Invocato Giove, Minerva, Diana ed Apollo, si passa alla descrizione de’ mali di Tebe in tal guisa: Giace dal morbo afflitto il popol tutto, Ne so donde io m’impetri O soccorso o consiglio, Già de li frutti suoi ricca e cortese La terra or nulla rende, Nè resister possendo Cadon da morte oppresse Le femmine dolenti Ne l’angosce del parto, Come spessa d’augel veloce torma Fende l’aria volando.
….. accrue depuis peu (pour rendre plus complet leur jeu), d’un Briguelle, le quel fait rage : Pour vous y faire aller en faut-il davantage ?
Di più l’interesse in questa par maggiore, perchè Seneca ingegnosamente suppone esser Giasone astretto a sposar Creusa per evitar la morte, perchè Acasto figliuolo di Pelia minaccia di saccheggiar Corinto, se Creonte non rende i colpevoli al castigo che gli attende. […] Torna innocente Chi detesta l’error, Magnifica nell’atto II è la dipintura della tempesta che scompiglia e dissipa l’armata greca; e ciò che la rende più lodevole si è che cade in un luogo, in cui senza nuocere all’azione prepara la venuta di Agamennone.
» Ciò che vi ha di veramente ammirevole nell’attrice, si è la trasformazione successiva in emozioni diverse che la sua maschera rende così bene, e che ben si comprendono senza alcun soccorso del testo.
[1.18ED] Fu questi Nicomaco, medico di professione, come saprai; ma sappi inoltre che ei fu ancora chimico sì sventurato che prima della sua morte non poté perfezionar quel rimedio che, sebbene non rende immortale, fa però vivere sì lungamente che uno sciocco arriverebbe a sperare di più non morire. [1.19ED] Io, seguendo in ciò l’arte sua, ne perfezionai un’ampolla della quale un solo sorso bevuto, dopo il sonno di pochi giorni, fa vivere un secolo, e già è per me voto il vetro preservatore e, per quanto io abbia poi faticato coll’arte a riempierlo, la fortuna o il cielo che mi vuol mortale, non mi han secondato, in guisa che io godo di questa luce per l’ultimo secolo. [1.20ED] Tu ridi ancora, né me ne offendo; così ancor io riderei se tu mi dicessi cose lontane dal creder mio. [1.21ED] Ma non hai tu contezza di tanti che han lungamente dormito e si son poscia svegliati a spaventare i posteri loro? […] — [1.30ED] — È che studiando — m’interruppe lo svelto gobbo — sul libro dell’universo co’ viaggi, colle osservazioni e colle varie lingue per me imparate ho consumati tutti i miei anni e ne consumerei altrettanti se il mio destino non mi trascinasse inevitabilmente alla fossa. [1.31ED] Io ti giuro che più d’una volta ho pianto amaramente il mio nome, vedendo l’opere mie più di me stroppiate da’ miei interpreti; e poscia dagli emoli miei e da’ persecutori de’ miei sofismi lacerate e dismesse; e se alcun obbligo mi lega a quelli che vengon creduti miei posteri, questi solamente sono i poeti, i quali non della mia vera Poetica, ma di un piccolo abbozzo della medesima si son fatto un idolo, un giogo, una legge che fra di essi mi rende ancor venerabile. […] [4.77ED] Il ritmo dunque, che rende armoniosa l’orazione disciolta, non basta a separar da essa l’orazion legata italiana, quando non vi si aggiunga la rima, che sostanzialmente dalla prosa il verso italiano distingue. […] [5.42ED] Questo spettacolo adunque è tale che solleva gli animi da tutte le cure, gli assorbe in una spensierata quiete che di sé contenti li rende, di maniera che ritornano dagli uditi concenti e dalle vedute apparenze così ristorati di lena che poi si trovano più forti, più vegeti a tutte le operazioni umane, e così tanto fisica quanto moralmente è utile alla repubblica non meno della satirica, della commedia e della tragedia. […] [5.243ED] Che se tanto si loda il sonno perché i sensi della miserabile umanità legando li astrae e li rende per poche ore immuni dalle sventure, quanto sarà mai più pregevole un’arte che senza sospenderci l’uso del vivere come fa il sonno, detto per ciò fratel della morte, ci fa viver estatici in una quiete deliziosa e contenta, co’ sensi veglianti, ma lieti e veramente felici?
La sua disperazione per la fuga dell’ingrata ninfa, il dolore che gli cagiona la novella di Nerina e la vista del velo dell’amata, la dipartita col disegno di finir di vivere, tutto ciò, dico, rende sommamente interessante l’atto III.
Passa per eccellente nel suo genere le Portrait de Fielding, Madama Deshoulieres, Plus heurreux que sage primo lavoro di Fievèe, Gesner, la Nièce curieuse, l’Entrevue, e le Rendez-vous de Maurice, ebbero nel proprio teatro mediocre riuscita.
La sua disperazione per la fuga dell’ingrata ninfa; il dolore che gli cagiona la novella di Nerina e la vista del velo dell’amata; la dipartita col disegno di finir di vivere; tutto ciò, dico, rende sommamente interessante l’atto III.
Di serafico ardor si riaccende la Peccatrice : al Pianto Pianto rende.
Sofocle si forma su di lui; rende il proprio stile più grave, più maestoso, più sublime; aumenta di vivacità, di decenza, di verità, di splendidezza la scena tragica; e diviene nostro modello con Edipo, Elettra, Antigona e Filottete.
La relazione sconosciuta, ma da tutti gli anatomici avverata, che passa tra gli organi della generazione, e que’ della voce, impedisce in colpco, cui vien proibito lo sviluppo ulteriore del sesso che s’ingrossino i ligamenri della gola per la minor copia di umori che vi concorre, gli rende più atti a vibrarsi, e conseguentemente a eseguire le menome graduazioni del canto, assottiglia l’orifizio della glottide, e la dispone a formar i tuoni acuti meglio degli altri.
Ma il Signorelli che ama di compiacerlo, rende della censura le seguenti ragioni.
Fiorì questa commedia intorno al secolo del Grande Alessandro, quando la formidabile potenza macedone, dando nuovo aspetto agli affari greci, avea richiamato in Atene quell’utile timore che rintuzza l’orgoglio, rende men feroci i costumi, e induce a pensar giusto.
È ver, son tali Certi perversi cuor che ognun detesta: Tale è la calca, è ver, d’uomini falsi, Di spregevoli donne, di buffoni, Spiriti bassi, spiriti gelosi, Senza onestà, senza principj, senza Costume meritevole di stima; Gente infingevol che a se stessa rende Giustizia disprezzandosi a vicenda.
Acciò si coltivino in un paese le arti che parlano al sentimento e alla immaginazione, e che acquistino quella delicatezza di gusto, che le rende stimabili, oltre l’influenza del clima dolce e fervido insieme, il quale, gli organi in certa guisa modificando, disponga gli animi alla vivacità ed allegrezza, vuolsi eziandio un particolar assortimento di cause politiche, vuolsi un ozio agiato ne’ cittadini e magnificenza ne’ principi, voglionsi costumi che inchinino alla morbidezza, in una parola vuolsi piacere, tranquillità ed abbondanza. […] Il risorgimento benché lento della pittura, il commercio che vivifica le arti, onde viene alimentato a vicenda il lusso che rende squisite le sensazioni nell’atto che le moltiplica, e la connessione che hanno fra loro tutti gli oggetti del gusto fecero avvertiti gli uomini di genio che l’immaginazione dei popoli civilizzati avea bisogno d’un pascolo men grossolano, che la novità e la dilicatezza ne doveano essere i principali ingredienti, che la favola da una banda e l’allegoria dall’altra potevano somministrare agli occhi una folla di piaceri sconosciuti, e che toccava a lui solo prevalersi del vero e del finto, della natura e dell’arte, degli esseri animati e degli inerti per dar una nuova mossa alla fantasia e un vigore novello alla prospettiva.
Lo spirito di verità che rende i componimenti rappresentativi interessanti, non regnava molto in Roma al tempo della Repubblica prima di Terenzio. […] Torna intanto Filocrate col figliuolo di Egione già liberato, e l’opportuno suo ritorno rende il virtuoso Tindaro libero dalla collera di Egione.
Cecilio il quale dalla condizione di servo, come afferma Aulo Gellio, acquistò il cognome di Stazio che presso i Romani antichi era un nome di schiavo, per consenso di tutti gli antichi fu acclamato come il primo e il più eccellente di tutti i comici Latini per la felicità della scelta e per l’ottima disposizione degli argomenti; il che rende ben rincrescevole la perdita delle di lui favole. […] Eccita parimente il riso quando, accorgendosi che l’indulgenza di Mizione lo rende a tutti caro ed accetto, pensa d’imitarlo, benchè a spese del fratello; e sforzando il proprio naturale lo consiglia ad usare varie liberalità ed a congiungersi in matrimonio con Sostrata.
Il leur manque surtout l’art d’apercevoir et de saisir, dans le développement des caractères et des passions, ces mouvements de l’âme naïfs, simples et pourtant singuliers, qui placent et étonnent toujours, et qui rendent l’imitation tout à la fois vraie et piquante; c’est cet art qui met Térence et Molière surtout, au-dessus de tous le comiques anciens et modernes».
Quel Dubiam salutem qui dat afflictis, negat, è un aforismo in Seneca, e diviene una ragione ben naturale in Fulvia : Non dir così ; niega agli afflitti aita Chi dubbiosa la rende. […] Ah Tito, e du sarai capace D’un sì basso desio, che rende uguale L’offeso all’offensor ? […] Ciò che rende la scena importante è il segreto che a lei palesa dell’inganno fatto al re. […] E quando pur tal voce potesse indicare l’arricciarsi de’ capegli, il sollevarsi de’ capegli per l’orrore, sempre sarà miglior vocabolo l’ arricciarsi in poesia, perchè particolareggia, là dove l’avvolgere azione inderminata rende l’idea troppo generale.
Lo spirito di verità che rende i componimenti rappresentati interessanti, non regnava molto in Roma al tempo della Repubblica prima di Terenzio. […] Torna intanto Filocrate col figliuolo di Egione già liberato, e l’opportuno suo ritorno rende il virtuoso Tindaro libero dalla collera di Egione.
Ciò rende ben rincrescevole la perdita delle favole da lui composte. […] Eccita parimente il riso quando accorgendosi che l’indulgenza di Mizione lo rende a tutti caro ed accetto, pensa d’imitarlo, benchè a spese del fratello; e sforzando il proprio naturale lo consiglia ad usare varie liberalità ed a congiungersi in matrimonio con Sostrata.
Gli spettatori non vedevano tra essa e loro quella distanza infinita, la quale, togliendo ogni proporzion fra gli estremi, rende inapplicabile qualunque teatrale imitazione.
Quello che rende più satirico e piacevole questo colpo teatrale, è che l’azione si rappresenta nel terzo giorno delle Tesmoforie, le quali duravano cinque dì, e quello di mezzo era consacrato alla penitenza, e le donne lo passavano in un rigoroso digiuno. […] Io, vi dico, io sono quella che rende gli uomini saggi e prudenti e di buono aspetto, a differenza di Pluto che gli fa diventare gottosi panciuti grossi di gambe e lascivi.
Benché vi si scorga correzione di lingua e qualche aria ben lavorata, ciò nonostante non si ritrova in essi spezzatura né concisione nel recitativo, né rapidità nelle scene, né calore nell’azione, né contrasto negli incidenti, nulla insomma di ciò che rende interessanti e vive cotali produzioni.
La commedia del Porta è sempre di situazione, e l’arte che possiede di avviluppare ingegnosamente nella stessa semplicità, lo rende particolarmente notabile e pregevole.
Sarebbe facil’il ridur questa parte sotto la benignità dei miei auuisi, ma mi rende alquanto di dubio la frequenza dell’uso di tanti, che l’hanno rappresentata lontana dal mio parere, onde ridotto in natura il costume parebbe loro fuori del naturale ogn’altro modo, & fuori del buon camino ogn’ altro sentiero, che calcassero, & tenessero.
Quello che rende più satirico e piacevole questo colpo teatrale, è che l’ azione si rappresenta nel terzo giorno delle Tesmoforie, le quali duravano cinque dì, e quello di mezzo era consacrato alla penitenza, e le donne lo passavano in un rigoroso digiuno. […] Fiorì la nuova commedia nel secolo del grande Alessandro, quando la formidabile potenza Macedone dando nuovo aspetto agli affari de’ Greci, avea richiamato in Atene quell’utile timore, che rintuzza l’orgoglio, rende men feroci i costumi, e induce a pensar giusto.