[32] Così di mano in mano crescendo dalle ballate alle canzoni, dalle canzoni alle maggiolate, canti carnascialeschi e madrigali, dai madrigali ai cori e agl’intermezzi, e da questi fino alle scene drammatiche, il lettore ha potuto vedere per quai gradi la musica sia finalmente pervenuta a costituire il pomposo spettacolo dell’opera. […] Fu dato il surriferito spettacolo da Bergonzo Botta nobile tortonese verso la fine del mille e quattrocento in occasione di festeggiarsi le nozze di Galeazzo duca di Milano con Isabella d’Aragona. […] [35] La seconda parte della festa conteneva uno spettacolo non meno singolare.
[8] Nel nostro presente sistema drammatico tre cose concorrono principalmente a produr l’espressione, cioè l’accento patetico della lingua, l’armonia, e la melodia, ciascuna delle quali suddividendosi in vari altri rami formano quell’aggregato dal quale ben congegnato e unito ai prestigi della prospettiva risulta poi l’illusione e l’interesse dello spettacolo. […] Quindi la sorpresa mista di sdegno colla quale uno straniero nuovo alle impressioni riguarda l’insulto che si vuol fare alla sua ragione dandogli ad intendere che i soli Italiani hanno colpito nel segno, e che ad essi unicamente appartiene il conservar il deposito della bellezza musicale; asserzione, che vien provata da loro esagerando i pregi di questo brillante spettacolo, ma che resta subito smentita dall’intimo sentimento di chi gli ascolta, poiché invece della sublime illusione che gli si prometteva, invece di trovar quel congegnamento mirabile di tutte le belle arti che dovrebbe pur essere il più nobil prodotto del genio, altro egli non vede nell’opera fuorché una moltitudine di personaggi vestiti all’eroica, i quali vengono, s’incontrano, tengono aperta la bocca per un quarto d’ora, e por partono senza che lo spettatore possa capire a qual fine ciò si faccia, riducendosi tutto, come l’universo nel sistema di Leibnitzio, a pure apparenze o prestigi. […] Dicono altresì che anche nei teatri scoperti l’argomento della voce relativamente all’immenso numero delle persone s’infievolisce di molto ogniqualvolta si voglia riflettere che essendo divisi i teatri in varie partizioni, in una delle quali si recitava la commedia, in altra la tragedia, in altra la pantomima, e in altra si tenevano combattimenti di fiere, o corse di cavalli, non era necessario che tutto il popolo godesse d’un solo spettacolo ma badando chi all’uno chi all’altro, restava appunto per ciascuno quel numero di persone sufficiente a poter sentire la voce degli attori.
Anche da Seneca egli ha tratta la magnanimità di Astianatte nell’incontrar la more, e la dipinge in bei versi, ad eccezione di poche foglie, presentando degnamente lo spettacolo del campo greco e del precipizio del real fanciullo dalla torre. […] Nel racconto della morte di Nino il poeta imitando in parte l’attitudine di Tancredi al sepolcro di Clorinda principia colla pittura più espressiva del di lui dolore alla vista de’ figli e di Dirce: Giunto al fiero spettacolo si stette Pallido, freddo, muto, e privo quasi Di movimento; e poco poi dagli occhi Li cadde un fiume lagrimoso, e insieme Un oimè languidissimo dal petto Fuori mandò, così dicendo… Torquato Tasso nella Gerusalemme canto II, stanza 96 avea detto: Pallido, freddo, muto, e quasi privo Di movimento al marmo gli occhi affisse. […] Altro essi allora non si prefissero se non di richiamare sulle moderne scene la forma del dramma de’ Greci, e non già l’intero spettacolo di quella nazione con tutte le circostanze locali, che a’ nostri parvero troppo aliene da’ tempi e da’ popoli, al cui piacere consacravano le loro penne.
La varietà degli oggetti che appagavano i sensi, fe mirare con indulgenza questo spettacolo, di cui avea suggerito il piano l’istesso Luigi XIV, il quale nel primo tramezzo ballò da Nettuno, e di poi da Apollo; ma fu l’ultima volta che questo monarca che si trovava nel trentesimosecondo anno della sua età, comparve in teatro a ballare, scosso da’ versi del Britannico: Pour merite prèmier, pour vertu singuliere, Il excelle à trainer un char dans la carriere, A disputer des prix indignes de ses mains, A se donner lui-même en spectate aux Romains.
girandola di Castel sant’Angelo: spettacolo pirotecnico svolto a Roma a partire dal 1481 per celebrare le festività religiose.
Ed ecco il perché fin dal principio di rado o non mai venne sola la musica, ma quasi sempre accompagnossi colla pompa, colla decorazione e collo spettacolo ne’ canti carnascialeschi, nelle pubbliche feste e ne’ tornei: benché tristo compenso dovea riputarsi questo nella mancanza d’espressione e di vera melodia.
Un Giardino Botanico, che da Migascalientes mezza lega distante da Madrid, dove era situato, oggi si và trasportando a gran passi nel famoso Passeggio del Prado per farvi nobile vago spettacolo, e insieme per saziare con minore incomodo la bella curiosità degli studiosi, quanti vantaggi non recherà alle Mediche ricerche?
Nè questa nè la mentovata farsa per la presa di Granata del Sannazzaro, nè le feste di Versaillesdate da Luigi XIV nel 1654, nè le feste e mascherate degli Arabi in tante occasioni, nè qualsivoglia altro simile spettacolo festivo, in cui si profondono molte ricchezze facendo uso del ballo, delle decorazioni, della musica e della poesia, compongono quel tutto ed uno che portò più tardi il nome di Opera.
Nè questa, nè la mentovata farsa per la presa di Granata del Sannazzaro, nè le feste di Versailles date da Luigi XIV nel 1664, nè le feste e mascherate degli Arabi in tante occasioni, nè qualsivoglia altro simile spettacolo festivo, in cui si profondono molte ricchezze facendo uso del ballo, delle decorazioni, della musica e della poesia, compongono quel tutto ed uno che portò più tardi il nome di opera.
Finita la commedia e dovendo egli annunziare al pubblico lo spettacolo del domani, fe’segno ad uno degli spettatori, l’altro aveva già preso la porta, di accostarsi alla ribalta ; e famigliarmente e sottovoce con un garbo tutto suo gli disse : Signore, l’altra metà del pubblico se n’è andata : se incontrate qualcuno uscendo di qui, fatemi il piacere di dirgli che noi rappresenteremo domani Arlecchino eremita.
L’uomo di gusto vi osserverebbe con meraviglia la fecondità nell’immaginare i luoghi convenienti alla scena, la maestria con cui fa egli variare le situazioni locali, la dilicatezza nel distinguere quelle che possono dilettar l’immaginativa dello spettatore dalle altre che potrebbero infastidirla, la finezza, il sempre gradevole e non mai repugnante contrasto che mette fra le scene che parlano agli occhi, la varia e moltiplice erudizion che si scorge nella geografia, nei riti, nei prodotti, nelle foggie di vestire di ciascun paese, in tutte quelle cose insomma, che rendono magnifico insieme e brillante un teatrale spettacolo. […] Ora ascolti il terrore umiliante di un’ambiziosa regina, la quale in faccia allo stesso santuario ch’essa meditava di profanare, sente aggravarsi sul suo capo la mano vendicatrice dell’onnipotente, a’ cui cenni la morte e la natura non che i turbini e le tempeste s’affrettano ad ubbidire; ora ti si appresenta uno spettacolo degno dei numi, cioè il dolore sublime d’un eroe che si vede accusato dal proprio padre in presenza del re, in vista di tutta la corte, e sugli occhi dell’oggetto che adora, di un delitto, del quale il solo reo è lo stesso accusatore. […] E qual diletto può gustare uno spettatore in uno spettacolo ove manchi l’interesse e l’illusione?
Anche da Seneca egli ha tratta la magnanimità di Astianatte nell’incontrar la morte, e la dipinge in bei versi, ad eccezione di poche foglie, presentando degnamente lo spettacolo del campo greco, e del precipizio del real fanciullo dalla torre. […] Nel racconto della morte di Nino il poeta imitando in parte l’attitudine di Tancredi al sepolcro di Clorinda, principia colla pittura più espressiva del di lui dolore alla vista de’ figli e di Dirce: Giunto al fiero spettacolo si stette Pallido, freddo, muto, e privo quasi Di movimento: e poco poi dagli occhi Li cadde un fiume lagrimoso, e insieme Un oimè languidissimo dal petto Fuori mandò, così dicendo . . . . […] Essi altro allora non si prefissero se non di richiamare sulle moderne scene la forma del dramma de’ Greci, e non già l’intero spettacolo di quella nazione con tutte le circostanze locali, che a’ nostri parvero troppo aliene da’ tempi e da’ popoli, al cui piacere consacravano le loro penne.
Il secolo ammollito e stanco dal piagnere colla severa tragedia giva desiderando i vezzi della musica in ogni spettacolo.
Indarno la storia ci somministra esempi maravigliosi della possanza della musica presso ai Greci; indarno la filosofia, disaminando la relazione che hanno i movimenti dell’armonia col nostro fisico temperamento, stabilisce sistemi e ne ritrae le conseguenze; la sperienza, quello scoglio fatale contro a cui si spezzano tutte le teorie, ci fa vedere che il superbo e dispendioso spettacolo dell’opera altro non è se non, un diporto di gente oziosa che non sa come buttar via il tempo e che compra al prezzo di quattro o cinque paoli la noia di cinque o sei ore. Per iscacciarne la quale non bastando i prestigi e l’illusione di tutti i sensi, s’appigliano al perpetuo cicaleccio, al cicisbeismo, alla mormorazione, alle cene e al giuoco, né prestano attenzione alcuna allo spettacolo se non quando apre la bocca un cantore favorito per gorgheggiar un’arietta.
L’abate Perrin pensò, che questo spettacolo farebbe meglio ricevuto nella lingua nazionale, e compose un’opera pastorale intitolata Pomona, la quale nel 1659 posta in musica da Cambert, fu ricevuta con applauso universale.
Il secolo ammollito e stanco dal piagnere colla severa tragedia giva desiderando i vezzi della musica in ogni spettacolo.
Dalle finestre delle case rinchiuse ne’ cennati cortili le famiglie che le abitavano, aveano anticamente il dritto di affaccirsi per goder dello spettacolo, e quelle servivano, di palchi.
Egli se ne scusa con queste parole: ma come senza episodj riempiere il vuoto (così) di cinque atti, e presentare al pubblico lo spettacolo di due ore? […] Tali sono 1 la Vedova di prima notte, nella quale è singolarmente pregevole, e chiama l’attenzione, l’abboccamento della scena sesta dell’atto quarto tralla donna e un suo antico amante, che giugne e la trova maritata con un altro, il quale si scopre fratello di lei, cosicchè la disposizione della donna di non unirsi col marito trovasi fortunatamente di avere impedito un incestuoso congiungimento: 2 l’Uomo migliorato da’ rimorsi favola corrispondente al disegno dell’autore, interessando il carattere del Brigadiere Senval colla sua beneficenza e col ravvedimento che consola gli spettatori: 3 la Disgrazia prova gli amici, in cui si trova la dipintura di un ottimo Ministro che esperimenta tutte le umiliazioni da’ malvagi che lo credono disgraziato: 4 l’Udienza, ove si dimostra il vantaggio che reca al Sovrano ed a’ popoli la benignità de’ Principi che ascoltano di presenza le suppliche de’ vassalli; mostrandovisi un Ministro tiranno ed empio che occupa la gioventù del Principe in dissipazioni e piaceri, ed intanto egli opprime 1 popoli con atrocità ed ingiustizie enormi; ma il buon Principe d’ottima indole al vedere lo spettacolo di un indigente meritevole si scuote, risolve di ascoltare di faccia a faccia i vassalli, e con l’Udienza stabilita scopre gli sconcerti dello stato e le malvagità del suo Ministro che vien punito: 5 il Tempo fa giustizia a tutti, commedia di due antichi abbandoni, e di riconoscimenti, e vi si dipinge un libertino che si colma di delitti per le donne, e che in procinto di eseguire un ratto riconosce l’abbandonata sua amante e suo figlio e si ravvede. […] Fece il primo imprimere in Venezia nel 1790 la Morte di Ercole melodramma istorico in cui abbandonato il rancido presidio delle furie danzatrici, e delle trasformazioni a vista, si spiega la pompa delle decorazioni naturali che abbelliscono lo spettacolo. […] III, pag. 285 dopo le parole, accessoria o principale dello spettacolo!
Dunque la partorisce un altro principio, che se non istà nello spettacolo, forza è che trovisi nello Spettatore, il quale voglia con benignità chiudere gli occhi per ricavarne il suo piacere.
Egli é solo da osservarsi nella tragedia del XVI secolo, che i soprallodati peregrini ingegni italiani, benché nel farla risorgere seguissero, e forse con cura anche soverchio superstiziosa e servile, l’orme de’ greci, non pertanto la spogliarono della musica che tra questi l’avea costantemente accompagnata; dappoiché essi altro allora non si prefissero se non di rimettere sui nostri teatri la forma del dramma de’ greci, non già il loro spettacolo con tutte le circostanze accidentali.
Per l’opera comica hanno lavorato Le-Sage, morto nel 1747, Pannard morto nel 1760, Fuselier, Collé, Piron, Orneval, Carolet, etc. fino al 1745, quando tale spettacolo fu proibito ne’ teatri delle fiere.
L’armonia poetica non regna ne’ suoi versi che a salti, per così dire, e spesso inopportunamente; ma l’azione viva e lo spettacolo di alcuni colpi forse anche troppo teatrali hanno sostenute le tragedie del P.
Si discolpa con queste parole : ma come senza episo lii riempiere il vuoto di cinque atti, e presentare al pubblico lo spettacolo di due ore ? […] Quando non si abbia l’idea de’ Greci repubblicani di addossare tutte le possibili scelleratezze ai despoti che abborrivano, non dovrebbe a mio avviso un culto pubblico oggi tollerare in iscena il nefando spettacolo di una perfida adultera che prosperamente viene a capo di trucidare l’addormentato marito, e seder col drudo sul di lui trono. […] Dopo varii tentativi fatti in Europa per mostrar degnamente sulle scene il personaggio di Socrate, ed esente da ogni taccia o di satira immoderatamente amara, o di certo misto di comico e compassionevole, o di mollezza musica e lirica congiunta al terribile spettacolo della virtù da’ rei mortali condannata a morte ; il prelodato Scevola per suo primo tragico saggio produsse il suo Socrate in Milano sul teatro già detto Patriotico ed ultimamente Filarmonico, che s’impresse nel 1804.
Risulta da quanto si è accennato che la Celestina giustamente proibita e giustamente lodata ancora, se si consideri come spettacolo teatrale, parrà un componimento per tutte le vie spropositato e mostruoso; là dove come novella in dialogo, in cui l’autore non mai mostrandosi tutto mette in bocca de’ personaggi, sarà un libro meritevole di ogni applauso.
Risulta da quanto abbiamo accennato che la Celestina giustamente proibita e giustamente lodata ancora, ove però voglia considerarsi come spettacolo teatrale, parrà un componimento per tutte le vie spropositato e mostruoso; là dove mirandola come conviensi qual novella in dialogo, in cui l’autore sempre occultandosi tutto mette in bocca de’ personaggi, sarà un libro ricco di varie bellezze e meritevole di certo applauso.
Ora quando in argomenti sì rancidi e trattati bene da più centinaja di poeti non si sanno combinar nuove situazioni patetiche che formino quadri terribili alla maniera de’ Michelangeli, quando si hanno da riprodurre con nuovi spropositi, perchè esporsi a far di se spettacolo col paragone?
Se l’odierna musica non ha più per iscopo quel fine morale cui la conducevano i Greci, e se tutte le parti che concorrono a formar lo spettacolo non hanno fra noi quella relazione e congegnamento totale che fra loro avean messi la lunga usanza di molti secoli e lo scambievol rapporto aiutato dalla legislazione, può quella, nonostante, adattarsi mirabilmente all’oggetto che si propone, ch’è di lusingar il senso con vaghe e brillanti modulazioni, e possono queste ridursi ad una certa unità, la quale se non appaga del tutto la severa ragione, basta nullameno per sedurre l’immaginazione con una illusione aggradevole.
Ora quando in argomenti sì rancidi, e trattati ottimamente da più di cento poeti, non si sanno combinar nuove situazioni patetiche che formino quadri terribili alla maniera di Michelangelo; quando si hanno da riprodurre con nuovi spropositi, perchè esporsi a far di se spettacolo col paragone?
Il dramma originale del Tellez ha trionfato per più di cento anni su tanti teatri, e si riproduce da’ ballerini pantomimi; ad onta del re di Napoli che esce col candeliere alla mano ai gridi d’Isabella vituperata e ingannata da uno sconosciuto, di tante amorose avventure di don Giovanni Tenorio, de i di lui duelli, della statua che parla e camina, che va a cena, che invita il Tenorio a cenare, che gli stringe la mano e l’uccide, e dello spettacolo dell’inferno aperto e dell’anima di Don Giovanni tormentata.