Occupati non per tanto gl’Italiani nel provvedere agli sconcerti cagionati dalla guerra, dalla politica, e dalla natura non pensavano a coltivar le arti più gentili, e molto meno la musica. […] Vennero poscia i canti chiamati “carnascialeschi” a motivo d’eseguirsi in tempo di Carnovale fra le brillanti mascherate, onde tanto si compiaceva la gioventù fiorentina. […] I vantaggi che recarono essi alla musica non meno pratica che teorica sono tanto riguardevoli, che ommettendoli, farei torto alla scienza, alla storia e alla mia patria. […] Fermiamoci noi non per tanto un poco più di quello, che non è stato fatto finora a maggior lume di questa materia, sperando che le nostre ricerche non siano per riuscire ingrate o inopportune a chi vorrà approfittarsene. […] «Famose sono le tenzoni, che tanto erano in voga presso ai provenzali; ma simili giuochi di spirito e combattimenti poetici erano molto in uso appo gli Arabi.
Ed oggi singolarmente che i teatri trovansi tanto lontani dall’antica solidità e magnificenza, non è picciol vanto per l’Italia e per lo stato di Parma il potere additare un teatro tanto magnifico e poco lontano dalla maniera antica, specialmente agli stranieri avvezzi a’ loro teatri assai meschini.
Incantatrice d’ogni cor gentile, È ver, fu sempre l’armonia ; nè solo Nell’italo terren pregiati tanto Sono gl’itali Orfei. […] E fortunate, Se a que’ cantori desiati tanto Tutta la possa del valor canoro Piacque sempre spiegar !
Nella lettera al conte Giuseppe Alcaini che prelude ai Motti della prima edizione (Venezia, 1787) egli dice : « Nella mia vecchiezza, fatta più grave dalle disgrazie che l’accompagnano, ho il conforto di sentirmi per le vie commiserato, e di udire universalmente esagerato il dispiacere dello scioglimento della nostra Compagnia comica (quella del Sacco) un tempo tanto favorita da quest’ inclita Metropoli di concorso alla nostra Commedia improvvisa dell’Arte ». […] Il primo brighella apparso a Parigi nel 1671, faceva rabbia, tanto era detestabile ; lui morto, si chiamò a sostituirlo Cimadori Finocchio, il quale, poveretto, sorpreso dal male, morì per via a Lione.
A teatro pieno rimandava la gente, perchè non si sentiva la voglia di recitare : talora da una parola all’altra metteva una pausa eterna, tanto da destar qualche mormorio nel pubblico.
Il 5 settembre del 1739 Alessandro Ciavarelli esordì alla Commedia italiana colla maschera di Scapino nello Scenario italiano, La Cameriera, già rappresentato il 1616 allo stesso teatro sotto il titolo di Arlecchino, marito della moglie del suo padrone, ovvero la Cameriera nobile ; e tanto vi piacque, dice il D’Origny, per la energia, l’intelligenza e la precisione, che non si fu punto in forse di accettarlo in società.
Perchè tanto affrettò l’invido Fato Questo triste momento, perchè volle ?
ma di benigna protetione per mio figliolo Virginio, che desidera abbandonare il posto di terzo moroso, et esercitare quello del secondo, e tanto più quanto che dovendovi essere (come si dice un capitano spagnolo) non sa come possino accordarsi le cose.
Ami tanto la vita, e sei Romano? […] È accolto cortesemente, ma parlandosi di un figlio che hanno perduto mostrano essi tanto dolore, che il giovane intenerito temendo di cagionarli una commozione troppo viva col palesarsi in quel momento, si ritira per riposare, consegnando prima alla madre la cassetta con dire che contiene cose preziose. […] Egli è notabile però che ad onta di tanti ammazzamenti, di tanto sangue e di tanti enormi delitti esposti sul teatro inglese, ogni dramma è preceduto da un prologo rare volte serio, e seguito da un epilogo ordinariamente comico anche dopo i più malinconici argomenti. […] Ne risulta non per tanto uno scioglimento non infelice, ma da non compararsi però con altri che con un sol colpo mettono i fatti in tutta la necessaria chiarezza. […] Non sono perfette porzioni di circoli, ma di poligoni tanto la parte anfiteatrale quanto gli scaglioni della platea.
Deh quale è a tanto duol termin prescritto? […] Per questo rigore usato seco Eschilo si disgustò di Arene sua patria, tanto più quanto cominciarono ad applaudirsi le tragedie del giovane Sofocle. […] Il garrire degli eroi tanto da’ critici ripreso, era proprio de’ primi tempi della nazione Greca. […] Or perchè quest’opportuno episodio parve tanto fuor di luogo e ozioso al Signor di Calepio? […] Delle di lui tragedie non per tanto si racconta che avendole Socrate ascoltate l’insinuò di bruciarle, dicendo: questo Platone ha bisogno dell’opera tua, o Vulcano.
Nella famosa scena del ritrovamento, mio padre mi prese in braccio con tale commozione, che io vedendo mio padre piangere tanto furiosamente mi misi a urlare e a piangere anch'io in modo così inconsolabile, che per farmi capire la ragione, non valse che mio padre si ricomponesse, si mettesse a ridere, fra le risate del colto e dell’inclita, ma si dovette calare la tela, e non pensarci più. […] Egli nel frattempo aveva calmato gli animi, aveva parlato con Ernesto e con lui andò a casa del papà per dirgli di non fare sciocchezze, che nel nuovo triennio egli sarebbe succeduto in omne et qualibet parte al Gattinelli, e tanto fu fatto che la tiara di Achimelek rientrò nei cassoni, insieme alla cotta di Lanciotto. […] Quando al suo metodo di recitazione la giovane critica ebbe da contrapporre giovani forze, il cui metodo, fatto tutto di verità, era dal suo tanto discosto. […] Dunque relativa : ma allora tanto è verità quella d’oggi, quanto fu quella d’jeri e dell’altr'jeri, e magari di tre secoli fa a' bei tempi degl’incomparabili Gelosi, i quali apparivan veri allora oltre il confine, e a' quali, probabilmente, i giovani tirerebber oggi con poca riverenza le panche.
Fu con questa a Madrid e a Barcellona, ove rappresentò ne’Rantzau la parte del primo attore Gianni (l’Emanuel aveva scelto quella del vecchio Fiorenzo) ; e tanto egregiamente vi riuscì, che al domani, la stampa tutta si credè in dovere di unire a’nomi di Emanuel e di Zacconi, anche quello dell’Arrighi.
Va citata, come singolarità, la sua avversione ai versi ; tanto che si vuole mettesse in patto di scrittura di non mai recitar che in prosa ; la quale avversione gli venne forse da una cotal consuetudine di andare spesso e volentieri a soggetto.
Al che non fu il prete nè umiliato, nè confuso ; anzi tanto imbestiali contro il querelante che non solo lo minacciò di morte, ma tentò anche di mandare ad effetto il suo triste proposito, servendosi di due sicarj, due svizzeri, i quali alle sette di sera lo aspettarono, appostati presso la sua casa ; e l’insultarono, e miser mano alla spada…. alla presenza del signor Gazotti che osservava il tutto dalla bottega vicina di un merciajo.
Esordì colla parte del fratello vendicatore nel dramma : Prestatemi cinque franchi ; e tanto vi dispiacque, a cagione specialmente della pronuncia siciliana, accentatissima, che il Marchese Imperiali, deputato della sopraintendenza a quel teatro, ne volle cancellato il nome dall’elenco degli attori pel nuovo anno comico, rispondendo rigidamente a chi glie ne vantava le doti : « quando il signor Bozzo parlerà italiano potrà tornare al Teatro dei Fiorentini.
La concessione, in data del 25 gennaio 1831, aveva le seguenti parole : « Risultando che il detto con intelligenza non ordinaria tanto nelle rappresentazioni comiche che tragiche, e sempre con zelo e dignità si è saputo conciliare la pubblica lode, ecc.
Nessuno si sarebbe aspettato da lei giovane, da lei nuova, da lei inesperta, tanta perfezione di giuoco, tanto acume d’intelligenza, tanta padronanza di scena, tanta forza di passione, tanta verità e tanta furberia, tanta dignità e tanta grazia, tanta sobrietà e tanta forza, quanta ne sfoggiò per ritrarre con arte stupenda il personaggio di Dora.
Separatasi dal marito, un po’per la incompatibilità di caratteri, un po’per la condotta di lui, entrò (1836) collo stesso ruolo nella Compagnia di Romualdo Mascherpa, col quale la troviamo e il’ 39 e il’ 42 : e tanto progredì nell’arte sua, che non ebbe chi la superasse, pochissime che l’uguagliassero.
A una di quelle rappresentazioni volle assistere la Marchionni : e tanto fu colpita dalle chiare attitudini del Diotti, che lo fece conoscere a Carolina Malfatti, nota maestra, e a Rosa Romagnoli, celebre servetta.
Il Cavalieri nell’introvato libretto della Scena illustrata, dice di lui : E chi non vede la balordagine di Trappolino tanto ingegnosa, quanto piacevole, sconcertar l’orditura de’più serj negozi ?
Il Nasarre non sarebbe stato forse indotto dal folle orgoglio nazionale a pronunziar seriamente tali scempiaggini, se avesse riflettuto, che per le continue guerre e inquietudini ch’ebbe la Spagna per lo spazio di quasi otto secoli cogli Arabi conquistatori, l’ ignoranza divenne così grande in quella Penisola, e tanto si distese, che nel 1473, come apparisce dal Concilio che nel detto anno, per ripararvi si tenne dal cardinal Roderigo da Lenzuoli Vicecancelliere di S. […] E perchè tanto gl’ incresce la storia?
Mettetene troppo in una salsa, essa divien forte e insoffribile ; mettetene poco, non sa di nulla ; mettetene quel tanto che basti ad aguzzar l’appetito, e vi lecchereste anche le dita. […] Ma quando la donna, bella per giunta, ha quel tanto di vita e di giocondità che ci vuole per divenir piacevole, ah….
Su nobleza limpia, antigua, y tan eclarecida en los Anales de Italia y España: su buengusto é inclinacion declarada en proteger la Musica, la Poesia, la Pintura y las demàs Artes Liberales, como demuestran sus Academias primorosas: sobretodo fu Virtud y Humanidad bien conocida, que tanto realza à la Grandeza; todo esto, Señor, desde que en los Reales Jardines de Aranjuez el verano pasado se dignò hablarme y conocerme, me ha alentado à ofrecerle una Obra, cuyos primeros razgos dibuje aqui y escribì en Español, aunque luego, calcinando los mismos materiales, la di nueva forma, y para habilitarla à correr la Italia tube por mas conducente el valerme en ella de mi Idioma natural. […] L’opere degli antichi in questo genere (toltone alcune cose, che non sono, so non relative ai costumi de’ loro tempi) sono state e saranno mai sempre i nostri modelli: tutto l’oro, che più lampeggia fra noi, é stato tratto dalle loro miniere; e i moderni tanto più lusingar si possono di non mettere il piede in fallo, quanto più dappresso a questi grandi originali si accostano. […] Pietro arricchir voglia in brieve il nostro paese di graziose ben condotte commedie, alle quali so di essersi per pura inclinazione determinato, ed ammirar ci faccia egregiamente, eseguiti que’ principi, e con nobile gara imitati que’ colpi di mano maestra, ch’egli con tanto sonno e avvedutezza va discoprendo ne’ drammi altrui, e tratto tratto additando.
Comunque sia, lo Stordito è più che ispirato all’opera italiana, la quale ebbe tanto favore che restò nel repertorio lungamente, modificandosi poi coll’andare del tempo nelle improvvisazioni de’ comici più o meno intelligenti. […] Si trovano uomini che hanno massime in capo tanto abbarbicate, che non vi è ragione che le possa svellere. […] Gridato poco men che al miracolo, il pubblico fece assai buon viso alla Compagnia, tanto che il teatro fu a ogni rappresentazione pieno zeppo di spettatori, e Beltrame fece assai più denari che non avrebbe fatti, senza quell’accidente.
O giovani, lasciate fare della filosofia all’autore : voi studiate bene le parole, le passioni, il carattere del personaggio, vestitelo secondo il costume del suo tempo, poi recitatelo con anima, senza fronzoli, senza declamazioni, senza preoccupazioni del come è vestito : leggete Alfieri, ma recitate Augier, Goldoni, Molière, Shakespeare, Macchiavelli e Plauto e Aristofane, e recitateli tutti nella stessa maniera, cioè con naturalezza ; e non lasciatevi infinocchiare dalla teoria barocca e ridicola, che per tutti i tempi e per tutti i personaggi ci vuole una recitazione diversa : di diverso non c’è che il carattere e il vestito : e quindi se il personaggio è serio e piange, voi dovete star serii e piangere, ma con naturalezza e verità tanto vestiti alla romana, che alla veneziana, tanto coll’elmo che colla tuba ; e se un personaggio è comico, è comico allo stesso modo tanto in Shakespeare, che in Molière, che in Goldoni, che in Augier, che in Bersezio.
[3] Ad altre cagioni oltre le accennate fa di mestieri non per tanto appigliarsi volendo esporre i motivi della dicadenza attuale dell’opera italiana. […] tanto rigor? […] A che giova quel tanto stritolarne i periodi sempre aggirandosi dintorno alle stesse parole? […] L’ambizione per tanto non trova i suoi conti in codeste bellezze semplici. […] Quanto maggiore è il trasporto di un popolo per gli spettacoli tanto più grande è la libertà che concede ai coltivatori di essi.
Preserveranti i numi a quai tanto somigli. […] Non per tanto ad occhio attento parranno poco utili all’azione e forse superflue sì la scena 6 dell’atto III, che la prima del IV. […] Di tanto non faceva mestieri con un traditore com’ è Jemla per fare che scoprisse Dara. […] Nella medesima lunghissima, benchè bella, avviene la riconoscenza de’ fratelli in un luogo tanto sospetto. […] Polifonte pensa dopo dieci anni a sposar Merope per politica; ma egli imbrattato di tanto sangue perchè ha conservato tanto tempo nella propria reggia questa nemica irriconciliabile?
La Gloria di colui che tutto muove, che riempie lo spazio immenso di Soli infiniti, intorno a’ quali altrettanti sistemi d’astri erranti con eterne invariabili leggi percorrono le loro orbite; è quella stessa che in sì picciol globo, com’è la nostra Terra, spiegò la sua potenza e si diffuse tanto nell’interna struttura organizzandone gli elementi, le fibre e gli strati, e rinserrando nell’ampio suo seno arcane sorgenti di fonti, di fiumi, di gemme, di metalli, di sali, di solfi, di piriti, quanto nell’aspetto esteriore di un maestoso disordine di rottami, i quali, agli occhi del profano, sembrano ruine, e pur sono armonici risultati di artificio creatore. […] E quì chieder potrebbesi in prima, onde avvenga che la poesia drammatica si trovi diffusa e accettata quasi dapertutto; e poi, perchè mai tanto più essa inoltrisi verso la perfezione, quanto più cresce nelle nazioni la coltura? […] Ora tutto ciò non potendo conseguirsi senza la chiaroveggente filosofia, è manifesto che la prestanza della poesia teatrale non può sperarsi prima che la nazione non si trovi incamminata alla coltura, da che alla luce della filosofia possono inseguirsi alla pesta i tanto complicati vizj dell’uomo colto e del lusso, i quali sì ben nascondonsi sotto ingannevoli apparenze, ed apprestano al poeta drammatico copiosa materia multiforme e delicata che sfugge al tatto che non è troppo fino. […] In Francia, dove tanto si studia e fiorisce la declamazione, gli attori per la maggior parte sono autori essi stessi, come già furono Moliere, la Place, Dancourt, Baron, e come oggi sono Piccard, Duval, la Molè e tanti altri.
Allora, non che vile il dono, parrà temerario il donatore, che osa trattenere un tanto Uomo con somiglianti minutezze.
S. del suo favore, nella cui benignità havendo ella prima fondata ogni sua speranza, stima che la intercessione mia, come di servitore tanto obbligato et divoto di V.
Fate silenzio, ch'io anco mi porrò qui dietro ad udirla, e non vo star qui per non invaghirli tanto della mia bellezza, che sol mirando il premio, che se gli darà, incorressero in atto disdicevole, rozza prononcia, gesti disconci, difforme venustà, disusati vestimenti, et altre cose non convenienti al grado loro.
Ha poste in Teatro alcune Rappresentazioni favolose del signor Co : Gozzi, che furono per l’addietro un solo pregio della Compagnia d’Antonio Sacco ; ed egli medesimo n’ha inventate, e dirette le tanto difficili trasformazioni.
Non so per quale stranezza od uso sin dal XVI secolo tanto abbondassero gli eunuchi nella penisola di Spagna; ma una bolla di Sisto V ci convince che non erano pochi, e che arrogavansi il diritto di contrarre matrimonj colle donne, siccome gli uomini fanno89. L’Italia poi che al dir del Maffei e nel bene e nel male suole andare innanzi ai concorrenti e soprastare, addottrinò così bene nel canto i suoi castrati, e tanti n’ebbe che potè fornire all’Europa tutta molte voci soprane conservate in quest’infelici con tanto oltraggio della natura. […] Ciò avverrà appunto, quando scosso il volontario stupore gli uomini giungano a comprendere che, oltre ai tenori con tanto diletto ascoltati, le dolcissime naturali voci delle femmine fanno in iscena, senza che si violenti la natura, quanto mai sanno eseguire le non naturali de’ castrati. […] Che se tanto può attendersi dallo studio delle donne, quali vantaggi maggiori ne presentano le voci de’ castrati perchè non abbiano a sbandirsi dalle scene italiche? […] Ed oggi singolarmente che i teatri trovansi tanto lontani dall’antica solidità e magnificenza, non è picciol vanto per l’ Italia e per lo stato di Parma il potere additare un teatro tanto magnifico e poco lontano dalla maniera antica, specialmente agli stranieri avvezzi a’ loro teatri assai meschini.
Ma dall’idea complicata di società non può a ragione scompagnarsi quella di una divinità e di un culto religioso16 (mal grado de’ sofismi e delle sceme induzioni de’ moderni Lucreziani), e tali idee nell’infanzia delle nazioni agiscono con tanto maggior vigore, quanto minore è la fiducia che allora ha l’uomo nella debolezza del proprio discorso. […] Non nasce (dicemmo) la poesia teatrale se non quando gli uomini trovansi raccolti in società fisse, quando le mura che gli circondano, e le ceneri degli antenati per essi divengono sacre, quando i matrimonj certi e le terre dissodate con tanto sudore dirigono gl’ impulsi dell’amor proprio degl’ individui ad essere solleciti del corpo intero . . . . .
Così le produzioni si successero alle produzioni con rapidità inaudita, a segno che il pubblico avvezzo al nuovo, di nuovo assetato, non s’occupava più che del nuovo, per una sera tanto : e al nuovo della commedia tenne dietro per natural conseguenza il nuovo del genere : il quale poi, passando di trasformazione in trasformazione, è venuto oggi alle faticose elucubrazioni del dramma filosofico, e ai grotteschi acrobatismi della pochade. […] Finalmente, non potendo più resistere all’ inclinazione ch’egli aveva per il teatro, s’insinuò nell’ amicizia d’alcuni comici, i quali seco lo tolsero a recitare, e bravamente riuscì sostenendo con molto spirito il personaggio di Pantalone, a cui era tanto inclinato.
Egli è vero bensì che la via d’intenderli bene e di gustarli non è tanto quella della discussione, e dell’analisi, quanto quella del gusto, e d’un certo tatto squisito somministratoci dal sentimento. […] Io non poteva far conoscere a nostri musici tutti i mezzi che il ritmo appresta per l’imitazione, né poteva tampoco indicare la corrispondenza delle misure impiegate dagli antichi con quelle onde noi ci serviamo, senza metter in chiaro lume questa parte della loro musica onde mi sono inoltrato con tanto più impegno quanto più sapeva nulla essersi scritto finora di concludente su tale proposito, e M. […] Né intralascierò di indicare i luoghi ove queste suppliscono in un modo vantaggioso e superiore ancora ad una delle maggiori bellezze della lingua greca, voglio dire all’onomatopea, di cui Quintiliano ne fa tanto conto, che si lagna forte perché la lingua latina non ne sia abbastanza doviziosa. […] Io so che rigorosamente parlando v’hanno due modi, il maggiore e il minore: e contuttociò un pezzo di musica d’un genere grande rimane tanto sfigurato, ove si voglia trasportarlo ad un’altro genere quanto resterebbe un opera di gusto trasferita da una in un’altra lingua. […] [8] Io applico alla melodia quel riposo di cui son tanto gelosi i pittori e gli architetti.
1548, fu deputato il Barlacchi, il quale, trattandosi di festa fiorentina, e di esecutori fiorentini, mutò il luogo di azione della commedia, di Roma che era, in Firenze, recando così sulla scena i leggiadri e ricchi vestimenti della sua terra : e tanto piacque la rappresentazione di detta Calandra, che fattasene la replica a preghiera de’ lionesi che non la poteron vedere la prima volta, il Re e la Regina e la Corte vi intervennero inattesi, e dichiararon esser loro piaciuta la commedia assai più che la prima volta : e innanzi di partirsi di Lione il Re fe’ dare a’comici 500 scudi d’oro, e 300 la Regina, dimodochè — chiude la descrizione — il Barlacchi et li altri strioni che di Firenze si feciono venire in giù se ne tornarono con una borsa piena di scudi per ciascuno.
Ma neanche il successo di Roma (all’Anfiteatro Corea) fissò la sua carriera, sempre interrotta ; tanto che tornato a Firenze, dovette restituirsi all’antico asilo, alternando i lavori dell’oreficeria con rappresentazioni or al fianco di Papadopoli, or di Adalgisa Stacchini Santucci, or di Laura Bon.
Enrico Montazio (Il Proscenio e La Platea, Firenze, 1845) fu de' suoi più acri censori nella condanna aperta, senza mezzi termini, or de' controsensi di messa in scena, or di quel volere l’ applauso a ogni scena, a ogni parlata, a detrimento della verità, della castigatezza, del pudore : e tanto una volta invei contro l’ artista celebrato, che il Niccolini ebbe a scrivere a Maddalena Pelzet, che il Pezzana, montato in furore per le critiche del Montazio, aveva minacciato per la strada di bastonarlo.
Fratel, che tante lagrime mi costi, solo un conforto hai tu nel tuo malore ; che almen felice nel dolor tu fosti fra tanto amore.
Staccò quel tanto che occorreva per un vestito, e pagato il prezzo, senza che l’altro avesse il tempo di dirgli un « grazie » uscì precipitoso di negozio.
Non ispedite di leggieri patenti di eruditissimi a certuni, di cui o non ben conoscete il fianco debole, o conoscete bene, che non meritano tanto. […] Palliare le di lei necessità letterarie, economiche, politiche, militari, alimentarne i volgari pregiudizj, perpetuarne il letargo, è lo stesso che volerne essere a bello studio piaggiatore, cioè nemico tanto più pernicioso, quanto più occulto. […] Un pajo di Tomi del suo Viage de España valgono più di ventimila Volumi Apologetici: dapoichè questi (bisogna confessarlo) sono totalmente inutili, anzi dannevoli, perchè fomentano la desidia; quelli inspirano ne’ paesani l’amore dell’Agricoltura, la conservazione de’ Boschi, la piantagione degli alberi tanto necessaria e tanto abborrita dalla nazione, lo spirito d’industria, l’abbellimento delle Città, il vero gusto delle Arti. […] Ha bisogno delle glorie immaginarie della Letteratura Fenicia, Celtica, Greca, Cartaginese, una Nazione generosa difenditrice della propria libertà per tanto tempo contro le forze più poderose della Romana Repubblica, che tante pruove di eroico invincibile valore diede nella Guerra Numantina, e nella Portoghese sotto Viriate?
Palomba finì i suoi giorni con varie mostruosità sceniche, che servirono di esempio e di guida ad un folto sciamo di nojosissime cicale fino a tanto che cominciò a produrre le sue opere il nostro don Giambatista Lorenzi noto poeta de’ nostri giorni. […] forse dal Regolo dell’insipido Pradon tanto screditato nelle Satire del Boileau e nell’epigramma di Racine? […] Emilia innamorata di Cinna intraprende lo sconvolgimento dello stato contro al suo benefattore, per vendicar la morte di un padre; nel che si scorge cert’aria di romanzo, perchè l’ affetto filiale narrato non iscuote tanto lo spettatore quanto i benefizj presenti di Augusto, e la di lei passione per Cinna esposta agli sguardi. […] Non per tanto intorno a lui non si ascoltino gli elogj del Piccini il giovane, del sig. […] E quantunque il Metastasio non sia stato posto nella lista degli autori del conciossiacchè, egli sarà non per tanto l’originale che si proporranno ad imitare i poeti filosofi.
Ma dal l’idea complicata di società non può a ragione acompagnarsi quella di una divinità e di un culto religiosoa (malgrado de’ sofismi e delle sceme induzioni de’ moderni Lucreziani) e tali idee nel l’infanzia delle nazioni agiscono con tanto maggior vigore, quanto minore è la fiducia che allora ha l’uomo nella debolezza del proprio discorso. […] Non nasce (dicemmo) la poesia teatrale se non quando gli uomini trovansi raccolti in società fisse, quando le mura che gli circonlano, e le ceneri degli antenati per essi diventano sacre, quando i matrimonii certi e le terre dissodate con tanto sudore dirigono gl’impulsi dell’amor proprio degl’individui ad essere solleciti del corpo intero.
quel di che rea Sorte prepara a ogni contento umano, Quel di che tanto il mio desir lontano, E si vicino il mio timor facea. […] Chi sa se viva e cara tanto Brama di Noi quivi sperar si debbe !
Formò poi il padre Gaetano società con Giacomo Dorati e Giuseppe Guagni ; ma spiacendo ad Antonio di dover lasciare la direzione del Salvini, tanto si adoperò che abbandonata dopo alcun tempo quella società e la famiglia, se ne tornò collo Zocchi al posto di primo attore giovine e primo amoroso assoluto.
Ebbe Felsina in figlia, e tanto vale, che vanta anch’essa al par Saggi e Guerrieri ; e seguendo di quella i fasti alteri, le dà Palla d’onor corona eguale.
Bellissimi articoli mi scrissero tanto sulla Gassetta officiale, come negli altri fogli di Venezia.
Vuolsi ch'ella avesse una voce magnifica di soprano, e che una sera di agosto del 1825, mentre ella cantava un notturno, accompagnata al piano dal maestro Vignozzi, passando di là il Guerrazzi e il Bini, il primo, colpito da tanto accento drammatico, sclamasse : « Per Iddio, quella ragazza dovrebbe far l’ attrice. » Fu profeta, perchè pochi anni dopo, Carolina Santoni fu una illustrazione dell’arte drammatica.
A questa continuata modificazione del principal tipo, Sciosciamocca deve forse la continuata ammirazione del pubblico, che sin dalla prima apparita al San Carlino rinnovato, lo compensò di tante miserie, di tante lagrime versate, sì da fargli scrivere nelle sue nuove Memorie (Napoli, 1899) : « Dopo tutto, l’essere riuscito a far tanto ridere…. gli altri, dava anche a me il diritto di ridere un poco. » E di qual riso !
Io che invece vorrei tanto e tutto dimenticare !
Queste sono delle maraviglie che suole produrre la natura che ancor che paja diligentissima si dimostri nel distinguere le persone, nel carattere dello scrivere, nel suono delle voci, et nella forma dei volti ; contuttociò molti si sono trovati che simigliantissimi tra di loro essendo, benchè nati in paesi diversi e lontani, hanno ingannati quelli che più famigliarmente con loro praticavano ; e la prova si vede nella mia persona che tanto dite assomigliarsi a questa Celia. […] L’Alice dopo morte, mercè del sale, per gusto dell’uomo molto tempo si conserva ; e Celia benchè morta nella vostra gratia, mercè della costanza sua, per vostro gusto, credo, si conserverà vostra sino tanto che si conserverà il mondo. […] Vi scuso, o Lucio, poichè hauendoui detto che tanto assomigliate a Celia ; è ben di dovere che difendiate la causa di chi tiene la vostra sembianza.
Quanto più dunque essa attraeva il giovine, tanto meno egli sperava di potersi dare a lei col consenso paterno. […] Ma ricorsa all’allestimento di un nuovo lavoro spettacoloso : Vita, delitti e morte del celebre assassino Giuseppe Mastrilli, vinse la curiosità del pubblico, il quale fu tanto colpito dalla novità dell’opera, e sopr'a tutto dal valore artistico del Gallina, che ne sosteneva il protagonista, che per ben venti sere affollò il teatro, lasciando deserto il San Benedetto. […] A cotesto difetto, per altro, dello strafare accenna anche Francesco Righetti (op. cit.), proprio al tempo in cui il Vestri era nella Compagnia Reale Sarda, accusandone piuttosto il pubblico che l’artista ; ma poi, dopo di aver detto che Vestri sa commovere il cuore quando la circostanza d'una scena patetica lo esige, conclude : nessun altro attore in Italia, al pari di lui ha saputo destare tanto diletto nelle parti ridicole, e cattivarsi l’aura popolare.
Poteva pur mio padre mettermi a qualche altro mestiero, nel qual credo che avrei fatto miglior profitto, e senza tanto travaglio, poichè chi ha arte ha parte in questo mondo, soleva dire Farfanicchio mio compagno. […] Le caratteristiche del dominante soldato spagnuolo arrogante, rapace, violento, fanfarone, ammazzasette e storpiaquattordici, s’impadronirono, per dir così, dell’ambiente napoletano, tanto da lasciarvene traccia luminosa più tardi. […] Capitano Chi de honore è tanto degno ? […] Ogni tanto gli bisogna sentirsi accarezzar l’orecchio delle sue lodi : e si volge a’ parassiti scritturati ad hoc. […] Credete a me che haueste gran sapere Voi Dei, che ue ponesti tanto ad alto ; perchè non ho la forza col uolere.
E l’istesso Voltaire paragonò alcune tenerezze vere e decenti del Racine colle iperboli rettoriche e colle indecenze che si osservano nella Cleopatra del Dryden a Quanto a me Dryden sembrami più simile a Lope de Vega tanto per la varietà, la copia e l’irregolarità de’ componimenti, quanto per avere al pari di Lope ben compresa la delicatezza dell’arte senza seguirla. […] Si desidera però in essi scelta e venustà, e la decenza richiesta nella dipintura de’ costumi, per cui Terenzio tanto sovrasta a’ suoi posteri, l’unità di disegno nel tutto, e la verità, l’esattezza, e la precisione nelle parti: un motteggiar lepido e salso, pungente ma urbano alla maniera di Menandro che ammiriamo in Ludovico Ariosto: le grazie e le pennellate franche di Nicola Machiavelli che subito caratterizzano il ritratto: la vivacità ed il brio comico di Agostino Moreto: finalmente il gusto, l’amenità, e l’inarrivabile delicatezza nel ritrarre al vivo i caratteri e le ridicolezze correnti che danno al Moliere il principato tra i comici antichi e moderni.
Quindi è che, siasene qualunque la cagione, essi in tal modo avvivano la finzione co’ veri colori del costume che ne risulta la tanto desiderata incantatrice illusione che tiene sospesi ed attaccati alla favola gli ascoltatori. […] Mancano adunque i Cinesi d’arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare sì di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel vero30.
A me anzi parve, e pare ancora più simile a Lope de Vega, tanto per la varietà, la copia e l’irregolarità de’ componimenti, quanto per aver come Lope compresa la delicatezza dell’arte senza seguirla. […] Ma si desidera in essi la scelta, la venustà, la decenza richiesta nella dipintura de’ costumi, per cui Terenzio tanto sovrasta a’ suoi posteri; l’ unità di disegno nel tutto, e la verità e l’esattezza e la precisione nelle parti; il motteggiar lepido e salso, pungente ma urbano alla maniera di Menandro che ammiriamo nell’Ariosto; la grazia, la naturalezza e le pennellate sicure del Machiavelli che subito caratterizzano il ritratto; la vivacità, il brio comico di Moreto; e finalmente il gusto, l’amenità, la delicatezza inarrivabile nel ritrarre al vivo i caratteri e le ridicolezze correnti che danno a Moliere il principato su i comici antichi e moderni.
L'Impresa per sostenerla le fece rappresentare alcune tragedie da lei scelte, come la Rosmunda, la Medea ; ma il confronto colla signora Tessari era troppo fresco e la signora Pelzet cadde senza potersi alzare mai più ; tanto che ella stessa domandò di esser sciolta per l’anno venturo. […] Da un omaggio agli attori della Compagnia Pelzet e Domeniconi, per le recite dell’estate 1833 a Pistoja, tolgo la seguente epigrafe : a più splendida onoranza di maddalena pelzet tragica maravigliosa comica inarrivabile singolare commovitrice d’affetti per portamento e nobile gesto commendevole ; in matilde bentivoglio gelosa amante ; nella gismonda di contrarie passioni pittrice : nell’ester d’engaddi fedele e magnanima con bello esempio insegnò alle spose anteporre l’onore alla vita un ammiratore di tanto merito pubbliche gratulazioni e festivi applausi affettuosissimo porge DI GIUSEPPE MATTEI Quand’io pendo dal tuo labbro gentile, e il suon de'detti tuoi mi scende al core, sia che del vizio alla licenza vile ti faccian scudo la virtù, l’onore, sia che di fida sposa e figlia umile, o di tenera madre immenso amore t’infiammi il petto, o che cangiando stile arda tu d’ira e di crudel furore ; in estasi dolcissima rapito oltre l’usato il mio pensier veloce al Ciel s’estolle, e dopo averti udito muto io resto, nè so dir se potria bearmi il cor, più della tua, la voce di Melpomene stessa e di Talia.
Appassionato del teatro, recitò commedie tra' dilettanti della città, mostrando subito le più chiare attitudini alla scena, tanto che, occorrendo ad Antonio Sacco un Innamorato, egli ne assunse il ruolo col mezzo del soprintendente i teatri di Bologna, la primavera del 1767. […] Nel 3° volume del Teatro applaudito sono per quella stagione e su quell’attore le seguenti parole : « Fu sempre eguale a sè stesso, e sempre grande tanto nel tragico, quanto nel comico, specialmente colla parte del Re nell’Adelasia in Italia, con quella di Benetto nello Sposo veneziano rapito, e coll’altra di protagonista nel Ladislao ».
Questo fecondissimo scrittore di 150 commedie cui tanto debbono le scene Veneziane e che fa tanto onore all’Italia già vicino a smascherare e a guarire i comici, ebbe a soffrire tante guerre suscitate da’ partigiani del mal gusto e dagl’ invidiosi di mestiere, che annojato dell’ingiusta persecuzione cesse al tempo e cangiò cielo. […] , dalle quali i comici Lombardi hanno colto tanto frutto che dovea guarirli da’ loro invecchiati pregiudizj; e l’Italia prende da esse nuova speranza di vedere ristabilito e condotto a perfezzione il sistema del sig Goldoni. […] O finalmente perchè, come l’addita Orazio, la commedia porta seco un peso tanto maggiore quanto minore è l’indulgenza con cui è riguardata? […] Ora è chiaro che tanto la curva della platea, quanto l’artificio de’ palchetti contribuiscono a vedere e ad udire.
Traggono da esse i comici lombardi tanto frutto e riputazione, che finalmente saran costretti dall’evidenza a deporre il rimanente de’ pregiudizi mimici de’ loro predecessori. […] Salta agli occhi degli eruditi la di lui profonda erudizione, tanto sacra negli oratori, quanto latina e greca da per tutto. […] Ma che mai pareva ricavar da Calderón che se ne scostò tanto, spezialmente quando si gonfia e pensa di elevarsi al tragico? […] Il teatro francese prima di Metastasio non ha conosciuto altro Regolo che quello dell’insipido Pradon, poeta dozzinale, tanto screditato nelle satire di Boileau e nell’epigramma di Racine. […] Si ammirano eziandio come eccellenti esecutori del ballo grottesco il Viganò, e del serio e gentile il fiorentino Vestris che nel teatro lirico di Parigi tanti applausi riscuote fin da’ francesi in siffatto genere tanto delicati.
Della tanto applaudita Agave di Stazio ci ha conservata la memoria Giovenale, come altresì dell’Atreo di Rubreno Lappa. […] tanto trasporto? […] Questa offerta dello scettro fatta da Fedra con tanto garbo, ha servito a Racine per formarne una scena intera. […] Può non per tanto osservarsi in essa più di uno squarcio in cui è sobria la locuzione. […] Non per tanto in questo lunghissimo componimento di circa duemila versi, fra tanti concetti affettati e strani trovansene alcuni giusti, bene espressi e spogliati d’ogni gonfiezza.
Il suo nome cominciò a esser proferito con molta lode, tanto che da Foggia, per intercessione specialmente del Principe di Ruffano, passò di sbalzo amoroso ai Fiorentini di Napoli, in sostituzione di Stefano Riolo, al fianco di Prepiani, della Tessari e di Visetti.
Da piccola era alcoolica, tanto che a quattr’anni fu trovata lunga e distesa per terra, per avere bevuto un’intera bottiglia di coca.
Aristodemo ambasciadore al re Filippo, e Neottolemo tanto da questo principe favorito, erano poeti ed attori sommamente stimati in Atene, i quali mirabilmente influivano nelle politiche deliberazioni, e attraversarono le mire di Demostene. […] Incredibili erano, per conseguenza di tanto ardore e di tanta avidità per gli spettacoli, gli applausi, le ricchezze, le corone, e gli onori che a piena mano versavano gli Ateniesi su i poeti che n’erano l’anima e su gli attori che n’erano gli organi. […] Non per tanto dove i costumi mancano di una pubblica scuola teatrale che ammaestri il popolo sotto gli occhi di un provvido governo: dove il teatro, in cambio di essere scuola, fomenta le laidezze, le goffaggini, le assurdità, le bassezze, i pregiudizj, e resta abbandonato dalla gente colta e di buon gusto: dove la poesia drammatica si trascura, si pospone alle farse informi, e si avvilisce per le declamazioni degl’ imperiti, de’ pedanti orgogliosi e raggiratori, o de’ filosofi e matematici immaginarj: dove in somma si cade nell’eccesso contrario delle repubbliche Greche, ognuno vede che in un popolo così guasto si chiudono le cattedre di educazione e di morale che sono le ausiliatrici della legislazione.
Siamo pur giunti all’epoca vera, in cui la musica e la danza (che tanto diletto recavano ne’ cori teatrali ed in altre feste) congiunte alla poesia svegliarono l’idea ed il desiderio di un nuovo spettacolo scenico dopo il risorgimento delle lettere. […] Non per tanto osserva il Baile che Giacomo Rilli nelle Notizie intorno agli uomini illustri dell’Accademia Fiorentina, non fa motto di quest’Aretufa, tuttochè così diligente si fosse mostrato in quanto concerne questo scrittore. […] è non per tanto uscito da un uomo di gusto e dal settentrione dove videro il giorno il Leibnitz, il Volfio ed il gran Federigo II) nessun essere ragionevole penserebbe a cantar neppur sognanda questo sentimento, che è una massima fredda.
Perciocché quando più questa ragione multiplice aumenta, tanto più le sue grandezze s’allontanano dall’uguaglianza: e però tanto più anch’essa s’allontana dalla seconda regola, la qual vuole che si adoperino grandezze non troppo ineguali. […] Rendela in oltre ben più interessante di questa: mercecché lo spettatore tanto più ama il protagonista, quanto questi è più virtuoso. […] Dal che si vede, che quanto meno interessanti sono gli attori, tanto più deve essere in essi perfetta la pronunziazione. […] Per contentare i Greci e i romani vi volea pur tanto; e per contentar noi non ci vorrà egli per lo meno altrettanto? […] Il danzatore se ha un ballo prediletto, lo menerà in iscena, abbia pure tanto che fare col dramma, quanto la luna co’ granchi.
La nitidezza però (aggiugne) e l’ultima mano nel limare i loro parti sembra di esser loro mancata, nè tanto per loro colpa, quanto del tempo in cui fiorirono. […] Ma un comico di tanto valore e sì amico della proprietà delle voci, avrebbe senza sconcezza chiamata doppia una favola per averne raddoppiati i personaggi? […] Questa scena è tanto più vaga, quanto le cose umili sembrano meno capaci di grazia e leggiadria. […] Perchè tanta allegrezza e tanto brio? […] Già la scena spiegava tutto il lusso, il fasto e la magnificenza conveniente a un popolo arricchito delle spoglie di tanto mondo.
In tal periodo non per tanto qualche buon talento mostrò d’intendere l’arte della tragedia senza appressarsi a’ gran modelli. […] Non per tanto l’Elettra e la Semiramide si reputano dal medesimo re di Prussia tragedie de toute beauté al pari del Radamisto. […] Innamora non per tanto ed interessa il magnanimo carattere di Marianna. […] La di lui candidezza che tutto confessa, dee almeno toglierle la sicurezza che esige la vendetta; tanto più che non si tratta solo di trucidare un innocente in vece di un reo, ma il figlio stesso in vece del suo uccisore. […] Non si comporta eroicamente Bajardo umiliato chiamando con tanto fasto ed apparecchio i Francesi ad ammirarlo?
E tanto vu se brava in la soavità del canto, e ’l son più del musico Trace, e più d’Anfion.
Dell’arte sua e della sua vita abbiam testimonianza in un manoscritto contemporaneo di epigrammi (forse del Forti), da cui traggo i seguenti : A Majeroni Sei sopportabile nelle commedie, molto insoffribile nelle tragedie : giura non più rappresentar l’ Egisto, e chiedi a tanto ardir perdono a Cristo.
Alle severità della critica odierna, Antonio Cervi, dal cui opuscolo (Bologna '96) ho tratto in parte questi cenni, contrapponeva queste parole di Alamanno Morelli : « Io che ho saputo contraffare le varie interpretazioni di tutti i più grandi artisti, non sono riuscito mai a contraffare quelle del Papadopoli, tanto esse erano naturali e semplici, e di una meravigliosa efficacia. » Come uomo, egli si formò una travagliosa vecchiaja, confortata a pena da qualche sussidio strappato ai colleghi doviziosi, o che gli eran stati compagni, o che sentivan pietà della miseria sua.
Formò società fino all’ '88 con Raspantini, facendosi poi da solo capocomico con avversa fortuna ; tanto che il padre dovè corrergli in ajuto ; ma col patto ch'egli avrebbe lasciato l’arte per sempre.
Qui, come in tutta la produzione letteraria dell’Andreini, è gusto per tutti i palati : chè a dare un’occhiata alle sue opere, si potrebbe affermare non essere in alcuna di esse l’espressione ben chiara dell’ animo suo, tanto son esse d’indole svariata. […] Qualhor tentate sotto nome finto spiegar su l’alta et honorata scena forti concetti d’amorosa pena, l’animo han tutti a mirar Lelio accinto ; ma quando poi dalla sant’aura spinto sciolto d’ogni mortal cura terrena notate in carta con feconda vena carco di laude, e gloria ornato, e cinto, prepongon tanto Gian Battista a quello, per cui cinque cittadi a garra foro, quanto è di quell’ il suo miglior soggetto. […] Oggi che l’ arte è giunta a tanta eccellenza, che ci fa vedere ciò che appena l’occhio può credere, e si fa con tanta sollecitudine e destrezza, che sembra farsi per arte magica ; io queste belle stravaganze non escluderei da’ teatri, essendo fatte usuali e tanto comuni che fanno stupire lo stesso stupore : anzi l’arte supplitrice della Natura, tante ne va di giorno in giorno inventando, che per tante stravaganze può dirsi l’Arte della Natura più bella. […] La più parte delle fauole, et molte historie si possono rappresentare ageuolmente : come in Bologna vid’ io già molt’ anni introdur per intermedio uno Amphione, al suono et al canto del quale, uenivano i sassi a porsi l’ uno sopra l’ altro, tanto che ne fabricauano le mura a Thebe ; ne l’altro intermedio comparue un’ aquila a rapire un Ganimede ; vennero poi per interuallo del terzo atto deucalione Et pirra, li quali gettandosi sassi dietro alle spalle d’indi surgeuano a poco a poco fanciullini ignude. […] In una tragicomedia poi nella città nostra, vidi non ha molto, rappresentar la battaglia delli tre horatij, con li tre curiatij, con tanto arteficio condotta a tempo di moresca, con arme da filo ; che fece un superbissimo vedere.
A lei essa par bella ancor nella guisa che si raffazzonò con affettazione in tempo de’ pedanti: a me l’amore dà luogo a riflettere, che quanto più essa sarà naturale nell’abbellirsi, come fa oggi giorno, tanto più mostrerà la nativa sua maschia venustà, e trarrà a se tutti gli sguardi. […] Ella vorrebbe che il Poeta Drammatico Spagnuolo inalberasse anche oggi la bandiera Lopense e Calderonica: io vorrei che piuttosto militasse sotto colui che compose dentro la Caverna di Salamina (che a lei fa tanto orrore), e che egli osasse penetrarvi ancora seguendo le orme di Racine colla fiaccola di Luzàn.
V. a favorirmi d’una lettera per Flaminio, ma scritta di bon inchiostro, il tenore sij questo, che venga quanto prima alla compagnia e non la facci patire con le sue tardanze, e se à lasciato la moglie una volta a Roma per Franccia, tanto meglio può lassarla, non andando molto lontano ; che guardi bene a non trasgredire a suoi comandi che altrimente sarà per risentirsi, poi chè il suo gusto è che la compagnia cominci presto e guadagni bene. […] A. mentre lo ritrovano a cantare, voi fareste disperarmi, poichè sono tanto importune che non credo possa far di meno di non disperarsi leziendole, lo prego però a perdonarmi del ardire, conoscendo che il tutto nasce dalla necessità che mi stimola ad essere ardita.
Ebbe non per tanto un ingegno pieno di vigoroso entusiasmo che lo solleva talvolta presso a’ più insigni tragici, e che giustifica il giudizio datone da’ suoi compatriotti, che egli abbondi di difetti innumerabili e di bellezze inimitabili . […] Amlet restato solo riflette fra se alla criminosa precipitazione di sua madre che appena passato un mese dalla morte del re suo marito che tanto l’amava, si è congiunta in matrimonio col fratello del re, che ora ne occupa il trono. […] Tu fa in modo che il re riceva le carte che gli mando, indi vieni a vedermi con tanto diligenza, come se fuggissi dalla morte. […] Sulle prime io non sapeva intendere, come mai gl’Inglesi potessero ammirare un autore così stravagante; ma in progresso mi accorsi che aveano ragione… Essi al par di me vedevano i falli grossolani del loro autor favorito; ma ne sentivano meglio di me le bellezze tanto più singolari per esser lampi che balenavano in una oscurissima notte. […] Io tanto più di buon grado ne trascriverò qualche osservazione, quanto più mi sembra conducente a far meglio conoscere per mezzo di un nazionale il carattere del poeta drammatico inglese.
Pier Jacopo Martelli è tra nostri assai sublime ed enfatico, ma quanto egli acquista di gravità con i modi di dire, tanto ne perde per lo stucchevol vezzo delle rime come poscia confidereremo. […] Per questo riguardo può giustificarsi in gran parte chi scrisse che quanto i Francesi dovevano cedere agli Italiani per gli altri poetici stili, tanto eccedevano ne’ pregi del drammatico. […] Per lo che rimane evidente che li Francesi, non avendo avuto fino a’ nostri giorni alcun poema eroico che possa contrapporsi a più mediocri di que’ moltissimi che noi abbiamo, tanto cedono in grandezza agli Italiani quanto si lodano d’avanzarli. […] L’intenzion d’un poeta non dee tanto essere di metter sotto gli occhi un eroe perfetto; quanto di muovere utilmente la compassione ed il terrore: or che pietà potrebbe egli seguire senza il parricidio che lo riduce in condizione compassionevole? […] Ma ne’ drammi esso riesce tanto più facile; quanto i versi drammatici si scostan meno dal suono della prosa.
Chi può ricusare alle matematiche pure tutta la riconoscenza pel ritrovato del metodo delle flussioni, onde il grande Inglese e ’l di lui emolo di Lipsia renderono tanto intelligibile il gran libro dell’universo? […] E se la geometria, più che per le utili verità che insegna, si rende commendabile per l’attitudine che somministra agl’ ingegni tutti per bene e coerentemente ragionare, essa e tutte le scienze esatte contribuiranno sempre colla loro giustezza a formare i gran legislatori morali e politici tanto per ciò che l’una società debbe all’altra, quanto per quello che debbonsi mutuamente gl’ individui di ciascuna: ma esse non saranno mai nè più pregevoli nè più necessarie a conoscersi delle leggi che immediatamente gli uomini governano. […] Bettinelli come vocabolo inusitato fra’ Toscani; ma io il feci senza pentirmene, perchè quell’istantaneo girare su di un piede che fa il ballerino, è così detto in Francia cui tanto debbe la danza moderna, e s’intende in Italia, dove la cosa è trasportata senza che abbiavi sinora un vocabolo patrio equivalente.
Della tanto applaudita Agave di Stazio ci ha conservata la memoria Giovenale, come altresì dell’Atreo di Rubreno Lappa. […] tanto trasporto? […] Questa offerta dello scettro fatta da Fedra con tanto garbo, ha servito a Racine per formarne una scena intera. […] Quel trivio con tanto senno riserbato da Sofocle per la bellissima scena di Giocasta con Edipo, viene da Seneca fatto accennare scioperatamente da Creonte nella prima scena dell’atto II, senza che Edipo mostri di ricordarsi che egli in simil luogo ammazzò ancora un uomo. […] Non per tanto in questo lunghissimo componimento di circa duemila versi, fra tanti concetti affettati e strani, trovansene alcuni giusti, bene espressi e spogliati di ogni gonfiezza.
ma mi levano la speranza di poterle far servitii che da quelle me disobleghe, così la grandezza dell’animo suo pronto sempre a compiacere i suoi servitori, me dà ardire di supplicarla di una gratia ; il che tanto più volentieri mi movo a fare, quanto che questo mi porgerà occasione di poterla di novo servire.
mo Padrone, hà ottenuta là dà noi tanto desiderata licenza ; doppo esser stati per tre mesi Infruttuosi appresso questa Real Corte, è quello che piu importa anco à noi stessi, non hauendo potuto rapresentare che solo u…. sei Comedie con Pochissimo Applauso, è niente d’Vtile ; È be[nsi vero] Però che si hebbe già in due uolte per ricorso fatto alla Nos[tra] Ser.
Catone Ami tanto la vita, e sei Romano? La scena quinta dell’atto III, in cui Catone con dignità seda colla presenza sola l’ammutinamento, rende all’azione la gravità che le tolgono le troppe scene di amori tanto più intempestivi, quanto più si avvicina l’esercito di Cesare, e la ruina di Catone è imminente. […] È accolto cortesemente; ma parlandosi di un figlio che hanno perduto, mostrano essi tanto dolore, che il giovane intenerito temendo di cagionarli una commozione troppo viva col palesarsi in quel momento, si ritira per riposare, consegnando prima alla madre la cassetta con dire di guardarla contenendo cose preziose. […] Egli è però notabile che ad onta di tanti ammazzamenti, di tanto sangue e di tanti enormi delitti esposti sul teatro inglese, ogni dramma è preceduto da un Prologo rare volte serio, e seguito da un Epilogo ordinariamente comico anche dopo i più malinconici argomenti. […] Non sono perfette porzioni di cerchi, ma di poligoni tanto la parte anfiteatrale quanto gli scaglioni della platea.
E volete Voi dare ad intendere a’ vostri compatrioti, che se gl’Italiani fossero stati sì avvezzi alle arlecchinate, e se ne fossero tanto compiaciuti, avrebbero abbandonato il Teatro e l’Arlecchino nelle vostre Commedie sostituito al Grazioso? […] Perciò il Bibliotecario Nasarre tanto si distese negli spropositi di Lope e Calderòn. […] Passiamo a dir qualche cosa intorno alla fecondità di Lope tanto esaltata dal Signor Lampillas. […] Non per tanto io son di avviso, che se il Goldoni prese di mira il sistema della Commedia di Lope, forse ciò fu nelle prime sue favole, che scrisse pel Teatro Istrionico allora assai corrotto, delle quali fa egli menzione, se non m’inganna la memoria, nella Prefazione citata dal Lampillas. […] Disingannatevi leggendo la sua Commedia Il Teatro Comico, ove si ride degli antichi pregiudizj Istrionici, e mette in bocca del Capo di Compagnia tutte le regole conosciute tanto per comporre, quanto per rappresentare.
Lasciando di favellare delle sue prime tragicommedie la Criseide, la Silvia, e la Silvanira, ossia la Morta viva, egli sulle tracce del Trissino produsse la sua Sofonisba; e benchè nell’imitarlo variasse la condotta della propria favola, osservò non per tanto le tre unità1; ed il popolo nella rappresentanza seguitane nel 1629, ad onta de’ difetti che vi notò, e della debolezza dello stile, ne sentì il pregio, e l’applaudì. […] Incresce non per tanto che a conseguire un pieno effetto in tutti i tempi, si oppongano le due seguenti osservazioni. […] La Fosse ne ravvivò il languore, e pieno com’era della lettura degli antichi Greci e Latini fe rappresentare ed imprimere nel 1696 Polissena sua prima tragedia applaudita e ripetuta, e non per tanto censurata con poco fondamento, contando anni quarantatre di sua età. […] Non per tanto dal racconto fattone in quest’articolo apparisce a quali stravaganze siesi abbandonato il teatro lirico francese, mal grado dell’ottimo effetto che hanno prodotto le traduzioni e le imitazioni di qualche opera del Metastasio colà recitata colla musica de’ nostri ultimi celebri maestri.
Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo: che vi si trova uguale ignoranza delle favole Omeriche e de’ tragici antichi: che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia, ignorando che la sacrificata Ifigenia per miracolo di Diana ignoto a’ Greci dimorava nel tempio della Tauride: che la stessa Briseida lo prega ad intenerirsi, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas, colle quali parole par che attribuisca al ferro le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare: che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni (los pajaros parleros sean mudos testigos): che il medesimo dice di avere appreso da Ulisse à despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa non può dire se non con ispirito profetico, perchè Ulisse non si preservò dalle sirene se non dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja: che anche profeticamente l’istesso Achille indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma niuno gliel’ ha detto: che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo: in fine che l’autore dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’ annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille? […] Yriarte: Pues uno eleva tanto El estilo en asuntos familiares, Que aun suele para rusticos cantares De heroicas arias usurpar el canto: Otro le zurce vestidura estraña De retazos ni suyos ni de España &c. […] Del real teatro che prende il nome dal Ritiro su l’architetto Giacomo Bonavia; ma il Bolognese Giacomo Bonavera in compagnia del Pavia lo ridusse nella forma presente tanto per farvi maneggiare le mutazioni delle scene non sopra del palco ma sotto di esso nel comodo e spazioso piano che vi soggiace; quanto per agevolare l’apparenza delle macchine ch’egli inventava. […] Egli (non senza il solito ricco corredo di villanie) conchiuse che nella mia Storia io dovea verificare le importanti particolarità istoriche da lui accennate (cioè se il nastro della Ladvenant era di color di solfo o di oro, se i commedianti facessero un solo corpo come una sola cassa, se il nome di Chorizos venisse dalle salcicce che mangiava Francho) e non perdere il tempo nella parte critica que tanto resplandece nella mia opera; perchè critica nel vocabolario di Huerta equivale a satira, a maldicenza, ed è pruova della mia poca istruzione e dell’intenzione poco retta.
Se dicessero (e vedrete che tanto dà loro noia il successo che lo diranno) se dicessero che la commedia non vale un soldo, che talento in zucca non ne avete…. e voi lasciateli dire. […] Ora sto per partire – e vi scrivo – cosa che non ho fatto arrivando, perchè ero tremante, e avevo paura. – Avevo paura, non ve lo nascondo. – Che volete…. io sono ancora impressionabile…. e l’ambiente può tanto sopra di me. – Lontana dal teatro – dalla famiglia artistica, sola – lungo il mare – che ne fa tanto capire la nostra piccolezza, mi pareva che non avrei più saputo rendere l’espressione d’un’arte – che ha qualche volta delle ritrosie, dei silensi così penosi…. per me ! […] Essi eran la traduzione incosciente, impulsiva del loro amore per la loro arte, era tutto un omaggio di commozione che mandava oltre l’artista di passaggio, era il loro ideale ch’essi salutavano, era la loro arte nobilitata, dinnanzi alla quale si sentivan fatti più grandi essi stessi, e la quale dava loro tanto orgoglio !
ma la prego a proteggermi, et a compassionarmi, e uietar ch’io sia con li sudetti leandro e brighella, che sarà tanto, quanto il conseruar la uita, e la salute dell’Anima, ad una sua riuerente serua.
Sono per tanto rissoluta di più tosto starmene a Casa p. quest’ Estate che andar fuori ad impegnare quel pocco che ho, a suo tempo seruirò V.
Da lungo tempo durava la tresca fra il Catrani e l’Angelica, se v'era di mezzo un figliuolo di sei anni, tenuto sempre dal Catrani che l’amava, e or per vendetta disputatogli al Duca dal Martinelli, il quale non cessò mai di vituperar la moglie, scacciandola di casa, e obbligando così il Catrani stesso a provvederla di un letto e lasciarli tanto da alimentare il figliuolo, se non volea che andasse mendicando, ovvero aprisse bottega pubblica.
Cancellare l’impressione dell’incomparabile artista, non era facil cosa ; e il Taddei su le prime andò poco a verso a' Torinesi, tanto che il Vestri, senza il rapido avanzar del male, avrebbe ripreso il suo posto.
Deh qual è a tanto duol termin prescritto? […] L’atto quarto, in cui comparisce l’Ombra di Dario, è un capo d’opera con tanto senno contrastandovi coll’ambizione di Serse il governo di Dario ch’era divenuto pacifio, la prudenza del vecchio colla vanità del giovane regnante, e con tale delicatezza mettendovisi in bocca di sì gran nemico le lodi della Grecia. […] Per questo rigore usato seco Eschilo si disgustò di Atene sua patria, tanto più quanto cominciarono ad applaudirsi le tragedie del giovane Sofocle.
Del real teatro mentovato nel precedente capitolo che prende il nome dal Ritiro, fu l’architetto Giacomo Bonavia; ma il bolognese Giacomo Bonavera in compagnia del Pavia lo ridusse nella forma presente, tanto per farvi maneggiare le mutazioni delle scene non di sopra del palco, ma di sotto di esso nel comodo e spazioso piano che vi soggiace, quanto per agevolare l’apparenza delle macchine che il Bonavera inventava. […] Egli (non senza il solito ricco corredo di villanie) conchiuse che nella mia Storia io dovea verificare le importanti particolarità istoriche da lui accennate (vale a dire, se il nastro dispensato dalla Ladvenant era di color di solfo o di oro, se i commedianti facessero un solo corpo come aveano una cassa, se il nome di Chorizos venisse dalle salcicce che mangiava Francho, e se quello di Polacos veniva dalla notizia che Huerta sapeva e che non voleva dire ) in vece di perdere il tempo nella parte critica que tanto resplandece nell’opera del Signorelli, perchè critica (si noti la sapienza in ogni cosa che proferisce don Vicente) nel vocabolario di lui equivale a satira, a maldicenza, ed è pruova della poca istruzione e dell’ intenzione poco retta del Signorelli. […] Certo è che dopo di tal raccolta manca ancora a sì culta nazione una scelta di componimenti teatrali ragionata, campo ben glorioso da coltivarsi da un letterato filosofo nazionale fornito di gusto, di buona fede, d’imparzialità, di lettura e di senno, il quale sappia sceglier bene, e vagliar meglio non tanto i difetti, quanto le bellezze de i drammi.
Quindi è che, siasene qualunque la cagione, essi in tal modo avvivano la finzione co’ veri colori del costume, che ne risulta la tanto desiderata incantatrice illusione che tiene sospesi ed attaccati alla favola gli ascoltatori. […] Mancano dunque i Cinesi di arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare sì di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande, atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel veroa L’ultima opera del riputato Guglielmo Robertson sulla Conoscenza che gli antichi ebbero del l’India, ci presenta nel l’Appendice la notizia di un altro dramma orientale scritto intoruo a cento anni prima del l’era Cristiana.
Le pastorali uscite ne’ primi anni del secolo si avvicinarono a quelle del precedente tanto ne’ pregi di semplicità e regolarità di azione e di eleganza e purezza di linguaggio, quanto ne’ difetti di languidezza e di stile troppo lirico ed ornato. […] Non per tanto il Bonarelli compensa con varie bellezze sì la scelta di quel possibile straordinario che i difetti dello stile; e tali bellezze la preserveranno dalla totale dimenticanza.
Le sue più grandi creazioni furono Aristodemo, Icilio nella Virginia, Arminio del Pindemonte, e l’Egisto tanto nell’ Oreste che nell’Agamennone : sublime poi, anzi unico – afferma Fr. […] Ed or per te rivive a noi quel tanto Prode Roman, che un di a l’aratro tolto Tornò guerriero in dittatorio manto.
Non ci voleva che un pari suo, egregio tanto nel comporre, che nel recitare, il quale potesse donare all’ Italia un libro tanto utile e dirò, necessario….
S. a gratiarlo che non sij sforzato a far arte di tanto suo pregiuditio, e non dubita d’ ottener ciò, sapendo quanto l’A. […] A. il Riccoboni, che aveva già cominciato a far tanto parlar di sè pe' suoi tentativi di Riforma del Teatro Italiano, sostituendo alla Comedia dell’ arte, buone opere scritte, tolte dall’ antico repertorio, quali Sofonisba del Trissino, Semiramide di Muzio Manfredi, Edipo di Sofocle, Torrismondo del Tasso, e altre, e altre, che troppo sarebbe voler qui enumerare, le quali allestì al pubblico con molto decoro, e recitò con molto valore. — A proposito della recitazione tragica, è opportuno riferire quel che dice Pier Jacopo Martello nel volume I delle sue opere (Bologna, Lelio dalla Volpe, MDCCXXXV) : ..… ti vo'dar gusto con sentenziare, che l’ Italiano va a piacere con più ragione degli altri, se più commozione dagli Franzesi, e più gravità dagli Spagnuoli prenderà in prestito nelle Scene.
Ma un comico di tanto valore e sì amico della proprietà delle voci, avrebbe senza sconcezza chiamata doppia una favola per averne raddoppiati i personaggi? […] E tanto bella più tu la diresti, Quanto nulla ha che sua bellezza aiti. […] Questa scena è tanto più vaga, quanto le cose umili sembrano meno capaci di grazia e bellezza. […] Perchè tanta allegrezza e tanto brio? […] Già la scena spiegava tutto il lusso, il fasto e la magnificenza conveniente a un popolo arrichito delle spoglie di tanto mondo.
Ma il numero tanto di questi che delle commedie apparisce molto maggiore perchè gliene attribuirono altre non sue per accreditarle col di lui nome. […] E a tanto orror giugner potesti Senza temere i fulmini del cielo? […] Moreto non per tanto pieno di buon senso vide molti difetti del teatro spagnuolo, e più di una volta ne rise. […] Essa è tanto regolare quanto gl’ Impegni in sei ore di Calderòn; ma è più semplice, meno caricata di accidenti, e non meno dilettevole. […] Non per tanto M.
Differiscono tanto gli odierni spettacoli scenici di Costantinopoli dagli antichi e da’ nostri, quanto da Atene il borgo di Setines.
Laonde noi quì distingueremo sempre i Provenzali dagli Spagnuoli; tanto più che ci sembra ingiusta e sconvenevol cosa il distendere il giudizio del Fontenelle, intorno all’ignoranza de’ Trovatori Provenzali, anche alle provincie Spagnuole.
Laonde noi quì distingueremo sempre i Provenzali dagli Spagnuoli; tanto più che ci sembra ingiusta e sconvenevol cosa il distendere il giudizio del Fontenelle, intorno all’ignoranza de’ trovatori Provenzali, anche alle provincie Spagnuole.
Il Sand che a pagina 52 della sua introduzione a Masques et bouffons (Paris, 1860), parlando della Compagnia del 1653, dice : « vi troviamo attori che eran già venuti in Francia più volte, come Fiorilli, Locatelli, Brigida Bianchi, » avrebbe certo fatto alcuna menzione di quell’Adami già tanto celebre.
Battaglia Carlo), non aveva compiuto i quindici anni, quando nella Compagnia di sua madre e del patrigno Francesco Toffoloni, entrò a sostenere il ruolo di prima donna ; nel quale tanto e in sì breve tempo s’innalzò, che Salvatore Fabbrichesi la scritturò nelle veci di Anna Fiorilli Pellandi, quando questa s’unì in società con Paolo Belli-Blanes : e seppe la Cavalletti vincere allora con l’arte sua calda e spontanea la reluttanza del pubblico milanese che credeva di dover sempre sentire la mancanza della celebre artista.
Tutti i primi comici, sappiamo, furon mimi e suonatori e cantanti ; e l’agilità dei movimenti era tanto apprezzata, quanto la trovata di un motto arguto….
Circa il Padre Francesco non occorre che uenghi a Mantoua perchè lo fariano prigione è se l’ esaminarano li essami non si confrontariano dell’ uno e dell’ altro è potrebbe succedere del danno tanto al Sig.
Appena adolescenti, prendevano per passatempo il passeggiare sul cornicione della loro casa, portando sulle spalle enormi pesi, a rischio di cascare nella strada, sfidandosi a vicenda sull’entità del peso da sollevare o sul maggior tragitto da percorrere tanto più preferito quanto più irto di pericoli, specie allorchè lasciando il passeggio usuale salivano addirittura sul tetto…. paterno e su quelli delle case vicine.
Acconciavasi da sè non trovando un parrucchiere tanto paziente che potesse reggere alle sue stravaganze.
Non per tanto, qualora venisse adoperata con profitto, ella ci sembrerebbe degna di discolpa avendo riguardo ai pregiudizi volgari ricevuti da tante nazioni; ma l’ombra di Nino cede di gran lunga all’ombra di Dario di Eschilo. […] I caratteri di Catilina, Cesare, e Cicerone son bene espressi in Roma Salvata; ma una finzione ad ogni passo smentita dalla storia certa e conosciuta, non fa nascere l’illusione cercata con tanto studio. […] Lo scoglimento corrisponde alle grazie di quest’eccellente commedia, nella quale si motteggia con tanto garbo su di un ridicolo comune a tutte le nazioni colte, il quale infelicemente fu maneggiato dal signor Goldoni nella commedia de’ Poeti. […] Un altro dramma musicale di Gian-Giacomo Rousseau merita che sia commemorato qui, ed é la di lui graziosa pastorale, intitolata Le Devin de Village, opera assai pregiata per la sua delicatezza e semplicità tanto nelle parole, quanto nella musica composta dall’autore stesso245. […] Il fanatismo, e ’l veleno de moderni irreligiosi filosofisti francesi si é tanto avanzato che ha guasto e cancrenato tutte le parti della letteratura.
Il che tanto più volentieri eseguirò quanto più opportuna comprendo essere siffatta investigazione alla facile intelligenza di quanto dovrò in appresso narrare, e più scarsamente del bisogno veggo trattarsi dagli scrittori italiani un sì ampio e sì interessante argomento. […] [14] Da ciò ne siegue che la melodia della lingua e del canto italiano è la più viva e sensibile di quante si conoscano, perocché traendo questa nobilisima parte della musica da sua origine, e la sua forza dalla imitazione trasferita al canto delle diverse successive inflessioni, che fa l’uomo nella voce ordinaria, allorché è agitato da qualche gran passione, ed essendo esse inflessioni tanto più variate, e moltiplici quanto maggiore è la varietà degli accenti nella sua pronunzia; egli è per conseguenza chiarissimo, che più espressiva sarà la melodia a misura, che la lingua sarà più abbondevole e varia in questo genere, perché l’imitazione della natura diverrà più perfetta. […] [19] La seconda, della immaginazione pronta e vivace, che tanto influisce sul naturale degli Italiani, la quale fra le molte modificazioni degli organi destinati all’esercizio della parola trova subito quelle, che alla maniera loro di concepire maggiormente si confanno. […] [NdA] Si permetta all’amore della verità e della patria soggiungere due parole intorno al pregiudizio di questo scrittore sulla lingua spagnuola; tanto più che non si è fermato soltanto in Francia, ma, valicando le Alpi ha penetrato ancora in Italia dove si crede comunemente, che la lingua spagnuola sia piena di fasto, e di boria, in niun modo acconcia ad esprimere la dilicatezza, e l’affetto. […] Un intiero volume potrebbe scriversi contro a sì leggiera asserzione, nel quale si proverebbe ad evidenza: Che la pronunzia gutturale della nostra lingua si riduce a tre sole lettere delle ventiquattro, che compongono l’alfabeto, cioè “x”, “g” e “iota”; che il loro suono, quando vien proferito da bocca castigliana la sola depositaria fra noi del bello e colto parlare, è meno aspro, e men rozzo di quello, che sia la pronunzia del popolo più colto d’Italia cioè del fiorentino nel pronunziare in “ca”, dov’essi fanno assai più sentire la gorgia; che la frequenza di esse lettere non è tale, che non possa agevolmente schivarsi, ove si voglia comporre per il canto; che appena la terza parte delle parole spagnuole finisce in consonante, e per ben due terzi in vocale; che esse consonanti finali sono le più dolci, e soavi dell’alfabeto, per esempio “s, d, l, n, r”, ove la pronunzia niuno trova, o pochissimo intoppo; che le consonanti più ruvide, e meno musicali tanto adoperate dai Latini, dai Francesi e dai popoli settentrionali, come sarebbero “f, p, t, c, b, k, g, m, ll, rr” sono affatto sbandite in fine delle nostre parole; che niun vocabolo termina con due consonanti in seguito, come avviene agl’Inglesi, Tedeschi, Francesi e Latini; che però siffatte terminazioni rendono la notra lingua maestosa, e sonora senza renderla per questo men bella, come le frequenti desinenze in “-as, -es, -os” non toglievano alla lingua greca l’esser dolce, e soavissima; che quasi tutti i vantaggi insomma, che sono stati da me osservati nella lingua italiana circa la netezza de’ suoni, gli accenti, e la prosodia si trovano appuntino nella spagnuola, come si dovrebbe da un filosofico, e imparziale confronto, se l’opportunità il richiedesse.
Preserveranti i numi a quai tanto somigli. […] Nel quinto riprende tanto di forza quanto permette la determinazione di Seila che vuol rimanere offerta volontaria in olocausto. […] Ella sviene, e ripigliando l’uso de’sensi si trova tralle braccia del tanto sospirato e pianto consorte. […] Di tanto non faceva mestieri con un traditore qual è Jemla perchè scoprisse Dara. […] Non per tanto l’autore non ha negletto questo punto importante.
In tal periodo del XVIII secolo mentre trionfava nella teoria, e nella pratica della musica il celebre filosofo Rousseau, si segnalò tanto in pratica che in teorica il riputato Rameau, ed i matematici profondi, le Sauveur, e d’Alembert, e de la Grange fecero ammirare gli esami musicali nella più colta Europa. […] Niuno ignora i meriti di Noverre tanto per le lettere che scrisse intorno all’arte sua, quanto per l’invenzione di varii balli, e pel modo di ballare, potendosi contare tra’ primi ristoratori dell’arte pantomimica, con aver rinnovata la muta rappresentazione con gesti e con passi graziosi e naturali misurati dalla musica in azioni compiute eroiche e comiche. […] Non incresce tanto in tal componimento un buon numero d’incoerenze, ed il piano mal congegnato, quanto il pessimo esempio che ne risulta per chi v’assiste, per cui meriterebbe d’escludersi dalle scene mal grado della riuscita che ebbe sul teatro dell’Opera comica della strada Favart. […] La Fille en lotterie è componimento male avviluppato, che ha però alcune strofe ed arie piacevoli tanto di poesia quanto di musica.
Dove a noi, che siam privi di tali aiuti, ne convien stare dentro a più ristretti termini; se già non si voglia alzar la voce a guisa di banditore ed isforzarla; che tanto è a dire se travisare non si voglia ogni verità nella rappresentazione. […] Vuolsi ancora dall’interno del teatro sbandire quella maniera di ornati, tanto alla moda in Italia, che rappresentano ordini di architettura; pedanteria, che abbiamo redata dal secolo del Cinquecento, in cui né scrivania facevasi, né armadio senza porre in opera tutti gli ordini del Coliseo.
Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi, e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo; che si trova in quest’atto secondo uguale ignoranza delle favole, ed invenzioni Omeriche, e degli antichi tragici; che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia; ignorando che la sacrificata figlia di Agamennone per miracolo di Diana ignoto a’ Greci si trova viva trasportata nel tempio della Tauride; che l’istessa Briseida la prega di volersi intenerire, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas; colle quali parole attribuisce al ferro che non è rovente, le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare; che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni, los pajaros parleros sean mudos testigos che lo stesso Achille dice di avere appreso da Ulisse â despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa dimostra di possedere uno spirito profetico, perchè Ulisse si seppe preservare dalle sirene dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja; che l’istesso Achille pure profeticamente indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma del La Cruz niuno glie l’ha detto; che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo; in fine che La Cruz dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso, cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille? […] Odasi il nominato Yriarte : Pues uno eleva tanto El estilo en asuntos familiares, Que aun suele para rusticos cantares De heroicas arias usurpar el canto Otro le zurce vestidura estraña De retazos ni suyos ni de España.
Nella recitazione alle Logge di Firenze (il gennaio del ’93) della Pamela nubile in memoria del primo centenario della morte di Carlo Goldoni, con Tommaso Salvini Bonfil, ella, fedele interprete degli intendimenti artistici di un tanto maestro, mostrò a qual grado di perfezione si possa salire. […] » Come nella vita così sulla scena soddisfa e rinvigorisce tutto ciò che è frutto della propria operosità, tanto più adorato quanto più contrastato.
Chi tanto avea felicemente tentato, avvezzo già alla lindura delle opere degli antichi disotterrate, non tardò col confronto ad avvedersi della rozzezza de’ proprii drammi, e conchiuse che più efficace espediente si richiedeva per richiamare in trono Melpomene e Talia. […] Antonio Mureto, benchè per nascita all’Italia non appartenga, avendo non per tanto qui composta la sua tragedia Julius Cæsar, stimiamo più opportuno registrarla fralle molte latine degl’ Italiani, che lasciarla sola nel teatro Francese di questo secolo. […] Io non debbo dissimulare questo neo della tragedia del Tilesio; ma non è giusto poi lo spregiarla tanto, come al tri ha fatto, per questo episodio. […] Egli che tanto affettava d’insistere sull’osservanza delle regole di Aristotile, in quale aforismo di quel grande osservatore avea appreso che il carattere tragico consista nella modificazione de’ costumi e non già nella qualità delle passioni? […] Vivrò con tanto scorno?
Quanto più siamo persuasi della sagacità dell’ingegno spagnuolo nel trovar nelle cose il ridicolo, come altresì dell’eccellenza della ricchissima lingua di tal nazione che si presta con grazia e lindura alle festive dipinture de’ costumi, tanto maggior maraviglia ci reca il veder in quelle contrade sì negletta la buona commedia in questo secolo, in cui anco nel settentrione vanno sorgendo buoni imitatori di Terenzio, Machiavelli, Wycherley e Moliere. […] Tu la memoria almen di tanto affetto Serba, mia cara; altro da te non bramo. […] Io converrei seco loro per la seconda fino a tanto che l’autore non vi sfumasse certe tinte d’ipocrisia troppo risentite, onde per altro ben s’imita l’abuso che fanno i falsi divoti delle pratiche e dell’espressioni religiose.
Ecco come ne favellò presso l’Alcionio Giovanni Medici essendo cardinale: Sovviemmi di avere nella mia fanciullezza udito da Demetrio Calcondila peritissimo delle Greche cose, che i Preti Greci ebbero sventuratamente tanto di credito e tale autorità presso i Cesari Bizantini che per di loro favore ebbero la libertà di bruciar la maggior parte degli antichi poeti, e specialmente quelli che parlavano di amori; alla qual disgrazia soggiacquero le favole di Menandro, Difilo, Apollodoro, Filemone, Alesside.
Il Vondel si è distinto fra’ suoi per alcune tragedie al pari di Cornelio e di Shakespear, benchè a questi tanto inferiore.
Ecco le parole del Brofferio al proposito di un suo lavoro giovanile, La saviezza umana : …… Bazzi ponea mano alla rappresentazione ; e allora la commedia era sua, allora con uno zelo, con un amore, con una intelligenza che non era in altri che in lui, metteva tutto in movimento, e l’autore vedeva sotto i suoi occhi trasformarsi quasi per incantesimo il proprio lavoro, e i suoi pensieri si animavano, il suo dialogo si vestiva di arcane significazioni, le sue scene si succedevano cosi naturalmente che era una maraviglia, e i suoi personaggi si sentivano trasfuso nelle vene tanto sangue che il medico avrebbe perduto il suo tempo.
Fatto poi questi pubblicare dal Bettinelli il teatro di Goldoni, senza il di lui consenso, tanto egli se ne asprì che ruppe il contratto, passando a scrivere pel Teatro San Luca : e ciò fu al 15 febbraio del 1752.
Di qui nacque una festa, un sagrifizio, un convito rinnovato ogni anno in tempo di vendemmia, nel quale la licenza del tripudio e l’ubriachezza svegliarono quella satirica derisione scambievole, che piacque tanto, e che perpetuò la festa. […] E acciocché tutto concorresse all’illusione, che tanto importa per disporre gli animi alle commozioni che si pretende eccitare, volle che si dipingesse il palco24, probabilmente per mettere alla vista il luogo dell’azione. […] Non per tanto agli occhi de’ moderni può parere orribil cosa il veder due figli tramare ed eseguire l’ammazzamento d’una madre benché colpevole. […] Non per tanto bisogna retrocedere almeno venti secoli per giudicar diritto perché un sì gran maestro, come Euripide, non avrà presentato agli occhi de’ greci cosa che potesse contraddire i loro costumi e l’opinioni dominanti. […] Osservisi in tanto che nell’atto IV Ermione e Oreste fuggono da Ftia per andare a Delfo a uccider Pirro, e nell’atto V si narra in Ftia quest’uccisione già avvenuta in pochissimo tempo, e vien portato il cadavere di Pirro; sconcezza che offende la verisimilitudine.
Questo fecondissimo scrittore di circa cencinquanta commedie, cui tanto debbono le scene veneziane, e che tanto fe onore all’Italia, era già vicino a conseguire, che i commedianti deponessero per sempre le maschere. […] Ora è chiaro che tanto la curva della platea quanto l’artificio de’palchetti contribuiscono a vedere e ad udir bene. […] Cessino dunque codesti censori che non sanno far meglio, e piggiorano ad occhio, cessino di riprendere chi tanto e tanto ha meritato. […] E tanto ardisci ! […] Ne porgo per tanto l’avviso a V.
Egli accompagnò, a qualunque titolo, Alonso Ojeda; ma per essere un esperto navigatore ed eccellentemente versato nellà scienza marittima ,non si acquistò tanto credito fra i suoi compagni, che gli accordarono volentieri una parte principale nel dirigere le loro operazioni in quel corso ? […] Non è questo anzi l’ordinario effetto del rigiro e della cabala tanto più potenti quanto più vaste sono le corti?
Egli accompagnò, a qualunque titolo, Alonso Ojeda; ma per essere un esperto navigatore ed eccellentemente versato nella scienza marittima, non si acquistò tanto credito fra i suoi compagni, che gli accordarono volentieri una parte principale nel dirigere le loro operazioni in quel corso? […] Non è questo anzi l’ordinario effetto del rigiro e della cabala tanto più potenti quanto più vaste sono le Corti?
., onde habbiamo di comune gusto e consenso riaccettato la sig.ª Valeria tra di noi, con la quale di nuovo uniti cercheremo di mantenerci in quella pace tanto a noi necessaria, e con tanta fatica per nostro honore da V. […] Per tanto V.
Egli è non per tanto per questa medesima ragione che si allontana talvolta dal vero dialogo drammatico. […] Timante quel Greco pittore tanto vantato da Cicerone trasportò nel suo famoso quadro questa felice situazione. […] Non per tanto si dee riflettere che Euripide era un gran maestro, nè avrà egli presentato a’ suoi compatriotti una cosa che potesse contradire ai loro costumi e alle passioni dominanti di que’ tempi. […] Il morbo fu contagioso, e potè contribuirvi tanto la vivacità e l’energia di quel l’attore quanto l’azione del Sole e la natural debolezza delle teste Abderite. […] Crudelitas fati tanto ingenio non debita , dice Valerio Massimo lib.
Meritava al certo le cure di sì valorosi antiquarii una nazione che avea dominato in Italia prima de’ Romani e de’ Galli, che fiorì prima della stessa Grecia (Nota I), e che colla lingua, i riti, le arti e le usanze tanto contribuì all’origine e alla coltura dell’antica Roma.
E tanto riuscì come attore nella riproduzione ammodernata del Senex latino, che fu poi il Pantalone, o del Pedante, che fu poi il Dottore [se ci facciamo a ricordar le lettere sue, nelle quali è sparso in larga copia l’elemento di quella lingua a travestimenti che fu poi nella Commedia dell’arte detta Graziana (V.
Efficace in tutte queste cose fu il potere del suo ciglio e tanto animato il volto che bastava vederla una sola fiata per non dimenticarla più mai.
Ma gli scriventi, dopo di avere annunziato essere in trattative con certo Don Ferdinando Baldese per la stagione di Pasqua a Napoli, ove sarebbero andati a tutte sue spese con teatro e abitazione per la Compagnia, pagati, e con altre condizioni molto vantaggiose, si dichiarano pronti a eseguire gli ordini di Sua Altezza, raccomandandosi in ogni modo, acciocchè voglia somministrar loro il bisognevole per fare un viaggio tanto dispendioso.
Nevio non per tanto pieno della lettura de’ Greci e della loro mordacità ardì satireggiare Metello ed altri illustri Romani, e fu imprigionato per ordine de’ Triumviri. […] Catone, secondo Cornelio Nipote, lo trasse dalla Sardegna, e il di lui acquisto si stimò da’ Romani tanto pregevole, quanto qualsivoglia amplissimum Sardiniensem triumphum. […] Non per tanto l’Anfitrione, come testifica Giambatista Pio nel suo comento, per consenso de i dotti si reputa la migliore delle commedie Plautine per la forza, la proprietà e e la Salsa facondia che regna nell’elocuzione, e per la sontuosa abbondanza dello stile veramente latino. […] Havvi non per tanto in questa favola molta vivacità comica. […] In tanto si vuole osservare che Euclione nel fine dell’atto terzo dice volere andare a nascondere il suo tesoro nel tempio della Fede, e nella seconda scena dell’atto quarto egli comparisce nel luogo dove ha detto volere andare.
Ma Elisabetta che dal suo racconto ha bevuto tanto veleno, trasportata le favella come una Regina gelosa che senza confessarlo ne ispira tutto il terrore. […] Essa è tanto regolare quanto gl’Impegni in sei ore del Calderòn; ma è più semplice, meno caricata di accidenti, e non meno dilettevole. […] Non per tanto m. […] Questo personaggio capriccioso che tal volta eccede e si rende inverisimile e tocca il buffonesco della farsa, è non per tanto interessante pel valore di cui è dotato, e per la fedeltà che in ogni incontro mostra verso il sovrano. […] Ciò è tanto più sconvenevole, quanto più Jarba che viene in iscena sì tardi, si dimostra ben lontano da ogni fierezza, dotato di un cuor compassionevole e religioso.
Se il servo affetta tanto l’uomo d’ingegno e d’importanza, che farà il padrone? […] Nel Pluto si ravvisa un nuovo genere comico; poiché più non si favella degli affari pubblici; e quantunque si nominino tuttavia i particolari, e se ne faccia il ritratto, sono non per tanto motteggiati moderatamente, e dalla sola finzione nasce tutta la piacevolezza. […] Freron in difesa d’Aristofane maltrattato da un certo M. de Chamfort nell’Elogio di Molière: «Aristofane, le cui commedie empivano con tanto applauso il teatro ateniese 436 anni prima dell’Era Cristiana, é il più gran poeta comico dell’antichità. […] Tanto lo spirito di Perrault, cieco e affettato ammirator de’ moderni galli, e spregiator degli antichi greci e latini ch’esso poco o nulla conobbe, passando di mano in mano per tanti e tanti criticastri, ha invasata e corrotta la maggior parte de francesi, fra’ quali oggigiorno tanto abbondano i Castilhon, e i Chamfort47!
Quanto più siamo persuasi dell’acutezza dell’ingegno spagnuolo nel trovar nelle cose il ridicolo, e dell’eccellenza della ricchissima lingua di tal nazione che si presta con grazia e lindura alle festive dipinture de’ costumi; tanto maggior meraviglia ci reca il vedere in quelle contrade sì negletta la buona commedia nel secolo XVIII, in cui anche nel settentrione vanno sorgendo buoni imitatori di Terenzio e di Machiavelli, Wycherley e Moliere. […] Questo nome si vuole anagramma di Tommaso Yriarte, di cui parleremo da quì a poco; ma se egli ricusò di riconoscere per sua tal commedia, non è giusto attribuirgliela, benchè gli appartenga, tanto più che egli si è nominato in altre due favole. […] Tu la memoria almen di tanto affetto Serba, mia cara; altro da te non bramo. […] Ma perchè rifiutarono per tanto tempo la prima?
Cotal rinforzamento unito alla più lunga dimora della voce sulle rispettive sillabe, che ne era una conseguenza, fece rallentar tutti i’ tuoni, frapporre più lungo intervallo tra i passaggi non meno di sillaba a sillaba che di suono a suono, e alterar così la durata de’ tempi tanto nella poesia quanto nella musica. […] Qualche secolo dopo, cioè a’ tempi di papa Adriano s’eccitò la tanto celebre lite fra i cantori romani e francesi circa il primato del canto, volendo questi introdurre in Italia la loro rozza maniera di modulare, vantandosi quelli all’incontro di essere i soli e veri maestri della musica perché seguitavano la scuola di San Gregorio, ed onorando i loro rivali col modesto titolo d’ignoranti, zotici, e somiglianti ai bruti animali. […] Non sarebbe inverosimile che gl’Italiani l’avesser trovata, sì perché non sembra probabile che avesser musica da tanto tempo senza conoscer quelle cose, che sono indispensabili a ben regolarla, come perché le invenzioni di Guido a quelle altre agevolmente conducono. […] Basta leggere nel primo atto d’una delle sue commedie intitolata le Rane il burlesco e licenzioso dialogo tra Ercole e Bacco per conoscere qual conto facessero degli dei tanto il poeta, che metteva in bocca loro simili oscenità, quanto il popolo, che ne applaudiva. né minori prove d’irreverenza si trovano ne’ poeti tragici. […] E ciò che dovrebbe recare stupore (se pur v’ha qualche cosa che debba recarlo a chi conosce la natura dell’uomo, e la debolezza inconcepibile delle sue facoltà) si è che cotali stravaganti follie sembravano agli occhi di quella gente tanto conformi allo spirito del cristianesimo che chiunque osava vituperarle, era tenuto eretico e degno di scomunica.
Freron ne’ suoi giornali, quegli che per esser piccolo di statura, di cuore e di mente, venne da cotesto ingegnoso e acerrimo critico francese lepidamente chiamato le Poète Lilliputien, le Bébé de la Littérature, le garçon des Philosophes: «Avendo detto lo scrittore francese della vita di Regnard, che questo celebre commediografo avea letto e imitato i comici italiani, Monzù de la Harpe, autore di certi drammi, Warwik, Pharamond, Timoleon, Gustave, Melanie, e di alcuni altri opuscoli in prosa e in verso, produzioni tutte che non poterono sornotare un momento nell’onde di Lete, hassi creduto che la gloria del suo ingegnoso compatriota Regnard fosse stata compromessa con tale asserzione, e perciò ne ha sentito un sì vivo dolore che nel Mercurio di Francia di questo mese di marzo 1772, parlando delle commedie di Regnard, scocca colla solita sua prosuntuosa tracotanza contro l’italica nazione a lui tanto ignota, quanto la cinese, quella stravagante e bestial sentenza: «On peut remarquer que les Français, nation beaucoup plus réfléchissante que les Italiens et les Grecs (risum teneatis) sont les seuls qui aient établi la haute comédie sur une base de philosophie morale. […] colui che poc’anzi avea con gallica burbanza, maligna indiscretezza, e orgogliosa ignoranza, tanto goffamente e barbaramente sparlato dell’Italia, ha osato poi fare sull’addotta francesata di Regnard questa riflessione: «On peut juger que ce langage, qui était fort commun alors, n’aurait pas contribué à nous faire aimer des autres Nations, si l’on n’eût pas remarqué d’ailleurs que le Français étoit porté plus qu’aucun autre peuple à rendre justice aux étrangers». […] I) o crederebbesi, per meglio dire, uno di que’ Caffri o Sciscimechi, che sono tanto balocchi e stolidi, e tanto incapaci a pensare combinare, che paiono anzi macchine semoventi, che animali ragionevoli. […] Sulzer taccia a torto e inurbanamente di puerilità un grand’uomo, cui tanto dee il teatro musicale, egli poi non ha totalmente torto quando afferma che l’opera merita esser riformata; e tengo anch’io per fermo, (e ciò non pregiudicherà mai alla gloria immortale del gran poeta cesareo) che si fatto dramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma, come di proposito ho trattato nel mio Sistema drammatico inedito.
Perocché le sillabe disaccentate riescono tanto più rapide a pronunziare quanto più sono dall’accento lontane, o dall’accento piuttosto precedute che susseguite. […] E l’artista diligente non dee cessare dal raccogliere e meditare tali osservazioni, che sono tanto più interessanti quanto più sono rare e straordinarie. […] Ella ne prende il colore, l’indole e l’importanza, e tanto più c’interessa e diletta, quanto più c’interessa l’obbietto invisibile che ci presenta. […] E questa specie di perfezione immaginata e artificiale tanto più ci diletta, quanto che rappresentando il vero sotto la forma del verisimile ci rappresenta ad un tempo il nuovo che diletta pur sempre, ed il nostro miglioramento, che pur tanto lusinga il nostro amor proprio. […] E così appella insensato colui che si credesse tanto grande, che passando di sotto alla porta di una città si chinasse, che presumesse tanto nella sua forza da atterrare delle case, che insomma intraprendesse cose che tutti riconoscono per impossibili.
Ma dall’idea complicata di società non può a ragione scompagnarsi quella d’una divinità e di culto religioso (mal grado de’ sofismi e delle sceme induzioni de’ moderni lucreziani), e tali idee nell’infanzia delle nazioni agiscono con tanto maggior vigore, quanto é minore la fiducia che allora ha l’uomo nella debolezza del suo discorso.
Dal conoscersene però più delle dieci coronate, sembra verisimile quel che col l’autorità di Camaleone asserisce Ateneo nel libro IX, cioè che non prima che pervenisse alla vecchiaja, avesse cominciato ad aver tanto a sdegno l’esser vinto.
Differiscono tanto le moderne favole sceniche di Costantinopoli dalle antiche, quanto da Atene il borgo di Setina.
Ma il Loret potea benissimo avere preso un granchio, tanto più che per semplice referto aveva dato erroneamente all’opera il nome di Pastorale.
Fu il ’50 con Coltellini a Trieste, e il ’52 si unì madre nobile con Adelaide Ristori, risolvendo il ’57 di abbandonare il teatro, e di cedere tutto il suo ricco patrimonio di scena al figliuolo Giovanni, capocomico e mediocre brillante (morì nel ’76 a Livorno), col quale recitò alla Stadera di Milano il 13 marzo di quell’anno il terzo atto della Medea del Ventignano, maravigliando per la potenza d’arte, e gagliardia di mezzi, tanto da far dire a un accreditato giornale, che al suo confronto le celebrità d’allora impicciolivano a vista d’occhio.
Spiegaste entrambi l’onorate piume di gloria a replicar l’aure serene, ond’io resto abbagliato a tanto lume.
E a proposito di queste sorprese di effetti, Roberto Bracco racconta di lei che la Duse…. ma no : io voglio metter qui come chiusa le parole dell’ egregio commediografo napoletano, come quelle che ci dànno in bella sintesi il ritratto dell’ artista e della donna, mostrandone le qualità meravigliose, non senza toccare quel tanto di male che potè nuocere in parte alla sua gloriosa carriera.
Nacque a Verona verso il 1720 ; e compiuto un corso regolare di studi, si diede a recitare tra i filodrammatici della città, riuscendo artista ammiratissimo, secondo afferma Gianvito Manfredi nel suo Attore in scena ; tanto che una sera dovette ripeter lì per lì nell’Orlando furioso la scena della pazzia tra gli applausi entusiastici della folla.
Alla fine della prima redazione, egli cita direttamente gli autori che avevano segnato il dibattito all’inizio del Settecento e che, come scrive alla fine del suo discorso, apprezzerebbero un teatro che applicasse le indicazioni da lui suggerite, tanto che, in questo teatro riformato «I Muratori, i Gravina, gli Addisoni, i Marcelli, i S. […] Anche Lodovico Antonio Muratori nel Della perfetta poesia italiana (1706) affrontava la questione e non solo deprecava gli esiti di inverosimiglianza e di incongruenza insiti nella struttura stessa del dramma per musica, ma polemizzava contro l’assenza di ogni vocazione educativa che il classicismo primosettecentesco attribuiva al teatro; gli faceva eco nel condannare l’opera nel Della tragedia (1715) Gianvincenzo Gravina che non contestava tanto l’unione di poesia e musica quanto gli esiti del teatro contemporaneo che amplificavano la corruzione di entrambe le componenti del dramma per musica. […] Si trova inserita qui nella conclusione la citazione da Orazio, Epistola ad Augusto, che diventa nell’edizione del 1757 l’epigrafe e nelle edizioni successive è inserita a conclusione del paragrafo dedicato a Della maniera di cantare e recitare: «Garganum mugire putes nemus, aut mare Tuscum: tanto cum strepitu ludi spectantur et artes» (Orazio, Epistola 1, libro II, versi 202-203: «potresti credere che i boschi del Gargano o il mare Tirreno urlino, tanto è lo strepito con cui guardano gli spettacoli teatrali»).
Sceglieremo non per tanto tralle poche nominate l’Amlet, per esporne la tessitura e le principali bellezze, senza omettere qualche scena che ci sembri disdicevole alla gravità tragica. […] Amlet restato solo riflette fra se alla criminosa precipitazione di sua madre che apdena passato un mese dalla morte del re suo marito che tanto l’amava, si è congiunta in matrimonio col fratello del re, che ora ne occupa il trono. […] Essi al par di me vedevano i falli grossolani del loro autor favorito, ma sentivano meglio di me le sue bellezze, tanto più singolari per esser lampi che brillavano in una oscurissima notte.
La lettera diciottesima, per esempio, nella quale Carlino descrive al papa il suo debutto, e la ventesima, in cui parla della sua celebrità, e dell’esser diventato di moda, tanto che le belle signore davano il nome di Carlino a’ piccoli cani che tenevan sotto ’l braccio, o in tasca, sono veramente belle. […] Arlecchino appare, mentre questi si lascia andare al furore, e gli chiede suo figlio, e tanto l’importuna, che Celio, al colmo dell’ira, vuol batterlo ; Arlecchino lo respinge a colpi di testa. « Io ti ferirò – egli dice – colle armi che tu m’hai fatto. […] Dopo il successo entusiastico di questa, è ben naturale che si ascoltasse con rispetto un nuovo lavoro e magari con buon volere si applaudisse più qua più là nelle parti buone, tanto da fare scrivere dal Goldoni al Paradisi che la commedia fortunatamente era riuscita bene ; e far mettere nella prefazione di essa (Ediz.
Ma perchè tanto scompiglio? […] Dico solo che tanto cicaleccio precedente il congedo che Corradino viene a prendere, è superfluo, famigliare e comico anzi che tragico. […] Iroldo soldato alemanno narra le parole di una madre lontana tanto dal figlio. […] Lascino dunque codesti censori che non sanno far meglio, di riprendere chi tanto e tanto ha meritato. […] E tanto ardisci!
I Francesi ammirandone la versificazione tanto superiore a quella del Perrin, non avrebbero voluto trovarvi la mescolanza del burlesco introdotta già nella Pomona. […] Lulli operava colle sue note i medesimi prodigi ancor quando non componeva sulle parole di Quinault; e ciò ben si vide nel mettere in musica tanto il Bellerofonte del minor Cornelio nel 1669, quanto l’Aci e Galatea del Campistron applaudita sommamente nel 1687 dopo la stessa Armida.
I Francesi ammirandone la versificazione tanto superiore a quella del Perrin, non avrebbero voluto trovarvi la mescolanza del burlesco introdotta nella Pomona. […] Lulli operava colle sue note i medesimi prodigj ancor quando non componeva sulle parole di Quinault, il che ben si vide nel mettere in musica tanto il Bellerofonte del Cornelio nel 1679, quanto l’Aci e Galatea del Campistron applaudita sommamente nel 1687 dopo la stessa Armida.
Or che diverrà di una Greca di ventidue secoli indietro, se nelle nostre contrade tanto cangiate da que’ tempi remoti prendasi a leggere senza gli accennati requisiti? […] Mi ha lasciato questo poetino tanto desiderato dagli amici. […] Ma se la copia (aggiugne l’avveduto scrittore) è più conforme a’ nostri costumi, non per tanto essa è men vivace dell’ originale. […] Marmontel volle ancora dar su di ciò il suo parere e derise Madama Dacier che avea tanto encomiato Aristofane. […] Aristofane (egli dice) le cui commedie empivano con tanto applauso il teatro Ateniese 436 anni prima dell’Era Cristiana, è il più gran poeta comico dell’antichità.
Ora che diverrà di una Greca di ventidue secoli indietro, se nelle nostre contrade tanto cangiate da que’ tempi remoti prendasi a leggere senza gli accennati requisiti? […] Mi ha lasciato questo poetino tanto desiderato dagli amici. […] Questo solo colpo di pennello manifesta subito lo spirito della casa; che se il servo o discepolo affetta tanto l’uomo d’ingegno e di conseguenza, che sarà il padrone o maestro? […] Marmontel volle ancora dar su di ciò il suo parere e derise Madama Dacier che avea tanto encomiato Aristofane. […] Aristofane (egli dice) le cui commedie empivano con tanto applauso il teatro Ateniese 436 anni prima dell’era Cristiana, è il più gran poeta comico dell’antichità.
A che dunque tanto furore d’Icilio e tante declamazioni degli altri? […] Maria Ordoñez già prima donna ne’ teatri di Madrid, morta alcuni mesi dopo, rappresentò non senza energia tanto la parte di Ormesinda quanto di Elvira nel Sancho. […] Perchè no (potrebbe dirgli lo spettatore) se poche ore prima l’avete eseguito senza tanto dolore? […] L’Atalia del Racine tanto spregiata dal sig. […] Non per tanto si trova espresso con passione e felicità ciò che nell’atto IV dice Ifigenia al padre tratto dal greco, e ciò ch’ella dice ancora nella conchiusione della 7 scena dell’atto V.
Differiscono tanto le moderne favole sceniche, quanto da Atene il borgo di Setina.
Io mi lsingava del contrario sin dal 1777: ma essa ha pure applaudito il Bouru bienfaisant, e non per tanto dopo tanti altri anni non osa rientrar nel camino della buona commedia e ne’ confini prescritti dall’invariabile Ragion Poetica.
… Fanno tanto presto a stabilire una fama…. bella o sinistra !
Ecco il sonetto a stampa per le faustissime nozze, dettato da certo signor Cricca : O caro Gattinel che bravamente dell’orefice eserciti il mestiere, e conoscere sai perfettamente le gemme false dalle gemme vere ; giacchè di prender moglie immantinente ti venne il tanto natural pensiere, vuò dirti ciò che può sicuramente farti felice in tutte le maniere.
Talia, che ha de' Teatri il sommo onore, Invida, a costei cede il primo vanto, Onde veggendo pur la Dea d’ Amore, Che le Grazie di grazia avanza tanto, Non sol degna la fa del suo favore Fra l’altre tutte, e del commercio santo, Ma per renderla in tutto al Cielo eguale Sempiterna l’ha fatta, ed immortale.
Siamo pur giunti all’epoca vera, in cui la musica e la danza (che tanto diletto recavano ne’ cori teatrali ed in altre feste) congiunte alla poesia svegliarono il desiderio di un nuovo spettacolo scenico dopo il risorgimento delle lettere. […] Non per tanto osserva il Baile che Giacomo Rilli nelle Notizie intorno agli uomini illustri dell’Accademia Fiorentina, non fa motto di questa Aretusa, tuttochè così diligente si fusse mostrato in quanto riguarda questo scrittore.
La Francia e l’Inghilterra per loro buona sorte fin dal secolo scorso godono di questo vantaggio ed onore che tanto influisce nella felicità degli stati. […] Arnaud; nè altra lingua moderna vi è tanto acconcia, quanto l’Italiana, siccome può vedersi da i Ditirambi del Redi, Menzini, Magalotti, Baruffaldi e Pecchia.
Trovo non per tanto che monsignor Paolo Regio sin dal 1569 pubblicò in Napoli una sua favola pescatoria intitolata Siracusa da noi però non veduta ancora. […] Or a tali pastori disconverrebbe tanto il pensare e favellare alla foggia de’ nostri odierni pecorai, quanto a quella de’ cortigiani di Versailles, come fanno veramente i pastori del celebre Fontenelle. […] Questa ipotesi di non ravvisarsi, sebbene dopo dieci anni, due persone che tanto si amano, sembra veramente dura e mancante di verisimiglianza; contuttociò l’azione è condotta con destrezza e competentemente accreditata.
Non per tanto l’ elevatezza dell’anima del poeta si scorge in diversi tratti. […] Nondimeno questo vero effetto della tragedia che in tal favola in niun conto si produce, vien compensato dal nobil perdono di Augusto quanto meno atteso tanto più accetto. […] la scelta di un’ azione tanto abbominevole e così piena di orrore, che egli stando in Parigi non ebbe valore di veder la seconda volta rappresentare alla Dumenil il carattere di Fedra, ove così sensibilmente si oltraggia la decenza e la verisimiglianza.
Dissimula francamente ciò che si narra nella Storia de’ Teatri: tanto più in tal tempo degno di riconvenzione, quanto è maggiore il numero de’ Drammi Italiani.
Dopo l’invasione degli europei nel nuovo mondo, quando essi considerandolo come posto nello stato di natura, supposto d’aver diritto ad occuparlo e saccheggiarlo, senza por mente alla ragione degl’indigeni che ne avevano antecedentemente acquistata la proprietà, dopo, dico, l’epoca della desolazione di sì gran parte della terra, le razze africane, americane, ed europee, più o meno nere, bianche, ed olivastre, confuse, mescolate, e riprodotte con tante alterazioni, vi formano una popolazione assai più scarsa dell’antica, distrutta alla giornata da tante cause fisiche e morali, la quale partecipa delle antiche origini nel tempo stesso che tanto da esse si allontana.
DELL’AFFINATO (27) Questa, che sue virtuti inalza tanto, ch’altra frà Scene ancor non l’assimiglia, È questa, ch’ ogni huom move à meraviglia, Flamminia de’ Theatri honore, et vanto.
Egli riferisce come all’Arena del Sole il pubblico batteva le mani tanto più forte quanto maggiori erano le smancerie e le turbolenze della voce e del gesto del Domeniconi, attore allora in gran voga.
Recitava le parti di Graziano nella Compagnia dei Comici Confidenti, che tanto grido levaron tra noi e in Francia nella seconda metà del sec.
Cervantes le tenne per buone, e noi dovremmo convenir con lui, a giudicarne dalle cose da lui ragionate nel Don Quixote con tanto senno intorno alle commedie; ma quest’argomento perde ogni vigore, quando dall’l’altra parte si riflette, che Cervantes medesimo il quale ragionò si bene, lodò come eccellenti alcune tragedie che la posterità ha trovate strane e difettose. […] Il Nasarre non sarebbe stato forse indotto dal folle orgoglio nazionale a pronunziar seriamente tali scempiaggini, se avesse saputo che per le continue guerre e inquietudini che la Spagna ebbe per lo spazio di quasi otto secoli cogli arabi conquistatori, l’ignoranza divenne così ereditaria in quella penisola, e vi si accrebbe tanto, che anche nel 1473, come apparisce dal concilio che nel detto anno, per dar riparo a questo inconveniente, tennevisi dal cardinal Roderigo de Lenzuoli Vicecancelliere di S.
Aristodemo ambasciadore al re Filippo, e Neottolemo tanto da questo principe favorito erano poeti ed attori sommamente stimati in Atene, î quali mirabilmente influivano nelle politiche deliberazioni, e attraversarono le mire di Demostene. […] Laonde Eubulo cittadino potente e adulatore del popolo promulgò una strana legge, cioè che chiunque proponesse di trasportare ad uso di guerra il danajo teatrale, fosse reo di mortea Incredibili erano per conseguenza di tanto ardore e di tanta avidità per gli spettacoli, gli applausi le ricchezze, le corone e gli onori che a piena mano versavano gli Ateniesi sui poeti che n’erano l’anima e su gli attori che n’erano gli organi.
Meritava al certo le cure di sì valorosi antiquarii una nazione che aveva dominato in Italia prima de’ Romani e de’ Galli, che fiori prima della stessa Greciaa, è che colla lingua, co’ suoì riti ed arti ed usanze tanto contribuì al l’origine ed alla coltura dell’antica Roma.
Quanto poi al Rosa (aggiugne il citato Baldinucci che ciò racconta) non è chi possa mai dir tanto che basti, dico della parte ch’ei fece di Pascariello e Francesco Maria Agli negoziante Bolognese in età di sessanta anni portava a maraviglia quella del Dottor Graziano, e durò più anni a venire a posta da Bologna a Firenze lasciando i negozii per tre mesi, solamente per fine di trovarsi a recitare con Salvadore, e faceva con esso scene tali, che le rise che alzavansi fra gli ascoltatori senza intermissione o riposo, e per lungo spazio, imponevano silenzio talora all’uno talora all’altro ed io che in que’ tempi mi trovai col Rosa, ed ascoltai alcuna di quelle commedie, sò che verissima cosa fu che non mancò alcuno che per soverchio di violenza delle medesime risa fu a pericolo di crepare.
Quando l’orchestra suona la sinfonia del maestro, quanta espressione in quell’impercettibile sorriso di compiacimento, di modestia e di orgoglio insieme, ch’egli fa ogni tanto al futuro nipote che gli è quasi alle spalle !
Sono ridotto in mendicità estrema, e senza quel poco, che haueuo riseruato per la mia Vecchiaia alla Patria, per causa, non dico già della prontezza del mio obedire gl’altrui sourani comandi ; ma per i miei peccati chiedo pietà, e sollieuo, quale spero dalla generosa benignità di un tanto Principe, per mezzo dell’efficacissimi offizii della Paternità Sua molto Reuerenda.
Aveva una figlia di otto o nove anni, e occorrendogli un’ amorosetta, la bimba, che m’aveva preso in gran simpatia, tanto pianse e si disperò, che il Miniati, benchè in trattative con altra famiglia, scritturò me con la paga di tre franchi al giorno e viaggi pagati.
Benchè lo stile non possa dirsi difettoso per arditezze o arguzie, essendo anzi elegante, vivace, naturale, è non per tanto a mio avviso lontano dal carattere tragico; nè credo che il rimanente, cioè azione, caratteri, interessi, alla tragica maestà più si convenga. […] Se questa chiamata tragedia piacque tanto, come dicesi, in teatro, io credo che lo spettatore avrà più volte riso pel carattere disinvolto di Annibale che ama ed abbandona con pari facilità militare. […] Sarebbe non per tanto a desiderare che il Caraccio non avesse deturpato quest’importante argomento con un intrigo immaginario amoroso, che minora l’odiosità dell’Angioino in più di un punto dell’azione.
Non per tanto sembra che i contemporanei avessero vendicata l’opera e l’autore, essendosene con somma pompa ed applauso ripetuta la rappresentazione nel 1565 in Vicenza in un teatro di legno costruito espressamente nel palagio della Ragione dal celebre Palladio. […] Ne facciamo noi menzione perchè dee in essa ravvisarsi il primo esempio moderno di una tragedia cittadina, che i nostri scrittori nè seguirono nè pregiarono, e che più tardi Inglesi, Francesi e Tedeschi hanno tanto nel secolo XVIII coltivata, e che ha trovato un apologista infervorato nell’esgesuita sig. […] Egli che tanto affettava d’insistere sull’osservanza delle regole di Aristotile, in quale aforismo di quel grande osservatore aveva appreso che il carattere tragico consista nella modificazione de’ costumi, e non già nella qualità delle passioni? […] Vivrò con tanto scorno? […] Il Vicentino Giambatista Liviera di anni diciotto ebbe tanto di gusto che potè comprendere la bellezza dell’argomento del Cresfonte di Euripide, e ne compose la sua tragedia che col medesimo titolo s’impresse in Padova nel 1588; ma egli lasciò a una penna più felice e più esercitata il pregio di tesserne un’ altra con più tragico ed elegante stile.
La Fosse ne ravvivò il languore, e pieno com’era della lettura degli antichi Greci e Latini, nel 1696 se rappresentare ed imprimere la prima sua tragedia Polissena applaudita e ripetuta, e non per tanto censurata benchè con poco fondamento. […] Non per tanto l’Elettra e la Semiramide si reputarono dal medesimo re di Prussia tragedie de toute beautè al pari del Radamisto. […] Innamora non per tanto ed interessa il magnanimo carattere di Marianna. […] La di lui candidezza che tutto confessa, dee almeno toglierle la sicurezza che esige la vendetta; tanto più che non si tratta solo di trucidare un innocente in vece di un reo, ma il figlio stesso in vece dell’uccisore del figlio. […] Non si comporta eroicamente Bajardo umiliato chiamando con tanto fasto ed apparecchio i Francesi ad ammirarlo?
Nell’atto settimo Parmenone si giace in letto con Areusa a persuasione della vecchia scellerata che ciò stà vedendo; e questa situazione si rende tanto più scandalosa, quanto più il dialogo di tutti e trè è scritto con somma proprietà e bellezza. […] Egli così la lasciò su questa sbraciata del Nasarre: » Non sarebbe stato forse questo erudito Bibliotecario Matritense indotto dal folle orgoglio nazionale a pronunziar seriamente tali scempiaggini, se avesse riflettuto, che per le continue guerre e inquietudini ch’ebbe la Spagna per lo spazio di quasi otto secoli con gli Arabi conquistatori, l’ignoranza divenne così grande in quella penisola, e tanto si distese che nel 1473, come apparisce dal Concilio, che nel detto anno per ripararvi si tenne dal cardinal Rodrigo da Lenzuoli vicecancelliere di s. […] E perchè tanto gl’increbbe la storia? […] E questo è uno de’ tre enormissimi errori di lingua spagnuola e di critica e di storia rilevati nella Storia de’ teatri con tanto fasto e con ingiurie tabernarie del tremendissimo pedante la Huerta. […] Egli dice (ed in ordine è questo il secondo grave errore di cui mi riprende) che è mia colpevole negligenza il non aver rintracciata l’epoca certa dell’invenzione e del principio degli autos parte tanto principale del teatro spagnuolo .
A casa il dia-dia a casa il diavolo» bellezza che può essere agguagliata soltanto da quest’altro amabile dialoghetto fra Egeo e Demo nel tanto decantato Giasone di Giacinto Andrea Ciccognini, fiorentino. […] Chi tanto abbondasse d’ozio e di voglia troverà ampiamente nel Quadrio di che soddisfarsi. […] La qual permissione tanto più divenne necessaria nel dramma quanto che non ci era maniera di supplire per altro verso alla dolcezza delle voci loro così acconcie ad esprimere e comunicare gli affetti, primo e principale scopo del canto.
Non so adunque, perché Lope de Vega, che mori nel 1635, al pari della censura d’Italia, per non aver osservato le regole, temeva quella della Francia, la quale avea allora un teatro tanto sregolato, quanto lo spagnuolo e ’l cinese, e inferiore di gran lunga a’ componimenti di Lope per invenzione, ingegno, nobiltà, e decenza. […] Non per tanto questo padre e legislatore del teatro francese, che morì, nel 1684, ha pur troppo pagato il tributo al gusto delle arguzie viziose, dominante sotto il regno di Luigi XIII, e nel principio di quello di Luigi XIV, siccome hanno osservato gl’italiani187 non meno che i medesimi francesi. […] Bouhours, Rapin ec., abbiano da molto tempo con egual buon senso e dottrina provato, che le arguzie viziose e i falsi pensieri con altra simile cattiva mercanzia venne dalla Spagna e dalla Francia, ove, da gran pezza, erano in credito, a sbarcare in Italia intorno al 1600, e che tutti gl’ingegni italiani non ne fecero incetta, e che cominciò a perdersene la moda verso la metà dell’istesso secolo pure i francesi fino, al dì d’oggi ci rinfacciano rimproverando cotesti difetti; tanto é vero che i pregiudizi e gli errori de’ criticastri gaulesi sulle cose straniere col passar che fanno di bocca in bocca e di penna in penna presso la loro nazione, vi si stabiliscono e perpetuano per secoli.
Nondimeno questo desiderato vero effetto della tragedia, che in tal favola in verun conto si produce, vien compensato dal nobile perdono di Augusto quanto meno atteso tanto più accetto. […] la scelta di un’azione tanto abbominevole e così piena di orrori , che egli stando in Parigi non ebbe valore di veder la seconda volta rappresentare alla Dumenil il carattere di Fedra, in cui così sensibilmente si oltraggia la decenza e la verisimiglianza . […] Non per tanto Achinoa moglie di Saulle colle sue figliuole introdotte nel Gionata, e Maaca e Tamar nell’Assalonne, sono persone oziose, inutili a quelle azioni.
Altr’aria, altre mire, altri comici ordigni vi campeggiano, i quali non appariscono agevolmente senza la fiaccola de’ principii surriferiti, senza la cognizione della polizia e de’ costumi Ateniesi, e senza la pratica necessaria delle Vite di Plutarco e della guerra del Peloponneso che durò ventisette anni e che fu stringatamente e con tanto politico sapere descritta da Tucidide.
Non per tanto egli è degno di lode, si per essere stato uno de’ primi a tentar questo guado, si per avere dopo del Mussato preso a trattare un argomento nazionale veramente tragico.
Non per tanto egli è degno di lode, sì per essere stato uno de’ primi a tentar questo guado, sì per avere dopo del Mussato preso a trattare un argomento nazionale veramente tragico.
mo Son certo della sua Cortesia in auer gusto de miei caratteri et io sospiro li suoi si che ogni ordinario li scriverò sino à tanto che lei sij in stato di farmi auer sue ogni ordinario.
Fu tanto e così indemoniato il chiasso che se ne fece, che i commedianti italiani vollero approfittar di quel titolo per semplice ragione di réclame : e dovendo rappresentare La Finta Matrigna con nuova giunta di scene francesi del Fatouville, la chiamarono sugli avvisi di teatro La Fausse Prude.
A sedici anni, mentr’era l’amorosa ingenua della Compagnia Battaglia, fischiata al San Giovan Grisostomo di Venezia la prima attrice Tassani, fu essa chiamata a sostituirla ; e tanto piacque al pubblico, che fu confermata nella Compagnia col ruolo assoluto di prima donna.
Parlan, che il sanno l’Ariminee genti, nè perciò il corso a'tuoi trionfi arresti, anzi mediti ognor nuovi portenti ; che se puoi tanto co'bei modi onesti, co' lieti scherzi e coi leggiadri accenti, l’arte di farti amar d’onde apprendesti ?
A che dunque tanto furore d’Icilio e tante declamazioni degli altri? […] Maria Ignacia Ordoñes, già prima dama ne’ teatri di Madrid rappresentò non senza energia tanto la parte di Ormesinda nella tragedia del Moratin, quanto quella di Elvira nel Sancho Garcia, e morì pochi mesi dopo. […] Perchè no (potrebbe dirgli lo spettatore) se poche ore prima l’avete eseguito senza tanto dolore? […] Nobleza de este reyno, asi la diestra Armais con tanto obbrobrio de la fama Contra mi vida? […] Rachele spirando chiama Alfonso, che giugne, ed ella ha tanto di fiato che può dirgli che la plebe sollevata l’ha destinata alla morte, e che Ruben l’ha ferita.
Or dov’è mai quella gelosia, e quella vendetta Italiana tanto esagerata nella Poetica Francese dal moderno filosofante M. […] Fazio gli dice, che il facchino l’ha portata in dogana, cosa verisimile, che spaventa Nibio d’ altra sorte, e lo sbalza verso la dogana; colpi maestrevoli tanto più artifiziosi e piacevoli, quanto più naturali. […] Non per tanto la veste allora addossata in Italia alla Casina, ha la foggia, il colore, i fregi, tutto vivace e moderno, e sì ben rassettata, che par nativa di Firenze e non della Grecia; per le quali cose tira l’ attenzione di chi legge o ascolta, e l’interesse che risveglia la preserva dalla pretesa lentezza e dal languore. […] Egli che pur sapeva sì bene inventare e disporre senza altra scorta che la natura, volle non per tanto dare un bell’ esempio del modo di trasportare nelle moderne lingue le antiche favole con grazia e con franchezza e vivacità di colorito nelle maniere. […] Ciò serva di norma ancora ad altri sedicenti filosofi de’ giorni nostri disprezzatori dell’ erudizione di cui scarseggiano tanto, e di cui tanto abbisognano per ragionar dritto.
Fenocchio Quel Fenocchio, che al mondo se fe’ cognoscer tanto e in su le scene ognor sì furibondo, ne riportò tra Zagni il pregio e il vanto : quel te supplica e prega, che grazia nol se niega a sto Muzzina, scusando i defetti, che fra Zagni el farà piover concetti. […] Fra tanto sbuca fuor de’portici un Toscano e monta su con la putta, smattando come un asino Burattino col suo Graziano ; il circolo si unisce intorno a lui, le genti stanno affisse per vedere ed ascoltare, ed ecco in un tratto si dà principio, con lingua fiorentinesca, a qualche pappolata ridicolosa, e in questo mezzo la putta prepara il cerchio sul banco e si getta in quattro a pigliar l’anello fuora del cerchio, poi sopra due spade, tuole una moneta indietro stravaccata, porgendo un strano desiderio al popolo della sua lascivia grata : ma fornita la botta, si urta nelle ballote e il cerchio si disunisce, non potendo star più saldo allo scontro dei bussolotti che vanno in volta.
Nell’ultimo salmo, che è il cinquantesimo nella nostra versione, egli sembra aver riunito tutte le facoltà del suo vasto genio, tanto da poter superare tutte le musiche meravigliose scritte in precedenza»; Charles Avison, An Essay on Musical Expression, London, C. […] Nota alla nota d’autore n. 11: Orazio, Epistola 1, libro II, versi 202-203: «potresti credere che i boschi del Gargano o il mare Tirreno urlino, tanto è lo strepito con cui guardano gli spettacoli teatrali».
In questo secolo ancora, e propriamente nel 148947, da Bergonzo Botta gentiluomo Tortonese si diede in Tortona quella tanto magnifica festa nelle nozze d’Isabella d’Aragona figlia di Alfonso duca di Calabria con Giovanni Galeazzo Maria Sforza duca di Milano, nella quale, per quanto vedesi presso il Corio ed altri, la poesia, la musica, la meccanica e la danza spiegarono tutte le loro pompe48. […] E benchè poi giunto l’autore all’età di trent’anni l’avesse ritoccata e divulgata col suo nome, dedicandola al marchese di Ferrara Leonello da Este, non per tanto Aldo Manuzio il giovane volle pubblicarla nel 1588 sotto il nome di Lepido comico poeta antico.
Ennio, la cui Medea esule fe dire a Cicerone (de Finibus) non potervi essere alcuno così nemico del nome Romano che ardisca sprezzar questa tragedia: Pacuvio che colle sue tragedie procacciossi rinomanza di dotto conservata anche a’ tempi di Augusto1: Accio tanto encomiato pel suo Atreo che meritò il nome di sublime per detto di Orazio, e di Quintiliano; che Acrone non esitò di anteporre ad Euripide; che fu in fine da Columella collocato accanto a Virgilio, riconoscendo in entrambi i poeti più grandi del Lazio: tali tragici, dico, esaltati da’ migliori scrittori di Roma, debbono convincerci che la maestà dell’idioma latino, l’eroismo proprio de’ Romani, lo spirito di sublimità che gli elevava sin da’ principii dell’arte, gli facesse assai più riescir nella tragedia che nella commedia.
E perchè questo è uno de’ possibili non lontanissimi dal convertirsi in atto, e un tanto accurato ragionatore come il Signor Lampillas, non avrà avanzata simil cosa senza documenti, vediamo quali essi siano.
tanto amico del nostro Gio: Vincenzo Gravina, nella lettera scrittane a monsignor Zondadaria.
Le pastorali uscite ne’ primi anni del secolo si avvicinano alle precedenti tanto ne’ pregi di semplicità e regolarità di azione di eleganza e di purezza di elocuzione, quanto in qualche difetto di languidezza e di stile dì soverchio lirico ed ornato.
Ciò serva di norma ancora ad altri pretesi filosofi de’ tempi nostri disprezzatori dell’erudizione di cui scarseggiano tanto e di cui tanto abbisognano per ragionar diritto. […] Or dove è mai quella gelosia, e quella vendetta Italiana tanto esagerata nella Poetica Francese del moderno filosofante Marmontel come principio universale di tutti gl’intrighi delle nostre commedie? […] Fazio gli dice che il facchino l’ha portata in dogana, cosa verisimile che spaventa Nibio d’altra sorte, e lo sbalza verso la dogana; colpi maestrevoli tanto più artifiziosi e piacevoli quanto più naturali. […] Egli che pur sapeva si bene inventare e disporre senza altra scorta che la natura, volle non per tanto dare un bell’esempio del modo di trasportare nelle moderne liugue le antiche favole con grazia e con franchezza e vivacità di colorito nelle maniere. […] Queste commedie non possono notarsi di veruna superstiziosa cura di rendere italiane le maniere latine, e non per tanto mancano di ogni vivacità; la qual cosa pruova (contro l’asserzione dell’Andres) che la lentezza ed il languore provengono da tutt’altra sorgente, che dallo studio di adattare le antiche frasi alle moderne lingue a.
Intanto la scena romana spiegava tutto il lusso, il fasto, e la magnificenza conveniente a un popolo arricchito delle spoglie di tanto mondo. […] quest’offerta dello Scettro, fatta da Fedra con tanto garbo, ha servito a M. […] Quel trivio con tanto senno riserbato da Sofocle per la bellissima scena di Giocasta con Edipo, viene, da Seneca, per così dire, fatto gettare in mare da Creonte nella I scena dell’atto II, senza mostrar Edipo di ricordarsi, che ancor egli avea ammazzato un uomo in simil luogo. […] Quanto é eloquente poi il silenzio di lei nel greco, allorché ha risoluto di andarsi ad uccidere, tanto é poco atta a commuovere la noiosa declamazione, le antitesi, le sentenze, le ribellioni della Dejanira latina. […] Terenzio, imitatore e pressoché copista di Menandro, e perciò chiamato da Giulio Cesare «dimidiate Menander» non si studiò tanto di piacere, come Plauto, al popolo quasi tutto, quanto gli Scipioni, ai Leli, ai Furi, e ad altri nobili uomini di buon gusto, da’ quali, per quello che fin dal suo tempo si credea, veniva aiutato a scrivere, o, come é più verissimile, a ripulire le sue commedie (leggasi il prologo degli Adelfi, e Donato).
Ora a tali pastori disconverrebbe tanto il pensare e favellare alla foggia de’ nostri odierni pecorai, quanto a quella de’ cortigiani di Versailles, come fanno veramente i pastori del celebre Fontenelle. […] Questa ipotesi di non ravvisarsi, sebbene dopo dieci anni, due persone che tanto si amano, sembra veramente dura en mancante di verisimiglianza; contuttocciò l’azione è condotta con destrezza e competentemente accreditata.
Crudelitas fati tanto ingenio non debita, di lui dice Valerio Massimo lib.
Terenzio imitatore e pressochè copista di Menandro, e perciò chiamato da Giulio Cesare dimidiate Menander, non si studiò tanto di piacere come Plauto al popolo quasi tutto, quanto agli Scipioni, a i Lelj, a i Furj, e ad altri nobili uomini di buon gusto, da’ quali, per quello che fin dal suo tempo si credeva, veniva ajutato a scrivere, o come è più verisimile, a ripulire le sue commedie (leggasi il prologo degli Adelfi e Donato).
Era questo teatro capace di circa novemila persone, secondo il calcolo fattone dal dotto Decano di Alicante Don Manuel Martì tanto amico del nostro Gravina, nella lettera scrittane a Monsignor Zondadari. […] Certo è però che il primo io non sono a dubitarne; e il dotto Scipione Maffei194 più cose (dice) alquanto difficultano il crederlo (del secolo XII) e tanto più, se ciò si fosse arguito dal solo carattere del codice, che è congettura molto fallace.
Io non debbo dissimulare questo neo della tragedia del Tilesio; ma non è giusto poi lo spregiarla tanto, come altri fece, per tale episodio.
L’Adelia, al fianco di un Puricelli, che sosteneva con singolare maestria le parti di primo attore, tanto da parere artista provetto, vi fece la prima attrice, acclamatissima dalla prima sera.
Il Fidenzi, oltre all’essere stato attore preclaro, fu preclaro poeta ; e pubblicò un volume di versi a Piacenza del ’52, ch’egli intitolò Poetici Capricci, e dedicò ad Alessandro Farnese, in cui sono, se non sempre, vivezza e semplicità di imagini, tanto più rare e pregiate, in quantochè apparse in mezzo al dilagar delle strampalerie del tempo, e di cui metto qui come saggio il principio del vigoroso canto : I fifgli famelici della Vedova Ebrea assediata Di Sion l’alte mura Tito ricinte havea di genti armate : E gli assediati Ebrei, Con dolorosi omei, Chiedean pietade a l’indurato Cielo : E di viveri affatto impoveriti Con lagrimosi inviti De la Morte chiedean l’orrida falce.
Strana, e pur tanto efficace !
Secondo Cornelio Nipote, Catone trasse Ennio dalla Sardegna, e il di lui acquisto si stimò da’ Romani tanto pregevole, quanto qualsivoglia amplissimum Sardiniensem triumphum . […] La sua Medea Esule forse non temerebbe il confronto di quella di Seneca che pure è la migliore di questo Cordovese; giacchè Cicerone dicevaa: E qual mai sarà tanto, per dir cosi, nemico del nome Romano, che ardisca sprézzare e rigettare la Medea di Ennio? […] Non per tanto l’Anfitrione, come testifica Giambatista Pio nel suo comento, per consenso dei dotti, si reputa la migliore delle commedie Plautine per la forza, la proprietà e la salsa facondia che regna nell’elocuzione, e per la sontuosa abbondanza dello stile veramente latino. […] Vedesi in questa favola un altro ruffiano aggirato e truffato, e tanto più graziosamente, quanto che n’è prima avvertito da un vecchio, il quale per una scommessa fatta con Pseudolo suo servo, è interessato a rendere il ruffiano attento perchè non vi rimanga rimanga col danno e colla beffa perdendo certa sua schiava. […] Osservatore non sempre esatto delle regole dell’illusione teatrale, è non per tanto sempre vago, semplice, ingegnoso, piacevole e faceto, versando a piena mano ad ogni passo sali e lepidezze capaci di fecondar largamente l’immaginazione di chi voglìa coltivare un genere di commedia inferiore alla nobile.
285. contro la notoria verità istorica) “i più rinomati Poeti Italiani si lasciarono tanto trasportare dalla brama di dilettare il Pubblico, che nulla curarono di osservare le più importanti regole, purchè riuscisse loro il piacere agli oziosi concorrenti, e soprattutto alle Donne”. […] Ma quando anche il Tasso, e il Guarini nelle famose Pastorali posti in giudizio risultassero rei di regole infrante tanto, quanto ne rimasero convinti Lope, Cervantes, Virues, Castro, Calderòn &c. questo proverebbe, che nel secolo XVI. gl’Italiani trasgredirono le più importanti regole in grazia del volgo?
Se questa chiamata tragedia piacque tanto, come dicesi, in teatro, io credo che lo spettatore avrà più volte riso pel carattere disinvolto di Annibale che ama ed abbandona con pari facilità militare. […] Singolarmente vuolsi attendere alla sobrietà e gravità dello stile del Caraccio tanto più degno di encomii quanto meno si attenderebbe da uno scrittore del XVII secolo.
Il Vanaglorioso tradotta in toscano dal Crudeli e lodata con distinzione dal Voltaire è l’altra commedia del Des Touches universalmente approvata; non per tanto forse il Palissot non a torto desiderava che il protagonista avesse un tuono più proprio della gente nobile. […] Si è detto che il Méchant contiene eccellenti versi di satira più che di commedia; ma la satira è tanto aliena dalla commedia?
Adunque anche in un tempo di decadenza nelle belle lettere debbono distinguersi le additate commedie erudite da ciò che in seguito si scrisse in Italia col disegno di piacere alla plebe ed esse debbono tanto più pregiarsi quanto più si vide il secolo trasportato dallo spettacolo più seducente dell’Opera in musica.
Questa saggia e colta popolazione lucchese tanto conoscitrice dei vantaggi che dalle sceniche Produzioni ne derivano, quanto magnanima per incoraggiare nei loro tentativi gli attori che si accingono ad eseguirle, anima l’umile Compagnia, condotta e diretta da Luigi Rosa e Pasquale Tranquilli, ad intraprendere un corso ben regolato di Recite nel corrente Carnevale.
Niuno comprese meglio di Dryden la decenza e la delicatezza dell’arte, e niuno la trascurò tanto per fecondar il gusto introdotto nel suo paese.
Egli é vero che possiam gloriarci di un Metastasio, nel quale abbiamo, non che un Racine e un Corneille, ma un Euripide: i di lui trionfi però non sono stati seguiti da altri, e l’opera, che tanto si appressa alla greca tragedia, par che declini.
Certo è però che il primo io non sono a dubitarne; e il dotto Scipione Maffeia, più cose , dice, alquanto difficultano il crederlo (del secolo XII) e tanto più se ciò si fosse arguito dal solo carattere del codice, che è congettura molto fallace.
Sappia il signor Guerrassi che io mi sento tanto altero di recitare la tragedia al Teatro di Borgognissanti, quanto umiliato nel prender parte a questa indegna commedia di Palazzo Vecchio.
.), in cui fra l’altro è detto : Sacchi innocente, di nostra mente consolazione, tato e mignone, tu con le pure caricature, e con gl’imbrogli, quando tu il vuogli, e con gli amori, e co' furori, le gelosie, le braverie, senza osceni allettamenti, imposture, adulazioni, vinci tutte le invenzioni de' Poeti prepotenti ; e ci sollucheri, e i cori inzuccheri ; a' tuoi detti giriam gli occhi, tanto il mel par che trabocchi, e ci urtiamo e pizzichiamo, ci abbracciam, ridiam, gridiamo : O poeti da cucina, Viva il Sacchi, e Smeraldina.
Codesta verità tanto più diviene sensibile quanto maggiore ne è la differenza che corre tra i paesi, e più stretto è il rapporto che vuolsi mettere fra lo stromento della riforma e la riforma stessa.
La Francia e l’Inghilterra per loro buona sorte fin dal secolo scorso godono di quello gran vantaggio ed onore che tanto influisce nella felicità degli stati.
La Commedia, secondo Orazio, più di qualunque altro genere Drammatico, è sottoposta alla esattezza richiesta dalla verisimilitudine, essendo ognuno capace di scorgerne il traviamento: Creditur, ex medio quia res arcessit, habere Sudoris minimum; sed habet Comœdia tanto Plus oneris, quanto veniæ minus 1. […] E non per tanto quello che egli dice, non è quello che voi vorreste, che dicesse.
Or che tanto arzigogolare per approssimarle a quella del Trissino?
Allorchè venne alla luce si disse, che’ il Mèchant conteneva eccellenti versi di satira più che di commedia; ma la satira è tanto aliena dalla commedia? […] Possedendo undici lingue, e scrivendo tanto pel teatro, visse stentatamente, e morì mancando del necessario nel 1800.
In questo secolo ancora, e propriamente nel 1489b, da Bergonzo Botta gentiluomo Tortonese si diede in Tortona quella tanto magnifica festa nelle nozze d’Isabella di Aragona figlia di Alfonso duca di Calabria con Giovanni Galeazzo Maria Sforza duca di Milano, nella quale, per quanto vedesi presso il Corio ed altri, la poesia, la musica, la meccanica e la danza spiegarono tutte le loro pompea.
E questo è uno de’ tre enormissimi errori di lingua spagnuola e di critica e di storia rilevati nella Storia de’ Teatri con tanto fasto e con ingiurie tabernarie dal tremendissimo Huerta. […] Egli dice (ed è il secondo grave errore di cui mi riprende) ch’è “mia colpevole negligenza il non aver rintracciata l’epoca certa dell’invenzione e del principio degli autos parte tanto principale del teatro Spagnuolo”.
Lampillas, che ci permetterà di dirgli che de’ fatti di sua casa tanto sa egli quanto un Otentotto.
Ma ad onta di tante morti, tanto sangue, e tanti delitti enormi esposti sul teatro inglese, vi si osserva, che ogni dramma é preceduto da un prologo rare volte serio, e seguito da un epilogo ordinariamente comico, anche dopo i più malinconici argomenti, e vi si vede sovente l’istessa attrice, che sarà morta nella tragedia, venir fuori co’ medesimi abiti a far ridere gli spettatori.