Attore di gran pregio, entrò a far parte, come amoroso comico, della Reale Compagnia Sarda, al momento della sua formazione (1821), sostituendo poi Augusto Bon nel ruolo di brillante.
Scrive di lui il Costetti : Attore di gran prestanza, dotato di voce squillante e armoniosa e di un temperamento artistico d’ assai vigore….. riusciva ammirevole negli impeti della tragedia, e nelle passioni del dramma….
Mentre tutte le sue colleghe di ruolo si tuffavano a capo fitto come prime donne assolute nel gran repertorio, ella, per una cotal deficienza di mezzi vocali, rimaneva nella sua modesta cerchia amorosa, facendosi ovunque notare per le grazie del volto, la forza del sentimento e la soavità del dire.
Caggia il gran velo omai, veggiasi intorno dar bella Donna altrui diletto e pena, che in su la viva e luminosa scena faccia a Venere, a Palla, invidia e scorno. […] lxxix) riporta intero il dialogo fra uomo e donna per la caduta d’un fazzoletto, che è un modello del genere, e dal quale si può arguire la ragione del gran conto in cui eran tenuti i Contrasti dall’Andreini. […] Morta è la nobil Donna, Che fù del viuer mio securo appoggio ; E breu’vrna sotterra Gran beltà, gran virtù, gran lode serra. […] Io mi ricordo hauerne ueduti di quelli che ad una mala noua si sono impalliditi nel uiso, come se qualche gran sinistro ueramente gli fosse acaduto. […] Ma dal conversar dinanzi a ’l pubblico schierati presso la ribalta, al restar gran tempo inchiodati alla scena di fondo, presso un camino con le spalle verso il pubblico, a me pare che il tratto sia troppo lungo.
Né ciò si dice perché importi gran fatto l’esser primo; ché io amerei piuttosto esser ultimo come Euripide, che anteriore come Cherilo, o Senocle. […] Lo stile é certamente fluido e armonioso; ma il piano, i caratteri, l’economia, ogni altra cosa in somma abbonda di gran difetti, e non meritavano punto gli esagerati encomi di Cervantes. […] III sec. 15 n. 8) colle merci della dottrina italiana; e leggendo per un gran pezzo in Salamanca, non ostante le opposizioni degli scolatici che di favorir la novità l’accusarono inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere; onde fu caro al re cattolico che lo volle perciò in corte per iscrivere la sua storia, e su dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia poliglotta, e di poi alla direzione dell’università d’Alcalà di Henarez, ove si morì nel 1522, e lasciò molte opere. […] ), nato in Aveiro nel Portogallo il quale fu discepolo del Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e dopo lesse ancora egli in Salamanca per lo spazio di 20 anni in compagnia del Nebrissense; e passato in Portogallo fu maestro de’ due principi, e morì decrepito in casa sua nel 1530 con lasciar varie opere. […] Forse l’istesse antiche rappresentazioni mute delle più solenni feste della religione, come quella del Corpus Domini, hanno potuto risvegliarne l’idea; perocché fino a cinque anni addietro nelle Spagne, in Madrid, sono intervenuti nelle pubbliche processioni del Corpus Domini non solo suonatori mascherati e danzantes che ancor vi si veggono, ma la tarasca, simbolo della gentilità o dell’eresia, e los gigantones, figure che alludevano alle quattro parti del Mondo, per le quali sì gran mistero si trova propagato.
Come mai l’Andreini che nelle Bravure del Capitano Spavento enumera tutti i componenti quella gran Compagnia, non fa cenno di lui ? […] A. resti servita di conoscere ch' egli serve volontieris.° a gran Principi suoi pari senz' altro interesse che di buon ser. […] A. che di questo negozio non se ne tratti, perchè non è proporzionato alla sua Grandezza, che quattro commedianti si allontanino dal suo gusto, et che lasciando in parte il dovuto rispetto non stiano mai d’accordo in sieme, come al certo non starebbon questi, et tanto meno in Francia nel Teatro di sì gran Corte ; e V. […] La Compagnia de Confidenti invero (se ben cotesti et altri la disprezzano) ha gran fama, et per tutto hoggi è stimata più d’ogni altra, onde il romperla sarebbe proprio (come si suol dire) quasi peccato, e tanto più senza cavarne il profitto che forse si spera. […] S. che saprà con la conveniente circuspezione et riverenza ritenere alquanto con dolcezza, certi impeti vivaci, soliti a regnare nelle menti de gran Principi, che dai buoni ser.
Contuttociò Lope de Vega morto nel 1635, per aver egli calpestata ogni regola mostrava di temer la censura non meno dell’Italia che della Francia, la quale nel di lui fiorire aveva un teatro tanto sregolato quanto l’Alemanno ed il Cinese, e di gran lunga inferiore a quel di Lope per invenzione e per ingegno eper vivacità. […] Intanto uno scrittore di quelle contrade che volle anni sono filosofare a suo modo sulle nazioni, supponendo il teatro moderno, specialmente quello del suo paese, superiore all’antico, ne attribuisce l’effetto alla libertà delle donne, e da questa fa discendere la gran varietà de’ caratteri.
Quindi gran confusione ; quindi lo scoraggiamento del Cotta, la sua sconfitta, il suo abbandono del teatro per sempre. […] Io, che fra l’ombre osai trarle alla luce, gran Ferdinando, le consacro a voi, e in voi più bello il fasto lor riluce.
Il Marliani, non so, se stanco di quel pericoloso mestiere, o eccitato dal genio comico, avea gran voglia di recitare delle Commedie. […] I successi della Marliani, Corallina, specialmente nella Serva amorosa, furono un gran pruno nell’ occhio della direttrice, per la quale, a guarirla radicalmente, dovè il Goldoni scrivere La moglie saggia.
Simone, fu per comune consentimento la maggiore della gran triade che regnò sulle nostre scene dal '60 all’ '80 incirca, per la spontaneità e il sentimento prodigiosi. […] Fu poi gran tempo con Alamanno Morelli, del quale diventò socia, poi si diede al capocomicato con varia fortuna, percorrendo le grandi città di Europa e di America ; poi…. per una malattia cancerosa al petto, che la rose lentamente, dovette, in mezzo agli spasimi, soccombere a Torino il 24 gennajo del 1892.
Lorenzo di Toscana….. avverte giustamente il Quadrio nella Storia e Ragione d’ogni Poesia, tomo IV, pag. 728, che come il Bocchini nel dir villanìe superò di gran lunga il Tassoni, così nel fatto di Poesia gli restò di gran lunga addietro fino a perderlo di veduta. […] La Zia Mona mia mare, scarsella mai me diede, Zan Pitocca Batocchio, qual fu el pare, d’un strazzo de Tabar me lassò erede ; ma la mia trista sorte causò dopo la morte gran nascita de debiti, e malanni, si ch’el morir me ravvivò i affanni. […] Stupin Candelotto De Stupin Candelotto zonto adesso è a l’orecchio, el gran valor de quel Muzzina dotto, in zovanil età Zanno sì vecchio, a te digo, Signore, ch’el merita ogni onore, per esser fio de la Zia Mona solo, ch’un tempo fu sì grata al nostro stuolo. […] Ol mazzur fe Zan Poina E puo l’oter fe Sturiù E dol terz naq la Pedrina E dell’ultim Zan Tripu Zan Tripu fe un gran poltrun Che si chiamaua Zan Pedral Che mori di carneual Che’l mangiaua una poina. […] Fu col Bazzi, col Vestri e col Fabbrichesi al fianco del gran De Marini.
xvi, sostenne con gran plauso le parti d’Innamorato sotto il nome di Leandro.
Battista Zoppetti, il '61 in Compagnia Lombarda diretta da Alamanno Morelli, col quale stette poi gran tempo.
Passiamo alle commedie postume del nostro gran tragico di Asti. […] È prosa, dice l’invidia sotto la maschera di gran poeta ; ma il più meschino nomo che professa lettere, non cercherà gran poesia nel teatro, dove non si richiede, a meno che comprenda poco la differenza de’ generi. […] Servesi Metastasio di un gran numero di sentenze di Seneca, ma con tale arte che le spoglia di ogni affettazione nativa. […] Erasi giunto al segno di dover sacrificare gran parte della poesia e della verità al furore de’ gran pantomimi, mercè de’ quali ormai s’ignora, se il melodramma sia parte accessoria o principale dello spettacolo. […] Ma come venirne a capo, se vogliasi mentovare almeno una gran parte de’ figli di Partenope ?
Feci per l’ appunto come colui che per un poco ripara a una gran corrente d’ acqua, che da un poco rompendo ogni riparo più impetuosa che mai l’ acqua scorre et innonda. […] S. e conforme l’uso natio dell’heroica bontà di così gran Principessa fu sempre come figlia sacramentale dall’ A. […] ma Caterina d’essere posta nella Scuola di quelle figlie che protette erano da così gran Protettrice. […] Hora dovendosi (per esser grandicella) o maritare o monacare detta sua figlia in Cristo, supplica divotissima Lidia madre vedova e carica di sette figliuoli ad ajutarla in caso di tanto bisogno, onde per gran necessità ella non s’induca a farla divenir commediante, essercitio tanto pericoloso per donna. […] Dunque l’Andreini ne era da gran tempo l’amante, vivente e (per forza, si capisce) assenziente la moglie Virginia.
Sì gran parte di un Volume di un Letterato di tal polso impiegata contro di me meritava che si disprezzasse come indegna di risposta? […] Lampillas della magnifica razza di certuni, che danno alle loro frivole questioncelle l’aria speciosa di serietà, e d’importanza sotto il gran nome di Patria). […] Una volta misteriosa si rinchiuse co’ Sacerdoti dell’Egitto: vaga di sapere, e di vedere navigò talora co’Fenici: errò fin anco per le nevose rupi del Caucaso: passeggiò gran tempo sotto i Portici di Atene: svolazzò su i cimieri degli Scipioni, e de’ Cesari: non si atterrì al feroce aspetto de’ Goti: oggi si delizia nell’amena Italia, ride sulla dilettosa Senna, milita nella potente Spagna, scherza lungo il Tamigi, volteggia sul Baltico; e chi sa che un dì non s’innamori di un Turbante?
Abbiamo osservato nel teatro italiano l’esattezza, e lo studio che posero tanti letterati per far risorgere la greca poesia drammatica, per gli cui sforzi furono imitati, ed esposti all’ammirazione universale i più gran tratti maestrevoli dell’antichità. […] Egli seppe valersi, non si sa per qual modo, d’un gran numero d’argomenti tratti dagli autori greci e latini, ch’egli non potea leggere, non essendosi allora tradotti ancora nell’idioma tedesco. […] Una commedia intitolata Gesù Vero Messia: un’altra che s’intitola il Novello Asino Tedesco di Balaam: un Postiglione Calvinista: un Cavalier Cristiano d’Eisleben, graziosa commedia spirituale in cui si trova l’istoria di Lutero, e de i di lui più gran nemici il Papa e Calvino.
Dice che si è piegata a compiacerlo, è ad ammetterlo furtivamente nella sua stanza per ambizione di vedersi moglie di sì gran guerriere. […] Nell’atto II Pirindra alla sua volta viene a far sapere al pubblico, parlando a Gelasga altra damigella, la gran voglia che avea di maritarsi. […] Il Pindaro di Savona Gabriele Chiabrera pubblicò in Genova la sua tragedia l’Erminia nel 1622, nella quale non rimane a veruno de’ precedenti inferiore per regolarità, per economia, per maneggio di affetti, sebbene manifesti di non aver nascendo sortiti talenti per divenire un gran tragico, come nato era per essere un gran poeta lirico. […] Una delle tragedie più interessanti di questo secolo è il Solimano del conte Prospero Bonarelli gentiluomo anconitano, la quale s’impresse nel 1620, e fu dedicata a Cosimo II gran duca di Toscana. […] Perdonisi al Caraccio l’averlo involto in un amore intempestivo in tale argomento; perchè in fine egli seppe con arte conservare gran parte del patetico del fatto lagrimevole, ed avea stil puro e nota sublime.
Entrò per tal cagione in gran lite col fratello del Prelato, il quale volendo alle rimostranze aggiungere il motteggio, tanto inasprì l’animo di lui, che, assalito con la spada alla mano, fu ucciso d’un colpo. […] Passò da Firenze, dopo alcun tempo, a Milano, ove si rinnovaron gli entusiasmi delle altre città, e ove, richiesto dall’Imperatore a Vienna e dal Cardinal Mazarino a Parigi, risolse di accettar l’invito di Questo, conoscendo per fama la grandezza e munificenza di Luigi XIV ; e si recò nella gran capitale, dove ebbe il più gran successo che artista comico potesse mai desiderare, e dove, in breve tempo, diventò più che famigliare della Corte. […] S. di farglo intendere che abia cura de miei interessi mi farà una gran gratia V. […] Ce qui fit dire un jour à un grand Prince qui le voyoit jouer à Rome, Scaramucchia non parla, e dice gran cose : Scaramouche ne parle point, & il dit les plus belles choses du monde. […] ………… Dalle quali parole, unite a quelle del Gherardi, possiam trarre argomento certo che il Fiorilli fosse assai più gran mimo, che grande attore.
Menandro riputavasi di gran lunga a lui superiore, e mal soffrendo di vedersi a Filemone posposto, il punse un dì con questo motto conservatoci da Aulo Gellio: Senza andare in collera, dimmi di grazia, Filemone, quando ti senti proclamar mio vincitore, non arrossisci? […] Un altro de’ più pregevoli frammenti di Menandro parmi quello recato da Plutarco nell’opuscolo de Consolatione ad Apollonium, che noi consultata la traduzione del Silandro così rechiamo in italiano: Se quando al dì la madre tua ti espose Con questa legge tu fra noi venisti, Che a tuo piacer girar dovesse il mondo: Se tal felicità propizio un nume A te promise, a gran ragion ti sdegni: Poichè la fe che ti giurò non serba. […] Per norma ancora della gioventù rapita d’ ordinario dal proprio fuoco prima a scrivere che a pensare, si vuol ripetere quello che di sì gran Comico riferisce il Giraldi nel XII dialogo delle Storie de’ Poeti coll’autorità di Plutarco e di Acrone. […] E sì gran caso faceva di simil pratica, che ordita che avea la traccia dell’azione, tutto che non ne avesse composto un solo verso, diceva di aver terminata la commedia.
« Quando — traduco liberamente dalla Escena di Barcellona — un’attrice del merito e della fama di Eleonora Duse si presenta a un gran pubblico nuovo, non gli lascia nemmeno il tempo di osservare gli artisti che la circondano : essa assorbe tutto l’interesse.
) abbiamo che Tomaso Ristori, direttore dei comici italiani a Varsavia, il 1717, rimandati gli attori insufficienti, si recò in Italia per scritturarne altri importanti, fra’ quali Andrea Bertoldi, Pantalone, Marianna Bertoldi, Rosetta, e Natale (Natalino) Bellotti, Arlecchino, i quali rappresentarono gran varietà di Commedie improvvise e Pastorali e Intermezzi.
Per dare un’idea della riuscita di questi spettacoli, basti dire che a Milano, mentre al gran Teatro della Scala fanatizzava il Prometeo ballo, al Teatro Lentasio faceva furore il Prometeo dramma, scritto in pochi giorni in versi, del quale furon fatte trenta rappresentazioni con tale affluenza di pubblico, che molti furon costretti seralmente ad andarsene per mancanza di posti.
Prego Idio che mi sortisca come spero, che in hordine à quello gli ho promesso, ne uedrà effetti douuti al suo gran merito.
Francesco Bartoli che lo vide, quando nel carnovale del 1764 recitava a Bologna con la Compagnia di Onofrio Paganini, ci dà il seguente ritratto dell’ uomo e della maschera : Era egli d’ una statura alquanto piccola, pingue oltre il dovere, con faccia rotonda di sembianze geniali, con un gran ventre, e due gambe grossissime, ma tutte eguali, a cui s’ appiccavano picciolissimi piedi.
Egli assegnò alla moglie con regolare contratto la paga di quattrocento zecchini veneti all’anno, e una mezza serata per ogni piazza, ove le recite non fosser minori di venti ; e stabilì sul contratto ch'ella dovesse fornirgli un panciotto della stoffa di ogni nuovo abito ch'ella facesse, o per la scena o per fuori, o in costume o in borghese ; tal che alla sua morte si trovò una gran quantità di panciotti di ogni specie e di ogni colore, naturalmente, non mai indossati.
Il Richiedei ne'suoi Fiati d’Euterpe (Venezia, Sarzina, 1635) ha in lode di lei, rappresentante Arlanda condotta in trionfo da Papiro, questo SONETTO Spiega sul gran Teatro i suoi martiri questa del mio martir ministra atroce, nè spira accento pur, nè forma voce che amor non formi, e crudeltà non spiri.
Recitava con gran merito sotto la maschera di Pantalone.
Fu poi con Elena Tiozzo, con Trivelli, con Ernesto Rossi, col quale fu in America, e salì in bella rinomanza, che non si attenuò mai per la sua gran dovizia di comicità schietta e spontanea.
La commedia termina con una gran cena. […] Io veggio colà giù la gran bestiaccia. […] Dopo il canto del Coro viene un Messo a riferire le gran fabbriche alzate da soli Uccelli nella nuova città. […] Tutte è ordinato colle formalità giudiziarie di Atene, e si tratta con tutta serietà il gran litigio. […] Platone, Aristotile, Cicerone l’ebbero pel più gran poeta comico dell’antichità.
A Trieste in Compagnia Coltellini tenne fronte mirabilmente alla Rachel, recitando al Filodrammatico la Fedra di Racine, mentre la gran tragica francese la recitava al Comunale. […] Il Guerrazzi e il Niccolini l’ebbero in gran considerazione.
Nell’estate del ’95 la Compagnia era a Trieste, ove recitò per la prima volta e con gran successo L’Avventure notturne del Federici.
In una particina di schiava nera della mia Clodia, si tingeva tutte le sere a buono la faccia, il petto e le braccia, rimanendo gran tempo in teatro a commedia finita per restituirsi al natural candore.
Bellotti-Bon, si diede all’interpretazione del gran repertorio moderno, facendosi ammirar schiettamente in ogni lavoro, non esclusa la Moglie di Claudio ; ma il suo vero periodo di gloria fu di quei sei anni passati nella Compagnia di Alamanno Morelli, a fianco di Luigi Monti, col quale formava la più deliziosa coppia d’innamorati che si potesse mai veder su la scena.
Oreste Calabresi diverrà capocomico solo, e avventurerà al gran pubblico una giovine promessa : Elisa Severi ; la Gramatica diverrà capocomica sola, e scritturerà primo attore e direttore Flavio Andò ; Virgilio Talli farà una compagnia col proposito fermo di toglier di mezzo tutte quelle piccole convenzioni di palcoscenico, che tendono ad infrenare il libero corso dell’arte, e principale quella dei ruoli.
Il vivace e pittoresco Signor Abate Bettinelli gran difensore del poeta ferrarese13 dimanda perché invece del «Chiama gli abitator dell’ombre eterne» del Tasso non recansi in mezzo a provare la robusta asprezza della lingua italiana tante altre stanze dell’Ariosto ricche d’evidenza e di suono al paro di quella. […] L’illustre Geometra ha dovuto poco dopo convenir egli stesso, poiché tra i mezzi, che da gran maestro addita per migliorar il recitativo francese, il principale, sù cui si ferma, è quello d’italianizzarlo l’italianiser, avvicinandola alla declamazione17. […] Cotal lingua confusa poi colla latina, e notabilmente alterata in seguito da gotiche, e longobardiche mischianze ha conservato nondimeno nella volgare favella l’originaria dolcezza di suono in gran parte orientale, onde molti di essi popoli traevano principio, per quella ragione avverata in tutti i secoli e da tutte le genti, che l’accento naturale è più durevole delle leggi e dei governi. […] Avvegnaché il linguaggio delle passioni sia, generalmente parlando, lo stesso in tutti gli uomini, e che la natura si spieghi con certi segni comuni ad ogni nazione, egli è nondimeno certissimo, che la differenza de’ climi e de’ temperamenti, il maggior o minor grado di sensibilità e d’immaginazione siccome contribuiscono assaissimo alla formazion delle lingue, così ancora mettono gran divario nella maniera di esprimer gli affetti non meno tra popolo e popolo che tra individuo ed individuo. […] Allora il sembiante dell’italiano prende anima e vita: gli occhi, le mani, il portamento, tutto diviene eloquente: il suo linguaggio sentesi pieno d’interiezioni, d’esclamazioni, di suoni spiccati e sensibili: l’idioma degli accenti rinvigorisce quello delle parole, ed ecco il gran fonte onde scaturisce il modello, che il musico dee per ogni verso cercar d’imitare, e al quale la melodia è debitrice della sua possanza.
Forse in tal tragedia non sembrerà abbastanza verisimile che Gelendro nel giorno stesso che fa sì gran danno alla famiglia di Alcippo, Gelendro che nell’insidiare altra volta l’onestà di Damocrita dovè tornare indietro atterrito dalla gagliarda ripulsa che incontrò nel di lei coraggio, sia poi sì credulo che si faccia adescare dall’inverisimile speranza di esser soddisfatto, e poche ore dopo della condanna di Alcippo vada alla di lui casa, dove rimane da Damocrita avvelenato. […] Dice che si è piegata a compiacerlo e ad ammetterlo furtivamente nella sua stanza per ambizione di vedersi moglie di sì gran guerriere. […] Nell’atto II Pirindra alla sua volta viene a far sapere al pubblico, parlando a Gelasga altra damigella, la gran voglia che avea di maritarsi. […] Tiberio Gambaruti d’ Alessandria morto nel 1623 pubblicò la Regina Teano: Filippo Finella filosofo Napoletano pubblicò nel 1617 la Cesonia e nel 1627 la Giudea distrutta da Vespasiano e Tito: Ettore Pignatelli cavaliere Napoletano compose co’ materiali del greco romanzo di Eliodoro di Cariclea e Teagene la sua tragedia la Carichia che uscì alla luce delle stampe in Napoli nel 162759: il Luzzago pubblicò l’Edelfa nel 1627: il Pistojese Francesco Bracciolini la Pentesilea, l’Evandro, l’Arpalice: il Bolognese Batista Manzini la Flerida gelosa mentovata dal Ghilini: Melchiorre Zoppio anche Bolognese fondatore dell’Accademia de’ Gelati morto nel 1634, il quale mostrò troppo amore per le arguzie, ne compose cinque, Medea, Admeto, i Perigli della Regina Creusa, il Re Meandro, e Giuliano; ma il suo Diogene accusato che il Ghilini credè tragedia, è una commedia in versi di cinque, di sette e di nove sillabe, e s’impresse nel 1598: ed il Pindaro di Savona Gabriele Chiabrera pubblicò in Genova la sua tragedia Erminia nel 1622, nella quale non rimane a veruno de’ precedenti inferiore per regolarità, per economia, per maneggio d’affetti, sebbene manifesti di non aver nascendo sortiti talenti per esser un gran tragico, come era nato per essere un gran lirico. […] Perdonisi al Caraccio l’averlo involto in un amore, perchè al fine egli seppe con arte conservare all’argomento gran parte del suo patetico, ed avea stile e nota sublime; ma non si conceda che a’ pessimi verseggiatori nemici delle muse e delle grazie l’avvilire con un amor comico il più tragico interessante argomento della storia Napoletana.
Un altro buon effetto seguirebbe da simile usanza: che non ci saria allora tanta la gran varietà e disproporzione tra l’andamento del recitativo e l’andamento delle arie, e verrebbe a risultarne un maggior accordo tra le differenti parti dell’opera. […] Erano essi nondimeno dispensati con sobrietà, aperti, chiari, di gran tocco, dirò cosi, non leccati e minuti. […] Tanto più che ne sono bene spesso cosi affollate le nostre orchestre, che avviene in esse come in un naviglio, che la gran moltitudine delle mani, in luogo che giovi al governo di quello, gli è al contrario d’impedimento. […] Ma se tali schermaglie hanno potere di prendere gran parte della udienza, riescono pure alla più sana parte di essa rincrescevoli. […] A niuno può esser nascosto come nel campo singolarmente della musica durava tra le due nazioni viva da gran tempo ed accesa la guerra.
La storia dunque ci dimostra, che siccome Guillèn de Castro servì di scorta al gran Cornelio nella tragica carriera, così nella comica il gran Moliere ebbe per guida gl’ Italiani; benchè senza tradire l’interesse di queste favole straniere seppe dar loro maestrevolmente un colorito nazionale. […] Riconobbero i Francesi nella di lui Commedia senza commedia recitata nel 1655 gran fertilità d’ingegno. […] La Mère coquette rappresentata con gran concorso nel 1664 è la migliore delle sue commedie, ma troppo lontana dal mettersi in confronto di quelle di Moliere. […] Il suo Giocatore si avvicina molto al gusto di quel gran comico.
E per noi, e per gli ascoltatori di tutto il mondo, fu gran ventura ch'egli tanto si staccasse nel sistema e nell’indole dal suo gloriosissimo collega, da formare un tutto a sè. […] Ammalatosi il Pieri nel '53, egli dovette sostituirlo per tre mesi, recitando tragedie, drammi, commedie, e farse al fianco della Cutini, acquistando nella gran varietà de' personaggi, quella elasticità di dizione e d’interpretazione che doveva condurlo a gran passi alla celebrità. […] Allora, al Comunale di Ravenna (primavera del '64), recitava Le gelosie di Lindoro ; e mi par di vederlo ancora lasciarsi mettere un gran mantellone dalla moglie, prima di partire, e minacciarla dietro le spalle col pugno serrato, mentre in faccia si sforzava di sorriderle.
Non era gran cosa.
Aveva per sua virtuosa consorte una Donna, detta Isabella tra le comiche, la quale fece vita santa per due anni avanti la morte, senza mai voler comparire nella scena al Recitamento ; e se ne morì con molti segni di gran bontà, esortando il marito a ritirarsi affatto dall’arte e dall’esercizio de’teatrali trattenimenti.
Ai pregi dell’attore vanno congiunti quelli dell’autore ; chè il Giraud ha dato al teatro milanese gran numero di lavori vuoi originali, vuoi tradotti, o ridotti, o rinnovati.
Chi mai ha potuto come lui dar vita alla parte di Ludretto nel Ludro e la sua gran giornata di F.
Scorse tutta l’Italia e gran parte della Francia, e ne'più famosi teatri fece chiarissime prove del suo valore.
Passò il 1815 col Granara prima attrice assoluta, poi con Giacomo Modena, poi con Francesco Lombardi, e finalmente si mise col marito alla testa di una buona Compagnia che durò molti anni con gran favore.
L’imperadore forma col l’aratro un solco, ed è imitato da’ regoli e mandarini, indi monta in sedia per ritornare al real palazzo, ed allora incomincia la gran musica, la quale poi cessa nè si ripiglia se non giunto che egli sia presso a un grande altare nel l’interiore della reggia, e di bel nuovo assiso che sia nella sala del trono. […] Torna indietro, noi partiamo» E qui Sacontala prorompe in un gran pianto. […] Conchiudendo questo capo non vo’ tralasciare di riferire che gli Orientali hanno da gran tempo coltivati i balli pantomimici.
Continuarono a rappresentarsi per tutto il secolo XVI in Alemagna i Giuochi del Carnevale11, non ostante che altre farse vi comparissero in gran numero co’ titoli di giuochi piacevoli, giuochi buffoneschi, commedie, tragedie, comicotragedie. […] Lo spirito di controversia che animava il Luteranismo, trasportò sulle scene le dispute teologiche, onde nacquero diversi drammi, il Postiglione Calvinista, il Novello asino Tedesco di Balaam, la Commedia di Gesù vero Messia, il Cavalier Cristiano di Eishenben, in cui trovasi la storia di Lutero e dei di lui gran nemici il Papa e Calvino.
Cajetani et Angelo Bentivolio Cajetani, ambo venetis, ad premissa vocatis et rogatis ; eademque die in hac parochiaii ecclesia nuptialem benedictionem susceperunt. » Nel 1771 passò nella Compagnia di Antonio Sacco, quanto per sua moglie favorevole — egli dice con rara ingenuità — altrettanto per lui dannosa ; poichè essendo o mal visto, o mal noto, o mal gradito fu la sua abilità trascurata, ebbe a soffrire dei travagliosi disgusti, e perdendo la quiete, perse nel tempo istesso, pur troppo, gran parte della salute ancora. […] Spronato poi dal desiderio di realizzare un suo disegno, già gran tempo ventilato, si diede con alacrità al lavoro ; e in meno di cinque anni riuscì a pubblicare un’opera nella quale era come un catalogo illustrato delle migliori opere di pittura che sono a dovizia sparse per l’Italia.
Nel 1800 s’era già acquistata gran fama come capocomico, e nel 1806 fu chiamato a Milano per formare la Compagnia Reale Italiana al servizio del vicerè Eugenio Di Beauharnais, che dovea recitare al Teatro della Scala, o, quando vi si rappresentavan opere in musica e balli, a quello della Cannobbiana. […] Il Fabbrichesi fu il primo a stabilire che i comici pensasser da sè a tutte le spese di vestiario (prima d’allora non dovevan provvedersi per gli abiti in costume che del così detto basso vestiario, cioè scarpe, calze, parrucche, spade, ecc.) e a quelle di viaggio ; ma tale aggravio fu compensato dalle nuove paghe salite a cifre non più sognate : mentre il gran Zenerini trent’anni addietro, e al tempo della sua maggior gloria, non aveva potuto ottenere che uno zecchino veneto al giorno, il De Marini ne aveva 601 all’anno, il Blanes 600, Pertica 450, e Bettini 400.
Essa non perdeva sillaba della Cazzola, che, per eleganza, naturalezza, profonda intuizione d’arte, si collocò fra la Ristori e la Sadowsky, e in certe parti non trovò chi riuscisse a superarla ; e più tardi, a Firenze, quando la Cazzola ammalò, Tommaso Salvini ricorse alla signora Virginia ; e la signora Virginia, improvvisando sera per sera un’interpretazione, cominciò a spiccare il gran salto, sempre sotto gli auspici del gran colosso Salvini, artista completo, dividendo il regno dell’arte con la Tessero e la Pezzana, e tutte tre facendo credere con i grandi successi fatti ottenere alle commedie di Gherardi Del Testa e di Achille Torelli, ai proverbi del Suner, ai drammi del Costetti, ai lavori mastodontici dell’ultima maniera di Paolo Ferrari, al medio evo di Giacosa, alla romanità di Pietro Cossa, alle galanterie di De Renzis, di Martini, di Castelnuovo, e tutto il resto di Cuciniello, di Muratori, di Montecorboli, di Castelvecchio, di Sabbatini e di tanti altri, facendo credere all’esistenza d’un moderno teatro italiano.
Nessuno potrà contrastare al nostro Morrocchesi esser egli stato il primo fra' comici a penetrare ben addentro ne' reconditi pensieri di quel gran tragico, a colpirne i caratteri, a regolare la declamazione de' suoi versi meno pomposi, che ricchi di pensieri, ed indigesti alla più gran parte de' comici d’allora.
Cervantes le tenne per buone, e noi dovremmo convenir con lui, a giudicarne da quanto con gran senno ragionò sulle commedie della propria nazione. […] Con tutto ciò il Nasarre volle a gran torto avvilire il merito di Lope. […] Nè ciò si dice perchè importi gran fatto l’esser primo, essendo i saggi ben persuasi che vale più di esser ultimo come Euripide o Racine o Metastasio che anteriore come Senocle o Hardy o Hann Sachs. […] Questo secolo XVI vide tre letterati di gran nome sottoposti alla miseria, il Cervantes in Castiglia, il Camoens in Portogallo, e Torquato Tasso in Italia. […] Huerta uscì fuori colla grand’opera del suo Prologo compreso in dieci foglietti di picciolo ottavo in gran carattere silvio nel 1784.
Ne’ tempi mezzani nè anche in Europa si ammisero nelle gran feste musicali, ne’ tornei, ne’ caroselli. […] I di lui melodrammi ebbero gran voga allora, ed oggi appena si sa che si rappresentarono. […] E’ troppo noto che egli come attore soltanto controbilanciava il gran Moliere che come attore ed autore quivi spiegava gl’ inimitabili suoi talenti. […] La platea larga 48 ha una scalinata di quattordici scaglioni e un gran palco ducale nel mezzo. […] I palchetti del teatro nominato di Venezia non bastando al gran concorso che cresceva, ebbero indi un aumento di tre per ciascun ordine su i lati del proscenio.
[2.12ED] L’unità del tempo, che io così chiamo in grazia del rinomato Pietro Cornelio, non è per me stata rigorosamente ristretta nel solo spazio d’un giorno, e ciò non ho fatto perché, se bene io crederei di maggiormente dilettar gli ascoltanti col rappresentar loro cose che in un breve giro di Sole rare volte si è udito avvenire, come mutazioni grandissime di fortuna e riconoscimenti di personaggi che sotto altro nome ed in abiti diversi viveano nascosti, nondimeno, perché il mirabile facilmente si scosta dal verisimile, che, a mio credere, è l’anima di tutti gli avvenimenti, non ho avuto gran scrupolo nel dilatar questo tempo in tal modo che non si abbandoni il mirabile, come per avventura fan gli Spagnuoli, non essendo meraviglioso che gran cose in lungo tempo succedano; né si esca del verisimile, non essendo verisimile che gran cose in breve tempo succedano, e però leggerai scritto nel mio frammento della Poetica al cap. […] Io paragono l’ira a colui che, non avendo fortune corrispondenti alla chiarezza del sangue illustre, va così altiero del suo nascimento che non manca perciò di rispetto verso di chi lo lascia impunemente gir vano di sua nobiltà; ma paragono l’amore de’ vostri tragici a quel plebeo follemente arricchito che, nato dalla feccia del volgo, con tutte le distinzioni ed i titoli che a lui dona o gran fortuna o gran principe, non può però scordarsi della nativa bassezza, e, perché pure vorrebbe sopprimere il rimorso di sua viltà, se gli altrui eccessivi e generosi favori gli dan baldanza e gli accrescano lena, si fa così temerario che non solo sprezza e soverchia i suoi pari, ma perde ancora il rispetto a’ maggiori. […] In questo difetto cadono gran parte de’ tragici vostri, perché in quegli argomenti ne’ quali l’amore ha luogo naturalmente, troppo lo esaltano, ed in quelli dove naturalmente non lo ha, ve lo vogliono in ogni maniera ficcare e ve lo ficcano e lo dilatano in guisa che distruggono il grande ed il generoso de’ loro caratteri. […] [6.14ED] Giunta però l’ora destinatami da Aristotile per l’ultima nostra sessione, sparii soletto da quella gran galleria e scendendo giù dalle scale mi vennero incontro le Tuillerie. [6.15ED] Mi fu detto che in questo luogo altre volte si fabbricavan le tegole per le case e ritener quindi ancora l’antico nome, benché ridotto all’odierna magnificenza e delizia. [6.16ED] Traversato però il gran giardino, tutto intorniato di fioritura non pellegrina, ma vaga che in sé rinserra verdi ricami d’erba e di busso sovra il battuto e secco terreno, mi abbandonai al gran viale di mezzo fra gli altissimi alberi che quinci e quindi grandeggiano in replicate file e ripartiti in diverse belle ordinanze, alla folta ombra de’ quali chi si asside, chi passeggia, uomini e donne che se non son tutti di egual nobiltà, son però tutti nobilmente abbigliati, in guisa che mi parea di veder un gran popolo di cavalieri e di dame con inaspettata serietà divertirsi e vagare in sommessi ragionamenti che somigliavano ad un discreto sussurro di vento che soavemente respiri fra le commosse verdure. […] — [6.61ED] — Io rimango pago — qui ripigliai — delle ragioni e delle testimonianze che tu mi adduci, per condurmi nel sentimento che l’armonia della voce dee in qualche maniera secondare il numero ancora del verso, e che nelle gran passioni sta bene un po’ di gemito e di querela; ma in questi Franzesi osservo piuttosto un poeta il quale recita le sue poesie che un attore il quale esagera le sue passioni, mentre non solamente essi alzano in armonioso tuono le voci ne’ grandi affari, ma ne’ bei passi e nelle enfasi de’ gran sentimenti; di modo ché par che non solo essi vogliano rilevare la verità dell’affetto naturalmente imitato, ma anche l’artificio e l’ingegno del tragico.
Conte di Monte Vicentino, stampata nella stessa città nel 1565; ed in esso si dipinsero dodici gran quadri del celebre pittore dì quel secolo Federico Zuccaroa.
Nato a Roma nel ’48 da modesto impiegato, lasciò a’ quindici anni la scuola (distruggendo i sogni del padre che volea fare di lui un gran dignitario della chiesa), per chiedere asilo al palcoscenico del Valletto, ove faceva gli annunzi e le comparse.
E a proposito dell’ arte sua, lo stesso Bartoli aggiunge : Il Fiorilli è sulla scena un gran Comico, e per tale fu adottato da tutta l’Italia.
Fu con le migliori Compagnie d’Italia scritturato, poi socio del Dorati e del vecchio Pieri, poi di nuovo scritturato con Francesco Taddei, e di nuovo socio (1829) con Gaetano e Antonio Colomberti, artista anche allora di gran pregio, sebben già in età avanzata.
Non poche cose di questo gran tragico verrebbero acremente censurate da un M. de la Lindelle; ma un tranquillo e ingenuo osservatore si spazia con più piacere nelle bellezze, difficili da percepirsi da chi non ha l’occhio fino, che ne’ difetti, messe riserbata alla critica comunale. […] Non per tanto, qualora venisse adoperata con profitto, ella ci sembrerebbe degna di discolpa avendo riguardo ai pregiudizi volgari ricevuti da tante nazioni; ma l’ombra di Nino cede di gran lunga all’ombra di Dario di Eschilo. […] No (risponderanno costoro, se faran di quelli che a un cuor sensibile congiungono una mente che ben concepisce); perché il patetico é sì bene una delle parti importantissime della tragedia, ma non é tutto; e voi che ricusate il rimanente del gran peso che porta seco la grande, la reale, la vera tragedia, confessate la vostra insufficienza per un poema che per gravità sovrasta ad ogni altro, e che da Platone fu riconosciuto per più faticoso dell’istessa epopea. […] Né ciò ballando, come se avessero sotto gli antichi nomi commesso gran forfatti, per non essere ravvisate si annunziano sotto nomi novelli, facendo un uso totalmente improprio e speciale de i generici titoli di dramma e di rappresentazione. […] La scena III dell’atto II é piena di dipinture naturali del gran mondo di Parigi; e bene artificiosa é la VII dell’abboccamento di Valerio con Cleone.
L’agnizione di un figlio di Manasse salvato dal sommo sacerdote, forma gran parte del bello di questa tragedia. […] Si ode un gran romore, si distinguono gemiti e lamenti, Penelope teme pel figlio. Intende poi che si è accesa una gran mischia tra’ proci, Telemaco e lo straniere. […] Supera di gran lunga quell’altra attribuita a Seneca, e vi si vede con forza e giustezza espresso il carattere di quest’imperatrice. […] Questa tragedia ha avuti di gran lodatori, e di censori non pochi.
E non era al tempo stesso l’amore de’ Lelii, de’ Furii, degli Scipioni, uomini dottissimi, e insieme gran Cittadini di una Repubblica donna del Mondo? […] Io vi suppongo un uomo assai dotto ne’ gravi studj, di gran talento, degno di sommo rispetto: ma (perdonatemi) l’amena Letteratura non parmi che sia stata da voi coltivata per tempo, e con pazienza. […] Roma oggi Metropoli del Cristianesimo ha lo spirito che avea essendo dominatrice di gran parte della Terra conosciuta. […] Dice appresso il Signor Eximeno, che in Italia si rappresenta con gran concorso il Convitato di Pietra, Commedia Spagnuola piena di machine, e di Diavoli, la quale non si rappresenta più ne’ Teatri di Spagna. […] Esse esprimevansi da Racine con naturalezza, grazia, e maestria, e trovandone i semi ne’ cuori degli spettatori (fossero poi, o non fossero Platonici, che ciò nulla monta), facevano accogliere le sue Tragedie con plauso indicibile, e venivano sostenute da un partito potentissimo a fronte di quelle del gran Corneille.
Il Sacco si recò a Venezia con tutta la famiglia l’autunno del 1738, un anno dopo la morte dell’ultimo Medici ; e, salito poi in gran rinomanza, partì per la Russia l’estate del 1742, nonostante i suoi impegni con S. […] … Il successo della novità fu enorme, e n’ebbe il Sacco gran vantaggio con danno degli altri teatri, sì che il Gozzi continuò nell’impresa felicemente. […] III, delle Memorie sentenzia : « Il nostro secolo ha prodotto tre gran comici quasi nel tempo istesso. […] Bartoli che fu nella sua Compagnia sei anni, senza buona fortuna, tesse di lui le più ampie lodi ; lo dice istruito, specialmente intorno alla Storia Universale, direttore egregio per le opere serie come le comiche, gran comico, ritrovatore di molte scene, di cui lardellava i vecchi soggetti dell’arte, che ne venivan così risanguati, autore di scenarj, fra cui del fortunatissimo Truffaldino molinaro innocente.
Qual, condutta a la presenzia de li convivanti, recitoe alcuni versi latini, con bona audagia, gran modestia et ottima pronunzia, subjungendo, poi, alcune rime vulgare, tutte in laude etc. etc.
Fatta poi società con Achille Dondini, all’intento più specialmente di dar libero sfogo alla sua viva passione dell’arte, si buttò a capo fitto nel gran repertorio, facendo una sua particolar fatica dell’Amleto.
Troppo sarebbe il voler ricordare tutti i lavori così comici e drammatici come tragici, ne’quali fu proclamato eccellente ; ma basti il dire che mentre atterriva e paralizzava quasi il pubblico rappresentando il Maometto di Voltaire, lo sollevava poi all’entusiasmo, la sera dopo, nel Tutore e la Pupilla di Kotzebue : e solevasi affermare più tardi, non solo dagli spettatori, ma da’comici stessi, che ove egli non fosse stato così presto rapito alla scena, il gran De Marini non avrebbe avuto il primato dell’arte.
Se aveva da ridere, lo faceva di gran cuore, e la sua risata argentina si comunicava subito negli spettatori ; se aveva da piangere, senza punto preoccuparsi, piangeva liberamente, apertamente, sinceramente, sul serio, e a quelle di lei mescolava il pubblico le sue lagrime ch’era un gusto a vederle.
Il gran repertorio delle prime attrici, a scapito della dignità artistica, non la tentò mai : piuttosto che esser prima in compagnie secondarie, amò di essere seconda in primarie.
1ª sera Quando io penso al primier tempo passato, qual mi facea stentar più del dovere, dico fra me ; ch’il ciel sia ringraziato che diede alla mia figlia un gran sapere : per opra sua mi trovo in altro stato, ma in oggi così va ; chi vuol potere vestir lindo e mangiare a crepapelle ci vuol per casa almen due reginelle.
E in gran conto dovè il Duca di Modena tenere il Cimadori, dacchè in due lettere del Duca di Mirandola al Principe Cesare D’Este in data dell’ ’81, è descritto il grande affanno patito dal Conte Cornelio Pepoli per la voce sparsasi di aver egli potuto mancare a Sua Altezza col far battere Finocchio comico.
Entrata l’ ’86 in arte come amorosa, fu scritturata l’ ’87 da Enrico Dominici come prima attrice giovine, per passar poi nello stesso ruolo con Giovanni Emanuel, col quale stette il triennio ’88-’89-’90, e al quale, maestro de’più egregi, deve gran parte del suo valore artistico.
Figlio del precedente, fioriva nella prima metà del secolo xvii ; fu artista di gran pregio per le parti di secondo Zanni, che rappresentò sotto il nome di Trappolino, nella Compagnia dei comici Affezionati.
Con Giacinta Pezzana, Cesare Rossi, Bellotti-Bon, Annetta Campi, fu tra'primi ornamenti di quella gran compagnia, che, sbocconcellata di poi, segnò il primo passo della rovina di Bellotti.
Si vuole che per alcune rappresentazioni della sua Compagnia paresse di assistere a un gran ballo di Viganò.
Il quale onorario, considerati i tempi, fa fede, mi pare, del gran conto in che Giuseppe Salvini era tenuto dal sommo artista.
Continuarono a rappresentarsi per tutto il secolo XVI in Alemagna i Giuochi del Carnevalea, non ostante che altre farse vi comparissero in gran numero co’ titoli di Giuochi piacevoli, Giuochi buffoneschi, Commedie, Tragedie, Comitragedie. […] Lo spirito di controversia che animava il Luteranismo, trasportò sulle scene le dispute teologiche, onde nacquero diversi drammi, il Postiglione Calvinista, il Novello asino tedesco di Balaam, la Commedia di Gesù vero Messia, il Cavalier Cristiano di Eishenhen, in cui trovasi la storia di Lutero e dei di lui gran nemici, il Papa, e Calvino.
XV, n. 8) cogli acquisti fatti della dottrina Italiana; e leggendo per un gran pezzo in Salamanca, non ostante l’ opposizione degli Scolastici che di favorir la novità l’accusarono, inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere, onde fu caro al Re Cattolico, che lo volle perciò in Corte per iscrivere la sua storia, e fu dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia Poliglotta, e di poi alla direzione dell’Università di Alcalà di Henares, ove si morì nel 1522, e lasciò molte opere. […] ) nato in Aveiro nel Portogallo, il quale fu discepolo del Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e dopo lesse ancora egli in Salamanca per lo spazio di venti anni in compagnia del Nebrissense, e passato in Portogallo fu Maestro de’ due Principi, e morì decrepito in sua casa nel 1530 con lasciar varie opere.
Ne uscì per formare una gran Compagnia, che durò quattr’anni (1847-’48-’49-’50) con grande fortuna, e della quale ecco l’elenco : ATTRICI Adelaide Ristori Socia dell’ Accademia di S. […] Egli riferisce come all’Arena del Sole il pubblico batteva le mani tanto più forte quanto maggiori erano le smancerie e le turbolenze della voce e del gesto del Domeniconi, attore allora in gran voga.
Della sua prosa s’è dato largo esempio al nome dell’Armani, ove il lettore troverà gran parte dell’orazione funebre in morte di lei. […] vii Vanne picciol mio parto Se ben pochi ornamenti hai dentro, e fuore, In mano a lei, ch'è de l’Italia honore ; Così t’auesse, acciò le fossi grato, Orfeo composto, e Dedalo legato, O almen fosse a l’Autore D'esser il libro suo dal Ciel concesso, Per viuer sempre a sì gran Donna appresso.
Finalmente, dopo cinque anni d’incredibili peripezie, in cui la fame aveva pur sempre la più gran parte, a traverso plaghe inospitali, in barroccio, in carretta, a piedi, or cogli Stenterelli Serrandrei e Miniati, or con Benini e Gelich e De Carbonin e altri, recitando da vecchio e da giovine, da promiscuo e da mamo, e fin sotto le spoglie della maschera Faccanapa, contrapposto vivente e poco fortunato del Faccanapa di legno inventato dal Reccardini, che formava le delizie del popolo triestino, mentr' egli, Zago, era con Gelich, Tollo e Papadopoli al Teatro Mauroner, pur di Trieste, eccotelo – dico – finalmente di sbalzo (agosto '76) a Napoli con 5 lire al giorno, generico della Compagnia Veneziana di Angelo Moro-Lin, salutato da un fragoroso, unanime applauso al suo primo apparir sulla scena, dopo appena tre sere dal suo debutto. Restò con Moro-Lin fino a che (giugno dell’ '83) per la morte della celebrata attrice Marianna Moro-Lin, la Compagnia si sciolse, e ne formò subito una egli stesso in società con Borisi diretta da Giacinto Gallina, e amministrata dal fratello Enrico, della quale eran bell’ornamento, oltre che Zago e Borisi, la Zanon-Paladini, la Fabbri-Gallina, la Foscari ; e la quale esordì con clamoroso successo il 2 settembre a Feltre, e andò trionfalmente fino al febbrajo dell’ '87 ; in cui, nella sera di congedo, dopo gran numero di chiamate alla Compagnia, egli dovette andar solo a ricever le acclamazioni della folla al colmo dell’entusiasmo.
Cimone avendo con grande stento e industria ritrovate nella conquistata Isola di Sciro le ossa di Teseo, e secondo l’avviso dell’Oracolo portatele in Atene, n’ebbero gli Ateniesi una così gran gioja, che a fine di perpetuar la rimembranza di sì fausto avvenimento, istituirono quell’annuo arringo letterario fra gli scrittori tragici, che divenne molto famoso, e che grandemente contribuì all’avanzamento delle composizioni drammatiche per l’ emulazione ch’esso destava, e per gli sommi onori e applausi, che ne riscuoteva il vincitore. […] Ei segnalossi non pure col suo bell’ ingegno nelle Tragedie, ma col suo gran cuore da Capitano in compagnia di Pericle nella guerra, che gli Ateniesi fecero contro quelli di Samo nel terzo o quarto anno dell’olimpiade LXXXIV. […] Quindi avvenne, che que’ due gran luminari della Greca e Latina eloquenza Demostene e Cicerone, col molto esercitarsi nello studio delle tragedie di Euripide, mirabili progressi fecero nell’arte loro.
Il teatro latino perdé questo gran comico nel consolato di L. […] Fiorirono in essa spezialmente Marco Pacuvio, Lucio Accio, o sia Azzio, Caio Tizio, e secondo alcuni, ancora il Seffano Satirico Caio Lucilio, zio materno del gran Pompeo. […] Questa bellezza, questa savia catena di pensieri, quest’origine dell’ultimo gran delitto di Medea, é pur fuggita ad Euripide. […] (gran verità, gran naturalezza, e scena sommamente teatrale!) […] gran velocità!
Comunque sia la storia dimostra che siccome Guillên de Castro servi di scorta al gran Cornelio nella tragica carriera, così nella comica il gran Moliere ebbe per guida gl’Italiani, benchè senza tradirne l’interesse seppe dar loro un colorito nazionale. […] Riconobbero i Francesi nella di lui Commedia senza commedia recitata nel 1655 gran fertilità d’ingegno. […] La Mère coquette rappresentata con gran concorso nel 1664 è la migliore delle sue commedie, ma lontana dal sostenere il confronto di quelle di Moliere. […] Il suo Giocatore si avvicina molto al gusto di quel gran comico.
La prima è che essendo fra noi da gran tempo separate la filosofia, la legislazione, la poesia e la musica, la loro individuale influenza ha dovuto esser minore perché divisa. […] [6] La storia ci porge una opportuna conferma della mia proposizione facendo vedere che la musica greca perdette il gran segreto di muover gli affetti a misura che si venne scostando dalla sua semplicità primitiva. […] Sull’origine del teatro le azioni drammatiche furono talmente considerate dai Greci, che secondo la testimonianza del giudizioso Plutarco gl’inventori delle tragedie si paragonavano coi più gran capitani. […] Dalla perfezione ove fu condotta da loro ciascuna di esse parti separatamente prese, e dall’intima corrispondenza che metter seppero fra tutte come linee dirette ad un solo centro, devono ricavarsi in gran parte i prodigiosi effetti che ci vengono descritti. […] «Se noi mettiamo (egli dice) a confronto i tempi antichi coi no stri, troveremo che anticamente v’era una gran varietà di misure, delle quali se ne faceva un gran uso, perocché nell’età trascorsa la varietà del piede e del tempo era in grandissimo credito.
Essa inventò l’alma Poesia, la più sublime, la più prodigiosa, la più incantatrice delle belle arti che dal gran Padre Omero e da Esiodo si trasmise ai Pindari, agli Alcei, ai Stesicori, ai Callimachi, agli Anacreonti, e che passò nel Lazio ai Maroni, agli Orazii, agli Ovidii, ai Catulli, e quindi nella moderna Italia ai Danti, ai Petrarchi, agli Ariosti, ai Torquati ed ai Monti. […] Chi detto avrebbe che le favole e le grandiose immagini del gran Cieco di Smirne fecondando la greca immaginazione, darebbero nascimento ad una poesia più universale, più artificiosa e più coltivata dovunque fiorisce la coltura? […] Ma non si trovano se non tra’ Greci, Eschili che danno forma, metodo, energia e magniloquenzia alla Tragedia; Sofocli che col proprio nome caratterizzano la gravità e sublimità del coturno; Euripidi che s’internano ne’ cuori, e vi scoprono le ascose molle de’ gran delitti, e vi studiano le sorgenti della compassione e del terrore per purgarlo delle passioni eccessive ed infondervi la virtù e la giustizia. […] Non debbe dunque recarci stupore che la Grecia sì dotta maestra, ed apportatrice di luce, tanta cura riponesse a far fiorire il suo teatro: che i filosofi più celebri si occupassero, o, come Epicarmo, a comporre favole sceniche, o, come Aristotile, a dettarne i precetti: che i grandi allievi de’ Pitagori, come Eschillo, degli Anassagori, come Euripide, de’ Teofrasti, come Menandro, vi contendessero per lo corone drammatiche: che Socrate volesse in pubblico mostrarsi l’amico e l’ammiratore del gran tragico di Salamina: che la Grecia intera si pregiasse d’intervenire solennemente ne’ Certami Olimpici, d’intendere i suoi poeti drammatici, e decidere del loro merito.
Ecco quel che il Riccoboni dice in proposito : La Città di Bologna, in Italia, che è il centro delle scienze e delle belle lettere, e dove sono una così celebre Università e tanti collegi di paesi stranieri, ci ha sempre fornito un gran numero di scienziati, e sopratutto di dottori, che avean le cattedre pubbliche di quella Università. – Essi vestivan la toga e in iscuola e per via ; e saggiamente si pensò di far del dottore bolognese un altro vecchio che potesse figurare al fianco di Pantalone, e i loro due costumi divenner, l’uno accanto all’altro, di una irresistibile comicità. […] Questo personaggio malamente descritto dalla mia penna, vorrebb’esser maneggiato da chi hauesse pensiero di accender un gran doppiere al picciol lume di questa fiaccola da me solo allumata per iscorta, & non permeta, poich’io mi rendo sicuro, che il fine di colui, che vorrà far da Gratiano, sarà di voler far a suo modo. […] , II, 30) : La maschera nera che non copre se non la fronte e il naso del Dottore, le sue guancie d’un rosso esagerato, son la satira personale d’un giureconsulto bolognese del decimosesto secolo, che avea una gran macchia di vino in tutto un lato della faccia. […] Possibil mai che una notizia di sì gran momento non avesse solleticato la curiosità de’ letterati che sino al secolo xvi trovaron le scene del nostro teatro di prosa ravvolte della più fitta tenebra ?
Molto probabilmente l’Aurelia qui lodata, e che destava stupore in Firenze, è quell’Aurelia, ignota sin qui, desiderosa nel 1593 di far parte della Compagnia degli Uniti, come rilevasi da questa lettera di un Giusto Giusti al Duca di Mantova colla data del 27 marzo, e riportata dal D’Ancona (II, 511) : Aurelia comica desidera sommamente di haver luogo et unirsi con la Compagnia di Vittoria (la celebre Piissimi) sperando con la scorta di si gran donna di poter avanzarsi nella professione.
Colà, sovra ogni attor la gran Candace, come più vuol rattrista e rasserena.
Nato a Verona da famiglia agiata, si diede per tempo alla ricerca di varj secreti per la tintura delle stoffe in seta e drapperie in genere : ed essendo pervenuto a felici scoperte, aprì una manifattura colla quale s’acquistò in breve un gran nome.
Intelligentissimo negli affari, non battè però mai la gran cassa del cerretano.
L'aver avuto dinanzi agli occhi, per tutto un anno, esemplare sì egregio, fu gran bene pel Perelli, che potè davvero perfezionarsi nell’arte sua, gloriandosi di potersi dire discepolo del Sacco.
Ed egli cominciò col pagare di tasca, poichè al suo nuovo modo di amministrare e condurre una Compagnia sua, modo, che, se da'più fu giudicato una fisima, gli acquistò e afforzò l’amore delle imprese e degli scritturati, dovette forse in gran parte la sua rovina come capocomico.
L’opera, non iscompagnandosi mai dalla musica, dal canto, dalla danza e da gran decorazione, ha per oggetto il piacere non meno che alla ragione all’orecchio e all’immaginazione. […] Il riflesso sulle caducità umane, che riducono talvolta una gran principessa ad uno stato peggior di quello d una schiava. […] I suoi tocchi sono sempre da gran maestro chiari insieme e profondi, teneri e sublimi. […] Riflettendo, io dico, a tutto ciò, pare che la bilancia del genio dovesse senza contrasto piegare verso il gran cantore di Orlando. […] La scena rappresenta una bipartita che si forma dalle ruine di un antico ippodromo, già ricoperte in gran parte di edera, di spini, e d’altre piante selvagge.
Da sì gran tempo si dipigne, si scolpisce, si canta, si suona, si tesse, si ricama, si edifica da Pekin al Messico, ancorchè i popoli non abbiansi partecipate le loro scoperte. É noto dalla storia che le nazioni in se stesse ristrette esistono e fioriscono, e per molti secoli si guardano dal comunicare insieme, perchè quel timore che raccoglie gli uomini in società regna lungamente, e si conserva presso di esse, e le rende inospitali e inaccessibili, siccome furono per gran tempo gli Ebrei, gli Egizzi, gli Sciti, i Cinesi, i Messicani, i Moscoviti.
Da sì gran tempo si dipigne, si scolpisce, si canta, si suona, si tesse, si ricama, si edifica da Pekin al Messico, ancorchè i popoli non abbiansi partecipate le loro scoperte. È noto dalla storia che le nazioni in se stesse ristrette esistono e fioriscono e per molti secoli si guardano dal comunicare insieme, perchè quel timore che raccoglie gli uomini in società regna lungamente e si conserva presso di esse e le rende inospitali e inaccessibili, siccome furono per gran tempo gli Ebrei, gli Egizj, gli Sciti, i Cinesi, i Messicani, i Moscoviti.
Aveva una figlia di otto o nove anni, e occorrendogli un’ amorosetta, la bimba, che m’aveva preso in gran simpatia, tanto pianse e si disperò, che il Miniati, benchè in trattative con altra famiglia, scritturò me con la paga di tre franchi al giorno e viaggi pagati. […] Così ogni particina piglia nelle sue mani importanza di una gran parte ; e il personaggio è rappresentato con tale verità e con tale spontaneità, che par sempre ch'ella improvvisi.
Questa bellezza, questa giudiziosa catena di pensieri, questa origine dell’ultimo gran delitto di Medea così scortamente disviluppata, è pure sfuggita ad Euripide. […] Tratti grandi ed espressi gravemente, che manifestano la serie de’ pensieri che la conducono al gran misfatto. […] gran naturalezza! gran conoscenza de’ caratteri delle passioni! […] Parlando palesa il figlio, e tacendo, senza salvarlo, soffre che si profanino e dispergano le amate reliquie del gran consorte.
L’autore sostenne per essa una gran contesa con varii letterati; e sebbene egli si fosse gagliardemente difeso, volle riformarla e toglierne fralle altre cose le rime e i versi di cinque sillabe, ed all’ombra da prima introdotta nel prologo sostituire il personaggio di Venere. Vide questo gran letterato che il veleno de’ tragici componimenti de’ suoi contemporanei consisteva nella noja e languidezza dello stile, e pensò rimediarvi ornando ed infiorando la sua Canace con certe studiate espressioni che nuocono alla gravità tragica. […] Che gran male hai tu detto in poche voci! […] Per questa sola tremano i potenti, A questa sola ogni gran re s’inchina. […] Noi esaminammo questa singolare opposizione con gran diletto nel nostro Discorso Storico-Critico intorno al Lampillas nell’articolo V, pubblicato in Napoli nel 1782, col quale rallegrammo i nostri leggitori a sue spese.
Egli stesso vi si avvicina (e ciò dinota di aver egli mutato luogo senza lasciare di esser presente agli spettatori) e vede alzata una gran torre di bronzo opera istantanea di Vulcano, in cui è rinchiusa Danae con la sua Nutrice. […] Con ugual nitore e vaghezza si descrive la trasformazione di quest’oro in un vaghissimo giovanetto che si palesa pel gran Padre degli nomini e degli dei. […] Ma per vedere Aristofane ritratto con tutte le sue grazie comiche senza che si rimanga offeso dall’oscenità tutta sua bisogna consultare l’eleganti traduzioni fatte dal prelato Cosentino delle Nubi e del Pluto, le più felici commedie di quel gran comico.
Padovano, fiorito nella seconda metà del secolo XVI, appartenne in qualità di Magnifico alla gran Compagnia de'comici Gelosi, e proprio quando la lor rinomanza era al colmo. […] Considerè no ghe manca chi crede ch'el non haver robba sia una gran felicità, vordè quel balordo de Crate che buttò via i so bezi, e Antippo che venduo tutta la so facultae la butete in mar per che sti balordi diseva che i ghe impediva i studij e nu altri per hauer occasion de studiar con tanta industria cerchemo de cavar soldi da vu altri ; e molti de vu cognosando che i soldi son de comodo e non descomodo, cosi mal volontiera i ne i da e cosi facilmente i ne stronza la paga. Altri dise che l’esser orbo è un gran contento ; openion de quel filosofastro di Asclepiade, che vegnuo orbo ringraziette el cielo che per l’auegnir el faraue andà accompagnao dove prima l’andava solo, e non havevane abuo tanti impedimenti a i so studij.
Queste brevissime semplici repliche mostrano la inutilità dell’aringa del Lampillas, il quale, sebbene dotato di gran talento, quì più che altrove si palesa non totalmente innoltrato nella Poesia confondendo le specie. […] Ma questo nostro gran Critico che cosa riprova nell’Opera? […] Ma fra’ compositori Musici suoi contemporanei era in voga un genere di Musica artificioso, delicato all’estremo, ma che non bene secondava il calore e le mire del gran Poeta. […] Il gran nome, che questi famosi Cigni acquistarono per l’Europa, l’applauso generale che riscuotevano, arrestò verisimilmente il gran Poeta Cesareo dal tentare maggiori novità; e l’Opera non raccolse l’intero frutto di vedersi per la di lui mano condotta alla Greca verità. […] E se lo spettatore vuol godere delle infinite perfezioni, che rendono questo gran quadro singolare1, fa uopo che in se stesso convenga in discolpare il Pittore di quell’accozzamento di persone non contemporanee di San Geronimo Cardinale, e di Tobia il giovane, e della Vergine.
, il gran Metastasio ha colle sue liriche bellezze contribuito a propagare il medesimo difetto. […] Diffatti pochi sono que’ maestri che sappiano diriggere il movimento di tutta l’orchestra al gran fine della espressione, e cavare da esso solo l’utilità che si potrebbe per rimettere, eccitare, trasfondere e variar le passioni. […] Ma siccome l’utilità d’un ritrovato non dee misurarsi dall’abuso che se ne può fare da chi non sa acconciamente metterlo in opera, così vuolsi rendere la dovuta giustizia a quel gran maestro per aver saputo guidare con un tal mezzo la voce del cantore senza imprigionarla, e aggiugnere a quella parte così disprezzata del melodramma un interesse neppur sospettato dagli altri compositori. […] Considerata dal compositore essa è l’espressione d’una idea o pensier musicale, che si chiama comunemente motivo, nel quale, come su una gran tela, la musica si propone di pennelleggiare un qualche oggetto propostole dal poeta, prendendo dalla melodia il disegno, e il colorito dagli strumenti. […] Ciò però non deroga per niente al mio assunto, giacché di gran parte delle arie dei moderni maestri si può fare la stessa analisi ch’io fo della presente.
[23] Essendo fra noi da gran tempo separate la filosofia, la legislazione, la poesia, e la musica, la loro individuale influenza ha dovuto esser minore perché divisa. […] [35] «Ma perché incolpare la musica, che adesso non operi tanto, se i miracoli gli ha già fatti, cioè, se ha già umanizzata gran parte di mondo.» […] Sentasi il Tartini, che da gran maestro ha prevenuta e disciolta l’obbiezione del giornalista. […] «Essa è l’unica parte della musica che cagioni degli effetti morali nel cuor dell’uomo, i quali oltrepassano la limitata sfera dei sensi, e che trasmette ai suoni quell’energia dominatrice che ne’ componimenti s’ammira de’ gran maestri.» […] Per una Venere medicea, per un Apolline di Belvedere ecc., ecc., quante statue inferiori di gran lunga a queste non abbiamo.
Un gran vaso di birra passava di convitato in convitato, e nel bel mezzo di questa miseria, si mostrava la gioja su tutti i volti ; il che faceva chiedere a me stesso, che cosa fosse davvero la felicità….
» Che il Burchiella fosse valoroso attore sappiamo da Calmo stesso, che di lui faceva sì gran conto, da esclamar nella lettera di chiusa del libro secondo, vòlto alle povere commedie, ridotte a mal partito : « orsù, state di buona voglia ; chè sino al tirar del fiato di Burchiella e a l’aprir delle mie mascelle, vi faremo, per quanto ci sarà possibile, star su l’onor vostro.
E lo stesso giudizio avea dato due anni prima Giulio Piccini (Jarro) ne' suoi primi studj Sul palcoscenico e in platea (Firenze, Paggi, 1893) : al quale anche potè aggiungere parole di gran lode per l’arte di mettere in iscena, e per l’indole dolcissima dell’artista e dell’uomo.
A sciogliere la lite di precedenza fra esse, appariscono Apollo nel suo Parnasso coi Poeti ed Aristotele, il quale le affida a Felsina sovraggiunta sopra un carro trionfale, acciocchè essa decida del merito di ciascuna ; la quale dando termine a questa introduzione, così favella : Pregiate Donne, se alla vostra lite Sorta sol per aver la precedenza Delle vostre virtù rare, infinite, Bramate fine impor con gran prudenza : Meco omai, che son Felsina, venite Che m’offero condurvi alla presenza De'saggi figli miei, da'quali avrete Giudizio, onde contente alfin sarete.
Ed or la stessa sua voce sovrana, all’ orecchio de' fisici eccellenti, Destatelo, suonò con legge arcana d’alti portenti : e ispirati di Cristo alla parola, sommessi a Lui che l’ Universo ha in pugno, obbedian gli educati all’alta scuola del gran Cotugno.
Ma è da credersi che gran parte de'costumi del Sand, e specialmente de'colori di essi, sieno immaginari, non essendo determinati da alcun documento.
[9] Lo squallido aspetto della natura ne’ paesi più vicini al polo per lo più coperti di neve, che ora si solleva in montagne altissime, ora s’apre in abissi profondi; i frequenti impetuosi volcani, che fra perpetui ghiacci veggonsi con mirabil contrasto apparire; foreste immense d’alberi folti e grandissimi credute dagli abitanti antiche egualmente che il mondo; venti fierissimi venuti da mari sempre agghiacciati, i quali, sbuccando dalle lunghe gole delle montagne, e pei gran boschi scorrendo, sembrano cogli orrendi loro muggiti di voler ischiantare i cardini della terra; lunghe e profonde caverne e laghi vastissimi, che tagliano inegualmente la superficie dei campi; i brillanti fenomeni dell’aurora boreale per la maggior obliquità de’ raggi solari frequentissimi in quei climi; notti lunghissime, e quasi perpetue; tutte insomma le circostanze per un non so che di straordinario e di terribile che nell’animo imprimono, e per la maggior ottusità d’ingegno che suppongono negli abitanti a motivo di non potervisi applicare la coltura convenevole, richiamandoli il clima a ripararsi contro ai primi bisogni, doveano necessariamente disporre alla credulità le rozze menti de’ popoli settentrionali. […] Ma siccome troppo è difficile nei popoli rozzi estirpare in picciol tratto di tempo ogni radice d’antica credulità, così gran parte di esse superstizioni divelte dal sistema religioso durò lungamente nelle menti del volgo. […] [17] Benché l’unione della musica e della poesia, considerata in se stessa o com’era nei primi tempi della Grecia, nulla abbia di stravagante, né di contrario, tuttavia considerandola come è nata fra noi dopo la caduta del romano impero, vi si scorge per entro un vizio radicale, di cui gli sforzi de’ più gran musici e poeti non l’hanno potuto intieramente sanare. […] Crebbe all’opposto e salì alla sua perfezione l’arte della prospettiva per l’imitazione degli antichi, per l’ardore acceso negl’Italiani in coltivarla, per le scuole insigni di pittura fondate in parecchie città emule della gloria e degli avanzamenti, pel gran concorso di stranieri, e pel favore de’ principi. […] Volendo Richardson far il vero ritratto degli uomini, quai si trovano frequentemente nell’odierna società, dipinse nell’Amante di Clarice un mostro di perfìdia tanto più pericoloso quanto che si suppone fornito di gran penetrazione di spirito, e d’altre qualità abbaglianti, che fanno quasi obbliare le sue detestabili scelleraggini.
Gli attori che sostengono le parti del re e della regina del dramma, si abbracciano affettuosamente; la regina s’inginocchia con gran rispetto; il re la fa alzare, e piega la testa sul petto della sposa, indi si pone a giacere in un letto di fiori, e si addormenta; la regina si ritira. […] Torna la regina, e trovato morto il marito manifesta un gran dolore; s’uccisore con altri due ritirano il cadavere. […] Sul supposto che verisimilmente egli ricuserebbe d’imprendere un nuovo viaggio, per farlo morire in guisa che la sua morte sembri casuale alla madre stessa, propone che godendo Laerte gran fama di destrezza nel maneggiar la spada, ed essendo Amlet pieno di opinione di se stesso per la perizia della scherma, il re pensa di fargli susurrare all’udito di tal sorte il valore di Laerte, che si darà luogo ad una scommessa, altri tenendo la parte di Laerte, altri del principe. […] Ognuno ne vede altresì la irregolarità, ed il disprezzo delle sagge regole del verisimile, Ma i dotti non meno Inglesi che stranieri convengono tutti del difettoso e del mirabile del dramma, delle bassezze e de’ gran tratti che vi si notano. […] Ma questo gran tragico studiando la natura mancò di giudizio nell’imitare ciò che nelle società si riprenderebbe.
Ma non essendo fornito abbastanza di quel talento, né di quella cognizione della musica antica, che abbisognavasi per così gran novità, e ignorando l’arte d’accomodar la musicabile parole nel recitativo, altro non fece che trasferir alle sue composizioni gli echi, i rovesci, le ripetizioni, i passaggi lunghissimi, e mille altri pesanti artifizi che allora nella musica madrigalesca italiana fiorivano. […] [7] Finché i musici si fermarono in queste prime nozioni l’uso delle consonanze e delle dissonanze fu di gran giovamento alla musica, quelle per la varietà e vaghezza degli accordi che introdussero, queste pel campo che aprirono al talento dei musici onde ritrovar nuove bellezze, e ravvivar in certe occasioni l’espressione con tratti irregolari ed arditi. […] Così si spiega il Peri nella prefazione, e così almeno in gran parte (giacché non è possibile che nel principio della scoperta alla perfezion dell’arte giugnessero) fecero quei valenti compositori. […] Quel dir sì m’ingannò, Che Amor gran tempo odiai, Temendo affanni e guai. […] S’a gli arcabugi, et alle collubrine Set’uso a far gran core, Perché temete poi schermi d’amore?
Si ode un gran romore, si distinguono gemiti e lamenti, Penelope teme pel figlio. Intende poi che si è accesa una gran mischia tra’Proci, Telemaco e lo straniere. […] Questa morte aliena da Arminio gran parte de’ Cherusci. […] Ed allora Egisto perchè non l’ammazza liberandosi da sì gran nemico ? […] Tra tante pruove che dimostrano Euripide gran tragico, ed Aristotile non meno grande osservatore, può noverarsi la bellezza che mai non invecchia del soggetto del Cresfonte ideato ed eseguito dal gran tragico ed esaltato dal gran filosofo come il miglior modello di tragedia.
Lungo tempo in Grecia e in Italia si diedero gli spettacoli scenici in teatri aperti e senza tetto in piazze spaziosissime, dove la voce naturale degli attori dissipata per l’aria aperta male avrebbe soddisfatto al gran concorso senza un mezzo artificiale di communicarla e distenderla. […] Fu perciò necessario che quella grande maschera di tutto il capo che portava la voce in gran distanza, fosse accompagnata dal rimanente del vestito in guisa che ingrossando l’attore e facendone una figura gigantesca lo rendesse visibile agli ultimi spettatori.
I Misteri degli Atti degli Apostoli, e l’Apocalisse di Luigi Chocquet si rappresentavano in Parigi à l’Hôtel de Flandres con gran concorso, e vi furono impressi in tre volumi nel 1541. […] Jodelle pose più azione nella commedia, e dipinse i costumi di quel tempo con gran franchezza.
I misteri degli Atti degli Apostoli, e l’Apocalisse di Luigi Chocquet si rappresentavano in Parigi á l’Hôtel de Flandres con gran concorso, e vi furono impressi in tre volumi nel 1541. […] Jodelle pose più azione nella commedia, e vi dipinse i costumi di quel tempo con gran franchezza.
Altro che cinquanta furono i canovacci Istrionici di quel tempo, in cui gran parte delle Maschere ridicole s’inventarono! […] Nò, egregio Signor Lampillas, lasciate il favellare de’ volgari, riprendete quello de’ Saggi, tra’ quali con gran ragione io vi conto. […] Oh che gran nemico per gli Apologisti è la Storia! […] Io non mi fermerò gran fatto su di ciò. […] Da questi studj nacque in lui l’amore per la Commedia di Carattere, che coltivò poi sempre scrivendo quel gran numero di componimenti Comici, che formano la raccolta del suo Teatro.
Adunque quest’ultima specie di commedia presenta tutti i vantaggi della sensibilità posta in tumulto nelle favole lagrimanti, ma ne sfugge gli eccessi lugubri, l’espressioni da coturno, il tuono di disperazione, i gran pericoli. […] Non sono le lagrime che rendono difettose le favole di Sedaine, Mercier, Falbaire e tanti altri, ma il tuono tragico, i gran delitti, i patiboli. […] L’azione è più semplice di quella della Pamela: ha di più il merito di essere bene scritta in versi: i costumi vi sono toccati con franchezza, le passioni dipinte delicatamente: lo scioglimento avviene senza la gran rivoluzione della condizione della fanciulla; perchè Nanina al più si trova figliuola di un soldato nato in una onesta famiglia, là dove il padre di Pamela nella commedia Italiana si scopre signore Scozzese. […] Degne di essere singolarmente notate mi sembrano le seguenti scene: la terza dell’atto II piena di pitture naturali del gran mondo di Parigi; la settima dell’abboccamento di Valerio con Cleone; la nona dell’atto III che contiene un giuoco di teatro di Cleone il quale sottovoce ora anima Valerio a farsi credere uno stordito, ora fa notare a Geronte le di lui sciocchezze ed impertinenze; mentre che Valerio adopera tutta la sua industria per riescire a screditar se stesso, e Geronte s’ impazienta, freme, si pente e risolve di rompere ogni trattato. […] Ecco come egli ne ragiona con conoscimento nel Dialogo sopra la tragedia antica e moderna nella sessione VI: Osservo ne’ Francesi piuttosto un poeta il quale recita le sue poesie che un attore che esagera le sue passioni, mentre non solamente essi alzano in armonioso tuono le voci ne’ grandi affari, ma ne’ bei passi e nell’enfasi de’ gran sentimenti; di modo che par che non solo essi vogliano rilevare la verità dell’affetto naturalmente imitato, ma anche l’artificio e l’ingegno del tragico.
Ei paragonando insieme le diverse bellezze degli autori, delle nazioni e de’ secoli, si forma in mente una immagine del bello ideale, la quate poi applicata alle diverse produzioni degli ingegni gli serve, come il filo ad Arianna, per inoltrarsi nel sempre oscuro e difficile labirinto del gusto: contempla l’oggetto delle belle arti modificato in mille maniere secondo i climi, le costumanze e i governi, come la materia fisica si combina sotto mille forme diverse: conosce che tutti i gran geni hanno diritto alla stima pubblica, e che un sol genere di bello non dee, e non può donar la esclusiva agli altri. […] Forse questa trascuratezza, e questo abbuiamento tornerà in maggior suo vantaggio, convenendo, secondo l’osservazione del gran Bacone di Verulamio, che non si tosto s’affrettino i filosofi a fissare i confini d’un’arte senza prima vedere le diverse forme, ch’essa può prendere dalle diverse combinazioni de’ tempi e delle circostanze; ma egli è vero altresì, che chiunque ne vorrà giudicare si troverà perplesso fra tante e sì contrarie opinioni, non avendo alla mano principi, onde avvalorar il proprio giudizio, Gl’Italiani, che hanno scritto fin’ora, non sono stati in ciò più felici. […] Nientedimeno senza derogar al merito d’un libro, ch’io credo il migliore di quanti siano usciti fin’ora alla luce massimamente nella parte didascalica, parmi che i pensieri dell’autore intorno alla parte poetica del dramma non abbiano né la giustezza né la profondità che campeggiano in altri luoghi: mi sembra, che abbia poco felicemente indagati i distintivi fra l’opera e la tragedia, e che non venga dato gran luogo alla critica e molto meno alla storia, ond’è che molto ei ci lascia a desiderare si nell’una che nell’altra. […] Se le riflessioni in gran parte nuove che ho procurato spargere su tali materie, come su parecchie altre contenute in questo libro, non bastassero a formar un sistema completo (lo che non è stato mai il mio oggetto) e se i maestri dell’arte non le trovassero degne di loro, potranno, esse almeno divenir opportune ai giovani, pei quali furono scritte principalmente.
Egli1 asserisce soltanto che la moltiplicità degli Atti, il metro dell’Ottava rima, e altri capricci dell’Autore in essa introdotti, non permisero a questa Sofonisba di salire in gran pregio. […] Intanto per non rendersi si va lusingando di poter ajutarsi col Varchi e con Giraldi Cintio, che dissero essere il Trissino stato il primo a scrivere in nostra lingua una Tragedia degna di sì gran nome. […] A queste osservazioni che ci dimostrano, che il Varchi, benchè avesse scritta qualche Commedia, non si curò di applicarsi gran fatto sulla Poesia Drammatica, aggiungasi l’animosità del Varchi contro del Trissino. […] va cercando che altri gli dica che gran piova serbi nel proprio corpo per versar tante lagrime?
E. consideri che abbiamo bisogno di gente che s’affaticha per far guadagnare, ma non di gente che goda della nostra rovina ; ad ogni modo come serrà quadragesima e che non si vedranno dinari, averano gracia di noi e bisognerà che facino a nostro modo ; ma s’inganano di gran lunga poichè non abiamo più che impegnare, e dinari noi non abbiamo, non n’aspetto da nessuna parte e pure sono risolutissima di non essere con loro. […] r Flavio non tenga concerto di questo con mio marito, perchè ne succederà qualche gran rovina ; però torno a suplicare V. […] Sentitene la descrizione del Garzoni, e poi dite se non vi par di assistere alle rappresentazioni di certe Passioni di Cristo in certi paeselli di campagna in giorno di fiera, precedute dalla passeggiata de’ recitatori in costume con gran cassa e tromba, e relativi strilloni invitanti il pubblico idiota alla grande solennità. […] Ma, a dir vero, questo monologo di Arianna mi mette un gran dubbio nel cervello.
Tre fra loro seppero acquistarsi un gran nome anche fra le nazioni oltramarine, e l’oltramontane. […] All’alzarsi la gran tela compariva l’Amore, il quale, levandosi dagli occhi la benda, chiamava la luce invitandola che venisse a diffondersi dappertutto, affinchè dando alle cose co’ suoi colori mille forme diverse, egli ne possa scegliere quella che più a grado le sia. […] Tutte le quali cose avvivate dalla danza e da gran numero di decorazioni sorprendenti rappresentarono uno de’ più ingegnosi divertimenti in quel genere. […] Sopra una gran nube portata dai venti si vide l’Apparenza vestita a colori cangianti, e con piccole striscie d’argento collo strascico a guisa di pavone, e coll’ale. […] Indi facendo aprir la nube su cui era venuto, si vide in lontananza un gran orologio d’arena, onde uscirono la Verità e l’Ore, che fecero varie mutazioni e sortite, dalle quali si formò il gran ballo.
Al contrario gli attori moderni compariscono scoperti quasi tutti, e ce ne applaudiamo a ragione; perchè la più bella parte della rappresentazione, cioè il cambiare il volto a seconda degli affetti, mal potevasi esprimere dagli antichi Roscii, Esopi, Satiri, Neottolemi con que’ duri gran capi di corteccia dipinta, continuo ostacolo all’accompagnar le situazioni co’ successivi cambiamenti di volto.
Al contrario gli attori moderni compariscono scoperti quasi tutti, e ce ne applaudiamo a ragione; perchè la più bella parte della rappresentazione, cioè il cambiare il volto a seconda degli affetti, mal potevasi esprimere dagli antichi Roscii, Esopi, Satiri e Neoptolemi con que’ duri gran capi di corteccia dipinta, continuo ostacolo all’accompagnar le situazioni co’ successivi cangiamenti di volto.
Il che non impedì che al primo rimpasto della Compagnia, ella, con gran piacere del Goldoni, fosse licenziata.
Ecco, a titolo di curiosità, un saggio del suo repertorio : Agnese Fitz Henry Fitz Henry Il sospetto funesto Don Flavio Il gran giudizio di Carlo Magno Carlo Magno Spartaco alle mura di Roma Crasso Polinice Eteocle Rosmunda L’Esarca I due sergenti Incognito Bianca e Fernando Carlo V Eloisa della Vallière Condè Le due regine di Siria Oropaste Quest’ultima rappresentò a Lucca il 26 maggio del’ 27 per sua beneficiata, invitando il pubblico colle parole seguenti : « L attore che osa porgere il presente invito, ha cercato nel tragico grandioso spettacolo, Le due Regine di Siria, e nel giocosissimo comico, Uno vale per dieci, di riunire ciò che può appagare l’occhio, interessare il cuore e rallegrare lo spirito.
Garelli, che per la coppia delle parole concettose ed eleganti, venne a gran ragione denominato : il Pantalone eloquente.
Ebbe allora un’avventura di amore con una gran dama, che colmavalo di favori e doni.
Il povero Edoà…, entrato nel campo dell’arte per un usciolino sgangherato, con un vestito che gli cascava di dosso a brindelli, colla faccia macilenta per fame ; che ad ogni passo verso l’agiatezza e la gloria, uno vedea farne contro di lui dalla maldicenza e dall’invidia, trionfando finalmente di tutto e di tutti, autore ammirato, attore idolatrato, il triste suono del piccone distruttore del San Carlino coprì con quello del martello costruttore di un vasto palazzo al rione Amedeo : al battesimo di gloria del San Carlino è succeduta la conferma non mai alterata sin qui de' Fiorentini di Napoli e del Valle di Roma, ove si reca ogni anno a deliziare della sua inesauribile giocondità il gran pubblico della capitale.
Comico egregio, che recitava nella prima metà del secolo xvii le parti di secondo Zanni sotto il nome di Bertolino, e di cui Niccolò Barbieri, detto Beltrame, nel Capitolo VII della sua Supplica, dice : Il Signor Nicolò Zeccha detto in Comedia Bertolino giouane di gran coraggio, e di qualche eccellenza nel giuocar d’armi, e nel danzare, ha riceuuto honore di seruir molte volte nella Caccia la Sereniss.
Ciò che dico della presente comparazione, dico di tutte le altre lavorate di simil gusto: potranno esse prese separatamente considerarsi come squarci bellissimi di poesia, sulle quali un gran musico potrà addattare una modulazione eccellente, ma sempre mancherà loro la primaria bellezza, che consiste nella fedele espressione della natura, e nella relazione col tutto. […] Il buon gusto e la filosofia debbono tutto sagrificare a questi due fini, e siccome gli uomini radunati in società rinunziarono alla metà de’ suoi diritti per conservar illusa l’altra metà, così il poeta purché conservi ed accresca i dilicati piaceri del cuore, e della immaginazione, purché dia campo alla musica d’ottener compiutamente il suo fine, non dee imbarazzarsi gran fatto dei cicalecci dei critici, che gli si oppongono. […] Essa è la rappresentazione sul teatro di qualche azione diretta al gran fine di giovar dilettando: utile dulci. […] Chi fu più gran poeta di Quinaut? […] Le ragioni che s’arrecano da alcuni, sono di poca o niuna conseguenza, oppure, s’hanno un qualche valore, l’avrebbero nella tragedia egualmente, dove però si vede praticato con evento felice dai più gran poeti l’uso di far morire i personaggi in teatro.
Tratti grandi e gravemente espressi, che manifestano la serie de’ pensieri che la conducono al gran misfatto. […] Con tutto ciò le bellozze dell’Ippolito greco sorpassano di gran lunga quelle dell’Ippolito latino, che per altro per le additate maestrevoli pennellate merita non poca lode, ed ha molto contribuito ad arricchire la Fedra del gran tragico Francese, secondochè il lodato Brumoy con ingenuit à parimente confessaa Si è finora detto e ripetuto sino all’estrema noja: Seneca è gonfio, monotono, affettato; abusa delle sentenze e delle antitesi; declama; il suo stile sente di scuola. […] gran naturalezza! gran conoscenza de’ caratteri delle passioni! […] Parlando palesa il figlio, e tacendo, senza salvarlo, soffre che si profanino e dispergano le amate reliquie del gran consorte.
Adeleita madre di Ezzelino e di Alberico palesa a’ figli di esser essi nati dal demonìo, e nell’accingersi a scoprire questo gran secreto perde i sensi, indi rivenuta racconta l’avventura. […] Andres, che fin dal principio del XIV secolo acquistossi gran fama Algertino Mussato celle sue storie, e colle sue poesie latine.
Adeleita madre di Ezzelino e di Alberico palesa a’ figli di esser essi nati dal demonio, e nell’accingersi a scoprire questo gran secreto perde i sensi, indi rivenuta racconta l’avventura, Qualis (avendole domandato Ezzelino) is adulter, mater? […] Andres, che fin dal principio del XIV secolo acquistossi gran fama Albertino Mussato colle sue storie e colle sue poesie latine.
Il Landini, ultimo degli Stenterelli celebri, raccontava di avere udito (e le parole sue furon riferite nella Nazione del 31 marzo ’91 da Giulio Piccini (Jarro), a cui debbo gran parte di queste notizie, e di cui uscirà presto, editore Bemporad, una particolareggiata e documentata vita del nostro artista) che il nome venisse da un faceto garzone di parrucchiere, o da un gaissimo mendicante, il quale se ne stava sugli scalini d’un portone, chiedendo l’elemosina, e attirando la gente co’suoi lazzi, destando la pietà pel suo vestito, tutto toppe e brandelli, per la sua persona, scarna, allampanata, stentata : da ciò il nome di stento o stenterello, che si dà tuttora a un mingherlino e sparuto. […] E nel chiostro della chiesa di Ognissanti ov’egli è sepolto, si legge su di una parete il seguente epitaffio, fatto da lui stesso incidere in marmo fin dal 1826 : Luigi Del Buono fui – che da vivente destinavo questo marmo – per soprapporsi alla mia fredda salma – presso quest’ara sacra alla gran vergine – in carità prego di recitare – il De Profundis e la seguente giaculatoria – in lode della nostra avvocata – Maria Santissima – che ciò sarà di sollievo all’anima mia – e di merito a quel devoto che la suffragherà.
La Fiorillina, così la chiamarono i comici dalla sua infanzia, cominciò a percorrer la via della gloria a nove anni, in cui diè prova di gran valore artistico sì nelle parti scritte come nelle improvvise. […] Stabilito il Vicerè di formare una gran compagnia drammatica, impose al capocomico Fabbrichesi la prima donna Pellandi, la quale fu scritturata per un triennio collo stipendio, allor favoloso, di lire 11,500.
Io godo della vostra riputazione più che della mia : avete il suffragio dell’Italia, e voi non avete bisogno di me per avere un gran nome nell’arte vostra, pure non ho desiderato essere un buon tragico quanto adesso che conosco andare in voi le doti dell’animo del pari con quelle dell’ingegno. […] Sono stata docile e conveniente, non sono stata attaccata al contratto ed ho fatto le più gran concessioni.
Nel '79, quando alla Comedia Italiana si cominciò a modificare il repertorio, e a rappresentare il più spesso opere francesi, ella diè gran prova di zelo e di intelligenza, recitando egregiamente le parti di servetta nelle commedie di Marivaux. […] Amantissimo di scienze naturali, si diede all’esame del microscopio ; fu gran conoscitore di Storia civile, e si dilettò di poesia, nella quale, specie in quella del dialetto bolognese riuscì con lode.
E tutti poi avrebbero religiosamente taciuto questo gran segreto di stato? […] Di questi medesimi tramezzi crede il Fontanini che si servissero quelli che rappresentarono l’Aminta in Firenze per ordine del gran duca coll’accompagnamento delle macchine e prospective di Bernardo Buontalenti; la qual cosa riuscì con tal magnificenza ed applauso, che spinse il medesimo Torquato a recarsi di secreto in Firenze per conoscere il Buontalenti; ed avendolo appena salutato e haciato in fronte, se ne partì subito involandosi agli onori che gli preparava quel principe a. […] Mirabili sono fin anco i trascorsi del poeta, voglio dire alcuni pensieri più studiati, i quali per altro non sono in sì gran numero come suppongono alcuni critici accigliati. […] S. vuole aggiugnergliele ora, non so da che spirito mossa, oltre alla gran fatica ch’ella imprenderà a compire quattro canzonette colle circostanze richieste alle così fatte, le accrescerà bene il coro, ma le scemerà il decoro: e dico scemerà, e non leverà, per non dannare affatto l’uso di tutti quei poeti che alle loro il fanno ; e fra tali poeti si vuol ripore l’istesso Manfredi che il fece alla sua boschereccia. […] E di tal letterato avea il Manfredi gran concetto, e lo desiderava vicino per udirne il parere sul suo Contrasto amoroso, come l’udì sulla tragedia.
Nel medesimo tempo che Martelli, emulando i Francesi, riusciva più secondo il gusto moderno, e arricchiva le nostre scene, il dotto GianVincenzo Gravina calabrese, uno de’ gran promotori del buon gusto e dell’erudizione, pose tutto il suo studio a contraffare i greci e scrisse in tre mesi cinque tragedie, il Palamede, l’Andromeda, il Servio Tullio, l’Appio Claudio, e ’l Papiniano. […] Il marchese Scipione Maffei veronese, chiaro per gran dottrina ed erudizione, più felice degli anzilodati compose la Merope rappresentata sempre con ammirazione e applauso, e tradotta in tante lingue. […] Vedasi come bene appropria a Tito l’auree parole del gran Teodosio quando quelli abolì una legge antica che dichiarava rei di morte quelli che profferivano parole ingiuriose contro il principe216. […] Confessiamo ingenuamente che ’l Cinna merita gli sguardi d’ogni gran poeta, e che la Clemenza di Tito nulla perderebbe quando anche ne fosse un’imitazione esatta222. […] «Il Carissimi, gran maestro in contrappunto (scrive il citato Salvini) quando si sentiva lodare il suo stile di andante, corrente, maestoso, nobile, facile, solea dire: Ah!
Cervantes le tenne per buone, e noi dovremmo convenir con lui, a giudicarne da quanto, egli con gran senno ragionò sulle commedie della propria nazione. […] Con tutto ciò il Nasarre volle a gran torto avvilire il merito di Lope. […] Nè ciò si dice perchè importi gran fatto l’esser primo, essendo i saggi ben persuasi che vale più di essere ultimo come Euripide o Racine o Metastasio, che anteriore come Senocle o Hardy o Hann Sachs. […] Il buon poeta Luperzio Leonardo de Argensola nato nel 1565, essendo nell’età di venti anni compose tre tragedie l’Isabella, la Filli e l’Alessandra, le quali si rappresentarono con gran concorso e vantaggio de’ commedianti. […] Se avesse prodotto il gran Prologo mentre io vi dimorava, avrei potuto disingannarlo, presentandogli molte prefazioni, approvazioni a’ libri ed altri papelillos di simil natura, dove ciò si asseriva.
Tutte queste cose delle quali niuna se ne scorge nelle commedie dell’Ariosto, rendono a’ miei sguardi il gran poeta Ferrarese di gran lunga superiore al cardinal di Bibbiena nella poesia comica. […] Ci scommetterei (egli aggiugne) che avrebbe mosso a riso l’istesso Orazio, a cui non garbeggiavano gran fatto i sali Plautini . […] Ma di grazia incresce al gran censore Ignaziano l’oscenità di esse? […] Nel prologo mostra gran rispetto per la dotta antichità. […] Il Lollio, il Pigna, il Giraldi, il Doni, il Varchi, il Domenichi (che vagliono bene una gran parte de’ censori transalpini) applaudivono a tutte le di lui poesie, e soprattutto alle commedie.
Ma benché amasse la poesia e la musica, i suoi piaceri consistettero ne’ balli in maschera, e in altre gran feste date alla nazione.
Grisostomo, direttore Antonio Sacco, il famoso Truffaldino, pel quale il Casali scrisse varie opere teatrali, come : Le azioni d’Ercole imitate da Truffaldino suo scudiere (Milano, 1753), e L’eroica pazienza di Socrate gran filosofo d’Atene (Torino, s. a.).
In lei merita una gran lode il suo buon volere che fa tutti i sforzi possibili per renderla capace della sua professione, ma la meschina non è nata per la medesima…… le dedica poi, sei anni più tardi, Il Teatro, nel quale sono a profusione le lodi per l’incomparabile artista.
Ecc.ª il gran dispendio della Compagnia, oltre la difficoltà del Donativo scarso et il crescimento di un’altra parte, hauendo già due serue la Compagnia.
Al vantaggio non mediocre che gli amatori illuminati di siffatte materie potranno cavare da tal lettura s’aggiunge ancora un conforto non debole per il mio amor proprio quello cioè di trovare gran parte di quelle idee sparse nella mia opera, che da alcuni imperiti sono state riputate insussistenti, avvalorate dall’autorità d’uno scrittore non meno rispettabile per la sua filosofia che per la sua critica, e la sua erudizione. […] Quando si parla o si scrive sopra le belle arti, si sono giammai consultati gli antichi senza ritrarne gran frutto? […] Ora una serie di questi medesimi piedi m’ha espresso il movimento proprio di gran parte delle nostre contradanze, e in particolar modo delle da noi chiamate “gavotte” e “vaudevilles”. […] Soggiugnerò che le forme del canto italiano non sono né più abbondanti né più varie di quelle del nostro, ma che la musica italiana debbe in gran parte l’interesse e l’incanto ch’ella produce, al contrasto che v’è fra la maniera secca e quasi direi urtante del suo recitativo colle grazie e colle dolcezze dell’aria199. […] Io convengo nientedimeno che le nostre idee su tale proposito sieno di gran lunga superiori alle loro cognizioni.
Questa grandezza di pensieri e di espressioni ha meritato l’approvazione del gran Metastasio, che in simil guisa se l’appropriò emulandola nell’ abboccamento di Cesare e Catone: Lascia dell’armi L’usurpato comando: il grado eccelso Di Dittator deponi: e come reo Rendi in carcere angusto Alla Patria ragion de’ tuoi misfatti. […] Ecco in qual guisa espresse Metastasio sì gran sentimento nella mutazione del suo Catone: Ecco soggiace Di Cesare all’arbitrio il mondo intero. […] Dicesi che Lillo si prefiggeva la correzione de’ costumi, e supponeva che le sue favole potessero prevenire i gran delitti. […] Varie ne compose tutte esatte, ingegnose e piene di caratteri assai di moda in ciò che si dice gran mondo, avendo animati con tinte vivaci e naturali gli uomini ben nati e mal educati, falsi, doppj e furbi in fatti, ma nobili, onesti e virtuosi in parole. […] Dopo la Nelly, cioè Elena Guyn attrice comica sì cara al re Carlo II, fiorì la celebre Ofields ammira, ta in vita e sepolta poi accanto a’ gran poeti del suo paese in Westminster.
Nel 1812 fu in Compagnia di Giacomo Dorati, poi, nel ’19, in quella di Vestri e Venier, e finalmente in quella di Luigi Favre, del quale sposò una figlia, la Giulia, e col quale stette gran parte della sua vita artistica.
Da Roma passò in sei altre città, le quali, compresa Firenze, gli fecer la stessa accoglienza : fu solo nel carnovale ’71-’72 che sulle scene del Vecchio Teatro Re di Milano, il Nerone ebbe il battesimo degno di un gran pubblico e di un grande autore.
Si capisce che ballerini e cantanti recitavan con gli altri : anzi ho qui sott’ occhio il manifesto della beneficiata di Felice Sciaccaluga, artista comico e primo ballerino (15 nov. 1843) in cui si eseguì un nuovissimo PAX-DEX-DEUX POLLACCO ossia CRACCOWIENNE Composto dall’artista beneficiato, Ballato dal medesimo e dalla PRIMA ATTRICE Un’altra sera (27 nov. 1837) a benefizio del primo attore Lorenzo De Paoli, Onde non restasse tediato il Pubblico, nell’ intermezzo della Commedia e della Farsa vi fu un gran volo di Piccioni.
Il Bartoli riferisce in sua lode il seguente sonetto caudato in lingua veneziana : Per la signora Diana bella ed eccellentissima Comica giunta in Reggio Zonta, che me xe sta la niova cara che in Rezo siè arivà, bella Diana xe corsa a sbatochiar la gran campana de Pindo la mia musa campanara.
Non si sa per via di quali ragioni, fu stabilito che i comici, ignari della gran vita che si agita fuor da essi, e parte attiva di quella sola artificiale che metton loro davanti agli occhi autori dall’indole più svariata, non posson dare, divenendo autori alla lor volta, che raffazzonamenti di commedie o scene altrui.
Il '51-'52 fu aggregato alla Compagnia altro primo attore – Ernesto Rossi – pel quale il povero Peracchi, dapprima legato a lui d’amicizia saldissima, ebbe a patire gran pena, come si vede in una lettera a Francesco Righetti, Capo della Compagnia Reale, in cui è il seguente brano : ………………………..
Dell’arte e del successo di Anna Veronese dicono i fratelli Parfaict : « Una figura graziosa, molta vivacità, molto spirito e molta gaiezza, qualità essenziali nella parte di servetta, le acquistarono gran rinomanza non mai attenuata in tutto il tempo che recitò. » D'Origny dice che « non si sapeva se ammirar più il suo ingegno o la sua bellezza, » e Panard dettò per lei i seguenti versi : Cet objet enchanteur qu’on doit à l’Italie de trois divinités réunit les attraits ; Coraline offre sous ses traits Hébé, Terpsichore et Thalie.
mo Confesso di haver fato gran torto all’obligo jnffinito ch’io tengo à V. […] Il successo della compagnia fu completo ; e Don Giovanni de’ Medici, che allora era alla Corte della nipote e tanto amore mostrava alle commedie, scrisse l’ 8 marzo al Duca di Mantova che la principal causa di quel successo era da attribuirsi alla valentìa e alla saviezza di Pier Maria detto Fritellino, che con gran perspicacia manteneva l’unione e l’accordo dei comici. […] E donativi di ogni specie egli ebbe in ogni tempo e in ogni luogo da ogni Signore : la qual cosa sta a provare in che gran conto fosse tenuto l’artista. […] Amante dell’arte e rispettoso di sè, tentava ogni mezzo di mettere assieme compagni di gran pregio…. […] allora il sentimento dell’arte doveva cedere alla boria ; e il gran capocomico si mutava di punto in bianco nell’ eterno matador circondato da una muta di cani.
Marmontel, il quale pone la forza comica ne’ gran tratti che sviluppano i caratteri, e vanno a cercare il vizio sino al fondo dell’anima, se l’arte di cogliere questi gran tratti fosse mancata a Terenzio. […] Tutte queste cose, delle quali niuna se ne scorge nelle commedie dell’Ariosto, rendono a’ miei sguardi il gran poeta Ferrarese di gran lunga superiore al cardinal Bibiena nella poesia comica. […] Ci scommetterei (egli aggiugne) che avrebbe mosso a riso l’istesso Orazio, a cui non garbeggiavano gran fatto i sali Plautini. […] Nel prologo mostra gran rispetto per la dotta antichità. […] Nè in regolarità nè in grazia comica cedono gran fatto a quelle de’ contemporanei.
mentre mio padre figurandosi che io corressi un gran pericolo si struggeva. […] A lui giovò molto anche l’amicizia fraterna di quel gran galantuomo e buon attore, faceva il generico primario, che fu Salvatore Benedetti, il quale caso raro, era lietissimo di cedere all’amico Cesare le sue parti e di vederlo a lui preferito. […] Anche quello fu un gran passo pel mio povero papà, che non solo andava ad affrontare un ruolo di grande responsabilità, ma raccogliere l’eredità pericolosa e quindi il confronto di un grande artista.
Il gran Condè nell’età di venti anni trovandosi alla prima rappresentazione del Cinna, versò lagrime a queste parole di Augusto, Je suis maître de moi ecc.
Il non esser egli nominato ne’varj ordini di pagamento insieme agli altri comici, non mi par cosa di gran rilievo ; poichè, come accenna il Baschet, molti di quei quaderni contenenti le spese straordinarie furon distrutti.
Rappresentò con egual successo diversi caratteri, e sopra gli altri un tipo di ragazza (fille d’opéra), con grazia e finezza tali da richiamar gran folla al teatro per lungo tempo.
Infatti egli è il Capitan don Alonso Cocodrillo, hijo d’el Colonel don Calderon de Berdexa, hermano d’el Alferez Hernandico Mandrico de strico de Lara de Castilla la vieja, cauallero de Seuilla, hijo d’Algo verdadero, trinchador de tres cuchillos, copier major de la Reyna de Guindaçia, saccador de coraçones, tomador de tierras, lançador de palos, caualcador de janete, jugador de pelota, enuentor de justras, ganador de torneos, protetor de la ley Christiana, destruydor de los Luterianos, segnor y Rey de l’arte militaria, terror de los traydores, matador de los uellacos, socorro de los tribulados, Capitan y Lugar-Teniente general de toda l’armata anzi de tierra, como de la mar d’el gran Rey de Cappadocia, maestro de Cirimonias, Principe d’el collegio de los matadores, dotado de muchas graçias, seruidor de Damas, enemigo de los vellacos, y amigo cordialissimo de Don Garauite Pontius de Leon, y de don Rebalta Salas de Castannedo.
Forse continuò a recitare in età avanzata, e forse in compagnie non più di gran fama.
, le quali sagge idee di Aristofane ebbero luogo in una delle sue commedie, e furono quindi nobilitate dalla natural grazia e leggiadria del gran Metastasio nell’Astrea placata. […] Boully introduce nella sua favola un muto e sordo cui l’abate pone il nome di Teodoro, di cui si dice che otto anni prima era stato da un perfido suo zio e tutore trasportato in quella gran città da Tolosa, e colà vestito di rustici panni abbandonato, con far correre voce di esser morto, onde potè usurpare col braccio della magistratura i beni appartenenti al Conte di Haraucourt. […] Giungono in faccia al gran palazzo che è dirimpetto alla casa di un avvocato. […] Ecco come egli ne ragiona con conoscimento nel dialogo sopra la tragedia antica e moderna nella sessione VI: Osservo ne’ Francesi piuttosto un poeta il quale recita le sue poesie, che un attore che esagera le sue passioni, mentre non solamente essi alzano in armonioso tuono le voci ne’ grandi affari, ma ne’ bei passi, e nell’enfasi de’ gran sentimenti; di modo che par che non solo essi vogliano rilevare la verità dell’affetto naturalmente imitato, ma anche l’artificio e l’ingegno dello scrittore tragico. […] Il suo portamento nobile, il contegno maestoso, una declamazione grave senza esagerazione, concorrono in lei perchè rappresenti agregiamente una gran Regina.
Fu a quattordici anni accettato come porta-bandiera in un reggimento ; ma venutagli a morte la madre, e non andandogli troppo a genio la carriera militare, si diede all’arte del comico, esercitandosi dapprima in qualche teatrino particolare, poi affrontando il gran pubblico sotto la maschera dell’Arlecchino, nella quale divenne in poco tempo attore senza rivali. […] Camilla trova suo marito occupato a far carezze a suo figlio, e ne gioisce, e mostra ad Arlecchino la sua gran contentezza. […] Figurarsi se aveva dovuto dolersi, dopo sì gran successo, di vederla cadere davanti alla Corte per la ignoranza e petulanza e arroganza de’comici ! […] Non è qui il caso di analizzare se dal rappresentar le sole parti che meglio si addicono al tale o alla tale attrice, ne verrebbe gran vantaggio all’arte….
Vi sono poi certe farfacce buffonesche che costano poco e fanno talvolta gran romore sulla scena, dalla qual cosa potrebbero gl’ inesperti dedurre una falsa conseguenza (e la deducono in fatti e ne fanno pompa) e fuggir la fatica necessaria per mettersi in istato di scrivere componimenti simili all’Atalia e al Misantropo, perchè non furono questi la prima volta ricevuti favorevolmente dagli spettatori.
r Bentiuogli suo nepote a mio marito, mi persuade a non rifiutare il fauore che mi uien fatto da cossi gran principe di mettermi nella sua Compagnia con mio marito, rispondo a V.
Supplemento), dice che a Pistoja, la Piazza precedente, non divisero un soldo e rimisero del loro, e a Livorno son con due paoli al giorno, e con la prospettiva di una nuova rimessa, nonostante la gran quantità de' forastieri e il buon successo della Compagnia ; e domanda per lui ed esso Gaggi dieci doppie pel sostentamento, che avrebber rilasciate dal donativo di carnovale.
Ma la diffidenza e indifferenza del pubblico non tardaron molto a dissiparsi, chè nell’ Euticchio della Castagna prima, poi negli Osti o non Osti, il Taddei ebbe tale successo da lasciarsi a dietro il gran predecessore.
Morì a Genova il 12 di gennajo del 1886, e il 9 di aprile dello stesso anno, la sua salma, reclamata dall’autorità municipale di Cuneo, fu trasportata con gran pompa in quel cimitero, dove si ammira il busto che abbiamo detto, opera dello scultore Alessandro Cafetti, sulla cui base è la seguente epigrafe dettata da Desiderato Chiaves : a | GIOVANNI TOSELLI | che su queste scene | il teatro piemontese | instaurò | perchè ricreando educasse | testimonianza | di memore affetto | i torinesi posero | il xii cennaço m dccc lxxxvii.
Un gran movimento riceve l’azione principale dalla riconoscenza di Tirsi, e ne aumenta la vivacità, il trasporto di Filli nel trovarlo infedele per le di lui medesimo parole. […] La di lui fama pervenne al gran duca, in presenza del quale lesse il poema intitolato la Fesuleide, e ne ottenne una pensionea.
Un gran movimento riceve l’azione principale dalla riconoscenza di Tirsi, e ne aumenta la vivacità il trasporto di Filli nel trovarlo infedele per le di lui medesime parole. […] Forza de’ gran modelli!
Giovanni una gran festa da ballo. Vi son cinque grandi lumiere cariche di candele, viticci a cinque candele dappertutto, e gran padiglione di percalle sulla scena, intrecciato di veli e di trine.
Ricordo il Novelli Generico primario di quella Compagnia di Giuseppe Pietriboni, che si acquistò gran rinomanza per l’insieme omogeneo, per l’armonia delle voci, per la ricchezza dell’allestimento scenico, per la fedeltà storica dei costumi, per la sobrietà della dizione. […] Di mezzo alle parole di gran lode, altre, naturalmente, se ne levan di incredulità e di scherno da coloro, e per buona sorte sono i pochi, che a questa del Goldoni voglion contrapporre (che c’entra ?)
Figlio del precedente, nato a Modena verso il 1675, esordì quale Innamorato nella Compagnia della Diana, moglie di Giovanni Battista Costantini, al servizio di quel Duca, diretta sotto il nome di Federico, che mutò poi in quello di Lelio, sembrato alla direttrice più teatrale ; e diede subito prova di gran valore. […] Uomo di gran cuore, benchè d’umore atrabiliare, si raccomandava a Gueullette in una lettera del settembre 1739 (lunedì), perchè andasse con lui ad assistere il povero Thomassin, Visentini, morente ; e soprattutto per indurlo, prima della morte, a pensare alla sua famiglia.
Ma la scena di Elettra con Oreste nel l’atto quarto sommamente tenera merita di essere ammirata come degna di sì gran tragico. […] Maneggiata poi con gran delicatezza e giudizio è la bellissima riconoscenza per mezzo della lettera che Ifigenia pensa di mandare in Grecia ad Oreste. […] Non per tanto si dee riflettere che Euripide era un gran maestro, nè avrà egli presentato a’ suoi compatriotti una cosa che potesse contradire ai loro costumi e alle passioni dominanti di que’ tempi. […] Discordarono gli antichi nel dar la preferenza ad uno de’ tre lodati gran tragici, Eschilo, Sofocle, ed Euripide. […] Le nazioni moderne a misura che si sono innoltrate nella coltura hanno ravvisato nelle produzioni di questi tre gran tragici l’epoca del maggior lustro della tragedia.
In vendetta di che l’altra sera furono gettate in gran numero altre carte credute sonetti, ma invece ci erano caricature con mostazzi e motti in disprezzo di detta Eularia.
Vive ancora sul teatro la trilogia dei Ludri, un tipo tolto ad imprestito a Carlo Goldoni ; e cioè, Ludro e la sua gran giornata, il matrimonio di Ludro, e la vecchiaja di Ludro.
AL MEDESMO Oratio, grazia di quel certo ingegno che torre il Cielo a sè medesmo sole, per darlo in sorte a chi più pote, e vole dei miracoli suoi mostrar gran segno.
[1] In una nazione che riguarda l’unione della musica e della poesia come un semplice passatempo destinato a cacciar via l’oziosità, dove il piacere del canto è nulladimeno così universale e così radicato, dove la lingua è per se stessa armoniosa e cantabile, e dove tal diletto si compra a costo del più gran sagrifizio, il cantore dev’essere la persona più interessante del publico divertimento. […] Tutta la declamazione del diverbio e gran parte della monodia consisteva in una spezie di suono medio, il quale aveva alcune delle proprietà del canto nostro senz’averle tutte, e che nei dialoghi era a quando a quando accompagnata da uno strumento che rimetteva in sesto la voce quando aberrava dalla intonazione. […] Presso ai Latini sebbene non avessero lingua tanto bella qianto i Greci, nulladimeno la pronunzia doveva essere assai musicale, come si vede dal gran conto che facevano degli accenti, chiamandoli così dal canto quasi ad concentum, e dai precetti premurosi che davano gli oratori intorno alle intonazioni della voce. […] Essi sortivano alla scena con una gran maschera che copriva loro la testa, la quale era chiusa da per tutto se non che verso la bocca s’apriva in una larga fissura chiamata dai Latini hiatus. […] Ma rispetto ai teatri grandi la difficoltà rimane sempre la stessa, né si sciolge ricorrendo alla diversità degli spettacoli che s’eseguivano nel tempo medesimo, imperocché sminuendovisi il numero delle persone non si sminuiva punto la distanza tra il proscenio e i corridori dove sedevano gli spettatori, eccettuati i senatori e qualche altra famiglia distinta che avevano il loro posto più vicino alla orchestra, né si chiudeva quel gran vuoto scoperto d’aria nel quale necessariamente doveano disperdersi gli ammorzamenti della voce in un canto delicato e gentile.
Ma senza dare gran travaglio alla geometria hanno finalmente prescelto fra tutte le figure quella della campana, che piace loro di chiamar fonica. […] Ciò potrebbe per avventura trovar fede presso a coloro che credevano dover correre di gran pericoli in acqua chi era nato sotto il segno dell’Acquario, che prescrivevano a’ tisici il giulebbo del polmone di questo o quello animale, alle partorienti la rosa di Gerico, e tenevano simili altre illazioni per figliuole legittime dell’analogia, quando dal sillogizzare scolastico travisata era del tutto la faccia della filosofia.
Non vi ha dubbio che la bellezza dell’ elocuzione sì nel verso, come nella prosa, imbalsimi sempre tutti i componimenti ingegnosi; ma nel genere comico richiedesi pur anche gran vivacità e piacevolezza, grazia e naturalezza, verità ed arte con un’ azione, una favola, e un vero ritratto de’ costumi del tempo: Un vers heureux & d’un tour agréable Ne suffit pas; il faut une action, De l’interet, du comique, une fable, De moeurs du temps un portrait véritable, Pour consommer cette oeuvre du démon, dice benissimo il Signor di Voltaire. […] Siccome i Greci non si stomacarono della Medea di Euripide, contuttochè l’ autore per l’oro de’ Corintj ne avesse affatto cambiato la storia che allora non era troppo antica, così Cicerone, così Quintiliano, e così altri Romani non rimasero nauseati nè della Medea di Ennio, nè di quella di Ovidio, nè delle due altre Medee di Pacuvio e di Azzio, nè probabilmente di questa di Seneca; perchè il gran segreto della scena tragica, come saviamente pensa un nostro chiarissimo scrittore, in due parole è compreso: grandi affetti e stile.
In sul principio L’Inavvertito fu uno scenario, e Beltrame dovette veramente all’ingegno de’suoi comici, in gran parte, il successo di esso ; ma le libertà che si pigliaron poi le nuove compagnie, tali da ridurlo pressochè irriconoscibile, fecer prendere all’autore la risoluzione di spiegarlo per iscritto, seguendo in tutto le traccie lasciate dai comici egregi che lo recitaron prima. […] Cardinal Ubaldini può dir ancora per lettere scrittegli da Sua Maestà Cristianissima a mio favore, fin dove la benignità di quel gran Re si estese ad onorarmi.
. — No : nessuno ha il diritto di togliergli tutto quell’avvicendamento di dolori e di ebbrezze, di consolazioni e di gaudi, di lagrime e di sorrisi nelle sue lotte quotidiane alla conquista dell’ideale che nell’anima gli freme : dolori ed ebbrezze, consolazioni e gaudi, lagrime e sorrisi, che nel giorno della gran vittoria, sono la sua pagina di storia, la ricordanza, che mentre soddisfa e ripaga, dà nella visione del cammino percorso l’esatta misura e il legittimo orgoglio di ciò che veramente si è. […] Chi se ne occupa è uno sciagurato : non ha nè il criterio, nè il sentimento dell’arte…… E finalmente ci sono coloro che hanno detto semplicemente e sinceramente così : La Tina Di Lorenzo ha le doti naturali, ma non ha l’arte ; farà la gran conquista quando ai mezzi che la provvidenza le ha elargito avrà aggiunto la formazione dell’intelletto d’arte, che è studio tenace, serietà di proposito, fermezza di volere.
Riscosse molti encomii il di lui dramma intitolato Catena di Adone composto espressamente per una contesa insorta fra due cavalieri di gran riguardo Giovanni Giorgio Aldobrandini e Giovanni Domenico Lupi, per due famose cantatrici, ad oggetto di decidersi qual delle due fosse la più eccellente per soavità di voce e per arte di cantare. […] Possiamo dunque con molta probabilità affermare che almeno sino a i primi dieci anni del secolo XVII i teatri italiani non risonarono delle note di siffatti cigni infelici che mercano a si gran prezzo l’inutile acutezza della voce. […] I di lui melodrammi ebbero allora gran voga, ed oggi appena si sa che si rappresentarono.
Ma di tanti pensieri, quali a ben ordinare un’opera in musica sarebbono necessari, non si danno gran fatto malinconia coloro che seggono presentemente arbitri de’ nostri piaceri.
Il suo Palamede ebbe molta voga, perchè la morte di questo Greco si applicava a quella di Olden-Barnevelt gran Pensionario della Repubblica.
Il suo Palamede ebbe voga perchè la morte di questo Greco si applicava a quella di Olden-Barnevelt gran pensionario della repubblica.
Volò il grido de’ suoi meriti sino a Parigi, e fu colà chiamato, perchè la parte dell’Innamorato egli recitasse nella Truppa Italiana. » Bartolommeo Camerani si recò a Parigi nel 1767 chiamatovi a recitare i secondi amorosi, alternativamente con Francesco Antonio Zanuzzi e Antonio Stefano Balletti, e vi esordì la sera dell’ 8 maggio, insieme all’ arlecchino Sacchetti nel Maître supposé, nuova commedia italiana che non ebbe veramente un gran successo.
Il ritrouarsi in tale stato, e quel ch’ è più senza speme di miglioramento, stante l’improprietà della Stagione, doppo un Viaggio sì dispendioso da Genoua à questa parte, con un debito di Compagnia di gran consideratione per la Condotta, ci costringe a portar auanti l’ A.
»E per ultimo al teatro, al campo della gloria ove lavoriamo Dora (il gran successo della stagione) e là ne attende un pubblico scelto, elettissimo per ricolmare di applausi, di bene !
Non mai accolse l’idea di circondarsi d’astri minori per emerger di tra essi come sole, ma volle sempre che le altre figure del gran quadro fosser tra le migliori.
Ma come saggio del suo stile ve n’ ha ben altre che mi pajon di gran lunga migliori.
Forse perchè l’antica severa tragedia quivi originalmente si amò ben poco, e la commedia italiana non si confaceva gran fatto a’ patrii costumi del cielo ispano. […] La corte di Filippo IV si empì di verseggiatori che produssero a gara un gran numero di favole. […] Egli compose almeno centoventi commedie oltre al gran numero di prologhi o loas, delle quali una gran parte sino a nostri dì continua a rappresentarsi, e secondo l’apparenza continuerà ancora. […] Erano già tre mesi nel settembre del 1765 quando giunsi in Madrid, che per real rescritto del gran monarca Carlo III se n’era proibita la rappresentazione per lo scandalo che producevano le interpretazioni arbitrarie e gli arzigogoli de’ poeti stravaganti su di così gran Mistero, e per l’indecenza di vedersi sulle scene una Laide rappresentar da Maria Vergine, una mima elevar la sfera sacramentale, e cantare il Tantum ergo. […] Io l’ho veduta tradotta in prosa italiana poco felice, ma spogliata in gran parte delle arditezze dello stile e delle solite irregolarità.
Forse perchè l’antica severa tragedia quivi originalmente si amò ben poco, e la commedia Italiana non si confaceva gran fatto a’ patrii costumi del cielo Ispano. […] La corte di Filippo IV si empì di verseggiatori che produssero a gara un gran numero di favole. […] Egli compose almeno centoventi commedie oltre a un gran numero di prologhi o loas, delle quali una gran parte sino a’ nostri di continua a rappresentarsi, e secondo l’apparenza continuerà ancora. […] Io l’ho veduta tradotta in prosa italiana poco felice, ma spogliata in gran parte delle arditezze dello stile e delle solite irregolarità. […] qual gloria alla nazione sì gran numero di talenti abbandonati al trasporto d’una immaginazione calda e disordinata e innamorati di un parlar gergone metaforico, enimmatico, gigantesco?
Bizanzio ebbe pure un gran teatro, il quale col resto della città fu rovinato dalle truppe di Severo160. […] Avea promesso di riedificare il teatro di Pompeo bruciato casualmente, non essendovi nella famiglia del gran competitore di Giulio Cesare alcuno che potesse a suo tempo sostenerne la spesa. […] Non empiono questo gran vuoto nè le musiche, i balli e i travestimenti usati da’ Cherici nelle feste solenni dal VII sino al X secolo, nelle quali con istrana mescolanza di pagane reliquie e di cerimonie Cristiane danzando e cantando esponevano le favole delle gentili divinità188; nè gl’ ignorati o negletti sei dialoghi di Roswita monaca di Gandersheim intitolati commedie, che appartengono al decimo secolo189. […] Tutti poi, senza gli uni saper degli altri, i popoli sotto la linea o nelle opposte zone nell’incamminarsi alla coltura s’imbattono nella drammatica; la coltivano colle medesime idee generali; favoleggiano da prima in versi, ed hanno sacre rappresentazioni; passano indi a dipignere la vita civile, ad eccitar ne’ gran delitti l’orrore o la compassione, a schernire e mordere i vizj de’ privati, e ad esser dalla legge richiamati a temperar l’ amarezza della satira, dal che proviene la bella varietà e delicatezza delle nuove favole nate a dilettare ed instruire.
A quelli, dopo due giorni, tennero dietro questi altri versi, tuttavia inediti, e a me comunicati con gentilezza squisita dal fratello di lei Conte Giovanni Arrivabene, al quale debbo anche, in gran parte, la compilazione di queste notizie. […] Non v’era notabilità artistica o letteraria, o politica, la quale, attratta a Mantova da’suoi tesori d’arte, non mettesse piede nella gran Casa ospitale della Marchesa Valenti-Gonzaga, l’amica fidata di Enrico Tazzoli ; quella Casa, che, perseguitata poi fino al’66, aveva cominciato dal’21 a dar contingente allo Spielberg, alla Giudecca, ecc…..
E nel Baschet, a pag. 165, si legge come la Compagnia, che doveva recarsi a Parigi il 1607, avesse stabilito di partire il 30 novembre, ma fosse trattenuta a Torino per un ritardo nell’arrivo degli abiti di Cintio, e non giungesse alla gran Capitale che nei primi di febbraio del 1608. […] Faceva ancora egregiamente la parte di Ceccobimbi in lingua gretta fiorentina, intitolandosi Mercante di fichi secchi da Poggibonzi, con gran diletto degli uditori, e parmi ch’esso ne fosse l’inventore.
In tal periodo non per tanto qualche buon talento mostrò d’intendere l’arte della tragedia senza appressarsi a’ gran modelli. […] Queste osservazioni non debbono gran fatto diminuire la meritata riputazione di ottimo tragico acquistata dal robusto Crebillon, che pure, come accenna il Voltaire, si vide tal volta in procinto di morir di fame31; possono però additarci la difficoltà di giugnere alla perfezione nella tragica poesia. […] In prima un’ ombra che apparisce nel più chiaro giorno alla presenza de’ principi, de’ satrapi, de’ maghi e de’ guerrieri della nazione, riesce così poco credibile al nostro tempo, che lascia un gran vuoto nell’animo dello spettatore e non produce l’effetto tragico. […] Osserva in seguito che Du-Bos varia dal primo racconto in qualche circostanza dicendo che i due figli di Avogadro furono giustiziati alcuni giorni dopo; ed anche di ciò vuol dubitare il Belloy per questa gran ragione che non sa d’ où il emprunte ce recit. […] Andres che vorrebbe banditi dal teatro moderno i traditori, gli empj, i gran furbi &c.
., nè allora coltivò gran fatto la Drammatica.
Crebbero poi fra noi con tutta prestezza gli studi scenici, e vi si coltivarono giusta la forma regolare degli antichi da quelli stessi gran letterati, a’ quali dee l’Europa il rinascimento del gusto della lingua latina e dell’erudizione, al dotto Muffato, dico, e al non mai pienamente lodato Petrarca.
Vi sono poi certe farse buffonesche che costano poco e fan gran romore dalla scena, come i mostri teatrali spagnuoli, le farse istrioniche lombarde e napolitane e le francesi delle fiere.
I Russi, ad esempio dell’Alemagna, cominciarono a far contribuire al proprio diletto le nazioni più ingegnose, l’Italiana e la francese, le quali da gran tempo si disputano la preferenza nell’arte di piacere.
Siccome una gran parte di quella commedia era a soggetto, ha fatto credere agli amici suoi, che anche la parte sua era opera del suo talento, e che tutto quel che diceva, lo diceva all’ improvviso.
Vaccaro Matonti scriveva : ……all’ effetto ed al successo gran parte vi ha tenuta Monti, del quale artista sarebbe ingiustizia non promulgare soprattutto il suo ardente zelo nelle parti che esprimono affetti e sentimenti di forte esaltamento ; egli non simula per arte il carattere che sostiene, ma se ne infiamma tanto che va a discapito della propria salute : bel sacrifizio in vero che egli tributa all’ arte sua, e per la quale si fa tanto pregiare ed amare da tutti.
Leonora, come da una sua lettera che tengo può vedere, e l’ assicuro che gli sarà di gran sollievo nelli presenti bisogni, contento all’anima, se si degnerà lasciarmi comparire davanti la di lei serenissima persona sentirà l’ historia, dirò solo che sono stato dall’'83 sino all’'88 in Livorno nascosto.
Ciò che nell’Elettra riguarda la vendetta di Agamennone è trattato gravemente e con gran forza; ma quanto impertinenti son poi in tale argomento l’amor di Oreste, e quello di Elettra! […] Queste osservazioni non debbono gran fatto diminuire la meritata riputazione di ottimo tragico acquistata dal robusto Crebillon, che pure, come accenna il Voltaire, si vide tal volta in procinto di morir di famea. […] In prima un’ ombra che apparisce nel più chiaro giorno alla presenza de’ principi, de’ satrapi, de’ maghi e de’ guerrieri della nazione, riesce così poco credibile al nostro tempo, che lascia un gran voto nell’animo dello spettatore e non produce l’effetto tragico. […] L’incertezza per altro di Carlo IX sempre irrisoluto sino al punto che si avvicina il gran momento della strage deliberata, è assai ben delineata, e preserva dalla languidezza un soggetto per se stesso pieno di terrore ma che nella tragedia accenna ogni istante di cader nel languore veleno del teatro. […] Quanto poi allo stile, i leggitori ben vedranno che l’autore sovrasta di gran lunga al Lemiere, al Belloy ed a’ loro simili, ma che non si avvicina punto ai Cornelii, ai Racini a i Volteri.
Stupisce costui a tal domanda: Mentecatto, osi a me con tal franchezza Domandar sì gran summa? […] Saturione con gran giubilo comprende esser lui l’amico atteso, e gli va incontro chiamandolo suo Giove terrestre. […] I moderni con gran senno gli emuleranno nel primo disegno senza fermarsi molto sulle loro picciole macchie, seguendo l’avviso Oraziano. […] Presso di lui non servirai gran tempo. […] Convengono i più sagaci critici in tener questa favola per una delle più eccellenti di sì gran Comico.
E come poi la Regina seppe che la Colombina era sua moglie, non solamente ne fe’ subito richiesta al Principe, ma diede anche a Buffetto 100 scudi pel viaggio : onori, in vero, incomparabili fattigli pel gran merito e per le amplissime raccomandazioni che da Parma recava a Parigi. Col mezzo delle quali anche, otteneva da Milano, prima di mettersi in viaggio per la gran Capitale, il più ampio dei passaporti, che qui trascrivo letteralmente : (Archivio di Stato di Milano. […] Fra l’onde de l’invidia empie e voraci, Fu naufrago gran tempo, e quasi absorto, Quando ecco apparve alla salute il porto, E ritrovossi entro le braccia a i baci.
Che questa domanda quì ripetuta ci stia, come dicesi, a pigione; e che vi abbia del gran tratto dal fare al contraffare. […] Dipoi convien riflettere che la censura non riguarda semplicemente la malvagità del Protagonista, ma la malvagità fantastica, chimerica, inusitata; e così precipita giù rovinosamente la gran macchina delle congetture Lampigliane. […] Io non vi trovo, egli afferma, i pretesi gran difetti che altri dice. […] Gli assassini di campagna, la Donna da partito che gli siegue, i Pastori, corrispondono alla bassezza Comica, non alla gravità Tragica, donde nascono simili plebee espressioni,” O hideputa el hidalgo Y que ligero es de pies, Cierto gran lastima es Que el señor no sea galgo.
Passò il 1806 in Compagnia del caratterista Andrea Bianchi, della quale era primo attore il gran De Marini, che, udito il giovine artista, e capite subito le sue chiare attitudini alla scena, lo consigliò ad assumer le parti del capocomico, il quale annuì di buon grado a esser da lui sostituito, facendolo esordire il carnovale del 1807 al San Benedetto di Venezia, dove il Vestri, nel nuovo ruolo si acquistò la stima e la benevolenza ë l’amore di ogni classe di pubblico. […] Ma, in conclusione, la recita non ebbe luogo, e di lì a due ore, parte degli spettatori si recò davvero al Selvatico, ove trovò imbandita una sontuosa mensa con gran dovizia di cibi e di bevande, rallegrati dai motti di spirito e dall’umor gajo e giocondo dell’anfitrione.
«Il maestro di cappella non si dà gran pena attorno a’ recitativi, persuaso ch’essi non possono a verun patto dilettar gli uditori. […] La critica, quando sia rispettosa e imparziale, va fatta su’ gran modelli. […] Ciascuno, entrando nel teatro, in udirlo muggire come un mare burrascoso, in vederlo convertito in osteria e in bisca, condanna a gran ragione sì notabili abusi. […] Coll’aiuto d’uno specchio quel principe degli oratori apprese a imitare i gran modelli ed a perfezionare le sue naturali disposizioni. […] Sono essi, per consenso d’ognuno, i maestri delle belle arti; e noi, ad onta de’ gran lumi che vantiamo, siamo a’ medesimi molto addietro finora.
Al contrario uscendo da Omero, Virgilio, Ariosto, e Tasso reputati per Epici impareggiabili, se ne troverà un buon numero in Grecia e in Italia di altri, che se non pervennero ad uguagliare la gloria di quelle due gran coppie, meritano pure che si leggano, si studiino, e che la loro memoria passi a’ più lontani posteri.
In Bantam, ch’é la capitale dell’isola di Giava, e ch’é divisa in due gran parti, una delle quali é abitata da’ cinesi che le danno il nome, qualunque sagrifizio si faccia nelle pubbliche calamità o allegrezze, é costantemente accompagnato da un dramma, il quale si riguarda come rito insieme, e festa pubblica.
Quel motteggiarsi a vicenda, e quegl’inni sacri cantati ballando formarono a poco a poco un tutto piacevole, che da τρυγη, vendemmia, si chiamò trigodia a, e fu come il germe che in se conteneva la gran pianta della poesia drammatica, la quale vedremo da quì a poco ingombrar tant’aria, e spandere per tutto verdi e robusti i suoi rami.
Solimano di lui figliuolo ancor più poderoso e gran conquistatore e legislatore si formò sulla storia che studiava, e soprattutto su i Comentarj di Cesare che fe tradurre in lingua turca.
E noi pochi e senza lena, travagliammo con gran pena.
Come di sudor molle quel povero bifolco Sparge cantando i semi, segna cantando il solco ; Come quel gondoliero suda col remo in mano, E và cantando l’Armi pietose e il Capitano, Così del favor vostro spirando aure feconde, Lieti ritorneremo d’Adria a baciar le sponde ; Così l’anima nostra nel gran piacer giuliva Ripeterà costante : Viva Vinegia, e viva.
Racine nato in Fertè-Milon nel dicembre del 1639 e morto in Parigi nell’aprile del 1699, lasciò tralle sue carte il piano del primo atto di una Ifigenia in Tauride, dal quale apparisce che questo gran tragico moderno, prima di mettere in versi qualche favola, formatone il piano, la scriveva in prosa; e poichè ne avea disposte tutte le scene, diceva di aver fatta la tragedia, tuttochè non ne avesse composto verso veruno; ed egli avea ragione. […] Bernardo Giuseppe Saurin parigino nato nel maggio del 1706 e morto nel novembre del 1781, oltre delle riferite tragedie tradusse in gran parte dall’inglese il Beverlei di Odoardo Moore, che altri attribuisce a Lillo, altri a Tompson. […] Ciò appunto avvenne in Italia sin dal passato secolo, e non molto dopo le opere del Rinuccini vi si coltivò l’opera eroica istorica riserbandosi la mitologica soltanto per alcune feste teatrali che alluder doveano alla nascita o ad altre occorrenze di gran personaggi, e di principi, ai quali sconciamente e con niuna verisimiglianza sarebbesi disceso col rappresentarvisi gli eroi dell’antichità; là dove con certa apparenza di proprietà poteva parlarsene in un argomento mitologico non soggetto a regolarità ed a verisimiglianza.
Chi può ricusare alle matematiche pure tutta la riconoscenza pel ritrovato del metodo delle flussioni, onde il grande Inglese e il di lui emolo di Lipsia renderono tanto intelligibile il gran libro dell’universo? […] E quando pure gl’insegnamenti domestici potessero in ogni occorrenza soccorrerci posti nel gran mondo, quanta parte di essi si apprende nel l’età prima?
è non per tanto uscito da un uomo di gusto e dal settentrione dove videro il giorno il Leibnitz, il Volfio ed il gran Federigo II) nessun essere ragionevole penserebbe a cantar neppur sognanda questo sentimento, che è una massima fredda. […] Sulzer taccia a torto di puerilità il più grand’uomo ch’abbia illustrato il teatro musicale, egli poi non ha torto quando afferma che l’opera merita di essere riformata; e tengo anch’io per fermo (nè ciò pregiudicherà punto alla gloria del gran poeta Romano) che il melodramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma.
. : ma per gli attori che, pur essendo al par di quegli sciagurati negazione di arte, con illeciti mezzi strappavan applausi a i pubblici che avean nome d’intelligenti, e che preferivano, ad esempio, una meschina compagnia rappresentante il Prometeo di Troilo Malipiero ad altra di cui faceva parte il gran Vestri ; che accorrevan a un teatro ove recitava una compagnia Zocchi, composta degli attori più abbietti, mentre in altro era la grande trinità artistica De Marini, Vestri e Modena…. ; oh, per quelli, il Bonazzi fu un vero demonio ! […] Questi attori si udirono qui dal popolo con biglietto a mezzo paolo, poco più di venticinque centesimi ; e forse a minor prezzo anche Città di Castello potè udire il gran Demarini.
Columella nomina come i più gran poeti Latini Azzio e Virgilio. […] Questa commedia di Apollodoro prende il titolo di Ἐκυρα, socrus, secondo Donato, dalla gran parte che hanno le suocere nell’azione. […] Vengono i servi che sono iti a prenderla, e dicono fra loro di aver lasciato indietro le donne con tutta la folla delle serve che le precedono e le seguono, e cariche di oro e di vesti di gran valore. […] Ah sì, che me l’aspetto, Di sentirmi annunziar qualche gran male. […] I gran personaggi della repubblica già pregiavansi di esser detti amici de’ Terenzii tuttochè stranieri e servi.
Solimano di lui figliuolo ancor poderoso e gran conquistatore e legislatore si formò sulla storia che studiava, e soprattutto su i Comentarii di Cesare che fe tradurre in lingua turca.
Arnaud: “Non vi si rappresentano (diceva) che le antiche favole, alcune insipide imitazioni delle commedie e novelle francesi scritte senza ingegno e senza spirito, e un gran numero di farse satiriche”.
ma havimo una Comedia della Compagnia della Vittoria con gran gusto di quelle S.
dice egli stesso, gran gioja avrò nel tenerla tralle braccia Con beltà accesa e scarmigliate trecce! […] Se non diciamo come l’enciclopedista, che questa tragedia sia un capo d’opera e la più bella di qualunque teatro , ravvisiamo pure nel Catone dipinto da Adisson quel gran Romano della storia che solo osò contendere colla fortuna e colla potenza di Cesare e prolongare i momenti della spirante libertà di Roma, quell’uomo grande, per valermi dell’espressiòne di Pope, Che lotta col destino Tralle tempeste, e grandemente cade Misto a ruine di cadente stato. […] Questa grandezza di pensieri e di espressioni meritò l’approvazione del gran Metastasio, che in simil guisa se l’appropriò emulandola nell’abboccamento di Cesare e Catone: Lascia dell’armi L’usurpato comando: il grado eccelso Di Dittator deponi: e come reo Rendi in carcere angusto Alla patria ragion de’ tuoi misfatti. […] Questo gran sentimento non isfuggi al Metastasio; ed ecco in qual guisa l’espresse nella mutazione dell’ultimo atto del suo Catone: Ecco soggiace Di Cesare all’arbitrio il Mondo intero. […] Varie ne compose tutte esatte ingegnose e piene di ben descritti caratteri assai di moda tratti da ciò che dicesi gran mondo, avendo animati con tinte vivaci e naturali gli uomini ben nati e male educati, falsi, doppii e furbi in fatti, ma nobili, onesti e virtuosi in parole.
Sacontala è una principessa allevata da un eremita in un sacro boschetto, la quale, dovendo andare a nozze alla corte di un gran re, prende congedo dall’eremita chiamato Cano, dalle pecorelle sue compagne, ed anche da un albuscello, da una gazella e da un caprio. […] L’esistenza di al regina de’ Siracusani si compruova con un gran numero di medaglie registrate nell’edizioni della Sicilia Numismatica fatta dall’Agostino, dal Majer, dall’Avercampio.
La Dafne rappresentata nel 1567 alla presenza della gran duchessa di Toscana in casa del nominato Corsi grande amico del Chiabrera, e l’Euridice in occasione del matrimonio di Maria de’ Medici con Errico IV, furono poste in musica da Giacomo Peri, e s’impressero in Firenze nel 1600. […] Sulzer taccia a torto di puerilità il più grand’uomo che abbia illustrato il teatro musicale, non ha poi torto allorchè afferma, che l’opera merita d’essere riformata; e tengo anch’io per fermo (nè ciò pregiudicherà punto alla gloria del gran poeta Romano) che il melodramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma.
Nè minore entusiasmo egli suscitava in assurdità incredibili come quella famosa del pugnale infisso con gran violenza sul piano della tavola, che…. doveva essere di marmo. […] Invano si reclamava dalle gazzette più autorevoli un monumento al grande artista e al gran cittadino….
Bramerei bene di rappresentarne una con l’assistenza di questo gran Comico, per sentire dal suo giudizio, se trovasse la nostra maniera plausibile, e per disingannarci infine se i Comici Italiani senza declamare possino recitar tragedie.
O Signor si ; ho un gran genio per la comedia.
Ma questi due vizj, se adombrano un cotal poco un si gran quadro, non distruggono l’effetto di quella luce, di che n’è tutto raggiante, e non si può meglio che al nostro De Marini applicare il detto d’ Orazio : ubi plura nitent non ego paucis offendar maculis.
Dunque udirete or qui cantar le prove l’animo invitto, e intrepido coraggio d’ un gran guerrier che al Dio Gradivo e a Giove potria far guerra, ed oscurare il raggio del maggior lume allor ch’in furor muove il fiero sguardo indomito e selvaggio ; e sol guerra desìa, brama battaglia senza piastra adoprar, elmo, nè maglia.
La compassione dee tutta eccitarsi pel gran marito che pieno di sincera tenerezza per la moglie arriva nella sua reggia, e proditoriamente per mano della rea consorte cade sul letto maritale. […] Fernando che sorviene, racconta in qual guisa fu liberato, e con sua maraviglia trova Anagilda immersa nel più gran dolore. […] ella che crollò il gran potere di Federigo II, che a tanti stati aviti accoppiava le forze dell’impero? […] Era in abito succinto, o con gran falbalà, o avea forse il cortile, giacchè v’è l’uso di dar in oggi ai vestiti de’ nomi stravaganti? […] E’ vero che le parole che lo compongono appartengono a tutti; ma così infilzate son del nominato poeta picciolo tanto e spregevole agli occhi del gran Calsabigi.
In prima, Signor Abate, pare a voi la stessa cosa una privata asserzione di un semplice Scrittore, e forse anche di qualche altro, e la confessione de’ difetti del Teatro Spagnuolo fatta dal Cervantes, dal Lope, dall’istessa Accademia Spagnuola, dal Lopez, dal Cascales, e in seguito da’ più gran Letterati Spagnuoli? […] Ma che egli potesse asserire altrettanto di quelle del Secco, del Pino, del Contile, del Bentivoglio, dell’Oddi, del suo amico Annibal Caro, e di un gran numero di Toscani, se non si curarono delle ciance della sua Dedicatoria, nè di smentirlo i contemporanei, lo smentiranno senza esitare i Posteri co i fatti alla mano, colle evidenze, colle ragioni sode, e non con istrepitose declamazioni, e con vane stiracchiate congetture.
Riparò in gran parte a tali sconcezze il Magistrato di Madrid, e troncò la radice de’ partiti, formando di ambe le Compagnie una sola Cassa comune.
È troppo noto che egli come attore soltanto controbilanciava il gran Moliere che come autore ed attore quivi spiegava gl’inimitabili suoi talenti.
Annuncia il gran disordine trovato ne'suoi interessi, che muove alle lagrime gli stessi nemici ; ci vorran parecchi anni per saldar tutte le piaghe ; ma intanto, promettendo di essere l’ottobre a Modena, come da contratto, si raccomanda alla munificenza di S.
Fu Lucifero sol quell’ampia luce per cui splendeva in mille raggi il cielo, ma queste faci or sue son ombre e fumi, o de’ gran lumi miei bastardi lumi. […] Ma se non ponno i fiori trar quel frutto ch’ io bramo ; movati almeno a’ generosi affari de’ tuoi grandi avi il sangue, de’ genitori il vanto di cui siglie noi siam, Lazaro insieme ; Ma se per mia sventura e per tuo danno nulla val memorar fatti sublimi a cui l’ orecchia hai sorda, movati almen del gran rigor di Dio giusto castigo eguale, a tua colpa mortale. […] E benchè agli occhi altrui t’ assembri esser celata, sappi, misera, sappi, che non t’ ascondi al gran saver di Dio, il qual con occhio terno e sempre desto, vigila, mira, e vede ; e non pur che pareti e tetti, i monti penetra, passa il mar, giunge a gli abissi, verissima del Ciel perpetua Lince.
Osserva ancora l’istesso gran Critico e sommo Poeta (oh che grande osservatore, Signor Lampillas!) […] E pure il maestoso Virgilio che riscalda sì bene il Rapin, mischia in fatti in certo modo il piacevole al serio, inserendo nel suo gran Poema l’eccellente descrizione de’ Giuochi Ginnici al Sepolcro di Anchise, imitata da quelle dell’uno, e dell’altro Poema di Omero; e in essa oltre al piacevole si sveglia certa specie di ridicolo per l’avventura di Darete.
A queste empietà aggiugne il comando funesto di entrare nella spelonca per esser pasto gradito del suo gran ventre. […] I Traci spiccarono nella saltazione bellica, della quale facevano uso ne’ gran conviti.
A queste impietà aggiugne il comando funesto di entrare nella spelonca per esser pasto gradito del suo gran ventre. […] I Traci spiccarono nella saltazione bellica, della quale facevano uso ne’ gran conviti.
Un gran numero di tali sainetti, e forse la maggior parte si compongono da Don Ramòn la Cruz, di cui con privilegio esclusivo fidansi i commedianti di Madrid. […] Ma in vece di apprendere da sì gran maestro l’arte di formar quadri compiuti di giusta grandezza simili al vero, egli ha rannicchiate, poste in iscorcio disgraziato e dimezzate nel più bello le di lui favole, a somiglianza di quel Damasto soprannomato Procruste, ladrone dell’Attica, il quale troncava i piedi o la testa a’ viandanti mal capitati, quando non si trovavano di giusta misura pel suo letto28.
Ed osservando poi che questa si arricchiva ne’ poemi eroici di Omero, vollero anch’essi giovarsi delle fatiche di questo gran padre della poesia, e presero ad imitare l’aria urbana salsa e graziosa del di lui Margite.
Arbes (D’) Cesare, il più gran Pantalone del suo tempo, nacque circa il 1710 a Venezia.
Quando i Cardinali Marco Cornaro e Francesco Pisano, preposti ecclesiastici di Padova, fecero il loro ingresso nella città, tutti, a qualunque classe appartenessero, mosser loro incontro con gran festa.
Don Nicolàs Antonio ne reca un frammento da lui detto rude, incompositaeque vetustatis , di cui eccone alcuni versi: >Don Fadrique Henriquez y mas de Ribera, >De la Andalucia gran Adelantado, >De sangre muy noble, de ilustre linage, >De quatro costados de generaciones, >Henriquez, Riberas, Mendozas, Quiñones ec.
Don Nicolàs Antonio ne reca un frammento da lui detto rude, incompositæque vetustatis, di cui eccone alcuni versi: Don Fadrique Henriquez y mas de Ribera, De la Andalucia gran Adelantado, De sangre muy noble, de ilustre linage, De quatro costados de generaciones, Henriquez, Riberas, Mendozas, Quiñones ec.
un gran peccà ne fe’ A portar chi ve svoda la scarsella.
E purché l’uomo di gran virtù non sia esente da qualche difetto, io contro il parer d’Aristotele lo giudico secondo la cristiana legge idoneissimo fra tutti. […] Ma poco mostrano di conoscere la natura della tragica poesia, la quale per la finale letizia perde bensì gran parte della sua forza, ma non cangia essenza. […] Non si dee però da tal meraviglia indurre che gli uditori ammirino Tazio, perché concepiscano idee non pure di gran virtù, ma di qualità superiori alla virtù stessa. […] Parmi primieramente vedere gran differenza tra Cleopatra e Medea. […] Salmonea è un esemplare di gran virtù: ma sino al quinto atto è persona oziosa ed a guisa del coro degli antichi è più spettatrice che attrice.
Ecco che ti son tolta a gran furore, E non son or più tua. […] A’ venticinque di gennajo del mentovato anno, secondo l’antico diario ferrarese, questo splendido duca fe rappresentare in un gran teatro di legno innalzato nel cortile del suo palazzo la commedia de’ Menecmi di Plauto, alla cui traduzione egli stesso avea posto manob.
Ecco che ti son tolta a gran furore, E non son or più tua. […] A’ venticinque di gennajo del nominato anno, secondo l’antico diario Ferrarese, questo splendido duca fe rappresentare in un gran teatro di legno innalzato nel cortile del suo palazzo la commedia de’ Menecmi di Plauto, alla cui traduzione egli stesso avea posto mano64.
— A gran danno gran rimedio.
Ei la chiamò semplicemente Ecloga, trascrivendo in gran parte di essa i pensamenti bucolici del nostro Sannazaro, e con questo nome essa corse per ben tre secoli in tutte l’edizioni fattesene nella Penisola di Spagna.
Niccolò Machiavelli ripetè finalmente nella sua Clizia gran parte dell’azione della Casina, e ne imito diverse espressioni, e quelle singolarmente della 5 scena dell’atto II: Inimica est tua uxor mihi, inimicus filius ecc. […] Chi ha molto agio potrà consultare un gran numero di dotti comentatori, i quali seriamente si sono applicati a interpretare que’ pochi versi scritti in una lingua morta e ignorata, e della quale non rimangono libri che accrescano le umane cognizioni; che sembrami il saggio fine dello studio delle lingue. […] Stupisce costui a tal domanda: Mentecatto, osi a me con tal franchezza Domandar sì gran summa! […] Presso di lui non servirai gran tempo. […] Il teatro spagnuolo conta eziandio un gran numero di favole di somiglianza, el Parecido en la Corte, el Parecido de Tunes ecc.; ma queste per altro prendono sovente un portamento tragico, e di molto si discostano dal comico artificio latino.
Mirabili sono fin anco i trascorsi del poeta, voglio dire alcuni pensieri più studiati, i quali per altro non sono in sì gran numero come suppongono alcuni critici accigliati. […] S. vuole aggiugnergliele ora, non so da che spirito mossa, oltre alla gran fatica ch’ella imprenderà a comporre quattro canzonette colle circostanze richieste alle così fatte, le accrescerà bene il coro, ma le scemerà il decoro; e dico scemerà, e non leverà, per non dannare affatto l’uso di tutti quei poeti che alle loro il fanno; e fra tali poeti si vuol riporre l’ istesso Manfredi che il fece alla sua boschereccia.
E’ però riuscito a trasportar bene varj gran tratti del pennello di lui.
Non ne hanno però gli Spagnuoli un gran numero.
Ma nella gran metamorfosi artistica, Paolo ed Oreste ebber, si può dire, la peggio : Lanciotto, entrato fin allora nel criterio del pubblico con veste di odioso tiranno, fu, da allora, il più amabile e commiserabile de'personaggi della Francesca ; e il piccolo Pilade doventò un colosso di parte.
Questa commedia di, Apollodoro prende il titolo di Ἐκυρα, socrus secondo Donato, dalla gran parte che hanno le suocere nell’azione. […] Ah sì, che me l’aspetto Di sentirmi annunziar qualche gran male. […] Ma sopra ogni altra cosa le pitture degl’innamorati Fedria e Cherea sono così vere e leggiadre, che diventano una tacita satira di quasi tutti gl’innamorati scenici moderni, i quali o sogliono essere sofistici e ghiribizzosi metafisici, come nelle commedie spagnuole, o manierati belli-spiriti, come nelle francesi, o fantastici trovatori di ardite metafore, di studiati epigrammi e di strani rettorici pensamenti, come nelle italiane, specialmente di una gran parte del XVII secolo. […] Già questa ella è gran colpa, Ma pure umana, e che commiser molti, E delle volte ancor quei che fur buoni. […] MA già era cessata in gran parte la disistima in cui i Romani tennero per lungo tempo i poeti teatrali, secondochè affermò Ciceroneb.
Un gran numero di tali sainetti e forse la maggior parte si compose dal più volte mentovato don Ramon La Cruz, di cui con predilezione e privilegio esclusivo fidavansi i commedianti di Madrid. […] Ma in vece di apprendere da sì gran maestro l’arte di formar quadri di giusta grandezza simili al vero, egli ha rannicchiate, poste in iscorcio disgraziato e dimezzate nel più bello le di lui favole, a somiglianza di quel Damasto soprannomato Procruste ladrone dell’Attica, il quale troncava i piedi o la testa a’ viandanti mal capitati, quando non si trovavano di giusta misura pel suo letto a.
I dialoghi per vero dire non valgono gran cosa.
L’auspicio degli autori legati al teatro giacobino di ampliare i propri orizzonti di ricezione per la promozione di tematiche politiche e patriottiche era in gran parte fallito. […] Questa si gloria di molti abilissimi attori; ma ha tutti di gran lunga sorpassato il famoso David Garrik. […] Meravigliosa è, fra le altre, la positura che ci presenta Dante di Farinata: Ed ei s’ergea col petto e con la fronte Come avesse lo inferno in gran dispitto: ec. […] Ma assai più che il naso ed il mento hanno le labbra una gran parte nella varia espressione del volto. […] E perciò si è detto più volte, che, anziché i grandi, i cortigiani e le persone formate per brillare al gran mondo, bisogna osservare i fanciulli, i selvaggi, i popoli, ch’è quanto dire le persone semplici e incolte, che sono i modelli più sinceri, in cui può e dee studiarsi la vera espressione delle passioni.
Rileggendo la citazione del Maffei egli si accorgerà subito che quel nostro letterato non intese al certo di parlare di tanti buoni componimenti de’ quali non ignorava l’esistenza e conosceva la prestanza, perchè avrebbe fatto gran torto a se stesso e non mai all’Italia.
Non é maraviglia che dopo tante stravaganze si trovassero i commedianti ridotti a mendicare il concorso per mezzo dei gran drammi politici ed eroici, spezie di tragedie grossolane condite dalle buffonerie di Hanns Wourst (Giovanni Bodino), ch’é l’Arlecchino o il buffone del teatro alemano.
Non empiono questo gran voto nè le musiche e i balli e i travestimenti usati da’ Cherici nelle feste solenni dal VII sino al X secolo, nelle quali con istrana mescolanza di pagane reliquie e di cerimonie Cristiane danzando esponevano le favole delle divinità gentilia; nè gl’ignorati o negletti sei dialoghi di Roswita monaca di Gandersheim intitolati Commedie, che appartengono al X secolob.
Nel 1567 a Mantova recitavan due compagnie, una colla Flaminia e l’altra colla Vincenza ; chi lodava questa, chi quella : c’era gran fermento nel pubblico, e il Rogna, citato dal D’Ancona, in una lettera del 6 luglio ne parla assai chiaramente, descrivendo con particolari interessantissimi l’allestimento scenico delle due compagnie.
Morto Ataulfo si spendono tre altre non brevi scene nello svenimento di Placidia, nell’uccisione di Vernulfo, nelle insolenze di Rosmunda e nella di lei volontaria morte, cose che doveano soltanto accennarsi in pochi versi per non iscemare o distrarre l’ attenzione ad altri oggetti che al gran misfatto dell’uccisione di Ataulfo. […] Debbo pur anco far notare che la ricchezza, l’energia e la maestà della lingua italiana e le maniere usate da’ nostri gran poeti, danno all’Agnese un certo che di più grande che manca al cattivo verseggiatore La Motte. […] Mi permetta però di dirgli ch’egli ha indebolito codesto suo argomento, per avere ignorato che non i soli nominati gran poeti, ma tutti i Francesi fanno versi rimati.
Richelieu Cardinale gran promotore delle Lettere in Francia, e generoso rimuneratore de’ Poeti Drammatici 292.
M. nella sala del gran Consiglio di Venetia, Venezia, Domenico Farri, 1574.
Vincenzo Jacovacci appaltatore del Regio Teatro di Apollo e Valle in Roma le scriveva da Firenze il 26 settembre 1840 : Stavo in trattative col Bazzi per prendere la sua Compagnia per l’autunno 42, ma appena inteso che ella in quell’epoca non si trova più in codesta Compagnia ho sconcluso tutto mentre l’oggetto principale e le mie speranze erano fondate giustamente sulla somma e gran Bettini.
Morto Ataulfo si spendono tre altre non brevi scene nello svenimento di Placidia, nell’uccisione di Vernulfo, nelle insolenze di Rosmunda e nella di lei volontaria morte, cose che doveano soltanto accennarsi in pochissimi versi per non iscemare o distrarre l’attenzione ad altri oggetti che al gran misfatto dell’uccisione di Ataulfo. […] Si osserva per altro in questa tragedia più di una scena di gran forza, e specialmente la quarta dell’atto II, in cui vedesi ben colorito il contrasto di una passione sfrenata colla tenerezza di madre.