Pare che il Signor Apologista abbia voluto serbare per le ultime fortune il più debole, il più inefficace de’ suoi argomenti. […] Faccia il Signor Lampillas il confronto di questi argomenti co’ suoi, e di buona fede ci dica, quali di loro preponderino nel suo perspicace del pari e imparziale giudizio.
Troviamo ancora nell’opere del Petrarca fatta onorata menzione di un celebre attore de’ suoi giorni, sommante erudito, nominato Tommaso Bambasio da Ferrara, della cui amistà si gloriava questo principe de’ nostri lirici, come il principe degli oratori latini di quella di Roscio, a cui lo comparava per la dottrina e per l’eccellenza nel rappresentare127. […] Il trovatore Luca de Grimaud, il quale per altro era genovese, satireggiò ne’ suoi drammi o dialoghi provenzali il pontefice Bonifacio VIII.
Se si attenda al grado della coltura a cui pervenne, essa inventò, e fece ne’ dilatati suoi dominii fiorir tante arti di comodo e di lusso. […] Perciò quando l’Etruria sfoggiava con tante arti e con voluttuosi spettacoli, e quando la Grecia produceva copiosamente filosofi, poeti e oratori insigni, e risplendeva pe’ suoi teatri, Roma innalzava il campidoglio, edificava templi, strade, aquidotti, prendeva dall’aratro i dittatori, agguerriva la gioventù, batteva i Fidenati e i Vei, scacciava i Galli, trionfava de’ Sanniti, preparava i materiali per fabbricar le catene all’Etruria, alla Grecia, e a una gran parte del nostro emisfero.
Conchiusa finalmente la pace, buon numero di artisti italiani furono inscritti per le pensioni, e Giovanna Casanova, pe’ suoi lunghi servigi, ne fu tra’ preferiti : e se bene, nonostante la pensione e le sovvenzioni di ogni specie, gli artisti, in genere, fosser costretti a rimpatriare, ella, vissuta durante la guerra a Praga, tornò a Dresda, ove restò, senza mai l’ombra di un lamento, fino alla sua morte, che accadde il 29 novembre del 1776. […] Veramente le condizioni di Giovanna Casanova non eran da compararsi a quelle de’colleghi : e per quanto la posizione artistica de’ suoi figli a Dresda, e i ricordi del suo brillante passato le avesser fatta una vita di agiatezze, non dimenticò mai l’indole e le consuetudini della commediante.
Che se in queste costanza ha i pregi suoi, son vostri vanti, e siete voi quel Duce, per cui splende Virtù negli altri Eroi. […] Non è sì empio ne’ suoi costumi il guerriero.
Egli non era stato fatto artista dallo studio, ma creato tale da Dio ; e però di quanto il genio soprasta gl’insegnamenti delle scuole, di tanto il Monti, nel signoreggiar gli animi dei suoi spettatori, superò gli altri artisti. Regolari ed espressivi furono i lineamenti del suo volto, vivi gli occhi e nerissimi, proporzionate ed armoniche le forme della persona, e la sua voce, la quale nella conversazione comune era d’un metallo piuttosto spiacevole, nei momenti poi di passione e di concitamento di affetti acquistava tanta drammatica energia, metteva tali suoni, da scuotere prepotentemente le fibre dei suoi uditori. – Quando un carattere, un personaggio, lo avevano commosso ed interessato, Monti non temeva rivali nell’ immaginarselo col pensiero e nel dargli una forma sulla scena.
Una dove l’uom non ha altro disegno che di ballar per ballare, cioè di eseguire certi salti regolati o per manifestare la sua allegrezza, o per mostrar il brio e l’agilità della persona, o per porre in movimento i suoi muscoli intorpiditi dall’ozio soverchio. […] Così perché la danza rappresenta le azioni umane per mezzo de’ muovimenti e de’ gesti, l’arte del bravo pantomimo consiste nel fare che i suoi gesti e i suoi muovimenti esprimano con tutta la verità ed evidenza compatibile coi principi dell’arte sua l’originale preso a rappresentare. […] [12] Come la poesia ha i suoi diversi stili così gli ha parimenti la danza, e i vizi e le virtù di entrambe tengono regolati cogli stessi principi. […] Come mettere avanti gli occhi l’idee riflesse di Bruto, i suoi rimorsi, le alternative tra l’amore della patria e quello del padre? […] Come dunque si può con qualche ragionevolezza aspettare da lei che diventi sobria di propria scelta e regolata nell’uso de’ suoi piaceri?
Il Pepoli fece imprimere una parte di essi ne’ due suoi tometti che abbracciano il tomo primo e parte del secondo dell’edizione dell’autore, e pur mancanti dell’erudite Note del fu Carlo Vespasiano.
Il Bartoli riporta il seguente sonetto del Marchese Girolamo Ugolani Milanese, tratto dalle sue Rime (Milano, Marelli, 1667) : Allude l’Autore al soprannome di Rotalinda Ruota Ission, e la volubil ruota l’eternità ne’giri suoi predice ; e neppur una (ohimè) sperar ti lice dal tuo lungo girar un’ora immota.
Del valore artistico di lui dice Francesco Bartoli : Recitava il Falchi con gran sentimento, ed esprimeva i suoi, e gli altrui concetti con ponderazione, con energia, e con la più viva naturalezza.
Il numero dell’Arte di Mercoldì 9 agosto 1855 recava in terza pagina queste poche parole listate a nero e sormontate da una croce : L'artista comico per eccellenza, il conscienzioso ed esperto agente teatrale, attaccato jeri dal cholera, spirava questa mattina a ore 4 antimeridiane, fra il pianto dei suoi più cari e il lamento di tutti quelli che apprezzavano il di lui talento e le sue rare virtù.
Posso però assicurarla, ch’Ella non avrà motivo di lagnarsi di me, come finora ha fatto di altri suoi contraddittori. […] che io sempre a tal proposito dirò, tanti pœnitentiam non emo), moltiplichiamo le nostre ciancie, purchè ci troviamo i nostri conti, cioè finchè io mi diverta nel mio ozio, ed Ella possa approfittarsi del diletto che porge ad alcuni suoi paesani. […] Detta a lei l’amore di fare de’ sogni piacevoli: a me di dar risalto a’ veri suoi pregi, i quali nè pochi sono, nè volgari, come mostrerò nell’ultimo Articolo del mio Discorso.
Ma quando Parigi non avea un poeta teatrale più esperto di Hardy, Londra contava fra’ suoi commedianti il famoso Shakespear. […] Tuttavolta egli fu un ingegno pieno d’entusiasmo che lo solleva talvolta presso ad Euripide; e non senza ragione i suoi compatrioti affermano ch’egli abbonda di difetti innumerabili e di bellezze inimitabili. […] Antonio Scoro d’Hoochstraton compose anche una comedia rappresentata da’ suoi scolari in Heidelberg, nella quale si personificava la religione che andava mendicando alloggio fra’ grandi, ed era esclusa, e che poi ricorreva, a’ plebei, ed era riacettata.
Fino nella Sicilia, e nell’Italia Greca correvano i suoi Drammi di bocca in bocca, e i Soldati recitavangli più che non si ripetono oggi gli aurei squarci delle Poesie Metastasiane. […] di aver passato di età in età più di venti secoli sempre con ammirazione estrema de’ suoi Posteri? […] Forse l’elegantissimo Racine, che può dirsi l’Euripide Francese, non ebbe ne’ suoi Drammi la più invidiabile riuscita presso la sua Nazione? […] E per riescire nel suo intento l’Apologista vuol dare ad intendere a’ suoi compatrioti una cosa contraddetta dalla Storia, cioè che in tutte le Nazioni i Poeti scenici, al pari di Lope, hanno secondato il gusto del popolaccio. […] Qual maraviglia non cagionerà a’ suoi Leggitori, per poco che sieno instruiti, questo amabile delirio dell’Apologista?
Chalon, che l’incoraggiò a legger le commedie spagnole, sui due Cid di don Juan Bautista Diamante, e di Guillén de Castro185 compose la sua nota tragedia di questo nome, tradotta in tante lingue, ricevuta in Francia con applauso universale, censurata da Scudery e dall’Accademia Francese, e invidiata dal maggior politico de’ suoi tempi, ambizioso della gloria poetica. […] Oltracciò egli invece di esprimer ne’ suoi amanti il carattere dell’amore, ha dipinto in essi il suo proprio carattere, e gli ha quasi sempre trasformati in avvocati, in sofisti, qualche volta in teologi189. […] Coltivò i suoi talenti colle lettere, ed ebbe la forte d’ascoltar le lezioni filosofiche di Pietro Gassendi. […] Accomodò i suoi primi componimenti al gusto dominante per le commedie d’intrigo, ed avendo acquistato credito, si rivolse a cercare il ridicolo ne’ costumi del suo tempo. […] Alessandro Magno, uno degli uomini più maravigliosi che ci offra la storia antica, par che non abbia incontrato troppo buona forte in Francia; imperciocché il signor Racine nella sua tragedia ne fece un damerino francese, e Giambatista Rousseau in un’ode celebrata da’ suoi nazionali ne fa l’ultimo degli uomini.
In simil guisa pervenne questo sovrano ad inspirar ne’ suoi sudditi l’amore delle scienzea. […] Non-dimeno ne’ suoi componimenti non se ne trova alcuno che al teatro si appartenga. […] Apparentemente fu questo un ludrico spettacolo, in cui s’introdusse Federigo II co’ suoi aderenti i Pavesi, i Reggiani, ed il Patriarcaa. […] Ma se egli voleva rallegrare i suoi compatriotti a spese dell’Italia, dovea prima assicurarsi di aver ragione, altrimenti il ridicolo viene a ricadere sul derisore, come ora è avvenuto. […] Il citato Muratori ne’ suoi Annali d’Italia.
Quivi l’incalzar della miseria e della fame lo indussero a tentare, indarno, di trarre qualche profitto da' suoi studi di chirurgia ; e, per sollecitudine di un amico fiorentino, tornò in patria, trattato col maggior de' rigori dal padre, che mal pativa l’animo ribelle di lui, e sopr' a tutto le sue inclinazioni all’arte del teatro, la quale soleva essere guardata allora dalla gente austera, come quasi disonorante. […] Però non manca chi il dice monotono in alcuni suoi lazzi e movenze : pur v'è chi risponde esservi in lui la stessa monotonia che nella natura. Se in generale fosse men nobile ne' suoi portamenti, le genti, avvezzate al peggio, mal saprebbero rimproverargli le alcune volte ch' ei rinnega sè stesso per seguire il mal vezzo degli' istrioni dozzinali : e ciò, perchè non si dica soverchiamente sfoggiato il mio panegirico. […] Ebbe i suoi ludi, è ver, Roma ed Atene, ma di motti scurrili, ed immodesti lazzi contaminâr le patrie scene.
Già la tromba propagatrice delle umane vicende gli dà il nome di terribile, e le opere sue singolari di beneficare i poveri, e perseguire i scellerati, sono ammirate da tutti ; ma ciò non basta a toglierli la taccia di scellerato che gli empi suoi delitti hanno scolpita a caratteri di sangue nel libro eterno delle Leggi.
Adamo Alberti ne’ suoi Quarant’anni di Storia del Teatro de’ Fiorentini in Napoli (ivi, 1878), dice che Luigi Belisario era un distintissimo attore comico ; ei recitava con grande spontaneità, e spesso improvvisava la sua parte con tanta verità, che il pubblico lo applaudiva credendo che la sapesse a memoria.
Si sa che il Bellotti era retribuito con 600 fiorini annui, i quali pare non fosser punto sufficienti al suo quieto vivere, se fu costretto a muover suppliche per un impiego, magari di portinaio, che lo sottraesse alla miseria, accampando i suoi meriti d’Arlecchino per 17 anni : e il Directeur des Plaisirs, in una Istanza dell’ 11 febbraio 1734, indica il Dottore Malucelli e l’Arlecchino Bellotti, come coperti di debiti.
Il Richiedei ne'suoi Fiati d’Euterpe (Venezia, Sarzina, 1635) ha in lode di lei, rappresentante Arlanda condotta in trionfo da Papiro, questo SONETTO Spiega sul gran Teatro i suoi martiri questa del mio martir ministra atroce, nè spira accento pur, nè forma voce che amor non formi, e crudeltà non spiri.
Ella trova in di lui vece Ataulfo, e vedendolo per le spalle gli parla come fosse Sigerico e gli rivela con molte parole tutti i suoi disegni. […] Egli vuol essere incluso nella sortizione, cui resiste Dulcidio per questa ragione: perchè tocca solo a Roma il discacciar per politica i suoi Tarquinj. […] Alfonso sì innamorato e non ignaro del tumulto de’ suoi, di cui ebbe egli stesso tanta paura, l’abbandona per sì lieve motivo? […] Ruben si nasconde dietro del trono, Rachele vuol far lo stesso e trovandovi Ruben gli rinfaccia i pravi suoi consigli. […] Andres disse di tal fatica di Huerta sull’Agamennone ch’egli volle far gustare a’ suoi le bellezze del Greco teatro.
Ella in vece di lui trova in iscena Ataulfo, e vedendolo per le spalle gli parla come se fosse Sigerico, e gli rivela con molte parole tutti i suoi disegni. […] In ogni modo l’autore che fra’ suoi correva una via sì poco battuta, non meritava la persecuzione che sofferse degl’inetti efimeri libelli e de’ motteggi del volgare scarabbocchiatore di sainetti insipidi e maligni, Ramon La Cruz chiamato irrisoriamente da’ suoi el poetilla. […] Ella gli dice che passi co’ suoi a Numanzia, perchè ella l’attenderà presso di un sepolcro che si eleva più degli altri, e gliele addita. […] Megara lo riconosce subito alla voce, quando poco prima i suoi parenti e seguaci di orecchio più duro non hanno saputo distinguere le voci delle sue sorelle. […] Ruben si nasconde dietro del trono, Rachele vuol far lo stesso, e trovandovi Ruben gli rinfaccia i pravi suoi consigli.
Nel reame di Firando appartenente al Giappone si é veduto più d’una fiata in sulla scena il re colla real famiglia e co’ suoi ministri politici e militari, rappresentar qualche favola drammatica8. […] Il re rappresenta da re; i suoi nipoti o figli da principi; da capitani, o consiglieri, i veri consiglieri e capitani; da servi i servi.
Uno scoppio spontaneo, universale di applausi mosse dal popolo maravigliato, e noi, ancora commossi, ricordiamo quel momento, e le potenti emozioni, onde fummo scossi in quella sera. » Le opere che nella non breve carriera della forte artista, si disser suoi cavalli di battaglia, furon : l’Antigone e la Rosmunda d’Alfieri, la Pia di Carlo Marenco, la Gismonda da Mendrisio, l’Ester d’Engaddi, l’Iginia d’Asti del Pellico, la Medea del Duca di Ventignano ; ma con pari ardore, e con pari successo, rappresentava le commedie del Goldoni e del Nota. […] Se l’arte che fu, gli occhi riaprisse, in vedere quali cenci indossa la sciagurata sua figlia, talchè le vergogne fan mostra, generosa addosso i suoi vecchi panni le getterebbe, e la decenza, almeno, sarebbe salva.
Oggi la Pezzana dà or qui or là rappresentazioni straordinarie, che sono pur sempre feste dell’ arte, dacchè i suoi sessant’ anni non han saputo infiacchirle la eccezionale fibra di acciaio. […] E la recitazione di Giacinta Pezzana, con tutte le armonie di quella voce dolcissima, con tutta l’eccellenza dei suoi effetti immediati, con tutte le profondità del sentimento che sa destare, con tutte le sue gradazioni di comicità e di drammaticità, con tutto ciò che in altri artisti della scena può essere il risultato di magistero magnifico, ha avuto sempre, per me, quel carattere di vera sincerità e di congenita bellezza che esclude ogni supposizione di sforzo, di ricerche, di lavorio cerebrale e di attività volitiva.
Ebbe fra i suoi stipendiati i migliori artisti della sua epoca ; e fra gli altri Demarini e Vestri.
Pasquali, XVII) che nel 1742, licenziatosi il Sacchi dalla Compagnia di San Samuele, gli fu sostituito il Falchi, il quale essendo all’attuale servizio dell’Elettor di Baviera aveva ottenuto un anno di congedo per rivedere i parenti suoi.
Il Francese Rapin era senza dubbio uno de’ più dotti uomini del suo tempo: le Comparazioni di alcuni Scrittori che ci ha lasciate, non sono già colme di sofisticherie e cavilli, brevi sostegni di scritture momentanee, ma ricche di buona erudizione, di aggiustatezza, e di sapienza: le Riflessioni sulla Poetica fondate nella dottrina Aristotelica spargono lumi utilissimi a profitto degli amatori della Poesia: i suoi Orti hanno una fragranza e un gusto di vera eleganza Latina. […] Ma se i suoi giudizj, specialmente su i Drammi, non sempre corrispondono al suo sapere, egli è forza ascrivere ciò a mancanza di cuore sensibile. […] E chi negherà a questo Spirito gentile la profonda dottrina, che traluce ne’ suoi Poemi ugualmente, che una indubitata superiore sensibilità? Chi non dipenderebbe da’ suoi giudizj, intorno alla Poesia Drammatica più che da tutti i possibili Rapin, i quali decidono colla penna prima di aver sentito col cuore? […] col numero degli anni sentirà ammortiti i suoi sensi e la sua fantasia, e si ravviserà già diventato indifferente agli oggetti, che quelli e questa riguardano; là dove la gioventù tutta senso e fantasia vivacissima, si attacca agli oggetti, che la solleticano con una sensibilità eminente.
Re di Spagna suoi drammi 275. […] 405. n., suoi Idilj trad. dal P. […] 11. suoi Drammi morti dalla nascita 361. […] Gia-Giacomo, suo sentimento sulla parola genie 354. suoi drammi 382. contro de’ Filofosi Francesi 428. n. […] Latina suoi inizj 118. sua divisione 164.
Senza ciò egli non avrebbe corso il mare e patita la fiera tempesta che lo gitto fra’ sassi dell’Etna in cui signoreggiano ì Ciclopi che pasconsi di carne umana; non servirebbe in quelle caverne attendendo a preparar la cena a Polifemo; nè i suoi figliuoli menerebbero i di lui armenti a pascolare su quelle terre. […] Narra Ulisse al Coro pateticamente la strage de’ suoi compagni divorati da Polifemo, indi il pensiere sugeritogli per avventura da qualche nume di dargli del vino in copia, per cui mezzo potrà vendicarsene. […] Dice poi di voler far parte del vino ai Ciclopi suoi fratelli, dal che Ulisse ed il Coro il dissuadono. […] Secondo le dipinture che vi si facevano appartenenti ad uomini o a donne, i suoi mimi scritti in dialetto Dorico si dissero Virili o Femminili. […] Francesco Patrizio coll’autorità di Demetrio Falereo e di Ateneo dimostra di aver Sifrone composto in versi; e versi in fatti sono i frammenti che si conservano de’ suoi Trofei Femminili e Virili.
Senza ciò egli non avrebbe corso il mare e patita la fiera tempesta che il gettò fra saffi dell’Etna in cui signoreggiano i Ciclopi che pasconsi di carne umana; non servirebbe in quelle caverne attendendo a preparar la cena a Polifemo; nè i suoi figliuoli menerebbero i di lui armenti a pascolare per quelle terre. […] Narra Ulisse al coro pateticamente la strage de’ suoi compagni divorati da Polifemo, indi il pensiere suggeritogli per avventura da qualche nume di dargli del vino in copia, per mezzo di cui potrà vendicarsene. […] Dice poi di voler far parte del vino ai Ciclopi suoi fratelli, dal che Ulisse e ’l coro il dissuadono. […] Secondo le dipinture che vi si facevano appartenenti ad uomini o a donne, i suoi mimi scritti nel dialetto Dorico si dissero Virili o Femminili. […] Francesco Patrizio coll’ autorità di Demetrio Falereo e di Ateneo dimostra di aver Sofrone composto in versi; e versi infatti sono i frammenti che si conservano de’ suoi Trofei Femminili e Virili.
Passato lo spettacolo tragico in Atene a’ tempi di Frinico e de’ suoi coetanei si eresse estemporaneamente nelle gran piazze un tavolato con scene formate dagli alberi; nè si pensò a migliorarle se non dopo che in tempo del tragico Pratina quelle mal accozzate tavole cedendo al peso, forse con danno degli attori e degli spettatori, convenne innalzare un edifizio più solido. […] I Turchi hanno interamente demolito questo teatro, e de’ suoi marmi costruito un bellissimo Basar o Bezestein, ossia mercato, e un gran Caravanserai, ovvero alloggio delle caravane156. […] Frinico rappresentatore e autore fu, come abbiam veduto, creato capitano dagli Ateniesi in grazia de’ suoi versi. […] Nell’alto era ancor situata la macchina versatile, dalla quale giove lanciava i suoi fulmini, come dinota la voce Κεραυνοσκοπειον che le diedero.
Ebbe non per tanto un ingegno pieno di vigoroso entusiasmo che lo solleva talvolta presso a’ più insigni tragici, e che giustifica il giudizio datone da’ suoi compatriotti, ch’egli abbondi di difetti innumerabili e di bellezze inimitabili. […] Orsù facciamogli udire alcune voci sonore al pari di quella di Stentore uscite dall’Isole Britanniche contro di Shakespear per instruirlo anche in ciò che ignora de’ suoi stessi compatriotti. […] Hanno detto che i suoi Romani non erano vestiti del proprio costume; e che ai re da lui introdotti mancavano le dignità richieste nella loro classe. […] A noi basta ascoltare sul merito di Shakespear i suoi più dotti compatriotti, o i più istruiti stranieri.
Milanese, lasciò a mezzo gli studi legali per fuggir di casa e andare ad abbracciar l’arte comica, rifugiandosi, perchè ricercato da’ suoi, a Riverzaro prima, in quel di Piacenza, poi a Bettola sulle montagne, in Compagnia Mazzeranghi, composta di tre donne, quattro uomini e un bimbo, in cui la prima donna sosteneva la parte di Paolo nella Francesca da Rimini e quella di Roberto nei Due Sergenti, diventando Sofia al secondo atto e ritornando Roberto al terzo.
E mentre a’ suoi tempi facean chiasso i drammi a colpi di scena e combattimenti, egli s’acquistò fama di eletto artista col Cavalier di spirito, col Cavaliere di buon gusto, col Bugiardo, con L’Avventuriere onorato, con L’Avvocato veneziano, col Medico olandese, col Tasso, e più altre commedie del Goldoni ; nè minore successo egli aveva con l’Atrabiliare e il Filosofo celibe del Nota, con il Filippo e il Bruto primo dell’Alfieri, ne’ quali si trasformava a segno da parer veramente il personaggio ch’egli rappresentava.
Dice il Beltrame Barbieri : Morì dieci anni sono il Capitan Rinoceronte nostro compagno, e gli trovammo un asprissimo cilicio in letto : e pur recitava ogni giorno : par veramente che contrasti cilicio e comedia : penitenza e trastullo ; mortificazione e giocondità ; ma non è strano a tutti chè molti sanno benissimo che l’uomo può star allegro e anche far penitenza de’ suoi peccati…… E il Padre Ottonelli in quella parte della sua Cristiana moderazione del Teatro (Firenze, Bonardi, 1652) che tratta delle Ammonizioni a’ Recitanti : Voglio aggiungere intorno al nominato Capitano Rinoceronte quel poco che da un prudente e dotto padre spirituale, e teologo della compagnia di Gesù mi fu detto in Fiorenza l’anno 1645 a’ 25 di giugno ; e fu questo.
Chi non ricorda le sue crinoline, le sue cuffie, i suoi scialli, gli scozzesi inverosimili de’suoi vestiti, che erano spesso piccoli capolavori di imitazione e di ricostruzione di mode dimenticate ?
Aulo Gellio nel rimproverare a Nevio il fastoso epitafio che egli compose per se stesso, dice che i suoi bei versi mostravano tutta la nativa alterigia Campana, cioè del proprio paese. […] Di questo valoroso attore vedi ciò che ne dice Cicerone, che visse a’ suoi tempi, nel dialogo de Senectute, e l’autore de Caussis corruptae eloquentiae. […] III, pag. 21, lin. 13, dopo le parole vi fe udire i suoi drammi tragici e comici, si apponga la seguente nota (1) più piena di quella rimessa a Venezia.
Nel reame di Firando appartenente al Giappone si è veduto più di una fiata comparire in teatro il re colla real famiglia, e co’ suoi ministri politici e militarib. […] Il re rappresenta da re, i suoi nipoti o figliuoli da principi, da capitani o consiglieri i veri consiglieri o capitani, da servi i servi. […] Se Pitagora co’ suoi discepoli disponeasi alla contemplazione e al l’esercizio colla musiea, anche Chun uno de’ più celebri imperadori Cinesi, che secondo gli storici della nazione regnava intorno a 22771 anni prima del l’era Cristiana, col suono del Kin si accingeva a trattar gli affari del l’impero.
A queste delicate espressioni sugerite da una grande intelligenza del cuore umano, Celia è spinta a palesare le proprie avventure col Centauro e co’ due pastori; e de’ suoi strani amori e del veleno da lei preso si riempie la maggior parte de’ primi quattro atti. I suoi casi chiamano l’attenzione in modo che non pajono accessorii. […] De’ suoi pregi e di qualche difetto dello stile può vedersi il V volume delle nostre Vicende della Coltura delle Sicilie.
A queste delicate espressioni suggerite da una grande intelligenza del cuore umano, Celia è spinta a palesare le proprie avventure col Centauro e co’ due pastori; e de’ suoi strani amori e del veleno da lei preso si riempie la maggior parte de’ primi quattro atti. I suoi casi chiamano l’attenzione in modo che non pajono accessorii. […] De’ suoi pregi e di qualche difetto dello stile vedasi il V volume delle Vicende della Coltura delle Sicilie pag. 360 e seg.
E un giorno che l’Isabella col padre, la madre e i figliuoli era a colazione da Buffetto, egli la pregò di volergli lasciare per tutta la giornata il minor di essi Domenico Giuseppe, cognominato Menghino, d’anni 7 e mezzo, ma di tanta svegliatezza che il più delle volte si faceva a racconsolar con belle parole Buffetto dei suoi dolori. […] Il quale atto commosse per modo Isabella, che volle per la pace comune, e perchè nel loro contratto di nozze nulla esistesse che potesse dare appiglio a quistion d’interesse, mutar l’istrumento nella seguente maniera : che si leuasse a suo tempo di tutto l’haver di Colombina la prouisione douuta alli suoi tre figliuoli, e per lei le sue gioje, & argenteria al prezzo come fu stimato ; del resto fosse a metà tra marito e moglie, con il guadagno venturo, lasciandosi dopo la lor morte heredi uno dell’altro.
Nessuno potrà contrastare al nostro Morrocchesi esser egli stato il primo fra' comici a penetrare ben addentro ne' reconditi pensieri di quel gran tragico, a colpirne i caratteri, a regolare la declamazione de' suoi versi meno pomposi, che ricchi di pensieri, ed indigesti alla più gran parte de' comici d’allora. Fu acclamato nelle principali, e più colte città d’Italia, e stette gigante in mezzo a' suoi rivali che pur volevano atterrarlo, assalendolo da ogni lato.
E il Garzoni, dopo di aver parlato dell’Andreini, dell’ Armani, e della Lidia : Ma soprattutto parmi degna d’ eccelsi honori quella divina Vittoria, che fa metamorfosi di sè stessa in scena, quella bella maga d’ amore, che alletta i cori di mille amanti con le sue parole, quella dolce sirena, ch' ammalia con soavi incanti l’ alme de' suoi divoti spettatori : e senza dubbio merita di esser posta come un compendio dell’ arte, havendo i gesti proporzionati, i moti armonici e concordi, gli atti maestrevoli e grati, le parole affabili e dolci, i sospiri ladri e accorti, i risi saporiti e soavi, il portamento altiero e generoso, e in tutta la persona un perfetto decoro, qual spetta e s’ appartiene a una perfetta comediante. […] ma per non hauerla potuto seruire questo Carneuale, et perche la riuerenza con la quale l’osseruo da tanti ani in quà supera ognaltra uedendomi così à uiua forza hauer mancato a chi tanto son tenuta, et hò desiderato sempre seruire, uiuo la piu scontenta donna che mai nassesse, et però à suoi piedi ricorro suplicandola ritornarmi nella sua gratia, et l’istesso dico di petrollino, poi che per mia causa è incorso in errore, il quale per l’affano che sente si può dir che facia la penitenza de l’errore, et accresse la mia col suo cordoglio : ma perche una sintilla de quella benignità, con la quale la mi ha sempre fauorita può render noi felicissimi io di nouo caldamente la suplico et humilissimamente me et questo suo deuoto benche basso seruo raccomando, oferendo me et la mia Compagnia suplire al mancamento et pregar Dio per la sua conseruatione, che nostro Signore la feliciti. di Venetia a di. 5.
Il Fiorilli s’ accinse a risponderli, e fecelo con tanta grazia, e con si bel modo, che spiegando a poco a poco i suoi sentimenti con quella ridicola balbuziente pronunzia, ora tenendo la voce sommessa, ed ora strepitosa innalzandola, e contorcendo la bocca, e dimenando le braccia, ed il tutto eseguendo co’ più naturali movimenti di un uomo, che tale difetto avesse in propria natura, e aggiungendo il Fiorilli in quell’ istante tutto ciò che l’arte seppe insegnarli, svegliò nell’uditorio per sì fatto modo il picchiar delle mani, che confondendosi co’ ripetuti evviva tenne per lunga pezza i due Comici in sulla scena ammutoliti.
Ti veggio del secolo superbo e de’ suoi mali ignara giovinetta – io ti conosco alla modesta ilarità che spira dagli atti umìli – al semplice del volto atteggiamento, ed al sospir che sembra l’eco d’un’arpa, cui passando amore agitò con le penne. – In me che t’odo oh qual d’affetti simpatia segreta vai risvegliando !
II), da cui tolgo il presente ritratto, è detto che « anche il palcoscenico servì al medesimo (Somigli) per isviluppare e render palesi i suoi naturali talenti.
ma circa della Compagnia la qualle deba star in cori io son a ubidire li suoi comandi si come ò fatto per lo pasato ma suplico ben Sua Altezza Ser.
Mentr'era col Raftopulo a Venezia il 1821, il Giornale de' teatri scrisse di lui che non avea voce adattata al rango che sosteneva ; che mancava di gesto tragico, e si dimostrava sempre truce ne' suoi atti, quand’anche l’uopo nol richiedesse….
Noi non ci addosseremo mai la fatiga per noi singolarmente ardua troppo di presentar partitamente analisi compinte de i drammi di Shakespear; ben persuasi della difficoltà che incontrano, non che altri, non pochi suoi nazionali in afferrare lo spirito, l’energia dell’espressione e la grandezza de’ suoi concetti. […] Lo trafiggerò così nella parte più sensibile del cuore, osserverò i suoi sguardi, se cangia colore, se si agita… sò quello che saprò far io. […] Si pone indi ad orare; riflette ai suoi eccessi, fida nella misericordia divina, senza pensare però a risarcire i danni cagionati, e a discendere dal trono usurpato. […] Mio padre, mio padre co’ suoi medesimi arnesi… vedete… ora va via. […] Hanno detto che i suoi Romani non erano vestiti del proprio costume; e che ai re da lui introdotti mancavano le dignità richieste nella loro classe.
S. facci de’ suoi danari, ma che non posso farne contratto perchè mi farei un eterno pregiudizio, tanto più che conosco che V. […] pasarmene a chasa per la quiete de l’anima mia ove averò ochasione di ricevere i suoi comandi ; non ma(n)cho di sovenirme le gratie e favori che o riceuto da V. […] ma sarà avisata della mia partenca a ciò mi onori di suoi comandi. […] La lite prima del sequestro della caricha venduta acora sono in lite al Sataleto ed ora à mandato prochura e mi à messo un’ altra lite al parlameto e poi mi fece dire : dite a mio padre che se viene a Firence che non comadi i suoi servitori ne meno il fatore mi averebe dato una camera e che adasi a magiare e non pesase ad altro. […] Atendo i suoi comandi.
Vero è ancora che, per quanto Sparziano ne racconta, l’imperadore Adriano ne’ suoi conviti amava di far rappresentare commedie, tragedie e atellane. […] Marco Aurelio di lui figliuolo adottivo e successore diceva che le commedie de’ suoi tempi altro non erano che mimi. […] Nella X invitandolo in campagna gli dice che venga con tutti gli scritti suoi, Dactylicos, elegos, choriambum carmen, epodos, Socci et cothurni musicam Carpentis impone tuis, nam tota supellex Vatum piorum chartacea est. […] Bianchi ne suoi Ragionamenti su i difetti e i vizii del moderno teatro.
E continua : « Nacque la Divina Signora Vincenza nella famosissima città di Venezia ; ma fu però d’origine di Trento, e di Trento furono i parenti suoi, i quali vennero per diporto a Venezia, e ivi la madre ch’era gravida, e vicina al parto, lasciò del felice alvo il caro peso. Che fosse nobile e ben nata ne poteano le sue belle creanze e i suoi leggiadri costumi Santi dar chiaro indicio…….. […] Ma quella cosa da che più l’alme eran percosse, e maggior virtute aveva in noi, furono le rilucenti perle uguali, che qualora dal grazioso riso erano scoperte abbagliavano co’i suoi raggi la vista dei riguardanti. […] Ma quel d’ognun più fortunato poi che dolcemente del suo amor sospira, che Vincenza il Sol vince, e i lumi suoi.
Nei sette anni di esilio di Gustavo, egli, con sacrifici di ogni maniera, privandosi quasi del pane per sè e i suoi, gli fu largo di soccorsi in Francia e in Isvizzera, sopportando sempre con rassegnazione i molti dolori che per tristizia di tempi ebbe a patire nel corso non breve della sua vita. […] Oltre ad essi, la Compagnia contava allora tra' suoi principali artisti : Andrea Vitalliani, Angelo Venier, Angelo Pisenti, Carlotta Polvaro, Adelaide Vitalliani, Caterina Venier, ecc., ecc. […] Una lettera al celebre attor dialettale Giuseppe Moncalvo, meneghino, nella quale sono espressi i suoi intendimenti d’arte, e le vie da seguirsi ad arrestarne il precipitoso decadimento, riprodotta poi dal Bertolotti nel suo studio sul Moncalvo. […] Guerrazzi, dal suo banco ministeriale, pallido, terreo, mandando lampi di collera dai cristalli dei suoi occhiali d’oro, irruppe con brusca impazienza : Non feci allusioni : – non si accalori così.
Mio padre prese parte alla difesa di Vicenza ; e dopo l’eroico e sventurato assedio, fatta l’onorevole capitolazione, ritornò coi suoi compagni in patria. […] Ma pur troppo anche allora i suoi sforzi non furono fortunati, ed il pubblico rimaneva indifferente ai suoi lazzi ed alla sua parlantina. […] Ernesto Rossi nel primo volume de' suoi Quarant’anni di Vita Artistica, dopo di avere parlato degli attori che componevan la sua nuova Compagnia, così ci descrive il passaggio di Cesare Rossi dal ruolo di brillante a quello di caratterista e promiscuo, che doveva farlo salire in breve a tanta altezza : …..
Filodrammatico valentissimo, pensò con altri suoi compagni di formare una compagnia comica che fu detta : Compagnia ligure.
I suoi maggiori, di cui l’ultimo il padre, furon tutti gente di mare e povera gente, che da barcajuoli saliron poi al mestiere più proficuo di navicellai o scaricatori.
Il detto Carpioni credo che habia promesso, di uenire à reccitare à san luca si che si potria agiustare che lui restasse à seruire Vostra Altezza, et in suo logo seruisse qua la compagnia di Cintio, et quando il detto non uolesse restar à modona, che sarebbe la migliore, perche luna e l’altra compagnia sfugiria le spese, si potrà fare uenire la compagnia di cintio costà, e di tutto nò voluto dar pate à Vostra Altezza credendo di seruirla, et aspetaro i suoi Comandi a ferrara, e li faccio humilissima riuerentia.
D’indole risoluta, energica, che non conosceva docilità, dovè pur troppo, nonostante i non pochi suoi pregi artistici, restar sepolto in compagnie di niun conto.
Con quale disperato rimpianto dice egli addio a tutti i suoi sogni d’amore e di gloria !
Andreini nella citata Ferza a pag. 38 : Non men del consorte fu onestissima e divotissima la signora Margherita Garavini Luciani bolognese sua moglie amata, ed a me carissima Compagna ; poichè inoltre d’aver educati così bene il signor Carlo Amadeo, e la signora Caterina ambi suoi figliuoli onoratissimi, l’uno facendo mirabil profitto nella virtù mantenendolo ad ognora sotto le vera norma delle buone dottrine de’Reverendi Padri Gesuiti ; e l’altra posta avendo Religiosa nel Monasterio di Migliarino, disinamoratasi delle commedie, innamoratissima di così cari figli, data tutta alle divozioni eguali a quelle del Consorte, quanto virtuosa visse, altrettanto divota morì.
Nonostante l’ottenuta libertà, il Landi, aggiunge il Bartoli, non ebbe più buon successo negl’interessi suoi, e morì del '74 a Grosseto.
Bartoli — d’una figura assai gentile, di sembianze geniali, e gli occhi suoi sono due vivi specchi in cui sulla scena conosconsi chiaramente gli affetti interni dell’animo, spiegando con essi valorosamente a meraviglia e il duolo e il gaudio e l’amore e lo sdegno.
Fece il carnevale '22-'23 al Goldoni di Firenze, e il Colomberti, descrivendo la Polvaro nella Giovanna d’Arco, uno dei tanti spettacoli della Compagnia, dice : « nel vederla vestita in armatura, quale ci vien rappresentata quella martire nelle sue statue, con i suoi lunghi e bellissimi capelli biondi sparsi sulle spalle ; con il più vezzoso volto che immaginar si possa, con quegli occhi grandi e cerulei, io rimasi sorpreso.
Bartoli – che accrebbe, andando in Francia, le di lui fortune, senza pagare – aggiunge il Loehner – i suoi debiti di Venezia, ebbe dal suo matrimonio con Lucia Pierina Sperotti cinque figliuoli, di cui tre, Pier Antonio, Cammilla e Anna seguiron l’arte del padre ; e morì a Parigi il 26 gennajo 1762 Officier du Roy et bourgeois de Paris, sostituito alla Comedia nel suo ruolo di Pantalone già dal 1760 da Antonio Matteucci detto Collalto (V.).
Mira come tal’ hor ne’ gesti suoi gonfiar si vegga il mar, turbare il Cielo, come nascano i tuoni, & le procelle. Indi al mutar di due serene Stelle, come discacci Giove il fosco velo, et acqueti Nettun gli sdegni suoi.
Fu sempre l’amico e il padre de’ suoi artisti, e ne fu con pari affetto retribuito. […] E di questo commento sapeva così ben convincere con larghezza di parole e con evidenza di ragioni i suoi scritturati, che, se atti ad accoglierne l’intendimento artistico, non potevan che riuscir di onore alto al maestro.
Quel riso della bocca e degli occhi, quella voce squillante, quei ciao e complimenti, e ostregheta tutti suoi, quella pancia, quelle gambette, che ricordano un po'il delizioso buffo barilotto del San Carlino, formano un tale insieme di giocondità, che non è possibile vederlo e udirlo, senza lasciarsi andare alla più matta risata. […] Bisogna vederlo fra un atto e l’altro, e magari fra una scena e l’altra, in quel suo camerino, ingombro di giubbe di ogni specie, di spadini lucenti, di parrucche, vicino alla sua tavola di truccatura, sulla quale, accanto ai barattoli del minio, del bianco, della terra d’ombra scintillano anelli antichi enormi, e orologi istoriati e tabacchiere e ciondoli svariati, e al disopra della quale alla parete di fronte, accanto a un grande specchio vigila in bella e nitida incisione il ritratto di Lui, di Goldoni, in compagnia d’incisioni minori di suoi personaggi, di maschere, di mode del suo tempo ; bisogna vederlo, dico, col suo libricciuolo in mano di una commedia del Maestro, non mai tentata a' nostri tempi, per esempio, L'uomo prudente, o L'uomo di mondo, che studia, analizza, notomizza per la riduzione, pei tagli sapienti, per le trasposizioni di scene, di frasi, di parole !
Regnar fa da per tutto metodo, precisione, aggiustatezza di pensare, finezza di criterio, cose che unite ad un piano e convenevole stile, fan somm’onore al suo gusto, al suo discernimento, a’ suoi talenti. […] Ottima mira in fatti, che di dimostrazione non abbisogna, e non ammette argomento in contrario: …… vos exemplaria Graeca Nocturna versate manu, versate diurna, inculcava Orazio a’ suoi pisoni. […] Aggiugnetevi la necessità di dover dare il suo libro alle stampe di Napoli sua patria, lungi, vale a dire, da’ suoi occhi e dalla felice opportunità di poter ritoccarlo coll’ultime pennellate, che soglion darli talvolta a’ misura che si diviluppano nuove idee, anche sotto lo stridere de’ torchi.
II, c. 10 de suoi Saggi, parlando di questo elegantissimo comico Latino, ebbe a dire: les perfections & les beautès de sa façon de dire, nous font perdre l’appetit de son subjet. […] VI, epist. 17, che allor quando alcuno de’ suoi amici esortavalo a far qualche cambiamento nelle sue tragedie, e che egli nol giudicasse opportuno, soleva provocare al giudizio del popolo, e ritenere ciò che esso col suo applauso approvasse. […] L’eloquente Ferrarese Bartolommeo Riccio, insigne Gramatico della lingua Latina, il quale morì d’anni 79 nel 1569, è di sentimento nel libro I de Imitatione, che Seneca ne’ suoi Cori, non solo per l’ abbondanza e per la gravità delle sentenze ch’essi contengono, ma per aver saputo formarli a cantare di ciò che, come dice Orazio, proposito conducat & hæreat aptè, abbia superato tutti i tragici Greci.
Segue a ciò una scena assai patetica, in cui Ifigenia rassegnata a morire prende congedo dalla madre che le và rammentando i suoi più cari. […] Alcestide moribonda, e poi senza vita, i suoi figli, il marito, il Coro, formano un quadro così compassionevole che farà cader la penna dalla mano a chi oggi voglia esercitarsi nella poesia tragica. […] Non per tanto si dee riflettere che Euripide era un gran maestro, nè avrà egli presentato a’ suoi compatriotti una cosa che potesse contradire ai loro costumi e alle passioni dominanti di que’ tempi. […] Degno singolarmente dì osservarsi è lo squarcio del l’atto quarto, dove Medea intenerita co’ suoi figliuolini li abbraccia e li rimanda, gli compiange e gli destina alla morte, ascolta i moti della natura e la tenerezza di madre, e sente risvegliare i suoi furori alla rimembranza del l’infedeltà di Giasone. […] l’onorò col suo pianto, ed impose a’ suoi attori di presentarsi sulla scena senza corone, senza ornamenti ed in abiti lugubri.
Nel 1606, Paolo Quagliati, celebre compositore romano, fece colà vedere uno spettacolo consimile per istigazione di Pietro della Valle assai noto pe’ suoi viaggi. […] Il severo e religioso contegno del papa Innocenzo XI trattenne in seguito per qualche tempo il corso a siffatti divertimenti, ma dopo la sua morte incominciò di nuovo la corte ad assaporarli, dando a ciò occasione il concorso di tanti stranieri e la magnificenza di tante famiglie principesche, le quali si pareggiavano coi sovrani nella sontuosità e nelle ricchezze. né troppo era strano il vedere i cardinali stessi impegnati nell’accrescer lustro e splendore a’ teatrali spettacoli; tra essi basti annoverare il cardinal Deti, il quale in compagnia di Giuglio Strozzi istituì l’anno 1608 nel proprio palazzo l’Accademia degli Ordinati, destinata a promuovere le cose poeti che e le musicali, come anche un altro porporato illustre scrisse, e fece rappresentar l’Adonia, melodramma di cui Giammario Crescimbeni fa ne’ suoi Commentari un magnifico elogio, ma che debbe riporsi tra i molti insensati panegirici, che il bisogno o la voglia di farsi proteggere detta non poche fiate a quelli scrittori che fanno della letteratura un incenso onde profumare gl’idoli più indegni di culto. […] Egli fece venire dalla Germania, ove diligentemente avea osservato ne’ suoi viaggi codesto ramo delle umane cognizioni, ogni sorta di trombe, tamburi, cornetti, fagotti, viole, tromboni ed altri strumenti; istituì una truppa di giovani moscoviti da erudirsi nella musica; ne introdusse il gusto e l’usanza ne’ pubblici e ne’ privati divertimenti promovendo in particolar modo la musica militare come la più confacente alle sue mire. […] [NdA] Il suo amore per l’armonia era tale, che vicino a morire dopo aver fatto l’ultime preghiere col confessore fece venire i suoi suonatori, e morì alla metà d’un concerto.
Il sig. abate Saverio Lampillas esgesuita catalano che ha dimorato in Genova sin dal tempo dell’espulsione, e che non mai avea veduto Madrid, volle dubitare della verità di questa descrizione, per natural costume di non credere che a se stesso ed a’ suoi corrispondenti che tante volte l’ingannarono con false notizie. […] La famosa Mariquita Ladvenant, morta verso l’anno 1766 degna di nominarsi tralle più sensibili e vivaci attrici rappresentava nel teatro della Croce, e los Chorizos suoi fautori furono da lei distinti con un nastro di color di solfo nel cappello, mentre i parteggiani opposti ne presero uno di color celeste. […] Quanti fanciulleschi sofismi formicavano in quel capo, e di quante ciance imbrattò i suoi scartafacci! […] Il di lui Prologo decantato (in cui declama in 106 pagine contro l’ imbecille Racine , l’ ignorante Voltaire e tutti i Francesi e gl’Italiani che non dican o che il teatro della sua nazione sia il primo del mondo, ed egli il Principe de’ letterati de’ suoi giorni) serve di scudo a una Collezione di commedie spagnuole di figuron, di capa y espada ed heroicas.
[4] Degnate non per tanto onorare dell’autorevol vostro suffragio codesto tenue saggio del mio zelo per gli studi voi, che siete solito d’accogliere con tanta benignità tutto ciò, che spetta l’avanzamento delle arti, e delle lettere; voi, che in una città maestra della religione e della politica sostenete con tanto decoro i diritti di un monarca cognito all’universo non meno per la sua pietà nella prima che per la sua prudenza nella seconda; voi, che collocato ih carica sì luminosa rarissimo esempio avete dato a’ vostri pari di sensibilità spargendo lagrime, e fiori sulla tomba d’un amico illustre; voi, finalmente, che nelle vostre sensate, profonde e per’ogni verso filosofiche riflessioni intorno alle opere di Mengs avete fatto vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e che il più’gran genio del nostro secolo nella pittura era ben degno d’avere per illustratore de’ suoi pensieri, e confidente uno degli spiriti più elevati della Spagna nella penetrazione e sagacità dell’ingegno come nella squisitezza del gusto.
Nato da padre comico, avanzandosi cogli anni e non molto crescendo nella statura, i suoi compagni per ischerzo lo chiamavano trotola, dal che derivogli in seguito il soprannome di Toto, sotto il quale è comunemente conosciuto.
Andò egli con due suoi Compagni, ma non incontrò molto applauso, dappoichè i Francesi non intendendo la frase Napolitana, nè le scempiezze del Pulcinella, ch’è parte goffa, altro diletto non aveano, se non quel che nascea dagli atteggiamenti ridicoli di Michelagnolo ; e per altro, egli non era grazioso, se non allora quando faceva scena co’suoi Compagni Napolitani, poichè i Comici Francesi non si adattavano al nostro modo di rappresentare all’Improviso, nè capivano la di lui intenzione, onde egli penava a muovere le risate.
Naturalmente il Garzoni allora avrebbe parlato di lei, morta l’Armani, poichè, rimpiazzatala nel ruolo di prima donna in commedia, ebbe modo soltanto allora, sotto il nome di Lidia, di spiegare i suoi forti talenti artistici : assai diversi, veramente, da quelli dell’Armani, se stiamo ai due ritratti di virilità e di maestà nell’una, del Valerini, di gentilezza e di grazia nell’altra, del Garzoni.
Nè solo per Compagnie comiche, o per Accademie componeva i suoi prologhi, ma anche per Compagnie di canto, come abbiamo da quello de gl’inventori della musica, il ventiquattresimo della raccolta, che termina così : abbiamo proposto in questo luoco con la musica dei dolci concenti di cotanti amanti, ai cigni rassomigliati, e con le note di cotante Progne e Filomene, cantarvi dolcemente col suono delle vostre parole un’opera composta in Madrigale di dodeci voci.
Nelle ore in cui poteva esser libero da' suoi doveri (e queste non erano tali che nella notte), si occupava continuamente a leggere ; ed essendo pieno d’ingegno naturale, e dotato di ferace memoria, seppe profondamente istruirsi, e in seguito diventare un buon autore teatrale, ed un ottimo artista.
Rosmunda, Antigone, Sofonisba, Merope, Ottavia di Alfieri, alcuni drammi del Metastasio e del Federici, e molte commedie del Goldoni, del Nota, del Giraud ebbero in lei un’interprete valorosa : e Vittorio Alfieri, uditala a Firenze nell’Ottavia, volle conoscerla davvicino ; e le scrisse una lettera di lode, congratulandosi con lei del modo stupendo con che declamava i suoi versi, e della sovrana intelligenza ch'ella spiegava nell’interpretare con mirabile verità i diversi caratteri.
Le vide egli, se ne approfittò, spinse oltre le ricerche, interrogò di proposito la natura, e questa con una sorta di gratitudine e di compiacenza si mosse a premiare le di lui cure con manifestargli una parte de’ suoi misteri, e con iscoprirgli alquanto, per casì dire, quel velo, di cui si ammanta. […] Per natura la trovarono i greci, e non ne presero da niuno l’esempio, come é chiaro a chi passo passo la vada seguitando dall’insonne suo nascere per tutti i gradi de’ suoi avanzamenti.
Le vide egli, se ne approfittò, e più oltre spingendo lo sguardo esaminò con maggior diligenza la natura, la quale essendo solita per lo più di corrispondere con una spezie di gratitudine a chi la contempla, si compiacque di premiarne le cure con manifestargli una parte de’ suoi misteri, e con alzare, per così dire, alcun poco quel velo di cui si ammanta. […] Per natura la trovarono i Greci, e da veruno non ne presero l’esempio, siccome è chiaro a chi passo passo la vada seguitando dall’informe suo nascere per tutti i gradi de’ suoi avanzamenti.
Capua stessa, anticamente chiamata Volturno, al dir di Livio, fu città Etruscac Lo stesso Istorico ci fa sapere che gli Etruschi possedettero la massima parte dell’Italia e colle colonie si sparsero ancora per le Alpi, e tennero il paese de’ Grisoni anticamente chiamato Rhaetia a Se si attenda al grado di coltura a’ cui pervenne, essa inventò e sece ne’ dilatati suoi dominii fiorir tante arti di commodo e di lusso. […] Gli spettacoli destinati al ristoro della società dopo la fatica, furono un bisogno conosciuto dalla nuova città più tardi di quello di assicurare contro gli attentati domestici e stranieri la propria sussistenza per mezzo della religione, della polizia e delle armi, Perciò quando l’Etruria sfoggiava contante arti e con voluttuosi spettacoli, e quando la Grecia produceva copiosamente filosofi poeti e oratori insigni e risplendeva pe’ suoi teatri, Roma innalzava il Campidoglio, edificava templi, strade, aquidotti, prendeva dall’aratro i dittatori, agguerriva la gioventù; batteva i Fidenati e i Vei, scacciava i Galli, trionfava de’ Sanniti, preparava i materiali per fabbricar le catene all’Etruria, alla Grecia, e ad una gran parte del nostro emisfero.
Le vide egli, se ne approfittò, e più oltre spingendo lo sguardo esaminò con maggior diligenza la natura, la quale essendo solita per lo più di corrispondere con una specie di gratitudine a chi la contempla, si compiacque di premiarne le cure con manifestargli una parte de’ suoi misteri, e con alzare, per così dire, alcun poco quel velo di cui si ammanta. […] Per natura la trovarono i Greci, e da veruno non ne presero l’esempio, siccome è chiaro a chi passo passo la vada seguitando dall’informe suo nascere per tutti i gradi de’ suoi avanzamenti.
Egli piacque a’ suoi giorni ad alquanti letterati, ma senza vantaggio del pubblico teatro. […] I suoi caratteri non sono ordinariamente che protei. L’armonia poetica non regna ne’ suoi versi che a salti, per così dire, e spesso inopportunamente; ma l’azione viva e lo spettacolo di alcuni colpi forse anche troppo teatrali hanno sostenute le tragedie del P. […] Ne’ suoi personaggi si ravvisano i grand’uomini della storia, benché migliorati alla maniera di Sofocle nelle passioni ch’ei dipinge, ognuno riconosce i movimenti del proprio cuore. […] I suoi personaggi non rispondono, come in Seneca, improvvisamente con un aforismo.
Scrisse parimenti il Gresset altre due commedie inedite perdute, o dall’autore stesso soppresse, cioè il Secreto della commedia da lui letta a’ suoi amici, ed il Mondo com’è, di cui solo si conosce il titolo. […] Dorat noto poeta morto nel 1780 di anni quarantasei coltivò anche la poesia drammatica per avventura poco propria de’ suoi talenti. […] L’ultima commedia che produsse fu Merlino bello spirito, nella quale punse gli autori drammatici suoi avversarii. […] Teodoro si abbandona sulle braccia dell’Abate, e gli addita la magione de’ suoi genitori. […] Studiando il mondo, e ritraendo la natura, egli ha appreso a ben dipingere, ed a variare gajamente i soggetti, ond’è ch’è stato denominato il Dancourt de’ giorni suoi.
Traluce nel Prometeo l’elevazione dell’ingegno di Eschilo, e l’energia de’ suoi concetti mista si vede a certa antica ruvidezza che gli concilia rispetto. […] Segue a ciò una scena assai patetica, in cui Ifigenia rassegnata a morire prendre congedo dalla madre che le va rammentando i suoi più cari. […] Questa non soffre avanti i suoi occhi il rifiuto, e l’ascolta senza essere veduta. […] Degno singolarmente di osservarsi è lo squarcio dell’atto quarto, dove Medea intenerita co’ suoi figliuolini gli abbraccia e gli rimanda, gli compiange e gli destina alla morte, ascolta i moti della natura e la tenerezza di madre, e sente risvegliare i suoi furori alla rimembranza dell’infedeltà di Giasone. […] Ègli l’onorò col suo pianto, e impose a’ suoi attori di présentarsi sulla scena senza corone, senza ornamenti e con abiti lugubri.
Giovanni Ruy de Alarcon di origine spagnuolo ma nato nel Messico, per purezza di lingua, per grazia comica, per abbondanza e per invenzione, merita di preferirsi a moltissimi suoi contemporanei. […] Dispiacquegli (vedi la III dissertazione di que’ suoi curiosi Saggi Apologetici troppo presto obbliati) che io numerassi tra gli argonauti Italiani, che aprirono il cammino del Nuovo Mondo agli Europei, il Vespucci ed il Cabotto. […] Egli accompagnò, a qualunque titolo, Alonso Ojeda; ma per essere un esperto navigatore ed eccellentemente versato nellà scienza marittima ,non si acquistò tanto credito fra i suoi compagni, che gli accordarono volentieri una parte principale nel dirigere le loro operazioni in quel corso ?
Giovanni Ruiz de Alarcòn di origine Spagnuolo ma nato nel Messico, per purezza di lingua, per grazia comica, per abbondanza e per invenzione, merita di preferirsi a moltissimi suoi contemporanei. […] Dispiacquegli (vedi la III dissertazione di que’ suoi curiosi Saggi Apologetici) che io numerassi tra gli argonauti Italiani che aprirono il camino del Nuovo Mondo agli Europei, il Vespucci ed il Cabotto. […] Egli accompagnò, a qualunque titolo, Alonso Ojeda; ma per essere un esperto navigatore ed eccellentemente versato nella scienza marittima, non si acquistò tanto credito fra i suoi compagni, che gli accordarono volentieri una parte principale nel dirigere le loro operazioni in quel corso?
Gabbrielli Francesco, figlio maggiore del precedente, celebre sotto il nome di Scapino, « fu – dice il Barbieri – il miglior Zanni de’tempi suoi ; inventor de’fantastici instrumenti, & di canzonette, & arie gustevoli ; maestro di chitarra alla Spagnuola del Re Cristianissimo, della Reina Regnante, di Madama Real di Savoja, dell’Imperadrice, mentr’era a Mantova, e di tant’altri Principi e Principesse della Francia, e fu sempre accettato tra’grandi come virtuoso, e non come buffone. » E aggiunge ch’ ebbe figli tenuti a battesimo da serenissimi Principi. […] Si come hora conossendo non havere errato (come tutta la compagnia ne farà per me fede) lo supplico di credere che la maggiore ambizione che io habbia, è di essere ammesso tra il numero de’ suoi servitori, et che confesso che la E. […] Cintio per suoi interessi non si partirà dalla Franceschina, e suo marito che in tutto fanno tre parti manco un quarto ; e dove è un’altra serva non ci ha a che fare mia moglie e per conseguenza manc’io.
» Con tuttociò, pare che il Barlachia, citato sempre ad esempio come recitatore, non fosse, come tutti i suoi colleghi di scena un’arca di scienza : e nel Consiglio villanesco del Desioso (Siena, 1583) il dialogo comincia col chiedere scusa, per essere l’autore rappresentante, non letterato : « Chi fa l’arte che fece il Barlacchia non può come gli sdotti arrampicare. » A pagina 432 delle rime del Lasca curate dal Verzone (Firenze, Sansoni, 1882) abbiamo le due seguenti ottave : IN NOME DI CECCO BIGI STRIONE Alto, invitto Signor, se voi bramate ch’il Bigio viva allegro, e lieto moja, la grazia, che v’ha chiesto, omai gli fate, per ch’egli esca d’affanni e d’ogni noja ; ei ve ne prega, se vi ricordate delle commedie, ove contento e gioja vi dette già, e spera a tempo e loco farvi vedere ancor cose di fuoco.
« Quando la compagnia si fu tolta i suoi costumi di teatro, per indossar quelli di tutti i giorni, la laide Bassi, infilato il mio braccio, mi trascinò fuori, dicendo che io doveva recarmi a cena da lei.
Enrico Montazio (Il Proscenio e La Platea, Firenze, 1845) fu de' suoi più acri censori nella condanna aperta, senza mezzi termini, or de' controsensi di messa in scena, or di quel volere l’ applauso a ogni scena, a ogni parlata, a detrimento della verità, della castigatezza, del pudore : e tanto una volta invei contro l’ artista celebrato, che il Niccolini ebbe a scrivere a Maddalena Pelzet, che il Pezzana, montato in furore per le critiche del Montazio, aveva minacciato per la strada di bastonarlo.
Nel suo Manlio Capitolino formato sulla Venezia salvata di Otwai, col trasportare agli antichi Romani il fatto recente della congiura di Bedmar contro Venezia, diede un saggio più vigoroso, più deciso de’ tragici suoi talenti, e svegliò nel pubblico e ne’ posteri viva brama, che egli avesse potuto o calzar più per tempo il coturno, o prolongar più la vita. […] Non ostante l’autor giovane non ancora avea acquistata l’arte di pulir lo stile e di tornir meglio i suoi versi; ond’è che nella lettura che se ne fece, gli si notò la durezza della versificazione e la scorrezione dello stile. Da prima, a quel che ci dicono i suoi nazionali, avea egli dato un figlio a Toante, facendolo innamorato d’Ifigenia; ma il sig. […] Scriste poi altre due commedie inedite perdute, o dall’autore stesso soppresse, cioè il Secreto della commedia da lui letta a’ suoi amici, ed il Mondo com’ é, di cui solo si conosce il titolo. […] Non increscerà a chi legge, che per dare una idea de’ teatri francesi del tempo del Mairet, io accenni una parte di ciò che ne disse ne’ suoi Dialoghi il sig.
Se l’istesso nostro Monarca non avesse secondata questa prima felice operazione colle altre, p. e. permettendo a’ suoi Vassalli un libero Commercio alle Provincie Americane, alleggerendo varj gravosi dazj posti su i generi portati in quelle Contrade, e stendendo la corrispondenza, e il traffico parimente di una Colonia coll’altra, e della Nuova-Spagna colle Filippine, si sarebbe ad occhi veggenti scorto il miglioramento del Commercio Spagnuolo1? […] Per altra via intento a dissipare l’antico letargo, concorse co’ suoi scritti a migliorare, e rischiarare i paesani il celebre Don Jorge Juan, ed oggi veggiamo con piacere aperte per la Spagna Scuole non rare di Matematiche pure e miste, di Nautica, di Astronomia, di Architettura Militare per le Accademie de’ Cadetti situate in Barcellona, nel Ferol, in Cartagena, e in Segovia. […] E tante furono e sì illustri le Colonie, che dalla Grecia vennero ad abitare i nostri paesi, che Strabone mentova moltissime Città Greche Italiane, così nel continente, come nella Sicilia, le quali erano a’ suoi tempi tutte perite, rimanendone solo le reliquie materiali, e poche Città, come Napoli, Regio, Taranto, le quali per qualche altro secolo continuarono a conservarsi Greche. […] che può a ragione pregiarsi di contare tra’ suoi figli un Vazquez, un Suarez, un Cardinal Cisneros, un Melchior Cano, un Arias Montano, un Antonio Agostino, un Barbosa, un Vives, un Mariana? […] Ha bisogno la Spagna di chiamarsi Provenzale, o di convertire i suoi Popoli in Provenzali, per participare dell’efimera anticipazione nel verseggiare che ebbe quella Provincia Francese?
Assai più notabile fu una scena, in cui Mere-Sotte manifesta i suoi disegni di voler comandare nel temporale e nello spirituale. […] Ella invitò altresì in Francia gli strioni Italiani per recitare altri suoi drammi composti nella nostra linguab.
Quindi ogni tempo ed ogni nazione ebbe i suoi. […] Agostino certifica che una persona dei tempi suoi comunicava spontaneamente questo movimento ai suoi capelli, facendoli rizzare e abbassare a suo talento. […] Quindi i suoi detti e i suoi moti sono parchi, stentati, languidi: e in tutti i suoi conati si arresta appena incomincia, e par che tosto dimentichi di avere incominciato. […] Ciascuna di queste passioni ha i suoi modi, la sua lingua, i suoi gesti, e sì risentiti e sì propri, che si può l’una dall’altra agevolmente distinguere. […] [7.32] Nella serie di questi momenti la disperazione, progredendo via via, tutti dispiega i suoi effetti, i suoi gradi, i suoi eccessi.
Erbele ha già inteso che Gerbino è partito ed è in salvo, ma vuol che Zelinda le ridica gli ultimi suoi detti, gli ultimi sguardi. […] Un legato fuori della scena che fosse così grossolano e puerile ne’ suoi raggiri, si manifesterebbe più atto alla zappa che a’ maneggi di stato. […] V la quarta di lui con Agiziade, in cui si disviluppano i suoi teneri sensi che non iscemano l’amor dominante della patria. […] Questa è forse, o ch’io m’inganno, la tragedia che meglio scopre i rari suoi talenti tragici. […] Ricimero lasciandosi cadere a’ suoi piedi, le dà avviso che il padre ferito, ma lievemente, da uno strale tutto a lei perdona, tutto obblia, e la vuol con se negli estremi suoi giorni.
In mezzo a tanta barbarie pur non mancò in alcune regioni qualche solitario allievo della sapienza, il quale appressandosi al solio di Carlo Magno potè co’ suoi consigli eccitarlo alla magnanima impresa d’ingentilire e illuminare i popoli. […] In simil guisa pervenne questo sovrano ad inspirar ne’ suoi sudditi l’amore delle scienze3. […] Apparentemente fu questo un ludrico spettacolo, in cui s’introdusse Federigo II co’ suoi aderenti i Pavesi, i Reggiani ed il Patriarca17. […] Ma se egli voleva rallegrare i suoi compatriotti a spese dell’Italia, dovea prima assicurarsi d’aver ragione, altrimente il ridicolo ricade sul derisore, come ora è avvenuto. […] L’ istesso scrittore ne’ suoi Annali d’ Italia.
Il modo di recitare del signor Bigottini non ha nulla che vedere con quello dell’attore ch’egli deve surrogare ; egli non ne ha nè la grazia, nè la finezza, nè la semplicità : tuttavia le sue metamorfosi sono ingegnose e variate ; e i suoi movimenti senza avere la flessibilità e la mollezza che caratterizzano ogni menomo gesto di Carlino, sono d’una esattezza e d’una rapidità singolari.
Negli ultimi anni dell’ arte sua, a’ Fiorentini di Napoli, i compagni suoi, mossi forse da alcuna bizzarria del caso, gli dieder fama di jettatore, o apportator di sventura.
Merita il Fiorio molte lodi per i suoi meriti Teatrali, ed egualmente per la bontà de’suoi costumi, che lo palesano un Uomo onesto, un Marito amoroso, ed un Padre prudente. » Pubblicò il Fiorio a Venezia del ’91 le sue commedie in quattro volumi in-8° col titolo Trattenimenti teatrali ; i quali contengono : La nobil vendetta, Imelda e Bonifacio, Meleagro, Il sogno avverato, L’oppresso d’animo, felicitato (dal tedesco), Il Vincislao di Lituania, Ines de las Cisternas, I pazzi corretti, Un momento c’è per tutti, Alberto e Mastino secondo, Signori di Verona, Agnese di Bernaver, La vedova medico e filosofo, Sei piatti e nulla più (dal tedesco), Carlo Goldoni fra’comici, Il matrimonio di Carlo Goldoni, Introduzione comica.
Fu in varie compagnie e a Palermo. « Se – aggiunge il biografo – a quel fuoco giovanile che lo fa essere poco costante nelle cose sue sapesse egli mettere un po’ di calma, potrebbe rendersi a sè medesimo più giovevole, e potrebbe agli onorati suoi genitori apportare in seguito una più perfetta consolazione. »
Mosso dal suo voler, l’altrui s’aggira ; e mentre a’ moti suoi rapisce i cori, qual celeste sirena ogn’un l’ammira.
Il direttore della Filodrammatica del Teatro Nazionale, Alessandro Emanuel, ammirato dai pregi della bionda attrice, la scritturava per le recite del carnevale ; e in questo periodo di tempo incominciano i suoi primi trionfi.
I suoi capelli corvini adornavano un’ alta fronte illuminata da due occhi nerissimi, esprimenti tutti i moti del cuore umano.
Gaetano fu allevato a Desio vicino a Milano, poi nel Collegio Boselli, il miglior convitto di Lombardia, d’onde a dieci anni uscì, compiuti i suoi primi studi d’italiano e tedesco, per entrare, dopo un anno di preparazione al latino nella Scuola privata Gay, nel Collegio vescovile di Castiglion Fiorentino, all’intento di farvi il corso di filosofia.
, V, 239) riferisce le parole del Barbieri, aggiungendo : « i quai privilegi gli fece pure il Duca di Mantova per li proprj suoi Stati ».
Trigeo arrivato tra’ suoi narra varie cose vedute in aria quando ha volato. […] Mentre tutti dormono, e il figliuolo sogna cavalli e carrette, egli vigila rivedendo i suoi conti. […] Entrato il padre ed il figliuolo nella propria casa, viene un creditore a domandare i suoi denari. […] Avvertitone il figliuolo accorre co’ suoi famigli. […] Cleone propone i suoi interpretandoli a suo favore.
Mentre tanto si deliziano nello spettacolo, mentre si vantano di essere quei fortunati coltivatori che l’hanno sollevato alla maggiore perfezione possibile, mentre si dimostrano pieni di entusiasmo per tutto ciò che ha riguardo alla musica, soffrono ciò nonostante che la parte poetica primo fonte della espressione nel canto e della ragionevolezza nel tutto, giaccia obbrobriosamente in uno stato peggiore di una prosa infelice e meschina, in uno stato dove né il teatro conserva i suoi diritti, nè la lingua i suoi privilegi, in uno stato dove la musica non ritrova immagini dà rendere né ritmo da seguitate, in uno stato dove la ragioni non vede alcuna connession fra le parti, né il buon senso alcun interesse fondato nelle passioni, in uno stato finalmente dove s’insulta ad ogni passo alla pazienza di chi assiste alla rappresentazione, e al gusto di chi la legge. […] Gli mancano parole da mettere in bocca a’ suoi personaggi? […] [10] In siffatta povertà di espressione poetica e musicale cagionata non da vizio inerente al melodramma, ma dagli abusi accidentalmente introdottivi, il gusto, che vuol pur trovare un compenso ne’ suoi piaceri, va riponendo l’essenziale in ciò ch’è meramente accessorio. […] Lo spettacolo altresì ha gran luogo ne’ suoi componimenti, ma si trae per il comune dai fonti della storia, e i costumi e i riti de’ popoli vengono osservati a dovere. […] Si dice che v’abbia con i suoi precetti comunicata cotal malattia contagiosa un maestro dell’arte, chiamato Orazio, e che i Greci e i Francesi v’abbiano fornito l’esempio.
Alcuni capitani suoi vassalli che aspirano alle sue nozze, per turbare il trattato assaltano il campo de’ Mori e rimangono uccisi. […] Tutti i cinque atti sono ripieni d’inutili, inverisimili e freddi amori de’ capitani di Dido, e di un racconto de’ suoi andati casi impertinentemente cominciato nel I atto, narrato a spezzoni ne’ seguenti, interrotto quattro volte, e compiuto nel quinto.
Antiochia ne avea ancora, e i suoi istrioni furono cagione della trascuraggine e della mina di Macrino102. […] In tempo di Antonino Pio da Capitolino si fa menzione solamente di Marco Marullo, attore e scrittore di favole mimiche, il quale ebbe l’ardire di satireggiare i principali personaggi della città, senza eccettuarne l’istesso imperadore; Marco Aurelio, di lui figliuolo adottivo e successore, diceva, che le commedie de’ suoi tempi altro non erano che mimi, Dagli Antonini fino alla divisione dell’imperio romano non si trova nominato, ch’io sappia, altro scrittore drammatico a riserba d’una commedia in prosa poco degna di lode, scritta da un autore incerto ad imitazione Aulularia di Plauto, e così pure intitolata109.
Commuove nell’Umanità l’angustia ove si vede ridotto un padre di famiglia che esce a rubare per sostentare i suoi, ed è condannato alla morte. […] Non v’ha che Monrose il quale pieno de’ suoi spaventi e pericoli porta nella favola la propria tristezza quasi tragica.
A questo infatti, col mezzo del signor di Rohan suo cugino, allora in Firenze, fece, il 21 dicembre '99 da Parigi, l’invito formale di recarsi nel suo regno, promettendogli ogni buon trattamento : e l’invito fu accettato per la Pasqua vegnente, e il Duca Vincenzo I il 19 aprile raccomandava con ogni calore al Duca d’Aiguillon e al Duca di Nevers i suoi bonissimi recitanti. […] Il 10 novembre 1606 da Fontainebleau Enrico scriveva gajamente a suo cugino Ferdinando Gonzaga, cardinale un anno dopo, nonostante i suoi vent’ anni, perchè la Duchessa di Mantova tenesse la promessa fatta alla cognata di Francia d’inviarle novamente i comici italiani ; i quali però non andaron altrimenti, allegando la malattia d’Arlecchino, e le difficoltà delle attrici per avventurarsi a un tal viaggio d’inverno.
Voi avete per voi il suffragio d’Italia : io che sono l’ultimo dei suoi scrittori, riconosco intieramente da voi la fortuna delle mie tragedie, ed è impossibile far meglio la parte di Teresa. […] Non vedo l’ora di finirla, e voglio venire a mangiare pane e fagioli, ma lontana dalla scena e dai suoi indegni cultori.
Soppresso poi totalmente l’anno dopo il genere italiano, ella fu congedata con una pensione di mille lire annue e un indennizzo di cinquemila lire da pagarsi in due anni e in due volte, e se ne tornò in Italia con la madre e un bambino, frutto del suo matrimonio con un Bianchi, dal quale viveva separata. « I suoi meriti personali – dice Fr. Bartoli – i suoi modi graziosi e la di lei teatrale abilità forse non del tutto al teatro saranno tolti, essendo sparse alcune voci, che ci fanno sperare di rivederla ben presto sulle scene d’Italia. » Ma dal 1781 in poi non mi fu dato rivederne il nome in alcun elenco.
.), perchè interponesse i suoi buoni offici presso certo Messer Gio. […] Certo egli dovette essere avuto in conto di artista egregio e di egregia persona, se uomini ragguardevoli come il Principe di Parma, Alessandro Farnese, Carlo Gondi, inviato straordinario del Granduca di Toscana, indi Pietro di Nyert, primo Cameriere segreto del Re, e Boileau Puymorin, Intendente generale della feste e degli affari privati del Re, tennero al fonte del battesimo i suoi figli.
Home forse tuttavia vivente che altri chiamò Hume, compose due buone tragedie, l’Agis e Douglas, le quali da’ suoi compatriotti non meno che dagli esteri che le conoscono, vennero concordemente applaudite. […] Fingal viene accompagnato da’ suoi spiriti, … Ombra diletta, vieni tu a spaventare insieme, e a consolare la tua Comala.» […] L’autore di un Dizionario de’ Poeti e de i Drammi Inglesi osserva che Lillo era felice nella scelta de’ suoi argomenti. […] Bene espresso è pure quello di sir Henns rustico occupato sempre de’ suoi cavalli. […] Appena contava la Cibber diciotto anni della sua età, quando rappresentando la parte di Zaira nella traduzione di Hille, fe vedere alla nazione certa sensibilità spogliata da ogni caricatura istrionica, ed una declamazione naturale sino a’ suoi dì sconosciuta in quel clima.
Prima però che Cornelio si avvedesse delle proprie forze nel genere tragico, e che comprendesse quanto la regolarità contribuisca all’accrescimento dell’istruzione e del diletto col partorir l’illusione, il Trissino servì di modello a Mairet nel comporre la Sofonisba rispettando le tre unità1; ed il popolo nella rappresentanza seguitane nel 1629, ad onta de’ suoi difetti e della debolezza dello stile, ne senti il pregio e l’applaudì.
D’indole severa, trattava un poco duramente la moglie Vincenza Gallini-Berttoï ; e giunto all’ultim’ora, uno de’suoi colleghi gli richiamò alla mente i suoi torti, che riconobbe tosto ; e volle, a emendazione quasi di essi, nominar lui legatario universale, a patto ch’egli ne usasse convenientemente colla moglie.
I suoi nervi li scuote troppo e se ne risente.
Introduzione La fama che Francesco Algarotti raggiunse ai suoi tempi ha un testimone d’eccezione, seppure in chiave antifrastica. […] I suoi molteplici interessi, che lo spinsero a scrivere di arte, scienze, musica, letteratura, traduzione, mostrano l’estensione di un sapere disponibile ed eclettico, che qualifica l’uomo di lettere del XVIII secolo, volto a perseguire uno dei fondamenti della cultura umanistica settecentesca, quello di una letteratura intesa come percorso conoscitivo, strumento comunicativo, veicolo di circolazione delle idee3. […] Gli anni che seguirono il ritorno in Italia furono dedicati alla stesura di scritti di varia natura che da un lato proseguivano il filone divulgativo già sperimentato con il Newtonianesimo e dall’altro erano l’esito delle molteplici attività cui si era dedicato Algarotti nel corso dei suoi soggiorni all’estero. […] La vivacità del discorso fin dalla prima redazione è data anche dalla prassi di Algarotti di fare sfoggio dei suoi molteplici saperi e interessi e di operare continui parallelismi tra l’opera in musica, la pittura, la scultura, l’architettura, chiamate in causa in varie parti del Discorso e soprattutto in quelle dedicate alla scenografia. […] Foscolo, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, 17 aprile: «Ah, ah, rispose sbadatamente; e tirò innanzi ad anatomizzare l’oltramontano travaglio de’ suoi orecchini.
Sia poi che il nobile Fiorentino Ottavio Rinuccini (il quale fu gentiluomo di Camera di Errico IV re di Francia, e non commediante, come disse ne’ suoi Giudizj il Baillet ripresone a ragione da Pietro Baile) s’inducesse per l’ esempio del Vecchi a formar del dramma e della musica un tutto inseparabile in un componimento eroico e meglio ragionato, ovvero sia che le medesime idee del Vecchi a lui ed a’ suoi dotti amici sopravvenissero, senza che essi nulla sapessero del Modanese: egli è certo che il Rinuccini, col consiglio del signor Giacomo Corsi intelligente di musica, mostrò all’Italia i primi veri melodrammi eroici nella Dafne, nell’Euridice e nell’Arianna, i quali per l’ eleganza dello stile, per la felice novità musicale e per la magnificenza dello scenico apparato, riscossero un plauso universale. […] Sulzer (se non vuol contraddire a’ suoi principj) e col canto smentisce la passione.
Il celebre Addisson morto d’anni quarantasette nel 1719, il cui senno, ingegno e sapere l’elevarono fra’ suoi alla carica di segretario di stato, e gli diedero nella repubblica letteraria il nome di poeta de’ savj, aprì agl’ Inglesi il sentiero della buona tragedia l’anno 1713 col suo Catone. […] Fingal viene accompagnato da’ suoi spiriti . . . […] L’autore di un Dizionario de’ poeti e de i drammi inglesi osserva che Lillo era felice nella scelta de’ suoi argomenti. […] Ben espresso è pure quello di sir Henns rustico occupato sempre de’ suoi cavalli. […] Appena contava la Cibber diciotto anni della sua età, quando rappresentando la parte di Zaira nella traduzione di Hille fe vedere alla nazione certa sensibilità spogliata da ogni caricatura istrionica ed una declamazione naturale sino a’ suoi dì sconosciuta in quel clima64.
Carlino, colla Compagnia rifatta, impresario Silvio Maria Luzzi, chiama l’Altavilla « attore valentissimo nelle parti di carattere, che con le sue grazie, con i suoi epigrammi ci muove al riso e fa dimenticarci della tristezza di che è circondata la vita.
S. e in conformità de suoi da me ambiti comandi ho recapitato subito la sua al S.
Vòltegli la sorte le spalle, incalzando la vecchiaja e i malanni, i suoi compagni d’arte si ricordaron di lui, ma non così da risparmiargli l’ultima ora nella miseria.
Ma se creazioni tipiche nello stretto senso della parola non vi furono (nella recitazione del Papadopoli non era celato lo studio, ma, al dire di più contemporanei non era studio affatto), tutti i suoi personaggi acquistaron tale apparenza di realtà, che non era possibile il desiderar di più.
E dedicando Le Donne curiose all’abate Antonino Uguccioni : Ella ha preso a proteggere una Compagnia di valorosi comici suoi nazionali, dei quali ho fatto altra fiata menzione, e sono, a dir vero, ornamento del teatro italiano.
Nel Demetrio l’ammirazione ha più oggetti, esigendone il rigido eroismo di Timandro, la virtù de’ suoi figli, ed il bel perdono di Demetrio. […] Tornando Bibli prende nuovo vigore nella scena 5 col di lei incontro con Cauno, nella quale narrando con passione e senza superfluità i suoi spaventi notturni, dà indizj della colpevole sua fiamma. […] guai a quello ancora che non ha per lodatore che se stesso e i suoi compiacenti amici! […] L’inumana vendicativa Rosmunda riesce felicemente in opprimere tutti i suoi nemici e la virtù e l’innocenza in Romilda. […] Bettinelli confessò parer talora un pò uniforme quella stessa nobiltà che l’anima elevata del Granelli prestava a’ suoi personaggi.
Ella possedea Tassi, Ariosti, Trissini, Raffaelli, Buonarroti, Correggi, Tiziani e Palladj: ella volle ancora i suoi novelli Apollonj, Pappi, Taleti, Anassimandri e Democriti, e n’ebbe una copiosa splendidissima schiera nel Porta, nel Galilei, nel Fontana, nel Borrelli, nel Cavalieri, nel Torricelli, nel Viviani, nel Cassini, nel Castelli, nel Monforte, e in tanti altri insigni membri delle Accademie de’ Segreti, de’ Lincei, del Cimento, degl’ Investiganti, de’ Fisiocritici, degl’ Inquieti, della Società scientifica Rossanese (Nota II). […] Mustafà sempre grande resiste alle istanze de’ suoi fedeli che l’esortano a schivare le insidie. […] Grande ancora si mostra ne’ suoi lamenti, quando seco stessa trattenendosi si palesa più sensibile alle disgrazie benchè non meno magnanima. […] Nobili sono i suoi sentimenti allorchè determina di morire supponendo che Augusto col pretesto di nozze voglia esporla in Roma al rossor del trionfo. […] Egli seppe rendere teatrale e interessante la violenta morte su di un palco data al legittimo padrone del reame di Napoli e di Sicilia, con fare che l’Angioino Carlo I tra Federigo duca di Austria e Corradino duca di Suevia e re di Napoli suoi prigionieri ignorasse, Chi Corradino siasi e chi’ l Cugino.
no doppo haver quasi perso il cervello dietro alli suoi inbrogli partirà per questa volta, dal quale intenderà più a lungo li interessi della compagnia, et io a lui mi riporto, spera dalla benignità di S. […] Parto per Bologna lunedi pross.º venturo, colà starò attendendo i suoi pregiatiss.
Son così dolci, Eularia, i bei concetti che v’ escon dalla bocca saporita, che nè Saffo, nè Laura, o Margherita, nè il Petrarca vi può co’ suoi sonetti. […] V. a favorirmi d’una lettera per Flaminio, ma scritta di bon inchiostro, il tenore sij questo, che venga quanto prima alla compagnia e non la facci patire con le sue tardanze, e se à lasciato la moglie una volta a Roma per Franccia, tanto meglio può lassarla, non andando molto lontano ; che guardi bene a non trasgredire a suoi comandi che altrimente sarà per risentirsi, poi chè il suo gusto è che la compagnia cominci presto e guadagni bene.
Si sono corretti i seguenti refusi: I.[32] interpetri → interpreti; I.[63]: sue → tue; I.[99]: suoi → tuoi; II.[69]: quuali → quali; IV.[147]: Antologia → Antilogia; V.[11]: sia → sin; V.[44]: se → te; V.[236]: si → ci. […] [3.10ED] Lo fanno ancora talora sortire, perché venga a dire i suoi versi che dan progresso alla favola; lo fanno rientrare quando gli ha terminati e quando conviene far parlare altra persona di cose che il primo non dee ascoltare, ed in ciò son bene inferiori ai Franzesi e ad alcun di voi Italiani. […] Francesco di Assisi, se il Crescimbeni con malizia poetica non l’avesse scoperto per verso e pubblicato ne’ suoi Comentari. [4.54ED] Sai perché? […] [5.19ED] La stanza addobbata di preziosi tappeti e di pitture, opera di artefici esimii e di grandissime luci di specchi, potrebbe abbagliare con la ricchezza e disposizione della suppellettile i riguardanti; ma quando il re vi si trova, presente lui tutte le cose si avviliscono. [5.20ED] Egli sublime sorge in mezzo a’ grandi che lo circondano; ma l’eccelse stature si abbassano, i maestosi volti si umiliano. [5.21ED] Sta intorniato da molti de’ suoi guerrieri da lungo tempo già sì famosi per le battaglie nelle gazette, ma a fronte sua così minori diventano che rimanendo in certi l’uom solo, sparisce l’eroe. [5.22ED] Luigi solo è il vero carattere dell’eroe, comparendo egli solo maggiore de’ suoi gran nomi; e stimerò raro vanto di questi miei occhi l’aver osato una volta d’incontrarsi furtivamente ne’ suoi maestosi, gravi e terribili. [5.23ED] Allora mi parvero quasi nulla a tal confronto Marlì, Versaglie e Parigi, né potei saziarmi di quella vista sinché per tutto il giorno di ieri mi fu dato di veder uno cui non è uom lontano che o non si faccia gloria d’averlo veduto o non desideri di vederlo. […] [5.90ED] Qualcheduno di meno ne avrà chi compone in servigio di qualche principe che, non per guadagno, ma per gala e per liberalità vuol dare alla nobiltà più che al popolo, un’illustre e graziosa rappresentazione con musica; e allora anche il verseggiatore può esser poeta, ma guai a lui se non recede dalle massime regolari e severe della tragedia. [5.91ED] Allora i suoi drammi si potran leggere e lodare ancora fuor del teatro.
Sia poi che il nobile fiorentino Ottavio Rinuccini (il quale fu gentiluomo di camera di Errico IV re di Francia, e non commediante, come disse ne’ suoi Giudizii il Baillet ripresone a ragione da Pietro Baile) s’inducesse per l’esempio del Vecchi a formar del dramma e della musica un tutto inseparabile in un componimento eroico e meglio ragionato, ovvero sia che le medesime idee del Vecchi a lui ed a’ suoi dotti amici sopravvenissero, senza che essi nulla sapessero del Modanese: egli è certo che il Rinuccini, col consiglio del signor Giacomo Corsi intelligente di musica, mostrò all’Italia i primi veri melodrammi eroici nella Dafne, nell’Euridice e nell’Arianna, i quali per l’eleganza dello stile, per la felice novità musicale e per la magnificenza dello scenico apparato, riscossero un plauso universale. […] Sulzer (se non vuol contraddire a’ suoi principii) e col canto smentisce la passione.
Il citato Ottone da Frisinga nel succennato luogo ci attesta parimente che le Città Italiane de’ suoi tempi erano senza dubbio più ricche di tutte quelle d’oltramonti; anzi il soprallodato Muratori nella Conclusione degli Annali d’Italia, che trovasi dopo l’anno 1500, giunge a dire queste precise parole: Non si può negare, che negli ultimi predetti secoli, cioè dopo il mille e cento di gran lunga abbondasse più l’Italia di ricchezze che oggidì. […] Tennero nella Città d’Aix, Capitale della Provenza, e in Avignone la famosa Corte o Parlamento d’Amore, e poscia in Tolosa l’Accademia de’ Giuochi florali, ove ognuno sceglievasi un’ Amica, e la stabiliva sovrana dominatrice delle sue azioni e de’ suoi pensieri; e di là vennero le giostre, i tornei, i balli, le feste, le divise, come anche le canzoni, le ballate, ed altre specie di composizioni poetiche. […] Al principio del secolo XVI le lingue nazionali giacevano ancor neglette, e sola l’Italia poteva vantare ne’ suoi volgari scrittori esemplari da paragonare in qualche modo agli antichi, e da proporre all’imitazione de’ moderni.
Il Sacco si recò a Venezia con tutta la famiglia l’autunno del 1738, un anno dopo la morte dell’ultimo Medici ; e, salito poi in gran rinomanza, partì per la Russia l’estate del 1742, nonostante i suoi impegni con S. […] E ciò esegui col fare apprendere a'piccoli fanciulli figliuoli de'Comici suoi alcune Commedie del Goldoni, le quali erano da essi, benchè di tenera età, meravigliosamente eseguite. […] Passavano intanto i Comici tranquillamente i suoi giorni in Lisbona, accumulando ricchezze, e facendo una vita comoda e doviziosa.
Chè tal è il porgere di Adamo Alberti, quale gl’Italiani (non parlo di quelli che si tagliano i pensieri alla francese) han sempre voluto che sia : quale la benigna natura glie lo ha largito, dotandolo di una voce scorrevolissima e sonora, d’un volto grazioso ed espressivo, d’un gesto pronto e vivace, d’un movimento libero e securo ; quale glie lo han raccomandato a prova nel suo tirocinio teatrale i due suoi maestri, cioè il proprio genitore, comico distinto a que’tempi, ed il celebre Francesco Augusto Bon, autore ed attore reputatissimo ; e quale finalmente più conveniva allo stile di Goldoni, su le cui commedie si è per dir così modellato sin dalla età sua prima.
ma mi levano la speranza di poterle far servitii che da quelle me disobleghe, così la grandezza dell’animo suo pronto sempre a compiacere i suoi servitori, me dà ardire di supplicarla di una gratia ; il che tanto più volentieri mi movo a fare, quanto che questo mi porgerà occasione di poterla di novo servire.
Cominciò, è vero, a pubblicar nel '67 le sue commedie, intitolando la raccolta : Selva Comica Nazionale, ma egli sapeva appena leggere e scrivere (imparò a scrivere poco dopo di esser entrato al San Carlino), e i suoi sgorbi drammatici eran corretti da Marulli e Altavilla, i quali, il primo specialmente, concedevan ch'ei desse commedie loro sotto il suo nome.
Nel '59, anno primo del suo capocomicato, fu a un punto di essere fucilato con tutti i suoi per ordine di Urban, governatore di Verona.
Tal era negli anni che io vi dimorai, la delicatissima attrice Pepita Huerta mancata nel fior degli anni suoi. […] Egli accumolava di tal sorte gli avvenimenti che oltrepassava gli eccessi de’ suoi contemporanei. […] Sono, è vero, i suoi ritratti per lo più manierati e poco somiglianti agli originali che ci presenta la natura; ma non si allontanano molto dalle opinioni dominanti a’ giorni suoi. […] Dipoi don Tello pe’ suoi delitti è condannato a morte. […] Alcuni capitani suoi vassalli che aspirano alle sue nozze, per turbare il trattato, assaltano il campo de’ Mori, e rimangono uccisi.
I suoi Romani (ciò che per lo più si desidera in varie tragedie straniere) compariscono veri Romani. […] L’indifferenza del pubblico e degli esteri è una condanna de’ suoi lavori. […] Ma Bruto con eminente costanza aringa mostrando l’ingiustizia che si commetterebbe salvando solo i suoi figli ; e i suoi sentimenti sono degni del primo de’Romani liberi. […] Indarno Spera Archelao d’ annoverar fra suoi Schiavi comprati Socrate. […] Si trova nel libro III de’ suoi versi latini impressi nel 1742.
Guai se l’arte mostra i suoi vezzi! […] La passione non epiloga mai se medesima né dispone i suoi movimenti secondo le regole dell’arte retorica del Padre De Colonia. […] Il recitativo dove la poesia conserva tutti i suoi diritti, e dove l’imitazione è così prossima alla verità e alla natura, è la parte ch’essi strapazzano più d’ogni altra. […] Dove questi si prende ad ogni passo la libertà d’uscire da ciò che gli prescrive la composizione costringendo l’orchestra a seguitarlo negli sciocchissimi suoi ghiribizzi? […] Che talmente avvenisse presso ai Greci non cel lascia dubitare Aristotile, il quale facendo a se stesso ne’ suoi problemi (§ 19.
Si riconobbe in lui qualche rozzezza nello stile; ma a’ suoi di non si fecero versi più colti. […] Turbolo ed altri illustri Romani, e punse e motteggiò eziandio i poeti drammatici suoi contemporanei. […] Non convengo con que’ suoi lodatori, diceva Quintiliano, ma discordo ancora da Orazio, perchè scorgo in Lucilio un’ erudizione maravigliosa, una libertà intrepida, acerbità e copia di sale (Nota V). […] Due suoi versi dal medemo Gellio recati potrebbero dar motivo a’ fisici di rinnovare l’antica ricerca, se il parto, senza essere abortivo, possa anticipare, ovvero differire l’uscita dal seno materno oltre a’ soliti nove mesi. […] Nel II esce Fedria con Parmenone, e, come a tutti gli uomini avviene e spezialmente agl’ innamorati, in procinto di andar via ripete al servo che eseguisca i suoi ordini intorno al menare l’ancella e l’eunuco a Taide.
[3] La seconda fu l’esempio d’un celebre autore, il quale ugualmente ricco di fantasia lirica, ugualmente benemerito della propria lingua, che sprovveduto delle altre doti che caratterizzano un gran poeta, contribuì coll’autorità che aveasi acquistata fra suoi nazionali in un secolo, che di già inchinava al cattivo gusto, a guastar il dramma musicale. […] indi affrettando la notte troppo lenta ai pudici suoi desideri, ripiglia: «Graditi orrori, Coprite il dì: Ammantate sì sì l’eterea mole Se fra l’ombre degg’io godere il Sole.» […] Fu nondimeno tenuto a’ suoi tempi per ristorator del teatro: i suoi drammi furono ristampati non poche volte come cose degne di tenersi in gran pregio: i letterati sel proponevano per modello d’imitazione, e le muse anche elleno, le vergini muse concorsero a gara per onorar con inni di laudi chi più d’ogni altro recava loro vergogna ed oltraggio. […] Tale a un dippresso era lo stile del Giovanelli, del Teofili, del Ferrari, del Tarditi, del Frescosialdi, del Cornetto, ed altri, eccettuato Claudio Monteverde che seguitò più da vicino le pedate del Caccini e del Peri, e che avrebbe fatto epoca nella storia della musica scenica come la fece nella madrigalesca se i principi di quella fossero stati meglio conosciuti a’ suoi tempi.
Essa possedeva Tassi, Ariosti, Trissini, Raffaelli, Buonarroti, Correggi, Tiziani e Palladii: essa volle ancora i suoi novelli Apollonii, Pappi, Taleti, Anassimandri e Democriti, e n’ebbe copiosa splendidissima schiera nel Porta, nel Galilei, nel Fontana, nel Borrelli, nel Cavalieri, nel Torricelli, nel Viviani, nel Cassini, nel Castelli, nel Monforte, e in tanti altri insigni membri delle Accademie de’ Segreti, de’ Lincei, del Cimento, degl’Investiganti, de’ Fisiocritici, degl’Inquieti, della Società scientifica Rossanese. […] Mustafà sempre grande resiste alle istanze de’ suoi fedeli che l’esortano a schivare le insidie. […] Grande ancora si mostra ne’ suoi lamenti, quando seco stessa trattenendosi si palesa più sensibile alle disgrazie benchè non meno magnanima. […] Nobili sono i suoi sentimenti allorchè determina di morire, supponendo, che Augusto col pretesto di nozze voglia esporla in Roma al rossor del trionfo. […] Egli seppe rendere teatrale e interessante la violenta morte su di un palco data al legittimo padrone del reame di Napoli e di Sicilia, con fare, che l’Angioino Carlo I tra Federigo duca di Austria, e Corradino duca di Svevia e re di Napoli suoi prigionieri, ignorasse, Chi Corradino siasi, e chi il Cugino, È ben rancida la gara generosa di due amici di morir l’un per l’altro, e il cambiamento del nome per ingannare le ricerche del tiranno.
Urtarono due altri moderni scrittori teatrali verso gli ultimi tre lustri del secolo XVIII contro la corruzione del teatro spagnuolo sostenuta da’ commedianti e dal La-Cruz e suoi colleghi in mostruos tà sceniche. […] Questo parente deliberato avea di lasciar Chiara erede del suo; ma sapendo che era determinata a farsi religiosa, dispone de’ suoi beni a favore di Agnese e muore. […] Consiste in un avventuriere che si finge barone spagnuolo imparentato con tutti i grandi della corte, della quale è in disgrazia per maneggi de’ suoi nemici. […] Segno a’ suoi strali mimici furono frequentemente gli Abati che ostentavano letteratura. […] Dopo la mia partenza egli ha gridato, ha fatto gridar Sampere, ha malmenato il Signorelli all’usanza de’ suoi presidianti e Manoli.
Agamennone nella scena 5 domanda a Taltibio se abbia eseguiti i suoi ordini, quando pur vede Briseida ed Achille in quel luogo; ed il servo disubbidiente dice che gli ha enunciati, ma non è passato oltre per compassione, e canta un’ aria di un tronco che cede alla forza ma mostra colla resistenza il proprio dolore, sentenza che quando non fosse falsa, impertinente ed inutile per la musica, sarebbe sempre insipidamente lirica e metafisica. […] La famosa Mariquita Ladvenant morta son circa ventiquattro anni degna di nominarsi tralle più sensibili e vivaci attrici antiche e moderne rappresentava nel teatro della Croce, e los Chorizos suoi fautori furono da lei distinti con un nastro di color di solfo nel cappello, mentre i partigiani opposti ne presero uno di color celeste. […] Lampillas Catalano oggi dimorante in Genova, il quale non mai avea veduto Madrid, volle dubitare della verità di questa descrizione per suo natural costume di non credere che a se stesso ed a’ suoi corrispondenti che l’ingannano con false notizie. […] Vediamo dunque soltanto ciò che importino i suoi saben.
E alle lettere del Modena faccio seguire un brano di Giuseppe Costetti che tolgo da’ suoi lepidissimi Bozzetti di teatro (Bologna, Zanichelli, mdccclxxxi) : Del cinquanta, quando la rotta di Novara e i Francesi in Roma empivano di lagrime gli occhi d’Italia, la Compagnia Domeniconi correva i teatri della penisola.
Il repertorio dunque della Compagnia fu a iniziativa sua de' più varj, sapendo egli con buon discernimento alternar le commedie, coi citati drammi, e colle tragedie : e di tal discernimento accoppiato a una operosità senza pari, egli potè godersi i frutti nella vecchiaja. « Vive il Lapy tuttavia (1782) – scrive il Bartoli – in buona prosperità, ed ha la consolazione di vedere la sua famiglia incamminata ad un auge, per cui anche dopo la di lui morte rimarrà al mondo una degnissima ricordanza degli onorati meriti suoi. » In una lettera che si conserva autografa nella biblioteca di Verona, e che trovasi pubblicata nel catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca stessa, il Lapy dà ragguaglio da Venezia il 22 ottobre del 1770 a Domenico Rosa-Morando del successo ottenuto colla sua tragedia La Andromaca, già replicatasi quattro sere, e reclama aggiunte e modificazioni per le nuove repliche da farsi quando la quantità delle genti che presentemente sono in Villeggiatura si saranno restituite in Venezia.
Da altre lettere pubblicate dallo stesso D'Ancona, lo sappiamo a Firenze il I° giugno del '92, e a Mantova il 20 luglio, dove pare armeggiasse presso il Duca, suo nuovo padrone, per certi suoi segreti.
Alla Signora Isabella Servili | Comica virtuosissima del Ser.mo di Mantova | in rappresentare in Bologna le Metamorfosi d’Eularia | finta Lachè Francese, Dama Spagnuola, Soldato Tedesco, | e Cingara Egittiaca, con giochi di Spadone, Alabardino, | due Spade, scherma nell’Academia degli esercitij militari, e con quattro suoi Balletti diversi.
Formò poscia a Torino il Teatro di famiglia con animo di rappresentar le vecchie commedie morali del Teatro dialettale ai Teatri d’Angennes e Scribe ; ma l’ '80 ritornò nella Compagnia piemontese diretta da' suoi due allievi Gemelli e Milone, e dopo il carnovale dell’ '82 abbandonò il teatro seguendo le sue figliuole Clara e Carlotta, attrici della Compagnia Pedretti (aveva preso in moglie da giovine una Anna Dogliotti), e vivendo di una piccola pensione che gli accordava il Consiglio dell’ordine dei Cavalieri dei SS.
Superiore a tutte le piccole querele e alle basse gelosie di mestiere, fu ne' suoi successi di una modestia rara che ne la rendea più degna.
Passato lo spettacolo tragico in Atene a’ tempi di Frinico e de’ suoi coetanei, si eresse estemporaneamente nelle grandi piazze un tavolato con scene formate degli alberi; nè si pensò a migliorarle se non dopo che in tempo del tragico Pratina quelle male accozzate tavole cedendo al peso, forse con danno degli attori e spettatori, convenne inalzare un edifizio più solido. […] Frinico era rappresentatore e fu, come vedemmo, creato capitano dagli Ateniesi in grazia de’ suoi versi che mostravano la di lui perizia nelle çose belliche. […] Nell’alto della scena era ancor situata la macchina versatile, dalla quale Giove lanciava i suoi fulmini, come dinota la voce Κεραυνοσκοπειον che le diederoc Dietro della scena era il Βροντειον, il luogo, in cui con otri ripieni di selci che si agitavano, imitavasi lo strepito de’ tuoni.
Egli assunse in teatro il nome di Flavio (lasciatoci dal Ruzzante), specchio degli Innamorati, che, bello, galante, poeta, musicista, gentile come un cortigiano, attillato come uno spagnuolo, la vince nel cuore di Fiorinetta su tutti gli altri, per quanto sfoggio essi facciano delle loro ricchezze ; e tra' suoi Scenarj cinque ve n’ha intitolati dal suo nome di teatro, e in cui egli è protagonista : La fortuna di Flavio, Flavio tradito, Flavio finto negoziante, Le disgrazie di Flavio. […] A nuove e più vive richieste del Duca, Don Giovanni rispose schermendosi ancora, finchè, insistendo quello, dovè (6 aprile 1619) mettersi devotamente a' suoi ordini e promettergli Scapino e Mezzettino (V. […] A. resti servita di conoscere ch' egli serve volontieris.° a gran Principi suoi pari senz' altro interesse che di buon ser.
Nulla di ciò sanno con sicurezza nè l’Apologista, nè i suoi compatrioti. […] L’unità di disegno ch’io non vi trovo, e certa disuguaglianza manifesta non viene dissimulata da’ medesimi suoi comentatori Nazionali, Francesco Sanchez, Fernando Herrera, Tommaso Tamaje di Vargas.
Si sa per quali infami vie ottenne il favore di questo medesimo imperadore un altro famoso attore tragico chiamato Apelle, che giunse ad essere noverato tra’ suoi consiglieri. […] Plauto calcando le orme di Epicarmo, e non di Aristofane, ed imitando a un tempo Difilo, Filemone, Demofilo rallegra co’ suoi sali un popolo guerriero.
Commuove certamente l’angustia cui vedesi ridotto un padre di famiglia che esce in piazza a rubare per sostentare i suoi, ed è condannato alla morte. […] Non v’ha che Monrose, il quale pieno de’ suoi spaventi e pericoli porta nella favola la propria tristezza quasi tragica.
A queste lettere vanno aggiunte una lunga tiritera morale, affettuosa in prosa a’ parenti di ogni specie, e un polimetro, specie di cantata, alla quale ha posto il titolo di Sentimenti affettuosi di Paolo Belli nel rivedere la sua Patria Firenze, i suoi genitori, e la famiglia de’ suoi, e la quale comincia così : Care, beate mura cui lambe intorno con sue limpid’onde il rapid’Arno !
Si riconobbe in lui qualche rozzezza nello stile; ma ai suoi di non si fecero vorsi più colti. […] Mentre ritirato in Taranto Pacuvio menava traquillamente gli ultimi suoi giorni, capitovvi Lucio Azzio altro famoso tragico che passava in Asia. […] Non convengo con quei suoi lodatori, diceva Quintiliano, ma discordo ancora da Orazio, perchè scorgo in Lucilio una maravigliosa erudizione, una libertà intrepida, acerbità vivace e copia di sale. […] Libro II, c. 10. de’ suoi Saggi/ a. […] Di questo valoroso attore vedasi ciò che se ne dice da Cicerone che visse a’ suoi tempi, nel dialogo de Senectute, ed anche l’autore de Causis corruptae eloquentia.
Trigeo arrivato tra’ suoi narra varie cose vedute in aria quando ha volato. […] Mentre tutti dormono, e il figliuolo sogna cavalli e carrette, egli vigila rivedendo i suoi conti. […] Entrato il padre e ’l figliuolo nella propria casa, viene un creditore a domandare i suoi danari. […] Avvertitone il figliuolo accorre co’ suoi famigli. […] Cleone propone i suoi interpretandoli a suo favore: Agoracrito i suoi altresì, distruggendo la spiegazione di Cleone.
Tespi egli stesso introdusse parimenti i cori ne’ suoi drammi. […] Arteaga le rileva da due de’ suoi più bei pregi, cioè dalla sua ricchezza e dal contrappunto. […] Del resto appunto perciò ho commendati i recitativi del Carissimi, perché fra quelli de’ suoi contemporanei sono i meno ingombrati di contrappunto. […] Arteaga se non ci fosse venuto da giovine, non ci avesse fatti i suoi studi, e non dimorasse ancora fra una nazione ricca in ogni coltura (quantunque si veda ne’ suoi scritti, che non l’ho per anche conosciuta), non avrebbe potuto diventare quell’uomo erudito e virtuoso ch’egli è.» […] [86] Anche qui sembra che il giornalista amico di sollazzarsi abbia guiocato al giuoco dei pegni, e che per riscuoterne qualcheduno de’ suoi gli sia stato imposto per penitenza che dica una lode e un biasimo.
Tal era la delicatissima attrice Pepita Huertas mancata nel fior degli anni suoi. […] Egli accumulava gli accidenti di tal sorte che oltrepassava gli eccessi de’ suoi contemporanei. […] Sono, è vero, i suoi ritratti per lo più manierati e poco rassomiglianti agli originali che ci presenta la natura; ma non si allontanano molto dalle opinioni dominanti a’ giorni suoi. […] Ha parimente più copia di sali e più lepidezza, dipinge i caratteri con maggior vivacità comica, ed hanno i suoi colpi di teatro più varietà. […] Di poi Don Tello pe’ suoi delitti è condannato a morte.
Golio famoso olandese del secolo XVI ne’ suoi viaggi in Aleppo, Arabia, Mesopotamia, e Costantinopoli, trovò molti turchi cortesi e illuminati, i quali gli permisero di andar scartabellando i codici delle loro librerie261.
Licinio Crasso l’anno di Roma 699 secondo Plinio e Plutarco; e i lodatori degli andati tempi e costumi suoi coetanei ne’ l censurarono.
Recitava con somma abilità una commedia intitolata : La Pazzia ; talchè Andrea Baruzzi volle onorare i suoi meriti col seguente sonetto tolto alle rime di lui, stampate in Verona per il Rossi l’anno 1675 : Beato esser credea col suo bel volto, e poi mi diede un infernal dolore, poichè con finti vezzi a me rivolto, da dovero il crudel m’impiagò il core.
Il primo attore, in sulla porta, chiamava il pubblico a suon di tamburo, poi correva a sostenere il suo, o i suoi personaggi nel Sior Serafin Bonigolo, ad esempio, dai Storti del Dolo, vestito tra l’antico e il moderno, con lungo soprabito alla napoleonica, e con elmo e spada alla greca.
Salvini la parte del vecchio Andreuve, nella quale mostrò come i suoi cinquantotto anni fosser sempre, al lume della ribalta, una giovinezza gagliarda.
Meriterebbe egli un più lungo elogio, ma questo gli vien fatto da’ suoi proprj talenti, che sanno farsi distinguere dovunque ha egli sin ora avuta occasione di presentarsi.
Nei momenti suoi più calamitosi ebbe la sorte di vincere un terno al lotto di 400 bavare (quasi 2000 lire), che avrebbe dovuto sanargli molte piaghe.
Quanto a' suoi pregi artistici, par ch' Ella ne avesse parecchi, e in ogni sorta di composizione, come accenna il Boldri in una sua canzone a pag. 80 : ……… Ancor le menti a volo trarrai nell’altro polo, e formando la voce or benigna, or feroce e mutando te stessa in Cavaliero, in amante, in guerriero, in Pastorella, in Dama, in Serva, ed in Regina, farai degli altrui cor dolce rapina.
AL MEDESMO Oratio, grazia di quel certo ingegno che torre il Cielo a sè medesmo sole, per darlo in sorte a chi più pote, e vole dei miracoli suoi mostrar gran segno.
Avuti l’ 11 di agosto dello stesso anno i Sacramenti, morì mercoledì 19 in via Nuova San Dionigi, e fu sepolto il domani a San Lorenzo, sua Parrocchia, assistito da trenta preti, e alla presenza di Vincenzo e Gioacchino Visentini suoi figli, di Giuseppe Balletti e di Bonaventura Benozzi.
Fra le produzioni, in cui più specialmente emerse, lo stesso Bartoli cita Il Vagabondo, L' Amante fra le due obbligazioni e il Don Giovanni Tenorio nel Convitato di Pietra, per le quali ogni spettatore bisognava che confessasse esser egli un comico perfetto, a cui nulla mancava per dirlo un Roscio de' suoi tempi.
sta bene : non dimenticherò l’indirizzo della sua ditta, quando avrò bisogno de'suoi prodotti. » E di un altro giovine autore, pallido, mingherlino, dal volto triste e spaurito, seminascosto dietro una quinta, a cui la Vitaliani spontaneamente si volse, incoraggiandolo con dolci parole ; e promettendogli di leggere la commedia, che prese con gentile violenza, pose con grazia squisitamente signorile la sua piccola mano nella mano tremante dell’incognito drammaturgo ; e, accomiatatolo, si volse alla Tartufari dicendo : « Umile con gli umili, superba coi superbi : tale è il mio motto. » E di questa sua bontà anche fa fede sua madre, in una lettera a me diretta del '900, in cui dice : « L'Italia è una buona figlia, amorosa ; essa viene spesso a trovarci, e si trova beata e felice quando rimane qualche giorno fra le braccia di sua madre che adora, e dei suoi fratelli e sorelle. » E parlando poi la Tartufari della vasta e solida coltura, di cui la egregia attrice non fa alcuna pompa, intesala un mattino discorrere nel Duomo di Siena dei tempi torbidi e poetici dei comuni con parola sobria, ma colorita e precisa, « Dove trova il tempo lei d’imparare tante cose ?
Farò ravvisare ad un tempo stesso l’intreccio felice de’ suoi modi, la finezza de’ suoi passaggi, la bellezza de’ suoi episodi uniti mai sempre al soggetto, e sopra ogni altra cosa l’artifizio ammirabile con cui sono sviluppati i motivi. […] Ho letto le opere sue colla possibile attenzione, e in mezzo al grande apparato di dottrina, onde avviluppa, e involge i suoi pensamenti v’ho tuttavia rilevato delle dubbiezze, delle oscurità, delle contraddizioni, e degli sbagli. […] Vò scorrendo tutti i tropi, tutte le figure onde si serve la musica del pari che l’eloquenza a piacere, commovere, e persuadere; parlo de’ suoi dialoghi e delle sue riflessioni, e mi sforzo di svelare infinite sue bellezze parando innanzi l’analogia che hanno coi fenomeni che ci stanno intorno; paragono le nostre opere in musica con le tragedie antiche, e quinci ne traggo molte cose nuove accende a riordinare la forma de’ nostri drammi lirici, che di tutti i drammi sono certamente i più imperfetti, non essendo per lo più che una serie d’episodi staccati fra loro senza verun bisogno e senza veruna verosimiglianza. […] L’aria sola è quella che fa conoscere in tutta la sua estensione l’abilità d’un compositore, e d’un cantante; perocché lo stile e la voce nel recitativo sono assoggettate ad una certa regolarità, e precisione, onde uscire non ponno senza violar troppo apertamente i dritti dell’orecchio; laddove l’aria, dove lentamente si sviluppa il motivo musicale, dove il tuono dominante viene condotto per più modulazioni differenti, e dove la melodia fa pompa di tutte le sue squisitezze fe più atta a rallegrare colla varietà de’ suoi disegni, e colla leggiadria del suo canto, che non il recitativo.
Perciò si trovano nelle commedie dell’Ariosto e de’ suoi contemporanei, proverbiati coraggiosamente signori, ministri, governatori, giudici, avvocati, frati ec. […] Sia poi che ’l nobile fiorentino Ottavio Rinuccini (il quale fu gentiluomo di camera d’Errico IV re di Francia, e non commediante, come dice ne’ suoi Giudizi il Baillet, ripresone a ragione dal Bayle) s’inducesse per l’esempio del Vecchi a formar del dramma e della musica un tutto inseparabile in un componimento eroico e meglio ragionato, o sia che le medesime idee del Vecchi gli sopravvenissero senza che l’uno sapesse dell’altro, egli é certo che ’l Rinuccini col consiglio del signor Giacomo Corsi intelligente di musica mostrò all’Italia i primi melodrammi regolari, la Dafne, l’Euridice, e l’Arianna. […] «Quaedam gentes (scrisse fin dal IV secolo Giulio Firmico Materno ne suoi libri astronomici) ita a Caelo formatae sunt ut propria sunt morum unitate perspicuae. […] La sotte vanité nous est particulière: Les Espagnols sont vains, mais, d’une autre manière; Leur orgueil me semble, en un mot, Beaucoup plus fou, mais pas si sot Or giacché i francesi, secondo il compilator del Mercurio, «sono più riflessivi degl’Italiani e de’ Greci», mi direbbe egli, perché i suoi nazionali hanno inondato e infettato il mondo con un diluvio di scritti irreligiosi ed empi, di triste e puerili declamazioni filosofiche di rime sciapite e noiose, di libri frivoli, oziosi, inutili e distruttivi del vero sapere, del buon gusto, e delle buone lettere, i quali appena nati, passarono, e svanirono, e dentro d’una totale obblivione restarono ingoiati? […] Ma quantunque io non abbia in questa risposta a M. de la Harpe profferito pressoché cosa alcuna su’francesi, che convalidata non sia coll’autorità de i loro grandi uomini, pure e la ragione e la civiltà richiede, ch’io qui dichiari, non esser mai stata intenzion mia di far oltraggio a una nazione così rispettabile come la francese che io amo e venero, ma sì bene a que’ suoi indiscreti e impertinenti critici e pedanti, che senza cognizion di causa «et de gayeté de cœur» vanno insultando in generale all’onor delle nazioni ch’essi non conoscono.
Le sue favole veramente sono assai più complicate delle greche di modo che talvolta stenta a rinvenirvi l’unità dell’azione; ma vari suoi caratteri son pennelleggiati con maestria e vivacità. […] A vista della manifesta ribellione de’ suoi é così inetta, che non sa prender niun partito per la sua sicurezza. […] Voltaire si é di fare i suoi personaggi troppo ragionatori, e di mostrare in essi assai frequentemente se stesso232. […] Palissot, molta naturalezza e faciltà; ma troppo ha scritto per soccorrere a’ suoi bisogni. […] Tralle scene dell’atto I é graziosa e caratteristica la IV nella quale Dami si trattiene col servo sui suoi amori per una pretesa letterata provinciale, ch’egli non conosce se non per le di lei poesie recate dal Mercurio.
Egli amava con predilezione Lucano e Seneca, e nelle di loro opere attinse non meno l’amor del sublime che l’impeto e la foga che il trasportava al pari de’ suoi modelli nell’enfatico e nell’ ampolloso. […] Palissot ebbe ragione di così dire: “Per mezzo degli stessi capi d’opera di Cornelio abbiamo noi imparato a conoscere l’ esagerata mediocrità degli ultimi suoi drammi; e pure i più deboli di essi potrebbero passar per eccellenti oggi che ci troviamo sì bisognosi”. […] Ma Voltaire che poche volte si mostrò indulgente verso il gran Cornelio, colse nel segno affermando che “il di lui ingegno tutto ha creato in Francia, dove prima di lui niuno sapeva pensar con forza, ed esprimersi con nobiltà; appartenendo i suoi difetti al secolo in cui fiorì, e le bellezze unicamente al suo ingegno”. […] ( Nota IV ) In quel secolo per la Francia fortunatissimo forse la poesia francese pervenne alla possibile venustà per le favole di Racine e per li componimenti di Boileau; ma il drammatico ebbe sopra il legislatore di quel Parnasso il vantaggio del raro dono della grazia, che la natura concede a’ suoi più cari allievi, agli Apelli, ai Raffaelli, ai Correggi, ai Pergolesi, ai Racini, ai Metastasii.
La voglia di gradir più oltre che non converrebbe, fu la cagion principale che usci ciascuna de’ termini suoi. […] Tommaso Temanza, uomo raro, che ne’ suoi scritti dà novella vita al Sansovino e al Palladio; l’altro del Sig.
Agamennone nella scena quinta domanda a Taltibio, se abbia eseguiti i suoi ordini, quando pur co’ suoi occhi vede in quel luogo Briseida ed Achille; ed il servo, contro l’indole de’ Taltibii, disubbidiente dice che gli ha enunciati, ma non è passato oltre per compassione, e canta un’ aria al suo re di un tronco che cede alla forza, ma mostra colla resistenza il proprio dolore , sentenza che quando non fosse falsa, impertinente, ed inutile per la musica, sarebbe sempre insipidamente lirica e metafisica.
So che Euripide per certi versi de’ suoi frammenti ci fa chiari che avesse anch’egli, come Sofocle scritta un’ Antigona. […] Quanto alla locuzione certamente il Perez merita ogni lode per la purezza, eleganza, e naturalezza, con cui spiega i suoi concetti. […] Io non dubito del gusto dell’Apologista in Poesia, avendone egli dato pruove e co’ suoi Sonetti e colle sue Critiche; ma mi perdonerà se intorno all’ammettere la prosa nelle Tragedie, io da lui disconvenga.
Volò il grido de’ suoi meriti sino a Parigi, e fu colà chiamato, perchè la parte dell’Innamorato egli recitasse nella Truppa Italiana. » Bartolommeo Camerani si recò a Parigi nel 1767 chiamatovi a recitare i secondi amorosi, alternativamente con Francesco Antonio Zanuzzi e Antonio Stefano Balletti, e vi esordì la sera dell’ 8 maggio, insieme all’ arlecchino Sacchetti nel Maître supposé, nuova commedia italiana che non ebbe veramente un gran successo.
me Piante Vmilmente la suplicano ad esercitar seco in si urgente Ocasione gl’ atti di quella Generosità con cui assistè sempre a’ suoi Servi, accertandola, chè l’A.
Di lui scrisse Francesco Bartoli : È stato il Medebach un esperto conduttore della sua Truppa, un eccellente recitante in que' suoi particolari caratteri ; ed ha saputo acquistarsi il concetto d’uomo di probità.
Bastava guardarlo in viso per dire : – è un galantuomo : – udirlo nominare i suoi figliuoli per dire : – è un ottimo padre : – vederlo comparire sulla scena per dire : – è un insigne artista.
Alle porte della città, il povero ramingo dovette fermarsi, chè non era permesso l’entrata a chi veniva dalla Savoja, senza un chiaro esame sul suo nome, sul suo stato, sui suoi disegni.
Nell’ascoltar poi un seconde verso, questo gli riproduce l’idea della misura del primo e di tutti i suoi piedi. […] Di più, ogni passione ha i suoi modi, le sue inflessioni, i suoi tuoni, e un discorse medesimo secondo le diverse disposizioni dell’animo sarà diversamente pronunziato. […] Ma questa medesima non potrebbe assegnare un’ ampiezza arbitraria ed enorme a’ suoi teatri. […] Fu formata rotonda, affinché le oscillanti anella ond’è composta, percotessero egualmente e in tutti i suoi punti l’aria circonvicina. […] Essa delle volte sembra che adempia esattamente i suoi doveri.
.), fra i suoi prologhi ne ha uno anche pel Pantalone, che metto qui a dare una chiara idea di quel che fosse la maschera a'primi del '600. […] A ben sostenere la parte di Pantalone nella commedia a soggetto, il Perucci dà questo insegnamento : Chi rappresenta questa parte ha da avere perfetta la lingua veneziana, con i suoi dialetti, proverbi e vocaboli, facendo la parte d’un vecchio cadente, ma che voglia affettare la vioventù ; può premeditarsi qualche cosa per dirla nell’occasioni ; cioè, persuasioni al figlio, consigli a' Regnanti o Principi, maledizioni, saluti alla donna che ama, ed altre cosuccie a suo arbitrio, avvertendo che cavi la risata a suo tempo con la sodezza e gravità, rappresentando una persona matura, che tanto si fa ridicola, in quanto dovendo esser persona d’autorità e d’esempio e di avvertimento agli altri, colto dall’amore, fa cose da fanciullo, potendo dirsi : puer centum annorum, e la sua avarizia propria de'vecchi, viene superata da un vizio maggiore, ch'è l’Amore, a persona attempata tanto sconvenevole ; onde ben disse colui : A chi in Amor s’invecchia, oltre ogni pena si convengono i Ceppi e la catena.
Allora formando ciascuno di questi rami un’arte da sé, nacque presso a’ Greci la scienza che i moderni chiamano musica, cioè quella combinazione artifiziosa di suoni che può esistere e realmente esiste divisa dalle parole, e che ha i suoi colori, le sue figure, i suoi movimenti, in una parola il suo linguaggio indipendente e proprio; laddove prima di quel tempo l’armonia non era una scienza a parte, ma un rinforzo soltanto della espressione poetica, o per esprimersi con più esattezza, altro non era che l’arte di far valere gli accenti della poesia. […] [9] Il genere ditirambico divenuto alla moda fece coi suoi canti tumultuosi un misero governo della poesia, del ritmo e della musica. […] il quale cantava egli stesso i suoi cantici al suono dell’arpa. […] «Il robusto condottier di camelli, mettendo in non cale i disagi del viaggio, si diverte dalla noia cantando, e la sua musica semplice e naturale rallegra le caravane e affretta il troppo tardo camminare de’ suoi cammelli. […] Dicesi, che andando quel filosofo a spasso di notte per una contrada, e sentendo le furiose smanie cui s’abbandonava un giovine sotto ad una finestra a motivo che mentre egli spendeva il suo tempo e i suoi danari nel dar una serenata alla sua bella, un altro, che s’era introdotto in casa furtivamente, la corteggiava in diversa foggia, ne trovasse egli il segreto di restituire la calma all’afflitto amante facendo che uno dei suonatori di flauto cambiasse il modo nella misura espondaica.
Ella gli apparisce e gli fa il vaticinio prima de’ suoi errori, poscia della fondazione di un nuovo imperio: e in questo mezzo tra il fumo di Troia si vede nel fondo del teatro risplendere l’aureo Campidoglio; e seguita un coro degli dei e un ballo degli geni protettori di Roma.
Pria però che di lui si parli diamo uno sguardo allo stato de’ teatri francesi del tempo di Giovanni Mairet e di Rotrou e di Scudery, accennando una parte di ciò che ne disse ne’ suoi Dialoghi m.
Siccome una gran parte di quella commedia era a soggetto, ha fatto credere agli amici suoi, che anche la parte sua era opera del suo talento, e che tutto quel che diceva, lo diceva all’ improvviso.
Tranne Giovanni Battista Paghetti, che rappresentava la parte di Dottore, e Galeazzo Savorini, che dopo lui sosteneva le medesime parti, non potrei nominare uno, ch'avesse fatto i suoi studi. » In data dell’'88 abbiamo una lettera al Duca di Modena, in cui si lamenta di non aver ricevuto la sua parte del donativo passato ai comici, e dice di aver lavorato per nulla, carico di famiglia.
E infatti, era tanta e così evidente la precocità artistica in quell’ adorabile fanciulla, che io stesso udii ripeter le mille volte in platea : « Ecco una vera prima donna ideale. » A quello delle Sponde del Po, seguì il successo di Sablin a bala ; ma dove la splendida farfalla si levò sulle ali poderose, dove la Tessero diè prova di tutti i suoi mezzi artistici, si fu in Margritin dle violette, una felice riproduzione, o riduzione, del dramma tipico di Dumas.
Gli artisti sono : Enea, primo attore, che con la moglie Eugenia Polzi, prima attrice, continua la Ditta paterna ; Enrico, prima attore brillante in Compagnia Tessero e in altre, assieme alla moglie Virginia Razzoli, poi, ritiratosi dall’arte, ragioniere a Genova ; Cesare, attore stimato, che fu in Compagnia d’ Irma Gramatica, e in altre ; Adele, prima attrice nella Compagnia paterna, si ritirò dall’arte, per riunirsi a' suoi vecchi.
Quindi è che se l’Italia ebbe in Cino da Pistoia, in Guido Cavalcanti, e nel Petrarca i suoi Catulli, i suoi Anacreonti, e i suoi Tibulli d’un genere più dilicato, ella non ebbe mai né potè avere degli Alcei, dei Tirtei, dei Pindari, e degli Epimenidi. […] Abbiamo l’esempio sul principio del secolo decimoterzo nel celebre Imperadore Federigo Secondo gran protettore dei poeti , e de’ musici richiamati da tutte le parti per ornare, e illeggiadrir la sua Corte, il quale non si sdegnò di poetare in lingua non ancor ben purgata dalle siciliane maniere, e di far cantare dagli altri, e cantar egli stesso i suoi componimenti. […] Ma gli Spagnuoli, i Francesi e i Fiaminghi, che si veggono privi di testimonianza così autorevole, si consoleranno nella perdita loro ripensando a tanti altri illustri scrittori suoi nazionali, i quali hanno siffatta gloria tra essi e gl’Italiani meritevolmente divisa50. […] [NdA] Siccome la verità è preferibile all’amicizia, e le ragioni pubbliche debbono anteporsi alle private, così la sincera affezione che porto al Signor Abbate Andres, e la giusta stima che ho de’ suoi talenti, non mi dispensano dai rispondere a quanto si è compiaciuto di scrivere intorno a me alla pagina 48 del secondo Tomo della citata opera. […] [NdA] Al Tiraboschi sempre intento ad esaltar i suoi nazionali con discapito degli esteri si potrebbero appropriare quei versi del Catilina tragedia d’un celebre moderno francese.
Cinque o sei anni dopo che Livio ebbe introdotta la poesia teatrale in Roma, cioè verso l’anno 519, Gneo Nevio poeta nato nella Campania vi fe udire i suoi drammi tragici e comici. […] Ennio con certa invida rivalità ne’ suoi Annali volle motteggiar Nevio come poco elegante ne’ libri della prima guerra Punica, ne’ quali fece uso de’ versi Saturnii. […] Il gastigo di Nevio contenne la mordacità de’ comici suoi contemporanei, e tutta ne rivolse l’energia alla pretta piacevolezza. […] Carino applicatosi alla mercatura per consiglio del padre, ne’ suoi viaggi s’innamora di una serva di un suo ospite e la riscatta. Rimpatria, scende dalla nave lasciandovi la fanciulla, e va in busca de’ suoi.
Danae ode da lui la serie de’ futuri suoi casi misti di gloria e di disgrazie vicine e lontane. […] Vide questo gran letterato che il veleno de’ tragici componimenti de’ suoi contemporanei consisteva nella noja e languidezza dello stile, e pensò rimediarvi ornando ed infiorando la sua Canace con certe studiate espressioni che nuocono alla gravità tragica. […] Più plausibile e meno incongrua all’apparenza potrebbe parere la di lui asserzione riguardo al Tasso, il quale ideò i suoi personaggi su i modelli della cavalleria de’ bassi tempi. […] Nella 181 indirizzata ad Orazio Ariosto a Ferrara si rammemorano alcuni suoi componimenti non impressi, un poema epico, una tragedia e una commedia. […] Non pensò, ciò scrivendo, a quello che erano nel XVI secolo nella drammatica i suoi nazionali (Nota XIII)?
107 Ariosto da prima, cioè ne’ suoi verdi anni, cominciò a scrivere le sue favole in prosa circa il 1498108; e così furono scritte i Suppositi e la Cassaria. […] Il Ferrarese valoroso dipintore della natura, il quale imitò i costumi de’ suoi paesani tre secoli indietro, avea quella freschezza di colorito e quella rassomiglianza agli originali che poteva attendersi dal suo pennello, ma che noi venuti sì tardi più non sappiamo rinvenirci. […] Egli gareggiò pure con felicità grande colla Clizia del Machiavelli, per aver sì acconciamente avvicinata l’antica Mostellaria ai nostri costumi; e lo superò ancora colla sempre dilettevole difficoltà del verso, onde accrebbe leggiadria e vaghezza ai suoi Fantasimi. […] La Flora di Luigi Alamanni s’impresse in Firenze nel 1556 per cura di Andrea Lori che la fece recitare nella compagnia di San Bernardino da Cestello con alcuni suoi intermedj124. […] Chi non senta a questa lettura correr sugli occhi suoi copiosamente le dolci lagrime della più delicata tenerezza, dica di sicuro di avere il cuore formato di assai diversa tempera da quella che costituisce un’ anima nobile.
Ebbe ancora l’accortezza di scerre argomenti adattati al talento e alla disposizione de’ suoi attori, giacchè egli per mancanza di voce non potè rappresentare, come facevano gli altri poeti, i quali per lo più recitavano nelle proprie favole. […] D’ altronde il giudizioso Sofocle avrebbe esposto agli occhi de’ Greci una inverisimilitudine sì manifesta, se il fatto non fosse sembrato comportabile per qualche circostanza allora nota ed oggi involta nel l’oscurità di tanti secoli, o se avesse creduto far cosa contraria al pensare de’ suoi compatriotti? […] Invocato Giove, Minerva, Diana ed Apollo, si passa alla descrizione de’ mali di Tebe in tal guisa: Giace dal morbo afflitto il popol tutto, Ne so donde io m’impetri O soccorso o consiglio, Già de li frutti suoi ricca e cortese La terra or nulla rende, Nè resister possendo Cadon da morte oppresse Le femmine dolenti Ne l’angosce del parto, Come spessa d’augel veloce torma Fende l’aria volando.
Il primo saggio che fe delle sue forze nel tragico, fu la Medea Egli amava con predilezione Lucano e Seneca, e nelle di loro opere attinse non meno l’amor del sublime che l’impeto e la foga che il trasportava al pari de’ suoi modelli nell’enfatico e nell’ampolloso. […] Palissot ebbe ragione di così dire: « Per mezzo de’ medesimi capi d’opera del Cornelio abbiamo noi imparato a conoscere l’esagerata mediocrità degli ultimi suoi drammi; e pure i più deboli di questi potrebbero passar per eccellenti oggi che ci troviamo sì bisognosi ». […] Ma il Voltaire che poche volte si mostrò indulgente verso il gran Cornelio, colse nel segno affermando che “ il di lui ingegno tutto ha creato in Francia dove prima di lui niuno sapeva pensar con forza, ed esprimersi con nobiltà; appartenendo i suoi difetti al secolo in cui fiorì, e le bellezze unicamente al proprio ingegno ”. […] In quel secolo per la Francia fortunatissimo forse la poesia francese pervenne alla possibile venustà per le favole del Racine e pe’ componimenti del Boileau; ma il drammatico scrittore ebbe sul legislatore del Parnasso Francese il vantaggio del raro dono della grazia, che la natura concede a’ suoi più cari allievi, agli Apelli, a i Raffaelli, a i Correggi, a i Pergolesi, a i Racini, a i Metastasii.
Se voi fate una tela lugubre di persone private che ecciti il terrore, producete la tragedia domestica o cittadina: se a tal favola frammischiate alcuni tratti comici, cadete nella sempre riprensibile alleanza del pianto e del riso della commedia lagrimante che distrugge l’unità dell’interesse contro l’oggetto del poeta: se le comiche dipinture non contrastano con situazioni terribili, ma servono a dar moto a’ dilicati interessi famigliari ed a quel patetico che nasce dalle amorose debolezze combattute dagli eventi, voi spogliate la commedia lagrimante de suoi difetti, e la rendete una lodevole commedia tenera. […] Un marito che temendo di coprirsi di ridicolo agli occhi de’ pregiudicati suoi amici col mostrarsi innamorato della propria moglie, incorre nell’altro di voler palesare a lei il suo affetto colla segretezza che esige un amor colpevole, e con ciò cagiona le tenere lagrime della consorte, quest’ argomento, dico, è un vago innesto di costumi correnti, di tenerezza e di piacevolezza comica, che manifesta il pregio della commedia tenera. […] Il Filosofo maritato presso il medesimo critico passa per un capo d’opera: ma per meritare il nome di filosofo il quale ha vergogna che si sappia ch’egli sia maritato, non si doveano meglio far contrastare i suoi lumi colla forza del pregiudizio, e dal non saperlo vincere trarne un ridicolo più vivace? […] L’ultima commedia ch’egli produsse fu Merlino bello spirito, nella quale punse gli autori drammatici suoi avversarj.
Nulla a lui si perdona: i suoi difetti Manifesta ciascun senza ritegno. […] E ben gli stà; Chè infermo oltre ogni creder per natura, Oltre ogni creder temerarie imprese Tentar non cessa, e vi s’involve, e tutti I beni suoi precipitando perde.
Costoro, questi cujum pecus, senza l’aiuto mio non si ricordano dalla bocca al naso ; Igitur adunque sappia la Dottoraggine vostra, che Illa ego qui quondam sbalzata fuor del mazzucco di Gioue mio padre, cominciai à pascere tra gl’altri Dei, me ne scesi in terra, à far anch’io edificare vna Città, doue per sempre fusse la sedia, & abitation mia ; e perchè si riconoscesse per Città di Pallade Dea delle scienze, feci tutti i suoi abitatori dotti, e sapienti ; e per dimostrar l’istesso anco co’l nome, la chiamai, non Atene, nò, ma Bononia, che vuol dire Città che non ha ignoranti, dal nome Bò, o Bue, che volgarmente si piglia per ignorante ; dalla dittione non, e dal verbo hauere, cioè Bononia Bò non ha : è però meritamente è chiamata Mater Studiorum. […] Si vede bene, che siete vn monte d’ignorantoni, & insolentazzi, pensando e volendo far credere à gl’altri, che vn solo di voi habbia potuto fabricare vna Città così magnifica, così nobile, come è Bologna, e dotare i suoi Cittadini di tante gratie, e fauori, che gli rendono onorati, & ammirati da tutto il Mondo.
E’ vero, che ’l Poeta Greco dormicchia talora e sogna, spezialmente nell’Odissea, da lui comporta nella vecchiaia; ma egli é ancor vero, che le sue sole e i suoi fogni (come dice bene Longino de sublim.
E qual filosofo e scrittore di chiara fama non si pregia di corroborare i suoi concetti colla morale e colla politica sparsa negli scritti de’ poeti drammatici?
Quel motteggiarsi a vicenda, e quegl’inni sacri cantati ballando formarono a poco a poco un tutto piacevole, che da τρυγη, vendemmia, si chiamò trigodia a, e fu come il germe che in se conteneva la gran pianta della poesia drammatica, la quale vedremo da quì a poco ingombrar tant’aria, e spandere per tutto verdi e robusti i suoi rami.
I forestieri acclama, E i patriotti poi sprezza e i congiunti; Fasto e ricchezza in povertade ostenta: Con scarsa mano o con maligno oggetto, Spinto da vanità, non da virtude, I suoi doni dispensa.
L’ Olandese Golio ne’ suoi viaggi in Aleppo, nell’Arabia, nella Mesopotamia e in Costantinopoli, trovò molti Turchi cortesi e illuminati, i quali gli permisero di osservare i codici delle loro librerie77.
Ma fra i timori suoi par che mi dica il core : Non si stancò per questo il provvido cultore.
Achillino: Claudio Achillini (Bologna, 1574-1640) giurista e poeta marinista, autore di una grande produzione encomiastica e occasionale, godé di grande fama ai suoi tempi. […] Chambers: William Chambers (Gothenburg, 1723 – Londra, 1796) fu un architetto e decoratore di giardini; nel corso dei suoi viaggi in Cina ebbe modo di studiare l’arte decorativa cinese. […] Nota alla nota d’autore n. 17: «I suoi giardini attirano la vostra ammirazione; ovunque guardate scorgete le mura; non si vedono piacevoli contrasti, né quella artificiosa selvatichezza che appesantisce la scena; a ogni boschetto corrisponde un boschetto; ogni viale ha il suo gemello; la metà di una spianata riproduce esattamente l’altra metà», vv. 113-118; «Consultate in tutto il genio del luogo che dice alle acque di alzarsi o di cadere o spinge il colle superbo a sollevarsi verso i cieli o scava la valle come un anfiteatro; invita al campestre, apre un varco in un bosco, congiunge le selve, varia le ombre, prolunga o spezza le linee dritte; dipinge mentre voi piantate e disegna mentre voi lavorate», vv. 57-64.
Così lo trafiggerò nella parte più sensibile del cuore; osserverò i suoi sguardi, se cangia di calore, se palpita; so quello che dovrò far io. […] Si pone indi ad orare; riflette ai suoi eccessi, fida nella misericordia divina, senza però pensare a risarcire i danni e a discendere dal trono. […] Mio Padre, mio Padre co’ suoi medesimi arnesi . . . vedete . . . ora va via.”
Nulla le manca ad essere nel numero delle valenti, fuorchè un esercizio più lungo, mancanza a cui il tempo porrà quanto prima il compenso ; ma intanto è dolce il vederla con merito vero rappresentare i suoi caratteri, e troppo bello e giocondo il difetto, che alcun rigido osservatore in qualche parte le addossa, d’essere cioè troppo giovine. […] Descrivere a parte gli altri pregi di questa sua rappresentazione, seguirla in que’ suoi atteggiamenti varj, in quei rapidi trapassi che l’eccesso di una passione immensa, combattuta, rendeva in lei profondi, subitamente veraci, è cosa che non si può significare in brevi parole. […] Quasi tutte le opere drammatiche da lei interpretate potean dirsi suoi cavalli di battaglia ; chè ben poche eran quelle che, mercè sua, passavan senza una replica ; moltissime quelle che ne avean cinque, sei, otto, fin dieci.
Agamemnone83 si sgomenta figurandosi i suoi futuri allori tinti del sangue della figliuola. […] Il medesimo Tebano poco appresso racconta che i suoi concittadini si lusingavano che le felici mani d’Edippo legassero per sempre i destini al suo trono. […] Non così saprei approvare tutti i suoi sentimenti spettanti a’ caratteri: quantunque alcuni sieno rettissimi. […] Per un amor tale dee supporsi qualche lusinghiero tratto, almeno ne’ suoi principi. […] L’elocuzione è miglior che nel Romolo: non è però del tutto libera da’ suoi vizi.
Vedi la prefazione della ristampa dei suoi componimenti, dove nel tempo stesso si abbassa con bontà eccessiva a riprendere sette o otto voci da me usate nella Storia de’ Teatri in un volume del 1777. […] Di maniera che se taluno in vece di ragionare volesse scarabbochiar epigrammi, come altri fece, potrebbe per tanto fango chiamar pantanosi siffatti suoi bei componimenti.
Anche quando rappresenta grandi personaggi della Storia, anche quando la forma del lavoro è elevata, egli trova modo di arrotondare colla sua naturalezza, non mai volgare, ogni plastica angolosità, mostrando di seguire in questo metodo di studio per l’interpretazione e l’espressione Giovanni Emanuel, che, primo, recò sulla scena la tragedia shakspeariana, spoglia di tutti gli arredamenti decorativi con cui l’avevano data, con arte pur grandissima del resto, i suoi più celebrati predecessori. […] E nullameno, davanti la grandezza dell’arte sua, l’entusiasmo ch'egli suscita nelle platee, le acclamazioni più vive, quasi forsennate che riceve ogni sera, e diciam pur anche davanti i suoi guadagni che gli concedon oggi più che l’agiatezza, egli ha serbato intatta una famigliarità di modi particolare.
Cinque o sei anni dopo che Livio ebbe introdotta la poesia teatrale in Roma, cioè verso l’anno 519, Gneo Nevio poeta nato nella Campania vi fe udire i suoi drammi tragici e comicia. […] Questo scrittore, che a’ suoi tempi recò grande ornamento alla città di Roma, e di anni settanta mori nel 584, l’anno 514 quando cominciò a comparire Andronico sul teatro latino, nacque in Rudia nella Japigia secondo Plinio e Silio Italico e Pomponio Mela. […] Carino applicatosi alla mercatura per consiglio del padre, ne’ suoi viaggi s’iunamora di una serva di un suo ospite e la riscatta. Rimpatria, scende dalla nave lasciandovi la fanciulla, e và in busca de’ suoi. […] Aulo Gellio nel rimproverare a Nevio il fastoso epitafio che per se stesso compose, dice che i suoi bei versi mostravano tutta la nativa alterigia Campana, cioè del proprio paese.
Ariosto da prima, cioè ne’ suoi verdi anni cominciò a scrivere le sue favole in prosa circa il 1498a; e così furono scritte i Suppositi e la Cassaria. […] Il Ferrarese valoroso dipintore della natura, il quale imitò i costumi de’ suoi paesani tre secoli indietro, avea quella freschezza di colorito e quella rassomiglianza agli originali che poteva attendersi dal suo pennello, ma che noi venuti sì tardi più non sappiamo rinvenirvi. […] Eulalia lo rimprovera perchè le sembra che non si curi di liberarla; egli punto da ciò manifesta i suoi sensi con tale opportuna esagerazione: Ch’io non la faccia chiara del grandissimo Ben ch’io le voglio? […] La Flora di Luigi Alamanni s’impresse in Firenze nel 1556 per cura di Andrea Lori che la fece recitare nella Compagnia di san Bernardino da Cestello con alcuni suoi intermedii a. […] Chi non senta a questa lettera correr su gli occhi suoi copiosamente le dolci lagrime della più delicata tenerezza, dica di sicuro di avere il cuore formato di assai diversa tempera da quella che costituisce un’ anima nobile.
Vide questo gran letterato che il veleno de’ tragici componimenti de’ suoi contemporanei consisteva nella noja e languidezza dello stile, e pensò rimediarvi ornando ed infiorando la sua Canace con certe studiate espressioni che nuocono alla gravità tragica. […] Più plausibile e meno incongrua all’apparenza parer potrebbe la di lui asserzione riguardo al Tasso, il quale ideò i suoi personaggi su i modelli della cavalleria de’ bassi tempi. […] Io non so come non vedesse egli quel che tanti altri anche suoi compatriotti osservarono, cioè che l’epoca de i duelli, delle giostre, de’ beni della lancia, è appunto un ritratto appena da piccioli lineamenti alterato, de’ primi tempi eroici degli Ercoli, de’ Tesei, e degli Achilli puntigliosi. […] Nella 181 indirizzata ad Orazio Ariosto a Ferrara si rammemorano alcuni suoi componimenti non impressi, un poema epico, una tragedia e una commedia. […] Al principio del secolo XVI le lingue nazionali giacevano tutte neglette e solo l’Italia poteva vantare ne’ suoi volgari scrittori esemplari da paragonare in qualche modo agli antichi, e da proporre al l’imitazione de’ moderni.
L’olandese Golio ne’ suoi viaggi in Aleppo, nell’Arabia, nella Mesopotamia ed in Costantinopoli, trovò molti Turchi cortesi e illuminati, i quali gli permisero di osservare i codici delle loro libreriea In tutte le moschee considerabili si trovano collegii, dove s’ensegna a leggere e scrivere e spiegar l’Alcorano, ed anche l’aritmetica e l’astronomia e la poesia, la quale conserva l’indole orientale ripiena d’immagini forti e di metafore ardite.
In Heidelberg compose ancora Antonio Scoro di Hocchstraten una commedia rappresentata da’ suoi scolari, nella quale si personificava la religione che andava mendicando alloggio tra’ grandi, ed era esclusa, e veniva indi raccolta da’ plebei.
Il Corsini è assai bravo improvvisante, nè sono i versi suoi stentati o sciocchi.
– Egli vi rinunziò, dandone avviso ai suoi scritturati, affinchè provvedessero al loro futuro collocamento.
O con abito pur, che rappresenti Ninfa selvaggia, il suo Pastore alletti, O dolce esprima in amorosi accenti Fatta Donna civile alti concetti, O talor spieghi in tragici lamenti Reina illustre i suoi pietosi affetti, Co' sospiri non men, che con la laude Chi ne langue traffitto, e chi l’applaude.
Fu i suoi primi anni servetta con Meneghino Preda ; poi, il '62, ingenua ai Fiorentini di Napoli, ove mostrò subito quali altezze avrebbe saputo raggiungere.
Gli scrittori di quel tempo ci fanno sapere, che i madrigali suoi erano ammirati dai maestri e cantati da tutte le belle: circostanza che dovea assicurar loro una rapida e universale celebrità. […] Angelo Grillo scrisse a sua richiesta i Pietosi affetti, e il Conte di Vernio compose l’intermezzo mentovato di sopra. né tralasciò di concorrer anch’egli poetando al medesimo fine, di che può far testimonianza la seguente canzonetta, ch’io qui ho voluto trascrivere dalle carte musicali dove si trova, a fine di render più noto a’ suoi nazionali codesto valentuomo ignorato in oggi dai poeti e dai musici, ma che merita un luogo distinto fra gli uni e fra gli altri: «Udite, udite, amanti, Udite, o fere erranti, O Cielo! […] La qual licenza scusabile nel Rinuccini per esser il primo, e perché forse il suo argomento noi comportava altrimenti, pervenne in seguito fino all’eccesso negli altri, come dall’esito lieto che diè alla sua favola non per altro motivo se non perché «ciò gli parvi convenire in tempo di tanta allegrezza» 58 trassero innavvedutamente i suoi successori una legge che lieto esser dovesse il fine di tutti i drammi. […] [28] Facendo adunque la distribuzione di laude che a ciascun s’appartiene nell’invenzione dell’opera seria, si vede che dee la città di Firenze il vanto riportarne principalmente, che Giovanni Bardi e Jacopo Corsi furono i mecenati, Girolamo Mei e Vincenzo Galilei i precursori nella parte teorica, e nell’arte d’intavolar le melodie Emilio del Cavalieri il primo, che da lontano adittò agli altri la strada, Giulio Caccini e Jacopo Peri nella esecuzione, ma che deesi principalmente l’elogio al Rinuccini, il quale coll’armonia e bellezza de’ suoi versi mirabilmente adattati alle mire dei compagni, e più colla sua autorità, collo studio degli antichi e colla dipendenza in cui teneva gli altri, si fece il ritrovatore d’un nuovo genere che tanto lustro ha recato alla poesia, alla musica e alla sua nazione.
Quello di sir Henns, d’un rustico occupato sempre de’ suoi cavalli, é ben espresso. […] Oltre a varie traduzioni fatte da lui e da’ suoi partigiani, Gottsched scelse ancora tralle tragedie inglesi la più regolare e vicina al gusto francese, il Catone di Addison, e compose su di esso la sua tragedia che porta il medesimo titolo. […] L’autore erudito vi ha incastrati vari squarci di poeti antichi; ma i suoi compatrioti vi scorgono un dialogo elegiaco uniforme più che un’azione tragica, e non poca durezza nello stile. […] Vivendo la famosa Maria o Mariquita Ladvenant, morta da nove o dieci anni, degna di mentovarsi tralle più sensibili e vivaci attrici antiche e moderne, rappresentava nel teatro della Croce, e los Chorizos suoi fautori furono da lei distinti con un nastro di color di solfo nel cappello, mentre los Polacos ne presero uno di color celeste.
Ma perchè egli infierì acerbamente contro i sudditi che arganavano, essi si ribellarono e l’uccisero coi suoi ministri e consiglieri. […] Ma chi pareggiò in Italia la grazia delle commedie musicali del nostro Gennaro Antonio Federico inimitabile pel colorito veramente tizianesco de’ suoi ritratti comici ? […] Aggiorna e si muta la scena, e l’istesso Ricimero che parlava nel giardino, si trova in discorso inoltrato con Odorico ne’ suoi appartamenti. […] Or come di sera, in quel luogo co’ suoi domestici ? […] Viene Ricimero a gettarsi a’ suoi piedi, e le avvisa che il padre è ferito, ma lievemente da uno strale, che tutto a lui perdona, tutto obblia, e la vuole con se negli estremi suoi giorni.
Giulio Cesare Beccelli di lui compatriotto ed ammiratore dal 1740 al 1748 pubblicò in Verona e in Roveredo sette commedie: i Falsi Letterati, l’Ingiusta Donazione, ossia l’ Avvocato, l’Agnese di Faenza in versi, la Pazzia delle pompe, i Poeti Comici, e l’ Ariostista e il Tassista, nelle quali col gusto che richiede la buona commedia si dipingono e si motteggiano graziosamente le ridicolezze e i difetti correnti a’ giorni suoi nella letteratura pedantesca. […] I Greci non cadevano in tale inverisimiglianza pel coro fisso; ma Liveri privo di simil presidio introduceva i suoi personaggi a favellare senza rendere le strade solitarie, la qual cosa dee osservarsi nella lettura di esse colla descrizione della scena. […] I suoi drammi di Koulican, le sue Sorelle Cinesi sono scritte su queste idee.
In Heidelberg compose ancora Antonio Scoro di Hocchstraten una commedia rappresentata da’ suoi scolari, nella quale si personificava la Religione che andava mendicando alloggio tra’ grandi, ed era esclusa, e veniva raccolta da’ plebei.
I suoi vestiti, che spiegavano la sua indigenza, erano però accomodati e portati da lei con tant’arte leggiadra, che non lasciava riflettere se fossero di lana o di seta, nuovi o logori.
Nacque a Bergamo nel 1832, e, terminati a pena gli studi ginnasiali, entrò aspirante nel Tribunale di prima istanza ; ma, perseguitato dal governo austriaco pei suoi sentimenti patriottici, fu costretto ad esulare, e consacrarsi alle scene, esordendo nell’autunno 1852 con la drammatica compagnia di Nicola Cola.
Per coltura inventò e fece fiorir negli estesi suoi domini tante arti di comodo e di lusso. […] Si é detto però, né senza ragione, che molti de’ suoi scherzi, come troppo istrionici e qualche volta indecenti, benché piacessero assai ne’ tempi della repubblica, furono riprovati nell’età del buon gusto quando vivea Orazio e Mecenate. […] Giasone vuol rompere il discorso ed ella freme, invoca Giove, implora i suoi fulmini sopra qualunque di loro due. […] Iterabo metum; e comanda a i suoi seguaci, che si cerchi Astianatte per tutto indi lo finge già trovato e preso alle spalle d’Andromaca: Bene est, tenetur: perge, festina, attrache. […] Il celebre Michele di Montagna nel libro II cap. 10 de’ suoi saggi, parlando di quest’elegantissimo comico latino, ebbe a dire: «Les perfections et beautés de la façon de dire, nous font perdre l’appétit de son sujet.
Il figlio Giovanbattista (V.) la pone tra’ più noti scrittori de suoi tempi : L’Arïosto famoso e l’Aretino, Torquato Tasso, il buon Giraldi, il Caro, lo Sforza d’Oddi, il Cremonin facondo, il leggiadro Guarini, il Bracciolino, di Partenope il Porta, e in un la dotta Isabella Gelosa…. […] Se hoggi ci sodisfà cosi bene, questo galant’ huomo ; discorrendo sopra il modo di rappresentar le comedie in atti ; come hà fatto negli altri suoi discorsi ; assai ueramente contentar ci potiamo, hauendoci egli sempre assegnata qualche ragione, a tutte le cose da lui trattate. […] hora per tornar a parlar de recitanti in generale dico di nouo che bisogna hauerci dispositione da natura, altrimente non si può far cosa perfetta ma però chi intende ben la sua parte, et che abbia ingegno troua anco mouimenti et gesti assai apropriati, da farla comparire come cosa uera, Et a questo gioua molto [come anco in molte altre parti è utile] lo hauer per guida lo stesso autore de la fauola, il quale hà uirtu generalmente, de insegnar meglio alcuni ignoti suoi concetti, che fanno comparir il poema piu garbato, et i suoi recitanti per conseguenza paiono piu desti. […] Nel uestir delle quali, dourà sempre chi le guida esser deligentissimo, non uestendo mai [se fia possibile] i suoi interlocutori, a i modi che modernamente si costuma, ma nelle maniere, che su le scolture antiche, o su le pitture figurati si ueggono, con quei manti, et con quelli abbigliamenti, co quali si figurano cosi uagamente quei personaggi de gl’ antichi secoli. […] Oltra di questa, io me ne soglio fare un’ altra molto utile, et necessaria ; doue noto tutte le scene per ordine, co i nomi de suoi personaggi, et con il segno della casa, o della strada, di onde hanno ad uscire, et a qual desinenza, co ’l principio anco de le lor parole ; accio che con questa norma, possi chi n’ haurà cura, porre tutti i recitanti sempre a tempo al lor loco.
Che importa che si dovrebbe supporre questo Scrittore assai stupido e nemico della propria riputazione, perchè sotto gli occhi suoi vedesse e tollerasse cotal forfanteria senza ricercare novella delle sue Commedie soppresse? Che importa che sopravvivesse un anno a cotale oltraggio fatto al suo nome con simile soperchieria, e non ne procurasse il risarcimento, e non se ne lamentasse almeno, quando di molte minute particolarità delle sue cose ebbe egli cura di lasciar memoria ne’ suoi scritti?
Arse l’Italia d’un grand’incendio di guerra in diversi suoi paesi nel secolo XV, ma le contese de’ pisani co’ fiorentini, de’ veneziani co’ duchi di Milano, degli angioini cogli aragonesi, non impedirono l’alto favore, la generosa protezione, e la magnanima liberalità e munificenza de’ nostri principi, ministri, generali, e grandi verso le lettere, scienze ed arti tutte, e verso i coltivatori di esse133, non la fervida e quasi generale applicazione di ogni uomo di lettera ad apprender profondatamente le due più famose lingue de’ dotti, non l’universale entusiasmo di quanti a quel tempo eruditi viveano, di andare da per tutto, anche in lontane regioni ricercando e disotterrando i codici greci e latini134, non l’ardente premura di moltiplicarli colle copie, confrontarli, correggerli, interpretarli, tradurli, comentarli, non il raccorre da ogni banda diplomi, medaglie, cammei, iscrizioni, statue ed altri antichi monumenti, non lo stabilimento di varie accademie, non la fondazione dì altre università, non l’istituzione di nuove cattedre, non l’aprimento di pubbliche biblioteche e di teatri, non la rapida e maravigliosa moltiplicazione delle stamperie per le città e sin anco per le più ignote contrade d’Italia, non il promovimento dello studio della platonica filosofia per mezzo di Giorgio Gemisto Pletone, e singolarmente di Marsiglio Ficino e di Giovanni Pico della Mirandola in Firenze, e del cardinal Bessarione in Roma, non il risorgimento dell’epopea italiana e i progressi dell’arte drammatica, non il felice coltivamento dell’eloquenza e della poesia latina, e di ogni altro genere di erudizione, precipuamente per le cure, l’ingegno e ’l buon gusto del degretario e vonsigliere de’ nostri re aragonesi Giovanni Pontano135, e del precettore di Leone X Agnolo Poliziano, e del nostro Regnicolo Giulio Pomponio Leto, non impedirono in somma l’acquisto e ’l dilatamento delle piacevoli ed utili cognizioni letterarie e scientifiche, né l’attività e ’l progresso dello spirito umano136. […] Leon Battista Alberti, uno de’ più gran valentuomini de’ suoi tempi, nato secondo il Manni e ’l dottor Lami nel 1398, secondo il Bocchi nel 1400, e, secondo che con maggior probabilità congettura il Tiraboschi, nel 1444, scrisse anche in latino nell’età di 20 anni una comedia, intitolata Philodoxeos, che per due lustri fu creduta opera di antico scrittore «perché (al dir del prelodato Tiraboschi) comunque scritta in prosa, ha nondimeno alquanto dello stile de’ comici antichi, e pruova lo studio che l’Alberti avea fatto della lingua latina».
Questo genere di commedia togata trabeata parve nuovo a’ tempi di Augusto; e su inventato da Cajo Melisso da Spoleto, il quale nato ingenuo ma esposto per la discordia de’ suoi genitori, fu poscia donato per gramatico a Mecenate, per la cui opera insinuatosi presso Augusto fu preposto a rassettare le biblioteche nel Portico di Ottaviaa. […] Publio Siro così denominato dalla Siria ove nacque, fu schiavo in Roma, ma ottenuta la libertà andò rappresentando i suoi mimi per l’Italia.
Questo genere di commedia togata trabeata parve nuovo a’ tempi di Augusto; e fu inventato da Cajo Melisso da Spoleto, il quale nato ingenuo, ma esposto per la discordia de’ suoi genitori, fu poscia donato per gramatico a Mecenate, per la cui opera insinuatosi presso Augusto fu preposto a rassettare le Biblioteche nel Portico di Ottavia129. […] Publio Siro così denominato dalla Siria ove nacque, fu schiavo in Roma, ma ottenuta la libertà andò rappresentando i suoi mimi per l’Italia.
Una assai fedele immagine di tutto ciò si può vedere tuttora nel teatro di Francia, dove l’opera vi fu trapiantata dal cardinal Mazzarino, quale era a’ suoi tempi in Italia.
Vediamo però di trovare l’origine de’ suoi foschi sospetti.
Egli ha bene il diritto di essere messo assieme a’ grandissimi che diedero al mondo tipi immortali, se bene i suoi sien condannati pur troppo a perire : chè è per essi di tal guisa la creatura legata al suo creatore, che dileguato l’uno, anche dileguerà l’altra, non lasciando tra’ posteri che un vago ricordo, andatosi serbando e ahimè modificando nella viva voce delle generazioni succedentisi.
Il 25 febbraio dell’ '87 manda al Duca i suoi devoti mirallegri per la favorevole impressione da lui lasciata alla Corte e in tutta Napoli, e il primo di marzo il ben tornato a Modena, raccomandandoglisi vivamente per ottenere a un congiunto dottore la provvista d’un governo, per la quale ebbe a scrivere parecchie lettere.
La vivacità della sua dizione, la snellezza della sua figurina, l’agilità dei suoi movimenti, l’eloquenza della sua espressione la fan parere ancor giovinetta ; specie quando rappresenta la Cameriera astuta del Castelvecchio, in cui ella profonde tutto il tesoro delle sue grazie, richiamando alla memoria le monellerie della Cutini (V.), che, appunto in quella commedia, sentii a oltre cinquant’anni, e pur sempre maravigliosa d’arte e di freschezza.
I suoi occhi nerissimi mostravano or languidi, or lampeggianti lo stato dell’anima. […] Un altro bene seguirebbe doppo questi, che ristretto il numero de’recitanti, quel poco sarebbe così virtuoso, et esemplare che non si vedrebbe altro che soggetti nuovi e corretti, e colui che gli mettesse fuori, sarebbe scarico di quel peso di leggere a un solo mille volte un solo soggetto, che in quello stesso fa poi anco mille errori, et si leverebbe quella spezie di gente, di che fa menzione l’eccellentissimo Garzoni nella sua Piazza Universale del Mondo, che si vede per le cittadi vestiti alla divisa con pennacchi, che prima che fossero suoi, furono di mille altri, con cappe bandate di veluto che inanzi che sia diventata banda era calzone affaticato prima nella cittade e poscia in villa. […] Circa al merito artistico del Cecchini, scrive Domenico Bruni nelle sue Fatiche comiche : Ma che dirassi di Pietro Maria Cecchini che nel tempo che recitava inanti la Sacratissima Maestà dell’Imperatore Matias fu dalla Cesarea Maestà sua con privilegio amplissimo ammesso nel numero de’Nobili, dichiarando lui e i suoi discendenti per tre gradi passati nobili ?
Ma fra’ compositori Musici suoi contemporanei era in voga un genere di Musica artificioso, delicato all’estremo, ma che non bene secondava il calore e le mire del gran Poeta. […] L’Opera adunque rinuncia alla maggior parte de’ suoi privilegj per non infrangere le regole, non gia del Maestro Aristotele, che pure le attinse nella pratica de’ buoni Poeti antichi, ma della eterna Ragion Poetica, che risulta dal verosimile ben inteso. […] La Legislazione stessa se ne prevalse, per meglio imprimere i suoi dettati negli animi, e nella memoria de’ popoli; e in un affare di tanta serietà non si reputò il Canto Disconforme dal vero. […] Piano (dirà l’Apologista), che se l’Attrice sarà abile, non si ajuterà co’ suoi piedi.
Assai più notabile fu una scena, in cui Mére-Sotte manifesta i suoi disegni di voler comandare nel temporale e nello spirituale.
Atene che trovavasi in sì alto punto di prosperità, e per conseguenza, di moral corruzione, mirò senza orrore il fiele che sgorgava da questo fonte, si compiacque della sporcizia che vi regnava, vedendovi il ritratto fedele de’ suoi costumi, e applaudì a quella malignità che mortificava i potenti che abborriva, e i virtuosi che la facevano arrossire. […] Racine, che da tal commedia ha cavato i suoi Plaideurs, non ha potuto seguirlo passo passo; né anche ha potuto valersi della piacevolezza che risulta dal processo allegorico, né introdurvi il cane accusatore, e ’l cane difensore, che appartiene unicamente alla commedia antica. […] Ebbe la grecia i suoi neurospasti, o ciarlatani, i quali con fila e cordicelle faceano gestire, rappresentare, e saltare, come se fossero persone umane, certe figurine di legno, simili agli odierni fantocci chiamati volgarmente pupi.
Ma Agnese in questa guisa esprime i benefici suoi concetti: No non fia mai che la disgrazia io vegga Di mia cugina, e non la senta io stessa Nel più vivo del cuore. […] Segno a’ suoi strali mimici sono stati ancora frequentemente gli Abati che ostentano letteratura.
Garrich che fu l’Esopo dell’Inghilterra come attore, può per li suoi drammi gareggiare co’ nominati?
L’Alemagna nel secolo XIII avea i suoi minnesaenger, o cantori d’amore, nelle cui poesie, che ancora esistono, neppur si vede cosa veruna teatrale.
Atene che trovavasi in si alto punto di prosperità e per conseguenza di moral corruzione, mirò senza orrore il fiele che sgorgava da questo fonte; si compiacque della indecenza che vi regnava vedendovi il ritratto fedele de’ suoi costumi; e applaudì a quella malignità che mortificava i potenti che essa abborriva e i virtuosi che la facevano arrossire.
Fu anche voce comune che la chiusura del Teatro italiano nel 1697 (ritratta dal Watteau in uno splendido quadro che riproduco dalla superba incisione originale del Jacob), dopo la quale egli dovette andarsene in Germania, si dovesse alle allusioni mordaci da lui fatte alla Maintenon nella rappresentazione della Fausse Prude ; dopo le quali, il signor D’ Argenson, luogotenente generale di polizia, il 4 maggio 1697, accompagnato da gran numero di commissarj, si recò alle 11 del mattino al Teatro dell’ Hôtel de Bourgogne, e fece apporre i suggelli su tutte le porte, non solo di strada, ma dei camerini degli attori, ai quali fu vietato di presentarsi per continuar gli spettacoli, non giudicando più Sua Maestà opportuno di ritenerli a’ suoi servigi.
[2] Affinchè proceda con precisione il discorso d’uopo è scomporre la quistione ne’ suoi primi elementi, e risalire fino alla sorgente, esponendo onde tragga origine la maggior o minore attitudine delle lingue pel canto. […] Ma assai si è detto onde si conoscano le sue prerogative per la musica, e l’ingiustizia altresì con cui parlano di essa alcuni scrittori francesi, tra quali il gesuita Bouhours colla leggerezza sua solita nel giudicare non ebbe difficoltà di dire: «Che è una lingua affatto giochevole, che altro non intende che di far ridere coi suoi diminutivi», e notisi, che molti di quelli ch’ei nomina non si trovano frale parole toscane: «Che le continue terminazioni in vocale fanno una musica molto sgradevole», quando le principali bellezze della musica italiana nascono appunto da queste: «Che la lingua italiana non può esprimere la natura, e ch’essa non può dare alle cose l’aria, e vaghezza lor propria, e convenevole: Che le metafore continue, e le allegorie sono le delizie degl’Italiani, e degli Spagnuoli ancora: Che le loro lingue portano sempre le cose a qualche estremo: Che la maggior parte delle parole italiane, e spagnuole è piena d’oscurità, di confusione, e di gonfiezza», come se la gonfiezza, e l’oscurità fossero un vizio delle parole, e non degli autori: «Che i Chinesi e quasi tutti i popoli dell’Asia cantano, i tedeschi ragliano, gli Spagnuoli declamano, gli Inglesi fischiano, gli Italiani sospirano, né ci ha propriamente che i Francesi, i quali parlino». […] La prima, che non essendo stata l’Italia né tutta intiera, né lungo tratto di tempo soggiogata dai barbari, la favella italiana ha potuto conservar i suoi primitivi caratteri meglio delle altre nazioni, dove la lingua, e i costumi non men che la religione, e le leggi hanno dovuto piegare sotto il furore delle conquiste, come si vede nella lingua francese, la quale altro non è, se crediamo a’ loro autori più illustri, che un antico dialetto celtico diversamente alterato, e nella spagnuola tutta impastata di latino, e di gotico idioma, cui s’aggiunse dell’arabo non piccola parte.
E se bene nè il Fantuzzi, nè il Quadrio, nè altri, a mio sapere, accennino al Bocchini attore, pure gli scritti suoi (Corona Maccheronica, ecc., Modena, Soliani, 1665, in-12), nei quali sono particolarità curiose sulla schiera infinita degli Zanni e una conoscenza profonda dell’arte e della vita loro, starebbero a provare che non solo egli montò in banco, ma che nè men fu de’peggiori recitanti, di cui alcuni eran gente di moltissimi pregi nell’arte comica, che esercitavan non solo recitando, ma, come i grandi colleghi, suonando, cantando e ballando. […] Scoprendosi la scena, si vede il Re Scappino con Brighella e Bagolino suoi consiglieri, uno da un canto, e l’altro dall’altro con una mano di Paggi Zagnetti, dove arrivando Muzzina senza Tabarro e Beretta, gli dà una Supplica, e Scappino così cantando dice : Varda un poco, Brighella, mio conseglier fidado, se sto Zagno ha portà qualche novella, che possa desturbar el nostro stado : spiega tosto la carta, e inanzi, ch’el se parta, saveme dir, s’el brama pase o guerra, e che bon vento l’ha portà in sta terra.
Tra le perdite grandi di mill’anni, c’han fatto Roma, Napoli e Fiorenza, si può metter ancor questa di Zanni : perchè la dolce e leggiadra presenza del Cantinella e de’ compagni suoi era nel vero una magnificenza. […] E ne’ serii Teatri e ne’ Faceti, Fra le comiche larve ottenne il grido, E la Senna a’ suoi motti il nobil lido Fe’ d’intorno sonar d’applausi lieti.
Pietro; Non confessa ella, che il Calderòn in certi suoi componimenti, che si appressano più alla Tragedia, ha molti tratti patetici, e degni di attenzione”?
Alle recite del carnevale 1760 preluse il Goldoni con altro Prologo recitato da madama Bresciani e riprodotto dal Malamani ne’ suoi Appunti Goldoniani (Venezia, tip. dell’Ancora, 1887).
E potrebbe assai facilmente intervenire che un buon compositore fosse un buon capitano alla testa di un cattivo esercito: con la differenza che il capitano buono può far buoni i soldati, ma il maestro di musica non può lusingarsi di tanto co’ suoi virtuosi.
E però, imitando alcuni de' suoi grandi predecessori, fra cui primo il Coltellini famoso, egli ha aperto nella sua casa di Venezia un ricchissimo negozio di oggetti antichi, ai quali è già tanto affezionato, che tra' più gustosi aneddoti della sua vita è questo, che, venduto un orologio antico a un forestiero, tanto se ne accorò, che non potè riacquistar l’antica pace, se non quando con perdita non lieve ebbe recuperato l’oggetto.
Anche il Fontanini a maltratta il Guarini e la pastorale; ma il Barotti nella Difesa de’ suoi Ferraresi lo confuta vigorosamente. […] Gli si perdonino i suoi difetti, per non guastar sì bell’opera ponendovi mano Roma e Atene vorrebbero averne una pari.
Anche il Fontanini138 maltratta il Guarini e la sua pastorale; ma il Barotti nella Difesa de’ suoi Ferraresi lo confuta vigorosamente. […] Gli si perdonino i suoi difetti, per non guastar sì bell’ opera ponendovi mano.
Il soggetto di tal commediola è un povero giovane chiamato don Eleuterio carico di famiglia, il quale facendo cattivi versi imprende la carriera teatrale per sovvenire a’ suoi bisogni.
In parti di simil genere, ella non ha bisogno di sforzare i suoi mezzi fisici e il suo ingegno ; e tutte le doti della sua persona, di cui la nota precipua è la delicatezza, hanno modo d’esplicarsi compostamente, ottenendo i massimi effetti con giustissima misura e con una non mai smentita signorilità di maniere, ch’è sì rara nelle nostre attrici, anche men volgari.
Distribuendolo artifiziosamente, mandandolo come in massa sopra alcune parti della scena e quasi privandone alcune altre, non è egli da credere che producesse anche nel teatro quegli effetti di forza e quella vivacità di chiaroscuro che a mettere ne’ suoi intagli è giunto il Rembrante?
Danae ode da lui la serie de’ futuri suoi casi misti di gloria e di disgrazie vicine e lontane.
Ella invero si rende molto simpatica a chi la conosce perchè sparge abitualmente di un velo di melanconia i suoi discorsi, e perchè rapisce all’arte quelle egregie e fidate consolazioni che forse non le saprebbe dare la vita.
Ogni scrittore ha pregi a se proprii (possiamo dire con madama Dacier che tante buone cose conobbe a molti de’ suoi posteri sfuggite) e siccome non v’ha cosa più vasta della poesia in generale e della drammatica in particolare, così non v’ ha carriera dove mostrino gli uomini maggior diversità di talenti.
La Ristori fece inorgoglire gl’ Italiani delle loro domestiche glorie tanto ammirate fuori d’Italia ; Gustavo Modena, uomo di Plutarco, artista letterato, patriota e martire vero, fece nascere per l’arte drammatica un culto che non aveva avuto dapprima ; il libero pubblico italiano si affezionò ai suoi migliori allievi, e a quegli insigni che erano sorti a fianco della sua scuola, come la Ristori e il Morelli ; e poichè scarso era il numero dei grandi colleghi, diede la promozione in fama ed in paga agli artisti che più si appressavano a quelli, e spargendo anche sul teatro una tinta di patriotismo si vergognò di non accorrervi quando recitavano i più riputati artisti d’Italia.
Posso dire di doverle molto, poichè, soccorso dal ricordo di quanto le vidi fare, mi son servito bene spesso de' suoi giuochi di scena e di fisionomia.
Ritiratosi finalmente a Genova, per godervi in pace il frutto de' suoi guadagni, fu vittima della sua buona fede, e dovette recarsi in Grecia, dov'egli aveva una figlia maritata, e dove sperò inutilmente scovare colui che l’aveva rovinato.
Giuseppe Maria Pagnini impressa in Parma col testo de’ suoi Inni ed Epigrammi nel 1792 dall’inimitabile Giambatista Bodoni.
Linguet nei suoi Dottori moderni, e da molti altri bravi scrittori.
Quando ecco fu udito in Francia lo stile naturale ed elegante insieme della Serva padrona con quelle sue arie tanto espressive, con que’ suoi graziosi duetti; e la miglior parte de’ Francesi prese partito a favore della musica italiana.
r Flavio le sarà stato detto, con fermo animo di gettarsi a’ piedi suoi humilmente, per suplicarla della sua gratia.
Persio ci parla di alcuni suoi contemporanei che composero una tragedia d’Issipile, e che essi stessi montarono in pulpito per recitarla. […] Questo Ferrarese morto d’anni 79 nel 1569 nel lib. 1 de Imitatione affermò che Seneca ne’ suoi Cori superò tutti i tragici Greci per l’abbondanza e per la gravità delle sentenze e per averli dettati bene acconci a cantare di ciò che, come dice Orazio, proposito carmine condarat, et haereat aptè .
Cantare dicesi pur da’ Latini e da noi il recitar versi, per quella specie di canto con cui si declamano; ed ogni poeta dice de’ suoi versi, io canto.
Cantare dicesi pur da’ latini e da noi il recitar versi, per quella specie di canto con cui si declamano; ed ogni poeta dice de’ suoi versi, io canto.
Questo Letterato detestava gli errori scenici de’ suoi compatrioti (e noti l’Apologista che allora fiorivano i Drammatici Andaluzzi nominati dal Cueva, e tra essi spiccava l’Autore delle Mille Tragedie); e mostrava di avere gusto migliore; e quindi così declamava1.
Antonio Lopez si lamenta delle irregolarità delle favole del Vega, e de’ suoi coetanei1: strepita contro il Comico in esse confuso col Tragico, per cui in una medesima occasione si piange, e si ride: si burla dell’ineguaglianza della locuzione nel tempo stesso nobile, e plebea &c.