Grisostomo, in società colla Maddalena Battaglia, con cuis stette cinque anni, per passar poi a seconde nozze in Verona, abbandonando definitivamente la scena.
Secondo l’antico sistema del Teatro applaudito, della Biblioteca teatrale e di altre collezioni di simil genere, l’opera del Cuccetti contiene una raccolta di componimenti teatrali in prosa e in versi, preceduta a ogni volume da notizie concernenti attori e attrici dalle origini della scena italiana.
Il ’47 si recò a Siena a far la quaresima, nella stessa compagnia e collo stesso ruolo, al fianco della Ristori, prima attrice, e di Tommaso Salvini, amoroso ; il quale mi raccontò com’ella fosse veramente grande nelle amorosine goldoniane in genere ; e grandissima poi nella Contessa d’ Altenberg, in quella scena famosa in cui le sorge il dubbio che la madre le sia rivale, e per cui Salvini, spettatore tra le quinte, si commoveva alle lagrime.
L’atto terzo diveniva un gioiello per l’accordo, col quale i due attori eseguivano e sentivano quella famosa scena.
Toscano, nato intorno al 1785 da civili parenti, si sentì, compiuti gli studi, attratto alla scena, ove riuscì in breve tempo un primo amoroso di grido.
Mostrate subito chiare attitudini alla scena colle parti di adolescente nel Povero Piero e nella Morte Civile, potè a quindici anni affrontare il gran pubblico quale amorosa della Compagnia di Teresa Mariani.
Il '904 si unì con la Compagnia all’artista lirico Scarneo, che passava di punto in bianco alla scena di prosa ; ma, da esso distaccatosi prima dell’anno e solo, tornò a formare e a condur Compagnia con mediocre fortuna.
I fratelli Parfait nel lor Dizionario de' Teatri gli dedican parole di molta lode, riguardandolo come compatriotta, e dicendo ch'egli ha fatto un uguale onore alla Francia e all’Italia, degno veramente di occupar la scena con Silvia (V. […] E perchè quei due soit a proposito della sua non apparita sulla scena italiana di Parigi, mentre si sa ch' ella vi recitò le parti di serva sotto il nome di Violetta ?
Avelloni-Monti Teresa), la quale, sposatala, educò alla scena con molto profitto.
Si fece allora conduttor di compagnia, ma con niuna fortuna ; e in breve, consumato ogni suo avere, si trovò costretto a ramingar con piccole compagnie in piccole città, fino a'dì d’oggi, in cui ha la triste ventura di sollazzar la gente con qualche buffonata dalla minuscola scena di un caffè concerto.
Al Teatro Nuovo di Firenze, nel carnovale del 1834, entrato appena fra le quinte dopo una scena delle Donne Curiose del Goldoni, fu colto da apoplessia fulminante, che in poche ore lo condusse al sepolcro.
Ella fu dal '46 al '50 con Domeniconi e Coltellini, e dal '51 alla quaresima del '52, divenuta da un anno e dopo una serie di romantiche vicende la marchesa Capranica Del Grillo, fuor della scena. […] E veramente quella scena che aveva date tante e così grandi gioje all’artista, non poteva esser guardata da lungi senza rimpianto. […] La stessa tragedia — Francesca da Rimini del Pellico — non offriva, tranne che nella scena del quarto atto, grandi risorse, e taluni tra i devoti della Rachel, negaron tra l’altro all’artista nostra « la forza, il vigore necessario a bene interpretare le passioni violenti più proprie del poema tragico. » Forza e vigore che anco i più restii trovaron a esuberanza in lei dopo la rappresentazione di Mirra di Vittorio Alfieri, che fu tutta un trionfo de'più solenni. […] Posso dire di doverle molto, poichè, soccorso dal ricordo di quanto le vidi fare, mi son servito bene spesso de' suoi giuochi di scena e di fisionomia. […] Tutta la scena della denunzia in Patria era del Ristorismo più puro.
Assai più notabile fu una scena, in cui Mere-Sotte manifesta i suoi disegni di voler comandare nel temporale e nello spirituale. […] L’argomento e qualche scena di questa farsa piena di sale e di piacevolezza comica leggesi nella Storia del teatro Francese del signor de Fontenelle. […] Cleopatra fu una delle tragedie di Jodelle, e nell’atto III senza verun riguardo nè al decoro nè al costume questa regina alla presenza di Ottaviano prende per i capelli un suo vassallo, e lo va seguendo a calci per la scena, cosa che non tradusse certamente da veruna tragedia italiana.
Assai più notabile fu una scena, in cui Mére-Sotte manifesta i suoi disegni di voler comandare nel temporale e nello spirituale. […] L’argomento e qualche scena di tal farsa piena di sale e di piacevolezza comica leggesi nella storia del Teatro Francese di M. […] Cleopatra fu una delle sue tragedie, e nell’atto III l’autore, senza verun riguardo nè al decoro nè al costume, fa che questa regina alla presenza di Ottaviano prenda pe’ capelli un suo vassallo, e lo vada seguitando a calci per la scena, cosa che certamente non tradusse da veruna tragedia Italiana.
Oggi, dopo di aver vissuto alcun tempo fuor della scena in Firenze, si trova prima attrice in Compagnia Ferrati.
Scioltasi quella, dopo nove anni di buona fortuna, la coppia Giardini continuò da sè a condur compagnia, e sempre con crescente favore del pubblico ; ma venuta la Carolina in quella età in cui mal si addicon a un’attrice le parti di prima donna, e non volendo a niun patto scender di grado, risolse di abbandonar la scena e separarsi dal marito, per assumer il posto di direttrice nella Filodrammatica del Falcone in Genova, dove il 5 dicembre del 1877 morì di polmonite.
Pavoni Ginevra, romana, figlia di un medico, nata, si può dire, con la passione per la scena, che fu divisa dalle sue sorelle, esordì a quattordici anni nella Compagnia di Bellotti-Bon, rivelandosi attrice di assai liete promesse con la parte di Margherita nelle Due Dame di Ferrari, di cui era protagonista Virginia Marini.
Questo il breve e fortunato stato di servizio di Vittorio Zampieri, il quale, recando sulla scena, oltre allo studio e alle chiare attitudini, tutta la gentilezza, tutta la dolcezza dell’indole sua, sa farsi ammirare e applaudire dai pubblici di ogni specie, al fianco della sua egregia compagna.
Veggasi nel seguente frammento il colorito di questa scena lagrimevole: Sof. […] La scena dell’azione dimostra Troja distrutta ed ardente col sepolcro di Ettore intero. […] Ma quello che più importa è che tutta la vaga scena di Seneca vi si vede malconcia. […] Un motto almeno di ciò avrei voluto ne’ di lui discorsi della prima scena, nella quale torna ad accendersi di furore e ad accingersi alla vendetta. Imetra nella seconda scena narra a Nino come Anaferne si è sommerso nell’Eufrate, e la regina ha manifestato che Dirce era sua figlia.
Metastasio, che Le disposte senz’arte Semplici là del Palatino colle Natie piante selvagge, eran la scena delle prime rappresentazioni teatrali che si fecero in Roma. Egli è certo, che i Romani molto tardi ebbero teatri stabili, e che le favole drammatiche in tempo de’ Ludi si rappresentavano nel Foro dove con statue e pitture che dagli amici, ed anche dalla Grecia soleano gli Edili Curuli, cui apparteneva la cura degli spettacoli, farsi prestare, ornavano il luogo in modo di scena. […] Siccome i Greci non si stomacarono della Medea di Euripide, contuttochè l’ autore per l’oro de’ Corintj ne avesse affatto cambiato la storia che allora non era troppo antica, così Cicerone, così Quintiliano, e così altri Romani non rimasero nauseati nè della Medea di Ennio, nè di quella di Ovidio, nè delle due altre Medee di Pacuvio e di Azzio, nè probabilmente di questa di Seneca; perchè il gran segreto della scena tragica, come saviamente pensa un nostro chiarissimo scrittore, in due parole è compreso: grandi affetti e stile. […] Aurelio, siamo anche istruiti, che vi erano allora Compagnie o Collegj liberi di Mimi, e che in quelle si aggregavano coloro che volevano servire alla scena, o nel rappresentar mimiche azioni, o nel saltare in teatro, e che costoro latinamente chiamavansi adlecti scenæ, ed aveano certo sacerdozio, per cui si diceano Parassiti di Apollo, il che si raccoglie ancora da altre lapidi.
Quasi tutte le attrici, sino alla metà del secolo diciottesimo, sapevano intuonare un’arietta, e accompagnarsela con qualche strumento, come quasi tutte le cantanti sapean mettere assieme e dire con garbo una scena di commedia.
Su le tue scene Arrisi oggi rinnova i prodigi che un di l’attica scena vide ; e i cor penetrando agita, e scuote.
Grisostomo, rinnovando gli antichi entusiasmi, specialmente colla messa in scena del Pigmalione, melologo di G.
) : Nel 1662 era a Napoli, tra i comedianti lombardi, ano chiamato Zaccagnino, che recitava da Zanni, « qual godeva una donna chiamata Lavinia, similmente comediante e si stimava che fusse e che non fusse sua moglie, et haveva acquistato con la scena e con gli amanti qualche commodità di considerazione ; questa, com’ è solito dell’oziosa nobiltà napoletana, che oggi si è avanzata assai nel bordello, lussi, ignoranza, e povertà, fu posta in conditione dalli donativi del Principe d’Avellino, dal Principe di Belmonte, et altri nobili et ignobili, che con pochissima moneta la goderono.
Dice il Colomberti che « nulla potevasi vedere sulla scena di più grazioso.
Un prologo in versi serve a dar conto della qualità della scena, dell’azione e degl’ interlocutori. […] Nicia che avrà la ventura di aver de’ figliuoli, vedasi uno squarcio della seconda scena dell’atto I. […] Parmi che dalla prima scena possa rilevarsi che si sia tal commedia rappresentata intorno al 1506. […] Il discorso di Ermino ingannato dalle apparenze nella quinta scena dell’atto IV, è proprio, naturale, vivace ed elegante. Piacevole è nella scena seguente il di lui contrasto colla Nuta non essendo da lei raffigurato.
Una cognizione più intima del teatro gli fece avvertire che l’aria, essendo quasi l’epifonema o l’epilogo della passione, non dovea collocarsi sul principio, o tra mezzo ad una scena, giacché non procedendo la natura per salti, ma bensì colla opportuna graduazione ne’ suoi movimenti, non è verosimile che sull’incominciare d’un dialogo si vedesse di già il personaggio nel colmo della passione per rientrar poi immediatamente nello stile pacato che esige il recitativo. […] [9] Due difetti però che più d’ogni altro sformavano il melodramma s’assoggettarono a particolar correzione, l’uno il disordine che regnava nei cangiamenti di scena, l’altro la maniera d’introdurre i cori. […] Restò bensì sbandita, siccome era da prima, l’unità della scena; unità la quale allorché divien rigorosa ritarda i progressi dell’arte invece di accelerarli93; ma la licenza che indi ne risultava fu limitata dal buon senso prescrivendo al luogo le stesse leggi che al tempo, e misurando la successione per la permanenza: vale a dire, che siccome alla durata dell’azione si permettono ventiquattr’ ore, così permettonsi al luogo que’ cangiamenti che possono naturalmente avvenire camminando una giornata intiera. […] Siffatta usanza era incompatibile colle mutazioni della scena, e vi voleva appunto tutta la corruzione del gusto di que’ tempi per non riflettere che o cangiandosi la scena, rimaneva lo stesso coro stabile, e allora diveniva un assurdo, o si cangiava anche il coro insiem colla scena, e allora bisognava stiracchiar l’orditura del dramma acciò che vi fosse infine d’ogni atto una situazione la quale rendesse necessaria, o almen verosimile, l’esistenza del coro.
Piacemi di tradurre per saggio buona parte della dilicata scena 11 dell’atto II: Isab. […] Lodevoli singolarmente nell’atto I sono: la prima scena in cui si espone il soggetto, si dipingono i caratteri, e si discopre con senno la sorgente della simulazione di Chiara: le due seguenti ove si manifesta il carattere leggiero, stordito e libertino di Claudio gli artifizj dell’ astuto Pericco proprj della commedia degli antichi ed accomodati con nuova grazia a’ moderni costumi Spagnuoli. […] L’azione è condotta regolarmente, con istile proprio della scena comica, e colla solita buona versificazione di ottonarj coll’ assonante. […] Mariano indicate ottimamente nella 2 scena dell’ atto I: la di lui vita oziosa descritta da lui stesso in pochi versi nella 7 del medesimo atto25: l’incontro comico della 13 dell’atto II di D. […] Eugenio, che egli non ignora sin dall’atto I: che in una favola che l’autore vuol far cominciare di buon mattino e terminar prima di mezzodì, non pare che possano successivamente accadere tante cose, cioè diverse conversazioni riposatamente, consigli, trame, deliberazioni, una scena di ricamare in campagna, un giuoco di tresillo, indi un altro di ventuna, ballo, merenda, accuse contro D.
Sofocle su di lui si forma, rende il proprio stile più grave, più maestoso, più sublime, aggiugne alla scena tragica vivacità, decenza, verità e splendidezza, diviene modello a’ posteri più colti con Edipo, Antigone, Elettra, Filottete. […] La poesia di Aristofane da non paragonarsi punto con chi maneggiò un’ altra specie di commediaa, e degna degli applausi di una libera fiorente democrazia appunto perchè osò intrepidamente d’innoltrarsi nel politico gabinetto, e convertir la scena comica in consiglio di stato, nulla ha di rassomigliante nè alla Nuova de’ Latini nè alla moderna commedia.
Egli fu dotato di sì eccellente natura, che soleva alle volte un’intera commedia far da sè solo, rappresentando varj personaggi ; e quando soleva rappresentar qualche Donna, non usciva già adornato d’abiti femminili ; ma faceva dentro la scena la voce femminile agli spettatori sentire, con ammirazione, e diletto non ordinario. […] Or mascherato fingevasi un Personaggio, or senza maschera altro ne rappresentava ; e nelle sue favole non introduceva visibilmente Donna alcuna, e neppure da femmina egli vestivasi, ma solo dentro la scena voleva, che la voce della Donna fosse sentita.
Oh quanti che grandeggiano autorevolmente sulla scena del mondo, potrebbero invidiare il senno e il cuore di questo attore brillante, di questo Commediarolo, come si chiamava modestamente da sè, quando sentiva gli applausi degli amici rapiti dalla sua parola colta e vivace. […] E a dar prova luminosa della vivacità e festività dell’indole sua e del suo ingegno, festività e vivacità che trasmetteva poi da la scena in tutto il pubblico, a lui prodigo sempre delle più affettuose dimostrazioni, riferisco parte della gaja lettera che scrisse da Napoli ad un amico, Antonio Fiacchi, il 20 aprile del….
Esordì bambino nella Compagnia di suo padre, e così, egli stesso, mi descrive i suoi primi passi : « quella che non mi andava giù era la parte di uno dei figli nell’ Edipo Re : non potevo resistere allo strazio di vedere all’ ultimo atto mio padre senza occhi ; anzi, al Filodrammatico di Trieste, una sera, ho piantato tutti e me ne sono andato via di scena piangendo. […] Lo stesso fervore di una prima rappresentazione noi troviamo in lui alla cinquantesima replica : rade volte, al momento di andare in scena, egli non rilegge all’ uscio d’ entrata o non ripete a memoria la sua parte per addentrarsi nel personaggio.
Bastava guardarlo in viso per dire : – è un galantuomo : – udirlo nominare i suoi figliuoli per dire : – è un ottimo padre : – vederlo comparire sulla scena per dire : – è un insigne artista. […] Il vecchio Pinotti si distingue particolarmente nelle parti comiche e ingenue, e potrebbe misurarsi coi migliori de' nostri artisti tedeschi (Iffland e Wiedmann eccettuati) : egli è anche il beniamino del pubblico, al quale sfugge un mormorio di contentezza, ogni qualvolta egli appar su la scena.
Vedesi ancora comunemente in alcune corti orientali un Sovrano rappresentar sulla scena. […] Ed affinchè lo spettatore non confonda i varj personaggi, che sostiene lo stesso attore, nel presentarsi in teatro dice alla bella prima il nome che porta in quella scena. […] Pedrini, siasi per qualunque altra cagione) in appresso appena nella sola scena fu tollerata da’ nobili.
Morto il Biancolelli, Angelo Costantini fu chiamato a sostituirlo ; e la sera del 1° settembre 1688, che fu la prima recita dopo la chiusura del teatro in segno di lutto pel perduto artista, egli in una scena preparata all’uopo ricevè da Colombina la maschera e l’abito di Arlecchino, non mutando però mai il suo nome di Mezzettino. È questa scena che ci descrive il Lichery nell’acquerello originale appartenente alla Biblioteca nazionale di Parigi, e che qui riproduco. […] Riapparve poi il Costantini l’ 8 successivo nell’Amant Etourdi, commedia italiana, recitandovi la parte d’intrigante in francese, alla presenza della Duchessa di Maine ; il 12 nell’Arlequin dévaliseur de Maison, o les Fâcheux, commedia italiana in cui sostenne ancora la parte di un intrigante, e il 13 finalmente nell’Arlequin Empereur dans la lune, commedia dell’antico teatro recitata il 1684 la prima volta all’Hôtel de Bourgogne : nella quale lo stesso attore rappresentò una parte di furbo e una scena notturna con Arlecchino applauditissima.
Dell’inesperte forze a far cimento altrove andai, ma sull’ Euganea scena ben tosto apparvi palpitante, incerta sul mio destin. […] … » il fanatismo si mutò in delirio, nè fu possibile proseguire la recitazione di quella scena. […] Andato il Colomberti a visitarla nella sua villa di Avesa, riferisce ne’ suoi scritti inediti, come, alludendo alle memorie artistiche che adornavano il suo salotto, ella dicesse : « Sono memorie di oltre tomba, e mi ricorderanno a mia figlia e a’ miei nipoti. » E domandatole perchè non avesse in sua figlia lasciata di lei una ricordanza sulla scena, rispose : « E perchè ?
— La si fece esordire dopo tutti gli altri artisti nuovi, come una generica, per lasciare che il pubblico accettasse qual vera prima attrice la Pieri-Alberti ; la si tenne inoperosa per molte sere ; le si fecero rappresentare varie parti nuove per lei e vecchie per il pubblico, non la si circondava dei migliori attori ; si trascuravano alcuni accessorj della scena ; le si faceva calare il sipario prima del tempo ; gli amici dell’ Impresa non l’applaudivano per non perdere l’ingresso di favore…. […] Nobilmente sopportava ; e s’andava poi sfogando con gli amici, fuor della scena, scrivendo lettere di fuoco, dalle quali però mi pare salti sempre fuori la correttezza del suo costume, e la bontà della sua indole. […] Non vedo l’ora di finirla, e voglio venire a mangiare pane e fagioli, ma lontana dalla scena e dai suoi indegni cultori.
Non hieri l’altro la Flaminia era comendata per certi lamenti che fece in una tragedia che recitorno dalla sua banda, cavata da quella novella dell’Ariosto, che tratta di quel Marganone, al figliuolo sposo del quale, la sposa, ch’era la Flaminia, sopra il corpo del primo suo sposo, poco dianzi amazzato in scena, per vendetta diede a bere il veleno dopo haverne bevuto anch’essa, onde l’uno et l’altro mori sopra quel corpo, et il padre, che perciò voleva uccidere tutte le donne, fu dalle donne lapidato et morto. […] « Volse il cielo che la signora Vincenza, forse per purgar de’ vizj la corrotta gente, si desse al recitar comedie in scena, dove degli uomini, come in uno specchio, rappresentando il vivere, e d’essi riprendendo i perduti costumi e gli errori, a vita lodevole gli infiammasse, il che fatto di leggiero avrebbe, quando il mondo non fosse al suo bene cosi incredulo, etc. etc. » e qui tien dietro la solita predica in difesa delle commedie e contro coloro che le aborriscono, e che « come odono nominar comici, par che sentano qualche cosa profana e sacrilega. […] Che dirò delle pastorali da lei prima introdotte in scena, le quali di cosi vaghi avvenimenti intesseva, che di troppa meraviglia e dolcezza ingombrava gli ascoltanti ? […] Aveva del virile nel volto e nei portamenti, onde se talora in abito di giovanetto si mostrava in scena, non era alcuno che donna l’avesse giudicata. […] » E ciò forse fu opera di qualche amante spregiato, che non poteva perdonarle l’affetto verso il suo compagno di scena, Adriano Valerini, veronese, dottore e comico rinomato nelle parti d’amoroso, e che per la Vincenza aveva abbandonata l’altra bella e valente attrice, Lidia da Bagnacavallo.
Grisostomo, coll’ Ubaldo nel Galeotto Manfredi di Vincenzo Monti, specie nella scena del quarto atto con Zambrino e Manfredi, siffatto entusiasmo, che se ne volle la stessa sera la replica. […] Formò dopo un anno, e per un triennio, una fortunata società col padre e la celebre Carlotta Polvaro ; e abbiam d’allora, al Giglio di Lucca (15 maggio 1830), un programma particolareggiato di una rappresentazione straordinaria di spettacolo straordinario con colpi di scena e scenari straordinari del solito pittore della compagnia sig. […] Quando un giornalista vuol gridare contro la meschinità della mise en scène, deve anche dire al pubblico : « tu pubblico asino e spilorcio, che dài tanti paoli all’ opera ; e voi accademie orecchiute che per l’opera date migliaja di scudi, date anche alla commedia i mezzi di decorare la scena. » Ma egli, il giornalista, comincia dall’ abonarsi con due crazie per recita, tante quante ne dà al decrotteur per pulirgli gli stivali ; e poi grida : arte, arte ! […] Non occupiamoci ora di stabilire se antiartistica, o poco logica, o addirittura grottesca potesse essere l’apparizione di Modena sotto le spoglie di Dante, che i canti dell’Inferno declamava, immaginando di improvvisarli e dettarli inspirato a un giovinetto seduto a un lato della scena…. […] Ma sta in fatto che l’uno e l’altro scopo non ottenner dalla cattedra tutti insieme gli eruditi espositori, com’ egli dalla scena al popolo infiammato.
Dall’altra parte nella commedia del Secchi non vedesi vestigio della bella scena del Dispetto di Lucilla ed Erasto, in cui essi lacerano vicende volmente le lettere che conservano, rendono i doni, rompono ogni corrispondenza, e finiscono con andarsene uniti. Il Riccoboni però ci assicura che Moliere nel Dispetto imitò anche un’ altra commedia italiana intitolata gli Sdegni amorosi, e questo titolo ben può indicare che da tal commedia trasse probabilmente la riferita scena. […] Gluck postala in musica venne a Parigi per farla eseguire, e comparve sulla scena nell’aprile del 1774 con assai felice successo. […] Vero è però che in questi ultimi tempi sento essersi riparato all’inconveniente di mischiarsi sulla scena gli spettatori agli attori. […] Le favole si rappresentavano all’aria aperta e senza lumi, i quali si ammisero sulla scena più tardi, e questa si adornava di tapezzerie, per le cui aperture entravano ed uscivano gli attori, appunto come avveniva per las cortinas del teatro di Madrid.
La natura lo aveva dotato di grazie inimitabili : la sua figura, i suoi gesti, i suoi movimenti prevenivano in suo favore : le sue maniere ed il suo talento lo facevano ammirar su la scena, e prediligere nella società. […] Tuttavia anche a lui accadeva talvolta quel che accadde, e accade pur troppo, ad altri dei e semidei della scena : di recitare alle panche. […] Del Bertinazzi si racconta che recitò una sera davanti a due sole persone, conservando il suo buon umore, e non saltando nè una scena, nè un lazzo. […] Il quarto atto comincia con una scena di dispetti, fra Celio e Rosaura ; Scapino li riconcilia. […] Si conosceva che qualche scena era stata fatta da un autore, ma l’insieme dell’opera da uno scolaro…… Il suo errore principale, per esempio, era quello dell’inverisimiglianza : questa vi si ravvisa in tutti i punti.
A volte ha il passo lento della Bernhardt : pare strascichi a stento su la scena quel suo corpicino snello, vaporoso ; a volte ricorda in una smorzatura di voce la Désclée. […] E a questo sentimento di modestia Eleonora Duse deve la perseveranza nello studio, che, arrotondando e perfezionando la sua natura d’artista, la collocò sul piedistallo di gloria, in cui oggi si trova : natura d’artista che traspariva tutta, anche fuor di scena, ne’ gesti, nelle parole, negli scritti. […] Di scena in scena l’entusiasmo aumenta, circolano mormorii discreti, coi quali si propaga l’ammirazione collettiva, e l’atmosfera della sala è creata, la battaglia è vinta, ahi troppo presto pei miei gusti battaglieri, in tempo appunto perchè la bellezza di questa sala fosse completa e pura. […] Oh…. nella scena colla sorella, che a lei confessa il proprio amore per Max…, qual deliziosa, ineffabile musicalità di toni ! […] Gli attori nostri non dimentichino che, stil vecchio o stil novo, quando che il vogliano, potranno pur sempre tener lo campo della scena in tutto il mondo.
A dare un’idea della Compagnia, riproduco a titolo di curiosità l’avviso di beneficiata della Beseghi al Pantera di Lucca, insieme al caratterista Antonio Massini : Regio Teatro Pantera – Avviso – Per la sera di Sabato 25 febbraio 1832 – Dell’interessante, storica, spettacolosa, tragica produzione – tratta dall’opera del celebre maestro – Giovanni Pacini – corredata di nuovo ed analogo scenario, apposito vestiario – truppa, banda musicale, – e per ultimo una scena rappresentante al naturale la più orribile eruzione – del Vesuvio nel suo pieno furore – a benefizio della servetta – Antonia Beseghi – e del caratterista – Antonio Massini. – Il titolo della medesima è : – L’ultimo giorno de’ Pompei – ovvero – la prima terribile eruzione del Vesuvio. – Verrà questa seguita da una graziosa Farsa tutta da ridere intitolata : – Amori gelosie disperazione e felicità – d’una vecc hia di 70 anni. – Gli umili offerenti hanno riposte le loro speranze nella comprovata magnanimità di un Pubblico tanto indulgente, e nella generosità della Nobile Guarnigione, e sperando di essere nei loro voti favoriti vi tributano in concambio stima, ris petto, ed una viva indelebile riconoscenza.
La sera si rappresentava il Nuovo Caino ; e Cecilia Duse, la moglie di Eugenio, prima attrice giovane della Compagnia, doveva trascinarsi in scena, svenuta, sorretta da Giorgio.
Perduto l’impiego, tornò all’amor della scena, in cui aveva fatto da giovine buone prove coi filodrammatici, e si scritturò con Rossi, colla Goldoni, colla quale lo vediamo il 14 giugno 1815 rappresentar la parte di Sole nella Caduta di Fetonte dell’Avelloni, poi con Dorati, prima padre nobile, poi caratterista, nel qual ruolo entrò il '22 nella Compagnia Reale Sarda, e vi fu acclamatissimo, fino al '28, anno della sua morte.
Restituitosi in patria, risolse di abbandonare la scena, stabilendosi nella sua Ferrara, ove ottenne, dice Fr.
Varini Emilia, di Pallanza, figlia di Pietro Varini e Leopolda Bemacchi, formatosi un buon corredo di studi ora in collegio, ora colle istitutrici in casa, fu condotta giovinetta a Milano, ove mostrò casualmente molte attitudini alla scena, recitando in privato una commediola in francese.
Un prologo in versi serve a dar conto della qualità della scena, dell’azione, e degl’interlocutori. […] Parmi che dalla prima scena possa rilevarsi che si sia tal commedia rappresentata intorno al 1506. […] Il discorso d’Ermino ingannato dalle apparenze nella quinta scena dell’atto IV è proprio naturale vivace ed elegante. Piacevole è nella scena seguente il di lui contrasto colla Nuta non essendo da lei raffigurato. […] Calandra atto III, scena 10.
Viene Euripide in forma di Menelao, e la scena tragica riesce graziosa. […] La scena è molto salsa e piacevole. […] Non meno piacevole è la scena di Strepsiade col figliuolo. […] Con quale ardita satirica allegoria dipingevasi dalla scena un popolo principe! […] Questo Mercurio pezzente fa una scena di parasito.
E conclude : Nella Giulietta Monti ha la scena comica una delle attrici difficili a rinvenirsi, massime in questo tempo, in cui lo strafare, l’inverisimile, ed il violento, sono divenuti gl’idoli della massima parte degli autori, degli attori, e dell’udienza.
II, pag. 239) alla novella gioventù « perchè collo studio e colle osservazioni trascurate dalla maggior parte dei loro predecessori, facciano rivivere e perpetuino sulla scena italiana il senno di Pianca Paganini, la dignità di Petronio Zanerini, le grazie comiche d’Asprucci, e la versatilità sorprendente di Demarini, la verità di Pertica, la pura dizione di Vestri, e rigettando la chimera delle tradizioni, recitino colla propria anima, e abbiano per norma i precetti dell’arte, e per modello la natura. » Lo troviamo gli anni comici 1795-96-97, brillante nella Compagnia del truffaldino Luigi Perelli, al fianco del famoso Zanerini, e dell’Angela Bruni : poi, l’anno 1797-98, in quella di Carlo Battaglia e compagni con Salvatore Fabbrichesi, e nel 1800-1801 in quella di Angelo Venier e compagni, in cui recita per la prima volta le parti di caratterista : è anche la prima volta che il giornale dei teatri di Venezia si occupa di lui
Bartoli – che portasse in Lombardia una commedia intitolata : I vari personaggi di Florindo ; l’esccuzione de’ quali vedevasi da lui fatta nell’ uscire da una portantina, situata a vista del popolo in mezzo alla scena.
La poca importanza che si dà alle scarsissime notizie di lui, parmi in aperta contraddizione colle tante incisioni, specialmente del Watteau, che riproducono i nostri comici a Parigi, nelle quali Pierrot occupa sempre un de’primi posti, quando non sia il primo addirittura, come nel quadro de’Comici italiani dello stesso Watteau, che riproduco nella testata della lettera G, in cui egli è segnato a dito non so se qual capocomico o principale artista della compagnia, diritto in sul mezzo della scena, a cui fan cerchio tutti i colleghi ne’lor varj costumi.
Instituitasi nella sua Ravenna una Società filodrammatica, egli vi mostrò subito attitudini chiare alla scena : e trasferitosi il '67 con la famiglia, a Firenze, dopo la morte del padre, entrò nell’ Accademia de'Fidenti, di dove uscì dopo breve tempo (1871), per entrar quale amoroso nella Compagnia della Sadowski, diretta da Cesare Rossi.
A proposito dell’interpretazione di Luigi XI, Parmenio Bettòli dettò un lungo articolo, da cui traggo il brano seguente : …… Nella grande scena del quarto atto col Solitario, ebbe moti, accenti e una espressione della maschera del volto da far correre brividi tra gli spettatori.
Si notava, come dicono i commedianti, a soggetto, il piano della favola e la distribuzione e sostanza dell’azione di ogni scena, e se ne lasciava il dialogo ad arbitrio de’ rappresentatori. […] Si ha memoria per ventura che i comedi e tragedi Roscio, Esopo, Ambivione ecc. avessero sulla scena latina prodotte commedie e tragedie eccellenti, superando nelle prime Cecilio, Lucilio, Nevio, Plauto, Afranio Terenzio, e nelle seconde Ennio, Pacuvio, Accio, Varo, Mecenate, Germanico, Ovidio, Stazio, Seneca?
Non vi ha chi non possa imparare a memoria e recitar da la scena, ciò ch’egli ha imparato a memoria : ma dal comico italiano si richiede ben altro. […] Il volumetto, benchè proibito, andò via a ruba, tanto che se n’ebber contraffazioni non solo in Olanda, a Bruxelles e a Liegi, ma in quasi tutte le provincie del Regno, e se ne pubblicò un’aggiunta di due volumi, uno col titolo di Supplemento al teatro italiano, privo di qualsiasi pregio, composto a quel che si dice dall’autore dell’Arliquiniana (Cotolendi) o della Vita di Scaramuccia (Angelo Costantini, Mezzettino), e l’altro col titolo di Terzo volume, rubato manoscritto al Gherardi, e in ogni scena mutilato per meglio celarne la frode.
Gli si affidaron parti di generico e di secondo amoroso ; e si notaron subito le sue attitudini spiccate alla scena. […] Regolari ed espressivi furono i lineamenti del suo volto, vivi gli occhi e nerissimi, proporzionate ed armoniche le forme della persona, e la sua voce, la quale nella conversazione comune era d’un metallo piuttosto spiacevole, nei momenti poi di passione e di concitamento di affetti acquistava tanta drammatica energia, metteva tali suoni, da scuotere prepotentemente le fibre dei suoi uditori. – Quando un carattere, un personaggio, lo avevano commosso ed interessato, Monti non temeva rivali nell’ immaginarselo col pensiero e nel dargli una forma sulla scena.
che vita vissuta fu quella di Adelaide Tessero sulla scena ! […] Tutto, come dissi, andò…. come doveva, splendidamente ; ma dove l’entusiasmo del pubblico non ebbe più limiti, senza contare la commozione dei fratelli d’arte, fu al terzo atto, alla famosa scena fra Clotilde e Pomerol !
I melodrammatici per opposto soglion mutare, e talora più volte, la scena. […] Lungi dall’eroica scena, le persone cui fu negato sì fatto dono. […] II pittore avrà con tutte le leggi dell’arte ma dipinta una scena. […] Drama per musica, atto III, scena V, ed. di Siena, 1686, p. 58. […] Metastasio, Artaserse, atto II, scena XII (aria di congedo di Mandane).
Carico di famiglia, e ormai non più giovane, determinò di darsi alla scena, esordendo qual caratterista nella Compagnia ch'egli stesso formò in società con Gaetano Colomberti e Luigi Bergamaschi, e diventando in pochissimi anni de'più valenti.
Continuò egli a recitare scritturato in compagnie di ordine vario, finchè, divenuto il figlio Luigi primo amoroso della Compagnia Perotti, carico d’anni, si ritirò dalla scena.
Vestri-Michelli Annetta, moglie del precedente, nata nel villaggio di Ajello presso Palmanova l’8 marzo 1840 da Nicolò Michelli e Anna Lamerz, e cresciuta, si può dire, in un ambiente drammatico (il patrigno nobile Carlo del Torso udinese era presidente del Teatro di Palmanova), ebbe fin da giovinetta il più grande trasporto alla scena, in cui fece non dubbie prove di buona riuscita coi dilettanti del paese.
Visetti Giovan Battista, veronese, nacque il 1780 da civili parenti, e mostrò giovanissimo tra' filodrammatici una grande attitudine alla scena.
E la scena di Clotilde con Pomerol della Fernanda (Pomerol era Cesare Rossi) ?
Cleopatra nell’atto III in presenza d’Ottaviano prende pe’ capelli un suo vassallo, e lo va seguitando a calci per la scena. […] Con simili produzioni teatrali si faceano colà la guerra i luterani e i cattolici, benché quelli più tardi si avvisarono di metter sulla scena le dispute teologiche, avendo incominciato a farlo nel secolo seguente colla Graziosa Commedia della vera, antica chiesa cattolica e apostolica ec. […] Lo sceneggiamento n’é sopra tutti quelli di quel tempo ben connesso, e vi si osserva scrupulosamente le quantità delle sillabe in tutti i differenti metri che l’autore volle adoperare in ciascuna scena.
Viene Euripide in forma di Menelao, e la scena è tragica e graziosa. […] Questa scena è propria de’ pulcinelli e degli arlecchini, ma è vivace e ridicola. […] Non meno piacevole è la scena di Strepsiade col figlio. […] Con quale ardita satirica allegoria dipingevasi dalla scena un popolo principe! […] Questo Mercurio pezzente fa una scena da parassito.
Questo veridico quadro, porgendo allo sguardo dello scrittore un non so che di truce, venne dal medesimo con provetta arte episodiato di ridicoli caratteri, che nulla pregiudicano all’interesse dell’azione, e mantengono sempre vivace la scena.
E venendo a parlar delle Torri, due commedie di sua particolare fatica e di sua invenzione, il Bartoli assicura aver egli toccato il sommo dell’ arte, in una scena specialmente, per la quale ci dice che bisognava vederla per giudicare s’ ella meritava ogni lode di chi sa intendere la forza di quell’ arte, che è tutta propria d’ un bravo Comico e che non è permesso alla penna d’ uno scrittore d’ estenderla al Tavolino in pari modo.
Nel reame di Firando appartenente al Giappone si é veduto più d’una fiata in sulla scena il re colla real famiglia e co’ suoi ministri politici e militari, rappresentar qualche favola drammatica8. […] E acciocché lo spettatore non confonda i vari personaggi che sostiene un istesso attore, tosto ch’ei si presenta in teatro, dice alla bella prima il nome che porta in quella scena.
Fu il ’30 a Parigi, e vi andò in scena il 29 giugno con la Rosmunda di Alfieri, sollevando il pubblico a tale entusiasmo, da ottener dalla Duchessa di Berry la solenne promessa di aver destinato un teatro alle recite della Compagnia italiana : promessa che non fu poi tenuta per la caduta del Borbone che obbligò i comici italiani a tornarsene in patria. […] Fu il ’50 con Coltellini a Trieste, e il ’52 si unì madre nobile con Adelaide Ristori, risolvendo il ’57 di abbandonare il teatro, e di cedere tutto il suo ricco patrimonio di scena al figliuolo Giovanni, capocomico e mediocre brillante (morì nel ’76 a Livorno), col quale recitò alla Stadera di Milano il 13 marzo di quell’anno il terzo atto della Medea del Ventignano, maravigliando per la potenza d’arte, e gagliardia di mezzi, tanto da far dire a un accreditato giornale, che al suo confronto le celebrità d’allora impicciolivano a vista d’occhio.
E apparteneva a questa famiglia, o era lo stesso del '59, quel Tamborino o Tabarrino ciarlatano savojardo nel giornale manoscritto del Fuidoro, riferito da Croce, che il dicembre del '69 pubblicamente nel largo della Piazza di Castello a Napoli, fatta nel suo banco una scena, vi faceva recitar da dieci persone e a tutte sue spese comedie ; e pel concorso grande che vi era senza pagare, vendeva una conserva di ginepro, che era contravveleno ? […] Più volte abbiam visto attori e attrici salire in rinomanza col lor nome di battesimo o di famiglia, e più altre sol con quello di teatro : e forse il celebre Tabarini si nascondeva sulla scena sotto uno dei tanti nomi di Zanni o di altro tipo, non potuti sin qui identificare.
Nato il 4 ottobre 1839 a Roma, da parenti non comici, si diede al teatro giovanissimo, ove non fece i soliti progressi con la solita rapidità, forse per la tempra sua di uomo freddo, calmo, che si rispecchiava su la scena.
Nel 1780 cominciò a uscir di Firenze, sotto la protezione di Pietro Leopoldo, con privilegio di occupar egli solo con la sua comica compagnia i teatri varj della Toscana ; e lo vediamo l’autunno di quell’anno a Livorno, ove per l’apertura del Teatro di San Sebastiano fu composto un prologo (Livorno, Falorni), che finisce con queste parole di Minerva volta alla Compagnia schierata in sulla scena : ….. scendete O miei figli scendete ; eccovi aperto Vasto campo al valor ; dell’arti mie Fate qui prova ; Io non vi guido al varco D' incognita region ; del patrio Mare Rivedete le sponde ; in ogni volto Distinguete la gioia ; in voi si scorga Un’umiltà non vile ; assai decente Abbia lo scherzo il suo confin ; il gesto Non si avanzi di troppo, il fasto improprio Nel vestir non deformi Il carattere altrui ; fate che sia Esatta ognor l’esecuzion, ma prima, Lungi dall’adularvi Fate che ognor risulti Ad eterna memoria, Dall’altrui perdonar la vostra Gloria ; Solo pregio del terreno Non è il darne il frutto, o il fiore Pregio è pure del calore Dell’umore È pur mercè.
Fu sempre nella Compagnia del marito, e viveva ancora il 1782 fuor della scena per la soverchia età.
A un dato momento egli sentì che il suo dire caldo, sincero, impulsivo aveva determinato tra lui e l’ascoltatore una specie di corrente elettrica, tal che alla fine della gran scena con Leonardo, il pubblico, rimasto fino a quell’ora immobile e muto in una religiosa attenzione, scoppiò in un grande e lungo applauso, a cui si congiunse il bravo alto e vivo dell’artista Papadopoli, il suo egregio compagno di scena. […] Anche quando rappresenta grandi personaggi della Storia, anche quando la forma del lavoro è elevata, egli trova modo di arrotondare colla sua naturalezza, non mai volgare, ogni plastica angolosità, mostrando di seguire in questo metodo di studio per l’interpretazione e l’espressione Giovanni Emanuel, che, primo, recò sulla scena la tragedia shakspeariana, spoglia di tutti gli arredamenti decorativi con cui l’avevano data, con arte pur grandissima del resto, i suoi più celebrati predecessori. […] Come avrebbe potuto, egli, così ricco d’intuito artistico, riproduttor della vita sulla scena fin da giovinetto, staccarsi per sentimento d’imitazione da quella sua espressione d’arte, che amava profondamente, perchè espressione del suo cuore e del suo pensiero ?
Andò in scena colla Pia de’ Tolomei, aggregandosi gli attori Rigatti e Mancini.
E mentre a’ suoi tempi facean chiasso i drammi a colpi di scena e combattimenti, egli s’acquistò fama di eletto artista col Cavalier di spirito, col Cavaliere di buon gusto, col Bugiardo, con L’Avventuriere onorato, con L’Avvocato veneziano, col Medico olandese, col Tasso, e più altre commedie del Goldoni ; nè minore successo egli aveva con l’Atrabiliare e il Filosofo celibe del Nota, con il Filippo e il Bruto primo dell’Alfieri, ne’ quali si trasformava a segno da parer veramente il personaggio ch’egli rappresentava.
Aveva per sua virtuosa consorte una Donna, detta Isabella tra le comiche, la quale fece vita santa per due anni avanti la morte, senza mai voler comparire nella scena al Recitamento ; e se ne morì con molti segni di gran bontà, esortando il marito a ritirarsi affatto dall’arte e dall’esercizio de’teatrali trattenimenti.
Riferisco le parole del Corriere della Sera del 13-14 aprile 1890, come quelle che rispecchiano fedelmente il sentimento del pubblico e della critica verso la forte e originale artista : Bastava che la Giovanelli si mostrasse sulla scena perchè il teatro si mettesse di buon umore.
Tra gli originali, si notano : Qui pro quo, Luis Beretta, Montecarlo, Vita perduda, El Portinar, In soffitta, El servitor del Donato, Do moros, El Garibaldin, de’quali alcuni ancor vivi sulla scena ; tra gli altri non suoi di sana pianta, ve n’ha di quelli che non solamente vivono ancora, ma son fra le delizie del repertorio, come L’ultim gamber del Sur Pirotta, I duu ors, El Minestron….
La naturale facondia, il maestoso e vago sembiante, la chiara e sonora voce e la rara grazia nel porgere, tutto in lui concorreva ; onde, qualunque personaggio ei facesse in scena, o ridicolo o grave, tutto faceva a meraviglia.
Angelo Vestri fu il solo destinato dal padre alla scena.
Vedesi ancora comunemente in alcune corti orientali un sovrano rappresentar sulla scena. […] Ed affinchè lo spettatore non confonda i varii personaggi che sostiene, lo stesso attore, nel presentarsi in teatro, dice alla bella prima il nome che porta in quella scena. […] Pedrini, siasi per qualunque altra cagione) in appresso appena nella sola scena fu da’ nobili tollerata.
In progresso di tempo anche questa usanza fu levata via, e la danza non accompagnò più la tragedia fuorché nei cori, o in qualche scena particolare. […] Da una banda della scena vedeasi tranquillamente sdraiata la verità sotto il nome d’Alithia. […] La poesia consisteva in qualche piccola canzonetta, a ciascuna scena delle quali si ballava in diversa foggia. […] All’aprirsi la scena apparve un coro de’ falsi romori e de’ sospetti, i quali givano avanti all’Apparenza e alla Menzogna. […] [38] La scena s’apre rappresentando una pianura deliziosa posta in sulla riva del mare.
Eccone per saggio qualche verso della prima scena di Giunone: Mene igitur incœpto meo desistere? […] Vi si trovano introdotti i cori, e vi è osservata scrupolosamente la quantità delle sillabe ne’ differenti metri usati in ciascuna scena; e per lo sceneggiamento si vuole sopra tutti quelli de’ contemporanei ben connesso.
Tratto dall’amor della scena, entrò in una filodrammatica, e in brevissimo tempo sviluppò tali attitudini, che il Demarini, uditolo, gli fu largo di quelle lodi che lo decisero a lasciar l’arte del bulino per quella di commediante ; e abbandonata la casa paterna e la moglie e i figliuoli, si scritturò in una compagnia di pochissimo conto, passando, dopo alcuni anni di vagabondaggio, in quella di Francesco Taddei, col quale stette dodici anni. […] Egli battè del petto contro il lastrico del ponte, e morì nella notte, proferendo le testuali parole : « atto terzo, scena ultima.
E il Garzoni, dopo di aver parlato dell’Andreini, dell’ Armani, e della Lidia : Ma soprattutto parmi degna d’ eccelsi honori quella divina Vittoria, che fa metamorfosi di sè stessa in scena, quella bella maga d’ amore, che alletta i cori di mille amanti con le sue parole, quella dolce sirena, ch' ammalia con soavi incanti l’ alme de' suoi divoti spettatori : e senza dubbio merita di esser posta come un compendio dell’ arte, havendo i gesti proporzionati, i moti armonici e concordi, gli atti maestrevoli e grati, le parole affabili e dolci, i sospiri ladri e accorti, i risi saporiti e soavi, il portamento altiero e generoso, e in tutta la persona un perfetto decoro, qual spetta e s’ appartiene a una perfetta comediante. […] che poi dirò se in scena amorosa sirena co' lusinghieri detti l’alme trafiggi e i petti, e lascivetta ancella avanzi tutte l’altre in esser bella ?
Recitava come sempre nel dialetto napoletano, e alla scena XVI del primo atto, in cui tutti i Comici fanno « un paragone della Comedia ad altra cosa » egli, dopo il discorso del primo innamorato Ottavio, e del Pantalone Girolamo, dice : Platone nel settimo della sua Repubblica, obliga i Capitani d’eserciti ad essere buoni aritmetici, però io che rappresento la parte del Capitano, sosterrò che la Comedia costa di questa scienza matematica, e che sia il uero : l’aritmetica si diuide in prattica, e speculatiua ; la Comedia e composta di numero semplice non douendo uscire da i termini assegnati da Aristotile, di ventiquattr' hore ; e di numero diuerso, partito in tre parti che sono gl’Atti, ne quali si racchiude. […] Zatta), in cui Traccagnino vien travestito nella scena V dell’atto III da Capitan Coviello, e parla napolitano.
La figura di questo teatro non è un semicircolo, ma una semiellissi: ha una scalinata di quattordici scaglioni di legno senza precinzioni, senza aditi, senza vomitorii: su di essa pose una loggia di colonne Corintie con una balaustrata ornata di statue: la scena è di pietra a tre ordini, e mostra nel prospetto tre uscite e due laterali.
Nondimeno a lei non mancarono le tribolazioni de la scena che le vennero più specialmente dalla vicenda impostale con altra Flaminia, la Calderoni, colla quale s’era architettata una specie di congiura contro di lei, ora il marito Silvio rifiutandosi di imparar cose nuove e tenerle dialogo, ora i comici tutti coprendola di contumelie anche al cospetto del pubblico, tra cui prima e più atroce la qualifica di vecchia e inabile omai al recitare.
O della scena intelligenza e vita, interpetre del vero. – O del Coturno gloria e del Socco, onde ti guarda e freme l’emula Francia a noi rivale eterna, vedendo dalla sua fronte rapita d’arte sì bella la corona illustre della gentile Italia !
Tornò dopo dieci anni alla scena, prima con Micheluzzi, poi con Corazza ; ma il suo ritorno fu una delusione di più.
Che mai da'nostri cigli a spremer vale così larga vena, nella ognor varia scena o dell’antiqua, o dell’età presente ?
Il busto bene formato e sviluppato era sorretto da un pajo di gambette ad arco, che si movevan a salti, a guizzi su la scena nel più buffo modo del mondo.
, 784), con Lavinia, similmente comediante, e si stimava che fusse e che non fusse sua moglie, et haveva acquistato con la scena e con gli amanti qualche commodità di considerazione ; questa, com’è solito dell’oziosa nobiltà napoletana, che oggi si è avanzata assai nel bordello, lussi, ignoranza e povertà, fu posta in conditione dalli donativi del Principe d’Avellino, dal Principe di Belmonte, ed altri nobili et ignobili, che con pochissima moneta la goderono.
Botteghini), fu prima ufficial di marina al servizio di quella repubblica, caduta la quale si diede all’arte della scena, in cui, mercè di una figura maestosa, di una voce possente, di una memoria di ferro, riuscì in breve il più rinomato de' tiranni da teatro diurno.
Vitruvio nel libro vii, c. 5 fa menzione dell’antico pittore teatrale Apatario, il quale dipinse acconciamente la scena nel teatro di Tralles. Ciò che di lui si dice, indica l’intelligenza degli antichi nella prospettiva, mentre la veduta dipinta in quella scena compariva bella insieme e naturale a cagione delle diverse tinte che davano risalto a tutte le parti dell’architettura in essa espresse. […] Nè della scena, nè delle colonne e de’ fregi che l’adornavano, rimane verun vestigio. […] II, pag. 57, lin. 6, dopo le parole, agitano la scena.
L’Asti, giunto al parossismo, uscì precipitoso di scena, e per vendicarsi dell’ offesa per lui inqualificabile del pubblico, trafisse con terribile veemenza la tela di una quinta.
Tradusse dal francese una infinità di commediole e farse e monologhi, e non poche pochades ridusse per la scena italiana.
Troppo sarebbe il voler ricordare tutti i lavori così comici e drammatici come tragici, ne’quali fu proclamato eccellente ; ma basti il dire che mentre atterriva e paralizzava quasi il pubblico rappresentando il Maometto di Voltaire, lo sollevava poi all’entusiasmo, la sera dopo, nel Tutore e la Pupilla di Kotzebue : e solevasi affermare più tardi, non solo dagli spettatori, ma da’comici stessi, che ove egli non fosse stato così presto rapito alla scena, il gran De Marini non avrebbe avuto il primato dell’arte.
Con atto dell’aprile 1680, Orsola Cortesi e Domenico Biancolelli furon naturalizzati francesi, e con altro del 26 settembre 1691, epoca in cui la Cortesi abbandonò le scene, fu dato ordine ai comici italiani, e precisamente a Cintio (Romagnesi), a l’Ange (Lolli) e Mezzettino (Costantini), di pagare alla vedova di Dominique 1500 lire, come rimborso di quella parte di danaro che egli aveva speso per la compagnia in materiale di scena, ecc.
Bene : la Cagliero giovanetta, nova dell’arte, sin dalle prime sue prove su la scena, esercitava già su di me e di tutto il pubblico lo stesso fascino della grande artista italiana.
Nessuno si sarebbe aspettato da lei giovane, da lei nuova, da lei inesperta, tanta perfezione di giuoco, tanto acume d’intelligenza, tanta padronanza di scena, tanta forza di passione, tanta verità e tanta furberia, tanta dignità e tanta grazia, tanta sobrietà e tanta forza, quanta ne sfoggiò per ritrarre con arte stupenda il personaggio di Dora.
Sposatasi al Chiari deliberò di intraprender l’arte della scena, per la quale mostrò subito attitudini singolari.
Fu allora che si affacciò alla mente della Malfatti l’idea di una filodrammatica torinese ; alla filodrammatica successe una vera scúola pratica di drammatica al D’Angennes per preparare gli alunni alla scena…. si recitaron : il Duello, il Ferréol, il Ridicolo, la Donna e lo Scettico, le Due Dame….
Vissuto alcun tempo in una certa agiatezza, morì poverissimo a Pordenone il 1° aprile dell’ ’86, fulminato su la scena, mentre s’accingeva a mangiare nel 1° atto del Tiranno di S.
Gaspare Lavaggi fu anche uno de'più eleganti attori della nostra scena di prosa, e se ne compiaceva.
Di lei scrisse Paolo Pola nella Galleria de' più rinomati attori italiani (Venezia, Picotti, 1825) : Le belle sue forme assistite dalle grazie le più seducenti cara la rendono agli occhi del pubblico al primo suo apparir sulla scena.
Nessuno del suo tempo, nè di poi, curò come lui per lo sfarzo e la fedeltà storica l’allestimento della scena.
Eccone per saggio qualche verso della prima scena di Giunone: Mene igitur incoepto meo desistere? […] Vi si trovano introdotti i cori, e vi si osserva scrupolosamente la quantità delle sillabe ne’ differenti metri usati in ciascuna scena; e per lo sceneggiamento si vuole sopra tutti quelli de’ contemporanei ben connesso.
Le stesse Nafissa vecchia ed Angelica cortigiana si può asserire che non sono come tutte quelle altre infinite cortigiane e vecchie della scena italiana. » Alla fine di essa è un suo sonetto, non brutto, al Pallavicino, che il Bartoli riferisce nel suo cenno : ma io preferisco metter qui una scena del Graziano (la 3ª dell’atto II), la quale ci darà meglio un’idea dello scrittore e dell’artista : III Pocointesta & Gratiano Poc.
Nella prima scena mille pensieri sublimi, ed espressioni nobili energiche e poetiche possono notarvisi. […] Achille nella scena quarta dice a Briseida, Al beneficio de los ayres puros Nuestras naves y tropas veràs luego A su primer vigor restituidas. […] Agamennone nella scena quinta domanda a Taltibio, se abbia eseguiti i suoi ordini, quando pur co’ suoi occhi vede in quel luogo Briseida ed Achille; ed il servo, contro l’indole de’ Taltibii, disubbidiente dice che gli ha enunciati, ma non è passato oltre per compassione, e canta un’ aria al suo re di un tronco che cede alla forza, ma mostra colla resistenza il proprio dolore , sentenza che quando non fosse falsa, impertinente, ed inutile per la musica, sarebbe sempre insipidamente lirica e metafisica.
I della Poetica nella Deca istoriale, su il primo inventore del verso tragico, e del Coro similmente tragico, ed introdusse Satiri in scena a parlare in versi. […] Esto, populares homines, improbos, in Rempublicam seditiosos, Cleonem, Cleophontem, Hyperbolum læsit: patiamur . . . sed Periclem, cum jam suæ civitati maxima auctoritate plurimos annos domi & belli præfuisset, violari versibus & eos agi in scena, non plus decuit, quam si Plautus noster voluisset, aut Nævius P. […] Winckelmann nella sua Storia delle Arti del disegno) il primo, a cui la grazia comica mostrossi in tutta la sua beltà, comparve sulla scena, menando seco in treno le grazie e venustà di un polito linguaggio, un’ armonica misura, un dolce concento, purgati costumi, il piacevole mescolato coll’ utile, e la fina critica condita di sale attico.
Egli dice : Il suo teatro non è scritto in dialogo, ma solamente esposto in semplici scenarj, che non sono così concisi come quelli di cui facciamo noi uso, e che esponiamo attaccati ai muri del teatro dietro le quinte, ma che pure non sono tanto prolissi da poterne trarre la minima idea del dialogo : essi spiegano soltanto ciò che l’attore deve fare in scena, e l’azione di che si tratta, e nulla più. […] Per esempio : recitando all’ improvviso è più facile impedire che il personaggio che entra in iscena s’ incontri con quello che esce, perchè parlando, ed aggiungendo parole sopra la materia, si può vedere quale scena sia occupata dal Personaggio, che sarà per uscire, e non entrare per quella ; ma per dove sarà vota. […] Rimediare alle scene vuote e mute si può altresì più all’improvviso, che al premeditato, potendo ciascuno uscire sopra il tenore della scena antecedente, e parlare fin a tanto che venga a chi toccherà d’uscire. Noi, grazie a Dio, non ci troviamo più a tanta libertà ; ma artisti capaci di rimediare alle così dette scene vuote, e di tenere a bada il pubblico o con un monologo o con una scena, finchè non entri il personaggio che deve entrare, ne abbiamo ancora.
Non era una donna, ma uno spiritello, che correva per la scena con movenze birichine, d’una galanteria indicibile, con una vocina d’argento che s’insinuava ne’ cuori, con una dizione limpida e netta, che afferrava lo spirito.
Andò egli con due suoi Compagni, ma non incontrò molto applauso, dappoichè i Francesi non intendendo la frase Napolitana, nè le scempiezze del Pulcinella, ch’è parte goffa, altro diletto non aveano, se non quel che nascea dagli atteggiamenti ridicoli di Michelagnolo ; e per altro, egli non era grazioso, se non allora quando faceva scena co’suoi Compagni Napolitani, poichè i Comici Francesi non si adattavano al nostro modo di rappresentare all’Improviso, nè capivano la di lui intenzione, onde egli penava a muovere le risate.
Che la Lidia fosse una donnina allegra, credo si possa affermare, richiamandoci alla memoria quei versi di Bartolommeo Rossi, veronese, comico confidente, il quale nella sua Fiammella (Parigi, Abell’ Angeliero, 1584) fa dire nell’atto III, scena VI, a Bergamino : Ho vist la Lidia, ma quel so marit mai non l’ho vist, ma pens che 'l sia andat dentr'el Zodiaco, per formar quel segn che scomenza l’invern…… Intanto dunque la Lidia, giacchè d’altre Lidie di quell’epoca non è pervenuta a noi notizia, aveva marito.
Nato da civili parenti, e rimasto, giovanetto, orfano del padre, si diede alla scena, in cui sognava di diventare egregio artista sotto la maschera di Truffaldino, per la quale avea potuto ispirarsi all’arte di Felice Sacchi (Sacchetto) prima, poi di Ferdinando Colombo, in Compagnia di Pietro Rossi.
Ebbe tre figliuoli addestrati alla scena, ma che gli moriron giovanissimi : una figlia, Anna, maritò a Luigi Perelli (V.).
Ora egli sta preparando la Storia del teatro contemporaneo, di cui è già a stampa la prefazione, e un Libro di memorie ; e io e quanti aman l’arte con me auguriamo all’egregio uomo di condurre a fine le due opere che saran certo dei più preziosi contributi alla storia della nostra scena di prosa.
La prima scena del Pompeo in Cornelio, e il primo atto del Bruto in Voltaire sono squarci di singolar bellezza in quelle tragedie. […] Questa scena è composta di semplice recitativo. […] [33] Quindi, essendo necessaria per l’illusione la rapidità, e la prontezza dello spettacolo, (altrimenti colla lentezza lo spettatore s’accorgerebbe di essere stato ingannato) l’unità di scena, che s’opporrebbe all’una e all’altra, è bandita per sua natura dal dramma. […] La veduta di una scena ben decorata, la vivacità e la forza degli oggetti espressi da lui riscalderanno maggiormente il genio del compositore. […] Non dee star attaccato alla unità di scena, ma non dee trascurarla a segno, che ad ogni scena vi sia un cangiamento, o che gli spettatori vengano trasportati ad un tratto da Pechino a Madrid, o dall’Erebo all’Olimpo: «In vitium ducit vitii fuga…» [41] Insomma il poeta drammatico abbia pur fisso nell’animo, che il buon senso vuol essere da per tutto rispettato, e che gli squarci più vaghi d’immaginazione, e d’affetto non difendono un autore dalla censura quando va contro ai dettami della ragione.
Traspare nella scena sesta dell’atto terzo la grazia comica di Moliere oggidì perduta totalmente in Francia. […] Lepida è pure la sesta scena di Lisetta che scaltramente sa confessare a Dami di esser egli l’autore anonimo di una commedia che poi si sa di essere stata fischiata nella rappresentazione. […] Questa scena termina con una osservazione vera e gloriosa per l’umanità. […] L’ultima scena dell’atto IV contiene lo stesso artifizio usato da Elmira nel Tartuffo, benchè la copia venga dall’originale sorpassata per vivacità e maestria. […] Favart si compose dopo la guerra della Francia coll’ Inghilterra, che fu la penultima del XVIII prima delle novità della prima, e riuscì sulla scena.
Milano, Dumolard, 1895, pag. 46) : La Contessa Adelia Arrivabene, giovanissima gentildonna mantovana (che morte immatura tolse troppo presto alla scena, sulla quale lasciò impronta incancellabile dei più eletti e squisiti modi nel porgere). […] Data dunque la enorme disuguaglianza, i parenti ed amici di una Arrivabene non potevan vedere di buon occhio il loro blasone trascinato sulle tavole della scena. […] In quell’ambiente alto e severo di letteratura, di arte, di amor caldo e profondo della patria, crebbe l’Adelia : e la naturale aristocrazia de’modi, mista a una ineffabile dolcezza dell’animo, e la squisita e compiuta educazione recò sulla scena, dischiudendo all’arte nuove vie : e chiunque anch’oggi la ricordi, suol dire che, non avendo visto l’Adelia Arrivabene nel Bicchier d’acqua, si può ben dire di non aver visto mai la vera Duchessa di Marlborough….
Et a sua moglie essendo vecchia molto gli disdice il voler fingere una semplice fanciulla, essendo che a questo tempo la scena vuol la gioventù. Il Pantalone della Podagra è così mal trattato da detto male che l’anno passato con noi in Venetia non si potea vestire ne allacciar la maschera, e per mettere nna statua in scena, che non mova altro che la lingua, non mi par bene. […] È ben vero che l’innamorato non sono ne Cintio, ne il morto Aurelio, ma troverebbe bene dei giovani studiosi, quali in Fiorenza dove è la scuola della lingua Toscana sono stati sommamente graditi, con speranza ch’habbino da riuscire mercè el studio al paro di qualunque altro metti il piede sopra la scena, e quel che importa senza prettensione, nè giunta alcuna.
Nel '43 in Compagnia Bon e Berlaffa appare su la scena con la veste e il dialetto di Pasquino nelle Donne curiose di Goldoni ; dopo pochi mesi vince la prova con Gustavo Modena, recitando il racconto di Egisto nella Merope di Alfieri ; e gli sono affidate tutte le parti di primo attore giovine. […] … Con una intonazione altissima, disperata, proferiva sul fondo della scena la prima parte della frase, e correva poi con magnifica armonia di movimenti alla ribalta, proferendo l’ultima parte con una voce di basso, rauca, sorda, terribile, che metteva un fremito nella folla. […] E la chiusa della scena con Arnolfo, pur d’Arduino : Ard.
Il ’64 fu diviso tra la scena (con Carolina Santoni, celebrità allora al tramonto, e con Lodovico Corsini, altro stenterello) e il Pontevecchio, ove la necessità l’aveva ricondotto.
Questa figura così vaga, così gentile, intorno alla quale il poeta ha speso un largo tesoro di grazia e di bellezza, è stata incarnata da lei senza mende, senza incertezze e con una ispirazione felicissima, dalla prima all’ultima scena.
Fu al suo apparir sulla scena uno de' più promettenti giovani, preconizzato il successore degno di Tommaso Salvini e di Ernesto Rossi.
La freddezza del nostro artista accennata dal Grimm, pare non fosse che su la scena ; poichè il Campardon riferisce una querela di Giacomo Lavaux, macchinista della Comedia italiana, per esser stato insultato e aver ricevuto da lui un calcio nel ventre e uno schiaffo.
Recatosi il poeta improvvisatore Pistrucci a Viterbo, a darvi accademie alternate con le rappresentazioni della Compagnia Taddei, invitò una sera la Rosa a svolger con lui di su la scena l’ultimo tema datogli.
Tanti rappresentatori e ballerini non mai comparvero sulla scena greca a volto nudo, ma si coprirono di una maschera, la quale nè sempre fu la stessa, nè si usò sempre pel medesimo oggotto, nè sì presto servì per eccitare il riso. […] «Essendo Socrate mostrato sulla scena e nominato tratto tratto (della qual cosa non è da stupirsi perchè egli era ancora raffigurato nelle maschere degl’istrioni per essere stato spesse volte ritratto fin da’ Vasai) i forestieri andavano nel teatro domandando chi mai fosse quel Socrate.»
Tanti rappresentatori e ballerini non mai comparvero sulla scena Greca a volto nudo, ma si coprirono di una maschera, la quale nè sempre fu la stessa, nè si usò sempre pel medesimo oggetto, nè sì presto servì per eccitare il rìso. […] Confermasi ancora questa verità istorica con un passo di Eliano, il quale nel ragionare della commedia delle Nuvole, in cui compariva il personaggio di Socrate, scrive così144: “Essendo Socrate mostrato sulla scena e nominato tratto tratto (della qual cosa non è da stupirsi perchè egli era ancora raffigurato nelle maschere degl’ istrioni, essendo stato spesse volte ritratto sin da’ vasaj) i forestieri andavano in teatro domandando chi mai fosse quel Socrate” ecc.
Il manifesti con qualche scena; che io a pruova ne produrrò alcun’ altra di quella del Ceruti. […] Essa principalmente si appoggia in alcuni versi Oraziani, che non parlano già o di numero di Atti, o di quello delle persone da ammettersi in una scena, ma bensì di quelle eterne ragioni dettate dalla Natura bene osservata, la quale, perchè sia ben ritratta esige certe condizioni, senza di cui ricusa di comparire in Teatro. […] Come si scagionerà questa favola di certe apostrofi non brevi fatte da Isabella al fiume Ebro nella 2. scena dell’Atto I., e da Adulze alle piante nella 3. dell’Atto II.? […] Lasciando quella già accennata dello spirito d’Isabella, che in due quadernarj spiega l’indole della Fenice, a cui si compara, che dirà il Signor Lampillas di quella della 5. scena dell’Atto I. recitata da Audalla e chiusa in una Ottava, “Qual Toro que delexos vè que asoma?” […] che di quella della 3. scena dell’Atto III. declamata dal Messo in nove versi, “Asi lavid nudosa, retorcida?”
Ma che un venditor di porci insegni ai figli contraffare il loro grugnito per invitar alla compera, egli é una scena propria del più basso comico36. […] E’ artificiosa e piacevole la scena di Socrate con Strepsiade nell’atto II. […] Il coro é fatto dalle rane, una di cui scena molto corta ha dato il titolo alla commedia. […] Que’ pochi cittadini, tra’ quali tutta si concentrò la pubblica autorità, posero il freno alla licenza di quel dramma, e più non vollero sofferire di essere impunitamente nominati e motteggiati sulla scena. […] Questo terzo era da pensarsi interamente avanti di animar colla locuzione la prima scena della commedia.
I Satiri, L’Ilarodia, la Magodia, la Parodia, i Mimi, i Pantomimi, i Neurospasti, appartengono alla scena. […] Si avvede Polifemo de’ capretti legati e del latto portato fuori da Sileno per Ulisse nella scena precedente, cose che indicano un furto. […] Ecco come ne favella Diomede coll’autorità di un frammento di Suetonio: Ne’ primi tempi tutto ciò che introducevasi nella scena s’incorporava alla commedia. […] Il graziosissimo Luciano dopo di avere ironicamente commendata la saltazione fino a lodare come esperto ballerino l’eroe Merione celebrato da Omero per l’agilità e destrezza onde scansava i colpi de’ nemici, passa a nominare le tre principali specie di danze introdotte nella scena, la Cordace, la Scinnide e l’Emmelia.
I Satiri, l’Ilarodia, la Magodia, la Parodia, i Mimi, i Pantomimi, i Neurospasti, appartengono alla scena. […] Si avvede Polifemo dei capretti legati e del latte portato fuori da Sileno per Ulisse nella scena precedente, cose che indicano un furto. […] Ecco come ne favella Diomede coll’ autorità di un frammento di Svetonio: Ne’ primi tempi quanto introducevasi nella scena s’incorporava alla commedia. […] Il graziosissimo Luciano dopo di avere ironicamante commendata la saltazione, fino a lodare come esperto ballerino l’eroe Merione celebrato da Omero per l’agilità e destrezza onde scansava i colpi de’ nemici, passa a nominare le tre principali spezie di danze introdotte nella scena, la Cordace, la Scinnide, e l’Emmelia.
Resta vuota per tale accidente la scena, gli attori non vengono più fuori ; a poco a poco spargesi la nuova e giunge fino al palchetto dove era io.
Recitò poi nell’Arlequin Protée, nella Gageure d’Arlequin et de Scapin, e nelle Métamorphoses d’Arlequin, commedia messa in scena da lui stesso ; ma non ebbe alcun successo, e dovè ritirarsi.
Com pagno sviscerao, salute e bezzi A vù che per tant’ anni se sta bon de far el Vecchio en Scena con bravura favorio cusì ben da la natura per esser un famoso Pantalon ; A vù che recitando in più Cittae se sta gloria e lusor d’ogni Teatro, che si ben xe sonà le vintiquatro, sè ancora bon cavar de le risae ; A vù che el tempo coi sò Carnevali v’ha messo in tel catalogo dei Cuchi, che al despetto de certi mamaluchi ve conserverà el nome i vostri sali ; Presento adesso un don che m’è sta fato, e ve dedico i ferri de’ Bottega ; basta una scena a metterve in Canzega, e repararve i refoli del flato.
Già coi dilettanti della città potè mostrare le sue chiare attitudini alla scena, esordendo poi attore stipendiato in Compagnia di Niccola Petrioli, nella quale fu a Genova il 1758.
Recatasi giovinetta alla Scuola fiorentina di declamazione diretta dal Morrocchesi, spiegò subito le più chiare attitudini alla scena, sì che a vent’anni fu scritturata prima attrice assoluta da Tommaso Zocchi, esordendo felicemente a Firenze.
Ricorda il lettore la gran scena di Dita d’oro d’una fata, vecchia commedia di Scribe, in cui il povero Riccardo di Kerbriand, discorre con Elena del suo amore per Berta e della sua balbuzie ?
Ebbe Aristofane tra gli altri figliuoli Ararote, Nicostrato e Filetero, i quali e si valsero delle di lui fatiche per farsi luogo sulla scena, e composero essi pure alcune favole coltivando la commedia nuova; ed uno di essi spiccò singolarmente più nel rappresentare che nel comporreb. […] Questo terzo doveva pensarsi interamente avanti di animar colla locuzione la prima scena. […] Winckelmann nella Storia delle Arti di Disegno osservò ancora che Menandro fu il primo a cui la grazia comica mostrossi in tutta la sua beltà, e comparve sulla scena menando seco le grazie e le venustà di un polito linguaggio, una misura armonica, un dolce concento, purgati costumi, il piacevole mescolato coll’utile e la fina critica condita di sale attico.
Più tardi poi nella medesima città si ammirarono le maravigliose invenzioni onde nobilitava la scena musicale il cavalier Pippo Acciajoli77. […] E così se per ora non possiam dire precisamente l’anno del primo melodramma recitato dagli eunuchi, avremo almeno stabilito che l’epoca della loro introduzione sulla scena si chiuda certamente nello spazio che corre dall’anno 1610 al 1625. […] La moltitudine si affollava sempre con maggior diletto ed avidità alla scena musicale piena di magnificenze che allettavano potentemente più di un senso. […] La scena dal muro alla bocca del proscenio ha di lunghezza 125 piedi parigini e 93 di larghezza. […] I lati retti della platea congiunti alla strettezza della bocca del palco occultano a chi siede lateralmente buona parte della scena.
avessero sulla scena latina prodotte commedie e tragedie eccellenti, superando nelle prime Cecilio, Lucilio, Nevio, Plauto, Afranio, Terenzio, e nelle seconde Cesare, Ennio, Pacuvio, Accio, Varo, Mecenate, Tito Vespasiano, Germanico, Ovidio, Stazio, Seneca? […] Per le commedie non vi fu tra tanti e tanti commedianti che ne composero eccellenti, se non che il celebre Moliere che colse palme nella scena comica, ed il Dancourt assai debole attore, che pur dee contarsi tra’ buoni autori; là dove contansi fuori di quella classe tanti degni autori di prima nota, come il Des Touches, il Regnard, il DuFreny, il Saint-Foi, il Piron, il Gresset, e cento altri.
III cap. 3), e singolarmente dopo quella de’ longobardi, io non credo che si possa additare alcun componimento di scena, o che si possa trovare negli scrittori indicio alcuno, che sui teatri si recitasse veruna azione drammatica. […] Ivi in fatti veggonsi apparir della scena il Papa, l’imperadore con più altri sovrani d’Europa e d’Asia, e l’Anticristo accompagnato dall’eresia e dall’ipocrisia, e perfino la sinagoga col gentilesimo, che anch’essi ragionano.
Nel 1528 diede la sua prima commedia in cui ciascun personaggio parlava un differente linguaggio : la qual cosa dovette recar molto piacere agli ascoltatori delle varie regioni che voller d’allora in poi – scrive il Sand – rappresentato sulla scena il proprio tipo…. […] Nella scena del primo atto di dichiarazione amorosa fra Bettia e Tonino, e nella quarta degli atti secondo e terzo fra Bettia e Ruzzante, il Beolco ha raggiunto il colmo della dolcezza e della forza, della comicità e dell’ effetto.
Ideò subito la sua maschera che altro non doveva essere che il popolano fiorentino di tutti i tempi ; si vesti il cappello a tre punte, colla giacca colorita, coi calzoni corti, colle calze di colore, colle scarpe colla fibbia, e cosi truccato sali sulla scena. […] Io credo che se invece di invadere un campo non loro, si fossero contentate di quello naturale cioè a dire di satira in azione, non mai com’oggi avrebber potuto essere salutari al popolo di su la scena.
La Cecchini non guardava in faccia, nè salutava alcuno degli Andreini e andreiniani ; sparlava di loro in casa, e anche in scena : all’ Andreini stesso faceva mossacce recitando. […] Mentre si mostra in luminosa scena Oh quante auuenta à i cor fiammelle ardenti, E fugati i pensier aspri e pungenti Dispensa all’ alme ogn’ hor diletto, e pena. […] Chiudo la serie con due madrigali : l’uno, ignoto, scritto Sopra i uarij effetti di pallore, e rossore, che si uiddero sul uolto di Florinda mentre recitaua la pazzia in scena ; e sopra la stessa pazzia. […] Ma finta in finta scena è tua pazzia. Ne la scena d’ Amor uera è la mia.
Che già non avrebbono più ragione di dire esser l’opera una composizione sconnessa, mostruosa e grottesca; ma per lo contrario ravviserebbono in essa una viva immagine della greca tragedia, in cui l’architettura, la poesia, la musica, la danza e l’apparato della scena si riunivano a crear la illusione, quella possente sovrana dell’uomo, e in cui di mille piaceri se ne formava uno solo ed unico al mondo59.
Una sera in cui egli rappresentava al Gerbino di Torino l’A’ basso porto di Cognetti, l’Emanuel che assisteva alla recita da una poltrona, con sentimento di schietta ammirazione pel fratello d’arte, gli mandò sulla scena un bellissimo anello con pietre preziose, accompagnato da queste parole : Giovanni Emanuel all’inzupperabile o’ Zi Pascale lu cantiniere.
Cominciò a recitar colla maschera, ma fu costretto dal pubblico a lasciarla alla seconda scena
Avea fatto mezza la parte all’apparire in scena, (in arte lo chiamavano buzzo, a causa della sua splendida pancia) l’altra metà la faceva, dicendola, con una semplicità di mezzi sorprendente.
Il pianto a volte la soffoca davvero in scena ; le scendono giù dagli occhi le lacrime che essa si beve, e le spezzano la parola ; i capelli le si scompongono, le scendon giù per le spalle, cedono al pettine che li sosteneva, la voce si rompe, si fa rauca, ingrata.
Ma questo vero indiscreto non si dee imitar sulla scena; in prima perchè la parte più sana riprenderà l’impertinenza del buffone, e perciò sembrando tal mescolanza sconvenevole nella conversazione dovrà, come in fatti avviene, dispiacere ancor nella scena, dove la natura dee comparire scelta e conveniente19. […] Voleva egli mettere sulla scena un usurpatore e un omicida, e per renderlo dispregevole e odioso, aggiunse a’ di lui vizj l’ubbriachezza, sapendo che il vino esercita la sua possanza su i re come su gli altri24.
Se di tutti i grandi della scena si avesser studi compagni, ci si farebbe una idea ben chiara di quel che fosse l’arte rappresentativa ne’vari periodi : ma sciaguratamente il libro del Bonazzi è unico. […] ……Invan sperate che crescendo il valor vi cresca il lucro, o seco lor vi accolgano i signori dell’italica scena. […] E ora, com’ è principale intento dell’ opera pubblicare le cose che contribuiscono a dar più compiuta la storia della nostra scena, metto qui dalla Storia di Perugia le pagine che trattano delle condizioni dell’arte (vol.
Dopo queste scipitezze allora assai di moda parte il conte col servo, cangia la scena, e l’azione passa in città. […] Entra a tal fine nella prigione colla mascheretta e coll’abito semplice che portò nella prima scena. […] Tradurrò esattamente qualche squarcio di questa scena. […] Qual differenza da queste parole a quelle della scena di Diana con Cintia in cui nasce l’impegno di lei! […] Ella tuttochè piena della memoria di Sicheo, promette nella prima scena di unirsi all’Affricano.
Scoprendosi la scena, si vede il Re Scappino con Brighella e Bagolino suoi consiglieri, uno da un canto, e l’altro dall’altro con una mano di Paggi Zagnetti, dove arrivando Muzzina senza Tabarro e Beretta, gli dà una Supplica, e Scappino così cantando dice : Varda un poco, Brighella, mio conseglier fidado, se sto Zagno ha portà qualche novella, che possa desturbar el nostro stado : spiega tosto la carta, e inanzi, ch’el se parta, saveme dir, s’el brama pase o guerra, e che bon vento l’ha portà in sta terra. […] I comici d’oggi dicono ancora : fare uno sbianchimento ; e vuol dire più specialmente : metter sotto gli occhi del pubblico l’errore di un compagno di scena, non rilevato avanti. […] E credo per lo studio della scena di prosa, non sia privo d’interesse il dialogo in furbesco di Zan Muzzina tra Scatarello e Campagnolo, che è nella seconda parte della Corona maccheronica, e di cui ecco le prime due stanze : Scatarello Alluma un po’ Calcagno, se ’l gonzo da per ell’ vien al cogoll’. […] Veder talvolta comparir in scena con dolcissima vena presto e destro, qual suol, Covar Navettola, Coviel, Giancola, e Pascariello Pettola.
La Locandiera, Il Ludro, La gerla di Papà Martin, L'inquisizione di Spagna, L'Ajo nell’ imbarazzo, Il Barbiere di Gheldria e altro ; e il Tommaseo disse di Papadopoli che con un cenno rendeva un carattere, con una modulaziane di voce avviava una scena.
Si proseguirono però le Comedie nella Sala detta della Biada, ove d’ordine di Sua Altezza si fecero la scena, e qualche palchi per modo di provisione.
Un po'appunto per questo, e molto per la fibra che appariva più tosto debole a sostener le lotte e le fatiche della scena, il padre gli fu sempre avverso a che si facesse comico ; ma egli, malgrado tutto, complice lo zio Alessandro, entrò il '78 nella Compagnia di Achille Dondini come generico, e il '79 in quella di Marazzi-Diligenti come generico primario.
Sostenne poi la protagonista in Coraline jardinière ovvero La Comtesse par hasard, commedia in tre atti di suo padre, e in Coraline esprit follet, scenario in tre atti rimesso in scena dallo stesso.
Ma Tiberio non mantenne la parola, e dopo molti anni fecene appena rifare la scena, che pure lasciò imperfetta, come afferma Suetonio, o almeno ne trascurò la dedicazione, come racconta Tacito171. […] In oriente Giustiniano imperadore e legislator famoso chiamò a parte del suo letto e dell’alloro imperiale la mima Teodora: in Italia il Goto re Teodorico fe rialzare le terme di Verona e riparare in Roma il teatro che minacciava ruina184, e un anfiteatro e nuove terme fe costruire in Pavia: sotto Atalarico frequenti furono gli spettacoli teatrali in Italia, e vi si profusero ricchezze grandi per diletto e ristoro del popolo185: la Sicilia sin dal quarto secolo ebbe in costume di mandare a Roma i suoi abili artefici di scena che vi erano chiamati186. […] E come avrebbero mirato senza indignazione gli adulterii mimici, che, secondo Lampridio, non bastò ad Eliogabalo di vedere fintamente rappresentati, ma ordinò che s’imitassero sulla scena al naturale198? […] Sofocle si forma su di lui; rende il proprio stile più grave, più maestoso, più sublime; aumenta di vivacità, di decenza, di verità, di splendidezza la scena tragica; e diviene nostro modello con Edipo, Elettra, Antigona e Filottete. […] La poesia d’Aristofane da non paragonarsi punto con chi trattò un’ altra specie di commedia199, e degna degli applausi d’ una libera fiorente democrazia, appunto perchè osò intrepidamente inoltrarsi nel politico gabinetto e convertir la scena comica in un consiglio di stato, nulla ha di rassomigliante nè alla nuova de’ Latini nè alla moderna commedia.
Tutto ciò che contiene questa scena di Augusto e di Cinna trovasi presso Seneca il filosofo lib.
Si trattava, in una scena, di riconoscere se un ritratto era quello del sovrano ; ed egli : « è lui, è lui.
Figlio di Dominique, del quale prese il nome sulla scena, nacque a Parigi il 20 settembre 1680.
L'attore era veramente grande, la sua figura illuminava tutta la scena, riempiva tutti i vuoti, raccoglieva tutte le emozioni e gl’interessamenti ; così le volgari stupidaggini della commedia, il suo difetto d’umanità, di nesso logico, di spirito, eran dimenticati in un godimento che pervadeva tutto il pubblico e durava ancor fuori del teatro : una felicità che accompagnava fin a casa gli spettatori, e lasciava ancor sorridere, nel sonno, le loro labbra dischiuse.
Si laureò in farmacia, e continuò gli studj per uscirne dottore, quando nel '42 (egli aveva già mostrato chiare attitudini alla scena, recitando coi filodrammatici nel dramma e nella tragedia), invitato da un tal Pietrucci (forse il caratterista Petrucci (V.) ?)
Dopo queste scipitezze allora assai di moda parte il conte col servo, cangia la scena, e l’azione passa in città. […] Entra a tal fine nella prigione colla mascheretta e coll’ abito semplice che portò nella prima scena. […] Tradurrò esattamente qualche squarcio di questa scena. […] Je vous avoüe (atto II scena 5) que cela m’a donné de l’émotion, & je souhaiterois fort de trouver les moyens de châtier cette hauteur. Qual differenza da queste parole a quelle della scena di Diana con Cintia in cui nasce il di lei impegno!
Nel teatro inglese non si vede nulla di peggiore della scena di Panfilo e Nifa che trovasi nella Celiana di Rotrou. […] N’é eccellente la scena, in cui Augusto chiede sull’abdicazione dell’Imperio il parere di que’ medesimi cortigiani che stan congiurando contra di lui. […] Degni d’un eroe sono i versi dell’ultima scena: Je suis maître de moi comme de l’univers, Je le suis, je veux l’être. […] Se questo sistema, al lor credere, non può aver la verità conveniente all’epopea, come l’avrà sulla scena? […] Chi poi gli ha detto che le donne in Grecia e in Italia erano talmente allontanate dalla società che non se ne potevano ricavar caratteri per la scena?
Vi sono poi certe farfacce buffonesche che costano poco e fanno talvolta gran romore sulla scena, dalla qual cosa potrebbero gl’ inesperti dedurre una falsa conseguenza (e la deducono in fatti e ne fanno pompa) e fuggir la fatica necessaria per mettersi in istato di scrivere componimenti simili all’Atalia e al Misantropo, perchè non furono questi la prima volta ricevuti favorevolmente dagli spettatori.
Innamoratosi dell’arte del padre, lo seguì, giovinetto, per alcun tempo : ma fu messo ben presto in un collegio della città natale, ove stette fino agli studi universitari, che non volle compiere ; perchè, recatosi a Bologna a tal uopo, così forte risorse in lui l’amor della scena, che pensò bene di raggiungere il padre a Venezia, e con preghiere di ogni specie indurlo a concedergli di lasciar per essa i codici e le pandette.
Se con lui sempre starete nuovi scherzi apprenderete, nuove grazie, nuovi sali, e facezie naturali, ch'ei succhiato ha dalla balia per conforto dell’ Italia, chè se l’ode su la scena la dolente si serena, e dimentica gli affanni ch'ella soffre da tanti anni !
Questa rappresentava le serve nelle commedie italiane : faceva le delizie di Parigi sopra la scena, e quelle della Società dove avevasi la fortuna d’incontrarla.
In proposito degli attori delle Atellane vuolsi osservare che tra’ privilegii loro accordati era quello di escludere dalla rappresentazione de’ loro esodii o farse giocose gli altri istrioni, i quali per lo più erano schiavi, e in generale pochissimo considerati fuori della scena. […] Assisteva Marco Porcio Catone a’ Giuochi Florali fatti dall’Edile Messio l’anno di Roma DCXCVIII, ed il popolo si vergognò di chiedere che le mime deponessero le vesti, rispettando la presenza di quel virtuoso cittadino; ma egli avvertitone da Favonio suo amico uscì dal teatro, ed il popolo contento l’accompagnò con plausi strepitosi, e richiamò sulla scena quell’antico costumea. […] Batillo favorito da Mecenate giunse a far bandire da Roma e dall’Italia il suo emulo Pilade, benchè Suetonio ci dica esser costui stato esiliato, per avere dalla scena mostrato a dito uno degli spettatori che lo beffeggiava.
In proposito degli attori delle Atellane vuolsi osservare che tra’ privilegii loro accordati, era quello di escludere dalla rappresentazione de’ loro esodii e farse giocose gli altri istrioni, i quali per lo più erano schiavi e in generale pochissimo considerati fuori della scena. […] Assisteva Marco Porcio Catone ai giuochi Florali fatti dall’Edile Messio l’anno di Roma DCXCVIII, ed il popolo si vergognò di chiedere che le mime deponessero le vesti, rispettando la presenza di quel virtuoso cittadino; ma egli avvertitone da Favonio suo amico uscì dal teatro, e il popolo contento l’accompagnò con plausi strepitosi, e richiamò sulla scena l’antico costume146. […] Batillo favorito da Mecenate giunse a far bandire da Roma e dall’Italia il suo emulo Pilade, benchè Suetonio ci dica essere costui stato esiliato, per avere dalla scena mostrato a dito uno degli spettatori che lo beffeggiava.
Il’62, lasciata l’arte, si fermò a Firenze ovè accettò il posto d’uomo d’affari e direttor di scena di quel Politeama, tuttora in costruzione. […] Vi son cinque grandi lumiere cariche di candele, viticci a cinque candele dappertutto, e gran padiglione di percalle sulla scena, intrecciato di veli e di trine.
Una larghissima vena di comicità, che gli zampilla su dal cuore, è entrata per modo nelle sue consuetudini, che non sappiam più se in iscena reciti, o se fuor della scena discorra, tanto si fondono e confondon l’uomo e l’artista. […] … Sinchè, gittatomi al finir della scena tra le braccia del padre, uno scroscio di applausi coronò l’opera del maestro sapiente e dello scolaro divoto.
Perchè il Rasi è ormai un transfuga della scena. […] E forse allora sogna i trionfi della scena, una filarata di teste che pendono commosse dalle sue labbra, un’eletta d’ anime gentili che la parola alata dell’artista e del poeta agitano soavemente, e il plauso che giunge caro, aspettato, desiderato, e l’effetto studiato e conseguito in quel dato momento, in quel punto preciso in cui si voleva e si attendeva, e il mormorio approvatore, e quella calda e vivace corrente di simpatia che lega il pubblico agli interpreti sapienti….
Ornavano la scena trecentosessanta colonne divise in tre ordini, nel primo de’ quali esse erano di marmo di trentotto piedi di altezza, nel secondo di cristallo, nel terzo di legno dorato.
Ornavano la scena trecento sessanta colonne divise in tre ordini, nel primo de’ quali esse erano di marmo di trentotto piedi di altezza, nel secondo di cristallo e nel terzo di legno dorato.
Io venni ad osservar la tua Pazzia sulla scena baccante, e con tormento non seppi mai veder la mia follia.
Nata l’Amalia Borisi in tale ambiente…. di ristrettezze, non appena fu utilizzabile, naturalmente, recò anch’ essa la sua parte di aiuto alla Compagnia, recitando a tre anni, per la prima volta, nel Vagabondo e la sua famiglia di Augusto Bon, e declamando poi poesie, col profitto delle quali potè una volta a piccole tappe compiere col padre suo, che improvvisava pe’ caffè qualche scena di arlecchino, un viaggio in Isvizzera.
Grande attenzione nell’ uditorio ; e io guardavo attorno, per vedere se alcun altro artista compariva, quando egli incominciò, gridando : atto primo, scena prima ; e dopo di aver detto che il fatto aveva luogo in una grotta, prosegui notando il nome dei personaggi dei due sessi, che egli avrebbe rappresentato, e così di tutti gli altri sol nominati.
L' '85, a Nizza, Giuseppe Pietriboni, quando si facevan sulla scena lavori di riadattamento nel teatro incendiato, visto nella penombra socchiuso un uscio, e credutolo quello di un camerino, lo aperse e vi entrò.
Mi sovviene, che rappresentandosi il mio Bellisario (in cui sosteneva egli un tal personaggio), nella scena tenera e dolente, in cui comparisce senz'occhi, con un bastone alla mano, moralizzando sulle vicende umane, diede un colpo di bastone a una guardia per far ridere l’uditorio.
L’Innamorato, per esempio, pare non avesse che uno studio : quello di recar sulla scena tutto un repertorio di immagini achillinesche, di cui abbiamo avuto un largo esempio nell’orazione funebre di Adriano Valermi per la Vincenza Armani ; mostrando così, come la fama di un attore serio, e sopratutto amoroso, avesse una solida base nella strampalata ampollosità del fraseggiare. […] » La Commedia, a parte il gusto del tempo, è ben fatta, e tale, forse, da poter essere riprodotta anche oggi con lievi modificazioni ; e si capisce come restasse viva sulla scena oltre un secolo.
Ma negli scoppi d’ira selvaggia, in alcune scene dell’ Otello, nella imprecazione del Re Lear, nella scena capitale del Bastardo, quanta violenza, quanto fuoco, in quella spontaneità. […] Un ultimo lampo di viltà e d’angoscia al momento di entrare in scena, poi divento freddo e calcolatore come un giudice.
Più tardi poi nella medesima città si ammirarono le maravigliose invenzioni onde nobilitava la scena musicale il cavalier Pippo Acciajolia. […] Vi si eseguirono quattro balli differenti il primo della Fama con sei cigni, il secondo delle Muse con Apollo, il terzo di nani e ciclopi, il quarto di varie deità e vi comparve la Notte su di un carro di stelle tirato da quattro cavalli, e si cangiò più volte la scena rappresentando successivamente un tempio, il Parnasso, la fucina di Vulcano e i Campi Elisi. […] Da ciò si deduce che molti anni prima del 1640 (in cui scrisse Pietro della Valle che erano essi assai comuni sulle scene italiche) gli eunuchi si erano introdotti ne’ nostri melodrammi, Ora riducendo discretamente questi molti anni a soli dodici o quindici, noi risaliremo intorno al 1625, E così se per ora non possiam dire precisamente l’anno del primo melodramma recitato dagli eunuchi, avremo almeno stabilito che l’epoca della loro introduzione sulla scena si chiuda certamente nello spazio che corre dall’anno 1610 al 1625.
La scena comunica colla platea per due scalinate laterali che partono dal proscenio.
Forse fu in quell’anno 1580, al momento della riforma della Compagnia, che il Pellesini prese parte al banchetto descritto dal Rossetti nel suo Scalco (Venetia, MDLXXXII), e già riferito in parte dal D'Ancona e dal Solerti, nel quale egli appariva colla sola testa fuor della tavola, accomodata al bisogno, coperta da un pasticcio, d’entro il quale poi cercato invano da Pantalone, faceva scena con lui, destando le più matte risate.
Fu educato nel Collegio Clementino di Roma, indi, come sovente s’è visto, trascinato alla scena dall’esempio dei parenti, salì subito in alto grido per le parti d’ Innamorato, sotto nome di Cintio.
Fortunatamente un fornajo presente alla scena si fece mallevadore, e Romagnesi potè riaversi del lungo cammino, e dei disagi patiti.
Condanno bensì che i maestri non abbiano cavato da siffatto principio tutti i vantaggi che ne potevano e che riflettuto non abbiano qualmente la sinfonia preliminare, oltre l’eccitar la curiosità dell’udienza, ha per iscopo eziandio l’esporre come in breve argomento l’indole dell’affetto che regnerà nella prima scena. Dico nella prima scena, giacché non saprei convenire col conte Algarrotti, il quale è d’avviso che l’apertura esser debba una espressione o compendio di tutto il dramma. […] Così nell’Avaro di Moliere allorché arriva a notizia d’Arpagone che gli è stata rubbata dal proprio figlio la cassettina dove nascosto avea egli i suoi preziosi danari, s’ode gridare da forsennato per la scena: «Helas! […] Alle volte la scena costerà di venticinque versi perché altrettanti vi vogliono per bene esprimere il sentimento, e di questi venticinque il compositore ne mutila dieci. […] Alle volte un comando decisivo del principe, un affare di congiura, o qualche altra urgenza di sommo rilievo, richiamerà altrove l’attore, ma egli non partirà a motivo che il compositore lo trattiene mezz’ora in sulla scena dicendo “parto parto” e non partendo giammai.
La più felice sembrami Giunio Bruto, la cui arringa é un miracolo d’eloquenza animata da tutta la bellezza poetica conveniente alla scena. […] L’abate Domenico Lazzarini di Macerata illustre poeta ha pure composta una giudiziosa tragedia, intitolata Ulisse il giovane, nella quale si richiama sulla scena tutto il terrore e la forza tragica del teatro ateniese. […] Per conoscere la manifesta diversità de’ due caratteri, mettasi Sesto in luogo di Cinna nella scena sull’abdicazione di Augusto, e si vedrà che la tragedia non passerà oltre, non potendo convenire a Sesto la parte che vi fa Cinna d’ipocrita e di traditor determinato. […] Nella scena IV dell’atto II Tito fa che si congiura contro la sua vita, ma non che Sesto sia il reo principale; perciò vedendolo venire va a lagnarsi con lui medesimo, coll’amico, dell’ingratitudine de’ romani: Tit. […] Nella scena VI dell’atto III non si conosce meno il maestro.
Merita di notarsi singolarmente la scena del delirio di Fedra che recammo nel tomo IV delle Vicende della Coltura delle Sicilie. […] Vi si vede con somma naturalezza e vivacità espressa felicemente la scena di Giocasta co’ figliuoli, la dipintura assai viva de’ loro caratteri, la robustezza dell’aringa della madre, la descrizione dell’assalto dato a Tebe, l’uscita degli assediati, la rotta degli Argivi, Capaneo fulminato, il duello de’ feroci fratelli con tutta l’energia delineato.
Vi sono poi certe farse buffonesche che costano poco e fan gran romore dalla scena, come i mostri teatrali spagnuoli, le farse istrioniche lombarde e napolitane e le francesi delle fiere.
La scena communica colla platea per due scalinate laterali che partono dal proscenio.
Ammalatasi nel Carnevale del 1840, fece ancor qualche rara apparizione sulla scena, che dovette abbandonar poi per sempre nell’aprile.
Richiamato dal padre a Milano, ove gli fu permesso di alternar l’arte della scena con la professione paterna, istituì filodrammatiche società, di cui egli era esperto direttore, recitandovi con successo parti di tragedie alfieriane, quali di Filippo, di Agamennone, di Egisto, ecc.
E per rammemorarne alcuni pochi, nelle Spagne vi si dedicarono il cattolico re Filippo IV, e teologi e sacerdoti e magistrati ed uomini di stato, Solis, Calderon, Moreto, Montiano, Cadalso, Gusman duca di Medina Sidonia; nella Germania Klopstock, Federigo II il Grande re di Prussia, e tanti e tanti reputati letterati; in Inghilterra il duca di Bukingam, Adisson segretario di stato, il cavaliere Van-Broug, il capitano Stèele, Sheridan; in Francia Margherita di Navarra compose per la scena, Francesco I ne ispirò il gusto sulle tracce segnate dagl’Italiani; il cardinal Richelieu avrebbe voluto passare per autore del Cid, e promosse la coltura scenica a segno che ne germogliarono i Cornelii e i Racini; il gran cartesiano Fontenelle ne scrisse la storia, e compose alcuni melodrammi; Boileau Desprèaux ne insegnò i precetti seguendo Orazio; il Ginevrino filosofo Gian-Giacomo Rousseau volle pur dare il nome tra’ melodrammatici.
Ma sciagura volle che, abbandonata la scena sudatissimo, egli prese tal raffreddore che, mutatosi di punto in bianco in polmonite, lo condusse in capo a pochi giorni al sepolcro : e ciò fu il 2 agosto 1688.
Il D' Ambra di Napoli ha ristampato (1884) una commediola, intitolata : Flaminio pazzo per amore, con Pulcinella studente spropositato, Commedia nuovissima, secondo il buon gusto moderno, che è certo – aggiunge il Croce – una manipolazione dello Scenario, del quale dovea far parte la scena di spropositi ch'egli riferisce tra Flaminio matto e Polcinella.
Sbrigati ch'ebbe alcuni operaj che attendevano soldi, mi chiese, con un’eloqueuza da scena, in che potesse avere la bella sorte e l’onor di servirmi.
In particolare Metastasio fu contestato per il primo finale del Catone in Utica rappresentato a Roma nel 1728 in cui Catone si uccideva in scena; in seguito alle critiche Metastasio modificò l’ultima scena del dramma e la morte di Catone veniva descritta dalla figlia Marza. […] Nota alla nota d’autore n. 17: «I suoi giardini attirano la vostra ammirazione; ovunque guardate scorgete le mura; non si vedono piacevoli contrasti, né quella artificiosa selvatichezza che appesantisce la scena; a ogni boschetto corrisponde un boschetto; ogni viale ha il suo gemello; la metà di una spianata riproduce esattamente l’altra metà», vv. 113-118; «Consultate in tutto il genio del luogo che dice alle acque di alzarsi o di cadere o spinge il colle superbo a sollevarsi verso i cieli o scava la valle come un anfiteatro; invita al campestre, apre un varco in un bosco, congiunge le selve, varia le ombre, prolunga o spezza le linee dritte; dipinge mentre voi piantate e disegna mentre voi lavorate», vv. 57-64.
Si calmi adunque di talun l’iraconda impazienza, e mentre da un lato trova in questa compagnia chi per assoluta perizia può soddisfarlo, si appaghi dall’altro della tenera capacità e delle belle speranze, onde a buon dritto l’Itala scena può attendere in questa ragazza una novella esimia attrice. […] Dal primo suo apparire sulla scena, sino alla fine, fu il vero, il reale personaggio con tanto amore, con tanta forza descritto dal Pellico ; anzi si può dire, che lo stesso autore avrebbe provato una nuova compiacenza per la sua creazione ove l’avesse veduta rivivere per opera della egregia attrice. […] Dotata di memoria ferrea, poteva fare a meno del rammentatore ; ed in 5 anni che ebbi il piacere di esserle al fianco come direttore e primo attore, non l’ho mai veduta ricorrere al soggetto per saper la parola di entrata in scena.
Vagheggiò la morte su la scena fra lo splendore dei lumi, il fragor degli applausi, come quella d’un generale sul campo di battaglia : il fato che gli fu prodigo di tante dolcezze, gli serbò la più amara delle delusioni : su la grande arte sua, in mezzo agli urli della folla esaltata, al teatro di Odessa, calò il sipario per sempre ; e abbandonato, forse già dimenticato, il grand’uomo nella piccola Pescara esalò l’ultimo respiro alle 11,45 del 4 giugno 1896. […] L'amor della scena fu più forte di ogni contrario proponimento ; e un bel giorno, poco avanti il carnovale del 1846, di nascosto del babbo, ma col tacito consenso del nonno e della mamma, partì da Livorno per andare a raggiungere a Foiano una compagnietta delle infime, alle cui recite si soleva dare come biglietto d’ingresso frutta, salsiccie, e vino ; e in cui la paga degli attori variava dalle due alle quattro crazie al giorno.
.), ne’suoi Dimenticati vivi della scena italiana, affibbia all’ Azampamber il nomadismo miserrimo ; e, a voler descrivere ne’ Bozzetti di Teatro un povero diavolo di capocomico, lo chiama : « lontano discendente del gran Patriarca Azampamber.
Ma qual degna mercè l’itala terra Diede al suo Roscio,14 che a l’ingenue De la bella natura alfin rendendo [norme L’arte che dal clamor nome prendea, E le leggi cangiate onde costretta Aveala il vulgo letterato e i molti Ampollosi istrioni15 a cui la sagra Fiamma del genio non ardeva in petto, D’Adria il Terenzio e il Sofocle astigiano E quant’ altri ha poeti estrania scena Multiforme abbellia ?
I dissapori, le battaglie, le accuse a Don Giovanni de' Medici, (il capocomico), e le scuse poi, le invidie, gli scandali sulla scena tra i partigiani di Celia e quelli di Lavinia (l’ Antonazzoni), le sonore fischiate a quella in pubblico teatro, e le pubbliche difese dello Scala, e le lettere di Celia, sono pubblicate e chiarite in un articolo di Achille Neri, uscito nella Scena illustrata del 1° agosto 1887.
Quand’ecco arriva sulla scena lei con una scatola in mano, vestita proprio come una sartina che si rechi a domicilio, e, senza uscire dalla naturalezza, fa sentire la musica di quella voce.
Giuseppe Angeleri, il più celebre di tutti, morì sulla scena, appena entrato fra le quinte, d’un colpo a Milano, l’estate del 1754 ; e il nostro Zannoni uscendo da una cena sontuosa a Venezia il 22 febbrajo del 1792, cadde in un canale profondo, e poco tempo dopo morì.
[20] Non è men bella la scena dove Orfeo prega Plutone che gli restituisca la perduta sposa, della quale per esser troppo lunga non riferirò se non le stanze che canta Orfeo prima d’arrivar innanzi al re dell’Inferno: «Funeste piaggie, ombrosi, orridi campi, Che di stelle o di Sole Non vedeste già mai scintille o lampi, Rimbombate dolenti Al suon delle angosciose mie parole, Mentre con mesti accenti Il perduto mio ben con voi sospir: E voi, deh per pietà del mio martiro, Che nel misero cor dimora eterno, Rimbombate al mio pianto, ombre d’Inferno. […] Il cangiar ch’ei fa la scena; quantunque alla natura del dramma non si disdica per le ragioni da me addotte nel capitolo primo di questo libro, è tuttavia troppo violente nell’Euridice, poiché ad un tratto si passa dai campi amenissimi nell’Inferno senza che venga preparato, qualmente si dovrebbe, il passaggio. […] Ciò si ha da Giambattista Doni nel suo trattato sulla musica scenica59, e dalla dissertazione che segue agli scherzi musicali di esso Claudio Monteverde raccolti da Giulio Cesare suo fratello, e stampati in Venezia da Ricciardo Amadino. né inferiore rimase il poeta in quella scena bellissima, la quale incomincia: «O Teseo, o Teseo mio, Se tu sapessi, oh Dio! […] Se un poeta è rimasto invaghito della bellezza di codesta scena, non resterà meno meravigliato un musico della singolar armonia che si sente in quest’altra.
La Sicilia fin dal IV secolo ebbe in costume d’inviare a Roma gli artefici di scena che produceva, essendovi spesso chiamatic. […] E come avrebbero mirato senza indignazione gli adulterii mimici, che, secondo Lampridio, non bastò ad Eliogabalo di vedere fintamente rappresentati, ma ordinò che s’imitassero sulla scena al naturaleb?
E per mentovarne alcuni pochi, nelle Spagne vi si dedicarono sacerdoti, teologi, magistrati, uomini di stato, Solis, Calderon, Montiano, Cadalso, Gusmano duca di Medina Sidonia: in Danimarca Klopstock: in Inghilterra il duca di Buckingam, il nobile Dryden, Milton l’epico della Gran-Brettagna, Adisson ministro di stato, il cavalier Van-Broug, il capitano Stèele: nella Francia Margherita di Navarra compose per la scena; Francesco I cercò d’inspirarne a’ suoi popoli il gusto sulle tracce dell’Italia; il cardinal Richelieu avrebbe voluto passare per potea teatrale, e ne promosse la coltura, onde germogliarono i Cornelii e i Racini; il celebre cartesiano Fontenelle ne scrisse la storia; Boileau Despréaux ne insegnò i precetti seguendo Orazio; il Ginevrino filosofo Gian Giacomo Rousseau volle dare il nome tra’ pregevoli drammatici.
.]: “L’Autore della storia de’ Teatri fa onorevole menzione di molti illustri Romani che abbellirono la scena .... ma non ricordò quanto splendore dovette a Cornelio Balbo”; dicendo ciò per le quattro colonne di onice che egli espose rel suo Teatro.
Del Buonarrotti il giovane e de’ di lui drammi leggasi quanto ne dice il conte Mazzucchelli, a cui si può aggiugnere il giudizio, che della Tancia portò il Nisieli in questa guisa: Ridicolosa, accomodata e ingegnosissima invenzione mi par quella dell’ autor della Tancia commedia, ove per cori all’usanza delle antichissime commedie de’ Greci, inventò alcuni intermedj nel fine d’ogni atto, i quali contengono fragnolatori, uccellatori, pescatori, e mietitori, tutte persone opportunissime alla scena, e convenevolissime al subjetto rusticano.
In proposito del valore della Riccoboni, e del seguirla che faceva il Maffei di città in città, assistendo alle rappresentazioni della Merope, la Fama (atto secondo, scena I) a Radamanto, che, dopo la descrizione chiara e viva da lei fatta della tragedia, aveva detto : mentre Femia m’accusi, io ben m’avveggio, che nelle accuse tue l’amor traluce, perchè se tu l’odiassi, i bei colori negati avresti al tragico racconto…, risponde : Facciol perchè l’ingrato entro il mio amore specchi sua colpa, e sè convinto accusi.
Per la Pazzia di Flaminia, scrisser versi l’Olimpico (11), il Sofferente Incognito (14), e l’Afferrante (60) ; un madrigale dettò Incerto Autore, quando ella rappresentò Angelica nella Pazzia d’Orlando (57) ; altro ne dettò il Zifferante, quando ella era in abito d’Iride (94) ; ne abbiamo del Crivellato sopra un bacio colto da lei in scena, per lo quale s’arrossì (65), dell’Acuto, sopra l’archibugiata sparata da lei (48) ; un sonetto scrisse il Sofferente Incognito, al’hora che risero alcuni al veder che molti veramente piangessero (13), e altro ne scrisse il Galleggiante, mentre ella recitava in habito virile (54).
Egli fu il primo ad innalzare il lusso della scena a tal punto che il solo Fabbrichesi potè paragonarsi a lui.
Degno di maggior nota è il Capitan Frangimonte, nella « Regina Statista d’Inghilterra, et il Conte di Esex, Vita, successi, e morte, di Nicolò Biancolelli (V.) » annunziato nella scena sesta dell’atto primo col nome di Capitan Scarabombar done. Fuorchè nel primo discorso di detta scena, che ha il peccato d’origine, questo Frangimonte, Capitano della Guardia, diviene un semplice mortale, millantatore, fanfarone talvolta con Picariglio il servo del Conte, ma semplice e ossequioso sempre con la Regina. […] Per quanto concerne le prime apparizioni del Capitano in sulla scena, non è male dare uno sguardo alla Farsa satyra morale di Venturino Venturini di Pesaro (prima del 1521), della quale Lorenzo Stoppato pubblica un sunto nel Capitolo V de’suoi saggi — La Commedia popolare in Italia (Padova, 1887). […] Col mutar degli attori, se ne mutò anche l’indole sulla scena. […] Per mostrare quello ch’era, o che avrebbe dovuto essere il Capitano, mi piace riportar qui le parole di Pier Maria Cecchini, altro comico valoroso di quel tempo : e così man mano andrò facendo citando a ogni suo luogo quelle altre parole concernenti altri tipi di commedia ; parole che dànno più che mai l’idea di quel che fosse a que’ tempi la scena italiana.
La moltitudine si affollava sempre con maggior diletto ed avidità alla scena musicale piena di magnificenza che allettavano potentemente più di un senso.
Qualunque sia l’artista che reciti con la Zanon, o per piena che sia la scena, i sensi dello spettatore son vòlti su di lei.
Secondo il prelodato Scoliaste di Aristofane ed il gramatico Diomede, il primo ad uscire sulla comica scena fu Susarione o Sannirione d’Icaria seguito da Rullo o Nullo e da Magnete.
Sono ancor regolari, e se la scena non è rigorosamente stabile, si circoscrive ne’ luoghi della città di Londra.
Sono ancor regolari, e se la scena non è rigorosamente stabile, si circoscrive ne’ luoghi della città di Londra.
ta Comp.ª, sopra della scena, che si auerebbe da esser fratelli, sono come nemici chi da un ochiata torta, chi ride dietro al altro, e tra l’altre ogn’un dice, scriverò al Sig.
L’azione della Nise lastimosa si rappresenta parte in Lisbona e parte in Coimbra come la Castro del Portoghese, sulla quale servilmente è condotta in ogni scena la tragedia Castigliana. […] E’ però lodevole la seconda scena dell’atto III ove si narra il sogno di Nise copiato con più esattezza dalla Castro; ed il sig. […] La scena terza dell’atto V che rappresenta il supplicio degli uccisori di Nise eseguito alla presenza del re e degli spettatori, è affatto ridicola ed impertinente; nè degna del genere tragico è l’azione del re che gli percuote colla frusta. […] L’ambasciadore del re di Castiglia tratta nella scena seconda del II atto il cambio di tre Castigliani rifuggiti in Portogallo per gli uccisori d’Inès, domandandogli todos tres en cambio justo de aquellos enemigos que allà tienes. […] Ecco buona parte di sì bella scena da me recata nel nostro volgare dall’originale Portoghese: Tutti, o signor, me trafiggendo uccidi; Tutti morremo.
Conte Malaguzzi, direttore dell’Archivio di Stato in Modena, ricchissime d’interesse per la scena intima d’allora. […] r Cupis et molti altri messero di mezzo, quà s’empi la scena di gente, e lui me disse Becco fotuto razza bozerona te farò ben ueder mi a suo tempo se hauerò più de due mani, la mia pouera moglie piangendo di rabbia disse marito abiate pacienza che tutti siamo conosiuti l’Angela li uene alla uolta per darli dicendo che era più honorata di lei il portinaro l’abbraciò et molti altri e lei per suiluparsi dal portinaro li dete un pugno nel uiso, io me tretti a una spada fui intertenuto da molti, li miei poueri fanciuli strilauano, ed il dottore et la moglie seguitauano ad’ ingiuriarsi con infamentissime parole in questo ariuò li sbiri fui auisato da un Cauaglier del S.
Savemo, che le Fiabe sulla scena A un Poeta no basta a far onor ; Ma per sie zorni avemo fatto piena, E nu femo l’onor, e el desonor.
L’azione della prima Nise si rappresenta parte in Lisbona e parte in Coimbra come la Castro del Portoghese, sulla quale servilmente in ogni scena è condotta la Nise castigliana. […] È però lodevole la seconda scena dell’atto III ove si narra il sogno di Nise copiato con più esattezza dalla Castro; ed il signor Sedano che la lodò, non ne seppe la sorgente. […] La scena terza dell’atto V che rappresenta il supplicio degli uccisori di Nise eseguito alla presenza del re e degli spettatori, è affatto ridicola ed impertinente, nè degna del genere tragico è l’azione del re che gli percuote colla frusta. […] L’ambasciadore del re di Castiglia tratta nella scena seconda dell’atto II il cambio di tre Castigliani rifuggiti in Portogallo per gli uccisori d’Inès che si trovano nella Castiglia, domandandogli todos tres en cambio justo de aquellos enemigos que allà tienes. […] Ecco buona parte di si patetica scena da me recata nel nostro volgare dall’originale portoghese.
Faccia il Cielo che questo ancora non sia un mulino a vento, preso per un Gigante, una mandra di pecore per un Esercito, una scena di Pupi cangiati in Mori.
Ma Tiberio non mantenne la parola, e dopo molti anni fecene appena rifare la scena, che pure lasciò imperfetta, come afferma Suetonio, o almeno ne trascurò la dedicazione, come racconta Tacitob.
Stette il Riccoboni con la famiglia due anni a Parma ; poscia, il novembre del '31, fe'ritorno a Parigi, dove, fuor della scena, morì a settantotto anni il 6 dicembre del '53, e fu sepolto l’indomani al San Salvatore.
Il cristianesimo, quella religion santa, che trae dal cielo la sua origine, ci dà della natura divina, e delle cose che le appartengono, una idea troppo rispettabile, perché possano servir sulla scena di spettacolo agli uomini. […] 32 [17] Ma venendo ai ludi propriamente detti, la prima rappresentazione di cotal genere che sappiamo esser stata fatta in Germania, intitolata Ludo Pascale della venuta, e morte dell’Anticristo altro non era, se crediamo all’elegante e dotto Cavalier Tiraboschi, se non se un drammatico guazzabuglio, ove «veggonsi apparire nella scena il papa e l’Imperadore con più altri sovrani d’Europa e d’Asia, e l’Anticristo accompagnato dall’Eresia, e dalla Ipocrisia, e persino la Sinagoga col gentilesimo, che anche essi ragionano» 33. […] Si cangia la scena, e comparisce Satanasso in trono con gran forcone in mano invece di scettro, avanti al quale Asmodeo presenta Epulone, intuonando certi versi i più ridicoli del mondo.
Non solo dunque i greci, i latini, gl’italiani, i francesi, gli spagnuoli, gl’inglesi, i tedeschi, i russi, e i turchi sono stati prodotti sulla scena ad esporvi quanto serban di prezioso e di raro, o di ordinario e di vile nel drammatico genere; ma i cinesi e i giapponesi vengono anch’essi dal sono dell’aurora, e da mezzo degli antipodi i peruviani e i messicani a far la barbara pompa de’ loro strani spettacoli.
Gli operatori eseguiscono con tale entusiasmo le loro diverse occupazioni, sono cosi bizzarri i loro gesti, il viso, la voce, e così bene accomodati alle loro varie espressioni, che gli Europei durano fatica a credere che sia una scena immaginaria, e non la vedono senza ribrezzo ed orrore.
Gli operatori eseguiscono con tale entusiasmo le loro diverse parti, sono così bizzarri i loro gesti, il viso, la voce, e così bene accomodati alle loro varie espressioni, che gli Europei durano fatica a credere che sia una scena immaginaria, e non la vedono senza ribrezzo ed orrore.
La scena si rappresenta nei campi, nell’aria, nel mare e nel cielo, e così gran via si trascorre dal poeta in cinque atti brevissimi. […] Tanto era più bello un dramma quanto i cangiamenti di scena erano più spessi, e più grandiosi.
Il Brighella e l’Arlecchino Italiano, e queste ridicolissime stranezze Spagnuole, sono uno sfogo necessario alla plebaglia e alle femmine, che vogliono ridere sgangheratamente delle Maschere Italiane, e de’ Graziosi e delle Graziose, e de los Vejetes Spagnuoli posti fra Diavoli, o trasformati in mille guise sulla scena, o che precipitano sotterra, o che vanno per aria a volo; e convien tollerarle. […] Perciò Don Manuel de Villegas si ride delle Donne guerriere con sì sazievole frequenza poste sullà scena Spagnuola, “Guisa como quisieres la maraña “y transforma en guerreros las donzellas, “que tu seràs el Comico de España.”
Il Costetti ne’suoi « dimenticati vivi della scena italiana » racconta come, scoppiata a Parigi la rivoluzione, ne toccasse anche la povera Compagnia italiana : e in mezzo a una specie di consiglio di famiglia, il brillante Angiolini [una macia di veneto (?)]
Allora si sentì sulla scena la musica accompagnar le tragedie nei cori, e le commedie nei prologhi e negli intermezzi che si framettevano. […] [28] La scena s’apriva facendo vedere ampia foresta, in mezzo alla quale si scorgeva la grotta del Serpente. […] Dagl’intermedi, e dai cori passò la musica ad accompagnar qualche scena eziandio del componimento, del che abbiamo una pruova nella pastorale intitolata il Sacrificio d’Agostino Beccari recitata in Ferrara verso il 1550, dove il sacerdote si mostra colla lira in mano suonando e cantando la sua parte sul teatro, e similmente si fece nello Sfortunato dell’Argenti, e nell’Aretusa d’Alberto Lollio rappresentate alla medesima corte. […] Tosto che il duca e la duchessa comparvero, incominciò la festa aprendo Giasone la scena cogli Argonauti, i quali s’avanzarono in aria minacciosa al suono d’una sinfonia guerresca portando seco il famoso vello d’oro, il quale lasciarono in dono sulla tavola dopo avec eseguito un ballo figurato, che rappresentava l’ammirazione loro alla vista d’una principessa cotanto gentile, e d’un principe così degno di possederla.
Ecco Eponina voltar tosto le spalle all’imperador Vespasiano, che riman sulla scena senza riguardo al rispetto dovutogli, e divertirsela passeggiando lentamente il teatro come se per tutt’altro fine fosse venuta colà che per conciliarsi l’attenzione e per mostrarsi appassionata. […] Ora se l’oggetto primario d’ogni musica imitativa è quello di piacere e di commuovere, se un tale oggetto s’ottiene assai meglio permettendo ad essa una discreta licenza negli abbellimenti, se la musica, cui lo scrittore francese chiama di concerto, mi rapisce, mi commuove, m’incanta, mi strappa dagli occhi le lagrime e mi sveglia appunto quelle stesse passioni che vorrebbe svegliarmi la poesia senza recar onta ai diritti di questa, e senza distruggere l’illusione propria del canto, perché dovrò sbandirla dalla scena? […] Essi sortivano alla scena con una gran maschera che copriva loro la testa, la quale era chiusa da per tutto se non che verso la bocca s’apriva in una larga fissura chiamata dai Latini hiatus. […] Perché i cori si regolavano colle leggi della musica lirica, o per dir meglio, essi non erano che una spezie di componimento lirico che si cantava per istrofi girando attorno alla scena, come si faceva cogl’inni di Pindaro attorno alle are dei numi.
Sono anche regolari, sebbene la scena non n’é stabile, e suol passarsi da una camera di conversazione a una di dormire, a un’altra casa, a un’osteria, in piazza, alla borsa ecc… Già a’ tempi suoi si satireggiavano sul teatro inglese le persone nobili e titolate.
Si vede bene, che nel teatro di questo mondo gli attori al volger degli anni mutan faccia, lingua, e paese; ma la scena é sempre l’istessa, l’istesse passioni, gli stessi moti, quasi niuu divario.
I lor giuochi, siccome ricavasi dalla Cronica Bolognese, erano d’ogni fatta, e ridicoli e serj, e d’industria e di mano, e di scena e di medicina eziandio.
Visto poi che recitata da altri la Commedia non sortiva il medesimo successo, s’indusse a scriverla tutta, « non già, — aggiunge con gentile riserbo, — per obbligar quelli che sosterranno il carattere di Truffaldino a dir per l’appunto le parole sue quando di meglio ne sappian dire, ma per dichiarare la sua intenzione, e per una strada assai dritta condurli al fine. » E conchiude pregando chi reciterà quella parte, di volere in caso di aggiunte astenersi « dalle parole sconcie, da'lazzi sporchi…. » E qui forse intende di muover velatamente rimprovero al Sacco stesso, che in materia di sconcezze su la scena pare non avesse troppi scrupoli.
I Saynetes, sorta di frammessi bellissimi che sono nel teatro spagnuolo l’immagine della vera e genuina commedia, e nella composizione dei quali ebbe gran nome Don Luigi di Benavente nel secolo passato e Don Raymondo de la Cruz nel nostro, servirono a promuovere maggiormente la musica teatrale aprendo talora la scena con qualche coro di musica e anche framischiando talvolta qualche dialogo musicale.
Appresso stimai, che il Teatro Francese meritasse men succinto ragguaglio, per le alterazioni vantaggiose fatte all’antica scena da questi ultimi felici Drammatici.
Coteste sacre rappresentazioni, quasi tutte per l’addietro incondite, indecenti e sconnesse, risvegliando nuovamente ad alcuni dotti e ingegnosi italiani l’idea dell’antica drammatica da moltissimi secoli già estinta, dieder loro probabilmente la prima spinta a trattar anche sulla scena argomenti profani e in latino e nella natìa favella con più eleganza e sfoggio e con qualche regolarità e principio di buon gusto, secondo che que’ tempi lo potevano in tal genere di composizione permettere, nella stessa guisa che i rozzi cori pastorali ed i semplici inni dionisiaci della primitiva tragedia greca mossero l’ingegno di Epigene, di Tespide, e di Frinico a darle nuova forma e nuovo lustro.
Comprese quella nazione pensatrice e di gusto sì fine, che la Scenica Poesia portata all’eccellenza è la scuola de’ costumi; che niun genere meglio e più rapidamente si comunica agli stranieri e meglio contribuisca alla gloria nazionale; che i poeti epici e lirici trattengono i pochi e i dotti, ma che i drammatici son fatti per tutti; che il legislatore può adoperarli per le proprie vedute; che la sapienza morale non disviluppa con successo felice i suoi precetti, se non quando è messa in azione sulla scena.
Ma è chiaro che l’Europa culta ride al vedere tali cose sulla scena Comica, ma non se ne maraviglia nelle rappresentazioni Musicali, per la ragione che le stima proprie di questo genere. […] Eschilo l’ebbe sommamente a cuore, e cangiò gli alberi e l’ombre de’ Carri Tespiani, e il tavolato di Platina, in un teatro decente, e in una scena opportuna all’ azione.
[15] Ma lungo sarebbe il rilevare tutte le bellezze di Omero in questo genere, come quelle altresì dei poeti drammatici fra i quali basterà per ultimo l’addurre una pruova tratta dal gran comico Aristofane, che volendo nella sua commedia intitolata il Pluto rappresentar al vivo la golosità d’un parasito, lo introduce girando la scena d’intorno e fiutando senza dir parola l’odore delle carni abbrustolite per il sagrifizio. […] dove col solo replicar molte volte quella vocale di suono oscuro e nasale, rappresenta ciò che vuol dire con più energia che da altri non farebbesi in una intiera scena. […] Ora siccome il primo di codesti piedi sembra che ad ogni passo raddoppi altrettanto del suo vigore quanto ne va scemando il secondo, così i poeti satirici (alla testa dei quali fa d’uopo metter Archiloco) adoperavano il giambo per guerreggiare coi loro nemici mentrechè gli autori drammatici all’incontro facevano uso del trocheo allorché introducevano a ballar sulla scena i vecchi.
[6] Il filosofo avvezzo a ridur le cose a’ suoi primi principi e a considerarle secondo la relazione che hanno colle affezioni primitive dell’uomo, riguarda la scena ora come un divertimento inventato affine di sparger qualche fiore sull’affannoso sentiero dell’umana vita, e di consolarci in parte de’ crudeli pensieri che amareggiano sovente in ogni condizione la nostra breve e fuggitiva esistenza: ora come un ritratto delle passioni umane esposto agli occhi del pubblico, affinchè ciascheduno rinvenga dentro del proprio cuore l’originale: ora come un sistema di morale messa in azione, che abbellisce la virtù per renderla più amabile, e che addimanda in prestito al cuore il suo linguaggio per far meglio valere i precetti della ragione: ora come uno specchio, che rappresenta le inclinazioni, e il carattere d’una nazione, lo stato attuale de’ suoi costumi, la maggior o minore attività del governo, il grado di libertà politica in cui si trova, le opinioni, e i pregiudizi che la signoreggiano.
Metastasio riesce mirabilmente nell’esporre con arte e chiarezza fin dalla prima scena lo finito dell’azione 32. imita Euripide 54.
Dalle quali lettere, congiunte a tutte le altre di comici, e non son poche, si vede chiaro come essi non abbiano pensato a importunare l’Altezza Impresaria, o chi per essa, se non che per battere cassa, o narrar pettegolezzi di retroscena, o invocar la protezione a figliuoli, od altro di simil genere : e mai una lettera che accenni all’arte loro, mai la notizia di un successo o di un fiasco, mai un giudizio, sia pure per gelosia, sul modo di recitare del tale attore o della tale attrice ; nulla in somma di ciò che avrebbe potuto gettare e con tanto interesse un po’di luce in questo buio della nostra scena d’una volta.
Non trovando nella terra un paese dove ciò si rendesse probabile, trasferirono la scena al cielo, all’inferno, e a’ tempi favolosi.
— Dimenticati vivi nella scena italiana.
E aggiunge: «poiché allora non si potrebbe dire che il dramma per musica è un grottesco della poesia; anzi l’età nostra potrebbe darsi vanto di avere in grandissima parte rinovato, dove la poesia, la musica, il ballo e l’apparato della scena faranno insieme un’amica congiura, e la cosa sarà risolta a decoro e verità».
La prima fu Vittoria Tesi fiorentina discepola del Redi e del Campeggi, la quale ad una inflessione di voce sommamente patetica, ad una intonazion perfettissima, ad una pronunzia chiara, netta e vivacemente sonora, ad un portamento di persona simile a quello della Giunone d’Omero seppe unire possesso grande della scena, azione mirabile, espressione sorprendente de’ diversi caratteri: doti, che la resero la prima attrice del secolo.
Finalmente le arie e i cori sono nella loro esecuzione tanto lungi dall’essere naturali, che anzi altro non sono che una possente copia tratta dalla natura, che spigne coloro, i quali ascoltano la recita dell’azione, e sono informati delle leggi della melodia, ad unirsi a prender parte in qualunque rappresentata scena di gioia, di trionfo, di terrore, d’esultazione, di divozione, e di dolore».
Si notava, com’essi dicono, a soggetto il piano della favola e la distribuzione e sostanza dell’azione di ciascuna scena, e se ne lasciava il dialogo ad arbitrio de’ rappresentatori.