Fu in qualche Compagnia di Venezia, poi seconda donna con Onofrio Paganini, al fianco di Rosa Brunelli, prima donna, poi, avanzando negli anni, in Compagnie varie di pochissimo conto.
Passò poi in compagnie vaganti, sempre ammirato, e finì, a motivo della sua condotta disordinata, in piccole accolte di Comici Castelleggianti, cessando di vivere miseramente in Vigevano l’anno 1769.
Sciolta la società, fu scritturato da Gaetano Bazzi, con cui stette parecchi anni ; passò poi con altre Compagnie, finchè, lasciate le scene, andò a stabilirsi a Firenze, ove morì nel 1865.
Diolaiti Gaetano, bolognese. « Fu un bravissimo Dottore, il quale molto affaticossi per dare al suo carattere scenico delle nuove grazie ; e cogli assiomi latini, e con un sentenzioso studiato si rese utile alle comiche compagnie ; e procurò a sè medesimo e fortuna ed applauso.
Dones Francesco, milanese, nacque verso il 1785, e tenne dal 1810 al 1830 il posto di caratterista con grandissima lode nelle primarie Compagnie, quali di Consoli, Zuccato, Goldoni e Perotti, e in quella poi ch’egli formò al finire della sua carriera.
.), a’primi passi nell’arte, distrusse in breve ogni speranza fondata sul suo avvenire, passando meschinamente la vita in compagnie d’infimo ordine, e finendo poi, vecchia e abbandonata da’ compagni di ogni specie, infermiera nell’ospedale di Udine.
Fabbrici Natale, veneziano, fu ottimo generico primario nelle migliori compagnie del suo tempo.
« Brava attrice, che recitò con gran franchezza nel carattere della serva, e che fu nelle Compagnie di Venezia molto applaudita.
Fu anche nelle compagnie di Pietro Rossi e di Onofrio Paganini ; poi, protetto da un veneto gentiluomo, visse alquanto con lui, lontano dall’arte.
Artista egregio del secolo xviii per la maschera del Brighella e per altre parti comiche nelle Compagnie di Antonio Marchesini e di Nicola Petrioli, ammiratissimo in tutta Italia.
Fu in varie compagnie e scrisse alcune commedie, fra le quali L’amor coniugale come seguito del Fabbricatore inglese di Falbaire.
Dopo di essere stato in varie compagnie di giro, si trovava il 1781 a Venezia in quella di Nicola Menichelli.
Riposò l’ '84 a Mestre, ov'era sua madre, e andò l’ 85 e '86 con Andrea Maggi, passando poi d’anno in anno in compagnie di minore conto, declinando coll’avanzar degli anni la comica forza che per naturale intuito possedeva al sommo. […] Ebbe anche una sorella, Adelaide, moglie dell’attore Cristiani, attrice di non molta importanza, che recita ancora in compagnie veneziane, e di cui l’unica figlia Giuseppina si trova ora in Compagnia Di Lorenzo-Andò, moglie di Ferruccio Bianchini.
Recitò con molto plauso le parti di Dottor Balanzoni nelle Compagnie della Battaglia, del Paganini, del Perelli e della Colleoni.
Dopo di essere stato in varie compagnie si recò in Germania, ov' ebbe qualche fortuna ; ma venuto vecchio, e tornato in Italia, morì nell’indigenza a Venezia il 1781.
Fu prima Innamorato negli accademici della città, poi Dottore in arte, cominciando con compagnie secondarie, e passando poi con quelle di Pietro Ferrari e del Menichelli.
Figlio del precedente, fu un egregio Arlecchino, e recitò in diverse compagnie.
Tatarone, ossia, vecchio che vuol fare il tata, il mimmo, parlando con favella mozza, infantile ; fu soprannome d’un comico bolognese, che recitò nelle migliori Compagnie con la maschera del Dottore,« e si mostrò – dice Francesco Bartoli – grazioso insieme ed erudito nel sostenere il carattere del suo secondo vecchio, parlando con assiomi latini, e facendosi distinguere per ottimo commediante.
Fu in alcune vaganti compagnie, ed oggi ha fermata la sua dimora in quella, che scorre l’Italia sotto la direzione di Pietro Ferrari. » Così Fr.
Secondo lo spoglio delle Compagnie fatto da Adolfo Bartoli (Scenari inediti), quella di Antonio e Rosa Camerani, viventi ancora il 1782, si componeva per le parti principali, di Giuseppe Nanini, Antonio Tomasoli, Paolo Tremori, Gaspare Valenti, Angela Menicucci, Anna Moretti, Margherita Rebecchi.
Fu in varie compagnie ; e per molti anni prima scritturato, poi socio in quella di Natale Fabrici.
Fu sempre in compagnie di prim’ordine, e il '36 faceva parte di quella del Nardelli, di cui è riprodotta una poesia a pag. 390, che ha questa orribile quartina : Se poi a caso ci preme la stizza, e svogliata noi abbiamo la mente, il veder sulla scena Pelizza, tutto quanto obliare ci fa.
Fu poscia in varie compagnie vaganti di second’ordine e morì a Bergamo la primavera del 1778.
Fu ottimo amoroso, e fece parte delle Compagnie di Lorenzo Pani, del vecchio Andolfati e di Gaetano Bazzi. – Venuto a maturità, prese il ruolo del padre nobile, nel quale riuscì attore non meno pregiato.
Passò poi in altre compagnie di giro, e finalmente in quella di Onofrio Paganini, nella quale, a Vicenza, fu colto da siffatta emorragia di sangue, che, non potutasi arrestare, lo condusse al sepolcro il 3 giugno del 1764, all’età di venticinque anni.
Sosteneva la maschera del dottore, « rappresentando – scrive il Bartoli – l’avvocato dei poveri con valore ed energia. » Fu in varie Compagnie, fra cui quella di Pietro Rossi e di Gerolamo Medebach.
Fu artista egregia per le parti di prima donna giovine che sosteneva il 1781-82 e 83 nella Compagnia del celebre Petronio Zanerini, e di prima donna assoluta in compagnie secondarie.
Fu all’inizio della sua carriera in compagnie di niun conto, poi, fattosi esperto dell’arte, potè, liberatosi dal vincolo di quella donna, entrare nella Compagnia Medebach, in cui trovavasi ancora l’anno comico 1781-82.
Dopo di avere recitato in alcune compagnie di giro, si fermò al S.
Ricci Anna, bolognese « figliuola — dice il Bartoli, di Paolo Ricci, accademico recitante, — che ne' privati teatri di Bologna fece per alcuni anni un’ottima comparsa. » Entrò con lui in arte, sostenendovi le parti d’ingenua ; e di lei dice ancora il Bartoli che « nelle cose dove la tenerezza affettuosamente compeggi, a meraviglia riuscì. » Si recò dopo di aver vagato in compagnie di giro, in Napoli, ov'era nel 1782 ; passò poi al ruolo di Donna seria, ammiratissima.
Fu prima attrice discreta in varie Compagnie.
Angelo di Venezia un solo anno, si scritturò con varie Compagnie nomadi, recandosi poi in Sicilia, dove ebbe a lottar colla…. sorte, e dove…. al tempo in cui il Bartoli dettava le sue notizie dei comici, cioè al 1780 circa, viveva ancora recitando.
Passò poi al ruolo di brillante che sostenne con favore sempre in buone compagnie, or socio ed ora scritturato : sposò l’Amalia Checchi, larga e gentil promessa di artista, e, in seconde nozze, la Laura Tessero, sorella della celebre Adelaide e vedova di Olinto Mariotti.
Fu in Portogallo nel 1770 col Paganini, poi, tornata in Italia, con varie Compagnie, fra cui quella del Bazzigotti.
Nelle sue Compagnie, di secondo ordine, quando quelle di primo ordine si contavan sulle dita ed eran ricche davvero di valorosi artisti, militaron Giovanni Emanuel al principio e Alamanno Morelli alla fine della sua vita artistica.
Passò poi in varie Compagnie, ora socia, ora scritturata, e morì a Roma.
Di lui, allora, in entrambe le compagnie le Varietà teatrali inserirono poche parole di lode, dicendo « ch'ebbe il vantaggio di crearsi un metodo di recitare suo proprio, che piace e lo rende ben accetto presso il pubblico. » Fu con la famiglia nella Compagnia Reale Sarda, dal '24 a tutto il '31.
Recitò da innamorato in diverse vaganti Compagnie, e specialmente in quella di Onofrio Paganini.
Vagò poi per varj anni in compagnie di second’ordine, ora socio, ora stipendiato ; finchè, divenute adulte le figliuole Giulietta e Carmelina, formò una buona compagnia, che condusse ora con prospera, or con avversa fortuna, e in cui la prima sosteneva con molta bravura il ruolo di prima donna, e l’altra di amorosa.
Avea sposata Marianna Leonardi, giovine veronese, che seguì l’arte del marito, ottenendovi buon successo nel ruolo di madre nobile e seconda donna ; ed entrambi fecer parte sempre di compagnie primarie, tra cui quelle di Dorati e di Raftopulo.
Fu poi per le condizioni della famiglia sua, della quale era unico sostegno, in compagnie modeste, e morì del’ 74.
Dopo di aver recitato vario tempo e in compagnie varie parti generiche, cominciò con Pietriboni a recitar quelle, e con buona riuscita, di secondo carattere.
Fu con Bellotti e Marini di nuovo secondo amoroso, poi generico d’importanza nelle Compagnie Nazionale, Marini, e Garzes, morto il quale, fu scritturato dal Ferrati, cui si era associato Cesare Rossi.
Fiorito – dice il Colomberti – tra il 1790 e il 1820, sostenne con massima lode nelle migliori Compagnie del suo tempo, Coleoni, Dorati, Goldoni e Perotti, il ruolo di tiranno tragico.
Merli Cristoforo, nato a Bologna verso il 1741, fece le prime donne cogli accademici fortunati della sua patria, cominciando poi a recitare da innamorato in compagnie di giro verso il 1768.
Avanzato in età e trascurato dalle buone compagnie, dovè ricorrere alle più meschine, cessando di vivere in Romagna nel 1768, « attorniato – come dice il Bartoli – dalla miseria e di sozzure ripieno. »
Fu nelle Compagnie minori di Maria Grandi, di Vincenzo Bazzigotti, di Costanzo Pizzamiglio, ecc., e viveva ancora del 1782.
Fece parte delle migliori compagnie del suo tempo quali di Marta Coleoni, Fiorilli-Pellandi, Goldoni, Raftopulo.
Dotato di una certa spontaneità e di una ferrea volontà, non tardò molto a togliersi dal guittume che lo avvolgeva, per recarsi in compagnie, ove l’arte non fosse un mito.
Artista egregio per le parti di Pantalone, nato a Venezia da famiglia civile, si diede all’arte « con dispiacere — dice il Bartoli — del Vescovo di Parenzo suo zio materno, oggi passato a miglior vita. » Fu nelle Compagnie di Nicola Petrioli, Onofrio Paganini, e Pietro Rossi, nelle quali s’era venuto acquistando un bellissimo nome non solamente nelle parti comiche, ma anche nelle serie.
Benchè difettosa alquanto nella pronuncia, potè passare con una recitazione calda e spontanea, al ruolo di prima attrice assoluta in Compagnie di primo ordine, come della Sadowski, diretta da Luigi Monti, nella quale io l’ebbi collega affezionata, di L.
Figlia dell’arte, e moglie del capocomico Gioacchino Petrelli, il quale vediam già nel 1800, a dar quaranta recite con la sua Compagnia a Tolentino, riuscì una egregia prima donna per compagnie di second’ordine.
Passò l’Anna Job da quella di Taddei, nelle Compagnie di Raftopulo e Velli-Mascherpa ; poi prima amorosa dal ’24 al ’31 in quella de’Fiorentini di Napoli, al fianco della Tessari. […] Dal suo matrimonio con Giacomo Job, nacque a Napoli il 25 marzo 1827 il figliuolo Achille, modesto attore e specchiatissimo amministratore delle Compagnie Morelli, Bellotti-Bon, e Marini, morto a Firenze il 22 giugno del ’98. Dei meriti di Anna Job, prima donna, possono far fede le compagnie primarie nelle quali essa fu : e fors’anco maggiore ne sarebbe stata la riputazione artistica, se vissuta in età più vicina alla nostra, e se non avesse avuto da lottare con attrici gloriosissime quali la Internari, la Marchionni, la Polvaro, la Bettini, la Robotti, la Rosa, la Pelzet.
Fu in varie compagnie, scritturato e in società ; e fra l’altre, in quella de’ Fiorentini di Napoli nella impresa Santobono, al fianco della Pezzana, della Duse, di Emanuel.
Venute in Napoli di Lombardia compagnie comiche di quelle assai più famose e fiorite, il Favella si diede a fare il gazzettiere ; e tale lo vediam nel 1631 favorito al Monterey, il giovane Vicerè che prediligeva senza dubbio nell’alto e grasso e grosso gazzettiere l’istrione fallito.
Tommaso d’Aquino una commedia in versi martelliani, intitolata : La Dama di spirito ; e altra in prosa e manoscritta, intitolata : I gelosi, viveva nel repertorio delle varie Compagnie.
Fu nelle principali Compagnie di Marta Coleoni, Dorati, Goldoni, Perotti e Fini, e il critico delle Varietà teatrali di Venezia per l’anno 1821, quando il Verzura era in Compagnia Perotti, lasciò scritto ch' egli era eccellente attore, se non maggiore, non certo ad alcun altro secondo.
Fece per volontà del padre i primi studj classici, e si dedicò alcun tempo al violino, pel quale mostrava singolari attitudini ; ma poi, chiamato alla scena, abbandonò tutto, dopo la morte del padre, per entrare in una di quelle meschine compagnie che andavan guitteggiando di borgata in borgata. […] Fu poi con altre compagnie di minor conto, e terminò la sua lunga e gloriosa carriera del '91 con Calamai.
Si scritturò poi con la moglie in quella di Girolamo Medebach, poi ancora in altre Compagnie nomadi.
Fu in compagnie di poco o niun conto sino all’ ’84, in cui fu scritturato secondo brillante con Emanuel, col quale stette sino all’ ’86, per passar poi altri due anni con Maggi.
Figlia di Angiolina Baraccani (amorosa ben promettente in Compagnia di Paolo Belli Blanes, poi prima donna mediocre in Compagnie di poco conto) fu amorosa in Compagnia Moncalvo e prima donna in quella del brillante De-Rossi.
Dice di lei Francesco Bartoli : « Sosteneva con molta abilità il carattere di prima donna in varie Compagnie, e specialmente in quella condotta e diretta da Onofrio Paganini.
Dice Francesco Bartoli che la Marta Bastona « intorno al 1730 maritossi con Girolamo Focari veronese, che s’impiegava seco nelle compagnie in qualità di Rammentatore.
Fu in più compagnie, quali di Antonio Sacco, Nicola Petrioli, Pietro Rossi, Onofrio e Francesco Paganini e Faustina Tesi, in cui trovavasi il 1781.
Fu avuto in gran pregio da pubblico e da colleghi, e militò nelle compagnie di primissimo ordine.
Militò come artista e come capo-socio in varie compagnie di secondo ordine, ma assai pregiate, fra le quali, nel 1854-1855, quella portante la ditta Barac, Andreani e Gattinelli.
Condusse poi varie compagnie in società con altri, e finalmente entrò in quella primaria di Antonio Raftopulo, dalla quale si allontanò il 1830 per ridursi nella sua Volterra, ove morì nel 1845.
Ha trovato impiego in altre vaganti Compagnie anche dopo d’esser rimasta vedova.
Lipparini Angelo, nato a Bologna il 1801, si diede giovanissimo all’arte, esordendo in compagnie secondarie nel ruolo di amoroso : e tanto vi progredì, che nel biennio '28-'29 lo vediamo primo attore assoluto nella rinomata Compagnia di Lucrezia e Amalia Bettini.
Fu lungo tempo nelle Compagnie di Francesco Berti e di Pietro Rossi, poi, nel 1762, in quella di Onofrio Paganini, per tornar poi, dopo un solo anno, in quella del Rossi.
Comico egregio per le parti d’innamorato, che sostenne nelle varie Compagnie di Napoli.
Entrò poi in arte ; e non tardò ad acquistarsi le lodi di tutti i pubblici nel ruolo di amoroso e nelle Compagnie di Goldoni, Perotti e Dorati.
Fu poi primo attor giovine e brillante con Muzzi, poi con Vitaliani e Aliprandi primo brillante assoluto, nel qual ruolo si mantenne lungamente, passando in vario tempo nelle Compagnie di Coltellini e Vernier, di Sterni, Diligenti, Pietriboni.
Venuta in vecchiezza, passò al ruolo di caratteristica in compagnie secondarie, finchè, ritiratasi coi pochi avanzi in un piccolo villaggio del Veneto presso Badia, vi morì quasi ottuagenaria.
Forse continuò a recitare in età avanzata, e forse in compagnie non più di gran fama. Se dell’ '82 ell’era già la celebre Diana, del 1605, epoca in cui la troviamo al servizio del Principe della Mirandola, come dalle seguenti lettere, ella doveva correr verso la cinquantina : e assai probabilmente, avendo perduto il fascino della giovinezza, e il vigore dell’artista, non trovò più chi la volesse nel ruolo assoluto di prima donna, e fu costretta a farsi ella stessa conduttrice di compagnie.
Fu dal ' 48 al ' 54 con Domeniconi, generico per parti di prima importanza, e direttore il ' 55 di una delle compagnie di lui, della quale era prima attrice Laura Bon. […] Fu accolto nelle migliori Compagnie, e moltissimi elogi gli tributarono il pubblico e la stampa per le lodevoli interpretazioni di opere di vario genere quali Kean, Conte Hermann, Edipo Re, Avvocato Veneziano, Tasso, ecc. ecc.
Si fece conduttore di compagnie egli stesso, in una delle quali (al Cocomero di Firenze, autunno e carnevale 1853-54) erano la Bon prima donna, la Colombino prima donna giovine, Colombino brillante, Brunone primo amoroso, e Guagni caratterista.
Da questa passò poi nelle Compagnie Pellandi, Bianchi, Avelloni e Benferreri, nella quale ultima diventò primo attore di grido, creando pressochè tutti i protagonisti delle commedie che l’Avelloni andava scrivendo.
L’esilità della persona e la tenuità dei mezzi accoppiate a una persistente sfortuna non le permisero di esser prima in compagnie di primo ordine ; ma la correttezza della dizione, la non comune intelligenza, e l’amore per l’arte che è culto in lei, le dieder sempre e le dan tuttavia soddisfazioni artistiche non comuni.
Andò poi a recitar nelle Compagnie di Venezia, acclamatissima, e morì a Genova la primavera del 1761.
Noto attore per le parti di caratterista che disimpegnò lodevolmente nelle Compagnie Favre, Granara, Marchionni, Medoni e altre di minor conto.
Fu il’76 e ’77 con Giacinta Pezzana, l’ 84 con Adelaide Tessero, l’89 con Ernesto Rossi, e divise il solo ’78 con sette compagnie, nelle quali tutto sommato, non arrivò ad aver di paga giornaliera cinquanta centesimi !
Passò da quella del Perelli nelle Compagnie di Marta Coleoni e di Maddalena Battaglia, colla quale, al S.
Avanzando negli anni, abbandonò la Compagnia, ch'era allora al Sant’ Angelo, e messa la maschera del Brighella, si andò scritturando in Compagnie di giro, ultima delle quali fu quella di Onofrio Paganini, in cui morì a Bologna nel carnevale del '78.
Recitò da Pantalone in varie compagnie di giro colla moglie Margherita, Prima donna di qualche merito.
Le sue irrequietezze, le bugie che, per una consuetudine de'suoi primi anni, andava dicendo a ogni aperta di bocca, gli scemarono il credito, sì che si ridusse in Sicilia conduttore di compagnie di poco conto.
Fu poi colla moglie in altre compagnie, e finalmente in quella di Romolo Lotti, colla quale si recò in America ove perdè la moglie, e d’onde non rimpatriò più. – Una sua sorella, Giulia, moglie di Leopoldo Orlandini, prima, poi di Giacomo Brizzi, ebbe dal suo primo marito i figliuoli Leo e Giulio, e fu con Ernesto Rossi dal 1863 al 1884 in qualità di seconda donna pregiata.
Qualche sconcerto nato tralle due fazioni, e l’animosità che ne risultava, determinò chi governava a troncar colla prudenza questa scenica rivalità, formando delle due compagnie un sol corpo, una sola cassa, un interesse solo. […] E gl’intrighi e gli sconcerti ed i pugni scambievoli e la prepotenza vicendevole che alimentava la discordia in una capitale della monarchia ed influiva nella formazione delle compagnie, si contava per nulla dal ragionatore Vicente de la Huerta? Confessa in oltre che allora si unirono gl’interessi delle due compagnie, e si fece una cassa sola; ma sostiene però che per questo non divennero esse un corpo solo. […] Frattanto sopprime la notizia che il Governo intento a dissipare ogni motivo di parzialità dispose che le due compagnie alternassero le proprie recite così che i Chorizos in un anno recitavano nel teatro de los Polacos, e questi passavano a quello de los Chorizos, e nell’anno seguente mutavano luogo. […] Vincenzo che le due compagnie aveano un solo monte che alimentava gl’individui di entrambe dopo aver servito dieci anni continui il pubblico di Madrid.
Per rovesci di fortuna si diede all’arte comica, e riuscì discreto attore nelle parti di amoroso in compagnie primarie.
Assunse il 1825 con Romualdo Mascherpa, col quale stette quattr’anni, il ruolo di madre nobile ; e dopo di essere stata in altre Compagnie, applaudita sempre, abbandonò il 1840 il teatro per recarsi in patria, ove morì.
Fu in varie compagnie ; ma più specialmente in quella di Antonio Marchesini, applauditissimo. « Era verboso – dice il Bartoli – e ne’ lazzi suoi mostrava una comica arguzia piacevole e gustosa. » Andò al S.
Esordì nella Compagnia di Cristoforo Merli, e, dotato di bella persona, di bella voce e di forte intelligenza riuscì ben presto un ottimo padre nobile e generico primario, disputato dalle migliori compagnie, quali della Battaglia, della Colleoni, di Andrea Bianchi.
Cominciò a recitare in compagnie nomadi, poi in quella di Medebach al S.
Recitò poi a sbalzi, con intervalli più o meno lunghi, per malattia o per altro, nelle Compagnie Reinach-Talli, Gramatica-Raspantini, Pia Marchi-Maggi, Severi-Garzes-Raspantini, e finalmente Pieri-Severi, in cui si trova anche oggi (1904), per andar poi nel futuro triennio con Oreste Calabresi.
Tale lo stato di servizio di questo artista, che per la sua intelligenza, la sua modestia, la bontà della sua indole e la forza della sua volontà, passò gli ultimi dodici anni in tre sole Compagnie, ammirato e amato sempre da' compagni e dal pubblico.
Gherardi del Testa : s’era, se ricordo bene, nel maggio del ’64 (epoca della gran fiera), stagione splendida allora per le compagnie drammatiche di grido, poichè alla molta frequenza del pubblico andava congiunta una forte dotazione. […] La Compagnia unica ch’egli condusse e diresse, grande in ogni sua parte, sbocconcellò, o meglio sfasciò, dividendola in tre Compagnie, delle quali diventaron prime parti assolute non grandi, quelli stessi artisti che nella Compagnia unica furon parti non assolute grandissime. […] Alle nuove compagnie che le rappresentavano il pubblico non andava più….
La persona prestante, la voce soavissima e forte, unite ad una viva passione per l’arte e ad una ferrea volontà di riuscirvi, lo fecer salire in brevissimo tempo sino al grado di primo attore, passando per le migliori compagnie del suo tempo, come quella di Salvini (1867), di Vitaliani (’68), la Romana (’69), di Bellotti-Bon (’71-’74) ; e recitando al fianco de’migliori artisti che gli furon sempre affettuosi compagni.
Fu in varie Compagnie fra cui quelle di Giuseppe Lopez, e Luigi Perelli.
Andò a sostituire il 1826, nella Compagnia Reale di Torino, l’amoroso Giacomo Borgo, al fianco della Marchionni e di Luigi Vestri ; e quivi lo vediamo nel’29 primo attore a vicenda or col Boccomini, or col Perini : ruolo che sostenne con crescente favore sino al’35 ; nel qual anno uscì dalla Reale, sostituitovi da Giovanni Battista Gottardi, per divenir conduttore di Compagnie or buone, or mediocri, delle quali egli era l’anima.
A testimonianza del valor suo, Francesco Righetti nel secondo volume del suo Teatro italiano, dice : « Il personaggio di servetta era semispento nelle compagnie comiche, e colla morte della celebre Maddalena Gallina, che mirabilmente lo rappresentava, e per il nuovo genere introdottosi in Italia di commedie, in cui il ridicolo entra appena di furto, e per l’abbandono della commedia goldoniana. »
Per un’udienza d’uomini vi son compagnie d’uomini senza veruna donna, nelle quali giovani di vago aspetto rappresentano le parti di donne; e per un’udienza femminile vi son compagnie composte di sole femmine, tralle quali alcune rappresentano da uomini.
Fu per trent’anni attore accurato, coscienzioso, onesto e pregiato ; e appartenne alle migliori Compagnie italiane, quali di A.
Passò, dopo un anno, con Regoli e Cappelli, poi con Cuneo e Villa, assumendo il ruolo di generico primario, che serbò successivamente nelle Compagnie Lollio, Alessandro Salvini, e Serafini, recitando in quest’ultima a fianco di Ernesto Rossi e Tommaso Salvini, recatisi in vario tempo a trapelar la Compagnia.
Figlio, probabilmente, del precedente, nato a Brescia il 1674, si recò in Francia giovanissimo recitando parti generiche in compagnie di provincia.
Si fece allora conduttor di compagnia, ma con niuna fortuna ; e in breve, consumato ogni suo avere, si trovò costretto a ramingar con piccole compagnie in piccole città, fino a'dì d’oggi, in cui ha la triste ventura di sollazzar la gente con qualche buffonata dalla minuscola scena di un caffè concerto.
E di questi soavissimi versi metto a riscontro questi altri, che tolgo dall’ epistola a Gustavo Modena sulle comiche compagnie italiane, inserita nel citato libretto del Bonazzi, e che, pur non essendo cattivi, son ben lontani, pare a me, dall’aurea semplicità dei primi. […] A poco a poco si aggiunse alla lumiera una infinità d’altri pomposi, inutili e fin ridicoli accessorii, specialmente in provincia, che vi portarono le spese serali alla grossa cifra di un migliaio e mezzo di lire, mentre al teatro Re di Milano non ascendevano in tutto a più di ottanta lire ; tantochè senza forti compensi, mancando le risorse delle grandi capitali, non fu più possibile alle migliori e più numerose compagnie di calcare le scene provinciali. […] Certo i migliori artisti si pagarono sempre qualche lira di più ; ma non poterono mai alzar la testa con gl’impresari, perchè a quei tempi correvano rischio di far forni teatrali anche le primarie compagnie. […] Per mafia e per camorra, traendo pretesto da quello spirito d’innovazione che il valente Ferrari portava nella commedia italiana prima che il Cossa schiudesse nuovo orizzonte alla letteratura drammatica dal lato tragico e storico, si tentò da qualche speculatore di proscrivere dal teatro i classici italiani e stranieri, e questa scandalosa proscrizione, cosi contraria all’uso delle nazioni civili, si chiamò, prima che il Ferrari, il Cossa ed altri pochi schiudessero nuovi orizzonti alla letteratura drammatica, riforma del teatro italiano : a tutto favore di certe commediole, il cui manoscritto è un ananasso per il capo-comico, ma che in fondo sono farse in cinque atti, e non durano in teatro cinque mesi, si soppressero o assai si diradarono vari generi di componimenti teatrali, si diminuirono i ruoli delle compagnie per essere in minor numero a spartire i proventi del teatro : a sterminio di ogni semenzaio di attori, si istituirono le compagnie numerate come le celle degli stabilimenti carcerarii ; e per non gittare una nube sopra gli applausi meritati, si seguitò a battere le mani anche fra gli sbadigli del pubblico.
Bollini Antonio, nato a Bologna da una modesta famiglia di operai, esordì il 1861 in Compagnia Fabbri e Codignola, come generico giovane e segretario, errando poi sino a tutto il ’63 in Compagnie di 3° ordine quali di Napoleone Berzacola, Saverio Petracchi ed Enrico Verardini.
Fu in varie compagnie, encomiatissimo sempre, e specialmente nelle commedie goldoniane ; si meritò l’amicizia di Gustavo Modena, il quale invitato a recarsi or a Torino, or a Cuneo, or a Genova a recitarvi con la Compagnia di Cesare Asti che faceva magri affari e di cui il Bottazzi era ottimo ornamento, gli scrisse parecchie lettere che son pubblicate nel volume Politicae Arte.
Fu poi con Marchesini e Barbetti, poi, primo amoroso con Giuseppe Carrara, continuando in quel ruolo per alcun tempo e con molta lode, nelle Compagnie di Francesco Gagliardi e di Ferdinando Sciultz.
Fu parte eletta delle Compagnie Paganini, Pelandi, Goldoni e Perotti, col quale la vediamo al Teatro Canobiana di Milano il carnovale 1819-20 col medesimo ruolo, e l’aprile seguente al Carignano di Torino.
Tutte le compagnie drammatiche primarie avevan poi questo ruolo speciale di cantatrice, che consisteva anzi tutto nel dover cantare gl’intermezzi dell’opera e le canzoncine finali o couplets.
Appassionato per l’arte comica, cominciò a recitare con plauso in Compagnie di poco valore, sostenendo la parte di primo innamorato, finchè la sorte non lo condusse in quella ben nota di Francesco Paganini, ove potè far apprezzare maggiormente le sue ottime qualità artistiche.
Fu il ’91 con Drago, il ’92 con Pietriboni, e ’l 93 con Angelo Diligenti, col quale cominciò ad assumere il ruolo di primo attore assoluto che conservò poi degnamente sino a oggi, passando da una Società con Belli-Blanes e Parrini, nelle compagnie Boetti Valvassura prima e Marchi e soci dopo, per passar poi in quella di Emanuel.
Figlia di Giacomo Glech, attore modesto e pregiato nelle parti di padre e tiranno, e di generico primario che sostenne in compagnie principali come di Astolfi (1851), di Robotti e Vestri (’53), e della Ristori (’55), con cui stette venticinque anni.
Fatti gli studi in quella Università, si diede all’arte comica, la quale esercitò dapprima in compagnie di second’ordine, poi in quelle primarie di Taddei, di Raftopulo, e di Tessari, Prepiani e Visetti ai Fiorentini di Napoli il 1825, sostituito poscia dal Gottardi, nel qual tempo abbracciò il ruolo del brillante.
Recitò più tardi in compagnie veneziane, e oggi si trova a Napoli, attrice tuttavia encomiata.
Fu con Onofrio Paganini e con Pietro Rossi, dal quale si allontanò il 1770 per entrar con il genero Messieri e la figlia in compagnie di minor conto.
Dal '95 cominciò le sue fortunate società, con Compagnie essenzialmente comiche, e con artisti egregi nel genere, quali : Talli, Tovagliari, Zoppetti, Guasti, Falconi, Ciarli.
,143) riferisce i particolari della uccisione del famoso musico Siface, dallo Zibaldone di Anton Francesco Marini, il quale alla data 10 luglio 1704, dice : « Discorrendosi questo dì 21 luglio 1704 di Siface musico celebre ; mi disse Giuseppe Sondra detto Flaminio, comico del Principe di Toscana, che il Quaranta Marsilio lo facesse egli ammazzare tra il Ferrarese e il Bolognese, ecc. » Sperandio Bartolommeo, mantovano, sostenne con molto successo, e in varie compagnie di giro, la maschera di Arlecchino, nella seconda metà del secolo xviii.
Cominciò a recitar giovinetto, e abbandonata la famiglia, percorse l’Italia in compagnie secondarie ora scritturato, ora socio, cominciando la sua vita artistica propriamente detta, nella Reale Compagnia Sarda, in cui apparve il 1836 in qualità di tiranno tragico e famigliare, e in cui restò fino al disciogliersi di essa.
Passò poi nelle Compagnie Dondini, Romagnoli, Sorelle Vestri, Cuniberti, Coltellini, fino all’anno '78, in cui diventò il primo attore assoluto di Adelaide Ristori, colla quale fu in Ispagna e in Portogallo.
Dopo molte peregrinazioni artistiche, in cui, talvolta, soddisfare alla fame era problema di assai difficile soluzione, riuscì attore egregio per le parti generiche, e fu nelle migliori nostre compagnie, amato dai compagni per la innata bontà, e ammirato dal pubblico per la sobrietà e verità di recitazione, e per quella specie di bonomia ch'ei sapeva trasfondere ne' personaggi. Fu anche direttore della Compagnia Nazionale, e socio di Ermete Zacconi, ma il suo nome più che all’arte del recitare egli legò all’opere sue drammatiche, nelle quali è sempre un sapore italianissimo di sana commedia, e delle quali alcuna vive tuttora ne' repertorj delle compagnie sì dialettali che italiane, come l’Amoreto de Goldoni a Feltre, il Tiranno di San Giusto, l’Onorevole Campodarsego, Dall’ombra al Sole.
Il padre Andrea colla moglie fu tra i fortunati che poteron rimanere a Dresda con pensione reale ; e a lui si diede incarico di formar compagnie.
Alle compagnie primarie che lo accolser fidenti al suo esordire successer subito quelle secondarie, in cui si mantenne ora socio, or pagato, e or capo egli stesso, percorrendo le varie città di provincia, alle quali ammanniva, entusiasticamente applaudito, i più forti e ardui lavori del gran repertorio.
Fratello, o figlio, del precedente, e per non esser con lui confuso, detto in arte il Gnudin, fu per varj anni primo attore e primo amoroso in compagnie di grido, quali del Goldoni e del Perotti ; morì il 1827.
Le compagnie che l’accolsero furon due soltanto : la Napoletana Tessari e Socj sino al 1836, e la Real torinese dal ’36 al ’49, anno della sua morte.
Attrice modesta e amantissima dell’ arte sua, fu sempre decoro delle compagnie in cui militò.
Si diede poi all’arte del comico in cui riuscì mediocremente ; sposò Maddalena, figlia di Ricci-Pomatelli, capitano sotto Napoleone I, nata a Ferrara del 1795, e morta del 1874 a Firenze ; e fu con lei in molte compagnie di secondo e di terz'ordine.
Tellini Achille, livornese, è stato un egregio primo attor giovine, scritturato da buone Compagnie, quali di Achille Dondini (1873), di Luigi Monti ('78), di Vincenzo Udina ('81), ecc.
Dal '25 al '49, anno della sua morte, avvenuta in Torino, ebbe scritturate le seguenti prime attrici, le migliori del tempo : Maddalena Pelzet 1825-27 – Isabella Belloni Colomberti 1828 – Maddalena Pelzet 1829-30 – Erminia Gherardi 1831-34 – Amalia Bettini 1835-36 – Laura Della Seta 1837 – Carolina Santoni 1838-39 – Antonietta Robotti 1840-41 – Adelaide Ristori (due compagnie fatte a posta per lei) 1842-46 – Carolina Santoni 1847-49 ; e i seguenti primi attori : Luigi Carraresi 1825-26 – Luigi Domeniconi 1827-31 – Antonio Colomberti 1832-36 – Giacomo Landozzi 1837-39 – Antonio Colomberti 1840-42 – Giacomo Landozzi 1843-49 – Luigi Gattinelli, caratterista, fu con lui dal 1826 al '44, anno della sua morte improvvisa. […] Giovane, che partita dalla sua Patria diedesi alla comica professione ; e che in alcune vaganti Compagnie da circa sei anni va ritrovando impiego.
Pel ’54-’55 egli formò due Compagnie, addette principalmente al Teatro Re di Milano, ove dovean recitare ogni anno ciascuna per due stagioni.
La Gemma, nata il 26 aprile 1843 in Livorno, attrice generica, poi madre e caratteristica ; moglie di Antonio Antuzzi, napoletano, generico e amministratore ; Pia, nata il 1847 a Roma, sposatasi il 1870 al brillante Serafini, prima attrice giovane nella Compagnia di Adamo Alberti ai Fiorentini di Napoli, morta il ’76 a Cremona ; Attilio, nato il 10 agosto 1850 in Napoli, primo attor giovine, poi generico primario ; poi, maritatosi, libraio, come dicemmo, a Trieste, poi di nuovo attore e amministratore di compagnie.
Forse invece di una vera e propria compagnia del Ricci, si trattava di compagnie scritturate, nelle quali poi egli aveva libertà di azione ?
Continuò egli a recitare scritturato in compagnie di ordine vario, finchè, divenuto il figlio Luigi primo amoroso della Compagnia Perotti, carico d’anni, si ritirò dalla scena.
Di bella persona, di volto piacente, di voce magnifica, d’ingegno non comune, riuscì in breve un egregio primo attor giovine ; e dopo di essere stato alcun tempo nelle Compagnie Dorati e Righetti passò in quella di Fabbrichesi, allo stipendio della Corte di Napoli, diventandone il 1824 primo attore assoluto e capocomico in società con Prepiani e Tessari, fino al 1838, in cui, condotta nella novena di settembre la moglie a Macerata, sua patria, fuor dal clima di Napoli, e da una vita ordinata, fu colpito prima da febbre, poi da paralisi nervosa, che lo impedì nella parola.
Fu poi in vario tempo e in varie compagnie, primo attore pregiato e non men pregiato Direttore.
Troppo sarebbe noverar le compagnie in cui egli militò : basti citar quelle di Andò, delle sorelle Vestri, della Pezzana, di Morelli, di Achille Dondini, di Bonazzi, di Dominici, di Diligenti.
Scorrono pure di città in città nel Giappone alcune compagnie comiche, composte quasi interamente di donne schiave d’un archimimo, a conto del quale rappresentano. […] Ma varie compagnie di codeste cortigiane consacrate girano per divertire i ricchi mori e gentili, menate da alcune vecchie che ne sono le direttrici.
Per un uditorio di uomini vi sono compagnie di uomini senza veruna donna nelle quali scelgono giovanetti di vago aspetto che rappresentino le parti di donne; e per un’ adunanza femminile vi sono compagnie composte di sole donne, alcune delle quali rappresentano da uomini.
A me pare errato il sistema di Adolfo Bartoli di formare gli elenchi delle varie Compagnia co’ nomi, trovati nelle notizie del suo omonimo, di quei comici che a quelle date Compagnie appartennero, senza tener troppo conto delle date.
Fu sempre in ottime compagnie, fra cui, nel ’53, in quella condotta e diretta da Antonio Feoli, finchè sposato il brillante Amilcare Ajudi (V.), si fece capocomica ella stessa.
Recatosi egli a Parigi, la Catroli abbandonò quel teatro per entrare in compagnie nomadi, nelle quali seppe mantenersi in quel grado di riputazione che aveva acquistato coll’arte sua, accompagnata alle grazie della persona.
Recitava con grazia e vivacità sotto la maschera di Arlecchino nelle Compagnie di Venezia.
Molte compagnie l’ebber con sè attrice comica e compagna incomparabile : dalla prima, come s’è detto, del Peracchi, a quella stabile napoletana dello Squillace (1898).
Qualche sconcerto nato tralle due fazioni, e l’ animosità che ne risultava, determinò la prudenza di chi governava a troncare questa scenica rivalità, formando delle due compagnie un solo corpo, una sola cassa e un solo interesse. […] Alla fine che cosa sono quattro pugni dall’una parte e dall’altra di tempo in tempo, ed un poco di vicendevole prepotenza che alimentava la discordia in un pubblico ed influiva nella formazione delle compagnie? Confessa in oltre che allora si unirono gl’ interessi delle due compagnie e si fece una cassa; ma non vuol per questo che componessero un corpo solo. […] Frattanto egli sopprime la notizia che il Governo intento a dissipare ogni motivo di parzialità dispose che le due compagnie alternassero le proprie recite un anno nel teatro del Principe ed un altro in quello della Cruz. Dissimula ancora che le due compagnie formano un solo corpo, avendo un solo monte che alimenta gl’ individui di entrambe dopo aver servito dieci anni continui il pubblico di Madrid.
L’essere in poco tempo saliti da umili compagnie alle più reputate è prova certa dei loro pregi. […] Ecco un pregio che può dirsi unico nella classe de’comici, poichè nelle compagnie delle altre nazioni, gli attori, che sono almeno una trentina, non recitan che le parti che per natura o per arte loro si attagliano ; ed è raro che uno, o due al più, possano rappresentare differenti caratteri. […] E aveva ragione : e le sue parole potrebber benissimo esser ripetute oggi se guardiamo alla costituzione delle nostre compagnie di prosa. […] Al pubblico certo uno grandissimo ; chè la varietà delle Compagnie produrrebbe naturalmente la varietà del repertorio…. In ogni modo, data l’indole dei nostri artisti, e date le condizioni del nostro paese, io credo si potrà sempre affermare, che se per rispetto di sè, dell’arte, del pubblico, le nostre Compagnie dovran cedere di fronte alle Compagnie forestiere, gli artisti forestieri debbono tutti per natural senso d’arte, per ingegno, per islancio, pel così detto fuoco sacro, insomma, cedere di fronte agli artisti nostri.
Ernesto Rossi, col quale Giovanni Leigheb fu in società dalla quaresima del '49 a tutto il carnovale del '51, così ce lo descrive : ….. era una buona pasta d’uomo, giovialone, spensierato, ma onesto : era sempre stato in primarie compagnie, Mascherpa, Domeniconi, ecc., ecc.
S. riverentemente gl’espone ritrouarsi la Compagnia in stato da non poter così tosto andar fuori a proccacciarsi il uiuere, anzi douer star mesi, essendo, come è noto, inferma malamente la Corallina in Verona, e la figlia non poter lasciar la madre pericolante ; al che prima pendeua e pende il non uedersi comparire la Diana, ne sapersi, quando mai sia per uenire, perilche Cintio il Marito si protesta non uolere uscire fuori senza la moglie, essendosi già portato a Verona, doue è la Madre inferma ; oltre che partendo anche questa senza gl’anzidetti per le piazze prescritte, gli riuscirebbe di poco proffitto, essendo sempre auuezze a uedere, e sentire le più fiorite, e scielte Compagnie di Principi.
Il Pezzoli e il Colomberti la dicono napolitana ; il Regli nata a Vicenza : certo ella nacque figlia dell’arte (forse a Vicenza da parenti napolitani), e dopo di aver recitato in compagnie d’ultimo ordine, fu sposata ancor giovinetta a Giuseppe Vidari, attore della primaria Compagnia.
Per un uditorio di uomini vi sono compagnie di uomini senza veruna donna, nelle quali scelgono giovanetti di vago aspetto che rappresentono le parti di donne; e per una adunanza femminile vi sono compagnie di sole donne, alcune delle quali rappresentano da uomini.
Fu in vario tempo nelle Compagnie di Luigi Del Buono(V.), di Luigi Rossi, di Vernier, Asprucci e Prepiani, ma il più sovente conduttor di compagnie egli stesso.
Essi servirono per le compagnie de’ Sempiterni, degli Accesi e della Calza.
Pia, moglie di Achille Sartirana, fu prima attrice in varie compagnie.
Fu in società, o solo, sempre alla testa di compagnie di second’ordine, che sfasciava e rimetteva assieme da un momento all’altro, senza preoccupazioni di sorta.
Con l’ammaestramento di Nicola Cioffo, riuscì poi egregio nella maschera del Tartaglia a segno da esser disputato dalle migliori compagnie.
Fu con le migliori Compagnie d’Italia scritturato, poi socio del Dorati e del vecchio Pieri, poi di nuovo scritturato con Francesco Taddei, e di nuovo socio (1829) con Gaetano e Antonio Colomberti, artista anche allora di gran pregio, sebben già in età avanzata.
Fu l’Aliprandi attrice di molto merito, senza alcun dubbio, nonostante una recitazione alquanto accentuata, acquistata forse in quell’ambiente napoletano di attori e di repertorio, che ricordava nelle parti serie, con una certa gonfiezza della dizione non discompagnata certo da una palese abbondanza di intelligenza, le grandezzate del tradizionale Capitano Spagnuolo trapiantato a Napoli e vissuto per tanto tempo nelle nostre vecchie compagnie di prosa.
Passò poi nelle Compagnie di G.
Moltiplicatesi le compagnie congeneri, e non trovando più il Bergonzoni in Italia quei vantaggi che avea ragione di ripromettersi, risolse di recarsi nell’America meridionale, ove le sorti furono assai prospere ; per modo che nell’ 89 tornò in Italia all’intento di rifare, migliorandola in ogni sua parte, la compagnia, in cui scritturò tutto il buono che già componeva quella del Tomba, col quale doveva poi tornare in America.
Determinò allora di mutar ruolo, e si diede ai caratteristi, passando in varie compagnie fra cui, nel ’42, in quella di Angelo Lipparini al fianco di Carolina Santoni.
Entrato in arte a venti anni, passò gli anni del noviziato in compagnie di second’ ordine, sino al 1814, nel quale anno fu scritturato qual secondo amoroso dalla celebre Carlotta Marchionni.
Michele si diede alla milizia, e Giulia, seconda moglie di Angelo Zoppetti, fu una vezzosa e cara amorosa prima, e seconda donna poi nelle compagnie nostre di maggior conto.
Alla cessione di Finocchio, aggiunge queste parole : Con tal occasione deuo dirle che conuenendo al presente far qualche permuta di simili soggetti per meglio aggiustare le compagnie, desiderarei ch’ella hauesse la bontà d’intendersi etiandio meco nella guisa che si pratica tra me, et il Signor Duca di Parma, mentre uariandosi alle uolte d’anno in anno li Comici, si proua maggior dilettazione e si dà campo agl’istessi di far più studio e riuscire assai grati all’Vditorio.
D’indole risoluta, energica, che non conosceva docilità, dovè pur troppo, nonostante i non pochi suoi pregi artistici, restar sepolto in compagnie di niun conto.
E se non ebbe in arte maestri, se non ebbe la fortuna di metter piede mai nelle compagnie privilegiate, ebbe nullameno quella di brillare accanto agli astri massimi Salvini e Ristori.
Viveva ancora nel 1782 la moglie « la quale – dice il Bartoli – ad una vita piena d’inerzia, decaduta quasi interamente dall’acquistatosi concetto, in compagnie di niun valore andava passando con stento la propria vita. »
Fermatosi a Livorno, non bastandogli l’animo di restare estraneo a quell’arte in cui visse più anni acclamato, acquistò le Arene Alfieri e Garibaldi, nelle quali scritturava compagnie di varia specie, conservando con l’ avvedutezza e con la operosità a sè e alla famiglia quella vita di agiatezze che s’ era formata col teatro.
, II, 153) : Il personaggio di servetta era semispento nelle Compagnie comiche, e colla morte della celebre Maddalena Gallina, che mirabilmente lo rappresentava, e per il nuovo genere introdottosi in Italia di commedie, in cui il ridicolo entra appena di furto, e per l’abbandono della Commedia goldoniana.
Santorelli, formò due Compagnie, in una delle quali, diretta da Cesare Rossi, figuravan Ceresa, Leigheb, Giulio Rasi, la Campi, la Zerri, la Fumagalli ; nell’altra, diretta da Luigi Monti, Lollio, Bertini, Rodolfi, Adelina Marchi, la Boetti.
Non potè far parte delle primarie Compagnie che al suo tempo correvano l’Italia, perchè, innamoratosi della giovinetta Guglielma, figlia del capocomico Tommaso Zocchi (V.), fu trattenuto ad arte nella Compagnia del futuro suoceto, della quale il Salvini era un de' primi sostegni nel ruolo di padre nobile.
Bartoli a Verona, e lo Jal forse a Firenze), cominciò coll’essere nelle Compagnie italiane primo amoroso, e tale lo ritrova Carlo Goldoni a Feltre, attore e direttore della Compagnia, di cui faceva parte Florindo de' Maccheroni.
Gli studi che già si hanno su di esso furon generati dal ritratto ivi esistente di Molière, il primo a sinistra del lettore, che pare accenni ai principali componenti le due compagnie. […] » Non si tratta dunque di compagnie vere e proprie, ma di un accozzo di artisti celebri, scelti in un dato periodo ?
Le varie compagnie che si recaron di poi a Venezia l’andaron soccorrendo quanto poterono, e la nobile famiglia Vendramin le assegnò gratuitamente due stanze in quello stesso teatro, in cui ella aveva raccolto sì copiosa messe di applausi, di onori e di quattrini.
E se come attore e direttor di compagnie s’ebbe moltissime lodi, non minori furon quelle tributate al direttore de' filodrammatici, l’affetto e il rispetto dei quali l’accompagnarono fino all’ultimo giorno di sua vita che fu il 6 maggio dell’ '88.
Poi libretti d’opera, come L'Esule di Roma e Belisario, musicati dal celebre Donizetti, e una infinità di traduzioni dal francese e riduzioni in prosa e in versi che furon vive per molti anni ne'repertorj delle nostre primarie compagnie.
Fu, dal '63 a oggi, nelle migliori compagnie, quali : Pieri Peracchi e A.
Fu conduttrice di compagnie ella stessa, e finì col ridursi a Firenze, ove per alcun tempo recitò di quando in quando assieme a filodrammatici per campar la vita, e ove trovasi anch’oggi.
Cominciò a recitare in compagnie di poco o niun conto, finchè, morto Giulio Rasi, andò a sostituirlo in Compagnia Morelli, acquistandosi in breve la stima e benevolenza de'pubblici più arcigni, per la svegliatezza della mente, lo slancio della passione, la interpretazione mai errata.
Fu il '60 con Adelaide Ristori a Parigi, a Londra, in America qual promiscuo e caratterista, poi di nuovo capocomico, poi, finalmente, direttore di una delle tre Compagnie di Luigi Bellotti-Bon.
Fu in seguito l’Andolfati reso da me edotto che tali opere essendo proprietà dei respettivi autori e che avendo questi concesso ad altre compagnie la privativa di rappresentarle non poteva egli farne uso senza ledere i diritti altrui, per cui gli autori medesimi reclamavano un compenso equitativo.
Passò fra’Comici di due vaganti Compagnie, e dappoi fu chiamato in quella di Girolamo Medebach nel Teatro a S.
Fu in varie compagnie e a Palermo. « Se – aggiunge il biografo – a quel fuoco giovanile che lo fa essere poco costante nelle cose sue sapesse egli mettere un po’ di calma, potrebbe rendersi a sè medesimo più giovevole, e potrebbe agli onorati suoi genitori apportare in seguito una più perfetta consolazione. »
A quindici anni, la Compagnia Diligenti-Pezzana l’accoglieva con amore ; e nel 1885 nella parte di Edith del Figlio di Coralia debuttava applaudita al teatró dei Rozzi di Siena ; continuando negli anni successivi, colle Compagnie Novelli, Pasta e Drago, a rafforzare sempre più la sua delicata fibra d’artista.
Nato in Arezzo verso il 1780 da un professore di rettorica, passò gli anni del noviziato in Compagnie di poco o niun conto ; ma l’amore allo studio, la piacevolezza dell’aspetto, l’eleganza del vestire, congiunti a una certa attitudine pel teatro, lo fecero entrare nelle Compagnie migliori di Goldoni, Modena, Righetti, Fabbrichesi, Mascherpa, Perotti, come primo amoroso a vicenda, ora con Giuseppe Ruggeri, ora con Francesco Augusto Bon e Paolo Baldigara. […] » Da quella dell’ Internari passò ancora in altre Compagnie, sinchè, avanzato in età, dovè darsi a’caratteristi, in cui non fece quelle prove che sperò.
Parimente di città in città scorrono nel Giappone alcune compagnie comiche composte quasi interamente di donne schiave di un Archimimo, a conto del quale rappresentano. […] Ma varie compagnie di codeste cortigiane consacrate girano per divertire i ricchi Mori e Gentili sotto la direzione di alcune vecchie.
Non sapendo il Cecchini dove dar di capo, si volgeva alle Compagnie di poco conto per veder di stanare qualche buona promessa, e molto a ragione egli scriveva : « Questi forniranno il n.°, et seràno di gusto, per quello che può essere in questo tempo, et forsi chi sa ?
Nata a Fiume da parenti non comici (il padre, commerciante, entrò nell’arte dopo rovesci di fortuna, e fu suggeritore in compagnie primarie), fu educata a Staglieno.
Al proposito delle due Compagnie che recitavano alla Cantina e al Giardiniello, il Croce riferisce un brano dell’ Uditor dell’esercito (19 agosto 1740), dal quale sappiamo che quelle erano in estremo miserabili, e facevano tal vile professione solamente per vivere, non lucrandosi se non poche grane per ciascheduno il giorno, li quali, qualora li mancavano, si riducevano in una strettezza, che faceva compassione.
I primi passi nell’arte fece in compagnie di pochissimo conto ; ma il tempo del noviziato fu breve.
Fui sempre in ottime compagnie ; e conobbi in quella primarissima di Cesare Dondini, Clementina Cazzola, che fu celebre attrice, e che dopo qualche anno d’ un amore romanzesco e perseverante, divenne mia moglie….
Majeroni, fatte le prime armi in compagnie infime, a un tratto rifulse in quella rinomata Compagnia Lombarda, fondata e diretta dal milanese Giacinto Battaglia, distinto commediografo. – Povero Battaglia !
Fu poi dal '60 all’ '80 in quasi tutte le compagnie d’Italia, vuoi di primo, vuoi d’infimo ordine.
Fu dal '60 al '65 primo attore di Bellotti-Bon (il '61 aveva sposato Celestina De Martini) poi di nuovo capocomico, poi direttore ('75-'76-'77) di una delle tre compagnie del Bellotti-Bon.
Nel 1567 a Mantova recitavan due compagnie, una colla Flaminia e l’altra colla Vincenza ; chi lodava questa, chi quella : c’era gran fermento nel pubblico, e il Rogna, citato dal D’Ancona, in una lettera del 6 luglio ne parla assai chiaramente, descrivendo con particolari interessantissimi l’allestimento scenico delle due compagnie. […] Ecc.ª ha fatto far comedia da due compagnie : l’una de Pantalone, l’altra deGanaza.
Percorse poi colle Compagnie Lapy, Medebach, Battaglia, Zanerini, Goldoni e Perotti, le primarie città d’Italia, applauditissimo sempre nelle parti di primo amoroso.
, il Duca volle che si recitasse una commedia dalle due compagnie riunite scegliendo da questa e da quella il meglio.
Stabilito in una delle prime Compagnie di Venesia, guadagnò molto per molti anni, spese poco pochissimo, e in questo modo arricehi.
Parimente di città in città scorrono nel Giappone alcune compagnie comiche composte quasi interamente di donne schiave di un Archimimo, a conto del quale rappresentano. […] Ma varie compagnie di codeste cortigiane consacrate girano per divertire i ricchi Mori e Gentili sotto la direzione di alcune vecchie.
Passò in altre Compagnie di grido, e crebbe sempre più il suo valore quando ebbe occasione d’esercitarsi con Silvio della Diana, e poi con Antonio Vitalba.
E in vario tempo, con varia fortuna, fecer parte della famiglia attori pregievoli come il Gandini, il Mingoni, il Vedova : a poco a poco dai villaggi della Svizzera si passò alle grandi città d’Italia, dal Sior Serafin Bonigolo si passò al più bel repertorio goldoniano, e quel mezzo drappello di zingari, perseverante e animoso, si conquistò il diritto di essere annoverato fra le Compagnie drammatiche propriamente dette.
Grande lazzista e pantomimo grazioso, fu in molte compagnie applauditissimo.
Passò in due o tre anni nelle Compagnie di Prosperi, Peracchi e Sterni, finchè raccomandato ad Adamo Alberti dal Comm.
Bartoli – sarebbe stato un abile commediante se non avesse trascurato il mestiere a segno di ridursi a recitare tra' Comici Castelleggianti, e a suggerire tra vaganti compagnie, » fu attrice valorosa specie nelle parti tragiche.
» Dopo le peripezie toccate al suo povero padre nel '59, si scritturò come generico giovine, secondi brillanti e mami, in varie compagnie, ultima quella di Sterni, Rosaspina e Bonivento, in cui, animato da suo padre che gli fu primo maestro, finì coll’ assumere il ruolo di primo brillante, mantenuto poi nella Compagnia di Raffaele Lambertini, della quale faceva parte Enrico Capelli e Giuseppina Ferroni, sua moglie, e nella quale stette fino a tutto il carnovale del '67.
Nessuna delle compagnie volle seguire l’esempio di lui ; chè, tentatolo appena, vista la mala parata e l’assottigliarsi del pubblico, tornò subito all’antico….
Nata il 1826 a Fano da Benedetto, artista drammatico e conduttore di compagnie meschinissime, crebbe in ristrettezze senza nome, vagendo, si può dire, in fasce parti di prima donna, come la Cesira nell’Aristodemo del Monti che recitò bambina a Toscolano con dilettanti diretti dal padre, il quale riceveva in compenso fuoco ed alloggio per la famiglia : il vitto, allora, fu sempre per essa una specie d’incognita.
Aveva preso in affitto il Teatro della Commenda, e restauratolo ed abbellitolo, lo andava cedendo alle varie compagnie, mettendo per condizione di contratto una recita a suo beneficio, alla quale egli avesse preso parte.
L’affare si fece serio, e ne volle essere giudice lo stesso Re, che ascoltò gli avvocati delle due compagnie : Baron e Biancolelli.
Lo vediamo il '66 in Compagnia di Pietro Rossi ; poi, allontanatosi per alcun tempo dal teatro, bibliotecario del Senatore Davia a Bologna, poi di nuovo attore, recitando in varie compagnie, ma con poca fortuna, a cagione della sua austerità e taciturnità, a proposito della quale il Bartoli racconta che « andando un giorno a desinare con Andrea Patriarchi, non fu mai sentito pronunziare una parola durante tutto il tempo della tavola, e col solo saluto da quella casa partì. » Fu anche a Palermo, e quivi stette alcun tempo col Nobile Spaccaforni, qual segretario.
Dai documenti appare il primo conduttore di Compagnie italiane all’ estero.
Apresi il teatro dopo la quaresima con quelle composizioni del secolo passato che conservano le due compagnie come loro fondi.
Si unì poi a varie compagnie, colle quali dava or qui or là poche recite, maturando il disegno di formare e condurre una Compagnia propria di giovani forze da avviare, da ammaestrare, da guidare : e la Compagnia fu fatta, e alcuno de' nuovi accolti riuscirono attori splendidi. […] Esiliato dalla Lombardia, dal Veneto, dalla Toscana, dallo Stato Pontificio, dal Napoletano e dalla Sicilia, dovè rifugiarsi nel Piemonte, ove fino al '61 restò, percorrendone le varie città or con compagnie rilevate, or con formate di nuovo.
Le notizie che abbiamo di lei sono così intimamente legate a quelle del marito e degli Andreini, e di tutti i componenti le compagnie in cui ella militò, che al nome di questi rimando il lettore.
Da quella del Trivelli passò nelle Compagnie di Gaspare Pieri, di Pieri e Dondini, di Colomberti e Casilini, e di Lupi.
« L'avvenire del teatro veneziano – egli disse una sera dell’ottobre '98 al Rossini di Venezia in una intervista con Renato Simoni – sarebbe splendido, ove, tolti di mezzo gli ostacoli, non creati da me, che dividono la nostra Compagnia da quella di Gallina, ci trovassimo uniti tra i migliori : Gallina, Benini, Privato, la Zanon, io, e i più buoni elementi delle due Compagnie.
Riparò in gran parte a tali sconcezze il Magistrato di Madrid, e troncò la radice de’ partiti, formando di ambe le Compagnie una sola Cassa comune.
… Come scriveva il Piazza nel suo Teatro che è più facile trovare il moto perpetuo, che la concordia nelle comiche compagnie, così i successi entusiastici ottenuti dall’Antonazzoni misero l’inferno nella Compagnia, per opera specialmente di Battista e Valeria Austoni (V.), invidiosi degli applausi di lei ; tanto che D. […] Con tutto ciò, potendo le vere e proprie compagnie a modo contarsi sulla punta delle dita, s’è visto e si vedrà più volte, come il Duca di Mantova sudasse per mettere assieme un complesso d’artisti di non discutibili meriti, e come le Corti se li disputassero, o li chiedessero e cedessero a vicenda.
La quale infatti si recò a Milano, di dove il 3 di maggio Zanotti scrive al Graziani che non sa ancora se e quando dopo Pasqua si recherà a Brescia o a Verona, poichè non sono mai frequentate dalle Compagnie de' comici per qualche poco di tempo doppo Pasqua quelle Città, che dano il luogo scoperto per rappresentar comedie, come Brescia e Verona, perchè sarebbe un volontariamente perdersi col esporsi alle stravaganze de tempi, che per lo più riescono in simile stagione piovosi.
Sotto Carlo VI morto nel 1422 furonvi in Francia, oltre a’ Fratelli della Passione, varie altre compagnie di rappresentatori.
Furonvi in Francia sotto Carlo VI morto nel 1422, oltre a’ Fratelli della Passione, varie altre compagnie di rappresentatori.
Come riesce la compagnia non glie ne posso per ancora dirgliene cosa alcuna, perchè non è compita, e così come si è comincio parmi meglio assai di quella dell’anno passato, come sarà arrivato Flaminio penso che sarà la meglio di tutte le compagnie di questo anno, però non tocca a me a giudicare, come V.
Nelle sere di riposo della Fenice, la più alta nobiltà accorreva in folla a rifarsi il sangue dal buon Giacometto ; e tanta fu la simpatia del pubblico di Venezia ch’egli vi fece quattordici stagioni di seguito, alcuna delle quali comprendeva autunno, carnevale e quaresima, con grave danno delle maggiori compagnie sulla Piazza, quali di Mascherpa con l’Adelaide Ristori, di Robotti, e la Reale Sarda.
Il Domeniconi, il 18 detto, parlando delle pretese, dice : Circa all’onorario vi prego di considerare che la Compagnia Reale di Torino ha un provvedimento sovrano che manca alle altre Compagnie girovaghe e le 12,000 lire austriache che vi avevo accordato credo che sia il maggiore stipendio che queste possano accordare ; non è questa un’ offesa al vostro sommo ed incontestabile merito, ma sono i meschini proventi che si ricavano dagli esercizi drammatici nel nostro disgraziato paese…. […] Domeniconi da Napoli il 26 novembre ’41, tanto per cambiare, insiste per scritturarla qual prima attrice in una delle due compagnie che sta formando : e l’11 dicembre 1841 Corrado Vergnano da Parma canta la stessa solfa.
Aurelio, siamo anche istruiti, che vi erano allora Compagnie o Collegj liberi di Mimi, e che in quelle si aggregavano coloro che volevano servire alla scena, o nel rappresentar mimiche azioni, o nel saltare in teatro, e che costoro latinamente chiamavansi adlecti scenæ, ed aveano certo sacerdozio, per cui si diceano Parassiti di Apollo, il che si raccoglie ancora da altre lapidi.
In sul principio L’Inavvertito fu uno scenario, e Beltrame dovette veramente all’ingegno de’suoi comici, in gran parte, il successo di esso ; ma le libertà che si pigliaron poi le nuove compagnie, tali da ridurlo pressochè irriconoscibile, fecer prendere all’autore la risoluzione di spiegarlo per iscritto, seguendo in tutto le traccie lasciate dai comici egregi che lo recitaron prima.
Per la triste costituzione delle nostre compagnie, se non fosse più tosto per una triste consuetudine, che fa dell’artista un cavallo da tiro e da sella, ella dovette dalle patetiche paure, se così posso dire, della fanciulla goldoniana, balzare aspramente nelle passionalità brutali della donna isterica, nevroastenica, sensuale, ribelle, audace : oggi Pamela, domani Fedora ; una sera Cesarina, un’altra Giulietta ; ora Dionisia, ora Margot.
E tanto ebbe dal Martinelli, famoso rivoluzionario nelle compagnie comiche, l’animo inasprito, che associatosi alla rivolta la Diana (la Ponti ?) […] E più giù : In Bologna, dove per lo più si recita il Verno, et dove sono sempre chiamate le buone compagnie ; al mio arrivo, già anni sono, mi fu detto da un Mastro Dionisio Bruni padrone d’ una bottega di carte da giuoco, le precise parole : « S’ io non amassi tanto voi e le vostre virtù, e s’ io non avessi qualch’ altro comodo fuori del mestier delle carte, non potrei fare di meno di non vi maledire, et desiderarvi ogni male, acciò lasciaste di venire in questa città, poichè siate cagione, che i ridotti si chiudono, e che con essi la mia bottega fallischi. » Le Lettere facete e morali (ivi, m dc xxii) gli procacciaron da molti poeti una bellissima corona di sonetti, che poi non fece imprimere, egli dice modestamente, essendosi accorto, che per abbassare il suo povero stile non ci voleva altro che l’altezza de’ loro concetti (Lett.
Sappia Vostra Ecc.ª che quando i grandi, riconciliano i Comici insieme, per rimaner seruiti ; odesi tallora dà i peggiori, per le piazze, per i ridotti dire, il tal principe mi li fà star per forza, la cui auttorità mi lega, la lingua, e le mani : le quai cose fanno stare in continua discordia le compagnie.
Ma, ahimè, il carnovale del 1822 volle forse abbracciar troppo, abusando della idolatria che i romani avevan per lui ; e, proprietario di due Compagnie nella stessa Roma, impresario del Teatro Apollo per la messa in iscena di due opere e quattro balli, vide in un attimo, gli affari volti al male, perduto ogni suo risparmio, perduta per molti anni, volendo a ogni costo far fronte sino all’ultimo centesimo agli assunti impegni, la maggior parte del suo stipendio, ch'era di 16,000 lire.
Ma poi che questo mi deve avvenire, io voglio aver questo avvertimento di esser sempre nelle compagnie migliori e più onorate ; perchè, oltre lo imparar da quelle, non avrò timore di essere biasimato come molti, nè per ignorante, nè persona infame. […] Trappola mio, di quelle compagnie non se ne trovano più, e ciò sia detto con pace di quelle, che hoggidi vivono, e se pur se ne trovano, sono compagnie, che hanno solamente tre o quattro parti buone, e l’altre sono di pochissimo valore, e non corrispondono alle principali come facevano tutte le parti di quella famosa compagnia, le quali erano tutte singolari : insomma ella fu tale che pose termine alla drammatica arte, oltre del quale non può varcare niuna moderna compagnia di comici.
Aggiugni a ciò le devastazioni nelle provincie del regno taglieggiate e saccheggiate da compagnie di banditi, i quali non rare volte tolsero a’ ricchi abborriti i beni e le figliuole.
Il repertorio, come tutti quelli a un dipresso delle altre compagnie, si componeva in gran parte di drammi lagrimosi, alternati con qualche tragedia di Alfieri e qualche commedia di Goldoni.
Fu scritturato brillante il '78 in Compagnia Dominici, passando in quaresima al ruolo di primo attor giovine, poi, per l’improvvisa partenza del Dominici, a quello di primo attore, ch'egli sostenne per alcuni anni in piccole compagnie, come ad esempio, del Battistoni.
V’é chi vuole che quello di polacchi venne da un intermezzo, o tonadilla di polacchi rappresentata con applauso da una delle due compagnie. […] Qualche sconcerto nato tralle due fazioni e l’animosità che ne risultava, determinò chi governava a troncar questa rivalità teatrale, formando delle due compagnie un sol corpo, una sola cassa, e un solo interesse.
L’immediato cantatto delle due compagnie faceva sì che i comici di entrambe vivesser tra loro in istretta famigliarità. […] Verso il 1680, i capitani spagnuoli finirono in Italia, e il Capitano antico italiano essendo da gran tempo dimenticato, si fu costretti a toglier dalle Compagnie dei comici napolitani un attore che sostituisse il Capitano spagnuolo : Scaramuccia ne prese il posto.
Nell’anno 1853 mio padre, dopo essere stato con le Compagnie Calamai e con quella del Tassoni si trovava in Corsica in Compagnia Coltellini (la De Medici prima attrice, Pescatori, suo marito, primo attore).
Sette anni dopo la morte di Moliere si unirono le due Compagnie Francesi nel Palazzo di Guenègaud, ed il teatro di Borgogna rimase alla sola Compagnia Italiana sino al 1697, quando d’ordine sovrano rimase chiuso.
Forse nè anche le compagnie de’ Comici Latini eccedevano il numero di tre, almeno in tempo di Marziale, giacchè egli nel sesto epigramma del 6 libro diceva a Luperoo, Comoedi tres sunt, sed amat tua Palla, Luperce, Quatuor.
Sette anni dopo la morte di Moliere si unirono le due compagnie Francesi nel Palazzo di Guenègaud, ed il teatro di Borgogna rimase alla sola Compagnia Italiana sino al 1697, quando d’ordine sovrano rimase chiuso.
r Don Cornelio che non si deporta malle mio Socero nella parte di pantalone, et per dio come ho scritto in Fiorenza piague, prima che si serasse le Compagnie saria bene detta lettera di resolutione che poi obligate più inpegno ci saria del tutto però me remetto alla benignità de S.
Nato in tal città il celebre sig. avvocato Carlo Goldoni l’ anno 1707, che in età di otto anni fece una commedia, convinto in seguito delle irregolarità delle compagnie comiche Lombarde, educato dalle lettere a miglior gusto, ed avendo per buona sorte sin dall’età di 17 anni avuta nelle mani la Mandragola del Macchiavelli che lesse dieci volte, non tardò molto a desiderarne la riforma63.
Vero è che la Pazzia piacque tanto al pubblico e agli attori, che restò poi nel patrimonio delle Compagnie drammatiche, mutando semplicemente di nome, a seconda dell’ attrice che la rappresentava. […] Il De Somi, mantovano, fu autor comico, poeta e impresario di compagnie comiche, come rilevasi dalla supplica a Francesco Gonzaga Conte di Novellara, in data 15 aprile 1567, per ottenere un decreto di poter egli solo per anni x dare stanza in Mant.ª da rappresentare comedie, a coloro che per prezzo ne vanno recitando, offerendosi egli dare ogni anno a poveri della Misericordia, sacchi due di formento ; per la quale offerta, il Gonzaga il 17 aprile raccomandava la supplica al Castellano di Mantova.
Ma sette anni dopo la morte di Molière, essendosi unite le due compagnie francesi nel Palazzo di Guénégaud, il Teatro di Borgogna restò interamente alla compagnia italiana fino all’anno 1697, quando il re comandò che si serrasse.
E tali disordini fin dalla metà del secolo XIII indussero le città di Aragona e di Castiglia, ad onta della giurisdizione baronale, ad associarsi e ad armare alcune compagnie sotto il nome di Santa Confraternita, per proteggere i viaggiatori e perseguitare i malviventi.
Il tono pamphlettistico in questa seconda redazione è ridotto a vantaggio di un’orchestrazione più controllata del discorso; ad esempio è espunta una critica agli impresari che nella prima redazione precedeva le osservazioni relative al libretto, evidentemente considerata troppo contingente e non adatta all’andamento più formale che Algarotti vuole dare al Saggio: «Ma questa così solenne riforma in vano noi l’attenderemmo dalle nostre tumultuarie compagnie di teatro e da’ nostri impresari che ne sono alla testa; i quali o non sanno ciò che fare si convenga, o pure, atteso i mille rispetti che sono forzati di avere, nol possono mandare a esecuzione17.»
E tali disordini sin dalla mettà del secolo XIII indussero le città di Aragona e di Castiglia, ad onta della giurisdizione baronale, ad associarsi e ad armare alcune compagnie sotto il nome di Santa Confraternita, per proteggere i viaggiatori, e perseguitare i malviventi.
Ringhieri, le quali hanno fatta la fortuna di parecchie compagnie d’istrioni.
Aggiugni a ciò le devastazioni delle provincie del regno taglieggiate e saccheggiate da compagnie di banditi, i quali non rare volte tolsero a’ ricchi abborriti i beni e le figliuole.
Che se l’abilità dei commedianti e la necessità delle compagnie ha più o meno conservato ed ampliato cotesto abuso, non dovrebbe in verun conto soffrirsi che l’attore, che reciti nella commedia specialmente in certe parti più importanti, si vedesse comparire e declamare nella tragedia col pericolo di turbarne e distruggerne l’illusione.
Introduzione Quando iniziai a lavorare su Pietro Calepio, stendendo il progetto di ricerca per l’ammissione al corso di dottorato, più di tre anni or sono, intuivo le potenzialità che offriva il suo Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia per sviluppare una ricerca vasta e complessa, che non si risolvesse semplicemente in un lavoro d’archivio volto a indagare il percorso biografico e culturale di uno dei tanti letterati «minori», quando non decisamente minimi, dell’Italia che usciva dalla guerra di successione spagnola e si affacciava timidamente sul palcoscenico dei Lumi. Ciò che mi spingeva a studiare l’opera di questo conte bergamasco, nato nel feudo di Calepio nel 1693, e autore di alcuni saggi critici che avevano ottenuto maggior fortuna al di là delle Alpi che non in patria, era un concorso di moventi di diversa natura. In primo luogo mi incoraggiava il fatto che Calepio avesse destato, nel secolo scorso, l’attenzione di interpreti molto raffinati, da Benedetto Croce, il quale si prodigò per riportare in Italia i manoscritti di questo autore, ammirato per la portata originale della sua estetica letteraria1, a Sergio Romagnoli, colui che promosse quella ripresa degli studi calepiani fra gli anni Cinquanta e Sessanta da cui scaturirono le edizioni della Descrizione de’ costumi italiani e del carteggio col Bodmer2, sino a Laura Sannia Nowé, che a Calepio aveva dedicato la propria tesi, nonché una serie di approfondimenti successivi sull’asse Maffei-Calepio che sono stati per me determinanti3. Secondariamente mi stimolava il fatto che il Paragone, trattato che si imponeva per ricchezza e vastità dei riferimenti culturali del suo estensore, rimanesse inedito dopo le due edizioni settecentesche, scarsamente diffusa la prima, filologicamente trascurata la seconda, postuma; latitavano in effetti anche esplorazioni specifiche su questa preziosa miniera di informazioni in ambito di teoria tragica europea sei-settecentesca: il Paragone veniva osservato come attraverso gli squarci di un lenzuolo perforato, per impiegare l’immagine di apertura dei Figli della mezzanotte di Salman Rushdie; era stato analizzato soltanto per piccole porzioni, utilizzate, talvolta anche brillantemente, all’interno di studi che riguardavano per lo più altri autori e non elette a specifico oggetto di indagine4. Infine mi affascinava l’idea che il Paragone potesse essere attraversato a partire da molteplici prospettive, come testo di critica e storiografia letteraria tra i più rilevanti nell’Europa del tempo — e in questo senso devo ringraziare soprattutto Andrea Fabiano e i membri dell’equipe del progetto di ricerca Historiographie théâtrale à l’époque moderne 5; come documento di evoluzione dell’estetica settecentesca europea che presentava indizi di un dialogo fecondo con i capisaldi della critica sei-settecentesca (Boileau, Pallavicino, Bouhours, Gravina e Muratori), ma che conteneva anche spunti di assoluta originalità circa la natura del gusto e la percezione del bello — interpretati da alcuni come segnali di una precoce ricezione delle tesi del Du Bos — che ponevano il bergamasco in una linea di rinnovamento settecentesca che precorreva la strada tracciata, fra gli altri, oltre che dal Bodmer, da personalità del calibro di Charles Batteux, David Hume, Edmund Burke, Gotthold Ephraim Lessing e Immanuel Kant; come tentativo, infine, di piegare i cardini della poetica aristotelica a un’esigenza religiosa che si poneva tuttavia in profondo conflitto con le soluzioni del teatro, marcatamente anti-aristotelico, di matrice gesuitica, promossa dalla sperimentazione tragica corneilliana e in generale barocca.
Je pense qu’on peut l’insérer des statuts de cette compagnie imprimés à Rome chez Bonfadino, en 1584, page 74. […] Cette date est constatée par la Préface des Statuts de la compagnie et par Ottavio Panciroli, Tesori nascosti di Roma , p. 488. […] On paie pour une première loge la valeur de huit places, qui font trente deux livres, et ceux qui l’ont louée n’y admettent que la compagnie qui leur convient. […] En faveur de cette compagnie, qui n’est composée que d’artisans et d’ouvriers, tailleurs, cordonniers, pelletiers, tisserands, meuniers, etc. qui chantent sur une tribune, ou chambre commune de métiers, publiquement, en certains temps de l’année, ayant leurs anciens et notables, qui sont juges de la versification et du chant, et qui distribuent les prix fondés, suivant leurs règles et usages.
Le disposizioni locali congiunte alla pace, che godevano quelle provincie sotto il lungo e felice governo de’ loro sovrani, e alla galanteria, e il lusso di alcune corti della Francia meridionale diedero origine a certe tribù, o compagnie d’uomini chiamati genericamente “Mnestrels”, i quali senz’aver soggiorno fìsso sen givano errando da castello in castello, da città in città, accompagnati dalle loro moglie e dai loro figliuoli, a imitazione degli antichi Rapsodi della Grecia, o (ciò che sembra più verosimile) come una reliquia dei commedianti latini, i quali, dopo varie trasformazioni e vicende accadute nel giro dei secoli, formarono quella genia di persone di cui si fa presentemente discorso.
Questo novello scrittore drammatico continuò più anni a provvedere le compagnie comiche lombarde di favole che quando con tinte comiche e quando con apparenze e decorazioni tirò il concorso in Italia. […] Apresi il corso alle rappresentazioni dopo la quaresima colle composizioni del XVII secolo conservate nelle due compagnie come proprii fondi.
Le arti meretricie che adopera variamente coi tre innamorati in compagnie delle sue fantesche, le quali felicemente la secondano, son copiate al naturale dalle procedure di simili femmine che trafficano i loro vezzi.
Essi servirono per le compagnie de’ Sempiterni, degli Accesi e della Calza.
Forse nè anche le compagnie de’ Comici Latini eccedevano il numero di tre, almeno in tempo di Marziale, giacchè egli nel festo epigramma del VI libro diceva a Luperco, Comœdi tres sunt, sed amat tua Paulla, Luperce, Quatuor.
Ciò che ne dicemmo altra volta, cioè che può bastar loro il servir di capitale a parecchie compagnie di commedianti.
Questo novello scrittore drammatico prosegue ad arricchire le scene italiane con profitto considerevole delle compagnie comiche.