E le gniachare el violu La zampogna e la sordina.
Eppur questo dramma non fu de’ più spettacolosi. […] personaggi fantastici, numi ed eroi mischiati tra buffoni, un miscuglio di tragico e di comico, che non aveva né la vivacità di questo né il sublime di quello, ne facevano allora il più cospicuo ornamento del dramma. […] Son ca-ca-camerata D’Ercole trionfante, E questo coso tondo Sulle re-rene è un pezzo di quel mondo, Che regger gli aiutai col vecchio Atlante. […] Ma dall’altra parte i disordini forse maggiori che nascevano dal sostituir invece loro giovinastri venali e sfacciati, ai quali, dopo aver avvilito il proprio sesso coi femminili abbigliamenti, non era troppo difficile il passaggio ad avvilir la natura eziandio; la influenza grande nella società, e maggiore in teatro, che i nostri sistemi di governo permettono alle donne, dal che nasce, che essendo elleno la parte più numerosa e la più pregiata degli spettacoli, cui vuolsi ad ogni modo compiacere, amano di vedere chi rappresenti al vivo in sul teatro i donneschi diritti; l’amore, il quale per cagioni che non sono di questo luogo, è divenuto il carattere dominante del moderno teatro e che non può debitamente esprimersi, né convien che si esprima da altri oggetti, che da quelli fatti dal ciclo per ispirarlo; la ristrettezza de’ nostri teatri picciolissimi a paragon degli antichi, dove la distanza che passa tra gli attori e gli spettatori è tale, che i personaggi non possono agevolmente prendersi in iscambio, e dove troppo è difficile il mantener l’illusione; altre cause insomma facili a scoprirsi dal lettore filosofo costrinsero alla perfine i saggi regolatori delle cose pubbliche ad ammetter le donne sulle scene.
. — Pregava con tetra melodia l’ultime voci di pace la musica solenne del valentissimo maestro Marchesi, il quale ne dirigeva la esecuzione, ed egli e tutti i professori filarmonici e cantanti, artisti ed amatori che trovavansi in Bologna, prestavano gratuitamente questo doloroso tributo. […] A molti parrà questo difetto ; a me sembra l’indizio più sicuro e palese del genio, che modifica una parte di sè, giusta i diversi soggetti che tratta, ma serba intatta una parte per farsi conoscere nella sua essenza, che mai non muta.
Girano per questo istancabilmente i commedianti cinesi di casa in casa, inalzano in un attimo i loro teatri portatili, e recitano ne’ cortili, o nelle piazze.
Ogni volta, mi disse, che incomodo il mio scrignetto, dò questo bacio, e finora tanti ne diedi, che più non c’è numero.
Ma fra i timori suoi par che mi dica il core : Non si stancò per questo il provvido cultore.
Ma chi voglia più e meglio addentrarsi in questo laberinto di notizie e di genealogie io rimando allo Jal, che al nome di Tabarin, mette il resultato delle sue lunghe ricerche, colle quali, per lo meno, ha potuto accertare chiamarsi il Tabarin di Parigi Giovanni Salomon, e non aver niun vincolo di parentela con quello di Venezia.
Nella storiografia si considera questo episodio la prima vera coreografia della danza italiana, perché tutti i balletti erano legati da un’idea unitaria. […] Nota alla nota d’autore n. 9: Jean Le Rond d’Alembert fu anche un musicologo e compose diversi articoli su questo argomento per l’Encyclopédie; scrisse inoltre Éléments de musique théorique et pratique, suivant les principes de M. […] Nota alla nota d’autore n. 20: «Bisogna andare in questo palazzo magico dove i bei versi, la danza, la musica l’arte di ammaliare gli occhi con i colori l’arte più felice di sedurre i cuori di cento piaceri ne fanno uno solo.»
L'operosità, oserei dir mostruosa, di Rossi Mario arrivò a questo : egli ebbe in un’epoca a Genova quattro teatri : Le Peschiere, il Politeama, l’Apollo, e il Teatro di Sestri Ponente. […] E il Rossi andò in compagnia, e mali umori certo ce ne furono, e invidie, e armeggii nascosti, come si può vedere da questo bigliettino anonimo del 5 maggio 1852 : Egregio Signore, Si esorta il signor Direttore della Real Compagnia a non voler più oltre defraudar le parti dovute all’ Esimio attore Giuseppe Peracchi col sostituirle all’attore Ernesto Rossi ; onde evitare qualsiasi disordine che in Teatro ne potrebbe nascere.
Basti sapere che il matrimonio tra Colombina e Buffetto parve a questo argomento sufficiente per essere tramandato a’posteri in un Cicalamento (Fiorenza, Massi, 1646), che pare a me, e certo parrà anche al lettore, documento interessantissimo per la storia del nostro teatro di prosa.
Chiudo questo articolo con la lettera ch’ egli scrisse da Faenza al figliuolo Angelo, in Montagnana, il 24 luglio del ’45, cinque giorni prima di mettersi in quel viaggio che gli costò così tragicamente la vita.
Perchè anche questo va pur notato.
Probabilmente essa fu figlia dell’arte, e nacque a Venezia, ove sua madre, incinta, era a recitare : questo il parere del D’Ancona, il quale cita al proposito i vari comici D’Armano, dei quali si parla più oltre. […] Che se il tuo nome derivi dall’esser di belle cose adorno, io non veggo come più per tale possi esser nomato, essendosi da te ogni ornamento partito ; dunque non più Mondo, ma oscuro, e tenebroso abisso devi chiamarti. » E di questo passo va innanzi, paragonando, ora che la divina Vincenza se n’è ita, i bei Palagi ad abbandonate spelonche, gli uomini a fiere selvaggie, il giorno alla notte, la primavera all’inverno, e via discorrendo.
Ma avvegnaché in questo, e in alquante altre cose si rassomigliassero i greci e i peruviani, non diremo leggiermente perciò, che quelli sieno discesi da’ greci, seguendo il modo di ragionare di Laffiteau.
Ditemi per grasia l’historia di questo incendio di Troja.
A questo risposero l’Incenerito e altro.
Di questo puttino Etrusco trovato nell’Agro Tarquiniese, ed illustrato da mons.
E questa chiusa, questo giudizio dell’ illustre igienista ci richiama alla memoria un altro grande attore della commedia dell’arte del secolo xviii, Carlo Bertinazzi, celebre arlecchino, più noto sotto il nome di Carlin.
Secondo Pasquier questo Jodelle morto d’anni 41 nel 1573 non mancava di talento, benchè non avesse conosciuto i buoni libri.
Secondo Pasquier questo Jodelle morto di anni 41 nel 1573 non mancava di talento, benchè non avesse veduto i buoni libri.
Claudio Monteverde, il quale avea posta in musica l’Arianna del Rinuccini, divenuto maestro di cappella di San Marco, portò in Venezia questo spettacolo novello, dove fu sì bene accolto e sì pomposamente decorato.
Qua bisogna far di tutto, da Marta e da Maddalena, e questo nostro pubblico impastato di fango non è contento se non ci vede vomitare i polmoni !
L'autore insistè su l’opinione che la parte del protagonista non conveniva al comico Zanarini, mostrando ogni timore sulla buona riuscita dell’opera, anche per la mancanza d’intreccio, e la lunghezza soverchia ; ma, per questo, i comici a cui premeva di fare un bel teatro, rispondevano col dargli del modesto e dell’umile affettato.
Ma non questo accadde per la Donna stravagante, recitata la prima volta nell’apertura del carnevale 1760, forse perchè la parte piaceva assai poco all’attrice.
Essendo lui morto nell’autunno del ’28 a Verona, e lei avendo terminato la scrittura col carnevale del ’29, si recò, in compagnia della madre, a Vicenza, per sostener le parti di prima attrice in quella filodrammatica…. che lasciò dopo un anno per formare una compagnietta, della quale essa era, si capisce, direttrice, prima attrice, matatrice, e…. si può capire anche questo, infelice ! […] che trascrivo : In questo momento ricevo una lettera di mio fratello, il quale mi dà notizia delli coniugi Tessari.
Shakespeare fu e sarà sempre il più gran « verista » della letteratura drammatica, ed è per questo che sarà eterno.
Oimè, che quasi meno io son venuto nel dirvi questo.
Or quale antidoto forniscono le stesse leggi contro questo lento veleno che serpeggia per le nazioni e le infetta?
Non tralasciò di scrupulosamente consultare in tutto questo l’indole della nostra lingua e il fine orecchio di molti gentiluomini, cosi nella poesia come nella musica esercitatissimi.
Quanto più siamo persuasi della sagacità dell’ingegno spagnuolo nel trovar nelle cose il ridicolo, come altresì dell’eccellenza della ricchissima lingua di tal nazione che si presta con grazia e lindura alle festive dipinture de’ costumi, tanto maggior maraviglia ci reca il veder in quelle contrade sì negletta la buona commedia in questo secolo, in cui anco nel settentrione vanno sorgendo buoni imitatori di Terenzio, Machiavelli, Wycherley e Moliere.