. – Teodora Dondini morì in Livorno nell’anno 1866.
Passò a seconde nozze il 13 novembre del '31 per puro atto di pietà, con Vincenza Gallini-Bertoï, vedova del Pantalone Alborghetti, e morì il 29 novembre 1738 a ottantasei anni, naturalizzato francese, e ufficiale del Re.
Passò poi a Venezia nella Compagnia di Girolamo Medebach, e in essa, passando a Milano, morì la primavera del 1757.
, e morì a Venezia il 27 aprile dell’anno 1773.
Adattò pel teatro un Orlando Furioso, metà in verso sciolto, metà in istanze, tolte qua e là dal poema ariosteo, che non fu mai stampato ; e ritiratosi dalle scene, visse alcun tempo, col frutto de' suoi risparmj a Venezia, ove morì circa il 1757.
Gaetano Beninì morì a Savona il 1888.
Levatosi dal capocomicato, ritornò scritturato per un triennio con Ernesto Rossi : ma dopo alquanti mesi, colpito da febbre tifoidea in Faenza, vi morì in pochissimi giorni nell’anno 1863.
.), e nel tornare in Italia, ammalatosi improvvisamente a Nizza, vi morì dopo brevi giorni nel 1776.
Lasciato poi il Fabbrichesi, l’Angelini entrò nella Compagnia Rafstopulo, in cui poco dopo morì a 50 anni.
L’Eugenia Baraccani morì a Lecce, non tocchi ancora i sessant’anni.
Stimolata la moglie dalla brama di ridarsi a’ruoli principali, Broccoletto formò nuovamente compagnia il 1810, che condusse con fortuna sino alla metà del carnevale 1812 ; nel qual tempo morì per apoplessia a poco men che quarant’ anni.
Abbandonato il teatro, si ritirò col marito a Firenze, ove aprì un negozio di modista, e ove morì nel 1858.
Allevò la sua famiglia con decoro, ed essendo passato a Praga, ivi morì l’anno 1755. »
Quando il Magni lasciò l’arte, il Mantovani passò con molto successo alle parti di primo attore : ma recatosi colla Compagnia a Vercelli, l’autunno del '65, vi morì, a trent’anni circa, colpito da malattia violenta.
Stabilitasi a Cento, vi fu, dopo un anno, colpita d’apoplessia, e morì a'primi di giugno del’79.
Restituitosi a Livorno il luglio del 1890 per l’aggravarsi della sua malattia di cuore, vi morì l’ 11 di ottobre, compianto da tutta l’arte.
Fu anche, per molti anni, capocomico reputatissimo, e morì in Bergamo l’anno 1756.
Condusse poi varie compagnie in società con altri, e finalmente entrò in quella primaria di Antonio Raftopulo, dalla quale si allontanò il 1830 per ridursi nella sua Volterra, ove morì nel 1845.
Abbandonò il teatro alla chiusura del 1746, e morì il 21 ottobre 1754, naturalizzata francese, lasciando erede universale il suo celebre collega Bertinazzi detto Carlino.
Ritiratosi nel ’55 colla moglie e le figlie, che apriron negozio di modista, a Firenze, quivi morì nel ’70, già vedovo dal ’61.
Questa specie di orologio vivente morì a Venezia sui primi di questo secolo.
Avanti il '60 il Lipparini, abbandonato il teatro, si restituì in patria, dove morì sul cadere del '79.
Affetto da aneurisma nel collo, dovè, dice il Bartoli, abbandonar le scene del '65, e stabilirsi a Milano sua patria, dove morì del '68.
Antonio Morelli morì a Venezia del '27, non ancor giunto a vecchiezza ; e Adelaide sposò in seconde nozze l’artista Majeroni che continuò a condur compagnia.
Datasi giovinetta alle fatiche di un ruolo primario, morì nel '58 a Torino, logorata dalla tisi, non ancor cinquantenne.
Mio marito da me poco gustò, ch'io sola vissi, ed ei lontan morì.
Venuta in vecchiezza, passò al ruolo di caratteristica in compagnie secondarie, finchè, ritiratasi coi pochi avanzi in un piccolo villaggio del Veneto presso Badia, vi morì quasi ottuagenaria.
Carlo che determinava la revisione degli scenarj ; ossia nel 1613, e morì pochi mesi avanti la pubblicazione dell’opera di esso Barbieri, ossia nel 1634.
Mortogli uno zio prete assai dovizioso, lasciò il teatro, e si restituì colla moglie a Fano, dove visse nelle agiatezze, e dove morì or son molti anni senza figliuoli, lasciando un vistoso patrimonio.
Quivi morì nel 1820.
Sposò una certa Teodora Donati attrice poco nota di quella Compagnia, e morì il 1812 circa.
Bortolamio, e quivi morì quasi improvvisamente per bronco-emorragia nel 1842.
Andò poi a recitar nelle Compagnie di Venezia, acclamatissima, e morì a Genova la primavera del 1761.
Pasquale Almirante, noto per la sue ottime qualità d’onest’uomo, morì compianto da tutti a Sant’Angelo di Sicilia nel 1863.
Ritiratosi il Bellagambi dall’arte, si restituì a Firenze, ove, aperta una bottega di libri antichi, doventò uno dei più pregiati e intelligenti librai, ed ove morì in età avanzatissima.
Egli vi si assoggettò ; e poco dopo, la notte del 26 agosto 1874, morì compianto dai parenti ed amici.
Desolato per tanta sciagura, il pover’uomo, il quale, sebbene scoperto il ladro, nulla o ben poco potè riavere, ridotto in vecchiaja, carico di figli, e per di più con un occhio perduto, si ritirò a Venezia ove morì nel 1757.
Avanzato nell’età, abbandonò il teatro, e andò a stabilirsi a Milano, ove morì, agente teatrale, verso il 1860.
Avanzando negli anni, abbandonò la Compagnia, ch'era allora al Sant’ Angelo, e messa la maschera del Brighella, si andò scritturando in Compagnie di giro, ultima delle quali fu quella di Onofrio Paganini, in cui morì a Bologna nel carnevale del '78.
Antonio Pisenti morì nel 1840.
Il carnovale del’79 sposò Marianna Ricci, sorella di Teodora Bartoli ; ma, cagionevole di salute, potè a stento ricondursi da Verona a Venezia, ove assistito dalla consorte, moglie saggia e amorosa, morì il 26 settembre del 1780.
Divisa in tre la Compagnia, l’Arcelli passò nel 1873 in quella diretta da Cesare Rossi, con cui stette fino al 2 novembre 1890, nel qual giorno morì d’aneurisma mentre giuocava al bigliardo col brillante Masi al caffè del Teatro Alfieri di Torino.
Fatta compagnia egli stesso, ne fu l’Angela per molti anni il principale ornamento, finchè, non volendo ridursi alle parti di seconda donna e di madre, risolse di abbandonar l’arte, stabilendosi a Torino, ove morì verso il 1835.
Assunse il 1825 con Romualdo Mascherpa, col quale stette quattr’anni, il ruolo di madre nobile ; e dopo di essere stata in altre Compagnie, applaudita sempre, abbandonò il 1840 il teatro per recarsi in patria, ove morì.
Perduto ogni suo avere, indebitato sino alla punta de’capelli, dovè smettere ogni altra speculazione, passando dalla compagnia propria a società di maggiore o minor conto, in sino a che, vecchio omai, e senza più una via a guadagnarsi onoratamente il pane, ricoverato dal genero Giuseppe Guagni, morì a Firenze verso il 1850.
), dice che Antonia, moglie di Antonio Ferramonti, veronese, morì di 24 anni all’incirca, addì 5 agosto 1735.
Ma sciagura volle che nell’estate del ’25 infermasse di petto a Firenze, ove in breve morì, compianto dalla moglie, dal figlio e da’ suoi scritturati che perdevano in lui un onesto amico.
Caterina Landi morì ancor giovane a Venezia l’anno 1761.
Il Rotti morì a Venezia del 1840.
Ebbe al Teatro italiano mezza parte e si ritirò il 1759 per passare poi in Prussia, alla Corte di Federico II, ove morì nel 1772.
Passò, non più giovane, a sostener le parti di madre, e morì poi, fuor dell’arte, in Roma, nel 1832, assistita dal vecchio marito e dalla famiglia Ferretti (V.
Dopo un solo triennio si ritirò in una sua villa, presso Cremona, ove morì nel 1817.
Sposata l’egregia artista Laura Civili, si fece capocomico ; ma dovè, poco dopo, lasciar le scene, per condursi a Pisa, ove sperava trovar sollievo all’etisia invadente, e ove pur troppo morì consunto nel 1820.
Passò, acclamatissimo sempre, a Roma e a Napoli : ma quivi infermato, morì da tutti rimpianto il 1786, nell’ancor fresca età di trentasei anni.
Ma, cagionevole di salute, morì la primavera del 1771 a Milano, a soli trentasei anni, lasciando all’arte alcuni scenarj, tra'quali Fr.
La indemoniata donna morì alle 2 ½ del mattino del 1° maggio 1821, e si ha dai conti del Del Buono, il quale omai viveva con lei nella sua casa di via Borgognissanti, che spese pel mortorio (le fece dire ottanta messe) in tutto lire 328.6.8.
Dionigi, ove morì il 5 luglio del 1778. […] Il Siguor Antonio Colalto morì il 5 Agosto ( ?).
Tornato in patria, prese parte a tutte le campagne nell’esercito regolare e morì nel 1891 col grado di colonnello, a 90 anni. […] 1 Afflitto da un male terribile, conseguenza forse della riportata ferita, morì nella sua Bologna, il febbraio del 1885.
E se bene egli non avesse troppo bella persona (era gobbo), ei li rappresentava con tal giustezza e precisione che niente lasciava a desiderare. » Aveva sposato Angelica Caterina Tortoriti, figlia del celebre Pascariello, poi Scaramuccia, e morì il 14 novembre 1732, munito dei SS.
Apparve ancora nel ’63 al Teatro Re di Milano ; poi, venuto vecchio, e ormai vedovo da qualche tempo, con le due figlie ancor giovani, ebbe la fortuna di essere ricoverato da un’agiata famiglia milanese, in seno alla quale morì in tardissima età.
Andrea, il primogenito, uomo di mare, ebbe traversìe infinite ne’suoi viaggi, e morì celibe e povero nel 1872 a ottantadue anni, assistito dai fratelli.
Scioltasi quella, dopo nove anni di buona fortuna, la coppia Giardini continuò da sè a condur compagnia, e sempre con crescente favore del pubblico ; ma venuta la Carolina in quella età in cui mal si addicon a un’attrice le parti di prima donna, e non volendo a niun patto scender di grado, risolse di abbandonar la scena e separarsi dal marito, per assumer il posto di direttrice nella Filodrammatica del Falcone in Genova, dove il 5 dicembre del 1877 morì di polmonite.
Rimasto orfano del padre, si scritturò primo attore con Antonio Almirante, di cui, l’anno dopo divenne socio e sposò la sorella Giuseppina, prima attrice, che gli morì a soli trentanove anni in Cotrone di Calabria il dicembre del 1865.
Ebbe da tal matrimonio molti figliuoli, e ne vediam due suiteatro : Benedetto, prima ballerino nella Compagnia del Sacco, rimasto in tal carica sul teatro a Lisbona per undici anni al servizio di quella Corte, poi, tornato in Italia e già maturo, Arlecchino di molto pregio, morto a Torino nel carnovale del 1795 ; e Rosa, graziosa e pregevole donnina, che sposò Francesco Arena, il figliastro del Pantalone d’Arbes, e morì giovanissima.
Entrato in Compagnia di quel bravo attore Gaspare Pieri, dopo poco tempo morì, vittima forse della sua troppo sensibile anima, che non seppe mai rinvigorire o temperare coll’arte.
Stefano Riolo morì il 13 ottobre dell’87.
Tornato a Firenze, formò la quaresima del 1821 un’ ottima Compagnia, che condusse gran tempo, rimanendo poi capocomico in sino a che, fatto vecchio, s’unì prima al figlio Guglielmo, col quale era il '46, poi si ritirò a Firenze del '50, ove morì settuagenario.
Al dire di Giovanni Cinelli che lo conobbe, Francesco Antonazzoni, smesse col crescer degli anni le parti di innamorato, si diede a recitar quelle di Capitano, e morì vecchio in Firenze.
Nato il ’34, morì il 7 Gennaio del ’92 a Livorno, ove dirigeva da più anni con ogni sollecitudine quel Politeama.
E morì, secondo il Bartoli, dopo il 1750.
L’Alceste Duse, che alle doti artistiche accoppiava un fisico attraentissimo, morì d’improvviso a Rovereto nel ’62 a soli trentotto anni.
Fu con Novelli tre anni, poi con Dominici al Manzoni di Roma, poi con Falconi e Bertini, nella cui compagnia morì a Bologna il 13 agosto 1890 colpito da pleuro-pneumonite doppia acutissima.
Era nato il 1815, e morì di paralisi a Palermo il mercoledì 18 dicembre del’ 78.
Lipparini-Borgi Marietta, moglie del precedente, già vedova dell’artista Giovanni Iarcos, nacque il 1810, e morì a Bologna l’ottobre del 1880.
Valeriano Pedretti morì a Torino del 1866, già lontano dall’arte ; e la moglie Carlotta, a Genova.
Fu direttore di una Scuola di declamazione, creata a posta per lui nella sua terra natale, ove morì il 17 di novembre del '91, compianto da tutti.
S'ammalò in Morbegno di Valtellina, e quivi morì il 1776.
Il Tessero morì a Bologna il 24 dicembre 1887, assistito amorosamente dalla moglie Carolina, che fu sorella minore di Adelaide Ristori, e artista non ispregievole, nata a Brescia il 4 novembre 1823, e morta a Genova il 1890.
Il 1778 le morì il marito ; e dice Fr.
lle Giovanna Nicoletta Tisserand, che esordì alla Comedia italiana il 2 ottobre '76 ; fu ricevuto a un quarto di parte il 12 aprile '75 ; si ritirò dal teatro il maggio dell’ '89, e morì nel 1807.
Ma dopo varj anni, colpito da paralisi, fu per consiglio di medici trasportato a Barbania di Piemonte, in una villa dei Cottin, dove morì l’ 8 novembre 1886.
Sua moglie, Rosa Bresciani, figlia d’arte, e discendente forse dalla celebre Caterina, recitò sempre con lui, e morì a Mestre nel 1888.
Ammalato di diabete, morì a Feltre il 6 maggio del 1900, lasciando nel lutto la famiglia comica, e nella desolazione una moglie affettuosa (Antonietta Moro, figlia dell’arte, egregia seconda donna), e quattro figliuoli. […] Francesco Pinotti morì nel 1820.
Il maggio del 1742, si recò a recitare a Fontainebleau davanti alla Corte, nonostante alcuna indisposizione, ch'egli aveva avuta, e ritenuta passeggiera, sul finire dell’aprile ; ma l’11 di maggio, côlto da male improvviso, mentre passeggiava nelle foreste, potè appena metter piede in casa, ove, caduto a terra privo di sensi, morì in poche ore tra le braccia della zia Belmont. […] Ma pare che questa nel 1776 si sciogliesse avanti la fine dell’anno, ed egli si scritturasse assieme alla famiglia con Alessandro Gnochis pel carnovale di quell’anno a Genova, dove morì ai primi di gennajo.
L'11 di gennajo del '68 gli morì la moglie, Teodora Blaise (forse Blasi), che era, dice Corrado Ricci in Ottavio dalle Caselle, bolognese : e l’atto d’inumazione chiama lo Zanotti « Capitano del Ponte della Samose ». […] IV, pag. 390) ; e morì il 13 settembre del 1695. […] Lasciò la pròfessione molt’ anni sono con buona grazia del Re, disse, per poter salvare l’anima sua, che teneva in dubbio se fosse mòrto in quell’Esercitio ; e venne a stare in Bologna, nel contado della quale era nato, nel Comune delle Caselle, e morì in età di circa ottant’ anni (data, come s’ è visto, erronea), e fu sepolto nella chiesa del Corpus Domini.
Giuseppe Antonio Balletti nacque a Monaco verso il 1692, e morì a Parigi nei 1762.
Suo padre, di nome Enrico Baroni, morì quand’ella aveva a pena tre anni : e passata la madre a seconde nozze con Ferdinando Brunini, artista di pregio non comune, la piccola Elettra, da lui primamente educata e istruita, e da lui amata come figliuola, ne assunse il nome.
Finito il contratto, ella abbandonò il teatro e si ridusse in patria, ove morì nel 1818.
Furon poi nella Compagnia del Tassani, scritturatovi il Dondini per le parti dignitose, e il ’27, probabilmente, o egli morì, o si ritirò dalle scene, perchè nol vediam più negli elenchi del tempo.
Fratello, o figlio, del precedente, e per non esser con lui confuso, detto in arte il Gnudin, fu per varj anni primo attore e primo amoroso in compagnie di grido, quali del Goldoni e del Perotti ; morì il 1827.
Il 23 dicembre del 1880 fu inaugurata al Goldoni di Venezia una lapide in ricordo di lei colla seguente iscrizione : a marianna moro-lin che del veneto dialetto quantunque non suo sentì le grazie e sulle scene col cuore e coll’arte inimitabilmente lo espresse la società filodrammatica carlo goldoni in segno di affettuoso ricordo pose Ella morì a Verona la notte del 19 giugno '79, quasi improvvisamente.
E l’Impresa (Prepiani, Tessari e Visetti) andò con prospere sorti fino alla quaresima del '51, nel qual anno il Prepiani morì per infiammazione viscerale.
Quadrio) morì nel 1646 in età di quarantadue anni ; aveva dunque due anni alla morte del Marignolli.
L' '86 gli morì il padre, ed egli, interrotti dell’ '88 gli studi liceali dopo il secondo corso, entrò in arte come primo attore giovine della Compagnia Benincasa, poi, nello stesso anno, di quella delle sorelle Marchetti.
« Sebastiano Asprucci-esso dice-in quest’anno solamente fece la parte di caratterista, e la sostenne con bravura, decenza ed applauso universale. » Il commediografo Antonio Sografi nella Prefazione alle sue Inconvenienze teatrali (Padova, Bettoni, 1816, pag. 9) scrive : « Fu insuperato ed insuperabile nella parte del napolitano Gennariello Sebastiano Asprucci, in ogni senso, di cara ed onorata memoria. » Sposò egli la Caterina Cesari, lodata nella stessa prefazione, dal Sografi, con queste parole : « Caterina Cesari Asprucci, e Maddalena Gallina, e Caterina Venier, attrici sempre di grande utilità ai miei componimenti, come di grata ricordanza al mio cuore. » Colpito da congestione cerebrale nel 1803, tornando di teatro, morì dopo poche ore, compianto dall’arte tutta, e da quanti lo conobbero come artista e come uomo.
Abbandonate nel ’41 le scene, e morti poco dopo il marito e il cognato, passò a seconde nozze col comico Luigi Negri, col quale andò a stabilirsi a Firenze : quivi morì in età avanzata
Recatasi colla stessa Compagnia a Livorno, e colà sgravatasi d’un bambino, fu colta da febbre d’infezione della quale morì, non ancor tocco il trentesimo anno dell’ età sua.
Sposò Claudia-Simona Audureau, e morì nel suo domicilio, via Beaurepaire, il 26 maggio 1754.
Dopo la qual prova, il povero vecchio, riprese la via di Padova, dove morì….
Affievolito dagli anni e dalle fatiche, si recò a Genova presso un suo figliuolo impiegato, e quivi morì.
Còlto da febbre tifoidea in Ferrara, vi morì, pianto da tutta l’arte, il 13 giugno 1878.
Giovanni Ventura (il Colomberti lo dice piccolo di statura, ma di volto assai espressivo) morì a Milano il 19 gennajo 1869.
Ma datosi quello all’arte e al capocomicato con poca fortuna, ella dovè sagrificare tutta intera la non lieve somma lasciatale dal marito, e ridursi assieme alla figliuola colla Compagnia de’ piccoli Lambertini in America, ove diventò poi direttrice di filodrammatici, e ove morì sui cinquantacinque anni.
Recitò per molto tempo a Venezia, poi fu chiamato al servizio dell’ Elettore a Dresda, ove, incontrato il favor del pubblico, potè accumular molta fortuna, e ove, giunto in età avanzata, morì nel 1764.
Scuola di recitazione, che per la soverchia età dovè abbandonare, raccolto dal figliuolo Attilio, allora libraio in Trieste, ove morì del 1890.
Ristabilitosi poi, fu costretto a tornare su le scene, in cui fece come per l’addietro ottime prove, (era il maggio del 1777 al Comunale di Modena in Compagnia di Francesco Panazzi, assieme a un Antonio Falchi, forse figliuolo), sinchè avanzato in età, si ritirò nella natia Bologna, ove morì l’autunno del 1780.
Angiolo Lolli morì a Parigi nel suo domicilio, rue du Croissant, il 4 novembre 1702, e fu sepolto l’indomani nella chiesa di Sant’ Eustacchio.
Maria della Mascarella in Bologna, prese moglie, con cui visse molti anni senza figliuoli, e che gli morì del 1768 in Venezia.
E tale fu lo spavento ch'egli ebbe dall’inattesa aggressione, che preso da febbre violenta, ne morì in capo a quattro giorni, compianto da tutta l’arte.
Aveva sposato nel '61 la diciottenne Emilia Cavallini, padovana, attrice egregia per le parti di seconda donna, e adornata di bellezza singolare, che gli morì nel settembre del '78 a Catanzaro.
Il Ricci, poi agente teatrale, entrò in una certa agiatezza, sì che potè comprarsi al Ponte alla Badia una villa, detta delle Pagliole, ove morì di cholera, dicono per paura.
Il 25 la malattia si mostrò apertamente, e il 7 febbrajo era già ritirato dalle scene per paralisi progressiva, della quale morì il 4 febbrajo 1886 nel manicomio di Fregionara, e fu sepolto il 6 nel cimitero di Lucca.
Pietro Antonio Veronese morì a Parigi il 6 aprile dell’anno 1776.
Non fu il Vitaliani uomo di specchiata moralità, e un senile pervertimento gli procacciò processi, e pur troppo anche la carcere, dove morì presso Trieste, il 26 luglio 1893.
Quivi morì tranquillamente nell’età non avanzata di cinquant’anni.
Fece, dopo la scrittura col Dorati, società con Giacomo Modena ; ma còlto da improvvisa infiammazione cerebrale in Venezia, vi morì in pochissimo tempo, a soli trentasette anni.
Angelo a Venezia, ove morì a trent’anni circa nel carnevale del 1782.
Passò da questi con Romualdo Mascherpa e collo stesso ruolo ancora per un triennio, dopo il quale abbandonò il teatro per andare a sposarsi con un signore di Padova, ove morì nel 1860.
Tornato di Modena, ove fu, come dicemmo, a recitare a quel Teatro Rangoni, non si levò mai più dalla sua Bologna, dove morì nel 1767.
Tornato a Napoli vi morì, non ancora compiuto il suo settantesimo anno, lasciando la moglie Enrichetta, mediocre seconda donna e madre, poi caratteristica, e due figliuole, una delle quali, la Claudia, che sostenne per alcun tempo il ruolo di prima donna, ma con poca fortuna, a cagione specialmente del fisico nè bello, nè simpatico….
Francesco Rubini morì a Genova nel 1754.
Passò a seconde nozze (la prima moglie, una mediocre servetta figlia di comici, gli morì nel '39) con certa Barbato, figlia d’un suggeritore, e morì non ancor settantenne.
Affetto da vizio cardiaco, e di fibra singolarmente sensibile, ammalò poco dopo ; e, trasportato a Viareggio, quivi morì il 6 febbraio del 1869.
Colpita a Roma d’influenza, che poi andò mutandosi in polmonite, vi morì il 29 aprile 1900, assistita dal marito, dalla sorella, dal figliuolo, desolati.
Il Cavalieri era nato dunque il 1730 ; e, secondo l’atto che è nel Registro manoscritto appartenente al Magistrato di Sanità, dei morti nella città e nei suburbi di Milano, morì ex febri acuta, sine pestis suspicione iudicio Patrini Medici chirurgi Sanitatis.
Tornato poi a Napoli, vi morì di colera l’ anno 1855.
Aveva per sua virtuosa consorte una Donna, detta Isabella tra le comiche, la quale fece vita santa per due anni avanti la morte, senza mai voler comparire nella scena al Recitamento ; e se ne morì con molti segni di gran bontà, esortando il marito a ritirarsi affatto dall’arte e dall’esercizio de’teatrali trattenimenti.
Fu poi con Giacinta Pezzana, col Bellotti (Compagnia n. 2), e finalmente ancora con Virginia Marini, per un triennio, dopo il quale (carnevale dell’ '83) si recò a Firenze, dove morì il 23 giugno dello stesso anno.
Scese coll’avanzar dell’età a sostener parti secondarie, e morì a Trieste in una piccola compagnia il 1854.
» Ebbe onore di rime, tra le quali un sonetto di Pirro Missirini (Milano 1863) ; e morì di parto, secondo alcuni, per esaurimento di forze in seguito a salassi, secondo altri.
Giacinto Bendinelli restò nella Compagnia fino al 1667, e morì il 15 marzo 1668 in via S.
Ma colpito da febbri malariche, morì in quell’anno a Bologna, proprio il giorno, in cui la compagnia da lui organizzata salpava pel nuovo mondo.
Lasciò il teatro nel 1691 e si chiuse il 1704 nel convento delle Filles-de-la-Visitation di Montargis, ove morì l’11 gennaio del 1718.
Angelo Canova morì nel ’54 circa, compianto da quanti lo conobbero e come artista e come uomo.
Abbandonò il’ 70 le scene per andare a viver gli ultimi anni con una sorella sposa a Sarzana del dottor Valenti ; morta la quale, si recò a Torino, dove morì il 29 marzo dell’anno 1894.
Vissuto alcun tempo in una certa agiatezza, morì poverissimo a Pordenone il 1° aprile dell’ ’86, fulminato su la scena, mentre s’accingeva a mangiare nel 1° atto del Tiranno di S.
Andreini nella citata Ferza a pag. 38 : Non men del consorte fu onestissima e divotissima la signora Margherita Garavini Luciani bolognese sua moglie amata, ed a me carissima Compagna ; poichè inoltre d’aver educati così bene il signor Carlo Amadeo, e la signora Caterina ambi suoi figliuoli onoratissimi, l’uno facendo mirabil profitto nella virtù mantenendolo ad ognora sotto le vera norma delle buone dottrine de’Reverendi Padri Gesuiti ; e l’altra posta avendo Religiosa nel Monasterio di Migliarino, disinamoratasi delle commedie, innamoratissima di così cari figli, data tutta alle divozioni eguali a quelle del Consorte, quanto virtuosa visse, altrettanto divota morì.
Nonostante l’ottenuta libertà, il Landi, aggiunge il Bartoli, non ebbe più buon successo negl’interessi suoi, e morì del '74 a Grosseto.
Antonio Marchesini si ritirò poi in Venezia, ov'ebbe – dice il Bartoli – pietosi sussidi da Gerolamo Medebach, e dove morì del 1765.
Quivi morì, assistito da'suoi, dopo lunga e penosa malattia di cuore, il 29 maggio del '94.
Il Parrini morì nel '32.
Il '42 passò col ruolo di Madre tragica nella Compagnia di Luigi Domeniconi, e morì a Brescia il 1851 d’apoplessia fra le braccia del secondo marito, Luigi Pezzana, compianta da tutti i fratelli d’arte.
Pur troppo, recitando la compagnia a Palmanova, fu còlto da malattia mortale ; e quivi morì nel 1844.
Bartoli – che accrebbe, andando in Francia, le di lui fortune, senza pagare – aggiunge il Loehner – i suoi debiti di Venezia, ebbe dal suo matrimonio con Lucia Pierina Sperotti cinque figliuoli, di cui tre, Pier Antonio, Cammilla e Anna seguiron l’arte del padre ; e morì a Parigi il 26 gennajo 1762 Officier du Roy et bourgeois de Paris, sostituito alla Comedia nel suo ruolo di Pantalone già dal 1760 da Antonio Matteucci detto Collalto (V.).
XV, n. 8) cogli acquisti fatti della dottrina Italiana; e leggendo per un gran pezzo in Salamanca, non ostante l’ opposizione degli Scolastici che di favorir la novità l’accusarono, inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere, onde fu caro al Re Cattolico, che lo volle perciò in Corte per iscrivere la sua storia, e fu dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia Poliglotta, e di poi alla direzione dell’Università di Alcalà di Henares, ove si morì nel 1522, e lasciò molte opere. […] ) nato in Aveiro nel Portogallo, il quale fu discepolo del Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e dopo lesse ancora egli in Salamanca per lo spazio di venti anni in compagnia del Nebrissense, e passato in Portogallo fu Maestro de’ due Principi, e morì decrepito in sua casa nel 1530 con lasciar varie opere.
Paris, 1880), abbandonò il teatro lo stesso anno, all’esordire di Caterina Biancolelli detta Colombina, e morì a Parigi, rue des Prouvaires, il 5 settembre 1693.
Antonio Stefano Balletti sposò una vezzosissima comparsa della Commedia-Italiana, e morì in Parigi il lunedì 9 marzo del 1789.
Vincenzo Cammarano morì il 1802 a 84 anni ; e il S.
La moglie e i figli continuarono a recitare quando egli si ritirò (1878) nella sua Cortona, ove morì nel ’94 a ottantadue anni.
E la povera artista, giovane, appassionata tuttavia per quell’arte che le aveva così fuggevolmente sorriso, estenuata dalla tisi, morì in Roma il 16 aprile dell’ ’81.
Francesco, imprigionato il 1656 nel Castel Nuovo, per aver fatto nuovi tentativi di ribellione, vi morì avvelenato.
Aveva il Landozzi sposata del '34, mentr'era in Compagnia Vergnano, una Maria Chiavistelli, fiorentina, attrice mediocre, ma siffattamente pazza da avvelenar gli ultimi anni del pover uomo, dalla quale ebbe dodici figliuoli, e la quale morì nel Pio Albergo Trivulzio, il 20 ottobre del '91.
Dopo alcuni anni passò a Venezia, poi a Verona, chiamatovi per una malattia epidemica mortale, ch'egli infallantemente guariva con mele appiole e vin di Cipro, dove morì di peripneumonia nello stesso anno (2 ottobre 1745) col titolo di Primo medico di Verona, compianto da tutti, fuorchè dai medici.
Le Accademie letterarie de’ Rozzi e degli Intronati che tornarono a fiorire nel XVII secolo, quella brigata di nobili attori che rappresentava in Napoli le commedie a soggetto del Porta, gli Squinternati di Palermo, di cui parla il Perrucci ed il Mongitore, i nobili napoletani Muscettola, Dentice, Mariconda che pure recitarono eccellentemente, facevano cadere in dispregio la maniera per lo più plebea caricata declamatoria de’ pubblici commedianti, Il celebre cavalier Bernini nato in Napoli, e che fiorì in Roma dove morì nel 1680, rappresentava egregiamente diversi comici caratteria Il famoso pittore e poeta Satirico napoletano Salvador Rosa morto in Roma nel 1673 empì quella città non meno che Firenze di meraviglia per la copiosa eloquenza estemporanea, per la grazia, per la copia e novità de’ sali, e per la naturalezza onde si fece ammirare nel carattere di Formica personaggio raggiratore come il Coviello ed il Brighella, ed in quello di Pascariello, La di lui casa in Firenze divenne un’ accademia letteraria sotto il titolo de’ Pencossi, ove intervenivano l’insigne Vangelista Torricelli, il celebre Carlo Dati, l’erudito Giambatista Ricciardi, i dotti Berni e Chimentelli ecc. […] Egli morì vecchio in Parigi nel 1694, lasciando ad un suo figliuolo sacerdote il valsente di centomila scudia.
Lasciata l’arte, andò con la moglie a stabilirsi a Bologna, dove morì, assistito caritatevolmente dal capocomico Onofrio Paganini.
T. di B.) morì il mese di dicembre.
Aveva sposato Laura Tessero, sorella minore di Adelaide, prima attrice giovane di qualche pregio, e morì, giovanissimo, compianto da tutta l’arte.
Ma ormai, gli anni incalzando, si ritirò a Firenze, ove morì il 12 gennaio del 1894.
Dopo dodici anni di casto amore, s’unì in matrimonio col comico Mozzidolfi, colto e integerrimo uomo, e morì in Roma il 3 marzo del 1869.
Tornata in Lombardia, dopo di avere recitato vari anni con poca fortuna, avanzando ella in età, e in lei scemando il valore, non trovò più chi la scritturasse, e dovè ritirarsi al Finale di Modena, ove morì poverissima nel’60 circa.
Lasciò il Gandini la Sassonia per recarsi alla Comedia italiana di Parigi ove morì circa il 1760.
Secondo Francesco Bartoli, ella morì in vecchia età intorno all’anno 1702.
Tornava scritturato pel '56, attore e direttore, con Astolfi, e nella lettera al Righetti dianzi accennata, scriveva : « non voglio più dolori di testa, nei più begli anni della mia carriera : questo è il momento di farmi pagar bene, ed infatti me ne sono prevalso : se Astolfi mi ha voluto pel '56, ha dovuto darmi lire settemila, e cinque mezze serate. » Ma l’ Astolfi morì, e il Pieri fu d’ allora in poi capocomico fino alla morte (a Genova, il 3 marzo 1866), e per di più senza dolori di testa.
Ma non perfettamente guarito della ferita, che gli facea risentire di quando in quando dolori spasmodici, ne morì ancor giovane l’anno 1779.
Tornò in Ispagna, chiamatavi dalla nipote Carolina Civili, e quivi morì, presso Madrid, il febbrajo del 1878.
Il padre lo aveva destinato all’avvocatura, sebbene egli inclinasse più alla medicina : ma ossequente all’autorità paterna, era già per recarsi all’Università di Firenze, quando quegli morì.
Anche Giovanni Dryden nato di una famiglia cospicua nel 1631, il quale divenne cattolico sotto Giacomo II, e morì nel 1701, ebbe il titolo di Racine dell’Inghilterra senza meritarlo meglio di Otwai. […] Ma il celebre Wycherley sì caro alla duchessa di Cleveland favorita del re, e marito della contessa di Drogheda, il quale morì l’anno 1715, fu senza contrasto il miglior comico di quel tempo nell’Inghilterra.
Anche Giovanni Dryden nato di una famiglia cospicua nel 1631, il quale divenne Cattolico sotto Giacomo II, e morì nel 1701, ebbe il titolo di Racine dell’Inghilterra senza meritarlo più dell’Otwai125. […] Ma il celebre Wycherley sì caro alla duchessa di Cleveland favorita del re, e marito della contessa di Drogheda, il quale morì l’anno 1715, fu senza contrasto il miglior comico di quel tempo nell’Inghilterra.
Visse e morì in Via Borgognissanti nella casa segnata allora col N.°3930, oggi col 66 ; e prima di darsi all’arte fu orologiajo, ed ebbe bottega in Piazza del Duomo. […] » Nell’andito della casa di lui fu collocata nel ’91 la seguente lapide : Luigi Del Buono – nato a Rifredi presso Firenze – scrittore castigato elegante – autore di operette e commedie popolari – comico corretto e pregiato – nella satira arguta educativa – maestro – della maschera fiorentina – inventore In questa casa che fu di sua proprietà – morì ottantenne – il 19 ottobre 1832.
Loehner), morì il 19 maggio 1743, in età di circa 23 anni.
La figlia maggiore, Giuseppina, sposata a un Ciabetti, attore mediocre, doventò la prima donna della Compagnia che suo marito formò nel 1835, e, specialmente nel Regno di Napoli, ebbe fama di attrice egregia ; l’altra, l’Elena, si fece conoscere, giovanissima, per buona servetta ; poi sposatasi al noto artista Nicola Medoni, divenne sotto a’suoi ammaestramenti prima donna di molto merito : morì in Genova a soli 35 anni.
Giovanna Balletti si sposò il 20 giugno 1720, e morì il il 16 settembre 1758, in via del Petit-Lion.
La madre morì a Mantova di parto nel’49, e Florido esordì, ancor giovinetto, nella Compagnia di Gio.
Ma venuto ormai vecchio, lo abbandonò per recarsi a Firenze, scritturato al Cocomero di Firenze nella Compagnia di Giovanni Roffi (1767), dove non ebbe quell’accoglienza ch’ei si aspettava e che, a detta del Bartoli, gli spettava : e di ciò tanto si dolse, che aggravato dal male morì nell’istesso anno.
Giovan Battista Costantini morì a La Rochelle il 16 maggio del 1720.
Nel ’72, richiamato un giorno da un’inquilina del piano superiore mentre scendeva le scale, si volse a risponderle : ma, sciaguratamente, messo un piede in fallo, cadde, e morì in capo a tre o quattro giorni per commozione addominale e cerebrale.
Questa donna, grande nell’arte, a segno da incantar gli spettatori, che aveva la dentiera posticcia, che aveva scorsa l’ Europa, conquistatrice di mille cuori, e che fu protetta da teste coronate, non potrebb’ essere quella Cecilia Rutti, la Romana, che recitava, separata dal marito, le prime amorose nel ’33, col nome teatrale di Diana, artista deliziosissima, nonostante i cinquant’anni che gli ornamenti e il belletto non potevan nascondere, recatasi a Vienna coi Sacco, e divenuta l’amante dell’ Imperator Giuseppe I, che morì nel 1711 ?
Dopo lo accolse il paesello di Scandicci, ove s’era fatto dono in tanti anni di lavoro, di una romita e modesta casetta, e quivi morì fra le braccia della moglie e dei figli il 10 gennaio 1893.
Abbandonata l’arte, si ritirò a Milano, dove morì il 14 settembre del 1887.
Questo Jodelle morì nel 1573 d’anni 41, e secondo Pasquier, non mancava di talento, benché non avea pur veduti i buoni libri. […] L’imperadore se ne sdegnò, parendogli cosa di mal esempio, e comandò che l’autore ne fosse gastigato, ma egli ebbe tempo di fuggir via; e nel 1552 morì in Lausana170.
Giovanni Dryden, nato d’una famiglia cospicua nel 1631, il quale divenne cattolico sotto Giacomo II, e morì nel 1701, fu autore di tanti componimenti drammatici in più d’un genere ingegnosi e difettosi, che possiamo considerarlo come il Lope de Vega d’Inghilterra. […] Wycherley fu marito della contessa di Drogheda, e morì nel 1715. […] Cristo (si dice in un auto) morì nella strada delle Tre-Croci, alludendo con equivoco puerile alle croci del calvario e alla Calle de las Tres Cruces di Madrid.
Antonio Stacchini ebbe, fra altri, un figlio, Paolo, stato artista alcun tempo ; e morì a Firenze il 19 marzo 1893.
Nel 1861 passò in quella Romana condotta da Cesare Vitaliani, poi in altre, finchè fu nominato Direttore de’Filodrammatici di Milano, ove morì a sessant’anni circa.
Cammilla Veronese morì il 20 luglio 1768 tra le braccia di Cromot, che amava da più anni la cara artista, per la quale ordinò magnifici funerali.
Cervantes lasciò di scriver commedie quando cominciava a fiorire il famoso Lope de Vega Carpio, il quale sopravvisse diciannove anni a Cervantes, e morì nel 1635 d’anni settantatré. […] III sec. 15 n. 8) colle merci della dottrina italiana; e leggendo per un gran pezzo in Salamanca, non ostante le opposizioni degli scolatici che di favorir la novità l’accusarono inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere; onde fu caro al re cattolico che lo volle perciò in corte per iscrivere la sua storia, e su dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia poliglotta, e di poi alla direzione dell’università d’Alcalà di Henarez, ove si morì nel 1522, e lasciò molte opere. […] ), nato in Aveiro nel Portogallo il quale fu discepolo del Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e dopo lesse ancora egli in Salamanca per lo spazio di 20 anni in compagnia del Nebrissense; e passato in Portogallo fu maestro de’ due principi, e morì decrepito in casa sua nel 1530 con lasciar varie opere.
Egli prese il partito di allontanarsi volontariamente da Atene, e si ritirò presso Jerone in Sicilia, ove dopo alquanti anni morì, e secondo Plutarco nella citata vita di Cimone, fu sotterrato presso Gela. Osservisi però che la contesa di questi due gran tragici avvenne negli ultimi anni dell’olimpiade LXXVII, e Jerone morì nel secondo anno dell’olimpiade LXXVIIIb. Adunque Eschilo che secondo i Marmi di Arondel morì nel primo anno dell’olimpiade LXXXI, dovette sopravvivere a Jerone intorno a dodici anni.
Sarà così: ma non per la piacevole ragione asseritane dal Lampillas, cioè che poco dopo il Rueda morì. […] Di Castillejo è certo solo, che servì di Segretario a Ferdinando, fratello dell’Imperadore Carlo V., a cui succedè nell’Imperio di Alemagna; che menò la maggior parte della vita nella Corte; e che in fine si ritirò vestendo l’abito de’ Cisterciensi, e morì nel 1596.
.), che gli morì giovanissima, e da cui non ebbe figliuoli. […] Stette il Riccoboni con la famiglia due anni a Parma ; poscia, il novembre del '31, fe'ritorno a Parigi, dove, fuor della scena, morì a settantotto anni il 6 dicembre del '53, e fu sepolto l’indomani al San Salvatore.
Quivi sposò in seconde nozze una giovine padovana, e quivi morì nell’età di oltre settant’anni. – Ebbe onoranze funebri degne di lui : una pietra commemorativa fu alzata sulla sua tomba dalla figlia Laura colla seguente iscrizione : qui riposa Francesco Augusto Bon patrizio veneto scrittore comico dopo Goldoni primo morto in Padova il xvi decembre mdccclviii Laura figlia sua maggiore con doloroso affetto questa pietra pose il gennaio del mdccclix A questo punto lascio la parola a Giuseppe Costetti che con tanto amore ed acume dell’opera letteraria del Bon discorse nel suo studio sulla Real Compagnia Sarda (pag. 23-24).
Ma nell’ ’85 dovè abbandonar l’arte, e poco tempo dopo, colpito da malattia insanabile, morì a Milano fra le braccia della moglie, nella casa di salute dei fratelli Dufour.
Aveva la Cavalli sposato a Napoli l’amoroso Demetrio Cristiani ; e con lui, scritturato dalla società Tessari-Prepiani-Visetti quale caratterista, tornò il ’25 a Napoli, ove dopo alcuni mesi morì.
Sette anni più tardi la sua Silvia gli morì dopo un anno e mezzo di malattia da lei ignorata, e che fu per lui la più atroce agonìa….
ci dicon troppo poco ; ma certo morì quasi improvvisamente e fu sepolta a Padova (V. il sonetto di Matteo Bembo, pag. 44, e quello di Verdizzotti, pag. 16) dopo una ricaduta fatale della malattia, quando tutti eran certi omai della guarigione.
Accasciata dal male, stette alcun tempo lontana dal teatro ; e morì in Brescia il 14 novembre del 1781.
Avuti l’ 11 di agosto dello stesso anno i Sacramenti, morì mercoledì 19 in via Nuova San Dionigi, e fu sepolto il domani a San Lorenzo, sua Parrocchia, assistito da trenta preti, e alla presenza di Vincenzo e Gioacchino Visentini suoi figli, di Giuseppe Balletti e di Bonaventura Benozzi.
Antonio Vitalba morì a Bologna in età non avanzata, la primavera del 1758.
Secondo il Mongitore un’ edizione dell’Aminta fu pubblicata in Sicilia colle note musicali del gesuita Erasmo Marotta da Randazza, che morì nel 1641 in Palermo. […] In Milano nel 1597 se ne fece una edizione corretta dall’autore, il quale giunto all’ultima vecchiezza morì nella sua patria pieno di onorata fama per le molte sue opere ingegnose che produsse. […] Il Guarini amato per la sua dottrina e prudenza da’ principi della sua età, specialmente dal papa Gregorio XIII, e dal duca Ercole d’Este, i quali l’impiegarono in affari importanti, morì in Venezia nel 1613. […] Accolta benignamente in Francia dal re, e dalla regina, e da’ più qualificati cortigiani, morì di un aborto in Lione nel 1604 d’anni 42, e colla di lei morte decadde in Francia la compagnia de’ Gelosi.
Secondo il Mongitore un’ edizione dell’Aminta fu pubblicata in Sicilia colle note musicali del gesuita Erasmo Marotta da Randazza, che morì nel 1641 in Palermo. […] In Milano nel 1597 ancora se ne fece un’ edizione corretta dall’autore, il quale giunto all’ ultima vecchiezza morì nella sua patria pieno di onorata fama per le molte sue opere ingegnose che produsse. […] Il Guarini amato per la sua dottrina, e prudenza da’ principi dell’età sua, specialmente dal papa Gregorio XIII e dal duca Ercole d’Este che l’impiegarono in affari importanti, morì in Venezia nel 1613. […] Accolta benignamente in Francia dal re e dalla regina e da’ più qualificati corregiani, morì di un aborto in Lione nel 1604 d’anni 42, e colla di lei morte decadde in Francia la compagnia de’ Gelosi.
Girolamo in Chronico Eusebii, morì quasi nonagenario in Taranto: Marcus Pacuvius Brundusinus poeta Romæ picturam exercuit, & tabulas vendidit. […] L’eloquente Ferrarese Bartolommeo Riccio, insigne Gramatico della lingua Latina, il quale morì d’anni 79 nel 1569, è di sentimento nel libro I de Imitatione, che Seneca ne’ suoi Cori, non solo per l’ abbondanza e per la gravità delle sentenze ch’essi contengono, ma per aver saputo formarli a cantare di ciò che, come dice Orazio, proposito conducat & hæreat aptè, abbia superato tutti i tragici Greci.
Il Bazzi, il quale, dice il Bonazzi, congiungeva a talenti profani monastiche virtù, morì a Torino il 1843 ; secondo il Regli (op.
E d’indigestione morì il 22 aprile 1816 a Parigi, dopo di aver divorato nella notte, da solo, una quantità di pasticci di fegato grasso.
Giagnoni Domenico, attore brillante de’ più vivaci e garbati, nato a Cecina (Pisa) il 27 giugno 1846, da Bartolomeo e da Pini Aurora, morì a Porta al Borgo, comune di Pistoia, di Émbolo, il 7 agosto 1883, compianto da quanti lo conobbero.
Si recò invece a Modena ove ottenne il solito gran successo ; avendo seco il comico cantante, Sante Vitali, che sosteneva egregiamente le parti di Dottore, e che poco dopo il suo arrivo in Modena fu tocco d’apoplessia, e vi morì a trentotto anni.
Aveva sposato Margherita Villa di Milano, non comica, e morì a Firenze il 2 febbrajo 1886 per aneurisma, e fu sepolto al Monte alle Croci. […] Torna capocomico il '67, e scrittura il '68 Virginia Marini (ammalatasi la Cazzola, morì consunta dalla tisi il luglio di quell’ anno, e Salvini sposò pochi anni appresso una giovanetta inglese, mortagli a ventiquattr'anni il dicembre del '78).
E riguardo segnatamente al Pulcinella, aggiunse: Silvio Fiorillo commediante che appelar si faceva il Capitano Matamoros, inventò il Pulcinella napoletano, e collo studio e colla grazia molto vi aggiunse Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, il quale fu sartore, e morì nella peste dell’anno 1656, imitando i villani dell’Acerra città antichissima dì Terra dì Lavoro poco distante da Napoli.
Andrea Calmo morì a Venezia a soli sessantun’ anni il 23 febbraio del 1570, e lasciò le seguenti opere : La Rodiana.
Goldoni, fu colto da apoplessia, ancor vestito del costume di teatro, e in capo a otto giorni morì miseramente a soli 52 anni.
Secondo il Bartoli, morì fuor de l’ arte in Venezia circa l’ anno 1767.
Letizia Fusarini-Bargellini morì a Livorno la mattina del 19 marzo 1897.
E poco prima del ’700, caduto in una rappresentazione ch’egli diede con Thorillière e Poisson a Saint-Maur, n’ebbe tal colpo alla testa, che, tornando da Versailles, ove s’era recato a offrire il suo Teatro italiano a Monsignore, morì improvvisamente il 31 agosto del ’700, mentre teneva fra le ginocchia il figliuolo che avea avuto da Elisabetta Danneret, la cantatrice della Comedia italiana, nota col nome di Babet la chanteuse.
Per tal modo egli vide la luce della ribalta a poco men che ottant’anni ; e, se non miseramente per merito della seconda moglie che mise un freno alle inconsulte dissipazioni, non certo quale avrebbe potuto, morì in Milano il 29 di agosto 1859.
Forse per brevità questi aveva mutato in quel di Reiter il nome di Reiterer, lasciatogli dal padre, tedesco, uno de' più fidati del Duca di Modena, dal quale anche fu mandato a Vienna con missioni segrete, e si dice vi accompagnasse il Conte Tarrabini, Ministro delle Finanze Estensi, in qualità d’interprete : nel 1859, fedele al Padrone nella prospera e nell’ avversa fortuna, seguì a Vienna il Duca, ed ivi morì nel 1880, d’anni 78, lasciando tra altri il figliuolo Carlo, padre della piccola Virginia, che educò alla Scuola di Carità dalle monache figlie di Gesù.
Filippetta fe Fiumana Che fu poi di Zan Bagozza Zan Bagozza fe Guzana E Guzana Zan carozza Zan carozza fe catozza Che fe poi quel Zan Caualla Che morì dentro una stalla Che pelaua una galina. […] Zan Pedral fe’ Zan Pignatta Zan Pignatta ol Moleghi Moleghi fe donna imbratta Donna Imbratta il Mescoli Che portaua un bocal Su la testa per berretta Mescoli fe Zan Zanchetta Che morì poi a panza pina. […] Perchè vegh che tro al bordel Tut ol me rasonament Che t’e ti che un mat ceruel Com s’è vist in tra la gent Dunq à voi fa testament Perche a vegh che ho a morì Solament per amar de ti Marioletta frasarina (o frascarina ?)
Il secondo Cherilo fu di Jasso o di Alicarnasso, contemporaneo di Erodoto, e scrisse in versi la vittoria degli Ateniesi riportata contro Serse, e morì presso Archelao re di Macedonia.
Dionigi, vicino alla comunità di San-Sciomonte, ove morì nel novembre del 1703 a novant’anni.
… — Nè a queste intimità si fermò la degnazione sovrana, chè Luigi stesso volle essere il padrino del primo figliuolo di Dominique cui fu messo il nome di Luigi, e che, entrato giovanissimo nella milizia, morì nel 1729 a sessant’anni circa, in Tolone, direttore delle fortificazioni nel dipartimento di Provenza, e cavaliere dell’ordine militare di S.
Fu il ’50 con Coltellini a Trieste, e il ’52 si unì madre nobile con Adelaide Ristori, risolvendo il ’57 di abbandonare il teatro, e di cedere tutto il suo ricco patrimonio di scena al figliuolo Giovanni, capocomico e mediocre brillante (morì nel ’76 a Livorno), col quale recitò alla Stadera di Milano il 13 marzo di quell’anno il terzo atto della Medea del Ventignano, maravigliando per la potenza d’arte, e gagliardia di mezzi, tanto da far dire a un accreditato giornale, che al suo confronto le celebrità d’allora impicciolivano a vista d’occhio.
All’età di tre anni gli morì il padre : e la madre volse alla educazione di lui ogni cura, non obliando nè la danza, nè la scherma. […] Alla fine dello stesso anno l’apoplessia lo colse nel suo domicilio di Parigi, Via dei Petits-Champs, ove morì il 6 settembre 1783. […] D’Alembert morì il 29 ottobre dello stesso anno, nè men due mesi dopo la morte dell’amico suo ; e il Giornale di Parigi il 17 ottobre pubblicò il suo Elogio funebre di Carlino, del quale il Campardon riporta la fine, che io credo utile metter qui tradotta.
Dicesi che su certe vigne omai brontoli il temporale ; ma gli attori di quei tempi si sono provveduti con le raccolte precedenti : e Tommaso Salvini è milionario, laddove Vestri morì in miseria, e Demarini non ebbe mai più di ottomila lire all’ anno. […] Dal registro 326 del Municipio di Perugia (ufficio dello stato civile), sappiamo che Luigi, Giuseppe, Pietro Bonazzi, professore e cavaliere, nato e domiciliato a Perugia, figlio del fu Giuseppe, cuoco, domiciliato in vita ivi, e della fu Celeste Carattoli, donna di casa, domiciliata in vita ivi, marito di Maria Rocchi, morì d’idropisia all’una pomerid. del 2 aprile 1879 nella casa posta in via Sapienza vecchia al numero 2.
L’imperadore se ne sdegnò, e volea punirne l’autore, ma egli ebbe tempo di fuggirsi a Losana dove morì nel 155215.
Ma dopo quattro anni di continui trionfi, morì in Verona, l’autunno del 1827, pianto non solo dalla famiglia artistica, che perdeva in lui il più onesto e forte dei capocomici, ma da quanti, conosciutolo, avean potuto ammirarne la onestà dell’animo, la generosità e la delicatezza a tutta prova.
Egli battè del petto contro il lastrico del ponte, e morì nella notte, proferendo le testuali parole : « atto terzo, scena ultima.
Fu dal’57 al’59 con Ernesto Rossi, e dal’61 al’75 con Alamanno Morelli, dal quale si allontanò per ritirarsi più che settantenne a Firenze, ove morì il 12 maggio del 1890.
Luigi di Pietro Alamanni che fu bandito di Firenze sua patria come reo di congiura contro la vita del Cardinal Giulio de’ Medici, e che si ricoverò in Francia, dove di tal sorte incontrò la grazia del Re Francesco I, che n’ ebbe cariche onoratissime, e premj considerabili, morì in Amboise nel 1556. […] Silvio Fiorillo commediante che appellar si facea il Capitano Matamoros, inventò il Pulcinella Napoletano; e collo studio e grazia molto aggiunse Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, il quale fu sartore, e morì nella peste dell’anno 1656, imitando i villani dell’Acerra, città antichissima di Terra di Lavoro poco distante da Napoli, e vicina per poche miglia a quell’ antica Atella che somministrò a i gravi Romani la commedia Atellana.
Andò invece a Innsbruck, chiamatovi dalla Corte Imperiale, dove, uscendo dall’avere assistito alla sua rappresentazione del 18 agosto, morì istantaneamente l’Imperatore Francesco I. […] Sul cadere dell’ 88 egli morì sopra una nave nel tragitto da Genova a Marsiglia ; ed ecco come la Gazzetta Urbana Veneta del 19 novembre 1788, n. 93 dà l’annunzio del triste caso : Quest’uomo famoso che ammirare si fece sino a'confini d’Europa : che fu chiamato fuori d’Italia, dove non intendesi la nostra lingua : che volar fece il suo nome appresso tutte le nazioni dove conoscesi e pregiasi la comic’ arte : che nelle nostre parti rese col suo valore angusti al concorso i maggiori teatri, è morto indigente nel suo tragitto da Genova a Marsiglia e il suo cadavere soggiacque al comune destino de'passeggieri marittimi, d’essere gettato in mare.
L’imperadore se ne sdegnò, e voleva punirne l’autore, ma egli ebbe tempo di fuggirsi a Losana dove morì nel 1552a.
Baron (Michel Boyron) uno dei più forti, se non il più forte artista della Francia, nacque a Parigi l’ottobre del 1653, e vi morì il 22 dicembre del 1729.
Il 1807 fu scritturato da Salvatore Fabbrichesi per la Compagnia Reale del Principe Eugenio, Vicerè d’Italia, al 1827 ; anno in cui il Fabbrichesi morì quasi improvvisamente a Verona.
Còlto da apoplessia nella primavera del ’63 al Valle di Roma, poi nell’estate a Viterbo, e trovatosi inetto per mancanza di mezzi e di salute a continuar l’Impresa, si ritirò a Roma, ove morì nel ’67.
… » E dopo qualche giorno, il 22 nov. 1893, morì ; e io nulla ho più da aggiungere, ubbidiente e devoto all’amico, al padre, al protettore e difensore mio ; ma voglio qui, in questo libro, ov'è trasfusa tanta parte di me, chiudere i cenni della vita di Carlo Lollio con una parola : gratitudine !
La madre morì d’anni 65 il dì 24 marzo 1835 ; ed ebbe sulla sua tomba questa iscrizione : Ad Elisabetta Marchionni Sanese | dalla figlia Carlotta | cui raddoppiò gli affanni nel mancar della madre | amata sopra tutte le cose umane com’era degna.
Dall’amore dell’arte militante fu ricondotto vecchissimo sul teatro, e morì in miseria, dice il Regli (op. cit.
Alla quarta rappresentazione che se ne fece il dì 17 di febbrajo, morì in sua casa questo principe della commedia francese, essendovi stato trasportato dal teatro moribondo. […] Giovanni Francesco Regnard nato in Parigi nel 1674, secondo Voltaire, morì d’anni cinquantadue; ma l’autore del Calendario degli Spettacoli vuole che sia mancato di vivere nel 1710, e Palissot reca la di lui morte seguita nel 1709.
« Nell’anno successivo (1619) si fecero — dice il Neridei segreti maneggi da parte del Duca di Mantova per togliere Lavinia, il marito, Mezzettino (Ottavio Onorati), Scappino (Francesco Gabbrielli), dalla Compagnia dei Confidenti, forse con l’intendimento di radunare un buon manipolo di commedianti da mandare in Francia, in seguito alla richiesta fattane da quella Corte ; ma la cosa non ebbe effetto. » Marina Antonazzoni morì nel 1639. […] Uno di essi, il dottore Niccolò Schiattini di Genova, rispose bizzarramente : « morì Lavinia e duolmene ; tormento già di questo cuore grandissimo, e della borsa.
Ammalatosi gravemente, stette alcuni mesi in cura a Bologna ; ma tornato, appena convalescente, a Venezia, all’intento di riprender l’arte, vi morì nel’78 (24 febb.).
[http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img052.jpg] Pochi giorni dopo la rappresentazione di Arlequin Empereur, Angelo Costantini riprese la via di Verona, ove morì alla fine dello stesso anno 1729, lasciando a Parigi assai più creditori che ammiratori.
Era nato il 1791, morì il 1881.
Poche ore dopo, colpita da sincope, anche la vecchia madre morì ; e Petronio, avutane l’orribile nuova in Bologna, fuggì tosto al colmo della disperazione a Venezia, dov'era la Compagnia Goldoni, che gli fece, ma sempre indarno, le più vive premure perchè trovasse nel ritorno alle scene la distrazione indispensabile al suo dolore.
Nacque in Devonshire nel 1672 e morì in Londra di anni quarantacinque nel 1727. […] Egli nacque dal nominato mostro nel 1698, e per opera della stessa barbara madre morì in carcere nel 1743. […] Giorgio Lillo giojelliere di Londra, il quale morì l’anno 1739, imprese a scrivere più d’una di simili favole tragiche di persone private sommamente atroci, per le quali si è communicata alle scene francesi ed allemanne la smania di rappresentare le più rare esecrande scelleratezze che fanno onta all’umanità. […] Garrick figliuolo di un Francese rifugiato in Inghilterra, ebbe per maestri il dottor Johnson e Colson di Rochester; e dopo avere esercitate varie professioni si unì al fine nel 1741 ad una compagnia comica, e per lo spazio di circa anni quaranta fece la delizia, e l’ornamento delle scene inglesi, e morì d’anni sessantatre in Londra nel 1779.
Forse nel ’74 fu ancora in Italia, e andò una terza volta a Parigi, dove si trovava il 21 dic. ’78, testimonio a un battesimo, e dove fattosi naturalizzar francese il giugno ’83, morì nel 1702 ?
Perdè gran parte de’lucri di tant’anni per regger la Compagnia, finchè umiliato, accorato, dovè ritirarsi a Padova, ove morì d’idropisia il 25 gennaio del’54.
Esse veramente non portano il nome dell’autore che le compose, cioè di Francesco d’Isa sacerdote erudito che dimorava in Roma, dove morì sull’incominciar del secolo. […] Egli fu poeta nella corte di Toscana, e morì all’improvviso nel settembre del 1700. […] Il celebre cavalier Bernini nato in Napoli, e che fiorì in Roma dove morì nel 1680, rappresentava egregiamente diversi comici caratteri95. […] Egli morì vecchio in Parigi nel 1694, lasciando a un di lui figliuolo sacerdote il valsente di centomila scudi98.
Pergolesi: Giovanni Battista Pergolesi (Jesi, 1710 – Pozzuoli, 1736) morì a soli 26 anni. Vinci: Leonardo Vinci iniziò come compositore di commedie per musica in dialetto napoletano, ma si distinse anche nell’opera seria e divenne uno dei più importanti compositori del suo tempo; morì a quarant’anni in circostanze misteriose, forse per avvelenamento.
L’autore Guidubaldo de’ Bonarelli (fratello dell’autore del Solimano) morì d’anni quarantacinque l’anno stesso in cui i lodati Accademici la fecero solennemente rappresentare in Ferrara con un prologo della Notte composto dal cavalier Marini.
L’autore Guidubaldo de’ Bonarelli (fratello dell’autore del Solimano) morì d’anni quarantacinque l’anno stesso, in cui i lodati Accademici la fecero solennemente rappresentare in Ferrara con un prologo della Notte composto dal cavalier Marini.
Maritatasi la figlia al Colomberti nel ’27, Antonio Belloni si ritirò dall’arte, istituendo una agenzia d’affari per l’arte comica in Bologna, ove morì nel ’42, a 83 anni.
GneoNevio, poeta campano, o sia nativo della Campania, il quale militò nella prima guerra punica, e morì all’anno di Roma 549 nel consolato di P. […] in Rudia nel Capo d’Otranto68e morì in età d’anni settanta, essendo consoli Cepione e Filippo. […] Questo comico, nato in Cartagine circa l’anno di Roma 560, morì, o per meglio dire, sparve nel principio della terza guerra punica; perocché d’anni trentacinque s’imbarcò per la Grecia, o per l’Asia, né più si vide. […] Girolamo Chronico Eusebii, morì quali nonagenario in Taranto: «Marcus Pacuvius Brundusinus poeta Romae picturas exercuit, tabulas vendidit. […] Cecilio Stazio, secondo la cronaca eusebiana; morì un anno dopo Ennio, cioé l’anno 585.
Egli nacque dal nominato mostro nel 1698, e per di lei opera morì in prigione nel 1743. […] Giorgio Lillo giojelliere di Londra, il quale morì l’anno 1739, imprese a scrivere più d’una di simili favole tragiche di persone private sommamente atroci, per le quali si è comunicata alle scene francesi ed alemanne la smania di rappresentar le più rare esecrande scelleraggini che fanno onta all’umanità. […] Garrick figliuolo di un Francese rifugiato in Inghilterra, ebbe per maestri il dottor Johnson e Colson di Rochester, e dopo avere esercitato varie professioni si unì al fine nel 1741 a una compagnia comica, e fece per lo spazio di circa quarant’anni la delizia e l’ornamento delle scene Inglesi, e morì di anni 63 in Londra nel 1779.
Rollin dicono, Euripide dovette morire il secondo anno dell’olimpiade XCII, e non nella XCIII; perciocchè Aristofane nelle sue Rane, le quali furono certamente rappresentate nell’olimpiade XCII, parla di Euripide come di un uomo ch’ era già morto; e Sofocle, per quanto ci assicurano parecchi autori, sopravisse di sei anni ad Euripide, e morì nonagenario nel quarto anno dell’ Olimpiade XCIII.
Secondo il Bartoli, nacque il 1567, e morì il 1627 ; ma nè della data di nascita, nè di quella di morte, ho potuto trovar notizie precise.
Si ritirò il 1832 nella nativa Cortona, ove morì poco dopo, miserissimo.
Egli morì in Evora prima del 1557. […] Avrebbe certamente quel bibliotecario parlato con maggior circospezione, se si fosse anche ricordato di ciò che si narra da tanti scrittori c, cioè che Antonio di Nebrixa nato nell’Andalusia il 1444, dopo aver fatto per poco tempo i suoi studii in Salamanca, non ben soddisfatto passasse in Italia, e fermatosi lungamente nell’università di Bologna, dopo essersi renduto ben istruito non men nelle lingue che nelle scienze, ritornasse alla sua patria, richiamato, come vogliono, dall’arcivescovo di Siviglia Guglielmo Fonseca a cogli acquisti fatti della dottrina italiana, e leggendo per un gran pezzo in Salamanca non ostante l’opposizione degli scolastici che di favorir le novità l’accusarono, inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere, onde fu caro al re Cattolico che lo volle perciò in corte per iscrivere la sua storia, e fu dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia Poliglotta, e di poi alla direzione dell’università di Alcalà di Henares, ove si morì nell’1522, e lasciò molte opere. La stessa cosa si dice che fatto avesse Ario Barbosa b nato in Aveiro nel Portogallo, il quale fu discepolo del Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e dopo lesse anch’egli in Salamanca per lo spazio di venti anni in compagnia del Nebrissense, e passato in Portogallo fu maestro de’ due principi, e morì decrepito in sua casa nel 1530 con lasciar varie opere. […] Cervantes lasciò di scrivere commedie quando cominciò a fiorire Lope de Vega Carpio b, il quale sopravvisse a Cervantes diciannove anni, e morì di anni settantatre nel 1635.
Inquieto, stravagante, violento, tanto si risentì dell’insuccesso, che a Milano, mentre si trovava nella Compagnia di Angelo Lipparini, colpito da mania furiosa, fu ricoverato alla Senavra, ove morì miseramente di circa settant’anni, dopo il ’40.
Esse veramente non portano il nome dell’autore che le compose, cioè di Francesco d’Isa sacerdote erudito che dimorava in Roma, dove morì sull’ incominciar del secolo.
Lulli morì di tal malattia nel 1687 contando 54 anni di età.
Nato in Strafford verso il 1564, morì nel 1616; e per onorarne la memoria gli fu eretto un magnifico monumento nell’Abadia di Westminster.
Lulli morì di tal malatia nel 1687 contando 54 anni di età.
Egli morì quasi nonagenario in Taranto; e si è conservato l’epitafio ch’egli fece a se stesso come sommamente puro e degno della sua elegantissima gravità, oltre al pregio della verecondia che manca a quelli di Nevio e di Plauto, siccome altrove abbiamo pur detto78: Adolescens, tametsi properas, hoc te saxum rogat, Ut se adspicias: deinde quod scriptum est, legas. […] Egli nacque nella città di Suessa degli Aurunci91 posta nella Campania di là dal Liri92, nel primo anno dell’olimpiade CLVIII, secondo Eusebio, e morì in Napoli nel secondo anno dell’olimpiade CLXIX, che cade nell’anno di Roma 651. […] Dall’altra parte secondo la Cronaca Eusebiana Cecilio morì un anno dopo di Ennio, cioè l’anno di Roma 585, e la commedia dell’Andria fu rappresentata ne’ Ludi Megalensi l’anno 587, essendo consoli M. […] Dunque dopo non molto della recita degli Adelfi morì Terenzio, o per meglio dire sparì, nè altro se ne seppe dal consolato di Cn.
Egli nacque da questo mostro nel 1698, e morì in prigione nel 1743. […] Giovanni-Cristiano Krüger nacque in Berlino da parenti poveri, e nell’età di ventuno anni morì etico in Amburgo li 23 di agosto del 1750.
Questo figliuolo tenuto al sacro fonte dall’abate Claudio Anory, rappresentante il Cardinal Mazarino, e da Maria Indret, dama d’onore della Regina Madre Anna d’Austria, Reggente di Francia, morì a due anni e mezzo e fu sepolto il 14 dicembre 1646. […] Da un diario inedito di Firenze, Ademollo riferisce (ivi) che il 17 luglio dello stesso anno venne in verso dal Val d’Arno un temporale e gragnuola e saette, e ne morì un figliuolo di un commediante e buffone detto Scaramuccia.
In quell’anno si uni in matrimonio con Carolina De Medici nipote della Pescatori attrice della Compagnia, la quale poverina morì dando alla luce mio fratello.
[NdA] Il suo amore per l’armonia era tale, che vicino a morire dopo aver fatto l’ultime preghiere col confessore fece venire i suoi suonatori, e morì alla metà d’un concerto.
Costui trent’anni prima avea ricevuto in deposito molti beni da un suo amico che morì, perchè gli rendesse alla di lui moglie e figlia. […] Questo piacevolissimo scrittore che morì d’anni sessantacinque nel 1563, fu calzolajo, ma si distinse in Firenze per molte lezioni recitate nell’Accademia Fiorentina, e per alcune traduzioni. […] Agnolo Firenzuola cittadino fiorentino abate Vallombrosano e letterato che si distinse in più di un genere, e visse sotto Clemente VII e Paolo III, e morì in Roma poco prima del 1548, scrisse in prosa due belle commedie, i Lucidi impressa da’ Giunti di Firenze nel 1549, e la Trinuzia uscita alla luce nel 1551. […] Il perugino Sforza degli Oddi professor di leggi di gran nome nella patria, in Padova ed in Parma (dove morì l’anno 1610 secondo Apostolo Zeno, o nel 1611 come ci assicura il Bolsi presso il Tiraboschi) compose in bella assai e natural prosa tre commedie da mettersi accanto agli Straccioni del Caro quanto al loro genere e carattere.
Pasquale de’ romani, le Pasquelle de’ fiorentini, i Travaglini de’ siciliani, i Giovannelli de messinesi, il Giangurgolo de’ calabresi, il Pulcinella, il Coviello, e ’l Pasquariello, tutti tre napoletani… Silvio Fiorillo commediante, che appellar si facea il Capitano Mattamoros, inventò il Pulcinella napoletano; e collo studio, e grazia molto aggiunse Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, il quale fu sartore, e morì nella peste dell’anno 1656, imitando i villani dell’Acerra, città antichissima di terra di lavoro poco distante da Napoli» e vicina per poche miglia a quell’antica Atella, che sumministrò a i gravi romani una nuova spezie di commedia bassa sì, e sparsa di oscenità, secondo il Poliziano in Pers. […] L’Aminta fu pur anche adornato di note musicali da Erasmo Marotta gesuita siciliano da Randazza, il quale morì in Palermo nel 1641, e con tale ornamento fu stampato, come accenna Antonio Mongitore Biblioth.
Appena possiamo eccettuar dalla loro calca, il dottor Giovanni Andrea Moniglia lettore in Pisa satireggiato da Benedetto Menzini sotto il nome di Curculione a Egli fu poeta nella corte di Toscana, e morì all’improvviso nel settembre del 1700.
Brawe mostrando i medesimi talenti teatrali, e morì parimente negli anni suoi più verdi.
Brawe mostrando i medesimi talenti teatrali, e morì eziandio negli anni suoi più verdi.
Questo gran tragico, secondo Luciano nel catalogo de’ Macrobii, morì strangolato con un grano di uva di anni novantacinque.
Alla quarta rappresentazione che se ne fece il di 17 di febbrajo, morì in sua casa questo principe della commedia francese, essendovi stato trasportato dal teatro moribondo.
Forse questi due Brighella non eran altro che lo stesso Cantù, il quale morì probabilmente nel ’76, come si può argomentare da una lettera inedita di Alfonso D’Este, della linea de’Marchesi di S.
Egli prese il partito di allontanarsi volontariamente da Atene, e si ritirò presso Jerone in Sicilia, ove dopo alquanti anni morì, e secondo Plutarco56 fu sotterrato presso Gela. […] Adunque Eschilo che secondo i marmi di Arondel morì nel primo anno dell’olimpiade LXXXI, dovette sopravvivere a Jerone intorno a dodici anni. […] Questo gran tragico, secondo Luciano nel catalogo de’ macrobj, morì strangolato con un grano di uva di anni novantacinque (Nota XI). […] Il secondo Cherilo fu di Jasso, o di Alicarnasso, contemporaneo di Erodoto’ e scrisse in versi la vittoria degli Ateniesi riportata contro Serse, e morì presso Archelao re di Macedonia.
L’autore non oltrepassava l’anno diciottesimo di sua età, quando lo scrisse in tempo di due giorni (com’egli accenna in una lettera a Carlo canale) intra continui tumulti a requisizione del reverendissimo cardinale Mantuano Francesco Gonzaga , in occasione che questi da Bologna ove risedea Legato, portossi a Mantova sua patria, ove era Vescovo nel 1472, come col Bettinelli asserisce il lodato padre Affò, o almeno prima del 1483, nel quale anno morì il Cardinale, come osserva Girolamo Tiraboschi.
Affò, o almeno prima del 1483, nel quale anno morì il Cardinale, come bene osserva il Tiraboschi.
Aveva quattordici anni, quando le morì la madre ; e cominciava già a farsi notare in alcune parti per un suo singolar modo di recitare ; ma dominava in lei una specie di sfiaccolamento, che la mostrava annoiata, quasi nauseata della vita.
Egli nacque nella città di Suessa degli Auruncic posta nella Campagna di la dal Liria, nel primo anno dell’olimpiade CLVIII secondo Eusebio, e morì in Napoli nel secondo anno dell’olimpiade CLXIX, che cade nell’anno di Roma 651. […] Dall’altra parte secondo la Cronaca Eusebiana Cecilio morì un anno dopo di Ennio, cioè l’anno di Roma 585, e la commedia dell’Andria fu rappresentata ne’ Ludi Megalesi l’anno 587, essendo Consoli M. […] Dunque dopo non molto della recita degli Adelfi morì Terenzio, o per meglio dire, sparì, nè altro se ne seppe dal consolato di Cn.
Costui trent’anni prima avea ricevuto in deposito molti beni da un suo amico che morì, per renderli alla di lui moglie e figlia. […] Questo piacevolissimo scrittore che morì d’anni sessantacinque nel 1563, fu calzolajo, ma si distinse in Firenze per molte lezioni recitate nell’Accademia Fiorentina, e per alcune traduzioni. […] Agnolo Firenzuola cittadino Fiorentino ed Abate Vallombrosano e letterato che si distinse in più di un genere, e visse sotto Clemente VII e Paolo III, e morì in Roma poco prima del 1548, scrisse in prosa due belle commedie i Lucidi impressa da’ Giunti di Firenze nel 1549, e la Trinuzia uscita alla luce nel 1551.
Egli morì in Evora prima del 1557; e dopo la di lui morte se ne pubblicarono le opere in cinque volumi, de’ quali il secondo contiene le commedie, il terzo le tragicommedie, il quarto le farse. […] Cervantes lasciò di scrivere commedie quando cominciò a fiorire Lope de Vega Carpio44 il quale sopravvisse a Cervantes diciannove anni, e morì d’anni settantatre nel 1635.
Quando la madre Isabella morì in Lione, egli era colla moglie in Firenze, ove compose per essa la tragedia Florinda, la cui prima edizione fu da lui abbruciata per gli errori ond’era piena zeppa.
Ma non potè compiere il suo contratto ; chè, sviluppatasi alacremente la tisi, dovè recarsi per consiglio de’ medici prima a Pisa, poi a Firenze, ove in capo a pochi mesi (il luglio del 1868) morì compianta da quanti la conobbero.
Non per tanto questo padre e legislatore del teatro francese, che morì, nel 1684, ha pur troppo pagato il tributo al gusto delle arguzie viziose, dominante sotto il regno di Luigi XIII, e nel principio di quello di Luigi XIV, siccome hanno osservato gl’italiani187 non meno che i medesimi francesi.
Tornato in Italia per curare la salute malferma, visse tra Venezia e Bologna e morì a Pisa nel 1764.
Imperocché ha ella una variazione d’accento che la rende molto a proposito per la formazione de’ piedi: può, per esempio, in una parola di cinque sillabe, mettendo l’accento sulla seconda, far brievi le tre che le rimangono, come in “determinano”: può fare lo stesso in una parola di quattro sillabe, come in “spaventano”: abbonda moltissimo di piedi dattili come “florido, lucido”, piedi che molto giovano all’armonia a motivo dell’ultima, e penultima breve precedute danna sillaba lunga, circostanza, che più agevole rende la musicale misura: adatta l’accento ora sulla penultima, come in “bravura, sentenza”, ora sull’ultima, come in “morì, bontà, virtù”, dal che vario e differente suono risulta sì nelle rime che nei periodi, e più facile diviene la poggiatura nella cadenza.
«Altrimenti non avrebbe egli detto, che Guido Aretino, il quale fiorì nel secolo XI fu anteriore di tempo, o almen coetaneo al famoso Alfarabi, mentre questi morì l’anno 343 dell’Egira cioè poco dopo la metà del secolo X.» […] Ma se Alfarabi morì dopo la metà del secolo decimo, e se Guido (come sembra indubitabile) nacque molti anni dentro dello stesso secolo, quantunque entrasse colla vita nell’undecimo, egli è probabilissimo che si toccassero di qualche anno nella stessa età; lo che basta per renderli coetanei in un’opera che dipinge a gran tratti, che descrive la storia delle arti e non degli artefici, e che non è una biografia, né un sistema cronologico.
Secondo Eusebio egli morì in Utica nell’olimpiade cxliv (che cade nel nominato anno 549) cacciato da’ nobili Romani che solea mordere nelle sue favole. […] Questo scrittore che a’ suoi tempi recò grande ornamento alla città di Roma, e di anni settanta morì nel 584, l’anno 514 quando cominciò a comparire Andronico sul teatro Latino, nacque in Rudia nella Japigia secondo Plinio, Silio Italico e Pomponio Mela.
Nato in Strafford verso il 1564, morì nel 1616; e per onorarne la memoria gli fu eretto un magnifico monumento nell’Abadia di Westminster.
I pellegrini, che spinti dalla divozione erano andati a visitar i luoghi ove nacque e morì il comun Redentore, a San Giacomo di Galizia, alla Madonna di Puy e tali altri santuari, cominciarono i primi nel ritorno loro a farsi sentire or soli, or molti insieme cantando sulle pubbliche strade cogli abiti coperti di conchiglie, di medaglie e di croci la Passione del nostro Signore, le gesta di Maria Vergine, di San Lazzaro, degli Apostoli, ed altri argomenti sacri tratti dalla Divina Scrittura, o dalle Leggende de’ Santi.
Cristo (dicesi in un auto) morì alla strada de las tres Cruces, alludendo con equivoco meschino alle croci del Calvario e alla calle de las tres Cruces di Madrid. […] Solis sopravvisse a Calderòn, il quale morì assai vecchio nel 1681, e tutti si rivolsero a Solis, perchè succedesse all’estinto commediografo nel comporre gli autos sacramentales; ma egli risolutamente ricusò di porvi la mano, confessandosi insufficiente di seguirlo in tal carriera.
Cristo (dicesi in un auto) morì nella strada delle Tre Croci, alludendo con equivoco meschino alle croci del Calvario e alla calle de las Tres-Cruces di Madrid. […] Solis sopravvisse a Calderon, il quale morì assai vecchio nel 1681, e tutti si rivolsero a lui, perchè succedesse all’estinto poeta nel comporre gli autos sacramentales; ma egli risolutamente ricusò di porvi la mano, confessandosi insufficiente di seguirlo in tal carriera.
Possedendo undici lingue, e scrivendo tanto pel teatro, visse stentatamente, e morì mancando del necessario nel 1800.
Non è meno oziosa l’altra domanda, se sia vero che Gerbino morì in mare, perchè o nulla ne sa chi non era con lui, o nulla ne dirà chi fosse compagno di Gerbino. […] Ah signor, morì Adelvolto. […] Viene Almonte nella scena 12 con fretta, e dice che morì Adallano.
Ah Signor, morì Adelvolto. […] Almonte con fretta viene a riferire che morì Adallano. […] Tutto ciò è l’Elvira che morì nascendo ad onta delle note eccellenti del cav.
Eschilo disgustato della patria così per questo contrattempo, come perché cominciavano ad applaudirsi piò delle sue le tragedie del giovane Sofocle, si ritirò presso Jerone re di Siracusa, e secondo i marmi d’Arondel, morì di sessantanove anni nel primo dell’Olimpiade LXXX23.
Maria Ignacia Ordoñes, già prima dama ne’ teatri di Madrid rappresentò non senza energia tanto la parte di Ormesinda nella tragedia del Moratin, quanto quella di Elvira nel Sancho Garcia, e morì pochi mesi dopo.
La parte di Edipo che si accieca, si sostenne egregiamente dal famoso Luigi Groto detto il Cieco d’Adria tale divenuto otto giorni dopo nato, il quale a quest’oggetto recossi in Vicenza nel carnovale del 1585, e morì poscia in Venezia nella fine dell’anno stesso.
La parte di Edipo che si accieca, fu sostenuta egregiamente dal famoso Luigi Groto detto il Cieco d’Adria tale divenuto otto giorni dopo nato, il quale a quest’oggetto recossi in Vicenza nel carnovale del 1585, e morì poscia in Venezia nella fine dell’anno stesso.
Predilesse la poesia tragica il coltissimo duca Annibale Marchese, il quale dopo di aver governato da preside in Salerno entrò nel 1740 tra’ Padri dell’ Oratorio detti G rolimini di Napoli, e glorioso ancora per la rinunzia dell’arcivescovato di Salerno, e del vescovato di Lecce a lui offerti, morì nel 1753 ammirato per le sue virtù. […] Se l’opera morì nascendo, a che riprodurne la centura ?
Predilesse la poesia tragica il coltissimo duca Annibale Marchese, il quale dopo di aver governato da preside in Salerno entrò nel 1740 tra’ Padri Gerolimini di Napoli e glorioso per la rinunzia dell’ arcivescovato di Palermo e del vescovato di Lecce a lui offerti morì nel 1753 ammirato per le sue virtù.
Egli fiorì regnando Alessandro Magno poco prima di Menandro, e di anni 94 in circa morì sul teatro ridendo smoderatamente, dopo aver composte novanta favole, delle quali Giulio Pollice, Ateneo e Stobeo hanno conservati varj nomi, e Grozio ne ha raccolti i frammenti122.
Friano in Arno sopra certe barche, e che quando il ponte alla Carraia, che allora era di legno, rovinò per essere troppo carico di persone che erano corse a quello spettacolo, egli non vi morì, come molti altri feciono, perché quando appunto rovinò il ponte in sulla machina che in Arno sopra le barche rappresentava l’inferno, era andato a procacciare alcune cose che per la festa mancavano» (G. […] Ora questo valentuomo prima del Rinuccini insegnò la maniera di rappresentare i mentovati drammi, e pieno d’anni, e di gloria se ne morì in patria l’anno 1605» (L.