/ 169
141. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »

Quando ecco fu udito in Francia lo stile naturale ed elegante insieme della Serva padrona con quelle sue arie tanto espressive, con que’ suoi graziosi duetti; e la miglior parte de’ Francesi prese partito a favore della musica italiana.

142. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VII. Su i principali Requisiti per giudicar dritto de’ Componimenti Scenici, Mente rischiarata, e Cuore sensibile. » pp. 69-85

Ma non allontanandoci da que’ Greci, il Signor Lampillas a chi darebbe il pregio della sensibilità, e il diritto di sentenziare in materie poetiche all’Italiano Orazio Flacco, o al Francese Renato Rapin?

143. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XV. Satiri: Ilarodie: Magodie: Parodie: Mimi: Pantomimi. » pp. 171-200

In qual guisa egli maneggiasse questi argomenti tragici scostandosi dalla tragedia senza cadere nella commedia, non si divisa da que’ pochi frammenti che se ne adducono.

144. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO IV. Opera Musicale. » pp. 314-344

Arrivò a tal cecità che è fama di aver pensato una volta a dare un suo figliuolo in potere di Frittellino notissimo attore di que’ tempi perchè apprendesse da lui l’arte di rappresentarea.

145. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 269-289

In qual guisa egli maneggiasse questi argomenti tragici scostandosi dalla tragedia senza cadere nella commedia, non si divisa da que’ pochi frammenti che se ne adducono.

146. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Il conte che veniva a veder Bianca, giugne opportunamente a salvar la regina, la quale coperta d’una mascheretta grata al suo liberatore gli dà una banda, che a que’ tempi si reputava un favore e una prova d’inclinazione della dama verso il cavaliere che la ricevea. […] Ma che mai trovò egli di rassomigliante nella condotta della tragedia francese e della favola Spagnuola, in cui si vedono le additate tinte comiche miste alle tragiche, le irregolarità, que’ ritratti adorati dal poco grave Ottaviano, quelle avventure notturne, il passaggio replicato de’ personaggi da Gerusalemme a Menfi e da Menfi a Gerusalemme, la cura puerile del poeta di accreditar l’errore volgare dell’influsso? […] Non manca di colpi di teatro e di comiche situazioni, e supera l’ istesso Calderòn, se non nell’eleganza, nella proprietà della locuzione comica; non vedendosi nelle di lui favole que’ groppi di stravaganze ne’ quali cade Calderòn. […] Anche lo stile è più sobrio e lontano da molte stranezze nazionali di que’ tempi.

147. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

Poté dunque, come fece, arricchir quest’ultima col soccorso delle altre; e in fatti i latini ebbero in lui solo l’epico, il tragico, e ’l comico di que’ tempi. […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non son tradite, benché non mostrino di esser animate con que’ colori della natura, che nella Troade e nella Medea annunziano l’uomo d’ingegno e di buon sanno. […] Questo spettacolo campano salfo e grazioso, quanto decente e degno dell’italica severità di que’ tempi91, piacque di tal forte, che la gioventù romana volle riserbarsi il diritto privativo di rappresentarlo ad esclusione de’ comici di professione, i quali erano schiavi e perciò disprezzati.

148. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

La sfera delle belle idee in materia di belle arti e essendo molto stretta fecondo che c’insegna Platone, di leggieri l’ingegno umano dà in un pensar fantastico e stravagante quando vuol di quella uscir fuori; é perciò reputasi cosa lodevole e necessaria le imitar i migliori tratti di que’ sagri Ingegni che nelle loro opere seguitando più dappresso la bella natura, han saputo contenersi nella sfera del bello. […] Speriamo per tanto, che il nostro Piccini chiamato l’anno scorso a Parigi voglia colla bella musica italiana cagionare alla fin fine una totale rivoluzione nel sensorio di que’ mal organizzati gaulesi che ridicolosamente contendono di preminenza anche in quest’arte cogl’italiani.

149. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Benchè desti (dice il nominato critico) talvolta la tenerezza e le lagrime, per la verità de’ caratteri, e per la semplicità degli evenimenti è questa favola ben lontana da que’ drammi così poco degni di stima che vanno sotto il nome di tragedie cittadinesche e di commedie lagrimanti, pel cui cattivo genere il sig. […] Tra gl’Italiani della stessa compagnia ne compose anche il lodato Riccoboni che si stimò il Roscio Italiano di que’ tempi pregiato sommamente da Pier Jacopo Martelli, dal marchese Scipione Maffei, e dall’abate Conti, non meno che da varii leterati Francesi che frequentavano la di lui casa, e scrisse della tragedia e della commedia con molta erudizione e giudizio; come pure la di lui moglie che componeva assai bene in italiano, intendeva il latino, ed alcun poco il greco, e sapeva a fondo la poesia drammatica, e tralle altre sue opere scrisse alcune commedie, ed una dissertazione sulla declamazione teatrale che ella stessa egregiamente eseguiva, e singolarmente allorchè rappresentò ne’ nostri teatri la parte di Merope nella tragedia del Maffei.

150. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Tutto va senza intoppi al suo scopo, tutto è animato dalla passione, e pochi sono que’ passi, ne’ quali possa dirsi di aver più parte la mente che il cuore. […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non sono tradite dall’affettazione, benchè non mostrino di essere animate con que’ colori della natura che nella Troade e nella Medea enunciano la mano esperta di un buon pittore.

151. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

Tarquinio, il quale invece di rispondere all’ambasciatore de’ Gabini, lo mena nel proprio giardino, e alla sua presenza recide senza profferir parola la sommità de’ papaveri, che grandeggiavano sopra gli altri; Dario re dei Persi, che essendosi inoltrato nella Scizia con intenzione di muover la guerra a que’ popoli, si vede comparir avanti da parte loro un araldo che gli appresenta una rana, un topo, un uccello e cinque freccie, e poi si diparte senza pronunziar un sol motto; il famoso Levita di Efraimo, il quale volendo vendicar la morte della sua sposa barbaramente trucidata da certi Israeliti della tribù di Beniamino, taglia l’amato cadavero in dodici parti, ed una ne manda in regalo a ciascuna delle dodici tribù per eccitarle con sì feroce eloquenza alla comune vendetta; l’Indiana descritta da un poeta orientale, che interrogata dall’amante chi sia il fortunato oggetto de’ suoi frequenti sospiri, e obbligandola il pudore a tacere mentre l’ardenza de’ suoi desideri la sprona a manifestarlo, prende senza dir parola un lucidissimo specchio, e l’affaccia innanzi a chi le avea fatta la dimanda; l’altrettanto bella quanto incontinente Frine, che vedendo i giudici dell’Areopago non essere in suo favore dall’aringa d’Iperide abbastanza commossi, s’inginocchia avanti loro, si straccia i veli che le ricoprivano il seno, offre ai loro sguardi una candidezza abbagliante, e per la muta facondia di due persuasive oratrici si vede assoluta dal delitto d’irreligione nel più rigido tribunale della Grecia; i Salams ovvero sia specie di muta comunicazione inventata nei serragli dell’oriente, la quale consiste nel mandarsi a vicenda in regalo un nastro, un pannizuolo, o qualche altra cosa triviale, ma che avendo nella sua piegatura e configurazione diversi pattuiti significati, serve a trasportare da un luogo all’altro tutti gli arcani della galanteria, senza temer la gelosa vigilanza dei mariti; mille altri esempi di questa natura, de’ quali abbonda non meno la sacra161 che la profana storia, pruovano che certa classe di sentimenti e di passioni ponno dipignersi alla fantasia con più vivaci colori per mezzo della vista che per mezzo dell’udito. […] Di non iscostarsi dal disegno propostogli dall’inventore, di scordarsi d’essere ballerino per non essere che pantomimo, d’usare di que’ gesti soltanto, la significazione dei quali essendo fissata da una convenzione generale e non dal capriccio, può facilmente essere intesa dagli spettatori. […] Ned io contrasterò che atteso lo stato attuale degli spettacoli in Italia, dove la mancanza di ragionevolezza nel tutto rende pressocchè necessario un qualunque compenso, e attesa l’indole degli spettatori, cioè di que’ sibariti in materia di gusto, che vogliono il godimento senza la fatica di ricercarlo e che amano la diversità nei piaceri perché si confà colla loro intolleranza, l’esiliare affatto la pantomima dal melodramma sarebbe lo stesso che togliere un diletto di più senza rimediare alle altre sconvenenze che vi s’osservano.

152. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

L’antica poesia de’ Greci e de’ Latini ricondotta trionfante ne’ sette colli inspirava disprezzo e pietà per le scuole Gongoresche e Mariniste e venerazione e amore per Dante e Petrarca che bevvero in que’ puri fonti. […] Volle il Conti far uso de’ cori per riunire alla tragica rappresentazione la musica che le conviene, e questa forse è una delle ragioni per cui i commedianti oggi non le rappresentano, schivandone la spesa; ma egli però introdusse ne’ suoi cori a cantar sulla scena cavalieri e senatori Romani con poca convenevolezza alla loro gravità e al costume di que’ tempi. […] Ciò ben avrebbe potuto involare all’autore quella gloria che proviene dall’invenzione; ma potrebbe togliere a que’ drammi il merito intrinseco di una condotta naturale e di una felice esecuzione? […] Andres ha lodati in termini generali i di lui componimenti e quelli del Granelli, contentandosi di accennar solo che le circostanze legavano loro le mani per non ispargervi tutti que’ fiori che il fecondo lor genio avrebbe saputo far nascere, nè ridurre i loro drammi a quella perfezione di cui sarebbero forse stati capaci.

153. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Arrivò a tal cecità che è fama di aver pensato una volta a dare un suo figliuolo in potere di Frittellino notissimo attore di que’ tempi perchè apprendesse da lui l’arte di rappresentare92. […] Quanto poi al Rosa (aggiugne il lodato Baldinucci che ciò racconta) non è chi possa mai dir tanto, che basti, dico della parte ch’ei fece di Pascariello; e Francesco Maria Agli negoziante Bolognese in età di sessant’anni portava a maraviglia quella del Dottor Graziano, e durò più anni a venire a posta da Bologna a Firenze lasciando i negozj per tre mesi, solamente per fine di trovarsi a recitare con Salvadore, e faceva con esso scene tali, che le risa che alzavansi fra gli ascoltanti senza intermissione, o riposo, e per lungo spazio imponevano silenzio talora all’uno talora all’altro; ed io che in que’ tempi mi trovai col Rosa, ed ascoltai alcuna di quelle commedie, so che verissima cosa fu, che non mancò alcuno, che per soverchio di violenza delle medesime risa fu a pericolo di crepare.

154. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Lascio il Flaminio (Scala), che, divenuto capo de’ Gelosi nel 1574, poteva fors’anco avere appartenuto a que’ primi Gelosi, di cui fu parte la famosa Lidia da Bagnacavallo. […] Per mostrare quello ch’era, o che avrebbe dovuto essere il Capitano, mi piace riportar qui le parole di Pier Maria Cecchini, altro comico valoroso di quel tempo : e così man mano andrò facendo citando a ogni suo luogo quelle altre parole concernenti altri tipi di commedia ; parole che dànno più che mai l’idea di quel che fosse a que’ tempi la scena italiana.

155. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Termina la tragedia coll’arrivo di Fortimbras il quale dice che paleserà tutto tosto che saranno esposti alla pubblica veduta que’ cadaveri, aggiugnendo l’ultima disposizione di Amlet in favore del Principe di Norvegia.

156. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO VII [IV]. Teatro Lirico: Opera Comica: Vaudeville. » pp. 192-230

Si recitò nel medesimo teatro a que’ dì il Dancourt che riscosse molti applausi.

157. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Di Milano, il dì 28 agosto 1620. » pp. 140-157

Già tra’ que’ Regi nidi (proprio d’ Insubri a ministrar Compense) narran : che ’nfrà di lor tal gloria ha sparta, una sol MADDALENA, una sol MARTA.

158. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638

Ad altro, avvezzo alle adulazioni di una mala pratica, scrive (XLIII) : S’io dicessi d’ amar assai più la vostra della mia salute, e ch’ io vorrei poter aggiunger a i giorni della vostra vita que’ della mia, userei di quelle parole, che sogliono usar i corteggiani desiderosi di farne baratto in tante pensioni : Ma perchè da voi altro non voglio, se non corrispondenza a non voler nulla da me, vi dico, che non più di me, nè quanto me v’ amo : ma sì ben tanto, che niuno dopo me amo più di voi.

159. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VI. Teatro Spagnuolo Comico e Tramezzi. » pp. 149-194

Ciò che in Italia nuocono alle belle arti le combriccole de’ semidotti che si collegano contro del merito e degl’ingegni ben coltivati, e le mignatte periodiche e gli scarabbocchiatori di mestiere di ciechi colpi d’occhi e di articoli per giornali venduti, noceva a que’ di nelle Spagne ai progressi teatrali la turba inetta degli apologisti ed i colleghi di quel poetilla La Cruz che tiranneggiava i commedianti nazionali.

160. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VII. Della vera commedia Francese e dell’Italiana in Francia. » pp. 144-176

“Benchè desti (dice il nominato critico) talvolta la tenerezza e le lagrime, per la verità de’ caratteri e per la semplicità degli evenimenti, è questa favola ben lontana da que’ drammi così poco degni di stima che vanno sotto il nome di tragedie cittadinesche e di commedie lagrimanti, pel cui cattivo genere il sig.

161. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO V. Teatro Spagnuolo Tragico. » pp. 56-148

Di poi que’ caratteri sanguigni e quella carta di nobiltà scritta nel foglio del petto è un contrabbando Gongoresco ridicolo nel secolo XVIII, ed assai più nel genere drammatico. […] Ma la sua passione dovea sugerirgli che que’ nobili vantati da Garcia potevano aver fra essi qualche aderenza.

162. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »

Le donne inoltre, dalle quali ogni civile socievolezza dipende, avendo per cagioni che non sono di questo luogo acquistata una influenza su i moderni costumi che mai non ebbero appresso gli antichi, giovarono al medesimo fine eziandio ora per l’agio, e morbidezza di vivere, che ispira il loro commercio, onde s’addolcì la guerresca ferocia di que’ secoli barbari: ora per l’innato piacere che le trasporta verso gli oggetti che parlano alla immaginazione ed al cuore: ora per lo studio di molte posto nelle belle lettere, e nelle arti più gentili, dal che nacque il desiderio d’imitarle ne’ letterati avidi di procacciarsi con questo mezzo la loro grazia, o la loro protezione, massimamente nel Cinquecento, secolo illustre quanto fosse altro mai per le donne italiane: ora per le fiamme che svegliano esse nei petti degli uomini, onde questi rivolgonsi poi a cantare la bellezza, e gli amori, piegando alla soavità lo stile, e la poesia.

163. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

L’antica poesia de’ Greci e de’ Latini ricondotta trionfante ne’ Sette Colli inspirava disprezzo e pietà per le scuole gongoresche e mariniste, e venerazione e amore per Dante e Petrarca che bevvero in que’ puri fonti. […] Introdusse pero ne’cori a cantare cavalieri e senatori romani cou poca convenevolezza al a loro gravità ed al costume di que’ tompi. […] Questa menzogna apparente, e qualche altra variazione rende a lui sospetti que’ cavalieri, e gli fa incatenare, rivocando la grazia degli altri schiavi. […] L’opinione degli uomini lascia sospeso il giudizio sull’ innocenza o reità di quell’ Ordine militare e religioso istituito l’anno 1118 ; giacchè da una parte vennero que’ prodi cavalieri dopo di due secoli di glorie condannati in Parigi da Filippo detto il bello ed in Roma da Clemente V, ed in Vienna dal Concilio generale nel 1312 ; e dall’altra parte reputati innocenti e sterminati solo per la rapacità del nomato re di Francia che aspirava alle loro immense ricchezze, da i Coneilii di Ravenna, di Salamanca e di Magonza del 1310, e di Tarragona del 1312, come ancora da s. […] Accenniamo soltanto di volo che mancano allo stile que’ tratti vivaci che chiamansi colori dell’ opera.

164. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 889-912

Rispondo alla sua morale et amorevolisima letera delli 6 caduto e ne(l)la ringratio quanto so e posso di que’ sensi con i quali ella m’esprime il core nei trati della penna, ma mi duole al somo che la malidicenza m’ abia dipinto in lontananza ( ?)

165. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Ed avendo Fedria e Geta con Demifone conchiuso che si chiami Antifone e Formione, que’ due partono per eseguirlo, e Demifone s’incamina verso la sua casa Deos penates salutatum . […] E perchè, per quanto gli si dice, egli rimane sempre più costernato, que’ duo fingono di voler partire e lasciarlo; alla qual cosa Antifone si scuote, s’incoraggia, e si sforza di far buon viso.

166. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

ma in materia del far hauer merito a tutta la somma di que’ denari, ch’ io ho sul Monte di Pietà in Firenze, tre volte Ella me n’ ha domandato.

167. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO I. Tragedie. » pp. 4-67

Di poi que’ caratteri sanguigni e quella carta di nobiltà scritta nel foglio del petto è un contrabando Gongoresco ridicolo nel secolo XVIII ed assai più nel genere drammatico11.

168. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Ma se que’ marmi a’ saggi        Fosser simboli sol delle immortali        Essenze creatrici; ancor diresti,        Che i miei Dei non son Dei!

/ 169