/ 431
188. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 432-435

Pare che egli recitasse, ancor giovinetto, nella Compagnia del celebre Tabarrini a Vienna, quando per invito di Luigi XIV, con lettera del 5 luglio 1661 al Duca di Parma, fu mandato a Parigi. […] Dominique, stando sempre al Cicalmento (pag. 46) non si recò allora a Parigi per la prima volta : egli vi andò sul finire del’45, quando da quella Cristianissima Maestà vi fu chiamato Buffetto, il quale anche ci fa sapere come, presentate le commendatizie e ricevuti con ogni degnazione da’Sovrani e dall’eminentissimo Cardinal Mazzarini, fosser dati a Menghino e denari e un vestito bellissimo.

189. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 15-16

Comunque sia, l’Angelica nostra era la colonna della Compagnia dei Comici Uniti, quando nel 1580 si unì a Bergamo per qualche giorno con quella dei Gelosi ; nella quale occasione Cristoforo Corbelli dettò il seguente MADRIALE Non più col foco de i sospir sperate, nè con quello d’amore, voi, cui tutt’arde in strano incendio il core, far, ch’Angelica un poco senta ne le sue fiamme il vostro foco : che, com’aspide chiude sordo agl’incanti le sue orecchie crude.

190. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 608

Non si deve recitar l’arlecchino, che quando si è ben certi di piacere e di far ridere

191. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 609

Luca in Venezia, quando Carlo Goldoni ne era il poeta comico.

192. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » p. 858

Ghe dirò : quando m’avesse da innamorar, me piaserave una donna de statura ordenaria, ma più tosto magretta, perchè el troppo grasso me stomega.

193. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 392

Forse, quando abbandonò la Compagnia Berti per recarsi a Firenze, abbandonò anche le scene per diventare esclusivamente impresario.

194. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VII. ed ultimo. Vuoto della Storia teatrale. » pp. 248-280

E alluse a questo teatro e ad altre antichità di Murviedro il poeta Leonardo Argensola quando scrisse: Con marmoles de nobles inscripciones. […] Lepido Mnestere; e quando egli ballava, se sventuratamente qualche spettatore facesse il più picciolo strepito, se ’l faceva recare innanzi e di propria mano lo flagellava174. […] Ma i Caligoli sono come le fiere addimesticate, che mai non si spogliano di tutta la nativa ferità, e quando meno si attende, la riprendono. […] Osservammo nel tomo precedente, che la legge or dirige or aguzza gl’ingegni, e l’ arte ne acquista perfezione; ma ciò s’intende quando la legge, cioè la ragione, gastiga i delitti, non già quando un’ arbitraria indomita passione infierisce contro l’innocenza, e punisce in essa i proprii sogni e vaneggiamenti. […] Non ci somministra veruno scrittore il rimanente del secolo sesto, quando i popoli cominciarono a respirare alquanto.

195. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO I. Teatro tragico Italiano. » pp. 98-130

Non aveano ancora i Francesi, non che altro, la Sofonisba di Mairet e la Medea di Cornelio, quando i nostri produssero più di cinquanta tragedie ricche di molti pregi. […] Piena di movimento e di patetici colori è la scena di Alcinoe co’ genitori e con Mammolino, quando ella n’è divisa per andare ad essere esposta al mostro. […] L’industrioso giovane vi scorgerà di quando in quando qualche passo energico. […] Federigo ignora la mutazione del re, e quando Corradino è chiamato dal custode per la funesta esecuzione, lo lascia uscire credendo che vada alle nozze. […] In questa guisa fece l’ immortal Metastasio, quando dietro le orme singolarmente dell’Ariosto rinnovò tali gare e cangiamenti di nomi nell’Olimpiade e nel Ruggiero.

196. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Tramezzi. » pp. 68-88

E quando mai nel tempo del Calderone venne fuori una favola più mostruosa del Koulicàn di un tal Camacho? […] Tutto per essi è sconcerto, amarezza, disperazione, quando Agnese pietosa e magnanima intercede per la cugina da cui era stata offesa, promette di rinunziarle i beni ereditati per non lasciarla cadere nella miseria, e la riconcilia col padre. […] Ora quando a tali sainetti, ossieno salse comiche sapessero i poeti dar la giusta forma, essi a poco a poco introdurrebbero la bella commedia di Terenzio e Moliere. […] Ma in vece di apprendere da sì gran maestro l’arte di formar quadri compiuti di giusta grandezza simili al vero, egli ha rannicchiate, poste in iscorcio disgraziato e dimezzate nel più bello le di lui favole, a somiglianza di quel Damasto soprannomato Procruste, ladrone dell’Attica, il quale troncava i piedi o la testa a’ viandanti mal capitati, quando non si trovavano di giusta misura pel suo letto28. […] Por eso, quando ha dicho algo Mi madre sobre buscarme Destino, se lo he quitado De la cabeza . . .

197. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO III. Commedie del secolo XVII. » pp. 292-313

Il primo a vederla è il figliuolo che prevedendo di dovere al di lei arrivo fuggire dal rigore del padre giustamente sdegnato, piangendo le manifesta la sua colpa, e vuol partirsi disperato, quando ella impietosita dar non voglia a credere al marito che la giovane che è in casa, sia appunto la perduta sua figliuola. […] Ma quando intende che quella è veramente sua sorella, cade nelle smanie di Edipo senza però oltrepassare i limiti prescritti alla commedia, e la vivacità delle passioni che risveglia questo evenimento, agita e scompiglia la casa tutta, la quale avventuratamente si rassetta col manifestarsi uno scambio accaduto in fasce alla fanciulla, per cui si riconosce per figlia di un altro concittadino. […] Dalle descritte erudite tragedie e pastorali e commedie del XVII chiara quanto il meriggio ne risulta questa istorica verità, che allora il Teatro Italiano conservò l’usata regolarità, quando anche volesse notarsi in esso qualche alterazione nello stile. […] Ma quando anche il dotto Maffei e qualunque altro uomo di lettere più illustre pretendesse formare un mucchio spregevole di tutto ciò che si scrisse in quel secolo pel teatro, noi gli diremmo con rispetto ma con franchezza che s’inganna, ed avremmo dal canto nostro gl’imparziali e meglio informati.

198. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X ed ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati teatri, e della condizione degli attori Greci. » pp. 298-315

Poichè sul Greco teatro ειδικῷ, formale, preso come spettacolo abbiamo in grazia della gioventù ragionato a sufficienza, non increscerà per diletto ed erudizione, quando per altro non fosse, formarsi di esso una meno confusa idea, considerandone la struttura ύλικην, materiale. […] Quasi tutti i poeti scenici erano attori, quando non gli teneva lontani dal rappresentare l’erà o alcun difetto personale, o la mancanza della voce, come avvenne a Sofocle. […] Formavano ancora una parte del teatro alcuni gran portici edificati dopo la scena, i quali servivano al popolo per ricoverarvisi quando le piogge dirotte interrompevano la rappresentazione. […] Ne’ Baccanali quando si esponevano a gara le nuove tragedie, preparavasi al popolo in teatro un gran rinfresco di vivande e di licori, e si facevano correre da più parti fontane di vino168.

199. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 180

S. riverentemente gl’espone ritrouarsi la Compagnia in stato da non poter così tosto andar fuori a proccacciarsi il uiuere, anzi douer star mesi, essendo, come è noto, inferma malamente la Corallina in Verona, e la figlia non poter lasciar la madre pericolante ; al che prima pendeua e pende il non uedersi comparire la Diana, ne sapersi, quando mai sia per uenire, perilche Cintio il Marito si protesta non uolere uscire fuori senza la moglie, essendosi già portato a Verona, doue è la Madre inferma ; oltre che partendo anche questa senza gl’anzidetti per le piazze prescritte, gli riuscirebbe di poco proffitto, essendo sempre auuezze a uedere, e sentire le più fiorite, e scielte Compagnie di Principi.

200. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — 1636, ai 5 di giugno. » p. 603

Il Podestà di Cremona, fattone regolare processo, lo condannò, ma quando volle applicare la pena dovuta, la scena si cangiò ad un tratto.

201. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 661-662

Al momento di alzar la tela, uscì di camerino per entrar sul palcoscenico, quando, tutt’ a un tratto, mandò un grido, e stramazzò a terra, come fulminato.

202. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 665-666

E quando un compagno gli disse che la recita era sul finire, e ch' egli aveva ripiegata la sua parte, il Vidari trasse di tasca il borsello, vi diè dentro un’occhiata, e tornò pacifico all’osteria.

203. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VII. Copia di Teatri per l’Impero: magnificenza e profusione eccessiva negli spettacoli sceneci. » pp. 38-55

Alluse a questo teatro e ad altre antichità di Murviedro il poeta Leonardo Argensola quando scrisse: Con marmoles de nobles inscripciones (Teatro un tiempo y Aras) en Sagunto Fabrican oy tabernas y mesonesb. […] Lepido Mnestere, e quando egli ballava, se sventuratamente qualche spettatore facesse il più picciolo strepito, se ’l faceva recare innanzi e di propria mano lo flagellavaa. […] Ma i Caligoli sono come le fiere addimesticate, che non mai si spogliano di tutta la nativa ferità, e quando meno si attende, la riprendono.

204. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

Altro non vuolsi da essa se non che accompagni di quando in quando l’attore col basso affine di sostenere la di lui voce, né si chiede altro dall’attore se non che misuri l’accento con qualche intervallo armonico, nel quale la regola sarebbe che non oltrepassi colla voce l’estensione d’una ottava. […] [22] Ma dove, quando, e come deve usar il musico degli ornati per conciliar fra loro i due estremi difficili, di emendar cioè coll’arte i difetti della natura, e di non sostituire alla natura gli abbigliamenti dell’arte? […] Nemmeno allora quando il canto esprime il calore delle grandi passioni. […] E quando mai, replicherò io a codesti fautori della irragionevolezza, e quando mai fu costituito il popolo per giudice competente del gusto ove si tratta di arti o di lettere? […] Tutta la declamazione del diverbio e gran parte della monodia consisteva in una spezie di suono medio, il quale aveva alcune delle proprietà del canto nostro senz’averle tutte, e che nei dialoghi era a quando a quando accompagnata da uno strumento che rimetteva in sesto la voce quando aberrava dalla intonazione.

205. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 163-168

che, feritosi gravemente, cadde alienato di sensi, e quando rinvenne, si trovò nel suo letto, circondato dagli amici, tra i quali si potè contar da quel punto il grande astigiano. […] La sua voce era rauca, e mal atta a colorire tenere espressioni, imponente, terribile nell’espansione di violenti affetti ; il suo portamento, il suo gesto erano nobili, e dignitosi, nè perdevano della loro dignità, e della loro nobiltà, che quando voleva dipingere gli oggetti fisici con gesti di contraffazione.

206. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 288-292

Per l’istessa, nelle Scene detta Fioretta Col nome di Fioretta lusingando m’alletta questo tiranno amore ; ma quando ardito il core s’accosta al vago viso, incautamente, ohimè, rimane ucciso. […] O spietata pietate, o cara feritate, dal vostro dolce amaro con mio diletto imparo come amante gioisce quando in mezzo ai martir manca e languisce.

207. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »

Callicrate nel Dione, Lusignano nella Zaira, Polidoro nella Merope, e simili altri fanno un gran effetto sul teatro tragico, perché i personaggi che imitano, parlano alla ragione eziandio, e perché la poesia piace non meno quando istruisce che quando commuove; la prima delle quali cose può conseguirsi egualmente coi caratteri freddi, tranquilli, o dissimulati, che coi loro opposti. […] Nel recitativo semplice adunque, che declamazion musicale piuttosto che canto dee propriamente chiamarsi, giacché della musica altro non s’adopra che il Basso, che serve di quando in quando a sostenere la voce, né si scorre se non rade volte per intervalli perfettamente armonici: hanno il lor luogo i personaggi subalterni, che noi abbiamo supposto finora inutili al canto. Havvi un’altra situazione d’animo più veemente e concitata, dove i primi impeti delle passioni si spiegano, quando l’anima, ondeggiando in un tumulto d’affetti contrari, sentesi tormentata dalle proprie dubbiezze senza però sapere a qual partito piegare. […] La loro immaginazione tutta occupandosi nel godimento, non lascia il tempo alla fredda ragione di riflettere se ciò che vede, sia vero o falso; l’immagine del luogo che si ha presente, seguita a mantener l’illusione quando più non s’ascoltano i suoni, e la grand’arte combinata della musica e della pittura consiste nel mantenerlo nell’errore costantemente. […] Se riguardiamo la poesia, niun’artifiziale orditura si può aspettar dal poeta, quando i prodigi vengono a frastornare l’ordine degli avvenimenti, niun carattere, ben sostenuto, quando i personaggi sono chimerici, niuna passione ben maneggiata, quando chi si rallegra, o si rattrista sono le fate, i silfi, i geni ed altri esseri immaginari, de’ quali ignoro le proprietà e la natura, né la sorte loro sarà in alcun tempo la mia.

208. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

Si fa leggere con piacere la tenera elegante Zelinda, tragedia del conte Calini da Brescia, benché imitata da Blanche e Guiscard (e quando mai una felice e spiritosa imitazione su riprensibile nelle lettere? […] Vedasi come bene appropria a Tito l’auree parole del gran Teodosio quando quelli abolì una legge antica che dichiarava rei di morte quelli che profferivano parole ingiuriose contro il principe216. […] Ma che mai pareva ricavar da Calderón che se ne scostò tanto, spezialmente quando si gonfia e pensa di elevarsi al tragico? […] Meno sono essi in istato di comprendere, per mancanza di principi e di notizie, quando gli autori s’incontrano per ventura, e quando si sieguono a bello studio218. […] Confessiamo ingenuamente che ’l Cinna merita gli sguardi d’ogni gran poeta, e che la Clemenza di Tito nulla perderebbe quando anche ne fosse un’imitazione esatta222.

209. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 543-544

Allorchè le cicale non son stanche di sciattare i bimmolli in fogge strane, quando del Diacciatina sulle panche si ganzan di sorbetti le sottane ; il giorno, in cui tra loro uniti stanno di Cecco e Beco i venerandi figli, cosa, che segue un par di volte l’anno : nel secol d’ora, in la Città de'Gigli, gli anni, che con più sei cinquanta fanno, nacque al mondo Domenico Somigli.

210. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 588

VII), quando dice che Zaccagnino e Truffaldino chiusero la porta in Italia ai buoni Arlecchini.

211. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Non si smentisce nelle avventure notturne, quando tutti i passeggieri caminando verso Toledo pernottano in Illescas nell’atto II. […] L’incontra, offerisce liberarla (quando che dovea e potea farlo decentemente colla propria autorità). […] Vendicarsi vorrà, quando non sia Altri uccidendo, colla propria morte. […] E quando l’equivoco si scioglie, che mai vi s’impara? […] E che giovano esse quando non sono verificate su i medesimi drammi?

212. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO I. Teatro Tragico Italiano. » pp. 228-273

Piena di movimento e di patetici colori è la scena di Alcinoe co’ genitori e con Mammolino, quando ella n’è divisa per andare ad essere esposta al mostro. […] L’industrioso giovine scorgerà in tal componimento di quando in quando qualche passo energico. […] Grande ancora si mostra ne’ suoi lamenti, quando seco stessa trattenendosi si palesa più sensibile alle disgrazie benchè non meno magnanima. […] Federigo ignora la mutazione del re, e quando Corradino è chiamato dal custode per la funesta esecuzione, lo lascia uscire, credendo che vada a nozze. […] In questa guisa fece l’immortale Metastasio quando dietro alle orme singolarmente dell’Ariosto rinnovò tali gare e cangiamenti di nomi nell’Olimpiade e nel Rugiero.

213. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 461-471

.), in cui fra l’altro è detto : Sacchi innocente, di nostra mente consolazione, tato e mignone, tu con le pure caricature, e con gl’imbrogli, quando tu il vuogli, e con gli amori, e co' furori, le gelosie, le braverie, senza osceni allettamenti, imposture, adulazioni, vinci tutte le invenzioni de' Poeti prepotenti ; e ci sollucheri, e i cori inzuccheri ; a' tuoi detti giriam gli occhi, tanto il mel par che trabocchi, e ci urtiamo e pizzichiamo, ci abbracciam, ridiam, gridiamo : O poeti da cucina, Viva il Sacchi, e Smeraldina. […] Garrik in Inghilterra, Preville in Francia, e Sacchi in Italia : e nella Prefazione al Servitore di due padroni, Scenario, ossia Commedia a Soggetto, composta il 1745, mentre era a Pisa fra le cure Legali, dice di lui : I sali del Truffaldino, le facezie, le vivezze sono cose che riescono più saporite, quando prodotte sono sul fatto dalla prontezza di spirito, dell’occasione, del brio. […] Visto poi che recitata da altri la Commedia non sortiva il medesimo successo, s’indusse a scriverla tutta, « non già, — aggiunge con gentile riserbo, — per obbligar quelli che sosterranno il carattere di Truffaldino a dir per l’appunto le parole sue quando di meglio ne sappian dire, ma per dichiarare la sua intenzione, e per una strada assai dritta condurli al fine. » E conchiude pregando chi reciterà quella parte, di volere in caso di aggiunte astenersi « dalle parole sconcie, da'lazzi sporchi…. » E qui forse intende di muover velatamente rimprovero al Sacco stesso, che in materia di sconcezze su la scena pare non avesse troppi scrupoli. Ne fa fede Pietro Antonio Gratarol al Capo XII della sua Narrazione apologetica, quando dice : Non altronde che a Venezia ti verrebbe fatto, manigoldo, di ottenere da ogni genere di persone quanto ivi ottieni.

214. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 185-186

Le due Compagnie partirono da Blois per far ritorno a Parigi, quando Enrico il bearnese, figlio della Albret, si promise sposo a Margherita, la figlia di Caterina De Medici.

215. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 499-500

Esordì colla parte del fratello vendicatore nel dramma : Prestatemi cinque franchi ; e tanto vi dispiacque, a cagione specialmente della pronuncia siciliana, accentatissima, che il Marchese Imperiali, deputato della sopraintendenza a quel teatro, ne volle cancellato il nome dall’elenco degli attori pel nuovo anno comico, rispondendo rigidamente a chi glie ne vantava le doti : « quando il signor Bozzo parlerà italiano potrà tornare al Teatro dei Fiorentini.

216. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 540

Fu splendido ornamento della Compagnia di Giovanni Toselli, e una delle più geniali figure del teatro piemontese, che abbandonò, giovanissima, quando più le arrideva la gloria, per entrare nel santuario della famiglia.

217. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 568-569

Il 1805 era nella compagnia Consoli e Zuccato, quando il Vestri vi entrò come generico, e quasi gli fu maestro.

218. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. -596

Il detto Carpioni credo che habia promesso, di uenire à reccitare à san luca si che si potria agiustare che lui restasse à seruire Vostra Altezza, et in suo logo seruisse qua la compagnia di Cintio, et quando il detto non uolesse restar à modona, che sarebbe la migliore, perche luna e l’altra compagnia sfugiria le spese, si potrà fare uenire la compagnia di cintio costà, e di tutto nò voluto dar pate à Vostra Altezza credendo di seruirla, et aspetaro i suoi Comandi a ferrara, e li faccio humilissima riuerentia.

219. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 797-798

Fu una scena meravigliosa a cui il pubblico assistette stupefatto e quasi non credendo ai propri occhi, dinanzi a quei due uomini trasfigurati in quella stupenda manifestazione d’arte ; e quando la tela cadendo ruppe l’incanto, un applauso entusiastico, incessante li salutò, confermando all’uno la fama gloriosa, battezzando solennemente l’altro come grande e vero artista ; e questo giudizio resterà.

220. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 676-677

Fratello della precedente, aveva poco più di un anno, quando fu condotto il 1716 a Parigi, e comparve alla Comedia italiana il 19 gennajo 1719 con l’abito di Arlecchino in una scena aggiunta alla commedia di Gueullette, Arlequin Pluton, pubblicata soltanto il 1879 dallo Jouaust a Parigi.

221. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « LETTERA DELL’AUTORE ALL’EDITOR VENETO » pp. 1-9

Vero è altresì che nelle storie teatrali si suole di quando in quando favellar di comedi antichi e moderni, cioè de’ Satiri, de’ Roscj, de’ Baron, de’ Garrick, degli Scaramucci e de’ Don-Fastidj, bassi oggetti da’ quali difficile e schifiltoso rifugge chiunque presume di tener gran posto contando se stesso tra’ personaggi stragrandi che danno lustro e nome al secolo XVIII.

222. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 639-643

Per la Pazzia di Flaminia, scrisser versi l’Olimpico (11), il Sofferente Incognito (14), e l’Afferrante (60) ; un madrigale dettò Incerto Autore, quando ella rappresentò Angelica nella Pazzia d’Orlando (57) ; altro ne dettò il Zifferante, quando ella era in abito d’Iride (94) ; ne abbiamo del Crivellato sopra un bacio colto da lei in scena, per lo quale s’arrossì (65), dell’Acuto, sopra l’archibugiata sparata da lei (48) ; un sonetto scrisse il Sofferente Incognito, al’hora che risero alcuni al veder che molti veramente piangessero (13), e altro ne scrisse il Galleggiante, mentre ella recitava in habito virile (54).

223. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 922-927

Ciò fu nel 1658, quando cioè Molière tornò a Parigi dalla Provincia ove l’avean confinato i debiti per l’illustre teatro. […] Nessuna coppia accenna nella lettera all’altra, come non punto si accennò mai a un grado di parentela fra Beatrice, la moglie di Giovan Battista, e Tiberio Scaramuccia, quando si trovaron insieme a Parigi col Locatelli.

224. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Del teatro »

Dal che ben pare che l’esperienza ne insegni qualmente, per l’interior del teatro, a prescegliere si abbia il legno; quella materia cioè di che fannosi appunto gli strumenti da musica, siccome quella che è più atta di ogni altra, quando percossa dal suono, a concepir quella maniera di vibrazioni che meglio si confanno cogli organi dell’udito. In effetto mettevano gli antichi ne’ loro teatri i vasi di bronzo, affine di aumentar la voce degli attori, quando essi teatri erano di materia dura, di pietra, di cementi o di marmo, che sono cose che non possono risuonare; laddove di tale artifizio non abbisognavano in quelli che erano fatti di legno, il quale forza è, come dice espressamente Vitruvio 57, che renda suono. […] Ciò potrebbe per avventura trovar fede presso a coloro che credevano dover correre di gran pericoli in acqua chi era nato sotto il segno dell’Acquario, che prescrivevano a’ tisici il giulebbo del polmone di questo o quello animale, alle partorienti la rosa di Gerico, e tenevano simili altre illazioni per figliuole legittime dell’analogia, quando dal sillogizzare scolastico travisata era del tutto la faccia della filosofia.

225. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 316-325

Eschilo, secondo il testimonio di Sofocle, e secondo che dice Callistene presso Luciano, e Plutarco nel Simposio, scrivea le sue tragedie tra’ bicchieri, quando era già caldo di vino. […] Fu posta sulla tomba di Sofocle la figura di uno sciame di api per perpetuare il nome di ape, che la dolcezza de’ suoi versi gli avea procacciato; il che probabilmente fece immaginare, che le api si erano fermate sulle di lui labbra quando stava in culla. […] VII, c. 7.: Dari Chorus a Magistratu dicebatur, quia sumptui non sufficeret Poeta; itaque ære publico id curabatur: neque vero parva erat impensa illa, quando magnus personarum numerus conducendus esset, atque in iis Choragus, & Coryphæus, unde illi discerent.

226. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81

Il racconto della perdita della battaglia nell’atto II, bellamente interrotto di quando in quando dalle querele del coro de’ vecchi persi, é una delle più rimarchevoli bellezze di tal tragedia. […] e quando le abbraccia, e non sa separarsene, tutte situazioni appassionate vivacemente dipinte. […] Tuttavolta il poeta la fa venire dalla figliuola: ma quando? quando già era stato da Oreste ucciso Egisto in un solenne sacrifizio. […] Or perché si darà ad Ippolito per tal ragione, quando egli porta la corona effettivamente nel dramma?

227. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Tuoni, venti, fulmini, scuotimenti di terra, sepoltura improvvisa nelle viscere de’ monti, aquile divoratrici del di lui cuore, apportano terrore agli spettatori e quando vengono minacciate e quando effettivamente agitano la scena. […] Il racconto della perdita della battaglia nell’atto II bellamente interrotto di quando in quando dalle querele del coro de’ vecchi Persi, forma una delle bellezze di questo dramma. […] e quando le abbraccia e non sa separarsene; tutte situazioni appassionate ottimamente dipinte. […] Tuttavolta il poeta fa che Clitennestra vada per tal menzogna a trovar la figliuola: ma quando? quando già era stato da Oreste ucciso Egisto in un solenne sacrificio.

228. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Il conte animato in tal guisa è in procinto di scoprirsi amante, quando comparisce Bianca colla banda posta che ha ricevuta dal servo del conte. […] Non si smentisce nelle avventure notturne, quando tutti i passeggieri caminando verso Toledo pernottano in Illescas nell’atto II. […] L’incontra, offerisce liberarla (quando che dovea e potea farlo decentemente colla propria autorità); Marianna gli dice che la sua prigionia è volontaria. […] Lo stile è proprio del genere eccetto quando gli amanti vogliono parere spiritosi, fioriti e leggiadri, perchè allora diventano enimmatici e pedanteschi. […] E che giovano esse quando non sono verificate su i medesimi drammi?

229. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVII ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati Teatri, e della condizione degli Attori Greci. » pp. 213-238

Poichè sul teatro Greco οιδικῶ, formale, preso come spettacolo abbiamo in grazia della gioventù ragionato a sufficienza, non increscerà per diletto ed erudizione, quando per altro non fosse, formarsi di esso una meno confusa idea, considerandone la struttura ιλικην, materiale. […] Quasi tutti i poeti scenici erano attori, quando non gli teneva lentani dal rappresentare l’età, o alcun difetto personale o la mancanza della voce, come avvenne a Sofocle. […] Formavano ancora una parte del teatro alcuni grandi portici edificati dopo la scena, i quali servivano al popolo per ricoverarsi quando le piogge dirotte interrompevano la rappresentazione. […] Ne’ Baccanali quando, si esponevano a gara le nuove tragedie, preparavansi al popolo in teatro un gran rinfresco di vivande e di licori, e si facevano correve da più parti fontane di vinoa Ebbero anco gli Ateniesi alcune leggi intorno al danajo degli spettacoli.

230. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VIII. Teatri materiali. » pp. 213-236

Coràl propriamente significa una corte rustica dietro di una casa, e talvolta comune a più casucce abitate da famiglie plebee non ricche, ed un simil luogo servì talora nella Spagna per le rappresentazioni sceniche, ancor quando non eranvi teatri fissi. […] Dal suo dubbio inurbano sin dal 1790, quando uscì il tomo sesto della Storia de’ Teatri in sei volumi, io appellai al testimonio di circa censettantamila abitatori di Madrid, e ad un milione almeno di altri Spagnuoli viventi che avranno veduti i due descritti teatri. […] Non era certamente à tres picos il cappello che usarono i Goti in Ispagna, in Francia ed in Italia, la qual cosa quando non potesse altronde dedursi, si vedrebbe da ritratti di tali popoli fatti nella mezzana età e nell’infima, e copiati sulle scene Europee. […] Ed il Signorelli quando parla di sombrero chambergo altro non dinota che un cappello slacciato che involava una parte del volto e proteggeva in certo modo la baldanza popolare.

231. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Pistoia, questo dì 21 di ottobre 1589. » pp. 405-415

Ecco per quel che concerne la maschera del Dottore le parole di Pier Maria Cecchini, il famoso Fritellino : La parte del Dottor Gratiano tanto grato à chi l’ascolta (quando vien fatta da chi l’intende) vien hoggi dal poco conoscimento d’alcuni adulterata in guisa, che non gli vien lasciato altro, che ’l semplice nome. […] Per rappresentare adunque (secondo il mio senso) questo così gratioso personaggio direi che quello il qual si dispone di portarlo in iscena, si formasse ben prima nell’ idea un tal huomo il quale voglia esser moderno al dispetto dell’antichitá, & che a tempo isguainasse fuori sentenze propositate quanto alla materia ; ma sgangherate quanto all’espressura, il condimento delle quali fosse vna lingua Bolognese in quella forma, ch’ella viene essercitata da chi si crede, che non si possa dir meglio, & poi di quando in quando lasciarsi (con qualche sobrietà) vscir di bocca di quelle parole secondo loro più scielte ; ma secondo il vero le più ridicole, che si ascoltino ; come sarebbe a dire. […] Così la maschera bolognese, il dottore, sarebbe ben più antica di quel che si crede e logicamente da riferirsi ai tempi più floridi dello Studio, quando Bologna forniva di dottori tutto il mondo civile.

232. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « ECCELLENTISSIMO SIGNORE » pp. -

Nobilità che (quando ancora risalir non si voglia, come si potrebbe, all’epoca di Lotario Imperadore) risulse in Pisa, si distinse in Roma, ed a niuna cede di generosità in Napoli, e che meritò dovunque i più onorifici sublimi gradi militari, politici ed ecclesiastici, come, oltre del Pirro, dell’Inveges, dell’Aprile, compruovano l’illustre Marchese Emmanuele di Villabianca, e l’ornatissimo Canonico e Parroco Logoteta?

233. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — 1759 – 16 Settembre. » pp. 258-259

Da quando ebbe abbandonato il teatro, sino al giorno della sua morte, egli, secondo il Casanova, passò il suo tempo in operazioni cabalistiche e in ricercar la pietra filosofale.

234. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 558-559

Pochi conoscon forse questo nome, ma dite Giancola e vedrete gli avanzi di tutta una generazione batter le mani, atteggiarsi a un sorriso di gioja e rammentare il beato tempo che fu, quando tutti gli affanni della vita, e non ve n’eran molti allora, tutte le noje, tutte le malinconie svanivano a una frase, e ad una mossa del non superato Giancola.

235. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 691

La moglie e i figli continuarono a recitare quando egli si ritirò (1878) nella sua Cortona, ove morì nel ’94 a ottantadue anni.

236. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 763-764

Conobbi il mio caro Angelo, quando si era giovani entrambi.

237. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » p. 940

Andò egli con due suoi Compagni, ma non incontrò molto applauso, dappoichè i Francesi non intendendo la frase Napolitana, nè le scempiezze del Pulcinella, ch’è parte goffa, altro diletto non aveano, se non quel che nascea dagli atteggiamenti ridicoli di Michelagnolo ; e per altro, egli non era grazioso, se non allora quando faceva scena co’suoi Compagni Napolitani, poichè i Comici Francesi non si adattavano al nostro modo di rappresentare all’Improviso, nè capivano la di lui intenzione, onde egli penava a muovere le risate.

238. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. -25

Forse Lidia era già in Compagnia, quando viveva l’Armani ?

239. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 479

Cominciò a recitar giovinetto, e talvolta anche in parti di brillante, ma veramente egli salì in rinomanza come suggeritore, che doventò casualmente a soli dieci anni, quando, una sera venuto a mancare il suggeritore della Compagnia, dovette sostituirlo lì per lì nella farsa La Muta per necessità.

240. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

Notisi il calore che spirano le di lui parole, quando sa che gli è stata menata via Eulalia. […] Per questo aspetto mirava Platone le Nubi, quando inviò tal favola al re Dionisio per dargli a conoscere gli Ateniesi. […] Si appose dunque Madama Dacier quando nelle note sulla vita di Terenzio disse. […] Calandro che ha veduto Lidio vestito da femmina quando visitava la moglie, se n’è anch’egli mattamente innammorato. […] Tu sai che d’altri che tuo non poso essere, quando bene ad altri sia dato.

241. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

Per questo aspetto mirava Platone le Nubi, quando inviò tal favola al re Dionisio per dargli a conoscere gli Ateniesi. […] Calandro che ha veduto Lidio vestito da femmina quando visitava la moglie, se n’è anch’egli mattamente innamorato. […] La prima intitolata l’Amor costante fu recitata nel 1536 in presenza dell’ imperador Carlo V quando entrò in Siena, e s’impresse nel 1559. […] Tu sai che d’altri che tuo non posso essere quando bene ad altri sia dato. […] Alla novella che ne ha Elfenice ripiglia le vesti di donna coll’ intento di manifestare al Governadore come Aristide è suo sposo, e quando non ne impetrasse la libertà, di ammazzarsi.

242. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo I. Origine della poesia drammatica. » pp. 2-7

E come sarebbe dall’Attica passata la scenica in Italia, quando vari monumenti storici ci assicurano, che ancor dopo molte età, per la solita primitiva gelosia nazionale, neppur tutti i piccioli continenti italiani si conoscevano tra loro? […] I Tarentini, quando oltraggiarono alla peggio, senza far differenza alcuna, l’armata romana che navigava a forza di remi avanti la loro città, non avevano (al dir di Floro lib. 

243. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO PRIMO. Origine della Poesia Drammatica. » pp. 2-11

Come poi sarebbe dal l’Attica passata la scenica in Italia, quando varj monumenti istorici ci assicurano, che ancora dopo molte età, per la solita primitiva gelosìa nazionale, neppure tutti i piccioli continenti Italiani si conoscevano tra loro? […] I Tarantini quando alla peggio oltraggiarono l’armata Romana che navigava a forza di remi avanti la loro città, non aveano, al dir di Floro a, piena notizia de’ Romani, ignorando anzi fin anche donde venissero, e pure già quegli aveano non picciolo impero in Italia.

244. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO PRIMO. Origine della Poesia Drammatica. » pp. 2-9

Come poi sarebbe dall’Attica passata la scenica in Italia, quando varj monumenti istorici ci assicurano, che ancora dopo molte età, per la solita primitiva gelosia nazionale, neppure tutti i piccioli continenti Italiani si conoscevano tra loro? […] I Tarantini quando alla peggio oltraggiarono l’armata Romana che navigava a forza di remi avanti la loro città, non avevano, al dir di Floro15, piena notizia de’ Romani, ignorando anzi fin anche donde venissero, e pure già questi aveano non picciolo impero in Italia.

245. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 333-339

Le prime attrici giovani saliron senza processo artistico al grado di prime attrici assolute ; i generici primari a quello di caratteristi, e via di seguito : così le salite già audaci doventaron pazze addirittura, e trascinaron l’arte a vertiginoso e rovinoso andare, di cui non si conosce nè il quando nè il dove della fine. […] Ed egli si appuntò la rivoltella a una tempia, quando nell’alta vergogna di un fallimento, sentì di non poter più continuare in quelle agiatezze che gli vennero per assai gran tempo dall’arte.

246. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Questo novello scrittore drammatico continuò più anni a provvedere le compagnie comiche lombarde di favole che quando con tinte comiche e quando con apparenze e decorazioni tirò il concorso in Italia. […] E quando sortirà un architetto circostanze più propizie per segnalarsi ? […] E quando ripiglieranno l’ilarità ed il riso ? […] Bisogna posseder critica e principi solidi per comprendere ancora quando gli autori s’incontrano per ventura, e quando si seguono a bello studio. […] Ma i Fiorentini usano forse tale idiotismo quando si parla di più persone ?

247. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Delle scene »

Avea egli nella pittura di una cupola fatto reggere le colonne, sopra cui ella posava, da mensole; cosa alla quale si storcevano alcuni architetti, protestando ch’essi per conto niuno non l’avrebbon fatto in una fabbrica, e dandogli per ciò non lieve carico; quando tolse loro ogni pensiero, secondo che riferisce egli stesso, un professore, amico suo, il quale si obbligò a rifare ogni cosa a sue spese qualora, fiaccando le mensole, le colonne con la cupola fossero venute a cadere: magra scusa, quasi che l’architettura non si avesse a dipingere secondo le buone regole, e ciò che offende nel vero non offendesse ancora nelle immagini di esso. […] Mirabili cose farebbe il lume, quando non fosse compartito sempre con quella uguaghanza e così alla spicciolata, come ora si costuma. […] Avverrebbe in questo ciò che avvenne in Francia, quando, dopo gli arzigogoli spagnuoli che vi avevano lungo tempo sfigurato Talia, usci primamente la commedia di Molière costumata e naturale.

248. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388

Serse par che avvilisca il monarca e ’l padre, quando si adopera a favor d’un figlio favorito per sedurre una principessa innamorata dell’altro ch’egli non ama. Artaserse é un carattere incerto, e a taluno sembrerà stolto o maligno, quando giudica suo fratello. […] Peggio poi quando quella, ch’io chiamo picciola tragedia, é scritta in prosa, come d’ordinario avviene in Francia. Pessimo quando per sì piccola cosa si offende in tante guise il verisimile, si accumulano eventi l’un sopra l’altro senza maturarli, senza digerirne le circostanze, e si salta ora in un luogo, ora in un altro. […] «Parlano (dice ancora il Martelli) gli attori francesi a voce bassa borbottando quando compariscono dal fondo della scena, e declamano più sonoramente quando si accostano al proscenio».

249. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 279-281

Adolescente, ogni qualvolta gli veniva fatto di raccapezzar qualche soldo coll’arte sua (dopo tante e diverse prove, s’era dato definitivamente all’oreficeria), si recava co’suoi al teatro della commedia, alla quale si sentiva inconsciamente attratto, sin da quando, bambino, sentì recitare al teatro della Piazza Vecchia, ora distrutto, il rinomato stenterello Amato Ricci.

250. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 562-563

In quel momento di sosta (1880-81), quando si trovava fuor dell’arte a Genova, dove s’era sposata a un banchiere Camillo Piatti di Piacenza, rottasi la Pietriboni un braccio, andò lei a sostituirla, creando quasi d’improvviso e in modo incantevole la parte di Cipriana nella commedia Facciam divorzio di Sardou.

251. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. -612

V. gradise di Voler ch’io mi portasi in modona Con la Compagnia niente inferiore à quella che Ci Verà il Carnouale ; quando io sia Chiamato dal A. 

252. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 592-594

Di quando fu comico al servizio del Duca di Modena abbiamo un larghissimo passaporto in data 3 novembre 1681 ; e il Campardon riferisce una querela di lui del 7 dicembre 1691, contro certa Maria Lemaine che aveva tentato involargli i pegni di un credito per la perdita di un pajo di maniche di merletto.

253. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVI. Dell’uso delle Antiche Maschere. » pp. 201-212

Ma quei cori non erano tuttavia ciò che poscia si disse poesia drammatica, e quando questa cominciò a pullulare da que’ semi, l’attore fece uso della feccia, delle capigliature ed indi delle scorze, delle foglie e di simili cose, per imitare il personaggio rappresentato, e non già quell’antica buffoneria villesca. […] Anche allora che si mordevano gli estinti, la maschera rappresentava le persone nominate, come quando Aristofane pose in iscena Eschilo ed Euripide già morti, mal grado che vi fosse una antica legge di Solone che vietava di dir male de’ morti.

254. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Dell’uso delle antiche Maschere. » pp. 290-297

Ma quei cori non erano tuttavia ciò che poscia si disse poesia drammatica; e quando questa cominciò a pullulare da que’ semi, l’attore fece uso della feccia, delle capigliature e indi delle scorze, delle foglie e di simili cose, per imitare il personaggio rappresentato, e non già quell’antica buffoneria villesca. […] Anche allora che si mordevano gli estinti, la maschera rappresentava le persone nominate, come quando Aristofane pose in teatro Eschilo ed Euripide già morti (Nota XXV).

255. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO I. Stato della poesia scenica in Francia. » pp. 3-12

Può vedersene un esempio ne’ motteggi lanciati in una di esse quando cadde dalla grazia di Luigi XII il maresciallo de Gie perseguitato da Anna di Brettagna regina-duchessa. […] I Confratelli vi si sottomisero; ma non istimando di poter continuare a montar sul palco con loro decoro, cessato l’oggetto della loro confraternita, si diedero ad ammaestrare alcuni nuovi attori che rappresentarono sino al 1588, quando il teatro fu ceduto ad un’ altra compagnia di attori formata in Parigi con real permissione.

256. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Tuttavolta il poeta fa che Clitennestra vada per tal menzogna a trovar la figliuola; ma quando? quando già era stato da Oreste ucciso Egisto in un solenne sacrifizio. […] Achille avea promesso di salvarla dalla violenza; ma quando ella si offre di buon grado alla morte, secondo i principii della religione pagana, non gli era lecito più di liberarnela senza esser sacrilego, e quindi desiste dalla promessa difesa. […] Socrate amico di Euripide sembra averlo preferito a tutti, giacchè ben di rado o non mai vedevasi in teatro, se non quando Euripide vi esponeva qualche nuova tragedia, e l’amava e per la bontà e bellezza de’ versi e per la filosofia onde gli nobilitava. […] Quando il fatto deponesse con pari asseveranza in prò delle tragedie moderne: quando potesse dimostrarsi che pari evento felice avrebbero esse sortito sulle scene di Atene; pur dovremmo esser cauti nel pronunziare sulla preferenza.

257. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

Edipo, Sertorio, Sofonisba, e Surena rappresentata nel 1675, quando Corneille rinunziò da buon senno al teatro, sono degne della vecchiezza d’un grand’uomo186. […] Nel 1666 quando si rappresentò l’Agesilao di Corneille, uscì l’Alessandro di Racine, nobile e giovane poeta, donde cominciò un genere tragico quasi novello. […] Bisogna però confessare ingenuamente, che Molière abbelliva a meraviglia le altrui invenzioni, e dava loro un brio e un abbigliamento così proprio de’ Francesi e del suo tempo, che gli originali sparivano a fronte delle copie, quando lavorava senza fretta. […] Ma sette anni dopo la morte di Molière, essendosi unite le due compagnie francesi nel Palazzo di Guénégaud, il Teatro di Borgogna restò interamente alla compagnia italiana fino all’anno 1697, quando il re comandò che si serrasse. […] Egli é qui da notarli però, che l’opera francese eroica differisce assai dall’italiana oggidì; mercé che ella nacque dalla nostra, qual’era in Venezia e nella Toscana al secolo XVII, quando i nostri drammatici tiravano gli argomenti dalla favola, ed altro oggetto non aveano che di parlare ai sensi con tante macchine e decorazioni.

258. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Tutta l’azione appartiene alla commedia spagnuola, e da questa principalmente si trasse la scena, in cui nel tempo stesso implorano dal sovrano Chimene giustizia, ed il padre di Rodrigo pietà; e l’altra di Rodrigo e Chimene, quando parlando questa con Elvira, l’amante si tiene indisparte ad ascoltare, quella altresì del contrasto del dovere di figlia colla passione amorosa onde Chimene è tormentata, e della vendetta dell’ingiuria paterna coll’amore che ha per Chimene onde Rodrigo è posto in angustia. […] Nel medesimo anno 1666 quando si rappresentò l’Agesilao del Cornelio, comparve sulle scene l’Alessandro di Giovanni Racine nobile e giovane poeta, da cui cominciò una specie di tragedia quasi novella. […] Mai non si ripeterà abbastanza che la tragedia quando rappresenti un’azione rinchiusa in una famiglia, benchè reale, senza mostrare un necessario incatenamento degli affetti de’ personaggi coll’interesse dello stato, e quando singolarmente si aggiri su di amorosi interessi: simil tragedia, dico, rimarrà sempre nella classe delle favole malinconiche poco degne di Mel Melpomene. […] Se pur una di simili prerogative avesse posseduto Vicente Garcia de la Huerta, quando tutto mancasse, può ricavarsi da ciò che osò affermar del Racine in un gran papelon chiamato Prologo. […] Oltre a ciò che precedentemente noi affermammo della Marianna di Lodovico Dolce, di Don Pedro Calderòn de la Barca e di Tristano, vuolsi quì osservare ancora, che nell’anno 1636 quando si rappresentò la Marianne francese, il teatro spagnuolo non avea ancor veduto il Tetrarca de Jerusalen.

259. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VII. Della vera commedia Francese e dell’Italiana in Francia. » pp. 144-176

Essa si rappresentò nel 1748 la prima volta a Versailles; ma secondo il Giornale straniero del 1755 quando si replicò in Parigi, non vi fu accolta troppo favorevolmente. […] Quivi quando alcun tratto si dipigne Di candor, di bontà, dove trionfi, E del proprio splendor tutta sfavilli L’umanità benefica e gentile, Di pura voluttà s’empie ogni cuore, Quivi s’intende di natura il grido. […] E quando mai Vide la Francia tanti varj ingegni Opre più vaghe, più puri costumi? […] Congedata l’antica compagnia non fuvvi in Francia commedia Italiana per lo spazio di 19 anni, cioè sino al 1716, quando il duca di Orleans regente v’invitò la compagnia di Lelio e Flaminia nomi teatrali presi dal Romano Luigi Riccoboni e dalla sua consorte Agata Calderini (Nota IX). […] Parlano (segue il Martelli) gli attori Francesi a voce bassa borbottando, quando compariscono dal fondo della scena, e declamano più sonoramente quando si accostano al proscenio.

260. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 269-289

Rappresentava un giorno nel teatro di Atene quest’industrioso attore una sua parodia, quando dalla Sicilia vennero le amare novelle di una disfatta luttuosa, e quantunque la maggior parte degli spettatori piangesse coprendosi il capo per avervi perduto qualche parente, tutti però si trattennero nel teatro, sia per occultare agli altri Greci la loro perdita, sia per certa spezie di riguardo avuto per questo favorito parodo. […] Ma questi rappresentatori non potevano mostrar sempre la loro eccellenza, perchè quando i comedi rendevansi celebri nell’ arte, pretendevano passar per capi e regolatori di tutto lo spettacolo. […] Si confuse intanto la voce mimo, e quando dinotava un dramma così chiamato, e quando un attore buffonesco.

261. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO III. LIBRO III » pp. 50-54

Tal notturna processione e recita è durata sino al 1740, quando fu proibita.

262. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — 27 sett.bre 1808. » pp. 50-51

re Commissario, quando lo creda, rivolgersi alle Autorità di quel paese per interessarle nella ulteriore trattativa di questo affare…………………… ………………………… Luini.

263. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 448

D’Afflisio Elisabetta), quando costei diventata direttrice per conto proprio, prese in affitto il teatro di Mantova nell’autunno del 1749.

264. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 684-685

Non sappiamo se la triste e volgare stupidità gli abbia procacciato dolori ; ma dal Costetti sappiamo che sino a quando durò la società di lui coll’ Alberti, l’ impresa dei Fiorentini fece ottimi affari.

265. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 988-990

Ne’ dialoghi famigliari cogl’ innamorati e colle donne, sentivasi raziocinando persuaderli a non seguire gli stimoli dell’amore, quando non acconsentiva che un suo figlio, o una sua figlia in matrimonio s’accoppiasse con un oggetto a lui medesimo dispiacente.

266. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1005-1006

Bartoli, che riferisce anche il seguente sonetto di anonimo : Spiegar col labbro in misurati accenti i diletti d’amore, oppur le pene, qual fra le gioje, o tra gl’infausti eventi un tenerello cor prova e sostiene, te veggiam, Margherita, assai contenti, quando saggia affatichi in sulle scene ; e sì n’ alletti, che ciascun pur senti te innalzar fra le bionde Dee Camene.

267. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [I-H-K]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1060-1062

Probabilmente questo sonetto fu scritto del ’72, un anno avanti la pubblicazione delle rime del Vestamigli, quando cioè l’Isola si trovava a recitare a Bologna con Angiola Isola, con la D’Orsi, i Broglia, Milanta, Cimadori, e Riccoboni.

268. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 504-506

E quando più nel suo fulgor divina l’arte trasfonde l’ immortal suo spiro al guardo e all’atto che ti fan regina ; negli arcani del tuo vivo sospiro ogni cor sente la superna idea che in un volger di ciglio anima e crea.

269. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Il primo a vederla è il figliuolo che prevedendo di dovere il di lei arrivo far che egli debba fuggire dal rigore del padre giustamente sdegnato, piangendo le manifesta la sua colpa, e vuol partirsi disperato quando ella non voglia impietosita dare a credere al marito che la giovane che è in casa sia appunto la perduta sua figliuola. […] Ma chi sa quando l’Italia si purgherà da tal macchia colla gloria di bandir dalle sue scene la nojosa uniformità recatavi dagl’ invincibili pregiudizj di tali attori che oggidì ne scema il diletto? Ciò avverrà appunto, quando scosso il volontario stupore gli uomini giungano a comprendere che, oltre ai tenori con tanto diletto ascoltati, le dolcissime naturali voci delle femmine fanno in iscena, senza che si violenti la natura, quanto mai sanno eseguire le non naturali de’ castrati. […] Dall’erudite descritte tragedie, pastorali e commedie del XVII secolo chiara quanto il meriggio ne risulta questa verità istorica che allora il teatro Italiano conservò l’usata regolarità, quando anche volesse notarvisi qualche alterazione nello stile. […] All’occhio della filosofia è detestabile sol quando è Italiano un cantante smaschiato?

270. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XI. Primi passi della Commedia Antica. » pp. 2-15

Trovavasi il teatro Ateniese nel colmo della gloria nell’olimpiade LXXXI, quando cominciò a fiorir Cratino poeta di stile austero, mordace e forte ne’ motteggi, dal quale si dee riconoscere il lustro di quel genere di commedia caustica e insolente chiamata Satirica e Antica. […] Con ciò fa perdere di vista alla gioventù la vera fisonomia del teatro greco, ed occulta specialmente i lineamenti del periodo in cui fiorì la Commedia Antica, quando poeti e spettatori erano egualmente animati dello spirito geloso che dettava sì spesso l’ostracismo contro il merito e la virtù.

271. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 724-729

Nel '79, quando alla Comedia Italiana si cominciò a modificare il repertorio, e a rappresentare il più spesso opere francesi, ella diè gran prova di zelo e di intelligenza, recitando egregiamente le parti di servetta nelle commedie di Marivaux. […] Nè solo del recitare si occupò, che la musica e il ballo conobbe a segno da poter cantare e danzare in commedia con garbo, quando il bisogno lo richiedeva.

272. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 743-748

La quale infatti si recò a Milano, di dove il 3 di maggio Zanotti scrive al Graziani che non sa ancora se e quando dopo Pasqua si recherà a Brescia o a Verona, poichè non sono mai frequentate dalle Compagnie de' comici per qualche poco di tempo doppo Pasqua quelle Città, che dano il luogo scoperto per rappresentar comedie, come Brescia e Verona, perchè sarebbe un volontariamente perdersi col esporsi alle stravaganze de tempi, che per lo più riescono in simile stagione piovosi. […] Non credo abbandonasse il teatro : o almeno egli non lo abbandonò definitivamente ; poichè lo vediamo il 1688-89 di nuovo al servizio del Duca di Modena, proprio quando Giovan Battista Costantini, lasciata la Compagnia e il nome di Cintio, si recò alla Commedia Italiana di Parigi per sostenervi gli amorosi sotto il nome di Ottavio.

273. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Nel IV degna singolarmente di osservarsi è la quinta scena, quando Enrico viene a salvare Anagilda, ed ella ricusa di seguirlo. […] sa che quando Gerbino fosse un altro, il re lascerebbe impunito chi gli ha trucidate due schiere di soldati? Ecco come ad ogni passo s’incontra un precipizio, quando si copiano senza destrezza le altrui invenzioni. […] Perchè esporre una tenera fanciulla al pericolo di un precipizio per via scoscesa e per una scala in tempo di notte, quando poteva uscir di giorno, com’ era venuta, dalla porta? […] Queste Addizioni erano preparate da più anni, quando il Calsabigi vivea, nè ad altri quì mentovati era avvenuto sinistro veruno.

274. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

E se l’avessero tratto dagli antichi, non ci avrebbero essi informato di sì notabile novità, quando di altre particolarità più leggiere ci diedero contezza? […] Orsù quando i sospiri Udirò delle piante, Io son contenta allor d’essere amante. […] Nella bellissima prima scena quando nasce l’amor dì Silvia dal racconto del pericolo di Aminta, ella non mostra gl’interni movimenti se non col pianto che le soprabbonda, e il poeta fa che Dafne gli vada disviluppando: Tu sei pietosa, tu! […] Era stata già rappresentata in Parma in presenza di Ranuccio Farnese giovanetto nel 1583, quando fu dedicata alla nobile Camilla Lupi che vi sostenne la parte di Amarilli; e si stampò poi nel seguente anno in Venezia. […] Si figura l’azione avvenuta tra’ Pisani quando tuttavia dimoravano nello stato pastorale, e l’amore presagisce le future grandezze di Pisa.

275. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

E se l’avessero tratto dagli antichi, non ci avrebbero essi informato di sì notabile novità, quando di altre particolarità più leggiere ci diedero contezza? […] Orsù quando i sospiri Udirò de le piante, Io son contenta allor d’essere amante. […] Nella bellissima prima scena quando nasce l’amor di Silvia dal racconto del pericolo di Aminta, ella non mostra gl’ interni movimenti se non col pianto che le soprabbonda, e il poeta fa che Dafne gli vada disviluppando: Tu sei pietosa, tu! […] Era stata già rappresentata in Parma in presenza di Ranuccio Farnese giovanetto nel 1583, quando fu dedicata alla nobile Camilla Lupi che vi sostenne la parte d’Amarilli; e si stampò poi nell’anno seguente in Vicenza. […] Si figura l’azione avvenuta tra’ Pisani quando tuttavia dimoravano nello stato pastorale, e amore presagisce le future grandezze di Pisa.

276. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Sommamente energica è la risposta che dà alla Nutrice, quando questa le rappresenta che si trova priva di ogni soccorso. […] Porta l’ultimo colpo a questa infelice madre il pensiero che sopravviene ad Ulisse di spargere al mare almeno le ceneri di Ettore, abbattendo la di lui tomba, quando non si possa avere il di lui figlio per ucciderlo. […] l’uomo di buon gusto e discernimento quì vede il poeta, quando aspettava di vedere quella medesima madre trafitta e sì al vivo scolpita nell’atto terzo. […] Poetiche sono molte comparazioni, ma sembrano assai improprie nel genere rappresentativo, quando sono lunghe e troppo circostanziate. […] Il discorso di Megara nell’atto secondo sa desiderare il patetico che si ammira nella tragedia di Euripide, quando tutta la famiglia di Ercole spogliata del regno rifugge all’ara di Giove per evitar la morte.

277. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

Questo esser dee l’uffizio della vera storia teatrale ragionata; e questo non sanno fare nè i plagiarj di mestiere quando copiano e furano a metà, nè gli apologisti preoccupati. […] La gioventù studiosa vedrà mirabilmente dipinto lo stato dell’animo di Clitennestra e quando è per giungere Agamennone, e quando vi s’ incontra, e quando freme all’idea della proposta lontananza di Egisto, e quando si determina al colpo atroce, e quando esce bagnata del sangue del marito. […] Eccellente è la dipintura di Clitennestra che palpita alternativamente or pel figlio or pel marito: ella è madre stando Egisto in salvo, ella non l’è più quando per lui paventa. […] Tutto è per me teatrale ciò che sa interessar chi ascolta, ed è allora quest’effetto più fine ed ingegnoso, quando si ottiene con minor apparato e senza molte ipotesi. […] Racine, Crebillon, Voltaire ebbero torto quando imitarono i Greci nell’adottarne le favole?

278. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 23-24

Ferdinando di Napoli, quando due attori del S.

279. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 597-599

Del resto poi il più attento, il più zelante comico della Compagnia ; sempre il primo al teatro, sempre il primo alle prove ; vestendosi colla maggior verità, secondo i caratteri, che dovea sostenere, e tanto internandosi in quelli, che quando aveva intorno l’abito di Giustiniano, non degnava rispondere a chi gli parlava.

280. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 786-787

A dieci anni, quando i parenti si trovavan con Benferreri al Tordinona di Roma, esordì con molto successo in una piccola parte di pulcinellino : poi seguì i parenti in Sicilia, passando in mezzo alle tribolazioni di ogni specie pel lungo periodo di otto anni.

281. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1038-1039

E allora non la sentiremo più, perchè quando in Italia un’attrice è arrivata…. parte.

282. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

Anzi, ch’io sono l’istesso mal tempo per voi, poichè per me dite, che non havete mai buon tempo : noi sogliamo dire quando il cielo è coperto di nubi, ch’egli è mal tempo ; e voi mille volte m’avete detto che il mio viso è un cielo angusto, ma che le mia ciglia torve di sdegno son quelle nubi, che lo rendino fosco & oscuro ; l’oscurità cagiona mal tempo, dunque io sono il vostro mal tempo. […] Di questa prontezza trattando il diuino platone, nel suo dialogo del furore poetico, fà dire ad Ione, « ogni uolta ch’io recito qualche cosa miserabile, gl’ occhi mi lachrimano ; quando qualche cosa terribile o pericolosa, i capelli me si rizzano, » et lo che segue. […] Deue fermar i piedi con appropriata maniera quando parla, et mouerli con leggiadria quando gl’ occorre, seruar co ’l capo un certo moto naturale, che non paia che egli l’ habbia affissato al collo co chiodi. et le braccia et le mani [quando non facci bisogno il gestar con essi] si deono lassar andare oue la natura gl’inchina. et non far come molti, che uollendo gestar fuor di proposito, par che non sappiano che se ne fare. Et se una Donna [per gratia di essempio] haurà pigliato per uezzo di mettersi la mano su ’l fianco ; o un giouane di appostarla su la spada ; non deue ne l’ una, ne l’ altro, star sempre, ne molto spesso, in quel modo ; ma finito quel ragionamento, che cotal atto richiede, rimouersi da quello, et trouarne un piu proprio al parlamento che segue, et quando altro gesto appropriato non troui ; o che atteggiar non gl’ occorre ; lasci andar come io dissi et le braccia, et le mani, oue gl’inchina la natura, sciolti et isnodati, senza tenerle solleuate, od aggroppate, come se co stecchi fossero attaccati al corpo. seruando pero sempre ne gl’ atti maggiore o minor grauità, secondo che lo stato richiede del personaggio che si rappresenta. et cosi anco nel suono delle parole, hora aroganti et hora placide, hor con timidezza, et hor con ardire esplicate ; facendo i punti al lor loco, sempre imitando Et osseruando il naturale, di quelle qualita di persone che si rappresentano : et sopra tutte le cose fuggire come la mala uentura, un certo modo di recitare dirò pedantesco, per non saperle io trouar piu proprio nome, simile al repetere che fanno nelle scole i fanciulli, quando dinanzi al lor pedagogo rendono di stomana. fuggir dico quel suono del recitare, che par una cantilena imparata alla mente, Et sforzarsi sopra tutte le cose [mutando le uoci, Et accompagnandoui i gesti, secondo i propositi] far che quanto si dice, sia con efficacia esplicato, Et che non paia altro che un familiar ragionamento, che improuisamente occorra. […] Et per che tra i piu belli spettacoli, si mostra bellissimo il ueder comittiua di huomeni armati ; lodo che si facci comparire, in compagnia de i Re, o de i Capitani, sempre alcuni soldati, et gladiatori, guarniti all’ antica ne i modi che nelle castramentationi de i primi tempi si dissegnano, quando pero l’occasione lo patisca.

283. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO VII. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo del Lulli, e del Quinault. » pp. 245-266

Gli Zeffiri in gloria, i sogni piacevoli e i funesti che danzano intorno ad Ati addormentato, le divinità de’ fiumi e delle fontane che ballano e cantano, i voli, le trasformazioni di Ati in pino, erano cose buone, quando non si conosceva il melodramma Metastasiano; esse potevano occupare tutti gli occhi, ma non tutti i cuori. […] Lulli operava colle sue note i medesimi prodigi ancor quando non componeva sulle parole di Quinault; e ciò ben si vide nel mettere in musica tanto il Bellerofonte del minor Cornelio nel 1669, quanto l’Aci e Galatea del Campistron applaudita sommamente nel 1687 dopo la stessa Armida. […] Egli copriva le sue cantilene di stromenti quando non aveva ricevuta scena veruna dal poeta.

284. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

I villani dell’Attica cantavano le loro poesie nomiche e ditirambiche, e quando pensarono alla tragedia e alla commedia, le animarono perpetuamente colla musica. […] Cantansi le nostre opere, e quando un Farinelli, un Niccolini, un Monticelli, un Cafarelli, un Egiziello, o la Tesi, la Mingotti, la Faustina, approfittandosi delle armoniche appassionate situazioni del Metastasio, e dell’ armonia incantatrice de’ Sarri, de’ Vinci, de’ Leo, degli Hass, de’ Gluck, de’ Jommelli e de’ Piccini, animano il canto e la poesia con quella vivace rappresentazione che tutto avviva, e gli animi tutti scuote e commuove, l’intera Europa gl’ invita, gli onora, gli colma di ricchezza, e si affolla ad ascoltargli, ed in tali attori musici si avvezza a compiangere Statira, Arsace, Demetrio, Mandane, Berenice. […] Sulzer taccia a torto di puerilità il più grand’uomo ch’abbia illustrato il teatro musicale, egli poi non ha torto quando afferma che l’opera merita di essere riformata; e tengo anch’io per fermo (nè ciò pregiudicherà punto alla gloria del gran poeta Romano) che il melodramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma.

285. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 21-36

Sotto quel cielo non ancora abbastanza rischiarato la stessa lingua non era allora nè polita nè fissata, quando sulle scene comparve Guglielmo Shakespear. […] E chi vorrà incolpare quest’Irlandese del non essere istruito della letteratura Italiana, quando egli ha mostrato nella sua opera grande di cinquanta carte di esser pochissimo versato in quella della Gran-Brettagna? […] Martino), diviene freddo e snervato; imperciocchè allora solo egli è grande quando si contiene nella natura . . . .

286. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO IV. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo di Lulli e Quinault. » pp. 59-74

Gli zeffiri in gloria, i sogni piacevoli ed i funesti danzanti intorno ad Ati addormentato, le divinità de’ fiumi e delle fontane che ballano e cantano, i voli, la trasformazione di Ati in pino, erano cose buone quando non si conosceva il melodramma Metastasiano; esse potevano occupare tutti gli occhi, ma non tutti i cuori. […] Lulli operava colle sue note i medesimi prodigj ancor quando non componeva sulle parole di Quinault, il che ben si vide nel mettere in musica tanto il Bellerofonte del Cornelio nel 1679, quanto l’Aci e Galatea del Campistron applaudita sommamente nel 1687 dopo la stessa Armida. […] Egli copriva le sue cantilene d’istromenti quando non avea ricevuta scena veruna dal poeta.

287. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Mirrina madre di Filomena gli narra la disgrazia accaduta alla figlia prima di maritarsi, e lo prega a tacere il caso, quando non voglia ritener la moglie. […] Alluse Orazio all’evento dell’Ecira, quando attribuì all’ardore che inspiravano simili spettacoli, lo scoraggimento de’ poeti: . . . . . . […] Allora l’invidioso maledico Luscio chiamò Terenzio ladro e plagiario, gridando ridicolamente, come pur fassi a’ nostri dì quando altro non si sa dire: la sua sostanza è tutta tolta dal Colace, favola scritta da Nevio e da Plauto. […] Meus fac sis postremo animus, quando ego sum tuus. […] Suppone l’annotatore che Fedria e Parmenone, mentre Taide favella, stiano ancora in iscena, e quando quella n’è partita, proseguano il discorso tenuto dell’ancella e dell’eunuco da condursi nella di lei casa.

288. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Teatro di Sofocle. » pp. 104-133

Questo contrasto tenero e generoso imito il gran Torquato nell’episodio di Olindo e Sofronia, e l’immortale Pietro Metastasio lo ravvivò con tutto il patetico di una passione grande e lo rendette più interessante nel Demofoonte, quando Timante e Dircea si disputano a gara la reità principale della seduzione nel vietato imeneo. […] Lacera finalmente tutti i cuori che non ignorano la potenza della sensibilità, la preghiera di Edipo ridotto in sì misero stato per abbracciar le figliuole, e quando brancolando va loro incontro chiamandosi ora di loro fratello ora padre, Figlie, ove sete, o figlie? […] Non fuggite, o care, Queste man che dagli occhi a vostro padre Trasser la luce, e quando le abbraccia, e non sa separarsene; tutte situazioni appassionate ottimamente dipinte. […] In oltre lo stesso Castelvetro dice nel c. 86 che quando si ballava, si cantava e si sonava, non si recitava la tragedia ciò essendo bisogna dire che essa si recitasse da chi non ballava, non cantava e non sonava, e per conseguenza che gli attori introdotti contro l’esposizione del Castelvetro, avessero un uffizio diverso da quello del ballo, del canto e del suono.

289. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 36-38

» Ma notevole è la schietta semplicità del monologo con cui egli apre la Moschetta, e in cui si lamenta con sè stesso, per essersi innamorato come mai non avrebbe dovuto della comare : « Putana mo del viver, mo a son pur desgratiò, a crego ch’a foesse inzenderò, quando Satanasso se pettenava la coa : a dir ch’ a n’ habbi me arposo, ne quieto, pi tromento, pi rabiore, pi rosegore, pi cancari, c’haesse me Christian del roesso mondo ; mo l’è pur an vera, Menato, cancar’ è ch’ a l’ è vera, ma a dire an la verité, a no m’ he gnian da lumentare lome de mè, perquè a no me diea mè inamorare in tuna mia comare con hè fatto, ne cercar de far becco un me compare : che maletto sea l’amore, e chi l’ ha impolò, e so pare, e so mare, e la puttana on l’ è vegnù ancuò.

290. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 273-274

L’apparire ch’egli fa più spesso in quelle di Francesco Cerlone, potrebbe dimostrar questo, che cioè, avendolo il Cerlone conosciuto da Pulcinella nella Cantina, ove appunto si recitarono le commedie cerloniane, lo ebbe in tanto conto da farlo chiamare al Nuovo, quando vi si rappresentassero cose sue.

291. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 57-58

Formò Compagnia nel 1866, e quando il nostro esercito prendeva possesso del Veneto, la Compagnia Majeroni era la compagnia di moda.

292. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 347-348

Avanti di esser Comico al Servizio del Duca di Modena (ma non sappiam quando), Riccoboni era a Napoli ; e ciò sappiam da una supplica del '74 al Duca, in cui egli espone : che certo Bartolomeo Pavia modenese, suo servo, partitosi con lui da Napoli, per recarsi a Modena al servizio di quell’Altezza Serenissima, a Gaeta se ne fuggì con danaro parte prestatogli, e parte affidatogli.

293. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 499-500

Io lo ricordo giovinetto a Torino, quando a notte alta per le vie ci ripeteva i brani più salienti delle interpretazioni paterne : nelle modulazioni musicali della voce la imitazione era tal volta perfetta.

294. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 118-139

Qualhor tentate sotto nome finto spiegar su l’alta et honorata scena forti concetti d’amorosa pena, l’animo han tutti a mirar Lelio accinto ; ma quando poi dalla sant’aura spinto sciolto d’ogni mortal cura terrena notate in carta con feconda vena carco di laude, e gloria ornato, e cinto, prepongon tanto Gian Battista a quello, per cui cinque cittadi a garra foro, quanto è di quell’ il suo miglior soggetto. […] La Maddalena Dopo di aver dato l’elenco dei personaggi che sono una trentina, senza il coro, l’autore descrive l’ APPARATO L’apparato tutto esser dovrà mare e scogli ; e nel lontano dello stesso mare, alcuna barchetta vedrassi, prima però che apparisca il Prologo, come parimente guizzare varj pesci ; ma poi non mai questi pesci vedransi, se non quando le sinfonie risuoneranno ; ma però di rado. […] Or vada meravigliandosi qualche antiquario, come avesse saputo Sofocle dare il modo di far volare sopra un carro di Dragoni pennuti Medea, quando su i teatri dell’Adria si sono veduti volare gli Eserciti !!! […] Ma tornando all’Andreini e alla sua Maddalena, dove a me pare ch’egli abbia raggiunto relativamente al suo tempo il bello dell’ arte comica, è nella scena quinta dell’atto secondo, quando la vecchia Marta tenta la conversione di Maddalena. […] Maddalena infelice, dimmi, dimmi, deh, quando se’ per volger dal Mondo al Cielo il passo ?

295. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo V. Stato de’ Teatri in Francia, Inghilterra, e Alemagna nel medesimo Secolo XVI. » pp. 242-251

Ma quando Parigi non avea un poeta teatrale più esperto di Hardy, Londra contava fra’ suoi commedianti il famoso Shakespear. […] Ancor quando non vennero animati dallo spirito di partito gli alemani di quel tempo presero gli argomenti dalla religione e dalla sacra scrittura.

296. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

E quando il chiami        Tu stesso e buono, e grande,        Nol circoscrivi allor? […] Dal che avvenne quello, che suole quando s’abbandona un sistema, cioè che per lo più si prende il partito opposto. […] Nulla di più comune ne’ suoi componimenti quando il sentir i personaggi, allorché danno un consiglio o sono agitati da qualche passione, trattenersi tranquillamente a paragonar se medesimi alla nave, al fiore, al ruscello, alla tortora, allungandone la comparazione per sei e otto, alle volte per dieci e dodici versi. […] Peggio poi quando all’affettazione s’unisce la falsità del pensiero. […] Ei giurerà, che l’ami:            E tu quando vorrai            Sempre gli potrai dir: nol dissi mai.

297. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo II. Teatro Spagnuolo, Inglese, e Alemano nel medesimo Secolo XVII. » pp. 276-290

Tutti questi componimenti regolari e scritti con eleganza superiore a quanto colà si era prodotto prima di lui, ballarono, sì, per additare il sentiero; ma poche traduzioni, quando non sono accompagnate da opere maestre originali, come quelle che indi produsse in Francia il lodato Corneille, non possono fissare il gusto e sondare in una nazione un buon teatro. […] Egli compose cinque tragedie, Epicari, e Agrippina, pubblicate nel 1665, Ibraim nel 1673, e Sofonisba, e Cleopatra nel l682, le quali, benché piene di mostruosità, presentano di quando in quando alcuni lampi d’ingegno non dispregevoli.

298. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 203-211

« Volse il cielo che la signora Vincenza, forse per purgar de’ vizj la corrotta gente, si desse al recitar comedie in scena, dove degli uomini, come in uno specchio, rappresentando il vivere, e d’essi riprendendo i perduti costumi e gli errori, a vita lodevole gli infiammasse, il che fatto di leggiero avrebbe, quando il mondo non fosse al suo bene cosi incredulo, etc. etc. » e qui tien dietro la solita predica in difesa delle commedie e contro coloro che le aborriscono, e che « come odono nominar comici, par che sentano qualche cosa profana e sacrilega. […] « Andava in abito di Ninfa si vezzoso, che si poteva a Diana assimigliare, quando per piacere all’amato Endimione sen gìa più del consueto adorna e lasciva. […] La fronte come alabastro lucida e tersa sembrava quella parte di puro argento che nella luna si vede, quando la circonferenza non ha ben compita ancora ; le sottili e nere ciglia da giusto intervallo divise, facevan sopra l’uno e l’altro occhio un arco che a loro sguardi avventava fiamme e foco…..

299. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

Porta l’ultimo colpo all’infelice madre il pensiero che sopravviene ad Ulisse di spargere al mare almeno le ceneri di Ettore abbattendo la di lui tomba, quando non si possa avere il di lui figlio per ucciderlo. […] l’uomo di buon gusto e discernimento quì vede il poeta, quando aspettava di vedere quella medesima madre trafitta e sì al vivo scolpita nell’atto III. […] Tale può parere quello dell’atto IV, quando l’orrore s’impossessa di Edipo già noto a se stesso: Dehisce tellus, tuque umbrarum potens In tartara ima rector ecc. […] Poetiche sono molte comparazioni ma sembrano assai improprie nel genere rappresentativo, quando sono lunghe e troppo circostanziate. […] II discorso di Megara nell’atto II fa desiderare il patetico che si ammira nella tragedia di Euripide, quando tutta la famiglia di Ercole spogliata del regno rifugge all’ara di Giove per evitar la morte.

300. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

Nel IV degna singolarmente di osservarsi è la quinta scena, quando Enrico viene a salvare Anagilda, ed ella ricusa di seguirlo. […] Ma quando ed in qual guisa l’effettuirà ? […] Racine, Crebillon, Voltaire ebbero torto quando imitarono i Greci e ne adottarono le favole ? […] Ma lo stato di Clitennestra è ben dipinto e quando è per giungere Agamennone e quando con lui s’incontra e quando freme all’ idea della proposta lontananza di Egisto e quando si determina al colpo spietato e quando esce bagnata del sangue del marito, Gronda il pugnal di sangue… e mani e veste E volto, tutto è sangue… Ma, secondo me, come male termina questa favola ! […] Ciò illanguidirebbe l’ effetto tragico appunto sul finire quando dovrebbero essere più energici.

301. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 444-445

Non sappiamo dire se e quando, a lui vivo, morisse la moglie.

302. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 741-743

Magnifica teatralmente è la scena settima dell’atto secondo, quando Fulvio venuto a cognizione delle nozze di Angelica col Capitano, si dispone a cimentarlo con offese di ogni specie.

303. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 305-306

Quando nascesse e quando morisse la Ponti non mi fu dato rintracciare.

304. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 547-549

Si laureò in farmacia, e continuò gli studj per uscirne dottore, quando nel '42 (egli aveva già mostrato chiare attitudini alla scena, recitando coi filodrammatici nel dramma e nella tragedia), invitato da un tal Pietrucci (forse il caratterista Petrucci (V.) ?)

305. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 811-

Aveva quattordici anni, quando le morì la madre ; e cominciava già a farsi notare in alcune parti per un suo singolar modo di recitare ; ma dominava in lei una specie di sfiaccolamento, che la mostrava annoiata, quasi nauseata della vita. […] E il 28 ottobre dello stesso anno allo stesso Fiacchi, da Roma : L’ammalata – che pazientemente avete visitata ogni sera – è guarita – ma quando si ha sofferto non si dimentica – e io non dimentico che ho passato delle ore buone con voi. […] Egli è veramente questo sentimento di gratitudine che ha dovuto provare la Duse, quando a lei saliva il proromper continuo delle ovazioni. […] Gli attori nostri non dimentichino che, stil vecchio o stil novo, quando che il vogliano, potranno pur sempre tener lo campo della scena in tutto il mondo.

306. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 340-342

E alle lettere del Modena faccio seguire un brano di Giuseppe Costetti che tolgo da’ suoi lepidissimi Bozzetti di teatro (Bologna, Zanichelli, mdccclxxxi) : Del cinquanta, quando la rotta di Novara e i Francesi in Roma empivano di lagrime gli occhi d’Italia, la Compagnia Domeniconi correva i teatri della penisola.

307. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 793-794

E. ne sia auisata e se cio è la uerita, altro non posso significarle se non che Vicenza non fa per noi in modo alcuno per esser non solo stata sbatuta l’anno scorso, et per non esser hora la sua staggione, mi dò a credere che tutti li compagni insisteranno di non dare la parte alla Moglie di Bertolino, mentre non reciterà, e se ne starà a casa p. la sua insuficienza, non so che cosa andare a fare a Bologna con duoi Morosi che non li uogliono ne sentire ne uedere, e fuori di tempo ruuinando l’Autuno, quando la Compagnia ui debba andare.

308. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 933-934

Si giuocava, si rideva, si scherzava, si facevano burle : quando la campanella ne chiama a pranzo, e tutti vi corrono.

309. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 999-1001

Non solamente fu il Gattinelli attore di gran pregio, ma anche pregiato autore delle commedie : Vittorio Alfieri e Luisa d’Albany, rappresentata l’ultimo anno di vita della Compagnia Reale Sarda ; Clelia e la Plutomania, il ’54-’55, quando cioè la Reale Sarda, non più sovvenuta dallo Stato, diventò compagnia libera sotto la direzione del Righetti ; e La caduta di una dinastia, che s’ebbe il premio governativo nel concorso del’61.

310. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 105-106

A. potrà sapere ; et di più per haver saputo che 'l mobile che è nella suddetta casa, è maggior parte mio et che io lo vorrò quando mi tornerà comodo.

311. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 598-599

Giovanni Toselli, colla sua invenzion fortunata della commedia in dialetto giandujesco, può dirsi abbia rinnovata per noi la classica tradizione greca dell’antichissimo Carro di Tespi ; perchè, quando cominciò a far le sue prime prove, la modestissima compagnia, di cui s’era messo in testa, compagnia composta di elementi affatto primitivi, formava nella sua piccola compagine un quadretto così caratteristico e pittoresco da far proprio ricordare il genial Carro di Tespi, che sentimmo descriver nelle scuole, e che Teofilo Gauthier ha così ben modernamente illustrato nel suo immortale Capitan Fracassa.

312. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 642-645

Eseguì l’agosto del 1760 con una verità maravigliosa, la parte della Statua nel Pigmalione di Billioni ; e Favart, giudice competente in materia, così parla di siffatta creazione : Nulla uguaglia la finezza dell’arte sua pantomimica, specie quando la statua si va gradualmente animando.

313. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO II. LIBRO II » pp. 34-49

Tali i due Tempj, de’ quali il primo semplice, grave, e solido contiene sei colonne in facciata, ed altrettante dalla parte opposta, e si allontana dalla maniera dorica greca, e dall’ordine toscano de’ tempi posteriori, ed il secondo tempio più picciolo, che dinota di essere stato da’ Toscani eretto posteriormente, quando già essi sapevano congiungere colla solidità il gusto di ornare. […] Ora se nella commedia si motteggiano quelle sentenze rusticane capitali date sotto le quercie come tuttavia esistenti, pare che il Querolus dovè comporsi prima del discacciamento de’ Druidi, e non già sotto Teodosio II, quando i Romani aveano introdotta nella Francia settentrionale la loro giurisprudenza, ed erano già state abolite quelle sentenze di morte scritte su gli ossi.

314. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO II. Pastorali Italiane del XVII secolo. » pp. 274-291

Il lettore s’interessa per essa sin dalla scena terza dell’atto I, quando la finta Clori gentilmente si lagna della freddezza di lei: Sdegni ch’io ti riveggia? […] Sei pur bella, o natura, quando i pedanti non ti rassettano!

315. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO II. Pastorali Italiane. » pp. 131-143

Il lettore s’ interessa per essa fin dalla scena terza dell’atto I quando la finta Clori gentilmente si lagna della di lei freddezza: Sdegni ch’io ti riveggia? […] Sei pur bella, o natura, quando i pedanti non ti rassettano!

316. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Cecilio molto amico di Ennio godette una riputazione sì grande e sì bene stabilita, che quando Terenzio presentò agli Edili l’Andria, gli s’impose di leggerla prima a Cecilio. […] Mirrina madre di Filomena gli narra la disgrazia accaduta alla figlia prima di maritarsi, e lo prega a tacere il caso, quando non voglia ritener la moglie. […] Eravam noi già tutti Commossi, quando subito Antifone Comincia: vogliam noi colà portarci Per lei vedere? […] Meus fac sis postremo animus, quando ego sum tuus. […] Suppone l’annotatore che Fedria e Parmenone, mentre Taide favella, stiano ancora in iscena; e quando quella n’è partita, proseguono il discorso tenuto dell’ancella e dell’eunuco da condursi nella di lei casa.

317. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Bologna, 23 dicembre 1639. » pp. 5-7

Diedi fede al tuo riso, e il pensier stolto si riscaldò nel simulato ardore : e quando a imitar Venere t’hai tolto, per figlio avesti il mio verace amore.

318. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Firenze, 3 settembre 1841. » pp. 473-475

I suoi nomi – dice il Regli – furon Francesco Giorgio Maria, ma egli assunse a Parma il nome di Augusto, quando la Duchessa Maria Luigia, vedova di Napoleone I, presentatale dal Bon l’edizione delle sue commedie, gli disse : Signor Augusto Bon non so come ringraziarla….

319. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 929-930

e Io no ho mai hauto magiore ambitione che quando son stata comandata da V.

320. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1024-1026

Massimo Trojano, quando appunto la commedia italiana pareva metter per opera di questi tre, intelligentissimi, radici solide e profonde nella Corte (si vuole che lo Scolari fosse uno Zanni perfetto), spirito bizzarro, irrequieto, indipendente, rimproverato da un collega in Landshut, il violinista italiano Battista Romano a cui doveva danaro, per la sua vita oziosa e sregolata, tócco nell’orgoglio, appostò un giorno l’odiato nemico, e lo freddò con un colpo di fucile.

321. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Mantoua li 16 Dicembre 1678. » pp. 127-128

Grande attenzione nell’ uditorio ; e io guardavo attorno, per vedere se alcun altro artista compariva, quando egli incominciò, gridando : atto primo, scena prima ; e dopo di aver detto che il fatto aveva luogo in una grotta, prosegui notando il nome dei personaggi dei due sessi, che egli avrebbe rappresentato, e così di tutti gli altri sol nominati.

322. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 294-295

Il padre soleva dire che quando aveva attorno i suoi figli si sentiva in mezzo ad scelli, un esercito.

323. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 386-389

ci dicon troppo poco ; ma certo morì quasi improvvisamente e fu sepolta a Padova (V. il sonetto di Matteo Bembo, pag. 44, e quello di Verdizzotti, pag. 16) dopo una ricaduta fatale della malattia, quando tutti eran certi omai della guarigione.

324. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

Tutta l’azione appartiene alla commedia spagnuola, onde principalmente fu tolta la scena nella quale nel tempo stesso implorano dal sovrano Chimene giustizia, ed il padre di Rodrigo pietà; quella di Rodrigo e Chimene, quando parlando questa con Elvira, l’amante ascolta in disparte nascosto; quella del contrasto del dovere di figlia colla passione amorosa in Chimene, e della vendetta dell’ingiuria paterna coll’ amore per Chimene in Rodrigo. […] Nel medesimo anno 1666 quando si rappresentò l’Agesilao di Cornelio, comparve sulle scene l’Alessandro di Giovanni Racine nobile e giovane poeta, da cui cominciò una specie di tragedia quasi novella. […] Mai non si ripeterà abbastanza che la tragedia quando rappresenti un’ azione rinchiusa in una famiglia, benchè reale, senza mostrare un necessario incatenamento degli affetti de’ personaggi coll’ interesse dello stato, e quando singolarmente si aggiri su di amorosi interessi, simil tragedia, dico, rimarrà sempre nella classe delle favole malinconiche poco degne di Melpomene.

325. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Pastorali: Teatri materiali. » pp. 224-253

Un’ adunanza grande di cavalieri, come nella Contessa: un abboccamento di due gran signori col seguito rispettivo, come nel Solitario: una scena detta del padiglione nell’Errico, che metteva sotto gli occhi una corte reale in attenzione di un gran fatto: i personaggi aggruppati con verità e bizzarria pittoresca, che tacendo e parlando facevano ugualmente comprendere i loro propositi particolari senza confusione: fin anco l’indistinto mormorio che nulla ha di volgare, prodotto da una polita moltitudine raccolta insieme: tutte queste cose quando più si vedranno sulle scene comiche? […] Il sig. conte Aurelio Bernieri di Parma ne ha tradotto il solo Trinummo chiamandolo i Tre oboli, in cui adoperò un nuovo verso di dodici sillabe, come il seguente Questa più d’altra leggiadra e più pudica, ad imitazione di quello che usarono gli Spagnuoli del XV secolo, che Antonio Minturno nel XVI propose agl’ Italiani, quando a gara si cercava un verso che equivalesse all’antico giambico. […] E quando avrà un artista più fortunate circostanze per segnalarsi? […] Ill. acciocchè si compiaccia significarmi per qual mezzo desidera, le sia trasmessa la Medaglia, quando però non si risolvesse di venire a riceverla dalle mani stesse del Real Protettore, come ne la invito da parte dell’ Accademia; la quale compensa per qualche modo il dispiacere di non avere per cinque anni potuto assegnare il premio, col vederne finalmente decorato un soggetto di tanta capacità, e per altre produzioni del teatro sì benemerito”.

326. (1878) Della declamazione [posth.]

Non è per questo che su’ teatri d’Italia non sieno comparsi a quando a quando degli attori capaci di provare quel che può la natura, priva dell’arte che la sviluppi e la governi. […] Ma in una serie più o meno lunga di parole noi sentiamo la necessità e la utilità di soffermarci a quando a quando, e di prendere secondo il bisogno più o men di riposo. […] Ed essendo sua intenzione o d’imitare l’oggetto o di usarne a suo meglio, o secondarne gli effetti, noi possiamo distinguere agevolmente e quando si debbano adoperare i gesti imitativi, e quando i cooperativi, e quando alternarli o comporli insieme, e sino a qual punto, qualora si determini l’interesse attuale della passione predominante. […] La bocca alquanto aperta dà luogo ad una respirazione lenta, e sollevata da quando in quando da un profondo sospiro. […] Quindi l’espressione sarà più bella quando è più importante il significato che imita, e più veraci i mezzi che adopera a questi fini.

327. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 832-837

Ma quando si presenta ai lumi della ribalta, forte di quegli studj, sicuro di sè, vissuto ben lungo tempo nel suo personaggio, fattolo spirito del suo spirito e carne della sua carne, il pubblico si trova sempre dinnanzi a un’opera di novazione, discutibile certo, ma certo opera d’arte, e della grande arte. […] Quando imprendo a studiare una gran parte, prima la copio tre, quattro, cinque volte, poi la studio letteralmente a memoria, come facevo a scuola del cómpito, poi comincio a plasmare da me e per me il mio personaggio : quando sono riuscito a contentare me, allora mi accingo al duello.

328. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

Ei solo, penetrando più addentro nello spirito delle regole, sa fino a qual punto debbano esse incatenar il genio, e quando questo possa legittimamente spezzarne i legami: sa stabilir i confini tra l’autorità e la ragione, tra l’arbitrario e l’intrinseco: sa perdonar i difetti in grazia delle virtù, e misurar il pregio delle virtù per l’effetto, che ne producono. […] Non dee solamente cercare sterili fatti, ma l’ordine e il congegnamento tra essi: dee usar di stile conveniente al soggetto, ma senza tralasciar le riflessioni opportune, e il colorito talvolta vivace: ora rispettar modestamente l’autorità, ora aver a tempo e luogo il coraggio di misurarla colla bilancia della ragione: quando apprezzar le particolarità, che servono ad illustrar l’argomento, quando troncarle allorché divengono oziose: dove avvicinar i secoli passati e presenti per rilevar col confronto i progressi delle arti, dove risalire fino ai principi a fine di rintracciar meglio l’origine della perfezione loro, o del loro decadimento.

329. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Alemanno. » pp. 4-31

Al contrario dunque di ciò che suppose il Bertòla, lo Sposo cieco del Krüger è copia della riferita opera buffa del 1727 quando il Krüger contava anni cinque d’età. […] Io cominciava (dice Sara all’amato suo rapitore Mellefont) a gustarle dolcezze del riposo, quando tutto ad un tratto mi e sembrato di trovarmi in una ripida balza. […] Io co’ più vivi ringraziamenti esprimeva la mia gratitudine, quando egli trattosi dal seno un pugnale che teneva nascosto, alza il braccio e l’immerge nel mio petto, dicendomi, io ti ho salvata per perderti.

330. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO II. Teatro Alemanno. » pp. 232-252

Ma julle scene napoletane sin dal 1727 (cioè quando Krüger non contava che cinque anni) comparve un dramma intitolato lo Cecato fauzo che è uno sposo che si finge cieco per gelosia66. […] “Io cominciava (dice Sara all’amato suo rapitore Mellefont) a gustar le dolcezze del riposo, quando tutto ad un tratto mi è sembrato di trovarmi in una ripida balza. […] Io co’ più vivi ringraziamenti esprimeva la mia gratitudine, quando egli trattosi dal seno un pugnale che teneva nascosto, alza il braccio e l’immerge nel mio petto, dicendomi, io t’ho salvata per perderti”.

331. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Introduzione »

Altre volte presiedeva al teatro un corago o un edile, e ogni cosa vi procedeva con quell’ordine che si conviene, quando le antiche repubbliche intendevano per via delle sceniche rappresentazioni di accendere il popolo alla virtù o di tenerlo almeno divertito per la quiete dello stato.

332. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO IV. Spettacoli scenici della Russia. » pp. 257-261

Sin dal 1741 quando nella Russia cominciò l’opera italiana, vi si ammirò un’ orchestra magnifica, vi cantarono le più rinomate cantatrici, e vi furono invitati i più celebri maestri di musica dell’Italia e specialmente di Napoli.

333. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 554-557

A fronte di Giuseppe Majani seppe farsi distinguere, specialmente quando nell’anno del 1762 rappresentò per molte sere il Cavaliere di spirito ovvero la Donna di testa debole ; e poi l’Apatista, ossia l’Indifferente, commedie del signor dottor Goldoni.

334. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 694-696

Egli entrò alla Commedia italiana per recitare al fianco del Bertinazzi che non poteva per vecchiezza disimpegnar da solo il ruolo di Arlecchino ; e se non poteva accostarsi troppo all’arte sovrana di lui, benchè anch’ esso attore di pregi singolari, pure collo studio indefesso, colla più schietta modestia, seppe conquistarsi la benevolenza del pubblico e del comitato del teatro, il quale, quando nel 1780 licenziò gli attori del genere italiano, pensò bene di conservare il Coralli.

335. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 954-957

Egli fu dotato di sì eccellente natura, che soleva alle volte un’intera commedia far da sè solo, rappresentando varj personaggi ; e quando soleva rappresentar qualche Donna, non usciva già adornato d’abiti femminili ; ma faceva dentro la scena la voce femminile agli spettatori sentire, con ammirazione, e diletto non ordinario.

336. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1016-

Oh quanti che grandeggiano autorevolmente sulla scena del mondo, potrebbero invidiare il senno e il cuore di questo attore brillante, di questo Commediarolo, come si chiamava modestamente da sè, quando sentiva gli applausi degli amici rapiti dalla sua parola colta e vivace.

337. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Mediolani 20 Iunii 1601. » pp. 242-244

Infatti noi vediamo il marzo 1581 la Vittoria, prima donna di Pedrolino, supplicare con le più dimesse parole il Duca Alfonso di Ferrara, di ridonar a entrambi la sua protezione, che sembrò loro tolta, quando Pedrolino, trovandosi al soldo di certo Ettore Tron, non potè recarsi a Ferrara a recitarvi il carnevale secondo le richieste del Duca.

338. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Sotto quel cielo non ancora abbastanza rischiarato la stessa lingua non era allora nè polita nè fissata, quando sulle scene comparve Guglielmo Shakspear. […] Udii dire che assistendo talvolta alla rappresentazione di una favola alcune persone malvage furono così vivamente ferite per l’illusione teatrale, che alla presenza di tutti manifestarono la propria reità, perchè la colpa, benchè priva di lingua, sempre si manifesta quando meno si attende. […] Nò , dice, l’ucciderò quando tripudii, gozzovigli, giuochi, bestemmi, o dorma ubriaco, affinchè l’anima sua rimanga nera e maledetta come l’inferno che dee ingojarla. […] E chi vorrà incolpare quest’Irlandese di picciola levatura del non essere istruito della letteratura Italiana, quando egli ha mostrato nella sua opera grande di cinquanta carte di esser pochissimo versato nella stessa letteratura della Gran-Brettagna? […] Quando vuole essere oratore (attento, signor Martino) diviene freddo e snervato; imperciocchè allora egli è grande quando si contiene nella natura… Esprime sovente di una maniera ingarbugliata un pensiere comune, e cela una picciola immagine in un verso pomposo… Quando vuole intenerire dipingendo la grandezza che ruina, o l’innocenza che pericola, più sensibilmente manifesta l’ineguaglianza del suo ingegno.

339. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

La prima consiste in non lasciare apparir nella scena alcun’attore che non diasi bentosto a conoscere, massimamente quando sia de’ principali. […] Nel Solimano del Bonarelli, che successe a’ predetti poeti, si scorgon tratti d’una grandezza che la tragedia prima non aveva avuto, ma di quando in quando per passi troppo fantastici e pieni di furor poetico esso inciampa e sviene. […] Per mio avviso vi sono lodevoli solamente quando giovano allo scopo di chi vi favella. […] Io non dubito d’affermare che certe tragedie di primo grado, in cui il protagonista da felicità cade in misero stato, avran d’ordinario maggior efficacia nella mutazione della fortuna, quando questa succede in un sol colpo, che quando a poco a poco negli atti antecedenti all’ultimo si va discoprendo. […] Probabilmente Calepio allude proprio a questo tardo prodromo della polemica (1714-1716), di certo il più acceso, quando stigmatizza la censura cavillosa degli autori antichi.

340. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Essa si rappresentò nel 1748 la prima volta a Versailles; ma secondo il Giornale straniero del 1755, quando si replicò in Parigi, non si accolse troppo favorevolmente. […] Quivi quando alcun tratto si dipigne Di candor, di bontà, dove trionfi E del proprio splendor tutta sfavilli L’umanità benefica e gentile, Di pura voluttà s’empie ogni cuore, Quivi s’intende di natura il grido. […] E quando mai Vide la Francia tanti varii ingegni, Opre più vaghe, più puri costumi? […] Congedata l’antica Compagnia non vi fu più commedia italiana per lo spazio di anni diciannove, cioè sino al 1716, quando il Duca d’Orleans regente v’invitò la Compagnia di Lelio e Flaminia nomi teatrali presi da Luigi Riccoboni romano, e dalla sua consorte Agata Calderini, come la chiama l’abate Quadrioa. […] Parlano (segue il Martelli) gli attori francesi a voce bassa borbottando quando compariscono dal fondo della scena, e declamano più sonoramente quando si accostano al proscenio.

341. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

Trigeo arrivato tra’ suoi narra varie cose vedute in aria quando ha volato. […] Io all’incontro gli diceva: E quando menerai tu le capre da Felleo come faceva tuo padre vestito di grosso panno? […] Il sale comico di questa, per avviso del dotto Brumoy, non è dissimile da quello della scena del Bourgeois-Gentilhomme, quando M. […] E quando? […] E sì gran caso faceva di simil pratica, che quando avea ordita la traccia dell’azione, tutto che non ne avesse composto un solo verso, diceva di aver terminata la commedia.

342. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 216-226

Sol ti rivenga Qualche volta al pensier, quando t’ascolti Suonar per questo italico deserto Riverito il mio nome o vilipeso, Ti rivenga al pensier che un’infinita Riconoscenza a te, pia creatura, Mi lega d’invincibili catene, E seguirò coll’anima le tue Poche gioie, o diletta, e i tuoi dolori Sin che tra questo di civili belve Covo io rimanga alla calunnia, e al canto ! […] Nè il grido trionfale che corse di lei a Cremona, a Milano, a Padova, a Venezia, a Trieste ; nè gli applausi ch’ella strappò dagli stessi avversari, quando nella primavera del’45 fu per un corso di rappresentazioni a Mantova, valsero ad addolcire i loro animi.

343. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Enea in Troia »

L’Atto terzo incomincia da Enea, il quale in sulle prime vigilie della notte destato dalla terribile visione che ha avuto di Ettore, viene alla tomba di lui, vi reca doni ed offerte, commisera il destino della patria, attesta gli dei di aver fatto quanto era in lui perché non venisse condotto dentro di Troia il cavallo fatale, e domanda agli medesimi dei la forza di cui era dotato Ettore, quando arse le navi dei Greci, perché la Patria, se ha da cadere, non cada invendicata.

344. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO III. Spettacoli scenici della Russia. » pp. 38-46

Sin dal 1741 quando nelle Russie cominciò l’opera italiana, vi si ammirò un’ orchestra magnifica, vi cantarono le più rinomate cantatrici, vi si chiamarono i più celebri maestri di musica dell’Italia e spezialmente di Napoli.

345. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 947-

Della morte di lui, avvenuta il 21 aprile 1875, fu desolata e se ne mostrava ognora inconsolabile…. e quando io le domandai come potè lasciar l’arte nel colmo della gloria, e nel fior della giovinezza, senz’ ombra di rimpianto, ella infiammandosi e piangendo sclamò : « Non mi lasciò il tempo a’rimpianti ! 

346. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1009-1013

Io (che non avevo mai salito un palcoscenico, e uscivo dal collegio della Marca, ove avea compiuto il mio corso di filosofia sotto il dottor signor Balli), la scelsi per mio primo esperimento (1 ottobre 1689), quando apparvi al pubblico d’ ordine del Re e di Monsignore, e tale e tanto ne fu il successo, che procurò ai comici moltissimo guadagno.

347. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 147-149

L'amore pe'l teatro gli si andò sviluppando a grado a grado, e, quando il suo ufficio gliel comportava, stava inchiodato alle quinte, pendendo dalle labbra degli artisti, e specialmente del suo padrone.

348. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 337-341

In quella bellissima faccia ebraica (sua madre era figlia del custode della Sinagoga di Modena, fatta cristiana quando si sposò) sfolgoran due occhi a mandorla, ricchi di fascino ineffabile ; tra le labbra tumide e procaci affaccian due file di perle grandi ed uguali che attraggono : se la parte inferiore della sua persona rispondesse armonicamente a quella di sopra, Ella sarebbe in ogni rispetto magnifica.

349. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 759-763

« Egli non potè aver maggiore fortuna – ho detto in principio – per la cerchia ristretta in cui visse. » E questa ristrettezza derivò un poco da tutto un insieme di dizione e di pronunzia e di atteggiamenti, nella lor grande spontaneità prettamente romagnoli, da farlo parer talvolta più tosto un attor dialettale ; e un poco per la numerosa famiglia che gl’impedì, proprio quando più ce n’era il bisogno, di prendere il largo, e di emanciparsi collo studio speciale da quei difetti d’origine che lo facevano apparire anima gentile in corpo rozzo.

350. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Esse continuarono a rappresentarsi in Roma nella patria lingua Osca ancora nel fiorir della Latina favella e sino all’età di Augusto, quando scrivea il grave geografo Strabone22. […] Contava Roma circa 514 anni dalla sua fondazione e presso a centoventiquattro dalla venuta degl’ istrioni Etruschi, quando nel consolato di C. […] Comprendo che la pratica del teatro dimostra, non esser priva di grazia simile ripetizione, e singolarmente quando si colorisce con vivacità, e si varia in parte, come ha fatto Moliere. […] Padre, l’infamia non si estingue mai, E quando il pensi men, t’esce sul viso. […] Epidico, non dico altro, la favola prediletta e da me amata al pari di me stesso, mi diviene ristucchevole, quando rappresenta Pellione.

351. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 454-467

Fornita questa istoria, Gradello fa una squaquarata di voce e di canto molto sonora ; ovvero finge l’orbo col cagnuolo in mano in luogo di tiorba, e poi si comincia l’invenzione delle bolle di Macalesso che dura due ore, onde gli uditori stomacati, si partono beffando lo sciocco cerretano, che sta pur saldo su le tre gazzette delle grosse, e delle piccole due soldi, protestando al cielo ed alla terra di non volere calare se non quando l’udienza parte senza dir buona sera, nè tor commiato d’alcuna sorte. […] Anche a Lugano, Canton Ticino, quando si voglia rimproverar taluna di certe sue sciocchezze, si suol dirle : fa minga la Zana ! […] Tutti gli autori nostri, Alfieri, Metastasio, Goldoni, Nota, Bon, Sograffi, ebbero in lui un valoroso interprete : e quando l’Italia fu inondata circa il 1830 dalle traduzioni del Teatro di Scribe, l’esecuzione del Filippo, della Malvina, del Povero Giacomo mostrò a qual grado di perfezione egli seppe giungere coll’arte sua.

352. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108

LXXXI, quando cominciò a fiorir Cratino, poeta di stile austero, mordace, e assai forte ne’ motteggi, da cui si riconosce quel genere di Commedia caustica e insolente, chiamata satirica e antica. […] Fiorì questa commedia intorno al secolo del Grande Alessandro, quando la formidabile potenza macedone, dando nuovo aspetto agli affari greci, avea richiamato in Atene quell’utile timore che rintuzza l’orgoglio, rende men feroci i costumi, e induce a pensar giusto. […] Menandro mai non si applicava a verseggiar la favola avanti di averne formato tutto il piano e ordinate le parti fino alla conchiusione; e tal caso facea di questa necessitaria pratica che, se non ne avesse scritto un sol verso, quando ne avea ordita la traccia, diceva di averla terminata52. […] Del resto ciò ch’egli dice, ci fa perder di vista la vera fisonomia, diciam così, del teatro greco, e ci occulta specialmente i lineamenti del gran periodo, in cui fiorì la commedia antica, quando i poeti e gli spettatori erano animati in teatro da quel, medesimo spirito geloso che dettava sì spesso l’ostracismo contra il merito e la virtù.

353. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Ferrara il dì 27 febraro 1618. » pp. 519-525

Dico, che quando anco la scienza della nomandia nel nome di Lauinia mi facesse prevedere la mia morte, che in ogni modo a confusione di Celia l’amerei, et se il nome di quella con l’anagramma da voi formato dice Vilania ; e quello di Celia per inversione di lettere dice Alice. […] E quando, vinto dalla umile e calda intercessione di Flaminio Scala, il direttore, scrisse di continuar la protezione a’comici con patto di fraterna concordia, il Bruni che a detta dell’Antonazzoni aveva più volte affermato voler fare d’ogni erba fascio, ove dovesse restare in compagnia, e che sembra fosse stato davvero la pietra dello scandalo, mandò pel primo a Don Giovanni colla seguente lettera le sue giustificazioni e le sue proteste di obbedienza e di reverenza.

354. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo II. In quali cose si rassomigli ogni teatro. » pp. 8-13

Ma quando le società divengono più colte, saltano subito agli occhi gl’inconvenienti che produce quel mescolarsi un divertimento colle dilicatissime materie religiose.

355. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — (Sabato 7 giugno 1659).(Sabato 28 giugno 1659). » pp. 420-423

Inoltre : non parrebbe strano davvero che il Campardon e il Ial, solleciti raccoglitori di documenti, questi anzi tutto, non abbian accennato in alcun modo nè men di volo a questo Fedeli, italiano, venuto a Parigi non si sa d’onde nè quando ?

356. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 526-529

Figlio, io già non t’invidio i gaudi immensi, che in Ciel tu godi, ora che sei sì presso al Sol, che alluma il benedetto chiostro ; ma quando avvien che a le tue grazie io pensi, piango me, di te privo, e il mortal nostro vorrei già chiuso in un sepolcro istesso.

357. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO VI. Teatri Materiali. » pp. 357-365

Non pertanto per la medesima vastità (per cui ha potuto un tempo servire per una specie di naumachia, come dimostrano le antlie e i sifoni, per li quali ascendeva l’acqua per inondare l’orchestra) esso non è più in uso, e solo rimane esposto alla curiosità de’ viaggiatori  ed incresce il vedere che sin dal 1779 quando io lo vidi, mostrava talmente i danni del tempo e dell’abbandono che non senza qualche ritegno si montava sulla scena per osservarsi minutamente.

358. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO II. Spettacoli teatrali in Alemagna. » pp. 13-20

Aurelio Giorgi Bertòla non si prefisse di ripetere così da lungi i passi scenici degli Alemanni, quando nel discorso premesso alla traduzione degl’ Idilj di Gesner promise un Saggio Storico critico sulla poesia Alemanna, che dovea abbracciare il tempo scorso da Opitz sino a’ nostri giorni.

359. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO IV. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 293-299

Nel mese di agosto del 1786 (quando più fremevano gli Huertisti e i Lampigliani contro del Signorelli) chi avrebbe potuto immaginarsi che dovesse rappresentarsi senza interruzione di sainetti e tonadiglie la di lui Faustina?

360. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 850-853

Nel 1800 s’era già acquistata gran fama come capocomico, e nel 1806 fu chiamato a Milano per formare la Compagnia Reale Italiana al servizio del vicerè Eugenio Di Beauharnais, che dovea recitare al Teatro della Scala, o, quando vi si rappresentavan opere in musica e balli, a quello della Cannobbiana.

361. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 87-90

Essa non perdeva sillaba della Cazzola, che, per eleganza, naturalezza, profonda intuizione d’arte, si collocò fra la Ristori e la Sadowsky, e in certe parti non trovò chi riuscisse a superarla ; e più tardi, a Firenze, quando la Cazzola ammalò, Tommaso Salvini ricorse alla signora Virginia ; e la signora Virginia, improvvisando sera per sera un’interpretazione, cominciò a spiccare il gran salto, sempre sotto gli auspici del gran colosso Salvini, artista completo, dividendo il regno dell’arte con la Tessero e la Pezzana, e tutte tre facendo credere con i grandi successi fatti ottenere alle commedie di Gherardi Del Testa e di Achille Torelli, ai proverbi del Suner, ai drammi del Costetti, ai lavori mastodontici dell’ultima maniera di Paolo Ferrari, al medio evo di Giacosa, alla romanità di Pietro Cossa, alle galanterie di De Renzis, di Martini, di Castelnuovo, e tutto il resto di Cuciniello, di Muratori, di Montecorboli, di Castelvecchio, di Sabbatini e di tanti altri, facendo credere all’esistenza d’un moderno teatro italiano.

362. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 732-736

Dovere del Padre El Padre, che vive spensieratamente, senza provveder ai so fioi, usurpa indebitamente vivendo el nome de padre, e acquista giustamente morendo quel de tiranno : do cose deve lasciar el padre, podendo, ai proprj fioi, una necessaria ; è l’altra utile ; la necessaria l’è la morigeratezza ; e l’utile l’ è el ben star : la prima pol star senza la seconda, ma la seconda senza la prima l’è un vetro che traluse, ma che ghe manca la fogia per esser specchio ; chi di tutti do le provede, vive contento, e mor felice, contento in vita, perchè l’ha fatto quel che el doveva : felice in morte, perchè el lassa quei, che da lu derivan, nei boni costumi, e nel ben star tutto el pagamento di quei debiti, che l’aveva contratti, quando ghe diede el ciel el rispettabile nome de padre.

363. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

I villani dell’Attica cantavano le loro poesie nomiche e ditirambiche; e quando pensarono alla tragedia, e alla commedia, le animarono perpetuamente colla musica. […] Cantansi le nostre opere, e quando un Farinelli, un Niccolini, un Monticelli, un Caffarelli, un Egizziello, un Marchesini, o la Tesi, la Mingotti, la Faustina, la Gabrieli, la Bilington, approfittandosi delle armoniche appassionate situazioni de i drammi del Metastasio, e dell’incantatrice armonia de’ Sarri, de’ Vinci, de’ Leo degli Hass, de’ Gluck, de’ Jommelli, de’ Sacchini, de’ Piccini, de’ Guglielmi, animano il canto e la poesia con quella vivace rappresentazione che tutto avviva, e gli animi tutti scuote e commuove, l’intiera Europa gl’invita, gli onora, gli colma di ricchezze, e si affolla ad ascoltargli, ed in tali attori musici si avvezza a compiangere Statira, Arsace, Demetrio, Mandane, Megacle, Berenice, Didone.

364. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Di Milano, il dì 28 agosto 1620. » pp. 140-157

Florinda già da tre giorni fuggi et piangendo se n’andò in verso chiesa dove si faceva tenir per spiritata, et voleva mandar per una carozza per venirsene a Mantova, quando suo suocero con suo compare, et il Moiadé nostro portinaro corsero a rimediarvi et la fecero rimanere, di queste cose ce ne sono ogni giorno, et questa sgratiatuzza ride et gode sott’ occhio havendo ridotto questo negotio con una tal volpagine che l’istessa Florinda prega che lei non si disgusti acciochè il marito non li faccia qualche burla. dico signore che si tratta di cose concernenti alla vita e da queste che V. […] Bartoli il madrigale di Lucio Narni : Se la similitudine s’appella causa di vero amore, Lidia c’innamorasti, quando Marta piagnevole imitasti. […] Dunque nel ’52, quando essa rappresentò la Marta, non poteva aver meno di 65 anni.

365. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO I. Su i Teatri Spagnuoli sotto i Romani. » pp. 2-8

Ed avverta ancora, che quando anche ciò fosse dimostrato, non che dimostrabile, Roma ch’è una sola Città, benchè sempre chiara, non derogherebbe a tante Città Italo-Greche, che vantarono magnifici Teatri, di cui esistono le reliquie, che si addurranno colle dovute prove a suo luogo; e ciò nel tempo che fioriva l’antica Grecia transmarina.

366. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO III. Se ne’ secoli XIV., e XV. gl’Italiani ebbero Poesie Sceniche. » pp. 14-19

Ma come compatirlo, quando io le avea riferite nella mia Storia, e il Ch.

367. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo IV. Teatro americano. » pp. 19-25

Dopo l’invasione degli europei nel nuovo mondo, quando essi considerandolo come posto nello stato di natura, supposto d’aver diritto ad occuparlo e saccheggiarlo, senza por mente alla ragione degl’indigeni che ne avevano antecedentemente acquistata la proprietà, dopo, dico, l’epoca della desolazione di sì gran parte della terra, le razze africane, americane, ed europee, più o meno nere, bianche, ed olivastre, confuse, mescolate, e riprodotte con tante alterazioni, vi formano una popolazione assai più scarsa dell’antica, distrutta alla giornata da tante cause fisiche e morali, la quale partecipa delle antiche origini nel tempo stesso che tanto da esse si allontana.

368. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 754-756

Egli teneva nella sua tavoletta di teatro scatolette con varj colori per dipingersi in modo che quando si presentava sulla scena molte volte il pubblico non lo riconosceva che al suono della voce.

369. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 617-622

A DONNA MARITATA xcv L'altra notte io sognai, quando le stelle Dan loco al vicin giorno, di tenerti Stretta ne le mie braccia, e di goderti ; Fa che non passi il sogno Per l’Auorio ben mio de i denti tuoi, Perchè saria fallace ; Se vuoi ch'ei sia verace, Soccorri al mio bisogno, E passi il Sonno per la fronte poi Del tuo marito adorno, Ch'iui la porta trouerà di Corno.

370. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

Egli è certo che quando Tiberio cacciò da tutta Italia gl’istrioni per la loro somma petulanza e immodestia, e quando Nerone medesimo, alcun tempo dopo averli richiamati, fu costretto per timore di qualche grave pericolo a bandirli da Roma, non cessarono le rappresentazioni teatrali.

371. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « PROLUSIONE ALLE LEZIONI DI POESIA RAPPRESENTATIVA DEL PROFESSORE PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI. » pp. 203-226

Comprese quella nazione pensatrice e di gusto sì fine, che la Scenica Poesia portata all’eccellenza è la scuola de’ costumi; che niun genere meglio e più rapidamente si comunica agli stranieri e meglio contribuisca alla gloria nazionale; che i poeti epici e lirici trattengono i pochi e i dotti, ma che i drammatici son fatti per tutti; che il legislatore può adoperarli per le proprie vedute; che la sapienza morale non disviluppa con successo felice i suoi precetti, se non quando è messa in azione sulla scena. […] Ignorate che ne’ tempi bassi, quando essi gemevano solto il ferreo giogo del più umiliante dispotismo, essa diede loro fin anche il grand’ esempio di vendicarsi in libertà?

372. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

Contava Roma circa 514 anni dalla sua fondazione e presso a centoventiquattro dalla venuta degl’istrioni Etruschi, quando nel consolato di C. […] Comprendo che la pratica del teatro dimostra non esser priva di grazia tale ripetizione, e singolarmente quando si colorisce con vivacità, e si varia in alcuna parte, come usò Moliere. […] Del rimanente la commedia è piena di bassezze triviali e di scherzi soverchio istrionici, e talvolta indecenti, i quali piacquero assai nel tempo della Repubblica, e si riprovarono nell’età del buongusto quando viveva. […] E quando il pensi men, t’esce sul viso. […] Epidico, non dico altro, la favola prediletta a me cara al pari di me stesso, mi diviene ristucchevole, quando rappresenta Pollione.

373. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

L’altra sorte si è quando chi balla, non contentandosi del piacer materiale della danza, prende ad eseguire un intiero soggetto favoloso, storico od allegorico esprimendo coi passi figurati de’ piedi, coi vari atteggiamenti del corpo e delle braccia, e coi tratti animati della fisionomia tutta la serie di situazioni che somministra l’argomento nello stesso modo che la esprime colla voce il cantore. […] E se non temessi diffondermi troppo in una materia ch’è il fondamento del diletto che ci procurano tutte le belle arti, farei ancora vedere che l’ascosa origine del piacere, che certi tratti arrecano nella musica, nella poesia e nella eloquenza, è nel linguaggio d’azione principalmente riposta; che ciò che rende eloquenti i quadri oratori o poetici è l’arte di radunare in una sola idea più immagini, le quali rappresentino muovimento, come la maniera di render la musica espressiva si è quella di far sentire la successione regolata de’ tuoni e del ritmo; che la forza di certe lingue massimamente delle orientali deriva dall’accennato principio: osservazione che può farsi ancora nello stile de’ più grandi scrittori antichi e moderni, la magia del quale allora è portata al maggior grado quando le parole e le idee fanno l’effetto dei colori. […] A questi s’accostò il buon Jason, e feceli arare posto loro il giogo, e l’aratro, e poi seminò i denti del dracone; e nacquero a poco a poco del palco uomini armati all’antica, tanto bene quanto cred’io che si possa; e questi ballarono una fiera moresca per ammazzar Jason; e quando furono all’entrare, s’ammazzavano ad uno ad uno, ma non si vedevano morire. […] [32] Un’arte qualunque ella sia, allora soltanto può dirsi aver toccata la perfezione quando i mezzi che adopera sono in perfetta corrispondenza col fine, quando la corrispondenza apparisce chiara e sensibile agli occhi dell’ottimo giudice, e quando gli effetti che ne risultano sono tali appunto quali l’arte stessa mi prometteva di produrli. […] Così quando dopo le vive agitazioni di Seid e di Palmira, che tanto m’aveano intenerito alla fine dell’atto quarto del Maometto, sento all’improviso la prima arcata dei violini, parmi che questi vogliano rasciugar le mie lagrime dicendomi: «Non istate a creder niente; non è altro che una traduzione dell’Abbate Cesarotti.»

374. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

E siccome gli obbietti d’imitazione nella musica sono infinitamente più moltiplicati e molto meno costanti e sensibili che gli obbietti delle altre arti, avendo essa di più il privilegio di poter piacere anche allor quando non ottiene il fine di acconciamente imitare gli oggetti, così fa d’uopo convenire essere oltre modo difficile l’analizzar bene questa facoltà. […] Il trocheo al dire degli antichi grammatici è un piede saltante, leggiero, pieno di forza e di nobiltà; cosicché noi leggiamo in Aristotile 187 che quando la tragedia era un’intreccio di canti e di danze rusticane eseguite da un coro di bifolchi si adoperava in essa il verso tetrametro, il quale è composto di trochei. […] Prescindendo da ogni pregiudizio il suono d’un flauto è più dolce di quello d’un tamburo… Ma io non m’avveggo che qui mi fo a sviluppare le cose, quando voi non m’addimandate che un semplice abbozzo. […] [NdA] Questa legge fu costantemente osservata fintantoché i poeti formarono eglino stessi la musica de’ loro versi, ma quando la poesia e la musica si separarono, i musici non ponendo più la medesima cura nell’espressione non ebbero nemmeno il dovuto riguardo alla quantità, e osarono di sminuire, spezzare, e moltiplicare il suono d’una stessa sillaba.

375. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241

Nel 1513 si rappresentò ancora pomposamente in Roma il Penulo di Plauto, quando Giuliano de’ Medici, di lui fratello, fu dichiarato cittadino romano; benché non ci si dice da Paolo Giovio, se il pontefice vi assistette. […] Le favole pastorali che dopo il Cefalo del Correggio furono composte nel cinquecento, sono un nuovo genere drammatico inventato dagl’Italiani, quando non se ne voglia ravvisare un’immagine nel Ciclopo d’Euripide. […] Cantansi le nostre opere; e quando un Farinelli, un Cafarelli, un Egizziello, un Nicolini, un Monticelli, la Tesi, la Mingotti e la de Amicis, traendo profitto dell’ingegno creatore e armonico del Metastasio e dell’armonia de’ Sarri, degli Hafs, de’ Vinci, de’ Leo, de’ Gluck, de’ Jommelli, de’ Piccini, e de’ Paiselli, animano il canto e la poesia con quella vivace rappresentazione che tutto avviva e tutti gli animi scuote, aggira, e trasporta, l’Europa intera gl’invita, gli onora, gli colma di ricchezze, e si affolla, ammira, é commossa e compiange Arsace, Statira, Demetrio, Mandane, e Berenice. […] Sulzer taccia a torto e inurbanamente di puerilità un grand’uomo, cui tanto dee il teatro musicale, egli poi non ha totalmente torto quando afferma che l’opera merita esser riformata; e tengo anch’io per fermo, (e ciò non pregiudicherà mai alla gloria immortale del gran poeta cesareo) che si fatto dramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma, come di proposito ho trattato nel mio Sistema drammatico inedito.

376. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

Ebbe però torto l’enciclopedista encomiatore del Catone quando volle difendere gli universalmente disapprovati languidi amori; ed ebbe maggiormente torto per la ragione che ne reca, cioè che l’amore di Marzia è degno di una vergine Romana, e che Giuba ama in Marzia la virtù di Catone. […] Io son contento (dice Catone) egli ha fatto il suo dovere; Porzio, quando io morrò fa che la di lui urna sia posta accanto alla mia. […] Si ha tutto, quando si vive senza taccia, e si ha coraggio per morire. […] Appena contava la Cibber diciotto anni della sua età, quando rappresentando la parte di Zaira nella traduzione di Hille fe vedere alla nazione certa sensibilità spogliata da ogni caricatura istrionica ed una declamazione naturale sino a’ suoi dì sconosciuta in quel clima64.

377. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 42-49

Ci fai parer il finto e vivo e vero, quando di legni il mar tutto si copre.

378. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »

[2.5] Una qualche commozione egli sembra che cagioni presentemente il recitativo, quando esso sia obbligato, come soglion dire, e accompagnato con istrumenti. […] La musica nell’altro secolo era ben lontana dal dare in quelle affettazioni e in quelle lungaggini in cui dà oggi giorno; entrava nel cuore e vi rimaneva dentro, veniva ad incorporarsi colle parole e a farsi verisimile, era insomma affettuosa e semplice, quando la poesia era tutta fuori del vero, iperbolica, concettosa, fantastica.

379. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VII. Su i principali Requisiti per giudicar dritto de’ Componimenti Scenici, Mente rischiarata, e Cuore sensibile. » pp. 69-85

Scrisse egli buone Riflessioni sulla Poetica, benchè in esse in prima copiasse molte osservazioni Italiane, approfittandosi degli scritti del Tasso, del Riccoboni, del Castelvetro, e di Paolo Beni, che egli chiamava, Dottore in tutto, fuorchè nella corda che a lui dissonava, cioè quando parla della sua Nazione: di poi vi censurasse per lo più mal fondatamente gl’Italiani e gli Spagnuoli, chiamandoli ignoranti nelle regole Aristoteliche, malgrado di non pochi Italiani ch’egli pur cita e trascrive: e appresso vi attaccasse con armi fragili, non solo il Poema del Chiabrera e dell’Ariosto, ma quello del Tasso, e finalmente tratto tratto vi contradicesse e Aristotile, di cui pure affermava, che on s’égare dès qu’on ne le suit pas, e se medesimo ancora in più di una censura. […] Egli volle perciò regalare il Tasso dell’Humano capiti di Orazio, copiando Quintiliano, quando parla del vizio Oratorio detto da’ Greci κοινισμος, miscea di varj dialetti.

380. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XV. Satiri: Ilarodie: Magodie: Parodie: Mimi: Pantomimi. » pp. 171-200

Caro però oltre ogni credere fu agli Ateniesi certo Egemone Tasio soprannominato Lenticola scrittore e attore di parodie citato da Camaleone Ponticoa Rappresentava un giorno nel teatro di Atene quest’industrioso attore una sua parodia, quando dalla Sicilia vennero le amare novelle di una disfatta luttuosa, e quantunque la maggior parte degli spettatori piangesse coprendosi il capo per avervi perduto qualche parente, tutti però si trattennero nel teatro; sia per occultare agli altri Greci la loro perdita, sia per certa spezie di riguardo avuto per questo favorito parodo. […] Ma questi rappresentatori non potevano mostrar sempre la loro eccellenza, perchè quando i Comedi rendevansi celebri nell’arte pretendevano passar per capi e regolatori di tutto lo spettacolo.

381. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

Trigeo arrivato tra’ suoi narra varie cose vedute in aria quando ha volato. […] Io all’ incontro gli diceva: E quando menerai tu le capre da Felleo come faceva tuo padre vestito di grosso panno? […] Se piglierò questa pietra, quando il Notajo stà imprimendo le lettere della pena, e mettendomi al Sole farò struggere la cera e scancellerò la scrittura? […] Il sale comico di questa, per avviso del dotto Brumoy, non è dissimile da quello della scena del Bourgeois Gentilhomme, quando M. […] E quando?

382. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — LIBRO IV » pp. 55-66

Lasciamo stare i Greci, de’ quali non avrà egli certamente preteso parlare, perchè tra questi non vi fu schiera di commedianti, nella quale non entrassero gli stessi poeti, confondendosi gli uni negli altri nel libero popolo ateniese, quando gli autori non mancavano, come Sofocle, di voce e di abilità per rappresentare.

383. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo I. Teatro Italiano nel Secolo XVII. » pp. 268-275

Per altro soggiugnerò qui, che quando si voglia coll’occhio della mente scorrer l’istoria letteraria di tutte le più culte nazioni antiche e moderne, vedrassi chiaramente che il Secolo filosofico é venuto sempre dopo il secolo illustre degl’inventivi, signorili ed elevati ingegni, degli uomini in ogni professione valorosi, e ch’egli é dato sempre secolo di scadimento fin’anco nelle scienze, non che fatale all’eloquenza, alla poesia, e all’arti tutte, figlie dell’immaginazione, a cui la filosofia va di continuo tarpando le ali.

384. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO III. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 125-139

Le irregolarità sono manifeste, ancor quando voglia supporvisi qualche lacuna.

385. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO II. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 32-40

Le irregolarità sono manifeste, ancor quando voglia supporvisi qualche laçuna.

386. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VI. Tragedia Cittadina e Commedia Lagrimante. » pp. 134-143

Ma essa anche può ammettersi in grazia della varietà, e per servire al diletto e all’istruzione della parte più numerosa della società, e a produrre il bel piacere delle lagrime; specialmente quando non si distragga lo spettatore con tratti troppo famigliari ed atti ad alienarlo dall’impressione del dolore e della pietà.

387. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Pisa, li 13 agosto 1745. » pp. 192-197

Rispetto le vostre occupazioni ; farete questa composizione quando vorrete, a tutto vostro comodo.

388. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 543-547

S. uedere se pol auersi quando no la supplico al solito lei prouedermene, e non andrà come l’anno scorso, mentre a Carneuale (se a Dio piace) dobbiamo essere a Ferrara.

389. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 711-720

Metto qui una incisione del Bonnart rappresentante Mezzettino boccale, ossia misura intera, generata, probabilmente, dal grande successo riportato dal Costantini, quando, sotto le spoglie di Arlecchino, morto il Biancolelli, continuò a recitare col nome di Mezzettino.

390. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 915-921

Tal Metabo godea quando dall’arco A lui davante la pennuta freccia Con la vergine man sfrenò Camilla.

391. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 245-250

E chiude così la stessa lettera : Non temete ch' io venga ad annoiarvi quando passerete per Firenze : ma per la rara abilità della signora Maddalena Pelzet attrice sarà sempre pieno di ammirazione il suo dev.mo servo G.

392. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

Ebbe però torto l’enciclopedista encomiatore del Catone non solo nel reputarla la più bella tragedia che siesi veduta in qualunque teatro, ma quando si accinse a difendere sconsigliatamente i languidi amori universalmente disapprovati. […] Son contento , dice Catone; egli ha fatto il suo dovere; Porzio, quando io morrò, fa che la di lui urna sia posta accanto alla mia. […] Si ha tutto, quando si vive senza taccia, e si ha coraggio per morire. […] Appena contava la Cibber diciotto anni della sua età, quando rappresentando la parte di Zaira nella traduzione di Hille, fe vedere alla nazione certa sensibilità spogliata da ogni caricatura istrionica, ed una declamazione naturale sino a’ suoi dì sconosciuta in quel clima.

393. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 570-583

Le buffonate descritte dal Lasca tra il padrone e il servo, i due principali tipi della Commedia dell’ arte, troviamo identiche dappertutto, e particolarmente alla Corte della bassa Baviera in Landshut, quando su al Castello di Trausnitz, Venturino da Pantalone e Battista Scolari da Zanni faceano smascellar da le risa i nobili astanti. […] A. si pò informare non solo da Comici ma da tutta Roma, come ho detto, perche il negocio fu troppo publico ; e ben che li broi fatti da l’Angela et il dottore siano stati grandi non dubito pero che la uerità non si sapia quando S.

394. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XI. Se il Ch. Poeta Cesareo Metastasio imitò, o poteva imitare le Opere di Pietro Calderèn de la Barca. » pp. 140-148

Metastasio dunque nulla avrebbe potuto ricavarne, quando anche Calderòn si contenesse nella sobrietà Drammatica, e non cadesse, non dico in pensieri, ed ornamenti Lirici ed Epici, ma in metafore disparate, di cui mi sovviene un certo esempio dell’Auto intitolato la Vacante General, “Con la pluma de ese remo  “en el papel de las ondas  “dexarás tu nombre impresso.”

395. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO VI. La Drammatica oltre le Alpi nel XV secolo non oltrepassa le Farse e i Misteri. » pp. 186-200

Ma di grazia che cosa guadagnano i declamatori di mestiere nell’applauso fugace di un branco di compatriotti che vivono di relazioni, quando della di loro sottile eloquenza, della dialettica cavillosa, della maldigerita erudizione e della maschera filosofica, avveggonsi tosto gli nomini migliori della culta Europa?

396. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO V. La Drammatica oltre le alpi nel XV secolo non eccede le Farse e i Misteri. » pp. 74-84

Ma di grazia che cosa guadagnano i declamatori di mestiere nell’applauso fugace di un branco di compatriotti che vivono di relazioni, quando della di loro sottile eloquenza, della dialettica cavillosa, della mal digerita erudizione e della maschera filosofica, avveggonsi tosto gli uomini migliori della culta Europa?

397. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VIII. Teatro Lirico: Opera Comica: Teatri materiali. » pp. 177-187

Vi si dimostra che tosto che la musica apprese a dipingere e a parlare, sparvero gl’ incanti e la mitologia, e le divinità furono scacciate dalla scena quando imparò ad introdurvi gli uomini55.

398. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Padova, 28 luglio 1674.Venetia, 16 marzo 1675.Venetia, 23 marzo 1675.Venetia, 30 marzo 1675.Venetia, 13 ap.le 1675.Venetia, 20 ap.le 1675. » pp. 28-35

S. alla nostra compagnia, Brescia è bona e vi anderemo volentieri, Vicenza non fa per noi, essendoci noi stati tre anni in fila, et vi ci siamo morti di fame, tutta quando doppo Brescia non si potrà haver altra piazza ne procuraremo una noi medemi.

399. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 506-512

Suo marito, quando ella recita, va nel parterre a batter le mani.

400. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 697-702

Son gionta in Ligorno quando Dio à voluto, ehe non credevo d’arivarci mai, dove abiamo principiato a recitare senza Flaminio, ma perchè la compag.

401. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

Che della semplicicità de’ mezzi, della verità dei caratteri, della eleganza dello stile, della pittura del cuor umano e della forza ed evidenza delle passioni quando ha trovato il segreto di salire in Parnaso con minore fatica, e di essere incoronato d’un più facile benché men durevole alloro? […] Voi vedrete questa mia ladra fatica quando sarà finita e stampata. ecc.» […] Ora le passioni tragiche non divengono musicali se non quando sono vicine alla violenza, e dall’altra parte la classe dei personaggi illustri, a’ quali appartengono esse, è di numero troppo scarso rispetto alla massa generale della nazione; quindi minore altresì esser deve la somma degli argomenti onde formare una tragedia musicale. […] Per farlo vedere più chiaramente figuriamoci un poco il discorso che tiene l’impresaro coll’autore quando gli raccomanda di scrivere un libretto da mettersi in musica.

402. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Commento »

Nota alla nota d’autore n. 2: Hierone, IX, 4: «Infatti quando vogliamo che i cori vengano a gara, il sovrintendente propone i premi, e viene dato l’incarico ai coreghi di farli riunire e ad altri di istruirli e di dare una punizione a coloro che non fanno abbastanza bene qualcosa»; Senofonte (430 ca – 355 ca a.C.) scrisse il dialogo Ierone o della tirannide, in cui discutono della vita Gerone tiranno di Siracusa e il poeta Simonide. […] Nota alla nota d’autore n. 10: «Dobbiamo considerare che gli antichi attribuivano alla musica un significato più ampio di quello odierno: poiché la poesia e la danza (o il movimento aggraziato) furono poi considerate parti della musica, quando la musica arrivò ad una certa perfezione… Quello che ora chiamiamo musica è quello che essi chiamavano armonia, che era solo una parte della loro musica (costituita da parole, versi, voce, melodia, strumento e recitazione) e non dobbiamo aspettarci che lo stesso effetto derivi da una parte come dall’intero»; John Wallis, «A Letter of Dr. 

403. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Ma no: udii dire che assistendo talvolta alla rappresentazione di una favola alcune persone molto colpevoli, sono state così vivamente ferite per l’illusione del teatro, che alla presenza di tutti hanno manifestati i loro delitti; perchè la colpa, benchè priva di lingua, sempre si manifesta quando men si attende. […] No, dice; l’ucciderò quando gozzovigli, giuochi, bestemmi, e dorma ubbriaco, affinche l’anima sua rimanga nera e maladetta come l’inferno che dee accoglierlo.

404. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO V. LIBRO VII » pp. 107-140

Due cariatidi grandi rappresentano Talia e Melpomene, e quando si costruì quest’edificio eranvi al di sopra le armi del re con una iscrizione. […] Oltre a ciò che nel tomo precedente si è detto della Marianna del Dolce, del Calderon, e di Tristan, vuolsi osservare che nell’anno 1636, quando si rappresentò la Marianne Francese, il teatro spagnuolo non aveva ancor veduto el Tetrarca de Jerusalem.

405. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO V. La Drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 148-185

L’autore non oltrepassava l’anno diciottesimo di sua età, quando lo scrisse in tempo di due giorni (com’egli accenna in una lettera a Carlo canale) intra continui tumulti a requisizione del reverendissimo cardinale Mantuano Francesco Gonzaga , in occasione che questi da Bologna ove risedea Legato, portossi a Mantova sua patria, ove era Vescovo nel 1472, come col Bettinelli asserisce il lodato padre Affò, o almeno prima del 1483, nel quale anno morì il Cardinale, come osserva Girolamo Tiraboschi. […] Egli però ciò scrisse nel 1785, ed io gli avea tolto il travaglio intempestivo di correggermene; giacchè un anno prima, cioè nel 1784, quando usci il citato volume III delle mie Vicende delle coltura delle Sicilie, me ne accusai e corressi senza bisogno dell’opera altrui.

406. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO IV. La drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 47-73

L’autore non oltrepassava l’anno diciottesimo di sua età, quando la scrisse in tempo di due giorni (com’ egli accenna in una lettera a Carlo Canale) intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano Francesco Gonzaga, in occasione che questi da Bologna, ove risedea Legato, portossi a Mantova sua patria, ov’era vescovo, nel 1472, come col Bettinelli stabilisce il lodato P. […] Egli però ciò scrisse nel 1785; ed io gli avea tolto il travaglio di correggermene coll’ accusarmi da me stesso un anno prima, cioè nel 1784, quando uscì il nominato volume III della mia opera sulle Sicilie.

407. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378

E domanda : ma da quando in qua si è usato che la moglie porti non il cognome, ma il nome, anzi il vezzeggiativo del nome del marito ? […] Mai una compagnia italiana conta più di undici attori o attrici, fra’quali cinque, compreso Scaramuccia, non parlano che bolognese, veneziano, lombardo, napoletano : e quando s’abbia a recitare una tragedia, dov’entrin molte persone, tutti vi prendon parte, non escluso l’ Arlecchino, che toglie la sua maschera ; e tutti declamano de’ versi in buon italiano (il testo ha : en bon romain….).

408. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402

V’auguro fortuna e quando vi verrà in capo di pensare a me ricordatevi di parlare sul serio e che io non scherzo mai. […] Abbiasi per ora la nostra ammirazione, che riputiamo il più bell’elogio al suo merito, quando quest’ammirazione è divenuta sentimento universale.

409. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO II. Tragedia Cittadina, e Commedia Lagrimante. » pp. 112-127

Essa però può anche ammettersi in grazia della varietà, e per servire al diletto e all’istruzione della parte più numerosa della società; specialmente quando non distragga lo spettatore con tratti troppo famigliari ed atti ad alienarlo dall’impressione del dolore e della pietà.

410. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Milano, 1°Aprile 1803. » pp. 318-327

A codesto ascendente ch’ egli aveva sullo spettatore, a codesta specie di fascino ch’ egli esercitava su di lui, molto certo contribuiva la perfezione dell’esteriorità, se così posso dire, nella quale son raccolti l’abbigliamento, il portamento, la truccatura (camuffagione) ; la truccatura più specialmente ; chè quando Belli-Blanes appariva sulla scena, ci si trovava ogni sera di fronte a un quadro nuovo e meraviglioso, come nella Gerla di Papà Martin, nel Romanzo di un giovine povero, nella Patria….

411. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 349-355

Altezze erano stimatissime, e massime più quando erano conferite con preferenza, alludendo alla venuta delle Serenissime piuttosto da lui che dai Cavalieri, i quali adontati, ottennero che il Marchese Lodovico Rangoni lo consigliasse a costituirsi in prigione, al che aderendo il Lelio, venne nella sera stessa per mezzo delle Serenissime fatto porre in libertà all’ora della recita.

412. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

Attalchè, quando i cristiani divennero padroni de’ paesi dianzi posseduti dai gentili, si trovarono quasi affatto sprovveduti di musica, qualora non vogliamo con siffatto nome chiamare il canto de’ salmi, che poco differiva dalla pronunzia ordinaria, o quello degli inni, che eseguivasi a due cori da’ Terapeuti, spezie di monaci orientali, che da alcuni eruditi sono stati, non so se con tutta la ragione, confusi coi cristiani del primo secolo. […] I1 terzo, ove s’inventò il contrappunto chiamato “a mente” nato fra il duodecimo secolo e il decimoterzo, cioè quando sopra le sillabe e le antifone principalmente di quelle che appartengono agl’introiti, i compositori si fermavano saltellando con moltiplicità di consonanze secondo le parti di ciascuno con piacere bensì dell’orecchio, ma colla rovina e lo sterminio delle parole. […] [NdA] In un’opera recente, di cui per alcuni motivi si tace il titolo e l’autore, si mostra gran dispiacere e maraviglia di ciò che dissi in questo luogo della filosofia, e (come avviene quando s’ha più cura di render odioso uno scrittore che d’esporre le cose nel suo genuino aspetto) si è trasferita la mia proposizione dal senso particolare della filosofia applicata agli oggetti religiosi ad un senso tutto diverso, cioè a quello della filosofia, che seguendo il corso delle nazioni forma la partizione delle Opere ragionate.

413. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

Ora se non è possibile imitar un quadro senza che si ravvisino nella copia i lineamenti dell’originale; se le facoltà appartenenti al gusto hanno i loro principi comuni a tuti i popoli e a tutti gli spiriti, ne’ quali convengon gli uomini per puro istinto senza che ci sia d’uopo la comunicazion vicendevole; se il genio che riscaldò gli abitatori della fervida Arabia, presso ai quali la vita umana si chiamava l’«istmo della eternità»; dove la candidezza di un seno sprigionato dal carcere, dove lo nasconde il pudore, si paragonava al chiaror della luna, allorché per metà si mostra fuori dalle nuvole, il bacio d’un’amante ad un sorso dell’idromele, che gli eletti gustano in Paradiso, l’alitto voluttuoso d’una bella quando sospira alla fragranza aromatica, che dai boschi della Idumea schiude il vento Imperador dei deserti, l’arco iride ad un ponte levatoio fabbricato dai numi per mantener il commercio fra il cielo e la terra con simili altre gigantesche espressioni, nulla ha di analogo col timido e freddo poetare de’ provenzali; se finalmente negli usi, nel clima, nelle politiche vicende, nelle lingue e nella storia delle nazioni europee si trova la ragion sufficiente dell’origine e progressi della musica e della poesia moderna, io dimando perdono ai fautori degli arabi se non ravviso abbastanza quella prodigiosa influenza che si pretende aver essi acquistata sul gusto degli altri popoli. […] Perché una general corruttela avea tarpate le ali dell’entusiasmo, come quelle della virtù; perché la poesia fu riguardata soltanto come ministra di divertimento e di piacere, non mai come strumento di morale o di legislazione; perché essendo disgiunta dalla musica aver non poteva un vigore che non fosse effimero, né una energia che non fosse fattizia; perché trar non si seppe alla unione di quelle due arti il vantaggio che sarebbe stato facile il ricavare in favore della religione, mal potendosi eccitar l’entusiasmo religioso nelle cerimonie ecclesiastiche colla musica semibarbara, che allora regnava, applicata ad una lingua, cui il popolo non intendeva, onde mancò la poesia innale, e con essa uno dei fonti più copiosi del sublime poetico; perché i governi non pensarono a dar all’impiego di poeta e di musico l’importanza che gli davano i Greci, giacché invece degli Stesicori e dei Terpandri, che in altri tempi erano i legislatori e i generali delle nazioni, si sostituirono ne’ secoli barbari i monaci e i frati che convocavano a grado loro il popolo, intimavano la guerra e la pace, si mettevano alla testa delle armate, ed erano non poche fiate l’anima de’ pubblici affari; perché finalmente, non potendo la lirica eroica giugnere alla perfezione, di cui è suscettibile, se non quando vien considerata come un oggetto d’interesse, e di generai entusiasmo, i poeti italiani d’allora non potevano eccitar né l’uno né l’altro per l’indole della loro lingua troppo fiacca per inalzarsi alla sublimità de’ Greci e degli orientali, e per le circostanze altresì della loro nazione troppo divisa perché lo spirito di patriotismo vi si potesse vivamente accendere, e troppo agitata da intestine discordie, e dalla inquieta politica di certe corti, perché vi si potesse sviluppare quell’interesse generale, che fu mai sempre il motore delle grandi azioni. […] [25] Fu dunque l’eccedente amor della patria (il più lodevole fra gli eccessi quando non vien disgiunto dalla giustizia) che mosse il Cavaglier Tiraboschi a dire, parlando della musica, che «agli Italiani del secolo decimosesto dovette il giugnere ch’ella fece a perfezione maggiore assai, che mai non avesse in addietro» 49. […] Se il Signor Abbate ne dubitasse, si cercherà, quando che sia, di provarlo più a lungo. […] Il medesimo pubblico deciderà poi se meglio di me abbia esaminata la storia della musica e della poesia di quella età il Signor Abbate, il quale, prendendo ad illustrare in un grosso volume tutto ciò che appartiene agli arabi, e a far conoscere la loro letteratura, si contenta poi quando arriva alla musica (facoltà cui eglino coltivarono con tanto impegno, e che forma uno dei rami più curiosi e più illustri della loro gloria nelle arti di genio) di darci per ogni istruzione le due meschine notizie, che Alfarabi ed Albufaragio scrissero elementi di musica ed una raccolta di tuoni, e che gli Spagnuoli e i Francesi presero dagli Arabi alcuni strumenti musicali; fondando su questi validissimi e decisivi argomenti, il grandioso sistema della loro influenza sul resto dell’Europa, come se gli europei non avessero Trattati di musica anteriori a quell’epoca, e come se gli Spagnuoli e i francesi non avesser preso strumenti musicali dai Greci, dai Latini e dai settentrionali dal paro che dagli arabi.

414. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 765-771

Chi se ne occupa è uno sciagurato : non ha nè il criterio, nè il sentimento dell’arte…… E finalmente ci sono coloro che hanno detto semplicemente e sinceramente così : La Tina Di Lorenzo ha le doti naturali, ma non ha l’arte ; farà la gran conquista quando ai mezzi che la provvidenza le ha elargito avrà aggiunto la formazione dell’intelletto d’arte, che è studio tenace, serietà di proposito, fermezza di volere.

415. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638

A venti anni di distanza, quando l’Arlecchino Martinelli potè ottenere dal Duca di Mantova il diritto di far stare a dovere Frittellino, comandandogli come a soggetto, il fratello di lei, per nome Nicola, buona schiuma, amico, dice il Martinelli, sol di ladri e gente cattive, prese le difese del cognato, minacciando di morte tutti coloro che aveangli fatto dispiacere. […] VI) : Le meraviglie che mi scrivete, che s’ han fatto molti nell’arrivo della nuova, che Sua Maestà Cesarea m’ ha privilegiato di Nobiltà, non sono così grandi, come son quelle, ch’ io mi fo, quando veggo uno, che per antichità sia nobile, e per natura dissoluto ; dimostrando egli col giuditio, confermando col discorso, e approvando con le opere che molti villani sono più civili di lui.

416. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IV. Teatro Americano. » pp. 40-58

Dopo l’invasione fatta dagli Europei in quelle vaste regioni, che abbracciano forse poco meno della terza parte del globo terrestre, quando essi considerandole come poste nello stato di natura supposero di aver diritto ad occuparle e saccheggiarle senza tener conto della ragione degli indigeni che ne aveano antecedentemente acquistata la proprietà; dopo, dico, l’epoca della desolazione di sì gran parte della terra, le razze Affricane, Americane ed Europee, più o meno nere, bianche ed olivastre, confuse, mescolate, riprodotte con tante alterazioni, vi formano una popolazione assai più scarsa del l’antica distrutta alla giornata da tante cagioni fische e morali, la quale partecipa delle antiche origini nel tempo stesso che se ne allontana.

417. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO I. Drammi Latini del XVI secolo. » pp. 7-27

Anche il racconto del mostro marino è una prova del gusto del prelato Cosentino, che orna moderatamente l’originale senza pompeggiare come fanno Seneca e Racine, senza l’inverisimile ardire che si presta ad Ippolito nel l’affrontare il mostroa, senza imitar Seneca che quando Teseo dovrebbe solo essere occupato della morte del figliuolo, lo rende curioso di sapere la figura del mostro, Quis habitus ille corporis vasti fuit?

418. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IV. Teatro Americano. » pp. 28-41

Dopo l’invasione fatta dagli Europei in quelle vaste regioni, che abbracciano forse poco meno della terza parte del globo terrestre, quando essi considerandole come poste nello stato di natura supposero di aver diritto ad occuparle e saccheggiarle senza tener conto della ragione degl’ indigeni che ne aveano antecedentemente acquistata la proprietà: dopo, dico, l’epoca della desolazione di sì gran parte della terra, le razze Affricane, Americane ed Europee, più o meno nere, bianche ed olivastre, confuse, mescolate, riprodotte con tante alterazioni, vi formano una popolazione assai più scarsa dell’antica distrutta alla giornata da tante cagioni fisiche e morali, la quale partecipa delle antiche origini nel tempo stesso che se ne allontana.

419. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 841-848

A Trento era colla compagnia l’autunno del 1608, quando cioè pubblicò i Capitoli e le suppliche ; e innanzi di partire si duole nella seconda di esse al Capitan di Trento, Barone di Thon, della miseria dei comici non andando gente a teatro.

420. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 881-887

Sappia Vostra Ecc.ª che quando i grandi, riconciliano i Comici insieme, per rimaner seruiti ; odesi tallora dà i peggiori, per le piazze, per i ridotti dire, il tal principe mi li fà star per forza, la cui auttorità mi lega, la lingua, e le mani : le quai cose fanno stare in continua discordia le compagnie.

421. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 958-966

Ma quando S.

422. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 364-382

Ella muove al pianto, anche quando non la si comprende, con l’espressione della sua faccia, e la melodia del suo organo di fisarmonica….

423. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « NOTE ED OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 313-326

I Giullari, che in abito proprio e buffonesco anzi che no andavano girando colle arpe, e le viuole, e con altri strumenti per le case e per le mense de’ Grandi (come fecero da principio nella Grecia i primi antichissimi Cantori e Poeti, e poi i Rapsodi dopo Omero, ed anche nel Settentrione i Bardi e gli Scaldi), soleano per interesse cantar gli altrui componimenti, sfidandosi scambievolmente a poetiche e musicali tenzoni, e vantandosi ciascuno di superar il suo rivale non meno nella gentilezza e lealtà dell’amore, che nella prontezza dell’ingegno; e quando alcun Principe e gran Signore celebrar volea solenne festa di nozze, di corte bandita, di torneamenti ecc., non mancavano di venirvi in folla per dar saggio del loro valore, e farsi gran nome.

424. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo III. La Poesia Drammatica nel Secolo XV fa maggiori progressi in Italia. In Francia cominciano i Misteri. » pp. 194-209

Non oltrepassava l’autore, per quanto credesi da taluni, l’anno diciottesimo della sua età quando la compose in tempo di duo giorni, come egli stesso dice in una sua lettera a Carlo Canale, «intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano» Francesco Gonzaga in occasione che questi da Bologna, ove risiedeva legato, portossi a Matova sua patria, ove era vescovo, nel 1472, siccome con il dotto abate Bettinelli stabilisce il chiaro padre Ireneo Affò di Buffeto minor osservante, che nell’anno scorso ha fatto a onore e beneficio della letteratura italiana stampare in Venezia appresso Giovanni Vitto l’Orfeo, tragedia di Messer Angiolo Poliziano tratta per la prima volta da due vetusti codici ed alla sua integrità e perfezione ridotta ed illustrata 143.

425. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Ma i suoi Capricii ripieni di operose stranezze, e inventati soltanto per aver il vanto della difficoltà vinta, non dovranno servir di modello a chicchessia, se non se allora quando l’imbarazzo gotico sarà preferibile alla greca semplicità. […] Alle volte nembi di rose piovevano sulla sua carrozza, quando egli sortiva dopo aver recitata una cantata.

426. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

Niun poeta francese, compreso anche lo stesso Boeleau che il deprimeva sì ingiustamente, l’ha uguagliato, quando egli ha voluto, nella sublimità e nella forza della espressione.

427. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo sesto »

[2] Sebbene sia fuor d’ogni dubbio che fra le potenze interne dell’uomo alcuna vene ha portata naturalmente verso il vero, e che in esso unicamente riposi non potendo abbracciar il falso quando è conosciuto per tale; è fuor di dubbio parimenti, che fra esse potenze medesime alcun’altra si ritrova, la quale senza poter fermarsi tra i cancelli del vero, si divaga pei mondi ideali da lei creati, e si compiace de’ suoi errori più forse di quello che farebbe della verità stessa.

428. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO VII [IV]. Teatro Lirico: Opera Comica: Vaudeville. » pp. 192-230

Due cariatidi grandi rappresentano Talia e Melpomene, e quando l’edificio si costruì, eranvi al di sopra le armi del re con una iscrizione.

429. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Per iscacciarne la quale non bastando i prestigi e l’illusione di tutti i sensi, s’appigliano al perpetuo cicaleccio, al cicisbeismo, alla mormorazione, alle cene e al giuoco, né prestano attenzione alcuna allo spettacolo se non quando apre la bocca un cantore favorito per gorgheggiar un’arietta. […] [29] Ma che vo io parlando della mancanza di misura poetica quando la moderna armonia è tanto difettosa persin nella misura musicale?

430. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »

Con parole vuote d’interesse e di affetto non poteva congiungersi se non musica, che nulla esprimesse, e quando il sentimento era carico di concetti viziosi o puerili, l’armonia non sapeva aggirarsi se non intorno ad ornamenti superflui.

/ 431