Il colonnello Ayrenhoff uno de’ letterato dell’Austria compose più tragedie e commedie, e tralle prime viene sommamente celebrata dall’abate Bertòla la Cleopatra, la quale però si pretende che non abbia secondato il disegno dell’autore di produrre una tragedia tedesca da paragonarsi con alcuna di Racine, cosa che sembrava tanto difficile al Wieland autore del Mercurio tedesco.
Ulisse viene fuori coll’ intento di fornirfi d’acqua e di viveri, e si mar aviglia al vedere i Satiri in tal luogo.
Il colonnello Ayrenhoff uno de’ letterati dell’Austria ha composte più tragedie e commedie, e tralle prime viene sommamente celebrata dall’ab.
Egli scrisse ancora l’Agnese, i Nipoti ed altre commedie d’intrigo, ed il Tamburro notturno che viene da una favola inglese. […] Giudiziosamente viene egli nella favola enunciato prima di comparire.
Conti, infatti, doveva aver trasmesso al Bolognese la tesi di un ‘erudito francese’ (così viene indicato in TrAM, III.[90]), secondo la quale le tragedie amorose si erano rese necessarie per compiacere il pubblico femminile, nell’antichità non ammesso in teatro. […] Scomparso l’autore, tuttavia, la riflessione martelliana sulla tragedia viene spesso ridotta alla sola proposta del ‘doppio settenario’ rigettata tanto dal Calepio del Paragone della poesia tragica d’Italia 49 quanto dal Bianchi del Dei vizi e dei difetti del moderno teatro 50, ma contemporaneamente accolta sulle scene veneziane comiche, grazie a Pietro Chiari e, malgré lui, Carlo Goldoni. […] [1.137ED] Ma suole ancora, benché più di rado avvenire e ne abbiamo dalle storie non pochi racconti, che tal volta un principe erri sconosciuto fuor de’ suoi stati per qualche tempo e che poi nel grand’uopo si scopra con incontrovertibili contrassegni, lo che produce meraviglia insieme e diletto negli ascoltanti. [1.138ED] Anche questa sorta d’avvenimento viene verisimilmente ammessa nella tragedia, non sì frequente e naturale come la prima e perciò più perigliosa; di maniera che difficilmente consiglio i tragici a frequentarla, perché pochissime di queste agnizioni si trovano che siano felicemente condotte e che non lascino che ridire. […] [5.64ED] Sapendo noi come gli uccelli fischiano e come suonano gli strumenti e come gli uomini soli ragionano, desideriamo altresì che alla dolcezza del canto umano si aggiunga quella delle parole atte ad esprimerci i sentimenti dell’animo; ed ecco un’altra delizia che vien di fianco in aiuto di questo spettacolo, ed ecco finalmente la poesia. [5.65ED] Ma la povera poesia viene in figura molto diversa da quella che sostiene sì nella tragedia che nella commedia. [5.66ED] In quelle tiene il posto principale, nel melodramma tien l’infimo; là comanda come padrona, qui serve come ministra. […] [commento_2.28ED]-[commento_2.29ED]: con effetto simile a quello riscontrato in I.[101], M. si pronuncia in una proposizione assiomatica, subito smentita dalla successiva, con evidente allusione a Gravina, Della tragedia, p. 508: «Sicché ridotta la tragedia nella sua vera idea, si viene a rendere al popolo il frutto della filosofia e dell’eloquenza», e passim.
Nell’atto quarto Ilo viene a riserire alla madre l’effetto del regalo fatale della veste inviata al padre nell’atto terzo.
Al contrario un verso che mal suoni gli dispiace, poiché quel mal suono viene da ciò, che in quel verso non si sente il numero delle parti, come fa la sonorità, che però ne’ versi fu detta anche numero. […] Adunque il piacer patetico, che viene dalle belle arti, è necessariamente congiunto coll’illusione, cioè colla credenza che gli oggetti presentati sieno veri e non già finti da quelle. […] Pane pur seco viene Coll’ incerate avene: E i grappoli gli pendon dalle corna. […] [Sez.III.1.4.5] Se una tal musica niun’azione può avere sulla fantasia e sulla memoria, molto meno può averla su’ nervi diatetici: perciocché quell’oscillazione, che un tuono avea sopra di essi cagionata, cominciata appena viene interrotta da un’altra tutta diversa dalla precedente. […] Qual calore, e qual vita non viene a ricevere in fatti un recitativo, se là dove si esalta la passione, sia rinforzato dall’orchestra, se ogni sorta d’arme, per così dire, assalga il cuore ad un tempo, e la fantasia?»
Ma siccome la parte più essenziale del dramma viene comunemente riputata la musica, e che da lei prende sua maggior forza, e vaghezza la poesia, così le mutazioni da essa introdotte formano il principal carattere dell’opera. […] Selene sorella della sfortunata Didone viene a ragguagliarla ch’Enea senza punto curarsi delle sue preghiere ha nel silenzio della notte ragunati i suoi compagni, allestite le navi, ed è fuggito da Cartago.
A un tratto poi nel quarto si enuncia la morte di Pisistrato, di cui non cercano di accertarsi nè gli amici nè i nemici; così che poco dopo Solone avvisa che Pisistrato combatte ancora, e la libertà soccombe; anzi Pisistrato stesso viene fuori, altro male non avendo che un braccio fasciato.
Il carnefice viene ad intimargli l’ordine della di lui morte: Dux Jac.
Il carnefice viene ad intimargli l’ordine della di lui morte: Dux Jac.
Viene il giorno…. viene la sera – e poi di nuovo – la sera – e poi di nuovo – il giorno – una piccola ruota – sotto il gran regolatore del sole – che non si sposta – che non mi sposta.
Ammirasi in quest’atto il racconto della pioggia d’oro penetrata nella torre pieno d’eleganza e di vaghezza, che viene così preparato dalle commozioni di Danae che vuol parlarne alla Nutrice: Nutrix, age, mea nutrix, Perii! […] Il soggetto di essa è fondato nella famosa regina degli Assiri Semiramide, la quale, secondo Diodoro e Giustino, trasportata ad amare il figliuolo viene da lui uccisa. […] Atirzia ch’è stata presente alla strage, atterrita, disciolta in lagrime viene a narrarla nell’atto IV.
Intanto un vecchio libertino chiamato Furard proprietario della casa di Zoe, e di lei amante viene a sollecitare l’effetto delle speranze che ella gli ha date, e si raccomanda alla pretesa vicina facendole sapere che già ella più volte ha ricevuto del danaro, e promesso di soddisfarlo.
E quando Pitagora, non contento di render musicali la terra, l’anima, e gli elementi, sollevò fino al cielo l’armonia volendo ch’ella fosse il principio regolatore del movimento dalle sfere; quando Platone fa dipender da essa non solo l’allegrezza, il dolore, l’iracondia colle altre passioni, ma le virtù eziandio e i vizi e la sapienza degli uomini; quando Ateneo ci assicura che gli Arcadi deponessero la loro ferocia costretti dalla soavità dell’armonia, e che a questa fossero debitori di più temperati e più religiosi costumi; quando Plutarco ci insegna aver gli dei donata ai mortali la musica non pel vano ed inutil diletto dell’orecchio, ma sibbene acciochè s’occupassero ad affrenare gli sregolati movimenti che destan nell’animo le troppo lussureggianti imagini delle terrestri Muse sotto il qual nome compresa viene ogni sorta di sregolata cupidigia; quando Gaudenzio, poeta greco, al cominciar il suo poema sulla musica scaccia «lungi da sé i profani» protestandosi di dover parlare d’un’arte affatto divina; quando Polibio ne inculca la necessità della musica per l’educazione, e rammenta i prodigiosi effetti operati da essa su alcuni popoli della Grecia; quando Montesquieu impiega un’intiero capitolo della sua opera immortale dello spirito delle leggi nel verificare i fatti che si rapportano, e nel rintracciarne le cagioni; quando il dottissimo Brown ci fa toccare con mano la grande e generale possanza che acquistò l’armonica facoltà sulle menti e sulle azioni degli antichi Greci; quando Burney, il più accreditato scrittore ch’esista della storia musicale, conferma il fin qui detto con una serie prodigiosa di fatti e d’antiche testimonianze: sarà un “discorrere in aria” l’argomentare dall’autorità riunita di tanti e così bravi scrittori, che gli Antichi avessero della musica un’idea superiore di molto a quella che noi ci formiamo di essa, e che avvezzi fossero a veder operati dalla melodia degli effetti sconosciuti ai moderni? […] [75] «Perché condannar tanto il desiderio di novità che hanno gli uomini in generale di musica, se lo hanno ancora per tutte le altre cose, e se a quelli che non sono automi viene infuso dalla natura? […] Dopo alcune righe dove c*ontinua sempre senza interruzione il sentimento medesimo, viene l’altra proposizione citata dal giornalista.
La prima di esse è divisa in due parti, o atti, e s’intitola Gallicano, che è un pagano generale di Costantino, il quale va a combattere contro gli Sciti, n’è vinto, è ricondotto contro di essi da un angelo, vince, si battezza, e fa voto di castità; e nella seconda parte l’imperadore non è più Costantino, ma Giuliano, da cui Gallicano viene esiliato, e riporta la corona del martirio.
[17] Nella seconda parte (poiché in due sole è divisa) viene un mercante, il quale fra le altre recita la seguente arietta: «Al Perù che occorre andare, E disagi ognor soffrire: Basta solo esercitare Il mercante, e poi fallire: Questo è il modo d’arricchire Inventato da più scaltri, Far a mezzo di quel d’altri.»
Giorgio Dandino viene da una novella del Boccaccio già dall’istesso Porta trattata in una commedia.
A un tratto poi nel IV si enuncia la morte di Pisistrato, di cui non cercano di accertarsi nè gli amici nè i nemici, così che poco dopo Solone avvisa che Pisistrato combatte ancora, e la libertà soccombe ; anzi Pisistrato stesso viene fuori, altro male non avendo che un braccio ferito.
Non viene meno la volontà di riflettere sulla funzione catalizzatrice della poesia ma ogni aspetto è visto sullo sfondo del sistema complessivo di organizzazione degli spettacoli.
44 Questo testo viene falsamente attribuito dall’Abate du Bos al celebre Corio. […] Il risorgimento benché lento della pittura, il commercio che vivifica le arti, onde viene alimentato a vicenda il lusso che rende squisite le sensazioni nell’atto che le moltiplica, e la connessione che hanno fra loro tutti gli oggetti del gusto fecero avvertiti gli uomini di genio che l’immaginazione dei popoli civilizzati avea bisogno d’un pascolo men grossolano, che la novità e la dilicatezza ne doveano essere i principali ingredienti, che la favola da una banda e l’allegoria dall’altra potevano somministrare agli occhi una folla di piaceri sconosciuti, e che toccava a lui solo prevalersi del vero e del finto, della natura e dell’arte, degli esseri animati e degli inerti per dar una nuova mossa alla fantasia e un vigore novello alla prospettiva.
Il soggetto di essa è fondato nella famosa regina degli Assiri Semiramide, la quale, secondo Diodoro e Giustino, trasportata ad amare il figliuolo viene da lui uccisa. […] Atirzia ch’è stata presente alla strage atterrita disciolta in lagrime viene nell’atto IV a narrarla.
Ma se egli voleva rallegrare i suoi compatriotti a spese dell’Italia, dovea prima assicurarsi di aver ragione, altrimenti il ridicolo viene a ricadere sul derisore, come ora è avvenuto.
Si è da’ critici detto ancora che la maggior parte delle favole Metastasiane viene dalle francesi, senza avvertire che la maggior parte delle francesi si trasse dalle italiane.
La lite prima del sequestro della caricha venduta acora sono in lite al Sataleto ed ora à mandato prochura e mi à messo un’ altra lite al parlameto e poi mi fece dire : dite a mio padre che se viene a Firence che non comadi i suoi servitori ne meno il fatore mi averebe dato una camera e che adasi a magiare e non pesase ad altro.
Concesso poi questo al teatro italiano di Parigi, vi si é sopra tutti segnalato Carlo Simone Favart, particolarmente colla sua Chercheuse d’esprit che viene riputata la più ingegnosa e perfetta opera comica che si abbia la Francia.
Il conte Luigi viene particolarmente oltraggiato nella persona di un figliuolo dal figliuolo di Gambara natogli di una Francese, implora la giustizia de’ nuovi padroni della città, non è ascoltato.
Ultimamente il fine morale dell’autore di mostrar le funeste conseguenze delle sfrenatezze, viene interamente distrutto colle dipinture e situazioni sommamente laide e lascive, per le quali ne fu meritamente proibita la lettura.
Ben è tronca nel mezo ogni mia spene, Nè pace più, nè più salute spero Se da cotanti riui il mio duol viene.