Dal Fabbrichesi non si staccò più : chè, affetto da tisi in seguito a una caduta di vettura, lentamente si spense in Venezia a soli trentatrè anni, compianto da’parenti ed amici e comici tutti che videro dileguare uno de’più luminosi astri del teatro di prosa.
Era il solo pacse (14 nov. ’49) dove i comici mangiassero ; quindi ve n’era uno sciame.
Pare che il Fiorillo non fosse uno stinco di santo se s’ha a credere al Toschi che in una lettera del ’50 da S.
Andreini nella citata Ferza a pag. 38 : Non men del consorte fu onestissima e divotissima la signora Margherita Garavini Luciani bolognese sua moglie amata, ed a me carissima Compagna ; poichè inoltre d’aver educati così bene il signor Carlo Amadeo, e la signora Caterina ambi suoi figliuoli onoratissimi, l’uno facendo mirabil profitto nella virtù mantenendolo ad ognora sotto le vera norma delle buone dottrine de’Reverendi Padri Gesuiti ; e l’altra posta avendo Religiosa nel Monasterio di Migliarino, disinamoratasi delle commedie, innamoratissima di così cari figli, data tutta alle divozioni eguali a quelle del Consorte, quanto virtuosa visse, altrettanto divota morì.
ra Armellina, che per ciò ci consigliano a non andarui per non mettere a rischio la uita d’uno di noi ; le quali tre lettere se gli è ritirato a se un Cauagliere Bolognese hauendoci imposto il non palesare ne lui, ne chi ha scritto le suddette tre lettere.
Bartoli lo dice « Uomo di molto ingegno, che non solo in Teatro, ma al Tavolino ancora mostrar sapeva uno spiritoso talento. » Non ebbe alcuno mai in società, e cumulò denari quanti volle : ma proprio al momento, in cui credè la sua sorte assicurata per sempre cominciò a esser da essa perseguitato, e con siffatta costanza, che in capo a pochi anni fu ridotto in miseria.
Il triste caso fu celebrato dal Bartoli col seguente SONETTO Deh, se a turbar di bella donna il core impugnaste l’acciaro arditi amanti, e perchè fia che uno di voi si vanti di ferirla, e recarle aspro dolore ?
Fece il carnevale '22-'23 al Goldoni di Firenze, e il Colomberti, descrivendo la Polvaro nella Giovanna d’Arco, uno dei tanti spettacoli della Compagnia, dice : « nel vederla vestita in armatura, quale ci vien rappresentata quella martire nelle sue statue, con i suoi lunghi e bellissimi capelli biondi sparsi sulle spalle ; con il più vezzoso volto che immaginar si possa, con quegli occhi grandi e cerulei, io rimasi sorpreso.
Nato a Zante, fu uno de' più rinomati capocomici nel primo trentennio del secolo xix.
Nevio dunque non solo fu uno de’ primi poeti drammatici, ma il primo epico de’ Romani. […] L’ufficio del prologo si fa dal Lare famigliare della casa di Éuclione uno de’ penati custodi delle case degli antichi. […] Arriva il di lui padre in uno dei giorni ch’egli sta in compagnia di donne e di amici gozzovigliando. […] Questa scaltra civetta, ovvero arpia, pela a un tempo stesso tre merlotti, uno della villa, uno della città, e un altro che viene da’ paesi esteri. […] Egione ha due figliuoli, uno che di anni quattro gli fu rubato da uno schiavo e venduto a uno straniero, e un altro già grande fatto prigioniero da’ nemici.
Roma stessa vantò un Lelio e uno Scipione Affricano come coadjutori di Terenzio: un Cornelio Silla dittatore, il gran Germanico, Cajo Claudio imperadore, furono scrittori di commedie: un Giulio Cesare, un Cesare Augusto, un Tito Vespasiano coltivarono la tragedia, non che un Mecenate, un Varo, un Ovidio, un Seneca, e uno Stazio: Orazio Flacco si fece ammirare da’ contemporanei e da’ posteri come critico inimitabile di teatral poesia.
Esse sono (il sappia l’Apologista a suo dispetto) Favole Tragiche divise in cinque Atti, scritte in versi Giambici con uno stile facile, e per quei tempi non inelegante, e coll’intento d’imitar Seneca, a cui per altro rimane inferiore. […] Chiuse parimente gli occhi per non vedervi riferita la Filologia Commedia del dolcissimo Petrarca, ch’egli però non volle conservarci; ma, ad onta della delicatezza di questo grande ingegno, che fu uno de’ primi promotori dell’erudizione Greca e Latina, verisimilmente essa dovea essere Commedia ragionevole, se non perfetta.
Poteva (dice poi il medesimo apologista) nel principio del XVI secolo uno spagnuolo insegnare agl’ Italiani a scrivere commedie, tuttochè uscisse da un paese barbaro ancora nel XV. […] L’Italia ha perduto uno de’ più zelanti suoi difensori letterati e l’autore della presente storia il suo antico verace amico in questo valentuomo nativo di Marzano in provincia di Terra di Lavoro mancato di vivere in età di circa anni sessanta il dì 16 di novembre del passato anno 1788; e perciò in questo e ne’ due ultimi volumi saranno più scarse le di lui note.
Ma il nostro autore dotato di uno spirito più intraprendente e generale, e di assai più vaste mire, ha raccolti insieme sotto un medesimo punto di vista non che il teatro italiano, ma i teatri tutti di tutti i secoli e di tutte le nazioni del mondo. […] E ciò con uno spirito così disinteressato e imparziale, che non si dissimulano le irregolarità e i difetti, qualora negli antichi o ne’ moderni s’incontrano; e non si lascia di notargli e di appuntarli con quella vivacità che somministrar può una filosofica franchezza. […] Né deve essere che molto condonabile qualche lieve travedimento (se forse avvenne) ad uno scrittore che stende coraggiosamente e con riuscita così alla lunga e alla larga le sue mire, e restringe in brieve spazio tanti vari oggetti di varie nazioni e varj tempi.
Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi, e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo; che si trova in quest’atto secondo uguale ignoranza delle favole, ed invenzioni Omeriche, e degli antichi tragici; che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia; ignorando che la sacrificata figlia di Agamennone per miracolo di Diana ignoto a’ Greci si trova viva trasportata nel tempio della Tauride; che l’istessa Briseida la prega di volersi intenerire, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas; colle quali parole attribuisce al ferro che non è rovente, le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare; che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni, los pajaros parleros sean mudos testigos che lo stesso Achille dice di avere appreso da Ulisse â despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa dimostra di possedere uno spirito profetico, perchè Ulisse si seppe preservare dalle sirene dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja; che l’istesso Achille pure profeticamente indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma del La Cruz niuno glie l’ha detto; che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo; in fine che La Cruz dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso, cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille? […] Odasi il nominato Yriarte : Pues uno eleva tanto El estilo en asuntos familiares, Que aun suele para rusticos cantares De heroicas arias usurpar el canto Otro le zurce vestidura estraña De retazos ni suyos ni de España. […] Ma l’uno e l’altro spettacolo cessò nel 1776 per sovrano divieto.
Alcuni altri dotti hanno rimproverato ad Eschilo uno stile gonfio, e troppo ardito; ma questo rimprovero dovea farsi, al dire del dotto e giudizioso Ab. […] Fu posta sulla tomba di Sofocle la figura di uno sciame di api per perpetuare il nome di ape, che la dolcezza de’ suoi versi gli avea procacciato; il che probabilmente fece immaginare, che le api si erano fermate sulle di lui labbra quando stava in culla. […] Platone per mostrare più particolarmente la stima, ch’egli faceva di questo poeta, gli diede il miglior luogo nel suo Convito, ch’è uno de’ suoi più belli dialoghi, e mette sotto il di lui nome il bel discorso, ch’egli fa dell’amore, dando con ciò ad intendere che Aristofane era il solo che potesse con vaghezza e diletto parlare di questa passione.
In sul principio L’Inavvertito fu uno scenario, e Beltrame dovette veramente all’ingegno de’suoi comici, in gran parte, il successo di esso ; ma le libertà che si pigliaron poi le nuove compagnie, tali da ridurlo pressochè irriconoscibile, fecer prendere all’autore la risoluzione di spiegarlo per iscritto, seguendo in tutto le traccie lasciate dai comici egregi che lo recitaron prima. […] L’Innamorato, per esempio, pare non avesse che uno studio : quello di recar sulla scena tutto un repertorio di immagini achillinesche, di cui abbiamo avuto un largo esempio nell’orazione funebre di Adriano Valermi per la Vincenza Armani ; mostrando così, come la fama di un attore serio, e sopratutto amoroso, avesse una solida base nella strampalata ampollosità del fraseggiare. […] Altra cosa degna di nota nell’ Inavvertito è il personaggio di Spacca ; il quale, mentre può essere, talvolta Capitano, come vediamo nei Balli di Sfessania del Callot, da cui poi lo Spaccamonti, rimasto nell’uso a significare uno che le spara grosse, talvolta Dottore col nome di Spacca Strummolo (V.
Non ebbi che uno scopo : la verità. […] Alcuni di quei comici, e ve ne han pur tanti, che lottan colla fame, e imprecan contro l’arte, e…. non infilan quattro parole al lume della ribalta senza uno sproposito, trovaron ridicole ed esagerate le esigenze artistiche di Emanuel ; e le sue furie per una papera, per una battuta ritardata, per una intonazione sbagliata, chiamarono pazzia. […] L’ Emanuel sarebbe davvero uno dei direttori indicati per una compagnia stabile, nella quale abbondassero, come di dovere, gli elementi giovani. - Intorno all’artista, al primo attore, c’è poco da aggiungere a ciò che più volte ho detto io stesso.
Scoprendosi la scena, si vede il Re Scappino con Brighella e Bagolino suoi consiglieri, uno da un canto, e l’altro dall’altro con una mano di Paggi Zagnetti, dove arrivando Muzzina senza Tabarro e Beretta, gli dà una Supplica, e Scappino così cantando dice : Varda un poco, Brighella, mio conseglier fidado, se sto Zagno ha portà qualche novella, che possa desturbar el nostro stado : spiega tosto la carta, e inanzi, ch’el se parta, saveme dir, s’el brama pase o guerra, e che bon vento l’ha portà in sta terra. […] I comici d’oggi dicono ancora : fare uno sbianchimento ; e vuol dire più specialmente : metter sotto gli occhi del pubblico l’errore di un compagno di scena, non rilevato avanti. […] Del Bono), ci ha dato anche Zan Muzzina in più sonetti, uno dei quali è il seguente : Io che passo si spesso, e pur non posso se ben batto da Betta un dì far botta, comporterò s’altrui l’accatta cotta, ch’ella me sol salassi fin su l’osso ? […] E qui dopo di avere con ogni particolarità parlato di Mastro Lione addottorato a Lizzasusina, del Cieco da Forlì, di Zan della Vigna, del Tamburino, del Napolitano, e di Mastro Paolo D’Arezzo e del Moretto da Bologna, e di Settecervelli colla sua cagnuola ammaestrata, e del Parmeggiano colla sua capra, e del Turco e del Giudeo e di tutte le loro scioccherie comiche, ciarlatanesche, acrobatiche, conclude : Or da ogni parte si vede la piazza piena di questi Ciurmadori, chi vende polvere da sgrossar le ventosità di dietro ; chi una ricetta da far andare i fagiuoli tutti fuor della pignatta alla Massara ; chi vende allume di feccia per stopini perpetui, chi l’olio de’filosofi, la quinta essenza da farsi ricchi, chi olio di tasso barbasso per le freddure, chi pomata di seno di castrone per le crepature, chi unguento da rogna per far buona memoria, chi sterco di gatta o di cane per cerotto da crepature ; chi paste di calcina da far morire i topi ; chi braghieri di ferro per coloro che sono rotti, chi specchi da accendere il fuoco posti incontro al sole ; chi occhiali fatti per vedere allo scuro ; chi fa veder mostri stupendi e orribili all’aspetto, chi mangia stoppa, getta fuori una fiamma, chi si percote le mani col grasso discolato, chi si lava il volto col piombo liquefatto, chi finge di tagliar il naso a uno con un cortello artificioso, chi si cava di bocca dieci braccia di cordella, chi fa trovare una carta all’improvviso in man di un altro, chi soffia in un bossolo e intinge il viso a qualche mascalzone, e chi gli fa mangiare dello sterco in cambio di un buon boccone. […] Bernovalla è poi, mutato in Pernovalla, divenuto uno dei personaggi de’Balli di Sfessania, accoppiato con Cucorongna.
Egli maneggia diversi intrighi amorosi, e specialmente uno di certo Gerardo con una Lucrezia maritata che traffica vergognosamente per compiacerlo a prezzo di cento scudi. […] Elisabetta si fa dall’amore abbassare sino al vassallo; egli inalza a lei le sue speranze; l’uno e l’ altro frena la lingua che vuol trascorrere. […] L’uno e l’altra è arrestato. […] L’uno e l’altro nell’atto I la chiedono in isposa ad un tempo. […] Adunque dalla favola di Candamo risulta uno sciocco insegnamento, cioè che l’arte del regnare non s’impara se non col maneggio.
S. di forarmi appresso a uno staro delle primicie cuccie dal peggio che se avemia da falare gli mondo ceste porche regole a trento che gli riferiscono la marmoria di merendarmela al secondo del organo e costì acorrere vi do argumentando caricresendo querela ch’io Sansone orbo ligado per mia panirola dappresso un staro a V. […] Ecco quel che il Riccoboni dice in proposito : La Città di Bologna, in Italia, che è il centro delle scienze e delle belle lettere, e dove sono una così celebre Università e tanti collegi di paesi stranieri, ci ha sempre fornito un gran numero di scienziati, e sopratutto di dottori, che avean le cattedre pubbliche di quella Università. – Essi vestivan la toga e in iscuola e per via ; e saggiamente si pensò di far del dottore bolognese un altro vecchio che potesse figurare al fianco di Pantalone, e i loro due costumi divenner, l’uno accanto all’altro, di una irresistibile comicità. […] Ditemi, e chi è quello il quale possa trattare senza sdegno, con uno, che essendo tu Pantalone ti dica. […] Pasquati) e uno da Graziano, che è un rincorrersi di citazioni latine, di nomi e di aggettivi da far venir la pelle d’oca all’attore e all’ascoltatore.
A ostacolare uno studio sistematico di tali fonti è in primo luogo lo statuto incerto di tali testi, che non hanno natura né descrittiva, né prescrittiva. […] Gli spontanei possono assumere tendenza analogica, se i movimenti esterni riproducono analogicamente uno stato interiore. […] Quindi diciamo l’uno più o meno operativo dell’altro, quanto più o meno produce e spiega al di fuori di tali effetti. […] Aliud molestia: sine commiseratione grave quidquam, et uno pressu ac sono obductum ecc. […] In questo senso noi diciamo comparativamente l’uno più bello e perfetto dell’altro.
[4] Degnate non per tanto onorare dell’autorevol vostro suffragio codesto tenue saggio del mio zelo per gli studi voi, che siete solito d’accogliere con tanta benignità tutto ciò, che spetta l’avanzamento delle arti, e delle lettere; voi, che in una città maestra della religione e della politica sostenete con tanto decoro i diritti di un monarca cognito all’universo non meno per la sua pietà nella prima che per la sua prudenza nella seconda; voi, che collocato ih carica sì luminosa rarissimo esempio avete dato a’ vostri pari di sensibilità spargendo lagrime, e fiori sulla tomba d’un amico illustre; voi, finalmente, che nelle vostre sensate, profonde e per’ogni verso filosofiche riflessioni intorno alle opere di Mengs avete fatto vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e che il più’gran genio del nostro secolo nella pittura era ben degno d’avere per illustratore de’ suoi pensieri, e confidente uno degli spiriti più elevati della Spagna nella penetrazione e sagacità dell’ingegno come nella squisitezza del gusto.
Eustacchio ; il quale ci ha detto che giovedì passato, verso le nove di sera, fu chiamato dal signor Balletti figlio, comico italiano, ch’egli trovò nel suo letto, per medicargli la ferita prodotta da un colpo di fuoco : che, avendolo visitato, trovò una piaga non lieve nella carne, alla parte esterna della coscia destra, che egli medicò, e che gli parve causata da una palla, che il Balletti disse di aver ricevuta alla Commedia, mentre recitava nella Camille Magicienne, in cui si sparan colpi di fucile contro una torre, ove il signor Balletti stava rinchiuso con altri comici : che si presume esser causa della ferita uno dei soldati, il quale, sostenendo una parte nella commedia, e dovendo sparare a polvere soltanto, prese nell’intermezzo, inavvertitamente, il fucile carico a palla del soldato in fazione sul palcoscenico, anzichè quello che doveva esser carico a sola polvere ; che se il detto artista non venne subito a far la sua dichiarazione, si fu perchè egli credette non valerne la pena, essendo il fatto accaduto in pubblico, e, com’era da credersi, per semplice inavvertenza o errore ; non per cattiva volontà.
La Romana aveva già recitato il suo a Udine, scrittole a bella posta : si trattava di scriver l’altro per la Bastona ; ma essa che ne recitava uno da trent’anni, non voleva studiar cose nuove.
., 1796) che la Battaglia creò nella stagione di autunno e carnevale ’95-’96 la parte di Agata nell’Elena e Gerardo di Luigi Millo, uno dei poeti della Compagnia, che fu l’unica parte da lei recitata nel corso di quell’anno, lasciando in ogni spettatore un sommo desiderio di udirla altre volte.
Al molto Illustre Sig. mio, Sig. e Padron colendissimo il Signor Antonio Francesco Facini, uno de’ Signori Tribuni della Plebe.
La morte di Vincenzo Cammarano fu cantata in uno scherzo poetico da Giulio Genoino che il Di Giacomo reputandolo inedito, pubblica per intero : L’invidia piena il cor di rabbia muove reclami a Giove contro il Cammarano che non era un uomo semplice ma un Demonio in forma umana (che giammai non fu possibile arte tanto singolare cui la forza dell’ Invidia non è giunta a denigrare !)
Bartoli, che aveva la fregola del sonetto, ne dedicò uno anche a lui, quando si ritirò dalle scene.
.), che furon poi chiamati a Venezia, l’uno al San Samuele, l’altro al San Luca ; e Goldoni scrisse per lui Il Gondolier veneto, la prima commedia alla sua maniera, comparsa in pubblico (autunno 1833) e stampata poi successivamente (Milano, R.
Io gli presento un ritratto del costume Italiano di quel tempo della maniera di conversare insieme l’uno e l’altro sesso, somministratomi dalla favola del Negromante. […] Al primo egli promette di portare in casa una cassa con un cadavere per fare uno scongiuro; e per preparare la stanza alla finta evocazione, domanda di molte ricche tele, argenti, ed altre cose. […] Coll’ argomento poi narrato da un altro attore viene l’uditorio instruito che la favola si aggira sulle avventure di due gemelli nati in Modone, l’uno maschio chiamato Lidio, l’altra femmina per nome Santilla, di forma e di presenza similissimi, i quali nella presa fatta da’ Turchi della loro patria rimangono divisi sin dalla fanciullezza, e per varj casi, senza che l’uno sappia dell’ altro, giungono in Italia, apprendono la lingua del paese, e Santilla vi dimora in abito virile col nome del fratello. […] Nicia che avrà la ventura di aver de’ figliuoli, vedasi uno squarcio della seconda scena dell’atto I. […] Egli dice, che un caso anticamente avvenuto in Grecia, è poi seguito anche in Firenze: E volendo questo nostro autore l’uno delli due rappresentarvi, ha eletto il Fiorentino . . .
Oggi ancora il mondo risuona de’ Gelosi il nome eterno, che fra palme et honor spiegaro a l’aura virtuoso vessil cui seguon lieti (emuli professor) quei che Fedeli Comici appella l’uno e l’altro polo…. […] Il Prologo recita ancor due quartine, poi i due Angioli che reggon le nubi cantano un verso per uno, replicando a due voci l’ultimo verso con accompagnamento di piena orchestra (a tutto coro d’istrumenti). […] La più parte delle fauole, et molte historie si possono rappresentare ageuolmente : come in Bologna vid’ io già molt’ anni introdur per intermedio uno Amphione, al suono et al canto del quale, uenivano i sassi a porsi l’ uno sopra l’ altro, tanto che ne fabricauano le mura a Thebe ; ne l’altro intermedio comparue un’ aquila a rapire un Ganimede ; vennero poi per interuallo del terzo atto deucalione Et pirra, li quali gettandosi sassi dietro alle spalle d’indi surgeuano a poco a poco fanciullini ignude. […] Pieno di comicità è poi il personaggio del beone Mordacai il quale anche nei momenti più seri riesce a gettare una sprazzo di umore gajo e giocondo, come nella scena sesta dell’ atto secondo, in cui racconta la rissa tra’ pretendenti di Maddalena, e nella scena nona del primo atto in cui descrive a Sanson, uno degli amanti di Maddalena, il suo trasporto pel vino. […] Conoschino adunque la differenza de gl’ huomini, et anche la natura de’ casi che maneggiano, che al sicuro comprenderanno non esser tutt’ uno il trattar con diuerso, che la loro qualità non sia tutt’ una, secondo gl’ accidenti, che succedono debbono caminar la scena con l’ istesso ordine, che scorrono il mondo.
Nella Nuova Spagna non solo trovansi gli spettacoli del l’antica, ma la famosa città del Messico può pregiarsi di aver prodotto nel passato secolo uno de’ migliori commediografi Spagnuoli. […] Ma ciò dee privarlo del l’onore di essere stato uno de’ primi viaggiatori in quei paesi? […] Or non fu uno de’ primi argonauti di que’ mari?
Nella Nuova Spagna non solo trovansi gli spettacoli dell’antica, ma la famosa città del Messico può pregiarsi di aver prodotto nel passato secolo uno de’ migliori commediografi Spagnuoli. […] Ma ciò dee privarlo dell’onore di essere stato uno de’ primi viaggiatori in quei paesi? […] Or non fu uno de’ primi argonauti di que’ mari?
Brighella con Leandro prima che la Compagnia fosse stata ricompensata dall’Em.º Signor Cardinale Antonio ; han chiesto per loro particolare, un regalo per uno ; e da me risaputo, come capo della Compagnia scrissi al Signor Martinozzi, maestro di Camera di detto Em.º che anch’io pretendeuo, se gli altri domandauano, come quello che ha il carico di regger la Compagnia e metter fuori soggetti ; ma che però non era in costume di far ciò ; Brighella risapendo quanto haueuo scritto, recitando noi, in casa dell’Arcivescovo di Rodi, uno de’ Signor di Nuelara, ad’arte cominciò à motteggiare sopra à detta poliza ; ond’io : gli dissi hauerla scritta ; ma che in quella però io, non l’ingiuriauo, risposeme con tante uillanie, e minacciamenti, ch’io fui sforzato à maltrattarlo di parole, ma non uillane ; Beltrame disse, quetatevi Cintio, che basta solo, che si sappia che un Brighella ui habbia perduto così infamemente il rispetto, ed il detto Signor Arciuescouo ciò risapendo, era d’animo di far poco piacere à Brighella, ed’egli stesso si obliga attestarlo à chi che sia. […] mo Signor Duca, e li mostri in uno l’estreme difficulta nostre mentr’io da chi può auguro à Vostra Ecc.ª il colmo d’ogni bene.
Pubblico la lettera intera, perchè mi pare uno de' più strani e interessanti documenti del nostro teatro. […] E in uno degli Scenarj corsiniani, Terza del Tempo, lo vediam tenuto sulle spalle a braghe calate dallo Zanni, e frustato a nudo…. da Lidia sua moglie. Il Bruni (V.), fra i suoi prologhi ne ha uno anche pel Pantalone, che metto qui a dare una chiara idea di quel che fosse la maschera a'primi del '600.
Dubitaste forse, che possa esservi uno Scrittore così strano, che censuri assolutamente il canto teatrale? […] Egli è uno de’ più saggi Critici, a’ quali increscono gli abusi del Canto. […] “Il Dramma Musicale (asserisce) è un lavoro bizzarro di Poesia e di Musica, dove il Poeta e il Musico scambievolmente l’uno schiavo dell’altro si logorano il capo per fare una cattiva Opera”. Questo vuol dire, che riguarda agli abusi presenti, e non al Canto come Canto: perchè Musico e Poeta in Grecia componevano un solo individuo, e per conseguenza non poteva essere l’uno schiavo dell’altro (se pure qualche operazione di aritmetica apologetica non convertisse l’uno in Due), e solo ne’ Teatri moderni Musico e Poeta sono due persone distinte. […] A queste opere inarrivabili del Pittore di Urbino ne aggiungo un’ altra di uno non meno divino Artefice, cioè del fonte della Grazia pittoresca, Antonio Allegri detto il Correggio.
Questi riguardi, queste sospensioni e cautele erano necessarie per disporre l’uditorio a uno spettacolo sì atroce, come é quello di vedere un figlio bagnarsi del sangue di una madre. […] Il coro delle furie che negl’intermezzi é cantante, nel giudizio é parlante come ogni altro attore, ed uno solo é quello, che per tutti interloquisce; il che si osserva nel rimanente delle tragedie antiche. […] É naturale ch’egli avesse passato in tempo sì corto uno stretto considerabile interposto da un luogo all’altro? […] Si apre così famoso dramma con uno spettacolo curioso e patetico. […] Racine trasportata quali interamente, a riserba d’uno squarcio molto dilicato, dove Fedra risponde all’istanze della nutrice: Ah, prevenirmi perché mai non puoi?
Pietro Barsi ne fu uno de’migliori ornamenti ; e se bene a lui si potessero spesso rimproverare alcuni difetti di pronuncia e di cadenza che gli venivano dal paese natale, e fors’anche dalle Compagnie in cui militò più anni, non si potevano in lui non riconoscere molte e pregevoli qualità di artista, fra le quali, prima di tutte forse, lo studio del vero.
La freddezza del nostro artista accennata dal Grimm, pare non fosse che su la scena ; poichè il Campardon riferisce una querela di Giacomo Lavaux, macchinista della Comedia italiana, per esser stato insultato e aver ricevuto da lui un calcio nel ventre e uno schiaffo.
Mi pare sarebbe molto meglio ve ne faceste uno nuovo…. » L'attore lo guardò umilmente, e balbettò : « Si fa presto a dirlo…. ma…. » E Tessari di rimando : « Ho capito. » E senza perdere un istante lo condusse da un mercante di panni.
I mezzi naturali non sariano stati sufficienti a liberar Telemaco dalle perigliose dolcezze dell’isola di Calipso, vi voleva Minerva che dall’alto d’uno scoglio sospingendolo in mare cavasse il poeta d’impaccio, e mettesse in sicuro la troppa combattuta virtù del giovane eroe. […] Nicka nell’antica lingua degli Scandinavi era uno spirito, il quale si compiaceva di strangolar le persone che per disgrazia cadevano nell’acqua. […] Gli Scandinavi stimavano tanto necessario istillar negli animi teneri siffatte opinioni, che fra gl’impieghi che cercavano i Septi, ovvero sia i principiali tra loro per la buona educazione de’ figliuoli, uno dei primi era quello di facitore di novelle. […] L’uno e l’altro fu fatto, ed ecco divenir familiari tra loro gli incantesimi, le malìe, i sortilegi, le stregonerie e le altre magiche operazioni, colle quali assicuravano di poter eccitare e serenar a grado loro le tempeste, sedar il mare, sparger il terrore fra gli inimici, sollevarsi nell’aria, trasportarsi improvvisamente da un luogo all’altro, scongiurare e far comparire gli spiriti, convertirsi in lupo, in cane o in altro animale, trattener il sangue delle ferite, farsi amar dalle donne all’eccesso, guarir ogni sosta di malattie e render gli uomini invulnerabili, del che non pochi fra loro vantavansi d’aver fatto in se medesimi lo sperimento. […] [NdA] Per far vedere il diverso progresso della morale pubblica in que’ tempi, e ne’ nostri basta, non che altro, gettar uno sguardo sui romanzi morali dei nostri tempi.
Arriva Polonio, il quale gravemente ragiona sulla di lui follia, dicendo: Vostro figlio è pazzo, e tale lo chiamo perchè (a ben riflettere) altra cosa non è la follia se non che uno è interamente matto. […] Venite, sedete; di quì non si parte, non vi moverete, prima che vi ponga innanzi uno specchio, in cui ravvisiate il più occulto della vostra coscienza. […] Preventivamente si prepareranno alcuni fioretti colla punta scoperta, che sarà avvelenata, e Laerte destramente ne prenderà uno per se; così potrà ferirlo, e la sua morte si attribuirà al solo caso. […] Aprono l’atto due becchini parlando di Ofelia che si ha da sotterrare in terra sacra, dicendo l’uno che ciò stà ben disposto dal giudice, l’altro che stà mal disposto, perchè ella si è ammazzata da se coll’affogarsi: scena comica bassa. […] Che tragico incomparabile non diverrebbe chi sapesse ben congiungere l’uno e l’altro studio!
Yriarte: Pues uno eleva tanto El estilo en asuntos familiares, Que aun suele para rusticos cantares De heroicas arias usurpar el canto: Otro le zurce vestidura estraña De retazos ni suyos ni de España &c. […] Ma l’ uno e l’altro spettacolo cessò nel 1776 per divieto sovrano. […] Altri spettatori seggono in alcuni scaglioni posti in giro l’uno sopra l’altro a foggia di anfiteatro, che si chiamano la grada. […] L’uno e l’altro teatro ha tre ordini di palchetti simili a quelli de’ teatri italiani per le dame e altra gente agiata; l’ultimo de’ quali men nobile è interrotto nel mezzo da un altro gran palco chiamato tertulia perpendicolare alla cazuela, dal quale gode dello spettacolo la gente più seria e singolarmente gli ecclesiastici. […] La famosa Mariquita Ladvenant morta son circa ventiquattro anni degna di nominarsi tralle più sensibili e vivaci attrici antiche e moderne rappresentava nel teatro della Croce, e los Chorizos suoi fautori furono da lei distinti con un nastro di color di solfo nel cappello, mentre i partigiani opposti ne presero uno di color celeste.
Furono mandati dei musici, dei cacciatori, e fino la pianta del Serraglio delle fiere di Firenze con persone perite per costruirne colà uno simile. […] Molière non lasciava una rappresentazione, ove avesse parte principale Scaramuccia, e prese dall’incomparabile artista tutto quel che potè di naturale e di originale ; il che generò poi i famosi versi che si leggon sotto a uno dei ritratti di Bonnart, identico a quello di le Blond (V. pag. 901). […] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img136.jpg] 27 agosto 1685. – Tiberio Fiorilli ha tanto fatto che gli è riuscito avere una lettera di chacet dal Re per cavare la sua douna dal Refugio e l’ ha messa, d’ordine però della medesima lettera, in uno dei conventi di Chalot ; ma perchè è un poco lontana per lui, che li cominciano a pesare le gambe, è andato a trovare la Granduchessa alla quale disse un mondo di bene di detta donna, e perchè lei medesima l’ aveva vista quando era al Refugio, e che la Superiora del luogo le aveva detto molto bene della medesima, li promesse di farla cavare dal Convento di Chalot, e farla mettere in uno di Parigi ; non so come li riuscirà, perchè il Re non ne vorrà essere importunato ogni tre giorni, e perchè dice per tutto Parigi che è il suo figlio che l’ ha fatta levare e rinserrare, e che ha scritto al Granduca contro di lui, e va facendo leggere la lettera di V. […] Tuto questo non è stato risposto che in ordine a i consigli del mio confesore e avrei uno eterno rimorso se non l’avesse fatto. […] Di già ò fatto casare la donacione fatta pasata al parlamento e al Sataleto, il dirle achora sarebe troppo lugo basta a diri ch’ è peggio d’uno faista che a bocha li dirò il tutto come i strapacci fatomi.
All’emergere dalla seconda barbarie le moderne nazioni Europee, prima di avere chi potesse dettare uno squarcio di prosa competente, abbondarono di Trovatori Provenzali e di Rimatori Siciliani. […] Il teatro che vuol considerarsi come uno de’ pubblici educatori, per rimediare a que’ mali sovente eccede, trascorre, inveisce e degenera in malignità, e talvolta avviene che si corrompa col l’esempio del resto della società.
L’autore di essa fu uno Spagnuolo domiciliato in Italia, chiamato, per quel che dice egli stesso, Alfonso Ordoñez32. […] Lampillas che uno straniero provvedesse a quest’interesse della gioventù che non merita di essere ingannata? […] Egli suppose che uno stampatore l’avesse cambiate. […] Egli si scatena contro di questo poeta come il primo corruttore del teatro, e la corruzione suppone uno stato precedente di sanità e perfezione. […] Reca stupore che uno scrittore che nel ragionar sulle composizioni drammatiche dimostrò senno e gusto, le avesse riguardate come modelli da proporsi ad esempio.
Per Dotti intendo ancora un buon numero d’ingegnosi Militari, di cui conosco alcuni, i quali al brio marziale, al buon gusto, alla pratica del Mondo, hanno accoppiato uno studio delle Fisiche, una intelligenza delle dottrine di Keplero, di Leibnitz, e di Newton, da fare arrossire non pochi di certi Savj Solitarj, che si credono i soli custodi della Scienza. […] Nè ricuso di arrollare tra’ Dotti tanti Cittadini bene educati, forniti di un natural buon senso, di una Sapienza volgare, di quel pronto sentimento di uno spirito ben fatto, donde proviene il Gusto. […] Il divino Euripide, che tirava al Teatro anche un Socrate, che da Quintiliano vien detto il Filosofo coturnato, che fa uno de’ più stimabili ornamenti delle più famose Biblioteche, dispiacque forse al Popolo, o fece anzi le delizie degli Ateniesi, e di tutti gli altri Greci? […] Il gusto generale si prende dalla maggior parte della nazione e da’ Drammi che vi si compongono, e non già da uno, e due, e dieci individui ancora, che fossero sciocchie stravaganti. […] Fu questa medesima Principessa, che indi fe travagliare, senza che l’uno sapesse dell’altro, e Racine e Corneille a un medesimo argomento, cioè alla Tragedia di Berenice.
Chalons segretario della regina Maria Medici ritirato in Roano, diessi a leggere le commedie spagnuole, e colpito dall’argomento del Cid di Guglielmo di Castro uno de’ mediocri drammatici della Spagna, ne formò una tragedia. […] Ma il Cid è uno de’ felici frutti del genio che s’invidiano e si criticano più facilmente che non s’imitano. […] Nulla più lontano dal carattere del vincitor di Dario e dalla tragica gravità quanto il di lui Alessandro che sembra uno degli eroi da romanzo. […] Al l’avviso di codesto arrogante spagnolo Giovanni Racine fu uno degl’ingegni più volgari della Francia ( uno de los mas comunes ): altro merito non ebbe che l’esatta osservanza delle regole, ed una scrupolosa prolissa pazienza in lavorare stentatamente: mancava di forza, di masculinidad, d’ingegno, di vivacità e di fuoco e d’immaginazione. […] Dopo alcune scene galanti, elegiache al pari delle già indicate, comparisce nell’ultima Solone moribondo, il quale si mette a declamare lungamente con tutta l’inverisimiglianza per uno che stà spirando, e racconta verbosamente che Policrita, non è sua figlia e che si chiama Cleorante.
Carlo Collè segretario e lettore del duca d’Orleans nato in Parigi nel 1709 è uno de’ Francesi che hanno ritenuta la giusta idea della comica giovialità, resistendo alla seduzione del cattivo esempio de’ comici lagrimanti. […] In generale Des Touches è uno de’ buoni comici della Francia, e qualche sua favola riesce dilettevole, e molte interessanti; ma la piacevolezza non è il pregio caratteristico di questo commediografo. […] Convenendo col Voltaire per la mancanza di piacevolezza e in certo modo anche di azione, parmi di non poter negarsi alla commedia del Méchant il merito d’un vivace colorito ne’ caratteri, della buona versificazione e di uno stile salso ed elegante. […] La contessa di Genlis ha composti due Teatri, l’uno per l’educazione della gioventù, e l’altro di società, ne’ quali si pregiano la Buona Madre, la Rosiera, le Generose Nemiche, il Magistrato. […] “L’arte della declamazione (dice uno di essi ironicamente) si è fra noi inalzata a un punto sublime.
Imperciocché se tacessero i trilli, dove parlano le passioni, e la musica fosse scritta come si conviene, non vi sarebbe maggior disconvenienza che uno morisse cantando, che recitando dei versi. […] Ma ora che le due gemelle, poesia e musica, vanno disgiunte, qual maraviglia se avendo uno a colorire quello che ha disegnato un altro, i colori sieno bensì vaghi, ma vengano sformati i contorni? […] [2.8] La prima cosa è piena veramente di pericolo, se uno guardi al buon effetto della melodia che, stando anch’essa nel mezzo, tiene maggiormente della virtù; e nella musica si vuol fare quell’uso degli acuti che si fa dei lumi ardenti nella pittura. […] Le parole non si vogliono replicare, se non con quell’ordine che detta la passione e dopo finito il senso intero dell’aria, e il più delle volte non si dovrebbe neppure dir da capo la prima parte; che è uno de’ trovati moderni, e contrario al naturale andamento del discorso e della passione, i quali non si ripiegano altrimenti in se stessi e dal più non tornano al meno.
[6] Il filosofo avvezzo a ridur le cose a’ suoi primi principi e a considerarle secondo la relazione che hanno colle affezioni primitive dell’uomo, riguarda la scena ora come un divertimento inventato affine di sparger qualche fiore sull’affannoso sentiero dell’umana vita, e di consolarci in parte de’ crudeli pensieri che amareggiano sovente in ogni condizione la nostra breve e fuggitiva esistenza: ora come un ritratto delle passioni umane esposto agli occhi del pubblico, affinchè ciascheduno rinvenga dentro del proprio cuore l’originale: ora come un sistema di morale messa in azione, che abbellisce la virtù per renderla più amabile, e che addimanda in prestito al cuore il suo linguaggio per far meglio valere i precetti della ragione: ora come uno specchio, che rappresenta le inclinazioni, e il carattere d’una nazione, lo stato attuale de’ suoi costumi, la maggior o minore attività del governo, il grado di libertà politica in cui si trova, le opinioni, e i pregiudizi che la signoreggiano. […] Ha egli non per tanto a vestire or l’uno or l’altro tutti i personaggi. […] Avrebbono forse desiderato, ch’io fossi stato più circospetto: cioè nella significazione che danno essi a tal parola, che non avessi osato, di profferir il mio sentimento se non colla timidezza propria d’uno schiavo, che avessi incensato gli errori e i pregiudizi del secolo, e che avessi fatto l’eco vituperevole di tanti giudizi stoltissimi, che sentonsi ogni giorno ne’ privati discorsi e nelle stampe. né vi mancheranno di quelli, i quali, ricorrendo a’ luoghi topici della ignoranza, troveranno nel titolo di straniero una suspizione d’invidia contro l’Italia. […] Che se ciò nonostante alcun m’attribuisse intenzioni che non ho mai sognato d’avere: se dalla stessa mia ingenuità si prendesse argomento a interpretare malignamente le mie intenzioni, come dall’aver Cartesio inventato un nuovo genere di pruove fortissime a dimostrar l’esistenza d’Iddio, non mancò ch’il volesse far passare per ateista: se altro mezzo non v’ha di far ricreder costoro, che quello d’avvilir la mia penna con adulazioni vergognose, ovvero d’assoggettarmi ad uno spirito di partito ridicolo; in tal caso rimangano essi anticipatamente avvisati, che non ho scritto per loro, e che la mia divisa per cotal genia di lettori sarà sempre quel verso d’Orazio: «Odi profanum vulgus, et arceo.»
[9] Due difetti però che più d’ogni altro sformavano il melodramma s’assoggettarono a particolar correzione, l’uno il disordine che regnava nei cangiamenti di scena, l’altro la maniera d’introdurre i cori. […] Carlo Maggi e Francesco Lemene scrissero parecchi drammi ne’ quali se ben l’uno e l’altro partecipano del cattivo gusto nei vezzi soverchi, e ne’ caratteri manierati pur qualche regolarità e qualche gusto ne aggiunsero. […] Lo Stampiglia merita bensì qualche distinzione non già per questo, ma per essere stato uno de’ primi a purgar il melodramma della mescolanza ridicola di serio e di buffonesco, degli avvenimenti intrigatissimi e del sazievole apparato di macchine. […] Per esempio nell’Andromaca, allorché si vede ridotto Ulisse all’estremo di doverne scegliere tra due fanciulli che gli vengono presentati avanti per condannar l’uno di essi alla morte, e ch’egli ignora quale tra loro ne sia il proprio figliuolo, e quale il figliuolo d’Andromaca, sentasi con qual energia s’esprime la madre che si trova presente alla fatale scelta, e che appieno comprende la scaltrezza e la crudeltà d’Ulisse.
L’esperienza giornaliera dimostra che per mille drammatici che tesseranno tragedie regolate ma insipide destinate a morire il dì della loro nascita, a stento se ne incontrerà uno che sappia comporre una farsa piacevole atta a resistere agli urti del tempo, come son quelle di Aristofane o di Moliere. […] Il Domine Lucas è uno studente delle montagne Asturiane sommamente goffo ed ignorante, ed il di lui zio che esercita l’avogheria, non è meno ridicolo. […] Noi ne tradurremo soltanto uno squarcio. […] Se pasa un rato De paseo, otro de juego, Quattro amigos, el teatro, Algun baile, la tertulia, Tal qual partida de campo; Y uno gasta alegramente Lo poco que Dios le ha dado.
Dei primi anni di questa egregia artista, nata a Firenze al principio del 1871, e andata il '77 e '78 a sostener colla Ristori a Parigi e in Ispagna le parti di uno dei bimbi nella Medea e del Delfino nella Maria Antonietta, una delle più intellettuali tra le giovani prime donne del nostro teatro di prosa, così parla Gacc nel Resto del Carlino del 29 novembre 1897 : Scioltasi la Compagnia Ristori, le sventare domestiche cominciarono a sperimentare la tempra del cuore della piccola attrice, educandola alla scuola del dolore.
E l’altra, non men forte per novità e comicità irresistibile, in cui in uno scatto violento, lasciandosi andare a parole e imprecazioni volgari, improvvisa, libero e diritto fin in fondo, una meravigliosa difesa di Elena accusata, oltraggiata da tutti ?
È vero che anche ogni cestaruolo può toccar denari per soldato, ma non seguirà però che l’uno sia Commediante, nè l’altro Capitano. […] Quanto all’indole, pare che egli non fosse uno stinco di santo, se ci diamo a richiamar le scene violente di gelosia artistica fra la Lavinia (Marina Antonazzoni) e la Valeria (….. […] r Flavio per parte sua m’imporrà, che mi governerò, non potendo interesse di odio o di benevolenza farmi bramare nè ricusare più uno che altro compagno, nè ambire a preminenze o negare obedienza.
Capitano L’altro giorno con un sguardo fei stupire uno lombardo, che ammazzai trenta spagnoli tutti armati de pistoli. […] All’articolo Bianchi (De), il Dottore de’ Gelosi, noi vedremo come uno scrittarello dato per cosa del Croce, appartenga realmente al Bianchi stesso. […] Per quanto concerne le prime apparizioni del Capitano in sulla scena, non è male dare uno sguardo alla Farsa satyra morale di Venturino Venturini di Pesaro (prima del 1521), della quale Lorenzo Stoppato pubblica un sunto nel Capitolo V de’suoi saggi — La Commedia popolare in Italia (Padova, 1887). […] Che uno di questi tali dichi, che la Regina di N. muora per lui, questo puol derivare da una pazza opinione fondata su la benignità di uno sguardo ricevuto forsi anche a caso da quella Maestà. […] Il soggetto trattato nella lunetta è il seguente : Il Beato Sostegno uno de’ sette fondatori al secolo chiamato Gherardino I Sostegni dal Beato Filippo lasciato suo general vicario nella Francia vien raccomandato in sieme con la religione di già sparsavisi per opera del I Beato Manetto a Filippo Re in Parigi l’anno M CC LXIX.
Ad eccezione di uno o due personaggi che poco figurano nella multiplicità delle azioni di tal componimento, tutti gli altri sono perversi e scellerati. […] Ed appunto nella prima parte del la favola del Virues accade a Marcella l’avventura d’Isabella che condotta da tre seguaci del suo amante resta in potere di uno di essi preso di cieco amore per lei, che allontanato con un pretesto il più forte degli altri due, ferisce l’altro.
Quanto alle commedie si leggeranno sempre con piacere quelle d’Ottavio d’Isa, degli accademici di Siena, del Malavolti, dell’Altani, la Schiava, l’Ortensio, e i Due Vecchi di don Filippo Gaetano duca di Sermoneta, e l’Idropica del Guarini, gli Scambi del Bulgarini, il Geloso non Geloso di Brignole Sale, la Fiera commedia urbana del giovine Buonarroti, la quale può dirsi uno spettacolo di cinque commedie concatenate in venticinque atti, che si recitarono in Firenze in cinque giorni nel 1618, e la Tancia, semplice; ma graziosa commedia rusticale del medesimo, e la Rosa di Giulio Cesare Cortese, favola boschereccia, in cui si veggono le passioni delineate con somma verità, e delicatezza. […] Si dee anche considerare, che l’intelletto dell’uomo non avendo se non se una misura fissa e molto stretta di quello che si può sapere, perde da una parte quanto acquistai dall’altra; e perciò dice assai bene il dottissimo conte Lorenzo Magalotti «che il capitale del sapere sia stato appresso a poco sempre l’istesso in tutti i tempi, e che la differenza sia consista nell’essersi in un secolo saputo più di una cosa in uno più di un’altra, come quel magazzino che oggi é pieno di spezierie, domani di tele, quell’altro di lana, e va discorrendo; ma di tutte quelle mercanzie non ve n’é mai più di quello che importano i corpi e il credito di quella casa di negozio, che lo tiene in affitto… Bisogna poi ricordarsi, che quello che noi sappiamo adesso, si sapeva tremil’anni fa, e ch’é della Filosofia, come delle mode, che non sono mode, perché comincino a usare adesso, ma perché é un pezzo che non erano usate».
Conservasi nell’Ambrosiana di Milanoa in un codice a penna una commedia di Pier Paolo Vergerio il vecchio, uno degli accreditati filosofi, giureconsulti, oratori ed istorici del suo tempo, nato in Capo d’Istria circa il 1349 e morto nel 1431 in Ungheria presso l’imperador Sigismondo. […] Non per tanto egli è degno di lode, si per essere stato uno de’ primi a tentar questo guado, si per avere dopo del Mussato preso a trattare un argomento nazionale veramente tragico.
Conservasi nell’Ambrosiana di Milano35 in un codice a penna una commedia di Pier Paolo Vergerio il vecchio, uno degli accreditati filosofi, giureconsulti, oratori e storici del suo tempo, nato in Capo d’Istria circa il 1349 e morto nel 1431 in Ungheria presso l’imperador Sigismondo. […] Non per tanto egli è degno di lode, sì per essere stato uno de’ primi a tentar questo guado, sì per avere dopo del Mussato preso a trattare un argomento nazionale veramente tragico.
E ciò fu nel 1830 all’età di ottant’anni : e si racconta, che dovendo egli salire sur una tavola, e non riuscendovi, a uno del pubblico che gli disse forte esser quella troppo alta per lui, rispondeva : « no, sono le quattro ventine che mi pesano. […] Trascrivo il dialogo della sfida tra Scivoli e Bisticcio, pretendente della Villana, uno de’più ingegnosi ch’io mi conosca : Bisticcio.
Nacque a Firenze da uno scorticatore di agnelli, Gaetano Signorini, e da Porzia Piccardi, il 21 febbraio del 1801. […] » S'è detto, più a dietro, che la Pelzet non restò a' Fiorentini di Napoli che uno de'tre anni, pei quali fu scritturata.
D'una magrezza eccessiva, stordita e senza cuore, ispirò il seguente ritratto pubblicato in un libello verso il '79 : « Si può vedere presso la signora Bianchi, detta Argentina, via dell’Amante geloso (titolo d’una delle commedie del d’Hèle), uno scheletro che cammina, mangia, digerisce e dorme come una persona naturale. […] Parea di veder su la scena uno degli antichi Imperatori romani.
Che confusione poteva nascere tra due attori, di cui uno recitava in Italia e l’altro in Francia ? […] Lasciò tre figliuoli, tutti e tre soggetti di bell’ingenio, duoi dottori, uno di legge, l’altro di medicina, et un prete, ma ornati tutti di belle lettere sì in prosa che in versi !
Fu posta in musica da Berton uno de’ migliori allievi francesi del nostro egregio maestro Sacchini, di cui con gran ragione pregiasi la Francia. […] Convenne indi far tacere l’uno e l’altro, finchè il solo Vaudeville forse per certa sua naturale insolenza rimase bandito e sacrificato per alquanti anni. […] Consiste in una serie di quadri l’uno più grottesco dell’altro che eccitano strabbocchevolmente il riso. […] Nè questo nè il buon senno di uno scrittore Francese ha punto giovato a richiamar su quelle scene l’opera eroica all’ imitazione degli uomini da quella de’ demoni e delle furie ballerine. […] «Senza il soccorso delle macchine (dicesi nel Mercurio del maggio di quell’anno) senza l’intervento degli dei si è rappresentato uno spettacolo brillante e maestoso.»
Chalons segretario della regina Maria de’ Medici ritirato a Roano, diessi a leggere le commedie spagnuole, e colpito dall’argomento del Cid di Guglielmo di Castro uno de’ mediocri drammatici della Spagna, ne formò una tragedia. […] Egli è vero che Cornelio trasportando il fatto a Siviglia commise un anacronismo, trovandosi Siviglia al tempo del Cid in potere de’ Mori e non de’ Cristiani (che è il grande errore che esultando insolentemente al solito vi notò il fu Garcia de la Huerta); vero è parimente che Scudery e l’Accademia Francese la censurarono per varj difetti con fondamento, anche per aderire al cardinal de Richelieu che volea deprimerla non avendo potuto farla passar per sua; ma il Cid è uno di que’ felici frutti del genio che s’invidiano e si criticano più facilmente che non s’imitano. […] Nulla più lontano dal carattere del vincitor di Dario e dalla tragica gravità quanto il di lui Alessandro che sembra uno degli eroi da romanzo. […] Racine, al suo avviso, fu uno degl’ ingegni più volgari della Francia (uno de los mas comunes): altro merito non ebbe che l’esatta osservanza delle regole, ed una scrupolosa prolissa pazienza in lavorare stentatamente: mancava di forza, di masculinidad d’ingegno, di vivacità e di fuoco d’immaginazione.
Nevio adunque non solo fu uno de’ primi poeti drammatici, ma il primo epico de Romani. […] L’ufficio del prologo si fa dal Lare famigliare della casa di Euclione uno de’ penati custodi delle case degli antichi. […] Questa scaltra civetta, ovvero arpia, pela a un tempo stesso tre merlotti, uno della villa, uno della città e un altro che viene da’ paesi esteri. […] Lo scioglimento avviene colla riconoscenza del bambino supposto preso da una giovane amata da Dinarco uno degli amatori di Fronesia. […] Egione ha due figliuoli, uno che di anni quattro gli fu rubato da uno schiavo e venduto a uno straniero, e un altro già grande fatto prigioniero da’ nemici.
Una cassa lasciata in deposito nella casa di Crisobolo, la quale dal di lui figliuolo Erofilo innamorato della giovinetta Eulalia vien data in potere di Lucramo padrone di questa bella schiava, forma un groppo ingegnoso, ed adduce senza stento uno scioglimento felice. […] Io gli presento un ritratto del costume italiano di quel tempo della maniera di conversare insieme l’uno e l’altro sesso somministratomi dalla favola del Negromante. […] Al primo egli promette di portare in casa una cassa con un cadavere per fare uno scongiuro; e per preparare la stanza alla finta evocazione, domanda molte ricche tele, argenti ed altre cose di prezzo. […] Coll’argomento poi narrato da un altro attore viene l’uditorio istruito che la favola si aggira sulle avventure di due gemelli nati in Modone, l’uno maschio chiamato Lidio, l’altra femmina per nome Santilla, di forma e di presenza similissimi, i quali dalla presa fatta da’ Turchi della loro patria rimangono divisi sin dalla fanciullezza, e per varii casi, senza che l’uno sappia dell’altro, giungono in Italia, apprendono la lingua del paese, e Santilla vi dimora in abito virile col nome del fratello. […] Per conoscere messer Nicia che avrà la ventura di aver de’ figliuoli, vedasi uno squarcio della seconda scena dell’atto I.
Intanto uno scrittore di quelle contrade che volle anni sono filosofar a suo modo sulle nazioni, supponendo il teatro moderno, specialmente quello del suo paese, superiore all’antico, ne attribuisce l’ effetto alla libertà delle donne, e da questa fa discendere la gran varietà de’ caratteri.
D’indole severa, trattava un poco duramente la moglie Vincenza Gallini-Berttoï ; e giunto all’ultim’ora, uno de’suoi colleghi gli richiamò alla mente i suoi torti, che riconobbe tosto ; e volle, a emendazione quasi di essi, nominar lui legatario universale, a patto ch’egli ne usasse convenientemente colla moglie.
Stringemmo insieme amicizia, avendo bisogno l’uno dell’ altro : io lavoravo per la sua gloria, ed essa dissipava le mie malinconie.
Nelle commedie del Marivaux, come nel Jeu de l’amour et du hasard, essa è padrona e cameriera ; in altre commedie è semplicemente cameriera, o talvolta semplice contadina ingenua, o innocente pastorella, come in Arlequin poli par l’amour, la prima commedia che Marivaux diede agl’ Italiani. » A mostrare in che concetto fosse tenuta la Balletti, basti dare uno sguardo ai vari quadri di Watteau, Lancret, Pater, ispirati dalla Commedia Italiana, nei quali la Silvia è quasi sempre una delle eroine.
Andato a spacciare i suoi unguenti a Milano, e trovato il posto preso dal rivale, per non si morir di fame ricorse a uno strattagemma.
E di quel tempo appunto ci narra, come, sentito un Belisario detestabile, una vera indegnità, promettesse di farne uno pel Casali che l’anno di poi dovea recarsi a Venezia.
Com’era apparsa in su la scena, avea già fatto metà della parte con una figura delle più convenienti al personaggio, con una espressione del volto nobile e serena, con un sorriso incantevole, con uno sguardo affascinante in cui era tutta trasfusa la soavità dell’indole sua.
I suoi molteplici interessi, che lo spinsero a scrivere di arte, scienze, musica, letteratura, traduzione, mostrano l’estensione di un sapere disponibile ed eclettico, che qualifica l’uomo di lettere del XVIII secolo, volto a perseguire uno dei fondamenti della cultura umanistica settecentesca, quello di una letteratura intesa come percorso conoscitivo, strumento comunicativo, veicolo di circolazione delle idee3. […] Le opzioni tematiche sono uno degli argomenti centrali del discorso, perché da esse derivano le scelte drammaturgiche e lo sviluppo dell’azione; il tema non deve essere né troppo attinente alla storia per l’eccessiva severità di alcuni soggetti e per l’incongruenza legata all’accostamento tra soggetti storici, cori e balli e nemmeno essere troppo debitore a un meraviglioso mitologico che richiederebbe, come nel Seicento, troppo dispendio di macchinari e suggerirebbe un’inclinazione eccessiva verso la spettacolarità e l’artificio come avviene nelle opere francesi, dalle quali Algarotti, rifacendosi ad argomentazioni diffuse nella trattatistica di questi anni, prende la distanza. […] L’interesse si è decisamente spostato da una considerazione del quadro complessivo della gerarchia dei generi letterari all’interno della tradizione poetica italiana all’analisi di uno spettacolo in sintonia con i gusti del pubblico, in grado di cogliere le sollecitazioni provenienti dall’esterno e atto a rispondere alla richiesta di una poesia allo stesso tempo formativa e consona a intercettare le passioni umane e ad accompagnare lo sviluppo verso un nuovo umanesimo che pone la sensibilità e lo sviluppo intellettivo dell’uomo reale al centro del discorso. […] Ortes è legato da una profonda e duratura amicizia ad Algarotti, con il quale scambia commenti sulle stagioni teatrali e soprattutto operistiche; il rapporto è favorito anche dal fatto che entrambi gli scrittori si muovono su uno scacchiere europeo, al cui centro ancora una volta si collocano Venezia e Vienna. […] La corruzione dello spettacolo operistico è paragonata a «uno stato sconvolto35», che necessita di una guida che riconduca il teatro allo scopo di educare il popolo alla virtù, come avveniva nel teatro antico.
Qual discordanza tra l’uno e l’altro! […] Dal l’altra parte Saverio Bettinelli gentile sempre e sempre puro scrittore italiano si diede ben poca cura di schivare diversi gallicismib, e talvolta a qualche voce toscana diede il significato francesea, o ne diede uno tutto nuovob, e si valse di voci ch’egli chiama inusitate e strane c. […] Dirò ancora con certa pena che gliel mostrò pure uno straniero, quando gli rimproverò l’aver confuso Errico il Valetudinario di Castiglia con Errico terzo di Portogallo, e di non aver letto nè Tostado nè i Teologi che l’aveano citato.
Quando l’uno e l’altro genere siano trattati con maestria, meritano ugualmente la corona comica. […] Ma quando intende che quella è veramente sua sorella, cade nelle smanie di Edipo senza però oltrepassare i limiti prescritti alla commedia, e la vivacità delle passioni che risveglia questo evenimento, agita e scompiglia la casa tutta, la quale avventuratamente si rassetta col manifestarsi uno scambio accaduto in fasce alla fanciulla, per cui si riconosce per figlia di un altro concittadino. […] Si recitò in Firenze nel medesimo anno in cinque giorni con generale applauso la Fiera commedia urbana del festivo Buonarroti il giovine, la quale è uno spettacolo di cinque commedie concatenate diviso in venticinque atti a.
Vivendo questi due genj insigni nel tempo stesso, parve l’uno nato alla gloria dell’altro. […] Scelto che avea il sovrano uno de’ proposti argomenti, il poeta dava a Lulli la copia del piano eletto, perchè in esso andasse disponendo i balli, le canzonette e i divertimenti. […] ; e diede l’esempio di uno stile maschio nel discorso di Medusa del Perseo cantata nel 1682; Je porte l’épouvante, & la mort en tous lieux &c.
E siccome di arte s’intendeva assai, e siccome, essendo stato attore valente tanto da sostituire talvolta il Modena in alcuna delle sue parti e uno de’ più acuti e profondi critici, quando mena la sferza ha sempre ragione da vendere, dirò anch’io col Morandi : Dio gli benedica le mani e la lingua. […] Ancor che tutta si rimesca la comica falange, d’uno in un altro de’ beati stuoli a vicenda tramutansi pur sempre i dinastici artisti ; e se alcun vuoto tra le file celesti apre il cholera, pronto ad empirlo un suocero, una nuora, od un genero sta. […] Quindi a Perugia non solamente non vi tornarono più nè Demarini, nè Vestri, che pur seguitavano a vivere, l’uno fino al 1829, l’altro al 1841, ma, tranne la Internari e il Taddei, non vi comparvero mai i grandi attori del tempo ; non la Tessero, non la Marchionni, la soave ispiratrice di Silvio Pellico, non il Lombardi, famosissimo per le parti di Orosmane e d’Oreste, non l’attore ed autore Augusto Bon, non il Prepiani, non il Visetti, non Francesco Righetti, non Giacomo Modena, non Gustavo Modena, e più tardi non il Morelli, non il Bellotti-Bon in gioventù, non la Ristori con compagnia regolare.
Andres57, chiamarsi regolare, se la regolarità dipenda dal giusto riguardo per le regole suggerite dalla verisimiglianza, uno essendone il principal personaggio, uno l’ interesse che in lui si rincentra, una l’azione ch’è la morte di Catone, la quale avviene nel dì che spira la Romana libertà all’entrare in Utica i Cesariani. […] Ne risulta non per tanto uno scioglimento non infelice, ma da non compararsi però con altri che con un sol colpo mettono i fatti in tutta la necessaria chiarezza. […] Per esempio egli alle dame e agli zerbini che vengono in bottega, presenta uno specchio, in cui (egli dice) la civettuola può vedere la sua vanità, la bacchettona la sua ipocrisia, non poche femmine più bellezza che modestia, più smancerie che grazie, più spirito che buon senso. […] L’attrice che rappresentò la parte di Polly, che si chiamava Miss Fenton, divenne la delizia di Londra; se ne scrisse la vita, se ne lodarono i bei motti, se ne fecero i ritratti, ed in fine sposò pubblicamente il duca di Bulton uno de’ primi signori Inglesi. […] Presso a questi sono per ogni lato tre colonne isolate di ordine Corintio con tre logge negl’ intercolunnj, de’ quali ognuno ha tre palchetti l’uno sopra l’altro destinati per la famiglia reale.
Arnaud che avendo egli trovato un dì uno di tali uomini originali segnato con tratti caricati, gli si attaccò, e postosi seco lui in un carrozzino l’accompagnò sino a Lione e non l’abbandonò finchè non l’ebbe studiato in tutte le gradazioni di ridicolo che ne formavano il carattere. […] Questo è confessare un debito per negarne uno maggiore. […] Florent Carton Dancourt nato nel 1661 o 1662 e morto nel 1725 o 1726 fu un commediante di mediocre abilità. ed uno de’ buoni autori comici. […] Baltassarino indi chiamato Beaujoyeux, uno de’ migliori sonatori di violino italiano, mandato dal maresciallo di Brisac alla regina Caterina Medici, che lo fece suo valletto di camera, v’introdusse simili balli comici.
Recitò coi celebri Francesco Lombardi e Amalia Vidari ; e il Regli dice che erano tanti gli applausi ch’ egli coglieva da farne geloso il Lombardi stesso ; e aggiunge in fine del suo breve cenno : anch’ esso è uno di quegli attori, di cui si è perduto lo stampo.
Inceder fra i pericoli Baldi di voluttà, Con uno sguardo vincere Le più restie beltà !
Milanese, uno de’più forti artisti moderni per le parti di primo attore, cominciò nel 1867 a gittar la solida base del monumento ch’ei si sarebbe alzato più tardi, in Compagnia di Luigi Pezzana al fianco di Adelina Marchi, dopo di essere stato con Evaristo De Ogna, Michele Sivori e Michele Paone, impresario del Fondo di Napoli.
Fra i documenti che concernon la Compagnia del Duca, ov'era Pantalone, ve n’ha uno del 1681, che comprende la nota della paga per ognun de'comici in sessanta ducatoni d’argento, e queste parole aggiunte : l’anno 1682 gli donò Sua Altezza vinti doble per ciascheduno Comico, et erano in dodici sì che l’ordine fu di doble 240 in tutto, e poi l’ Altezza Sua si disfece della Compagnia.
Oltre ai documenti che riguardano l’accettazione di Zanuzzi in Compagnia a tre quarti di parte e a parte intiera, Campardon pubblica in data 2 febbrajo 1767 la querela di una portinaja contro di lui, certa Anna Angelica Guerrier, perchè, avendo risposto allo Zanuzzi che certa Joinville avea dormito in casa la sera precedente, mentre non era vero, s’ebbe da lui una sequèla d’ingiurie le più atroci e volgari, e l’iterata minaccia di uno schiaffo, al cospetto della gente che s’era andata adunando.
Forse l’orrore di uno che muore per fame, prolongato per cinque atti non permette varietà di situazioni, e rende a poco a poco quasi indifferente il lettore. […] La morte di un re che trasse verso il Tamigi tutta l’ attenzione dell’Europa, è uno de’ pochissimi argomenti proprj del vero coturno. […] L’autore benchè in prosa si vale di uno stile immaginoso e poetico, che però non di rado riesce troppo studiato. […] Et crimine ab uno disce omnes. […] V’ha patria, dove Sol uno vuole, ed obediscon tutti?
Non era bella, ma la mobilità della sua fisonomia era tale, che appariva quello che ella voleva ; il suo sguardo or scintillante, or languido, esprimeva la gioja e il dolore a sua voglia o capriccio : di una mobilità eccezionale : più natura che arte : troppo contenuto in uno sdrucito recipiente. […] Quand’Ella appare, da’suoi labbri move uno spirto d’amore e di pietate, ch’empie ogni petto di dolcezze nove, sì che fa dire altrui : Quei che comparte il ben quaggiù, La diede a questa etate per mostrar quanto può natura ed arte. […] Intanto l’aviso dell’arrivo di Cintio et altri, dove daremo principio in uno di questi Theatri marti V di aprile, con che in sieme con mia moglie divottam. […] VI) : Le meraviglie che mi scrivete, che s’ han fatto molti nell’arrivo della nuova, che Sua Maestà Cesarea m’ ha privilegiato di Nobiltà, non sono così grandi, come son quelle, ch’ io mi fo, quando veggo uno, che per antichità sia nobile, e per natura dissoluto ; dimostrando egli col giuditio, confermando col discorso, e approvando con le opere che molti villani sono più civili di lui. […] VII) : Prima guardarsi di parlar con il popolo, raccordandosi che non vi si prossume persona in quel luoco, se non quello con cui si parla in scena, et se per sorte si parla solo fra sè stesso, si dee andar discorendo, se della sua donna si querella, alla casa di quella si volta gli occhi, se d’amore, se di fortuna, o d’altro, hora il cielo, hora alla terra, et hor in un luoco, et hor nell’altro, e non far come quelli ch’ apostano nel auditorio uno o due amici, et a quelli vanno dicendo le loro raggioni, questo precetto è di tanta osservanza, quanto mal osservato quasi da tutti.
Eugenio é un abate, il quale marita a uno sciocco chiamato Guglielmo una giovane ch’egli ama e fa passar per sua cugina, e finalmente gli scopre il secreto: J’aime ta femme et avec elle Je me couche le plus souvent, Or je veux que doresnavant J’y puisse sans souci coucher. […] Di essa però afferma saviamente uno scrittor francese, che per quanto si esageri dagli zelanti antiquari il merito e l’eleganza di tal componimento, la perdita fattane non apporterà molta pena a chi considera le pietose buffonerie teatrali che si componevano in tal tempo da’ francesi, inglesi, e alemani.
Dice Goldoni : Questa commedia ebbe un bastante incontro, quantunque fosse fatta per averne uno maggiore ; ma Madama Bresciani, che di sua natura era capricciosa un poco ancor essa, credette di vedersi ella stessa rappresentata, e l’umor suo cattivo indeboli la buona riuscita della commedia. […] Ecco l’uno e l’altra : ADDIO Questa è per onor mio la sesta volta, Che me presento a sta benigna Udienza, L’ultima sera a ringraziar chi ascolta, E chi soffre la nostra insufficienza.
Viene Polonio, che prende gravemente a favellare sulla di lui follia, dicendo: Vostro figlio è pazzo, e tale lo chiamo, perchè (a ben riflettere) altra cosa non è la pazzia, se non che uno è interamente matto. […] Di quì non si parte, non vi movete prima che io non vi ponga innanzi uno specchio, in cui ravvisiate il più occulto della vostra coscienza. […] Preventivamente si prepareranno alcuni fioretti colla punta scoperta che sarà avvelenata, e Laerte ne prenderà uno per se, con cui colpendolo lo ferirà mortalmente, e la sua morte si attribuirà al solo caso. […] L’uno dice che ciò stà ben disposto dal giudice; l’altro che stà mal giudicato, perchè ella si è ammazzata da se coll’affogarsi; scena comica bassa. […] Avea egli bisogno di un buffone, ed il prese dal Senato di Roma, dove se ne sarebbe come altrove trovato più d’uno.
Io non ho veduto che uno scherzo del Grazioso Gabriele Cinita in Madrid, il quale solo, in tre picciole scene buffonesche che chiamava atti, rappresentava un’ azione mimica. […] Importa saperlo convertire in proprio sangue e sostanza, ed è questo uno de’ rari pregi del Metastasio. […] Una stravaganza eterogenea uscita nel 1671 in tre atti, ognuno de’ quali contiene un argomento differente, e in uno si rappresenta in iscorcio l’avventura di Didone. […] L’uno osserva la mutazione dell’aspetto dell’altro; e lo spettatore vi ammira un quadro patetico degno del Raffaello della scena tragica: Ses. […] Gli contende gran parte di queste doti e forse tutte uno de’ più illustri nostri poeti, il chiar.
Giova trascrivere uno squarcio del loro dialogo: “Sacon. […] Si avanzò poi alla testa degli attori situati in uno de’ lati del mezzo cerchio un personaggio principale, e declamò alcune parole alla maniera de’ nostri recitativi accompagnandole con gestire assai espressivo, il quale agl’Inglesi parve superiore a’ più applauditi attori del proprio paese. […] Noi recammo nell’opera delle Sicilie uno squarcio del comico Filemone il maggiore tratto dalla commedia del Soldato da noi tradotto, e quì fia bene riferirlo, perchè non s’abbia a rintracciare altrove.
Il dramma è scritto in prosa, ma l’autore vi adopra uno stile immaginoso e poetico che spesso riesce soverchio studiato. […] Non increscerà per avventura a’leggitori di vederne uno squarcio e notare la corrispondenza della versione coll’originale. […] Vi apparisce la selva de’Magi, ed in uno specchio grande veggonsi gli eventi che stanno accadendo altrove a’ personaggi lontani. […] Contansi tra gli attori un Indovino, un Gran Sacerdote, uno Stallone e Chesballèno cavallo che parla co’ nitriti. […] Importa saperlo convertire in proprio sangue e sostanza, ed è questo uno de’ rari pregi del Metastasio.
Può vedersi anche il giudizio portato da uno scrittore Inglese sulla maggior parte delle tragedie di Pietro Corneille nel Giornale di M.
Passò poi di città in città e di trionfo, e in poco tempo fu acclamato come uno dei più vigorosi e più spontanei comici.
ma Prottetrice è Padrona, cento cinquanta Pezze, è si die[de] tredici Pezze per uno ; beuanda, che serui non per smorzare ma per accendere maggiormente là sete à questo Idropico corpo di Compagnia ; Potati che furono à pena i Rami dei Vechio debito, ripulullorno in breue in tanta copia che mossa di nouo à Pietà là Prodiga mano di Sua Altezza Reale hà ritrouato il modo di sradicare questa infruttuosa Pianta.
Nella Galleria de' più rinomati attori drammatici italiani, da cui ho tolto il presente ritratto, è uno scritto di Tommaso Locatelli, il quale dice di lui : Il Lombardi è dotato dalla natura di alta e bella persona, d’una corretta e chiara pronunzia, e di una voce forte e soave, atta in singoiar modo a piegarsi a tutte le infinite varietà di quegli affetti, ch'ei vuole esprimere, e che sa cosi mirabilmente trasfondere negli animi de' suoi uditori.
Carlo Collèt segretario e lettore del duca d’Orleans nato in Parigi nel 1709 è uno de’ Francesi che conservarono la giusta idea della comica giovialità, resistendo alla seduzione del cattivo esempio de’ comici lagrimanti. […] In generale Des Touches è uno de’ buoni comici della Francia, e qualche sua favola riesce dilettevole, e molte interessanti; ma la piacevolezza non è il pregio caratteristico di questo commediografo pregevole. […] Convenendo col sommo critico per la mancanza di piacevolezza ed in certo modo anche di azione, parmi di non potersi negare alla commedia del Mechant il merito di un vivace colorito ne’ caratteri, della buona versificazione e di uno stile elegante e salso. […] La Contessa di Genlis compose due Teatri, l’uno per l’educazione della gioventù, e l’altro di società, ne’ quali si pregiano singolarmente la Buona Madre, la Rosiera, le Generose Nemiche, il Magistrato. […] «L’arte della declamazione (dice uno di essi ironicamente) si è fra noi innalzata ad un punto sublime.
Dee parimente chiamarsi regolare, se la regolarità dipenda dal giusto riguardo per le regole sugerite dalla verisimiglianza, uno essendone il principal personaggio, uno l’interesse che in lui si rincentra, una l’azione che è la morte di Catone, la quale avviene nel dì che spira la romana libertà all’entrare in Utica i Cesariani. […] Ne risulta non pertanto uno scioglimento non infelice, ma da non compararsi però con altri che con un sol colpo mettono i fatti in tutta la necessaria chiarezza. […] Per esempio egli alle dame e agli zerbini che vengono in bottega, presenta uno specchio, in cui (egli dice) la civettuola può vedere la sua vanità, la bacchettona la sua ipocrisia, non poche femmine più bellezza che modestia, più smancerie che grazie, più spirito che buon senso. […] Se ne scrisse la vita, se ne lodarono i bei motti, se ne fecero più ritratti, ed in fine sposò pubblicamente il duca di Bulton uno de’ primi signori Inglesi. […] Sono in essi iscritti undici scalini per la platea, nell’ultimo de’ quali si alza una loggia di pilastri isolati con varie scalinate, e su questa una seconda colle sue scalinate, Sopra i lati della platea attaccati all’orchestra si elevano quattro ordini di logge, delle quali ciascuna contiene tre palchetti, presso a questi sono per ogni lato tre colonne isolate di ordine corintio con tre logge negl’intercolunnii, de’ quali ognuno ha tre palchetti l’uno sopra l’altro destinati per la famiglia reale.
Il Brighella e l’Arlecchino Italiano, e queste ridicolissime stranezze Spagnuole, sono uno sfogo necessario alla plebaglia e alle femmine, che vogliono ridere sgangheratamente delle Maschere Italiane, e de’ Graziosi e delle Graziose, e de los Vejetes Spagnuoli posti fra Diavoli, o trasformati in mille guise sulla scena, o che precipitano sotterra, o che vanno per aria a volo; e convien tollerarle. […] Qual cosa così viene poi riferita dal Grazioso: “Lo que es la paz de Francia fuenotable, “Como suelen tal vez mansas palomas “Embaynarse los picos uno en otro, “Y decirse requiebros en el cuello.” […] Per la qual cosa, mio Signor Lampillas, non piacemi (benchè ciò nè me, nè l’Italia tocchi poco, nè punto), che tanta pompa facciate dell’abbondanza di Lope, e della felicità di schiccherare in uno o due giorni una Commedia. […] Nè crediate, Signor Lampillas, che l’avere egli detto, che non istudiava altri Libri fuorchè il Teatro e il Mondo, significasse, che ad imitazione di Lope egli conculcasse le regole ragionevoli; che questo sarebbe uno de’ vostri farfalloni madornali. […] Siete voi dunque, Signor Abate, uno di quelli che il vostro giudizioso paesano D.
La vittoria li dichiarò per gli comici, se non si riguardi ad altro che al merito dell’invenzione, e al piacer che produce la novità degli argomenti; imperciocché i tragici traevano i propri dalle favole di Omero e dalla mitologia assai ben nota; e i comici che provvedeansi nella propria immaginazione, presentavano uno spettacolo tutto nuovo. […] Il luogo dell’azione non é uno; da che Trigeo si vede prima in Atmone, indi in aria, e finalmente in certe balze. […] Or perché eccitato una volta in qualunque guisa lo spirito filosofico, rinasce l’ordine, e ogni cosa rientra nella propria classe, il gabinetto allora si separò dal teatro, e più non si agitarono questioni politiche in uno spettacolo di puro divertimento. […] In mezzo a tanti magnifici spettacoli scenici ne troviamo uno assai puerile. […] Il pensiero dell’erudito autore é brillante, a dir vero, ma non altro che brillante; e l’espressioni mentovate sono pure esagerazioni d’uno zelo virtuoso che aspira al miglioramento de’ teatri moderni, i quali in fatti esser dovrebbero le vere scuole pubbliche della gioventù.
Muovasi un Polifonte per ambizione all’esterminio della famiglia di un re legittimo, o apporti un Paride per la bellezza d’un Elena le fiamme nella sua patria, un ingegno grande farà servir l’uno e l’altro affetto per destar commozioni proprie della tragedia. […] Dancourt, morto nel 1725, fu un commediante di mediocre abilità, ma può passare per uno de’ migliori autori. […] Baltassarino, colà chiamato Beaujoyeux, uno de’ migliori violini italiani, mandato dal marescial di Brisac alla regina Caterina de’ Medici, la quale lo fece suo valletto di camera, vi avea introdotti i balletti comici. […] Freron nel mese di giugno 1769, ove trovasi questo giudizio portato da uno scrittore inglese sulla maggior parte delle tragedie di Pietro Corneille. […] Alessandro Magno, uno degli uomini più maravigliosi che ci offra la storia antica, par che non abbia incontrato troppo buona forte in Francia; imperciocché il signor Racine nella sua tragedia ne fece un damerino francese, e Giambatista Rousseau in un’ode celebrata da’ suoi nazionali ne fa l’ultimo degli uomini.
L’esperienza giornaliera dimostra che per mille drammatici che tesseranno tragedie regolate, ma insipide destinate a morire il dì della loro nascita, a stento se ne incontrerà uno che sappia comporre, una farsa piacevole atta a resistere agli urti del tempo, come son quelle di Aristofane o di Moliere. […] Il Domine Lucas è uno studente de’ monti Asturiani sommamente goffo ed ignorante; ed il di lui zio che esercita l’avogheria, non è meno ridicolo. […] Nel 1770 usci in Madrid la commedia intitolata Hacer que hacemos, cui noi potremmo dare il titolo di Sex Faccendone, di uno che vuol mostrarsi sempre affaccendato, ma che nulla ha da fare. […] Se pasa un rato De paseo, otro de juego, Quattro amigos, al teatro, Algun baile, la tertulia, Tal qual partida de campo; Y uno gasta alegramente Lo poco que Dios le ha dado. […] Nè l’uno nè l’altro è nel caso di effettuare tali nozze non avendo danari pel bisognevole.
L’Heregia dels Preyres è il titolo rimastoci di uno de’ dialoghi del Faidits, che si vuole che fosse una commedia da lui recitata in Italia stando al servigio del Marchese Bonifazio da Monferrato. […] In conseguenza coll’ usata sua moderazione e dottrina ribatte la comune opinione adottata da uno de’ nostri più accreditati scrittori il chiar. […] Lampillas per mostrare che gl’ Italiani erano a que’ tempi ignoranti e barbari nella lingua latina, adduce uno squarcio di una lettera di Adriano I pieno di solecismi stampato dal Mabillon. […] Abate giudica della legislazione Italiana sulle pene del ladro di un cane e di uno sparviere; nè ciò bastandogli attribuisce a’ Longobardi alcuna legge di altri popoli, cioè de’ Borgognoni. Ecco però la vera pena stabilita nelle leggi Longobarde contro del ladro di uno sparviere: Si quis de gajo regis accipitrem tulerit, sit culpabilis solidos duodecim.
A sei anni, trovandosi la madre in Napoli colla Compagnia di Salvatore Fabbrichesi, fu messa in uno de’ primi educandati francesi, dal quale, morto il padre, uscì a tredici anni, per entrare a sostener le parti di amorosa nella Compagnia Reale di Napoli diretta dal Fabbrichesi stesso, di cui facevan parte Giuseppe De Marini e Luigi Vestri, attori massimi del lor tempo, che, affezionatisi alla fanciulla ben promettente di sè, l’avviarono, e l’addestrarono a quell’arte in cui non ebber rivali, e in cui ella, recitando a Padova colla Compagnia, provocò il seguente articolo che traggo dalle Varietà teatrali del ’24 (Venezia, Rizzi) : Bettini figlia…. giovinetta di 15 anni, di leggiadra figura, di volto avvenente, di bei modi, non iscarsa di grazie, e solo da un anno al drammatico esercizio educata, ella supera sè medesima, e porge altissime speranze di pareggiare ben presto le decantate prime attrici, che l’han preceduta. […] Il 14 gennaio 1838 Camillo Ferri da Milano propone alla Bettini il posto di prima attrice assoluta nella propria Compagnia alle stesse condizioni che ha col Nardelli, e soggiunge : Mi si dice che quest’ultimo non prosegua oltre il 39 ed è perciò che le avanzo questa proposizione, in caso contrario mi guarderei bene dal tentare di rapirle uno dei primi ornamenti dell’ arte nostra. […] Le prime 4 commedie e le prime 4 tragedie a tua scelta ed oltre de’ riposi che dà la piazza, uno d’obbligo alla settimana…… L’11 aprile 1838 il Gottardi da Torino torna alla carica, ed, autorizzato anche dal suo futuro socio Domeniconi, le propone il posto di Iª attrice assoluta dalla quaresima del 1840, l’onorario di 12 mila lire austriache divise in tante mezze mesate anticipate, ed il compenso di mezza serata per piazza ad uso comico. – Dispensa dalle recite doppie – una recita per settimana di tutta vostra scelta. […] Roma, 1886), abbiamo un sonetto italiano e uno in dialetto di Gioacchino Belli, un’ode di Giovanni Prati, e lettere del Belli, del Niccolini, del Pellico, del Rossini.
Il ’30-’31 egli era per la stagione di autunno e carnevale in uno de’teatri di Roma, in società con Giacomo Job ; poi, preso parte ai moti di quell’anno, fu guardia nazionale a Bologna, volontario dragone ad Ancona sotto il generale Zucchi, compagno d’ armi del conte Giuseppe Mastai a Sinigaglia, poi….
Forse l’uno e l’altro esagerarono le tinte ; ma io credo assai meno quello di questo.
Poco dopo Cammilla fu accettata nella Compagnia con uno stipendio fisso, e con la promessa di mezza parte, pei ruoli di amorosa e ballerina, a cui aggiunse nel 1759, dopo l’allontanamento di Corallina, quello di servetta.
Nel 1606, Paolo Quagliati, celebre compositore romano, fece colà vedere uno spettacolo consimile per istigazione di Pietro della Valle assai noto pe’ suoi viaggi. […] D’allora in poi quella città fu sempre uno de’ principali seggi del dramma, e qui si rappresentava colla pompa più illustre, massimamente nel Carnovale a fine di tirare a se l’oro de’ forestieri. […] La Dutha, o Schvreraan, composto di due flauti, uno più grande e più piccolo l’altro, ma di tre fori ciascheduno.
Egli si scatena contra di lui come il primo corruttor del Teatro; però la corruzione suppone uno stato di sanità e perfezione anteriore; ma qual era il Teatro Spagnuolo prima di Lope? […] Né l’uno né l’altro si avvide che un può essere in buona Loica mai non produce per conseguenza un é. […] Quelli versi annunziano tutt’altro che uno scrittore sotto per calzare il coturno nella prima gioventù.
I Mimi de’ Latini furono picciole farse buffonesche usate da prima per tramezzi che poscia formarono uno spettacolo a parte, avendo acquistato molto credito per l’eccellenza di alcuni poeti che ne scrissero, e molta vaga per la buffoneria che gli animava, e per la sfacciataggine delle mime. […] Col vestito di uno schiavo che era bastonato, gridava fuggendo, Porrò, Quirites, libertatem perdimus; Ed aggiunse appresso, Necesse est multos timeat, quem multi timent; al qual motto si rivolse il popol tutto a mirar Cesarea. […] Batillo favorito da Mecenate giunse a far bandire da Roma e dall’Italia il suo emulo Pilade, benchè Suetonio ci dica esser costui stato esiliato, per avere dalla scena mostrato a dito uno degli spettatori che lo beffeggiava.
I mimi de’ latini furono picciole farse buffonesche che usaronsi da prima per tramezzi, e poscia formarono uno spettacolo a parte, avendo acquistato molto credito per l’eccellenza di alcuni poeti che ne scrissero, e molta voga per la buffoneria che gli animava, e per la sfacciataggine delle mime. […] Col vestito di uno schiavo che era bastonato, gridava fuggendo, Porrò, Quirites, libertatem perdimus. […] Batillo favorito da Mecenate giunse a far bandire da Roma e dall’Italia il suo emulo Pilade, benchè Suetonio ci dica essere costui stato esiliato, per avere dalla scena mostrato a dito uno degli spettatori che lo beffeggiava.
Imbarcati a Napoli sopra uno Scunner con tempo cattivo, dopo un’orribile traversata, il capitano fu costretto rifugiarsi nel piccolo porto di Milazzo. […] Il ’55 a Vercelli mette su uno spettacolo, I briganti calabresi, pel quale s’ingolfa in un mondo di spese : ma lo spettacolo fa furore, un forte guadagno è assicurato ; ed eccoti l’arena di legno, terminato appena lo spettacolo, tutta in fiamme, ecco ogni cosa letteralmente distrutta.
Neanche Parigi volle sapere delle commedie di buon gusto ; e prima ancora di aprire il teatro, egli dovette obbedire, e cedere alle voglie del pubblico, che non si aspettava dagl’ italiani se non uno sregolato riso. […] Il 20, fu pubblicato un ordine del Re, col quale la Compagnia Italiana era ufficialmente stabilita ; e lo stesso giorno si recitò la commedia a soggetto Arlecchino buffone di Corte, che destò vero fanatismo, a segno che le Dame si credettero in dovere di studiar l’italiano ; coloro che l’insegnavano, diventaron di moda, ed era di somma eleganza averne la sera uno in palco, il quale spiegasse il lavoro.
Ifigenia in Aulide è uno degli argomenti da Euripide maneggiati con forza e bellezza particolare. […] Ma egli rappresenta un’ armata divisa in due partiti pronti ad azzuffarsi, uno de’ quali è retto dal l’iracondo Achille. […] E che importa che una situazione ben dipinta si collochi più in uno che in altro atto, purchè sia ben preparata, e se ne comprenda tutta l’arte e la vaghezza? […] Termina Le Batteux questo giudizioso eccellente parallelo con attribuire alle nazioni il diverso carattere del l’uno e del l’altro poeta. […] Discordarono gli antichi nel dar la preferenza ad uno de’ tre lodati gran tragici, Eschilo, Sofocle, ed Euripide.
Alfonso ed Inès ne hanno uno particolare non pur diverso ma opposto che solo nel fine si ricongiunge. […] Artaserse nella stessa favola è un carattere incerto, e più di uno lo reputerà stolto o maligno nel giudicar suo Fratello. […] La quarta scena dell’atto IV tra Erode e Marianna mostra egregiamente il bel contrasto degli affetti di uno sposo pieno di sospetti e di crudeltà ma sensibilissimo ed innamorato, e di una consorte la di cui virtù non si smentisce mai. […] perchè disporre senza bisogno che uno di essi truciderà Bajardo e l’altro Gastone? […] Voltaire afferma ch’egli nel medesimo anno ne produsse due uno in versi che si rappresentò, l’altro in prosa non mai recitato.
Lattuertas La Huertas p. 176. v. 24. deturpano deturpava p. 177. v. 17. e due o due p. 177. v. 31. fuor dubbio fuor di dubbio p. 187. v. 25. che fanno che fa uno p. 199. v. 11. di buon secolo di un buon secolo p. 200. v. 12. così a loro soggetti così dediti a’ loro Soggetti p. 201. v. 11. di fatti de’ fatti p. 209. v. 1. dos edificies dos edificios p. 209. v. 5. hyzo hizo p. 210. v. 6. e si osserva se si osserva p. 220. v. 5. hosarascas hojarascas p. 221. v. 17. la felicità la felicita
Il primo che pensò a costruirne uno stabile di pietra, fu Pompeo, e l’eseguì nel suo secondo consolato che esercitò insieme con M.
Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, ed appresso montarono sudi un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a tal nuovo devoto divertimento.
Il primo che pensò a costruirne uno stabile di pietra, fu Pompeo, e l’eseguì nel suo secondo consolato che esercitò insieme con M.
Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, e di poi montarono su d’un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a questo nuovo devoto divertimento.
Nel 1750, ossia dopo le accennate rappresentazioni di Varsavia, apparve a Stuttgart una specie di contributo alla Storia e alla prosperità del Teatro, in cui è uno schizzo critico sugli artisti della commedia, che il lettore troverà al nome di ciascun d’essi.
Preso d’amore ardente per l’attrice Assunta Perotti, lasciò Venezia, ed entrò in quella Compagnia, diventandone in poco tempo uno de’principali ornamenti e come attore e come poeta.
Comparso alla ribalta quando il periodo eroico del teatro italiano era sul tramontare, non si lasciò prendere dal tono enfatico, dal fare atteggiante all’eroico de’comici più in voga del suo tempo, ma si accostò per intuito forse delle nuove esigenze, ma senza dubbio per sentimento individuale, a quegli attori come il Bellotti-Bon, per dirne di uno, che prepararono il gusto attuale della recitazione semplice della commedia.
Giuseppe Pietriboni fu anche uno de' più coraggiosi capocomici.
Se il solito spazio tiranno non mi impedisse di volgere al fine, molti ed interessanti aneddoti potrei narrare ; mi limiterò al seguente, che fa comico contrasto a'molti atti veramente eroici, ai quali si lasciò non di rado : Si provava un dramma in cui il Pilla doveva lottare con uno degli interlocutori e soccombere.
Gli ordinò anche la china ; ma Vitalba, dubbioso del merito reale del medico, giovanissimo, ricorse a uno rinomato, il quale trovatagli una ostruzione al ventre, gli ordinò sei pillole ogni mattina per dieci giorni.
E qui la gentile autrice riferisce l’aneddoto di un giovine autore, spigliato nell’andatura, baldanzoso nell’atteggiamento del capo eretto e leggermente gittato all’indietro, il quale, presentatosi alla Vitaliani, e proferito il nome di uno de'più noti e ricchi negozianti di Torino, le porgeva un copione di commedia, ch'ella respinse con lieve moto della mano diafana, dicendo poscia lentamente : « Ah !
Oziosa domanda, perchè essi non si direbbero mai compagni di uno che egli abborrisce. […] Il re condiscende, e di più a scelta di Germondo, che ciò non richiede, concede ad uno di essi la libertà. […] Non ha egli concesso a Germondo uno de’ due prigionieri libero? […] Si apre con un soliloquio di Geldippe che si figura di vedere uno spettro. […] Elfrida con uno stile minaccia di svenarsi.
Enrico corre fralle fiamme, ma torna colla funesta notizia di esser l’uno e l’altra mortalmente feriti. […] La morte di un re che trasse verso il Tamigi tutta l’attenzione dell’ Europa, è uno de’ pochissimi argomenti proprii del coturno. […] Oramzeb e Maometto fanno confidenza delle proprie scelleraggini ed insidie, l’uno a Jelma, l’altro a Zopiro. […] V ha patria, dove Sol uno vuole, ed obediscon tutti ? […] Nell’ ingegnoso Martelli hanno gl’ Italiani non solo uno de’ primi ristoratori della loro tragedia, ma uno de’ più eccellenti Satirici del XVIII secolo.
Il nolano Luigi Tansillo celebre poeta fu il primo nel secolo XVI a produrre una specie di pastorale, I Due Pellegrini a, componimento scenico che nella famosa cena data da don Garcia de Toledo a donna Antonia di Cardona in Messina si rappresentò nel 1529 b, fu ben diffinito dall’abate Maurolico quasi pastoralis ecloga, avendo in effetto non poco dell’ecloga, se non che se ne allontana per contenere un’ azione compita che ha un nodo ed uno scioglimento di lieto fine. […] Un oimè che esce dalla becca di Aminta assicura Silvia della vita di lui: uno sguardo volto a lei che gli bagna il volto di lagrime, fa certo Aminta dell’amore e della vita di Silvia. […] L’azione rappresenta la vendetta presa da Amore di due anime superbe che lo bestemmiavano, Tirsi pastore ed Ardelia ninfa, facendo che l’uno arda e non trovi loco Per amor di Mirtilla, e l’altra avvampi Per sua pena maggior di se medesma; ed in fatti nell’atto IV si vede Ardelia divenuta un novello Narciso che si vagheggia in un fonte. […] Il guerriere con cui è ita Erminia, era Vafrino, e l’uno e l’altra riconoscono il ferito; ed Erminia dopo averlo pianto come morto, si avvede che è vivo, e ne imprende la guarigione.
Mal si confarebbe ad un Socrate, ad uno stoico di viso arcigno, che scevro da ogni commozione d’affetto mi chiudesse in un’arietta quattro apotegmi del liceo. […] Male ad uno statista, ad un avaro, ad un politico, a que’ caratteri insomma, che capaci solo di passioni sordide, o cupe, e per interesse, o per le circostanze divenuti guardinghi, non sciolgono giammai l’animo ad un ingenuo, e facile trasporto. […] Cotale studio suppone nell’ambizioso uno spirito d’osservazione, e di sistema capace di rilevar la connessione delle cause coi loro eventi, e di risalire fino ai principi. […] L’opera non è, o non dovrebbe essere, che un prestigio continuato dell’anima, a formare il quale tutte le belle arti concorrono, prendendo ciascuna a dilettare or l’uno l’altro dei sensi. […] L’Imperatore Carlo VI cui l’Italia è debitrice in gran parte della sua gloria drammatica, era uno di que’ Signori a’ quali non aggradavano gli spettacoli sanguinari, non volendo che il popolo tornasse a casa scontento dal teatro10.
Artaserse nella stessa favola è un carattere incerto, e più d’uno lo reputerà stolto o maligno nel giudicar suo fratello. […] Othello s’inganna con un fazzoletto, Orosmane con una lettera; l’uno e l’altro ammazza la sposa e poi si uccide. […] Ma l’istesso Palissot che mostrò all’apparenza di esserne uno, convenne che il rimanente delle sue produzioni drammatiche non corrispose ai voti de’ suoi amici. […] perchè disporre senza bisogno che uno di essi truciderà Bajardo e l’altro Gastone? […] Vi sono per essi tre sedie nere su di uno strato nero ancora.
Quando con ardir felice il Rinuccini accoppiava al dramma una musica continuata, e chiamava l’attenzione dell’Europa con uno spettacolo, che tutte raccoglieva le sparse delizie che parlano efficacemente a’ sensi quando, dico, nacque l’Opera, l’Italia trovavasi ricca di opere immortali di pittura, scultura ed architettura. […] Or qual meraviglia che uno spettacolo, in cui poteva trionfare l’eccellenza di tanti valorosi artefici, venisse nelle prime città Italiane a gara accolto e coltivato? […] Coltivò ancora il dramma musicale, e ne compose uno assai allora applaudito nelle nozze di Michele Porretti principe di Venafro e di Anna Maria Cesi fatto rappresentare con magnificenza reale.
Dicesi che era uno scrittore capriccioso che talvolta attribuiva ad altri le proprie produzioni, e talvolta si appropriava le altrui, cioè quelle di Omero di Esiodo, della qual cosa viene da Camaleone incolpato.
Lo secondarono con debolezza alcuni scrittori; ma in vece di tener dietro alla luce permanente de’ buoni esemplari imitati da Opitz, essi corsero appresso ad uno splendore efimero che gli abbacinò e fè loro perdere le tracce del buon sentiero.
Lo secondarono con debolezza alcuni scrittori, ma in vece di tener dietro alla luce permanente de’ buoni esemplari imitati da Opitz, corsero appresso a uno splendore efimero che gli abbacinò.
Gli succedette il nostro celebre Traetta, e l’uno e l’altro ebbe 3500 rubli di paga.
Ecco le parole del Brofferio al proposito di un suo lavoro giovanile, La saviezza umana : …… Bazzi ponea mano alla rappresentazione ; e allora la commedia era sua, allora con uno zelo, con un amore, con una intelligenza che non era in altri che in lui, metteva tutto in movimento, e l’autore vedeva sotto i suoi occhi trasformarsi quasi per incantesimo il proprio lavoro, e i suoi pensieri si animavano, il suo dialogo si vestiva di arcane significazioni, le sue scene si succedevano cosi naturalmente che era una maraviglia, e i suoi personaggi si sentivano trasfuso nelle vene tanto sangue che il medico avrebbe perduto il suo tempo.
Ma senza dubbio esse dovean ricercarsi nella soverchia dimestichezza che il Coralli aveva con Teodora Ricci, moglie del Bartoli ; dimestichezza che fece montare su tutte le furie il Sacco, vecchio ottuagenario, che della giovane artista era bestialmente invaghito, e che assalì con mortificazioni e sgarbi di ogni specie il Coralli, il quale dovè ricorrere alla protezione del Gozzi : e sarebbe rimasto senza dubbio in compagnia, nonostante l’ invelenimento del Sacco, se, pel timore di essere definitivamente scacciato, non avesse ricorso a uno strattagemma volgare di cui fu vittima un bravo e onesto comico della compagnia.
Aveva sposato a Bologna il 31 marzo 1653 Elisabetta Giulia Della Chiesa, non comica (in francese si firmava De l’ Eglise e in italiano La Gieza), che gli morì a Londra il 1675 in uno dei due viaggi che la Compagnia fece in Inghilterra col permesso della Corte di Francia.
L’Heregia dels Preyres è il titolo rimastoci di uno de’ dialoghi del Faidits, che si vuole che fosse una commedia da lui recitata in Italia stando al servizio del marchese Bonifacio da Monferrato. […] In conseguenza coll’usata sua moderazione e dottrina ribatte la comune opinione adottata da uno de’ nostri pregiati scrittori qual è il chiarissimo Carlo Denina. […] Lampillas per mostrare che gl’Italiani erano a que’ tempi ignoranti e barbari nella lingua latina, adduce uno squarcio di una lettera di Adriano I pieno di solecismi stampato dal Mabillon. […] Ma il sig abate giudica della legislazione Italiana sulle pene del ladro di un cane e di uno sparviere ; nè ciò bastandogli attribuisce a’ Longobardi alcuna legge di altri popoli, cioè de’ Borgognoni. Ecco però la vera pena stabilita nelle leggi Longobarde contro del ladro di uno sparviere: Si quis de gaio regis accipitrem tulerit, sit culpabilis solidos duodecim.
Male si scusa il poeta con dire che non lo crede capace di far cattiva impressione, perciocché viene proposto come uno scellerato abominevole. […] M’uccida uno di voi e mi vendichi l’altro. […] Inoltre perché fingere che cento braccia sieno per ferirlo in una fiata, mentre bastava uno o due soli? […] Nello stesso 1738 il Salìo da parte sua si diceva convinto che il Paragone fosse stato scritto da uno svizzero o da un tragediografo italiano di scarsa fama. […] L’uno, per qual ragione voglia Aristotile che l’huom si privi della compassione, che è cosa, come dice il Boccaccio, cotanto humana.
Nel medesimo tempo che Martelli, emulando i Francesi, riusciva più secondo il gusto moderno, e arricchiva le nostre scene, il dotto GianVincenzo Gravina calabrese, uno de’ gran promotori del buon gusto e dell’erudizione, pose tutto il suo studio a contraffare i greci e scrisse in tre mesi cinque tragedie, il Palamede, l’Andromeda, il Servio Tullio, l’Appio Claudio, e ’l Papiniano. […] Alonso Varano di Camerino é uno de’ tragici, di cui l’Italia si può gloriare a ragione. […] L’altra donna che vogliamo accennare, é la signora Maria Fortuna che ha già fatto stampare la Zaffira e la Saffo, due tragedie in versi sciolti, nelle quali vi é il pregio di uno stile fluido e purgato. […] Ha bisogno che Tito faccia uno sforzo e rimandi Berenice, per risvegliare quella speranza di Vittelia, ma che poi elegga egli per consorte, chi? […] L’uno osserva la mutazione dell’aspetto dell’altro, e lo spettatore vi ammira un quadro sommamente patetico; Sest.
Erode Ascalonita ne edificò uno assai grandioso in Gerusalemme162. […] Era Tiberio uno de’ principi più avversi allo spettacolo teatrale. […] Eliogabalo distribuì le maggiori dignità a’ pubblici ballerini; molti di essi destinò procuratori delle provincie; uno ne pose nell’ordine de’ cavalieri, un altro nel senatorio; un altro che da giovane avea rappresentato nella medesima città di Roma, fu da lui creato prefetto dell’esercito177. […] Dopo il Cocalo ed il Pluto di Aristofane, e le favole de i di lui figliuoli, vennero ad illustrar questo genere gli Apollodori, l’uno e l’altro Filemone, Difilo, Demofilo, e più di ogni altro Menandro che divenne la delizia de’ filosofi e ’l modello di Terenzio, e fu il primo a cui la grazia comica si mostrasse in tutta la sua beltà.
Fecesi da uno scultore Toscano in Roma la statua di Giove Capitolino sotto Tarquinio Prisco.
Dalla prima di esse appunto traggo parte della scena di introduzione, che è uno de’ soliti assalti amorosi, e non certo una meraviglia del genere.
Madre di due pittori di grido, è assai probabile ch’ella fosse da uno di essi serbata ai posteri in una immagine che ne offerisse i tratti caratteristici, e soprattutto togliesse ogni dubbio sulla maggiore o minor sua bellezza, sulla quale i pareri furon diversi, come abbiam visto nell’anonimo critico tedesco, e come vediamo in Carlo Goldoni, che chiama la Zanetta (Mem.
In uno stile gonfio e reboante, con mescolanza di prosa e versi rimati, son le solite scene vuote, retoriche, in cui si passa dal furore all’amore colla maggior tranquillità del mondo, senza ombra di gradi.
Ermete Novelli, uno dei pochi, il solo forse, veramente capace d’intendere quella recitazione tutta impulsi, senza un fil di meccanica, dettò nel Fanfulla domenicale del 31 gennaio '92, poco dopo la morte di lei, un articolo ricco di commovente entusiasmo, da cui mi piace, per chiuder degnamente questo mio, stralciare un brano, che si riferisce a una recita di Fernanda al Margherita di Genova per la famiglia di Carlo D'Antoni.
La fama m’ha fatto intendere l’avventurosa unione di due amanti così degni di vivere l’uno per e altro, e il mio cuore, rammentandosi le sue passate gioie, ha per la prima volta sentito un movimento di piacere. […] [35] La seconda parte della festa conteneva uno spettacolo non meno singolare. […] Dopo averle offerte alla principessa, ed eseguito un ballo modesto e nobile, Bacco scortato da vari cori di satiri, sileni ed egipani, diè come pimento con una danza animata e grottesca ad uno dei più magnifici e sorprendenti spettacoli che abbia mai veduto l’Italia. […] Gl’Incas del Perù furono quasi tutti poeti e musici ne’ primi tempi, e qualche poema ci resta tuttora composto da uno di essi. […] Sì, lo torno a dire di quella imitazione cioè immediata ed intrinseca, che caratterizza uno stesso spirito ed una origine stessa; non di quei rapporti universali, che nulla provano, perché provano troppo, e sui quali il Signor Abbate inalza la sua fabbrica rovinosa.
Ora in niuno di cotai luoghi potea impararsi dai primi cristiani la musica, perché l’uno, e l’altro erano a loro religiosamente vietati, siccome domicili di gentilesca superstizione, e di disonestà. […] Teodorico il compiacque, mandandogli uno de’ più valenti che vi fossero, e soggiungendo che glielo spediva affinchè «temperasse colle soavi modulazioni i feroci petti de’ gentili». […] [NdA] In un’opera recente, di cui per alcuni motivi si tace il titolo e l’autore, si mostra gran dispiacere e maraviglia di ciò che dissi in questo luogo della filosofia, e (come avviene quando s’ha più cura di render odioso uno scrittore che d’esporre le cose nel suo genuino aspetto) si è trasferita la mia proposizione dal senso particolare della filosofia applicata agli oggetti religiosi ad un senso tutto diverso, cioè a quello della filosofia, che seguendo il corso delle nazioni forma la partizione delle Opere ragionate. […] [NdA] Per esempio nel seguente motteto uno de’ più famosi tra quelli dell’antica musica: «Peccavi, Domine, miserere mei: te diligit anima mea: te quaesivit cor meum. […] Imperocché il primo inciso “Peccavi, Domine, mi severe mei” tutto spirante compunzione e mestizia è d’indole affatto diversa del “te diligit anima mea”, nel quale spicca, un’amorosa tenerezza, come il “te quaesivit cor meum”, ch’esprime uno slancio d’amore, non ha niente che fare col “demitte culpas”, che si dovrebbe render in tuono d’umiliazione.
Essa é verseggiata con rime rare e libere per la maggior parte; benché qualche osservatore spigolistro non lascerà di notarvi in certe scene uno scrupoloso accordamento di consonanze alla maniera delle nostre canzoni. […] Pantalone era un mercante veneziano, il Dottore un curiale bolognese, Spavento un tagliacantone, Coviello un furbo, Pascariello un vecchio goffo, sconnesso, e inconcludente nel parlare, tutti tre personaggi napoletani, Pulcinella un buffone dell’Acerra, Giangurgolo un villano di Calabria, Gelsomino un lezioso romano, o un Zima fiorentino, Beltramo un semplice milanese, Brighella un raggiratore ferrarese, Arlecchino uno sciocco malizioso di Bergamo159. […] Sia poi che ’l nobile fiorentino Ottavio Rinuccini (il quale fu gentiluomo di camera d’Errico IV re di Francia, e non commediante, come dice ne’ suoi Giudizi il Baillet, ripresone a ragione dal Bayle) s’inducesse per l’esempio del Vecchi a formar del dramma e della musica un tutto inseparabile in un componimento eroico e meglio ragionato, o sia che le medesime idee del Vecchi gli sopravvenissero senza che l’uno sapesse dell’altro, egli é certo che ’l Rinuccini col consiglio del signor Giacomo Corsi intelligente di musica mostrò all’Italia i primi melodrammi regolari, la Dafne, l’Euridice, e l’Arianna. […] Diderot, uno de’ più renomati filosofi moderni della Francia165. […] I) o crederebbesi, per meglio dire, uno di que’ Caffri o Sciscimechi, che sono tanto balocchi e stolidi, e tanto incapaci a pensare combinare, che paiono anzi macchine semoventi, che animali ragionevoli.
Naturalmente, io e i miei siam pronti a recitare ; e non avete che a fare un cenno, secondo il vostro diritto, perchè io corra a dare gli ordini. » Prima un silenzio glaciale, poi uno scoppio di risa accolse lo strano invito ; ancora qualche parola del Vestri, ancora qualche titubanza del pubblico ad accettare. […] Carlo Cosenza ; L'Odio ereditario pur di Cosenza ; Dev'esser uno e sono quattro, traduzione di Filippo Casari ; Gli Eredi della WaisenThurn del Teatro Imperiale di Vienna ; Il Benefattore e l’ Orfana di Nota ; Il Medico e la Morte ; La Bottega del Caffè di Goldoni ; La Serva amorosa di Goldoni ; Filippo di Scribe ; Malvina di Scribe ; La famiglia Riquebourg di Scribe ; La Leggitrice e il Cieco ; Don Desiderio del Giraud ; Il Poeta fanatico di Goldoni.
Si lodano bensì dai maestri dozzinali, ma non si studiano, non s’imitano le opere dei sommi compositori della trascorsa età, ciascuno vuol esser originale da sé ed aprirsi delle vie novelle, le quali non trovandosi se non se nella ricerca della natura ch’essi non conoscono, e nella profonda meditazione di cui sono incapaci, la loro invenzione ad altro non si riduce che ad uno stile capriccioso, ad un falso raffinamento che lusinga la loro vanità, e che rovina intieramente la musica. […] [6] Tra il fracasso dell’armonia, tra i tanti suoni accavallati l’uno sopra l’altro, tra i milioni di note, che richieggono il numero e la varietà delle parti, qual è il cantore la cui voce possa spiccare? […] Avvegnaché tutte l’affezioni dell’uomo non siano che altrettante modificazioni della fisica sensibilità, e che a siffatto riguardo esse non parlino che un solo linguaggio cioè quello del piacere o del dolore; tuttavia nella maniera d’esprimer l’uno e l’altro ciascuna si crea un particolare idioma composto d’inflessioni e d’accenti diversi da quello d’ogni altra. […] Basta gettar uno sguardo sulle carte loro per chiarirsene ad evidenza di tutto il contrario. […] [50] La vanità, di cui è proprio il rinunziar ad una folla di piaceri per meglio assaporare il maggiore di tutti ch’è quello di farci credere superiori agli altri, è il motivo altresì per cui molti si compiacciono d’uno stile ricercato e difficile.
Roma stessa vantò un Lelio e uno Scipione Affricano come coadjutori di Terenzio, un Cornelio Silla dittatore, il gran Germanico, e Cajo Claudio imperadore scrittori di commedie; Giulio Cesare, Cesare Augusto, Tito Vespasiano, e Mecenate e Vario e Ovidio e Lucano e Stazio e Seneca che coltivarono la tragedia, e Orezio Flacco che si fe ammirare non meno come grande emulo di Pindaro, che come critico incomparabile di teatral poesia.
Ma quel che appare fuor d’ogni dubbio è che il Biancolelli aveva siffatta intuizione artistica, era siffattamente padrone de’così detti ferri del mestiere, de’salti, delle cadute, delle capriole, delle scalate arlecchinesche, da essere meritamente acclamato uno de’più forti artisti del suo tempo : il che parmi anche provato dalla somma ch’egli lasciò, morendo, agli eredi, la quale ascese a 100,000 scudi.
…… noi la vedemmo – scrive l’anonimo – come vinta in quel punto dalla violenza della passione, inchinarsi su di lui, mentre egli si cuopre con le mani la faccia e piange, e guardarlo con tale uno sguardo….
Al fianco di Ernesto Rossi pare ella rivelasse in uno scatto improvviso, inatteso, l’arte suprema che avrebbe poi fatto di lei una delle più geniali attrici del nostro teatro di prosa.
Il signor D'Origny (non voglio discuter qui l’errore dell’affermazione sua sulla maggiore o minor riuscita di una scena d’amore recitata da due amanti), ha voluto alludere alla special condizione degli Scherli, i quali, non sappiam bene per colpa di chi, ma forse di entrambi, essendo l’uno tutto dedito agli studi e taciturno, e l’altra incline alle esaltazioni…. e ad altro, visser quasi sempre separati.
Più volte abbiam visto attori e attrici salire in rinomanza col lor nome di battesimo o di famiglia, e più altre sol con quello di teatro : e forse il celebre Tabarini si nascondeva sulla scena sotto uno dei tanti nomi di Zanni o di altro tipo, non potuti sin qui identificare.
Nell’atto I leggesi in margine Rex Borsius loquitur ; ed in fatti seco stesso egli parla a lungo delle prodezze del Piccinino; indi sopragiunge un sacerdote che narra varii funesti prodigii, e dopo aver molto l’uno e l’altro cianciato termina l’atto con un coro. […] In Roma senza verun dubbio uno de’ principali autori del risorgimento della drammatica fu il rinomato calabrese Pomponio Leto. […] Nè questa nè la mentovata farsa per la presa di Granata del Sannazzaro, nè le feste di Versaillesdate da Luigi XIV nel 1654, nè le feste e mascherate degli Arabi in tante occasioni, nè qualsivoglia altro simile spettacolo festivo, in cui si profondono molte ricchezze facendo uso del ballo, delle decorazioni, della musica e della poesia, compongono quel tutto ed uno che portò più tardi il nome di Opera.
Nell’atto I leggesi nel margine Rex Borsius loquitur; ed in fatti egli seco stesso parla a lungo delle prodezze del Piccinino; indi sopraggiugne un sacerdote che narra varii funesti prodigi, e dopo aver molto l’uno e l’altro cianciato termina l’ atto con un coro. […] In Roma senza verun dubbio uno de’ principali autori del risorgimento della drammatica fu il rinomato Calabrese Pomponio Leto. […] Nè questa, nè la mentovata farsa per la presa di Granata del Sannazzaro, nè le feste di Versailles date da Luigi XIV nel 1664, nè le feste e mascherate degli Arabi in tante occasioni, nè qualsivoglia altro simile spettacolo festivo, in cui si profondono molte ricchezze facendo uso del ballo, delle decorazioni, della musica e della poesia, compongono quel tutto ed uno che portò più tardi il nome di opera.
Vivendo questi due genii insigni nel tempo stesso, parve l’uno nato alla gloria dell’altro. […] Scelto che aveva il Sovrano uno de’ proposti argomenti, il poeta dava a Lulli la copia del piano eletto, perchè in esso andasse disponendo i balli, le canzonette e i divertimenti.
Che tragico incomparabile non diverrebbe chi sapesse ben congiungere l’uno e l’altro studio! […] Egli avea bisogno di un buffone, ed il prese dal Senato di Roma, ove fe ne sarebbe, come altrove, trovato più d’uno.
Onde rendere vieppiù completo e dilettevole il serale trattenimento verranno esposti tre Balli : uno di mezzo Carattere, e due Buffi diretti, o composti dal signor Domenico Turchi ; il primo di questi è intitolato : Il Proscritto Scozzese, il secondo Il Feudatario ossia le reclute, l’altro da destinarsi. […] Lamartine stesso usci dal silenzio poetico, in cui sembrò essersi condannato, dettò per lei un’ ode, che la folla acclamò per due sere, riempiendo al colmo la sala Ventadour, Dumas padre, proprietario allora del giornale Il Moschettiere, prese le parti dell’attrice italiana, facendo uno strano parallelo tra lei e la Rachel, nel quale si sforzava di mostrare quanto più grande fosse la tragica straniera della tragica francese….
A evitare conflitti o semplici malumori fra' due artisti, fu convenuta la seguente divisione di repertorio, da loro e dal direttore Domenico Righetti accettata e sottoscritta : Parti di spettanza del signor Rossi Parti di spettanza del signor Peracchi Caterina Howard Avviso alle mogli Cittadino di Gand Arturo Cola di Rienzo Bruno filatore Calunnia Bastardo di Carlo V Conte Hermann Battaglia di donne Clotilde di Valery Don Cesare di Bazan Duello al tempo di Richelieu Duchessa e Paggio È pazza Dramma in famiglia Francesca da Rimini (Lanciotto) Elemosina d’un napoleon d’oro Fornaretto Guanto e Ventaglio Foscari Innamorati Luisa Strozzi Mac Allan Maria Stuarda Maria Giovanna Marchese Ciabattino Presto o tardi Proscritto Ricco e povero Riccardo D'Harlington Ruy Blas Segreto Fortuna in prigione Signora di S.t Tropez Tutrice Stifelius Sorella del Cieco Tre passioni Mentre il Peracchi, come s’è visto al suo nome, scongiurava il Righetti perchè lo sciogliesse dal contratto, per non trovarsi con Ernesto Rossi che gli aveva mancato di fede, il Rossi in data 17 settembre 1851, scongiurava il Righetti allo stesso intento : ….. io ora vengo quasi ginocchioni a pregarti, a supplicarti per quanto hai di più sacro e caro su questa Terra, tanto pel mio interesse e per la mia quiete, quanto pel tuo riposo, a volere presentare questa lettera alla nobile Direzione, fare conoscere l’immensi danni che potrebbero avvenire tenendo due primi attori, non più amici fra loro, ma bensì accaniti nemici, il poco studio delle parti, le continue dispute, l’odio implacabile nel piacere più l’uno che l’altro, e forse, forse tante e tante altre dimostrazioni, che arrecherebbero anche l’intiero disgusto del Pubblico…. […] Ma il Righetti non se ne contenta troppo, e torna all’assalto con una fiera lettera, che suggerisce al Rossi uno squarcio da personaggio di dramma lagrimoso : …..
Fu l '85 primo attore con Verardini, e il carnovale dello stesso anno con Emanuel, con cui stette oltre un biennio, e da cui passò primo attore e direttore con Casilini per un solo anno ; dopo il quale, eccotelo un triennio primo attore con Cesare Rossi, e uno con Virginia Marini, fino al 1894 ; anno in cui si associa con Libero Pilotto, per condur finalmente compagnia da solo dopo la morte di questo ; compagnia che va innanzi trionfalmente da sette anni. […] Ed è facile capire come con questo studio del personaggio non soltanto nei fatti che si svolgono, ma ben anco nelle parole con le quali si esprime, il colorito e l’efficacia della dizione sieno una conseguenza legittima dello studio complessivo e non uno studio a parte ».
L’idea che gli Arabi si formavano della musica si potrà meglio comprendere dalla traduzione del seguente squarcio che si trova in uno dei loro poeti, come lo ricavo da una erudita memoria del Sig. […] Di cento ventiquattro piedi tra semplici e composti onde costava la loro prosodia (numero prodigioso, dal quale solo potrebbe argomentarsi la superiorità della lingua greca rispetto a tutte le altre) non si trovava neppur uno che non fosse stato inventato per adattarlo piuttosto ad una spezie di canto che ad un’altro. […] Qualora non per tanto si trovi un oggetto che agisca fortemente e immediatamente sulla sensibilità degli uomini, egli è chiaro che fra le mani d’un saggio filosofo diverrà esso uno strumento della virtù, come fra le mani d’un accorto legislatore diverrà il veicolo delle massime che si vorranno ispirare ad una nazione. […] Il modo dorico, che era il più grave, suonavasi con due tibie destre, il lidio più acuto con due sinistre, e il frigio mezzo tra l’uno e l’altro con due tibie parimenti una destra e l’altra sinistra. […] Quanto più avanti s’anderà col pensiero si ricaverà che cotai difetti si riducono a due, l’uno al non aver saputo noi mettere un rapporto abbastanza confaccente ed intrinseco fra queste due facoltà, l’altro all’usarsi da noi un genere d’armonia poco o niente opportuno all’espressione individuale delle passioni.
Cominciò coll’essere intagliatore in legno nella bottega di uno zio materno.
Il quale atto commosse per modo Isabella, che volle per la pace comune, e perchè nel loro contratto di nozze nulla esistesse che potesse dare appiglio a quistion d’interesse, mutar l’istrumento nella seguente maniera : che si leuasse a suo tempo di tutto l’haver di Colombina la prouisione douuta alli suoi tre figliuoli, e per lei le sue gioje, & argenteria al prezzo come fu stimato ; del resto fosse a metà tra marito e moglie, con il guadagno venturo, lasciandosi dopo la lor morte heredi uno dell’altro.
A lei accennò il Belli in uno de’ suoi incomparabili sonetti ; e Luigi Bonazzi, letterato e artista egregio (V.), le dedicò del ’41 questi versi.
Bettinelli elegante senza dubbio e gentile scrittore Italiano non ischivò diversi gallicismi 9, e talvolta a qualche voce Toscana diede il significato Francese 10, o ne diede uno tutto nuovo 11, o si valse di voci ch’egli chiamerebbe inusitate e strane12. […] Dirò ancora con pena che gliel mostrò pure uno straniero quando gli rimproverò l’aver confuso Errico il Valetudinario di Castiglia con Errico III di Portogallo, e di non aver letto nè il Tostado, nè i teologi che l’aveano citato.
Così nelle nozze d’un Gonzaga al 1346 si distribuirono in Mantova a tal gente 338 vesti; nè queste erano di poco prezzo, leggendosi nelle Cronache di Verona, che delle 200 date loro da uno Scaligero per le sue nozze, la minore costava dieci docati, che allora era non poca moneta, come ognun sa. […] I Poeti Provenzali, che per quanto chiaramente ricavasi da due passi del Petrarca l’uno del Trionfo d’Amore cap. 4, e l’altro della Prefazione alle sue Epistole Famigliari, vennero dopo i nostri Siciliani a verseggiare e a far uso della rima nelle moderne lingue volgari, si distinguevano con varj nomi secondo i loro varj mestieri, in Troubadores, cioè trovatori, così detti dal trovar prontamente le rime, e dall’inventar favole verseggiando, in Canterres, o cantori, i quali cantavano i versi composti dai Trobadori, e in Giullares, o siano Giucolari, o Giullari, che vale lo stesso che giocolieri, o buffoni, i quali nelle pubbliche piazze, o nelle fiere intertenevano il popolo con varie buffonerie, sonando qualche stromento, o sollazzavano i conviti de’ Principi e gran Signori con canti, suoni e balli, celebrando le gesta de’ Paladini, e le bellezze delle donne.
Io ho seguitato fino a pochi mesi addietro a spendere e spandere per decorare le produzioni con una esattezza di costumi e con uno sfarzo ignoto fino ai nostri giorni ; e qual è la città che me ne ha tenuto conto ? […] Ma sta in fatto che l’uno e l’altro scopo non ottenner dalla cattedra tutti insieme gli eruditi espositori, com’ egli dalla scena al popolo infiammato.
Breve : con un vecchio soprabito color Nanchino regalatogli dal fratello Sergio, una giacca marrone del babbo, e qualche fazzoletto della mamma, uno di questi fazzoletti fu sempre portato nell’ ultimo atto della Gerla di papà Martin, mio padre scappò ancora di casa e cominciò la sua peregrinazione artistica per l’Italia. […] c’è uno specchio : si guardi !
Truffaldino non è che uno dei tanti nomi di Arlecchino, senza mutamento nè di abiti, nè di essenza. […] L'arlecchino di Dresda del 1723 non era Natalino Bellotti (V.), uno dei Beniamini della Corte ?
I due Pellegrini 130 suo componimento scenico che nella famosa cena data da Don Garzia di Toledo a Don Antonia Cardona in Messina si rappresentò nel 1529131, fu ben diffinito dall’Abate Maurolico quasi pastoralis ecloga, avendo molto dell’ecloga, se non che se n’allontana per contenere un’ azione compiuta che ha il suo nodo e uno scioglimento di lieto fine. […] L’azione rappresenta la vendetta presa da Amore di due anime superbe che lo bestemmiavano, Tirsi pastore ed Ardelia ninfa, facendo che l’ uno arda e non ritrovi loco Per amor di Mirtilla, e l’altra avvampi Per sua pena maggior di se medesma; ed in fatti nell’atto IV si vede Ardelia divenuta un novello Narciso che si vagheggia in un fonte. […] Il guerriere con cui è ita Erminia, era Vafrino; e l’uno e l’ altra riconoscono il ferito, ed Erminia, dopo averlo pianto come morto, si avvede che è vivo e ne imprende la guarigione.
Chiudo la serie con due madrigali : l’uno, ignoto, scritto Sopra i uarij effetti di pallore, e rossore, che si uiddero sul uolto di Florinda mentre recitaua la pazzia in scena ; e sopra la stessa pazzia. […] ma Casa, e perchè è stata degna che due suoi figliuoli siano stati tenuti a battesimo, uno dal S. […] La tresca dunque durava, per lo meno, dal 1620, data della lettera del Cecchini, concernente gli scandali provocati dalla baldina, che altra non era che la Lidia Virginia Rotari, già moglie di Baldo Rotari, come abbiamo da una lettera (26 novembre 1612) al Duca di Mantova firmata da’comici tutti, fra cui Baldo Rotari, in nome di sua moglie ; alla quale fu dato il soprannome di baldina, dal nome del marito, o in antico per distinguerla dall’altra Lidia di Bagnacavallo, la comica famosissima de’confidenti, che di non molti anni l’aveva preceduta, o più tardi, in compagnia dell’Andreini, per meglio distinguere le due Virginie : io ritengo più probabile la seconda ipotesi. — Che anche la Rotari fosse attrice valente sappiamo dalle poesie varie pubblicate insieme alla Maddalena lasciva e penitente, azione drammatica dell’Andreini, nella quale recitando in Milano nel 1652 la parte della vecchia Marta, ottenne, come si direbbe oggi, uno strepitoso successo.
Essi composero due generi di drammi, uno eroico che rappresentava pubbliche imprese, vittorie, e trionfi, e l’altro comico che si limitava a’ fatti domestici e pastorali.
Baron (Michel Boyron) uno dei più forti, se non il più forte artista della Francia, nacque a Parigi l’ottobre del 1653, e vi morì il 22 dicembre del 1729.
Il Watteau, uno de’ più geniali illustratori della Commedia italiana, del quale verrò riproducendo le principali opere, ci ha dato il costume dell’ Arlecchina in una delle sue incomparabili acque-forti (pag. 441) : e ce lo ha dato Geremia Wachsmuth col suo Inverno (pag. 439), nel quale, come si vede, figurano, a lato di Arlecchina, il Dottore, Scaramuccia, e altri tipi del nostro antico teatro.
E chi era il Capitan Matamoros che vediam nel quadro dei Buffoni francesi e italiani (riprodotto poi dall’Huret nell’incisione che qui riferisco), di cui do nella testata la riproduzione, per gentil concessione del signor Rambaud, che fu anima dell’esposizione drammatica di Parigi (1896), e di cui non esistono che due esemplari : uno che è nel foyer della Comedia Francese, l’altro appartenuto già al signor De la Pilorgerie, che sarebbe, secondo il Baron de Wismes, di quello una copia ; ma anch’esso, a parer mio, originale ?
Disfatto dalla malattia di cuore, impotente quasi a muoversi dal letto di morte, con uno sforzo supremo un giorno levò il capo, e si diede a sciamare con voce rotta dal pianto : « perdono !
Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina.
Altri spettatori seggono in alcuni scaglioni posti in giro l’uno sopra l’altro a foggia di anfiteatro che chiamano la grada. […] La famosa Mariquita Ladvenant, morta verso l’anno 1766 degna di nominarsi tralle più sensibili e vivaci attrici rappresentava nel teatro della Croce, e los Chorizos suoi fautori furono da lei distinti con un nastro di color di solfo nel cappello, mentre i parteggiani opposti ne presero uno di color celeste.
L’una situazione e l’altra deriva con naturalezza dalle loro ben dipinte grandi passioni che perturbano ed interessano alternativamente per l’uno e per l’altro personaggio, ed attaccano chi ascolta all’azione intera. […] Stile e grandi affetti comprendono il gran secreto della scena tragica; e se l’argomento di Medea non esclude le passioni grandi, o Seneca le ha rilevate con uno stile vigoroso ed energico, onde viene l’umore che prende Voltaire per una favola tanto dagli antichi, e da’ moderni maneggiata e ripetuta? […] Solvenda non est illa quaeleges ratas natura in uno vertit Oedipode, novos commenta partus. […] Può non pertanto osservarsi in essa più di uno squarcio in cui la locuzione è sobria. […] Ma quì i leggitori di ogni paese non macchiati di manifesta malignità nè pervertiti da’ fini particolari, diranno forse così: «Perchè mai il Signorelli che da simili oltramontani viene acclamato or come uno de’ più istruiti nella letteratura spagnuola, ed or come assai giusto censore quì dove egli ravvisa bellezze in un tragico spagnuolo universalmente disprezzato: venga poi reputato decaduto da tanti bei titoli di saggia censura e d’imparzialità quando in altre cose discorda da tanti apologisti?
Mettevano gridi, insolentivano, imponevano di ritirarsi a qualche Attore non accetto, o di un partito contrario, altercavano fra loro ad alta voce senza verun riguardo per gli altri concorrenti, qual proteggendo uno de’ Teatri, e quale l’altro.
Fecesi da uno scultore Toscano in Roma la statua di Giove Capitolino sotto Tarquinio Prisco.
Similmente tradussero ed imitarono le commedie spagnuole Ignazio Capaccio napoletano, Pietro Capaccio catanese, Tommaso Sassi amalfitano, Andrea Perrucci traduttore ed imitatore nel 1678 del Convitato di pietra, ed Onofrio di Castro autore della commedia la Necessità aguzza l’ingegno,in cui si vede qualche regolarità unita ad un’ immagine di comico di carattere alla maniera spagnuola, con uno stile che spira tutta l’affettazione di quel tempo di corruttela.
Egli ha bene il diritto di essere messo assieme a’ grandissimi che diedero al mondo tipi immortali, se bene i suoi sien condannati pur troppo a perire : chè è per essi di tal guisa la creatura legata al suo creatore, che dileguato l’uno, anche dileguerà l’altra, non lasciando tra’ posteri che un vago ricordo, andatosi serbando e ahimè modificando nella viva voce delle generazioni succedentisi.
Antonio Lolli, nella quale si accenna ad un inganno di Florindo, che non lo mostrerebbe, a dir vero, uno stinco di santo.
Al vantaggio non mediocre che gli amatori illuminati di siffatte materie potranno cavare da tal lettura s’aggiunge ancora un conforto non debole per il mio amor proprio quello cioè di trovare gran parte di quelle idee sparse nella mia opera, che da alcuni imperiti sono state riputate insussistenti, avvalorate dall’autorità d’uno scrittore non meno rispettabile per la sua filosofia che per la sua critica, e la sua erudizione. […] L’anno 1751, alcuni musici ottennero dal re il permesso di formare un’Accademia di musica a Parigi, ma per quanto dilettosa ella si fosse, non essendo né diatonica, né cromatica, ned enarmonica, ma piuttosto un intreccio confuso di questi tre generi194, e ciò ch’è più, discorrendo questa per diversi modi in uno stesso soggetto, il presidente Dudrac e tali altri membri del Parlamento deputati all’esame di simile novità la riprovarono e la bandirono con particolare decreto. […] Onde può rilevarsi a qual segno monti a nostri compositori il fare uno studio serio e profondo non solo delle differenti proprietà de movimenti e de’ modi, ma ancora di quelli de’ suoni; studio che gli antichi aveano molto a cuore, e che caldamente raccomandavano ai principianti, come la parte della musica la più utile all’eloquenza e in cui mostrerò a qual grado di perfezione essi salirono. […] A tale fatica, che a più d’uno sembrerà erculea, io m’accingerò tostochè mel permetteranno le mie circostanze.
» E dopo avere esaminata e magnificata l’opera, trascrivendone un brano, riportato poi a sua volta dal Bartoli stesso nelle sue Notizie de’ Comici italiani, conclude : « noi non possiamo se non consigliar questo giovane autore a proseguire la carriera dello scrivere, in cui può avanzarsi cotanto per avventura, quanto non ha fra Comici italiani e difficilmente può avere chi lo superi nel sostenere le Parti più ardue ed interessanti, e nel produrre quell’ illusione impegnante ch’è la sola prova della perfezione. » Ecco l’elenco su citato : SIGNORE SIGNORI Anna Andolf ati Pietro Andolfati Gaetana Andolfati Luigi Delbono Antonia Andolfati Giovanni Delbono Maddalena Nencini Gaetano Michelangeli Rosa Foggi, da Serva Giovanni Ceccherini Lorenzo Pani Giulio Baroni Filippo Nencini, caratterista MASCHERE Bartolommeo Andolfati, Pantalone Giorgio Frilli, Dottore Gaspare Mattaliani, Arlecchino, e subalterni A questo elenco, ne farò succedere uno del 1820, il quale mostra chiaramente il progredire che fece l’arte nel non lungo periodo di circa trent’ anni : DONNE UOMINI Andolfati Natalina Andolfatti Pietro Garofoli Giuseppa Andolfatti Giovanni Pollina Margherita Garofoli Luigi Cappelletti Laura Cavicchi Giovanni Cavicchi Carlotta Carraro, Giovanni Bonsembiante Bianca Bonuzzi, Francesco Maldotti Adelaide Bonsembiante Giovanni Maldotti Marietta Maldotti Ermenegildo Lensi Anna Cappelletti Gaetano Astolfi Marianna Astolfi Giuseppe Coccetti Antonio Maldotti Eugenio Andolfatti Luigi Nastri Leopoldo Astolfi Tommaso, suggeritore Tommaselli Luigi, macchinista La Compagnia recitava a Bologna all’Arena del Sole, di giorno, e al Teatro del Corso, di sera ; e aveva cibo conveniente ai due palati.
Sventuratamente questi quattro atti comici apportano uno scioglimento, se non tragico, funesto. […] Quattro canzonette di metro anacreontico si cantano alternativamente e con nojosa uniformità da due partiti di Capuani, favorevole l’uno a’ Romani, l’altro a’ Cartaginesi. […] Singolarmente vuolsi attendere alla sobrietà e gravità dello stile del Caraccio tanto più degno di encomii quanto meno si attenderebbe da uno scrittore del XVII secolo.
Or quando l’erudizione antica, specialmente Tragica, fosse stato uno de’ meriti principali del Varchi, debbe il giudizio di un nemico prevalere a quello degl’indifferenti? […] Così appunto pensa di essa il Cavalier Tiraboschi, benchè l’Apologista il citi a suo favore, e in confermamento del giudizio del Varchi, di che più di uno si maraviglierà.
Il Francese Rapin era senza dubbio uno de’ più dotti uomini del suo tempo: le Comparazioni di alcuni Scrittori che ci ha lasciate, non sono già colme di sofisticherie e cavilli, brevi sostegni di scritture momentanee, ma ricche di buona erudizione, di aggiustatezza, e di sapienza: le Riflessioni sulla Poetica fondate nella dottrina Aristotelica spargono lumi utilissimi a profitto degli amatori della Poesia: i suoi Orti hanno una fragranza e un gusto di vera eleganza Latina. […] Appello al sentimento interiore del Signor Apologista, e alla di lui imparzialità e buona fede, sempre che voglia leggere quei Drammi, fatto però anticipatamente uno sforzo generoso contro a’ pregiudizj nazionali, per portare a tal lettura vista chiara e mente serena.
Florent Carton Dancourt nato nel 1661 o 1662 e morto nel 1725 o 1726, fu un commediante di mediocre abilità, ed uno de’ buoni autori comici. […] Baltassarino indi chiamato Beaujoyeux, uno de’ migliori sonatori di violino Italiani, mandato dal maresciallo di Brisac alla regina Gaterina Medici, che lo fece suo valletto di camera, v’introdusse questi balli comici.
L’Heregia dels Preyres é il titolo che ci é restato di uno de’ dialoghi di Faidits.
Imperciocchè i tragici ricavavano i loro soggetti dalle favole di Omero e dalla mitologia; ma i comici soccorsi soltanto dalla propria immaginazione gli traevano, per così dire, dal nulla, e presentavano uno spettacolo tutto nuovo.
Riuscì Otwai più nel tragico che nel comico; ma non fu meno irregolare degli Spagnuoli nell’ uno e nell’altro genere, nè meno di loro gli confuse.
L’importanza dell’opera nel contenuto, e dell’opera la bellezza nelle forme, ha diritto a uno studio, accurato e completo, degno ; e sarà fatto certamente, non solo come omaggio al risultato che il Rasi va ottenendo, ma anche come dovere di studiosi.
Fu anche voce comune che la chiusura del Teatro italiano nel 1697 (ritratta dal Watteau in uno splendido quadro che riproduco dalla superba incisione originale del Jacob), dopo la quale egli dovette andarsene in Germania, si dovesse alle allusioni mordaci da lui fatte alla Maintenon nella rappresentazione della Fausse Prude ; dopo le quali, il signor D’ Argenson, luogotenente generale di polizia, il 4 maggio 1697, accompagnato da gran numero di commissarj, si recò alle 11 del mattino al Teatro dell’ Hôtel de Bourgogne, e fece apporre i suggelli su tutte le porte, non solo di strada, ma dei camerini degli attori, ai quali fu vietato di presentarsi per continuar gli spettacoli, non giudicando più Sua Maestà opportuno di ritenerli a’ suoi servigi.
Voi tutti imploro : del purgato orecchio ritemprate il vigor, nè sia chi sdegni gradir cortese ed animar gli sforzi d’ uno stuolo divoto e che sè stesso tutto al vostro diletto offre e consacra.
Le prime notizie che abbiamo di lui son del fratello Drusiano dalla Spagna, ov' erano entrambi, l’uno attore, l’altro direttore, nel 1588.
L’ un movimento e l’altro è naturale effetto delle ben dipinte gran passioni che perturbano ed interessano, se non per uno o per un altro personaggio, per tutta l’azione. […] Solvenda non est illa, quæ leges ratas natura in uno vertit Œdipode, novos commenta partus. […] Può non per tanto osservarsi in essa più di uno squarcio in cui è sobria la locuzione. […] Ma quì i leggitori di ogni paese non macchiati di manifesta malignità nè pervertiti da’ fini particolari, diranno forse così: Perchè mai il Signorelli che da questi oltramontani viene acclamato or come uno de’ più instruiti nella letteratura Spagnuola, ed or come assai giusto censore quì dove egli ravvisa bellezze non prima avvertite in un tragico Spagnuolo universalmente disprezzato, venga poi reputato decaduto da tanti bei titoli di saggia censura e d’imparz ialità, quando in altre cose discorda dagli apologisti?
è improbabile che il giovane Cartaginese senza credito avesse bisogno di raccomandarsi a più di uno prima di venire a capo del suo intento? […] Tommaso Farnabio rigettando l’opinione di Scaligero giudica che il poeta dica di averla fatta doppia, perchè nella commedia di Menandro essendo uno il vecchio, uno il figliuolo, una la giovane, uno il servo, Terenzio raddoppiò nella sua tutti questi personaggi, introducendo due vecchi, due figliuoli ecc. […] Finalmente Gli comando, che come in uno specchio Egli contempli di ciascun la vita, E quindi apprenda dalle azioni altrui A farsi esempio e regola a se stesso. […] Insin comando lor che fissin gli occhi Nelle stoviglie, come in uno specchio, E mostro lor come hansi a contenere.
La maschera del Buffetto, come si vede anche dalla magnifica stampa di Stefano della Bella, è identica a quella di Brighella, uno dei due Zanni della Commedia dell’arte, di cui non ha mutato che il nome. […] E come mai la incisione qui riprodotta rappresenta il Brighella accanto al Trivellino, che a lui fa tanto di cappello, come se l’uno e l’altro avesser avuto comune la gloria ?
Arrestato da queste meschinità secentiste, che fanno di un remo una penna, di un mare un pezzetto di carta, in somma che avviliscono gli oggetti proprj con traslati poverissimi, chi si curerà di pescare in uno stagno fangoso, lasciando il vasto mare, e tanti copiosi fiumi ricchi di abbondante saporosa pescagione?
Sin ad hora abiamo dato fuori cento e sei Boletini a una doppia l’uno per un mese, che viene a essere un utile sicuro.
Gio: Cristofano Amaduzzi, m’indussi a credere che non fusse nè l’uno nè l’altro.
E perchè questo è uno de’ possibili non lontanissimi dal convertirsi in atto, e un tanto accurato ragionatore come il Signor Lampillas, non avrà avanzata simil cosa senza documenti, vediamo quali essi siano.
Telaira stessa parla con Gelopea nell’atto V, e si scioglie l’equivoco, conoscendo gli amanti che l’uno non era andato al fenile di Alfeo se non in traccia dell’altro.
Parve però a molti che l’orrore giungesse a lacerare oltremodo il cuore, che dal compiangere uno sventurato è costretto a passare ad inorridire al furioso attentato di Beverlei, che in considerare a quale stato di miseria ha egli ridotto il figlio, per liberarnelo se gli avventa con un pugnale.
Telaira stessa parla con Gelopea nell’atto V, e si scioglie l’ equivoco, conoscendo gli amanti che l’uno non era andato al fenile d’Alfeo che in traccia solamente dell’altro.
È improbabile che il giovane Cartaginese senza credito avesse bisogno di raccomandarsi a più d’uno prima di venire a capo del suo intento? […] Tommaso Farnabio rigettando l’opinione di Scaligero giudica che il poeta dica di averla fatta doppia, perchè nella commedia di Menandro essendo uno il vecchio, uno il figliuolo, una la giovane, uno il servo, Terenzio raddoppiò nella sua tutti questi personaggi, introducendo due vecchi, due figliuoli ec. […] Finalmente Gli comando, che come in uno specchio Egli contempli di ciascun la vita, E quindi apprenda dalle azioni altrui A farsi esempio e regola a se stesso. […] Infin comando lor che fissin gli occhi Nelle stoviglie, come in uno specchio, E mostro lor come hansi a contenere.
Sebastiano Clarignano di Montefalco, il quale, dice il Giraldi nella dedicatoria, si puote sicuramente dire il Roscio e l’Esopo de’ nostri tempi, ne fu uno de’ principali attori. […] La sua Marianna si diede alla luce nel 1565, e fu rappresentata con indicibile applauso in quella città nel palazzo di Sebastiano Erizzo a uno scelto uditorio di più di trecento gentiluomini; e quando volle ripetersi in Ferrara nel palazzo del Duca, tal fu il concorso, che non potè recitarsi. […] Non fu allora che con buon senno disse un inviato della Porta che assisteva ad una giostra, per un vero combattimento è poco, e per uno scherzo è troppo? […] Fioriva in Parma verso la fine del secolo l’Accademia degl’ Innominati, di cui era il Torelli uno de’ principali ornamenti. […] uno Speroni!
Il rapporto manifesto della riferita poesia romana gesticolata coll’arte ludicra etrusca fece pensare d’invitar a Roma uno degli attori di quella nazione, il quale colla sua nuova, graziosa, e piacevole agilità riuscì molto grato a’ romani. […] Fu, secondo Svetonio ed Eusebio, uno de’ primi poeti latini. […] Solvenda non est illa quae leges ratas Natura in uno vertit Oedipode, novos Commenta partus. […] I mimi latini erano picciole favole buffonesche, che da prima si usavano per intermezzo, e appresso furono uno spettacolo a parte, avendo acquistato molto credito per l’eccellenza di alcuni poeti che ne scrissero, e molta voga per la buffoneria che gli animava, e per la sfacciataggine delle mime. […] Svetonio però ci dice, che questi fu esigliato per aver mostrato a dito dalla scena uno degli spettatori che lo beffeggiava.
La stessa necessità di darle una giusta grandezza l’obbligò ad un maneggio tra il Moro e l’assediato Gusmano, ed a fargli parlare l’uno dal suo campo l’altro dalle mura. […] Perchè (degni notar ciò il patrocinatore de los menesterosos) una distruzione collettiva, vaga, generica di un popolo intero istupidisce i sensi, distrae a mille oggetti l’attenzione e l’interesse, e non determina la compassione ad uno scopo principale per serbar l’unità dell’azione e del protagonista. […] Non dubiti punto lo spettatore che Olvia non paleserà ad Aluro l’arcano fino a che il poeta non riconduca l’uno e l’altra nel medesimo luogo e nel medesimo punto del loro discorso; ma bisogna attendere che passi tutto intero l’atto II. […] Appresso Olvia è sicura poi che la diserzione di Giugurta sia sincera, e che non possa essere uno stratagemma? […] Circa la lingua tutto si dee perdonare a uno straniero che si studia di coltivar quella del paese ove abita.
Sebastiano Clarignano di Montefalco, il quale, dice il Giraldi nella dedicatoria, si puote sicuramente dire il Roscio e l’Esopo de’ nostri tempi , ne fu uno de’ principali attori. […] La sua Marianna si diede alla luce nel 1565, e fu rappresentata con indicibile applauso in quella città nel palazzo di Sebastiano Erizzo ad uno scelto uditorio di più di trecento gentiluomini; e quando volle ripetersi in Ferrara nel palazzo del duca, tale fu il concorso che non potè recitarsi. […] Non fu allora che con buon senno disse un Inviato della Porta che assisteva ad una giostra, per un vero combattimento è poco, e per uno scherzo è troppo ? […] E ciò avremmo desiderato che Pietro da Calepio avesse allegato per uno degli ottimi esempi delle tragedie italiane, dopo di avere in alcune di esse ripresa la poca congiunzione dell’atto II col I, e il vedervisi li trattati d’una scena non di rado diversissimi da quelli dell’altra a. […] Fioriva in Parma verso la fine del secolo l’Accademia degl’Innominati, di cui era il Torelli uno de’ principali ornamenti.
Nè l’uno nè l’altro è nel caso di effettuare tali nozze non avendo danari pel bisognevole.
Chi se ne occupa è uno sciagurato : non ha nè il criterio, nè il sentimento dell’arte…… E finalmente ci sono coloro che hanno detto semplicemente e sinceramente così : La Tina Di Lorenzo ha le doti naturali, ma non ha l’arte ; farà la gran conquista quando ai mezzi che la provvidenza le ha elargito avrà aggiunto la formazione dell’intelletto d’arte, che è studio tenace, serietà di proposito, fermezza di volere.
Sventuratamente questi quattro atti comici apportano uno scioglimento, se non tragico, funesto. […] Quattro canzonette di metro anacreontico si cantano alternativamente e con nojosa uniformità da due partiti di Capuani, l’uno favorevole a’ Romani, l’altro a’ Cartaginesi.
La provincia di Mantova fu nel’ 39 desolata da uno straripamento del Po ; e la miseria generata dalla immane catastrofe fu tale e tanta che si studiò di alleviarla in ogni maniera.
E questa, in risposta a uno di lui, dettò il sonetto seguente, già riferito da F.
La stessa necessità di darle una giusta grandezza l’obbligò ad un maneggio tra il Moro e l’assediato Gusmano ed a farli parlare l’uno dal suo campo l’altro dalle mura. […] Perchè (degni notarlo il patrocinatore de los menesterosos) una distruzione collettiva, vaga, generica di un popolo intero istupidisce i sensi, distrae a mille oggetti l’interesse, e non determina la compassione ad uno scopo principale per serbar l’unità dell’azione e del protagonista. […] IV Olvia è sicura poi che tal diserzione sia sincera e che non possa essere uno stratagemma? […] Circa la lingua tutto si dee perdonare a uno straniero che si studia di coltivar quella del paese ove abita.
L’altra modificazione, che forma le lettere consonanti, si fa, qualora passando gli organi della bocca dalla loro posizione fissa ad un’altra momentaneamente variata agiscono l’uno sopra l’altro con qualche movimento, battendo la lingua ne’ denti, o nelle labbra, o questi scambievolmente contro a quella. […] Non è per questo ch’io approvi l’inversione troppo intrelciata di alcuni cinquecentisti specialmente quando è affettata, e lunga, come adiviene fra gli altri nello Speroni, nel Dolce, e nel Casa, i quali ti fanno sfiatare i polmoni prima che arrivi a terminar un periodo: né che non preferisca sì in verso che in prosa uno stile conciso, e pieno di cose all’abbindolato e pieno di parole massimamente nel genere filosofico, di cui la precisione, la chiarezza, e la disinvoltura sono i principali ornamenti.
Qualche poetastro povero di principi, d’ingegno, e di fantasia, il quale nella mollezza corrente non ha passate le notti d’inverno e i giorni d’està a formarsi uno stile, col solo torre qualche canavaccio lirico francese e porlo in cattivi versi italiani, favorito da una musica eccellente, come quella del celebre signor Gluck nell’Alceste, ha creduto di pareggiar di gloria Pietro Metastasio, ed ha aperto questo cammino tortuoso, che invece di menarci avanti, ci fa rinculare almeno d’un secolo.
Lasciamo ancora, che io per uno de’ miei soliti pregiudizj pensava, che di quello più si dovesse parlare, che più conferisse a migliorar l’arte, ed instruire la gioventù.
Drammi di controversie Teologiche; uno di 17.
Felice se potrò far con essi, o che voi sempre con più vigore assaltiate, ed esterminiate i vostri avversarj, formando della Letteratura Spagnuola un’ Apologia da essere un monumento della vostra sapienza ære perennius; o se potrò almeno rimettere nel buon cammino qualche altro futuro Apologista traviato, sendo questo uno de’ benefizj chiamati innoxiæ utilitatis, che la Natura c’insinua di praticare, Ἐις ὀδὸν ἀλὐοντα ἀγε.