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183. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 661-662

A soli quindici anni si trovò con Gustavo Modena, poi con Augusto Bon in Compagnia Lombarda, poi brillante ai Fiorentini di Napoli al fianco di Alberti, Taddei, Majeroni, Salvini, la Sadowski, la Cazzola, in mezzo ai quali cominciò ad acquistarsi la più bella rinomanza artistica : e si noti che Angelo Vestri, entrato in quella Compagnia il '47, obbligandosi « di agirvi in carattere di generico e in tutte quelle parti di primo e secondo carattere, brillante, amoroso che gli verranno dal direttore della Impresa assegnate, con l’annuo compenso di lire austriache duemilaseicento, pari a ducati del Regno cinquecentoventi, e di una mezza serata in appalto come d’uso in Napoli, » arrivò a pena, dopo quattordici anni, nei quali era diventato il beniamino del pubblico, a ricevere uno stipendio di settanta ducati al mese, che è oggi a un dipresso quello di un generico.

184. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VII. Copia di Teatri per l’Impero: magnificenza e profusione eccessiva negli spettacoli sceneci. » pp. 38-55

Oltre a quello di Padova, di Pesaro, dell’altro presso il lago di Bolsena rammentato nell’iscrizione pubblicata dal Muratori, di quelli della Toscana accennati dal Borghini, di quello di Anzio, di cui favella il p. […] Diede a una mima la tunica di sua madre, a un mimo la lacerna del padre, a un tragedo il pallio dorato di color di porpora di sua nonna, e ad un coraulo un altro pallio in cui era ricamato il proprio nome e quello della mogliea.

185. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Milano, 1°Aprile 1803. » pp. 318-327

Fu al fianco della Pellandi il primo attore per le tragedie (quello per le commedie era il celebre De Marini) nella Compagnia Reale istituita dal Principe Eugenio Beauharnais, impresa Paganini. […] Il valore degli ori, argenti e gioie fu di L. 6111, delle quali 1866 per una verghetta doppia con 20 brillanti : quello dei libri di L. 1383. […] Ripensando il tempo della maggior gloria di Bellotti-Bon, che fu quello in cui egli aveva un’unica, e quale !

186. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 187-190

Oltre ai vari manifesti, che provano la parte che egli aveva in quella Compagnia, tra’ quali, non ultimo, quello per la beneficiata della Perini, in cui è detto che « lungi dal proporre un trattenimento insulso e senza alcun profitto morale, l’attrice ha preparato una giocosa commedia di autore classico, in cui senza alcuna mostruosità vi è annessa la maschera di Stenterello…. […] È il solito dialogo tra pubblico e Stenterello, in cui questo chiede a quello la somma per soddisfare agli assunti impegni.

187. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 995-998

La testa mi regge poco, e non saprei qual consiglio darvi in tale circostanza, se non quello che hanno dato e danno a me. […] La salute vi regge, siete giovine, avete quello che manca agli altri.

188. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Il viluppo della Trappolaria e quello dell’Olimpia sono della stessa guisa ingegnosi e felici, una sola ipotesi verisimile tutto avvolgendo e mettendo in movimento, ed un solo fatto che necessariamente, e non a piacer del poeta si manifesta, riconducendo la tranquillità tra personaggi ed un piacevole scioglimento. […] Esse hanno molta piacevolezza comica, specialmente per chi intende il dialetto Milanese, e vi si veggono acconciamente delineati i caratteri e quello sopra tutti del falso filosofo pittura vera, vivace e pregevole, di cui s’incontrano alla giornata gli originali. […] Molti teatri si eressero in Italia nel XVII secolo da valorosi architetti; ma i più considerabili furono quello di Parma, di San Giovanni Crisostomo in Venezia, di Fano, e di Tordinona in Roma. […] Gli altri teatri Veneti per lo più inalzati sopra rovine di antichi edifizj, appartengono parimente al secolo XVII (a riserba di quello di San Benedetto); ma niuno di essi sembra degno di sì cospicua città, la quale può gloriarsi di aver prima di ogni altra avuti teatri costruiti a norma del compasso immortale de’ Palladj e de’ Sansovini. […] Sono dunque da riferirsi a quel tempo il teatro di Urbino, in cui si ammirarono le invenzioni del Genga esaltate dal Serlio degli alberi fatti di finissima seta, prima che la prospettiva avesse insegnato in qualunque occorrenza a mostrare i rilievi a forza di ombre e di punti ben presi: il teatro antico di Bologna che era nella piazza, ma che più non esiste, di forma quadrata diviso in gran palchettoni: quello di Modena detto della Spelta, opera del cavalier Vigarani, distrutto nel 1767: quello di Milano che s’incendiò pochi anni sono: quello di Pavia: quello di Santo Stefano di Ferrara: quello dell’accademia degl’ Intronati in Siena rifabbricato verso il 1670: quello di Marco Contarini in Piazzuola nel Padovano di tal vastità, che nel 1680 vi si videro girar nella scena tirate da superbi destrieri sino a cinque carrozze e carri trionfali, e comparire cento Amazzoni e cento Mori a piedi e cinquanta a cavallo100.

189. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

L’argomento del Gustavo inglese non si aggira, come quello del Piron, intorno all’amore, ma tutto riguarda la libertà, per la quale ha solo combattuto Gustavo. […] Mi consigliate (gli dice il servo) a far quello che voi avreste vergogna di praticare. […] Miglior pennello comico fu certamente quello di Murphy autore della commedia la Maniera di fissarlo rappresentata nel 1761. […] Bene espresso è pure quello di sir Henns rustico occupato sempre de’ suoi cavalli. […] Più armonia si scorge in quello di Coven-Garden, in cui le scalinate si uniscono colle logge, anche colle reali che sono ai due lati dell’orchestra e del proscenio, ed hanno solo due colonne per lato.

190. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO V. Tracce di rappresentazioni sceniche in Ulietea. » pp. 42-43

Si vede adunque in queste danze o farse di Ulietea quello spirito imitatore universale che guida l’ uomo a copiare le azioni de’ suoi simili per farsene un trastullo; si notano i primi passi verso una spezie d’imitazione drammatica; si osservano congiunte alla danza le parole ed il canto; ma non si va più oltre.

191. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » p. 914

Di fatti uscirono in Teatro, ed il Vitalba incominciò a ragionare con quello spirito, ed eleganza, che era sua propria dote.

192. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 93

Recatasi col marito nella Compagnia Battaglia, rimase tuttavia, benchè in là con gli anni, quella celebre Corallina che fu nella sua fresca giovinezza, e le lodi — dice il Bartoli — che a lei si dànno in alcuni moderni romanzi sono degne di lei ; ma meglio sarebbero state in una storia vera, di quello che figurano in mezzo alle favole.

193. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Venetia, li 30 marzo 1671. » pp. 605-

ma di benigna protetione per mio figliolo Virginio, che desidera abbandonare il posto di terzo moroso, et esercitare quello del secondo, e tanto più quanto che dovendovi essere (come si dice un capitano spagnolo) non sa come possino accordarsi le cose.

194. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 625-626

Attila Flagello di Dio, Ezzelino da Romano, Fazio nel Ratto delle Sabine, Talbot nella Giovanna d’Arco, e moltissime altre parti furon da lui interpetrate alla perfezione, e nessun attore potè vantarsi mai di avere nella sua beneficiata un incasso maggiore di quello che nella sua beneficiata aveva il Vedova ; il quale se sollevava all’entusiasmo il popolino delle recite diurne, era anche molto apprezzato in quelle serali, dal pubblico eletto, come padre nobile, non che come attor di tragedia.

195. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Si badò soprattutto a conservar l’unità nella melodia regola fondamentale di musica, come lo è di tutte quante le belle arti, la quale consiste nel rivolgere verso un oggetto tutta l’attenzione e tutto l’interesse dell’uditore, nel rinforzar il motivo dominante, ovvero sia il canto della parte principale con quello di ciascuna in particolare, e nel far sì che l’armonia, il movimento, la misura, la modulazione, la melodia e gli accompagnamenti s’acconsentano scambievolmente, e non parlino, a così dire, che un solo linguaggio. […] Niccolò Porpora, napoletano, e Rinaldo da Capua aggiunsero maggior perfezione al recitativo strumentato quello pell’ammirabile facilità di canto che seppe dargli, questo pel maneggio degli strumenti attissimo all’espressione. […] Ingrossando le corde del violino troppo fino allora sottili e fievoli, e stangandone alquanto l’archetto, raddolcì l’asprezza di quello stromento che sarebbe stridente di sua natura, e studiando sulla maniera di guidar l’arco di sotto e di sopra, di rallentarlo, d’affrettarlo, e di premerlo, giunse a trar fuori suoni dolcissimi, e maravigliosi. […] S’io desidero qualche celebrità pel mio nome, e qualche durevolezza pe’ miei scritti, non è l’ultimo tra i motivi quello di tramandare alla posterità i sentimenti d’ammirazione che m’ispira la tua memoria. Sì, tu vivrai negli annali della filosofia insieme col tuo illustre amico e protetto, e mentre il nome di tanti figli dell’opulenza disprezzati dai saggi e ben degni di esserlo, mentre quello di tanti vegetabili automati che si chiamano grandi per obbrobrio del titolo, si dileguerà dalla memoria degli uomini, come gl’impuri vapori che s’innalzano sulla superficie delle paludi, i nomi della Bulgarini, e di Metastasio brilleranno fra i posteri finché esisterà negli uomini un qualche sentimento del bello morale, e finché il carattere del genio riscuoterà i ben dovuti omaggi del pubblico .

196. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VI. Tragici Spagnuoli, secondo il Signor Lampillas, negletti, o censurati a torto dal Signorelli. » pp. 43-68

Ora se le mille Tragedie non bastarono ad acquistare al Malara nome di Sofocle Betico, che dovè contentarsi di quello di Menandro, non sarà malignità e invidia forestiera il dubitare del loro merito. […] Essa principalmente si appoggia in alcuni versi Oraziani, che non parlano già o di numero di Atti, o di quello delle persone da ammettersi in una scena, ma bensì di quelle eterne ragioni dettate dalla Natura bene osservata, la quale, perchè sia ben ritratta esige certe condizioni, senza di cui ricusa di comparire in Teatro. […] Ma come fidarsi più d’inferire da quello che si predica quello che può eseguirsi, dopo l’esempio del Cervantes, che intorno al Teatro parlò sì bene, ed eseguì sì male! […] Censuri adunque l’Apologista quello che io dico, ma non si curi d’interpretare senza fondamento nè bisogno quello che io non rivelo. […] Saverio, che il Signorelli non si allontana da’ sentimenti de’ Critici Spagnuoli nel giudicare de’ supraccennati Drammatici, e non legge alla sfuggita, nè sopprime i fatti, nè abbisogna di far dire a’ Giraldi quello che non dissero mai.

197. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

Io non voglio che crediate alla mia nuova Storia teatrale quando si produrrà: ma su quello che io riferisco, pregovi a fermarvi, e a dubitar, sì, com’è giusto, ma a cercare di sciogliere i vostri dubbj, confrontando da voi stesso i Drammi; e son certo, che se amate la verità, vi ravviserete quello che mai non pensavate, e stupirete di aver finora fatta la guerra alle ombre infantate dalla vostra fantasia. […] Nò, egregio Signor Lampillas, lasciate il favellare de’ volgari, riprendete quello de’ Saggi, tra’ quali con gran ragione io vi conto. […] Che carattere detestabile è quello mai di Don Felix de Toledo esposto in Teatro da Calderon! […] Saprete in oltre, che quest’impeto di Lope rassomiglia a quello degl’Improvvisatori, che sono innumerabili, soprattutto in Italia, e che la di loro voce finisce, come quella de’ Cigni, colla vita, nè passano mai da verseggiatori a Poeti. […] Or questo Teatro, che mai ha di comune con quello di Lope?

198. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 199-200

che era probabilmente quello della servetta ; nome assunto, pare, la prima volta per questo ruolo, dall’Antonella Bajardi, una delle serve de’Gelosi, come la Franceschina, l’Ortensia, l’Olivetta, la Nespola.

199. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 213-214

Fu con questa a Madrid e a Barcellona, ove rappresentò ne’Rantzau la parte del primo attore Gianni (l’Emanuel aveva scelto quella del vecchio Fiorenzo) ; e tanto egregiamente vi riuscì, che al domani, la stampa tutta si credè in dovere di unire a’nomi di Emanuel e di Zacconi, anche quello dell’Arrighi.

200. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 230-232

» Egli è quello stesso che a Torino, al Circo Sales, in compagnia Trivelli, sostenendo la parte di un pescatore nella caduta di Missolungi, dovendo dire : « nell’imperversare della bufera, mi abbandonai alla discrezione delle onde, » disse invece : « nell’imperversare della bufera, mi abbandonai alla descrizione di Londra…. » Lo troviamo padre nobile, nel 1842, della drammatica compagnia condotta e diretta da Angelo Lipparini, poi, nel 1844, in quella di Romualdo Mascherpa ; proprietario nel ’54-55 di una Compagnia discreta, della quale era prima attrice la Vedova-Ristori, e caratterista Luigi Bottazzi, artisti di merito non comune ; e finalmente, nel ’57-58, caratterista e promiscuo della Compagnia condotta e diretta da Valentino Bassi.

201. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 298-299

Fu Domenico Bassi artista egregio sotto ogni rispetto ; e la proteiformità mostrata nel tempo non avventurato della sua giovinezza, passando dalle buffonerie della farsa ai belati del dramma, gli fu poi di non poco giovamento in quello della sua maggior riputazione artistica, nel quale seppe farsi applaudire da ogni pubblico d’Italia, così colle comicità grottesche del Flaupin ne’ Buoni villici, come colla compassata rigidità del Metzburg nel Ridicolo ; così nel Tatà dell’Andreina, come nel Prospero delle Zampe di mosca.

202. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 358-359

Consigliato da Bellotti-Bon di lasciar le parti serie, abbracciò di punto in bianco il ruolo di brillante, che sostenne con assai decoro per alcun tempo, per passar poi a quello di caratterista, a cagione della figura che accennava già a diventar voluminosa, nel qual ruolo fu per molti anni con Alamanno Morelli, al fianco di Luigi Monti e Pia Marchi.

203. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 386

Entrata il ’70 con Bellotti-Bon, fu da lui consigliata, dopo sei anni, a lasciare il ruolo delle giovini per quello di madre, ch’ella sostenne con assai decoro.

204. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 540

Il suo ruolo era quello, non di prima importanza, della servetta.

205. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 549

Dopo la scrittura del Diligenti, il Calloud si ritirò a Parma, ove prese in affitto un teatro, mutando definitivamente il suo ruolo di attore in quello di impresario.

206. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 654-655

Per tal modo ella passò tutta la sua vita artistica in cinque sole Compagnie : di Pesenti e Solmi, del Mascherpa, del Bazzi, del Dondini e del Peracchi, passando in processo di tempo dal ruolo di prima donna giovine a quello di seconda donna e di madre nobile.

207. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 664

Tuttavia, come nel Cimadori si notò un leggiero miglioramento, il Duca, dopo di aver dimostrato largamente la impossibilità di far partire Finocchio, conchiude con queste curiose e poco edificanti parole : Atteso con tutto ciò quello che Vostra Signoria ci motiua e già che pare che sia in qualche miglioramento noi facciamo speditamente partirlo, stimando minor male l’azardare la di lui persona che potesse mai questa dilazione essere interpretata costì a difetto di prontezza e di uolontà.

208. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 14

Da quello sbocconcellamento nacque la società di Pia Marchi, Francesco Ciotti e Gaspare Lavaggi, che per comica brevità solea chiamarsi la Compagnia Ciotti Lavamarchi.

209. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — adi 15 Aprile 1651 in Bologna. » p. 30

Veramente io come quello che suol prouedere ogni anno questa città di comici, non sapendo la mente di V.

210. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

Vana cura sarebbe ancora metterne in vista più questa che quella bellezza, men bello di ciò che si sceglie non sembrando quello che si tralascia. […] Eccellente è l’unica scena che forma l’atto V, ove sì leggiadramente si narra la caduta non mortale di Aminta, l’arrivo di Silvia, ed il trasporto di lei al vederlo in quello stato. […] Lo stile è nobile ma lirico come quello di tutte le altre; e l’azione, benchè non mi sembri abbastanza interessante, è pure regolare. […] Al l’ebreo Leone di Somma che dovea inventar gli ahiti, raccomanda che sieno convenienti a’ personaggi Assiri; diligenza che si vede trascurata nel grottesco vestito eroico degli attori tragici francesi, ed in quello pure stravagante de’ cantori dell’ opera in musica. […] Sotto nome di Flori egli pretese introdurre la signora Campiglia, come egli stesso a lei scrive, e sotto quello di Celia la signora Barbara Torelli, facendole fare insieme una scena in lode delle donne virtuose, ed in biasimo di chi non le ossequia.

211. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO VII [IV]. Teatro Lirico: Opera Comica: Vaudeville. » pp. 192-230

Ecco quello che dee piacere in ogni tempo; ecco il linguaggio che giugne al cuore, perchè dal cuor parte.» […] I primi ad elevarsi furono quello di Nicolet intitolato i Gran Ballerini da corda, quello di Audinot detto l’Ambigu Comique, e quello dell’Ecluse nominato Varietà piacevoli. Gli ultimi due sono quello degli Allievi del ballo dell’opera, e quello de’ Commedianti fanciulli del Bosco di Bologna.

212. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

Vana cura sarebbe ancora metterne in vista più questa che quella bellezza, men bello di ciò che si sceglie non sembrando quello che si tralascia. […] Eccellente è l’unica scena che forma l’atto V, ove sì leggiadramente si narra la caduta non mortale d’Aminta, l’arrivo di Silvia, e ’l di lei trasporto al vederlo in quello stato. […] Lo stile è nobile, ma lirico come quello di tutte le altre; e l’azione, benchè non mi sembri molto interessante, è pure regolare. […] All’ Ebreo Leone di Somma che dovea inventar gli abiti, raccomanda che sieno convenienti a’ personaggi Assiri; diligenza che si vede trascurata nel grottesco vestito eroico degli attori tragici Francesi, ed in quello pure stravagante de’ cantori dell’opera in musica. […] Sotto nome di Flori egli pretese introdurvi la signora Campiglia, come egli stesso a lei scrive, e sotto quello di Celia la signora Barbara Torelli, facendole fare insieme una scena in lode delle donne virtuose e in biasimo di chi non le riverisce.

213. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 260-263

Sebbene all’Ademollo paja di maggior pregio quello di Addio a Venezia, io riporto qui il secondo de’ sonetti scritti prima di sposarsi e di darsi alle scene. […] Come chiusura dell’articolo, do l’ultima parte della lettera che la Flaminia scriveva all’abate Conti ; interessantissima, perchè concernente il modo di recitare la tragedia dei francesi al paragone di quello degl’italiani : M.

214. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 288-292

Quel soli è del Gozzi, il quale anche aggiunge essere stato quello un prezzo miserabile ad una povera comica obbligata ad un vestiario teatrale decente, e alle spese de’viaggi frequenti, ecc. ecc. […] Nè solo parlava, si vestiva, si profumava alla francese, in modo da nauseare chiunque l’accostasse ; ma anche nella recitazione aveva messo una cotale affettazione da riuscire sgradita a quello stesso pubblico che poco a dietro l’aveva coperta di tanti applausi !

215. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 438-443

Il costume di Colombina è nel Teatro del Gherardi uguale a quello delle amorose, se ne eccettui il piccolo grembiule. […] Anche in Goldoni la Colombina è stata scelta nel Teatro Comico a significare il tipo della servetta, che rimane pur sempre invariato ne’varj nomi di Corallina, Smeraldina, Lisetta, Cammilla, a dir de’ più usati : mezzana, sventata, lusingatrice di padroni, chiacchierina, impertinente, civetta, amante o moglie d’arlecchino : ma il tipo della Colombina goldoniana sta a quello della Colombina gherardiana, press’a poco, come la civetta italiana sta alla coquette francese, sia nella forma, sia anche nella sostanza.

216. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 922-927

E chi era il Capitan Matamoros che vediam nel quadro dei Buffoni francesi e italiani (riprodotto poi dall’Huret nell’incisione che qui riferisco), di cui do nella testata la riproduzione, per gentil concessione del signor Rambaud, che fu anima dell’esposizione drammatica di Parigi (1896), e di cui non esistono che due esemplari : uno che è nel foyer della Comedia Francese, l’altro appartenuto già al signor De la Pilorgerie, che sarebbe, secondo il Baron de Wismes, di quello una copia ; ma anch’esso, a parer mio, originale ? […] Del Fiorillo Pulcinella ci rimane, oltre a quello del Perrucci (V.

217. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

Oh che bello spettacolo sarebbe allora quello di vedere il Manfredini a farla da eunuco sul teatro di Venezia, e su quello di Bologna! […] Il suo estetico è più copioso e più ampliato di quello dell’antica. Ma tutto ciò è assai diverso dal patetico nel quale, come ancora nello scopo morale e politico, la musica greca, e per mio avviso e per quello di molti uomini assai più dotti di me, superava altrettanto la moderna, quanto questa supera l’antica in altre doti pregievoli. […] Manfredini non voglia dare alla parola “valore” un significato diverso da quello che da tutti le vien dato in grammatica ed in rettorica. […] Tutti gli oggetti dell’universo sono legati fra loro e quasi direi in dipendenza scambievole gli uni degli altri; quindi è impossibile il conoscerne un solo senza che si svegli il desiderio di conoscere quello che seguita, o quello che lo precede.

218. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » p. 4

Il personaggio della Diamantina è quello vero e proprio della servetta, amante o moglie quasi sempre di Arlecchino, astuta, chiacchierina, birichina ; e che mutò nome col mutar delle attrici, doventando Colombina colla Biancolelli, Ricciolina coll’Antonazzoni, Franceschina colla Roncagli, Corallina colla Veronese, ecc. ecc.

219. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — 1759 – 16 Settembre. » pp. 258-259

Eustacchio ; il quale ci ha detto che giovedì passato, verso le nove di sera, fu chiamato dal signor Balletti figlio, comico italiano, ch’egli trovò nel suo letto, per medicargli la ferita prodotta da un colpo di fuoco : che, avendolo visitato, trovò una piaga non lieve nella carne, alla parte esterna della coscia destra, che egli medicò, e che gli parve causata da una palla, che il Balletti disse di aver ricevuta alla Commedia, mentre recitava nella Camille Magicienne, in cui si sparan colpi di fucile contro una torre, ove il signor Balletti stava rinchiuso con altri comici : che si presume esser causa della ferita uno dei soldati, il quale, sostenendo una parte nella commedia, e dovendo sparare a polvere soltanto, prese nell’intermezzo, inavvertitamente, il fucile carico a palla del soldato in fazione sul palcoscenico, anzichè quello che doveva esser carico a sola polvere ; che se il detto artista non venne subito a far la sua dichiarazione, si fu perchè egli credette non valerne la pena, essendo il fatto accaduto in pubblico, e, com’era da credersi, per semplice inavvertenza o errore ; non per cattiva volontà.

220. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. -306

Le varie compagnie che si recaron di poi a Venezia l’andaron soccorrendo quanto poterono, e la nobile famiglia Vendramin le assegnò gratuitamente due stanze in quello stesso teatro, in cui ella aveva raccolto sì copiosa messe di applausi, di onori e di quattrini.

221. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 558-559

I sostitutori erano accolti a fischiate, il pubblico s’andava assottigliando, e il teatrino di Piazza del Castello dovè, per la morte di Giancola, cedere il primato a un bugigattolo sotterraneo, da quello non discosto, che s’intitolò la Fenice, e che accolse le ornai sparse reliquie della Compagnia, vedovata del suo sostegno, afforzandola con nuovi elementi.

222. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 709-710

Sotto il nome di Flaminia si nascondeva la Marzia Fiala, modenese, prima donna e moglie del Capitano Sbranaleoni, e sotto quello di Vittoria la bolognese Teodora Areliari.

223. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 936-937

Dopo di aver parlato dell’urgente necessità di mutare il Pantalone, attore insoffribile, scrive : « Tiberio Fortunati, che rapresenta cosi bene la parte di Pantalone, quello dico che da S.

224. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 45

Nè solo per Compagnie comiche, o per Accademie componeva i suoi prologhi, ma anche per Compagnie di canto, come abbiamo da quello de gl’inventori della musica, il ventiquattresimo della raccolta, che termina così : abbiamo proposto in questo luoco con la musica dei dolci concenti di cotanti amanti, ai cigni rassomigliati, e con le note di cotante Progne e Filomene, cantarvi dolcemente col suono delle vostre parole un’opera composta in Madrigale di dodeci voci.

225. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 257-258

Mortole il marito, rimase fuor del teatro un anno in segno di lutto, poi formò con Luigi Fossi e per un triennio, una società, in cui ella passò al ruolo di madre nobile, lasciando quello di prima attrice a Maddalena Pelzet.

226. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Andreini sarebbe dunque semplicemente un nome di guerra, come quello famoso di Molière, assunto, per la stessa ragione, dal giovane tappezziere Poquelin (V. […] Non so quello che tu vogli dire. […] A dirtelo, io fui quello. […] Io pure fui quello. […] Non era difficile rintracciarlo colla scorta del ritratto di lui, fatto dal vero dal Tumermann (pag. 55) a quello della lunetta (pag. 83) somigliantissimo.

227. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 333-339

D’ingegno pronto e vivace, d’indole mite e aperta, appassionatissimo dell’arte, divenne il figliuolo adottivo di Augusto Bon, secondo marito di sua madre ; e così, potendo al nome del padre aggiungere quello del padrigno, egli si presentò alla ribalta con un augurio doppiamente splendido di futuri trionfi. […] Le prime attrici giovani saliron senza processo artistico al grado di prime attrici assolute ; i generici primari a quello di caratteristi, e via di seguito : così le salite già audaci doventaron pazze addirittura, e trascinaron l’arte a vertiginoso e rovinoso andare, di cui non si conosce nè il quando nè il dove della fine.

228. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — (Ferdinando Martini, Al teatro. Firenze, Bemporad, 1895). » pp. 78-82

Un altro genere da lei insuperabilmente rappresentato era quello delle parti ingenue. […] Chi sa comporre quello sguardo, accomodar quel labbro, emettere quel suono di voce in una scena d’ironia al pari di lei ?

229. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Adi 21 8bre 1678 » pp. 220-224

Anche il 9 aprile del '76, il Duca di Mantova ringraziava quello di Modena dell’avergli ceduto Florindo pel futuro carnevale ; e promette di proteggerlo in riguardo dell’efficaci raccomandationi che Sua Altezza à di lui prò gl’ingiungeva : e il 29 marzo '77 lo rimanda a Modena, con grandi elogi all’ artista per le recite di Venezia e per quelle di Mantova. […] Appresso di me non ho nulla ; ne mai ho ueduto in tanti mesi, toltone il Vitto, un soldo solo per riparare all’altre cotidiane mie necessità ; onde non mi auanza altro, che una misera, e mal condotta uita, essendo per tanti guai, peggio, che morte ; e Dio sà quello sarà di mè, doppo, che mi haueranno posto nel sudetto Castello.

230. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

Più comune dovea essere siffatto costume a que’ tempi, ove i gran signori ignoranti per educazione e orgogliosi per sistema non conoscevano altro merito al mondo se non quello della nobiltà, né altro mestiere fuorché la guerra. Senza spirito di socievolezza, senza spettacoli, e senza radunanze il solo tempo, ch’essi destinavano al pubblico divertimento era quello delle nozze, oppur delle gran fiere, che tratto a tratto s’aprivano nelle città pel mantenimento del commercio. […] [8] Chiunque vorrà prendersi il pensiero d’esaminare la poesia provenzale troverà ch’essa non era affatto priva d’una certa mollezza, né di certi piccoli vezzi propri di quella lingua, ma troverà nel tempo stesso che il suo gran difetto era quello d’essere troppo uniforme, e di sembrar fatta dai poeti sopra un unico getto. […] Fermiamoci noi non per tanto un poco più di quello, che non è stato fatto finora a maggior lume di questa materia, sperando che le nostre ricerche non siano per riuscire ingrate o inopportune a chi vorrà approfittarsene. […] Verrò percorrendo brevemente questi due punti, e chiedo scusa al dotto e pregiato autore della necessità, in cui mi mette egli stesso di trattenermi più che non vorrei, intorno al suo sistema favorito, che è quello di dar un’arabica origine alla poesia provenzale.

231. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 881-887

Brighella con Leandro prima che la Compagnia fosse stata ricompensata dall’Em.º Signor Cardinale Antonio ; han chiesto per loro particolare, un regalo per uno ; e da me risaputo, come capo della Compagnia scrissi al Signor Martinozzi, maestro di Camera di detto Em.º che anch’io pretendeuo, se gli altri domandauano, come quello che ha il carico di regger la Compagnia e metter fuori soggetti ; ma che però non era in costume di far ciò ; Brighella risapendo quanto haueuo scritto, recitando noi, in casa dell’Arcivescovo di Rodi, uno de’ Signor di Nuelara, ad’arte cominciò à motteggiare sopra à detta poliza ; ond’io : gli dissi hauerla scritta ; ma che in quella però io, non l’ingiuriauo, risposeme con tante uillanie, e minacciamenti, ch’io fui sforzato à maltrattarlo di parole, ma non uillane ; Beltrame disse, quetatevi Cintio, che basta solo, che si sappia che un Brighella ui habbia perduto così infamemente il rispetto, ed il detto Signor Arciuescouo ciò risapendo, era d’animo di far poco piacere à Brighella, ed’egli stesso si obliga attestarlo à chi che sia. […] Leandro che da me hà riceuuto l’educatione, commosso da gli entusiasmi dell’ambizione, mi detrae la fama, e doue può mi conculca : tralascio i dispiaceri hauti dalle sue smarciassate, minacciamenti fondati, sù quello ch’io non uoglio scrivere. […] Iacomo o Iacopo Antonio Fidenzi era dunque il direttore della compagnia ; e il male accennato nella seconda lettera, che lo fe’andare a Padova, doveva certo esser quello degli occhi, di cui discorre in una delle sue poesie (pag. 70), nella quale sono anche i segni della più profonda gratitudine verso i suoi generosi Padroni.

232. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 279-281

Pietro Barsi, artista dei più coscienziosi, dotato di una memoria ferrea e di un fisico, per le parti di caratterista, più unico che raro, intelligente, studioso, modesto, potè di punto in bianco acquistarsi la benevolenza de’pubblici meno indulgenti, come quello del Teatro Manzoni di Milano ; dove, specialmente nel repertorio Goldoniano, fu annoverato, e a ragione, tra’ buoni artisti.

233. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 534-535

Egli è probabilmente quello stesso Lucio Fedele, di cui parla il Quadrio, e che cominciò a fiorire verso il 1560. « Il Ghilini nel suo Teatro – dice esso Quadrio – per occasione di Giulio Cesare Capaccio, fa menzione di costui, come di eccellentissimo comico, e il migliore assolutamente de’ tempi suoi.

234. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 562-563

Nata da famiglia milanese, fu educata al Collegio delle Orsoline, da cui uscì nel 1859, per entrare in quello Coudert.

235. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. -612

V. questo solo mi Basta, per Ottenermi Licenza è Teatro, ma quello del S.

236. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 152-154

Compagna esemplare non abbandonò mai il marito, sostenendo con decoro il ruolo di prima attrice nella propria compagnia, e passando poi a quello di madre e seconda donna.

237. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 356

Aveva sposato il 7 luglio 1734 Marie Jeanne de Heurles de Laborras de Mèzières, nata a Parigi il 1713, entrata alla Comedia italiana il 23 agosto '34 col ruolo di amorosa, che mutò per insufficienza con quello di madre, e assai nota per una quantità di romanzi, che furono in voga al suo tempo.

238. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 811-

Ma ve n’ha un altro più forte ancora, quello che determina la grandezza vera della Duse ; dietro a cui si affannarono invano, partite da un falso cammino, gran parte delle attrici d’Italia. […] I pregi della Duse, quelli che la elevaron dalla comune, eran nella compenetrabilità del tipo, nella minuziosità di osservazione di tutto quello che lo circondava, che lo faceva vivere e palpitare : non lo studio soltanto di quel che era in una parte, ma, e soprattutto, di quel che non c’era. […] che non è quello di…., che, secondo me, vede cose e persone più in su del vero. […] Se poi la smontatura che traspare dalla vostra lettera, è dovuta ad altre cause — forse troppo intime — « benedetto ragazzo che siete » con tutto il bene bono che vi voglio mi permetto di dorlotarvi con queste parole : fate quello che credete sia un dovere di fare e lasciate fare al tempo. […] Già io adoro i paesi di mare…… Il 19 luglio ’84 dalla montagna (Brozzo – Ivrea) : …… Da quest’altezza…. modesta e pur considerevole (900 metri) – da questo profumo – l’odore puro, direi immacolato della montagna, da questo verde che riposa l’occhio irritato dalla luce del gas della città – da quest’aria che rimette a nuovo i polmoni affaticati – e calma le febbri sorde che dà il contatto con la città…. mi sento rinascere – buona – senza pretesa – con poche vesti, con pochi quattrini – con molte idee – con molto senso di pietà e di perdono – verso tutto quello che ci turba e ci profana…… Il 23 luglio dell’ ’86 da Varazze : …… eccomi qua – con una mano scrivendo, e con l’altra dando giocattoli a una bella piccina – di cui non sono la mamma che a certe ore, mentre per il più della giornata, io faccio il possibile per essere bambina…. creatura di pochi anni e di molto sorriso, come lei.

239. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO II. In quali cose si rassomigli ogni Teatro. » pp. 12-22

Ed è questo il quarto fatto da notarsi, che noi troveremo avverato in tutti i teatri Europei, e dal l’analogia delle idee ci sentiamo inclinati a conchiudere, che troveremmo eziandio ne’ teatri orientali, e in quello del Perù, se gli storici e i viaggiatori, da’ quali soltanto noi possiamo instruirci sulla legislazione e la poesia di tali regioni, si fossero avvisati di riguardarli nel punto di vista che quì presentiamo. […] …Ma conoscenza di dritti, osservazioni sul costume, raziocinio, artificio di lagnarsi impunemente, sagacità di ottenerlo per via di giuoco, sono idee di popoli gia in gran parte dirozzati, e per conseguenza può bene asserirsi che di tutti i generi poetici il teatrale è quello che singolarmente alligna nelle società già stabilite, e dove regna una competente coltura ecc.

240. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

Vigoroso è quello di Serse, savio quel di Clearco, candido e naturale d’Idaspe, e soltanto quello odioso di Artabano che intriga se stesso nelle sue sofistiche sottigliezze, mi sembra poco plausibile. […] guai a quello ancora che non ha per lodatore che se stesso e i suoi compiacenti amici! […] Accorderemo parimente all’illustre autore di averne ideato un piano assai più conveniente alla scena tragica di quello del Shakespear. […] Aggiungeremo per amor del vero che il carattere della sua Cleopatra insidiosa, mentitrice, infingevole, civetta, potrà bene rassomigliarsi a quello che gli dà la storia, ma non essere nè sì tragico nè sì grande come quello della Cleopatra del cardinal Delfino. […] L’argomento è quello stesso che Pausania suggerì al Dottori nel secolo passato; ma ciò che formò l’azione del primo Aristodemo, serve di antecedente a quest’altro.

241. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108

Or che addiverrà d’una greca di ventidue, o ventitré secoli indietro, la quale passi nelle nostre contrade sì cambiate da quello che erano allora? […] Egli riuscì così bene ad accusarlo di prepotenza e ladronecci, che ’l popolo condannò Cleone a pagar cinque talenti, cioé intorno a tremila feudi; e quello pruova che la commedia antica era un’effettiva denunzia di stato37. […] Ecco quello che agli occhi de dotti era Aristofane. […] Ma quello che di lui rapporta il Giraldi51 coll’autorità di Plutarco e di Acrone merita di esser ripetuto per infrazione della gioventù tratta dal proprio fuoco prima a scrivere che a pensare. […] Argo, Corinto, Tebe, Delo, Megalopoli, aveano i loro Teatri, qual per vastità, qual per magnificenza, qual per delicatezza di magistero rimarchevole, come quello degli Epidauri architettato dal famoso Policleto57.

242. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

Non per tanto questo padre e legislatore del teatro francese, che morì, nel 1684, ha pur troppo pagato il tributo al gusto delle arguzie viziose, dominante sotto il regno di Luigi XIII, e nel principio di quello di Luigi XIV, siccome hanno osservato gl’italiani187 non meno che i medesimi francesi. […] L’opera francese all’incontro tira dal fondo dell’immaginazione un ammasso di miracoli e stravaganze, più mostruoso di quello che i Francesi riprendono nel teatro spagnuolo. […] Castilhon, che il teatro moderno, e particolarmente il francese, sia superiore a quello de’ greci e de’ romani a cagione «della libertà delle donne nella società, la quale ha somministrato al teatro tanta varietà di caratteri». […] Senza annoiarmi e annoiare con una erudizione inopportuna, badi solo Aristofane a smentirlo colla Lisistrata, colla Radunanza delle Donne, e colle Feste di Cerere e di Proserpina, per non parlar di quello che si ricava dal Plozio e altre commedie di Menandro. […] Ma giacché non leggono i nostri scrittori, riflettessero almeno a quello che hanno asserito fu quello punto i loro più eruditi e sensati.

243. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

Ignora l’arte di render armonioso il recitativo, e più ancora quello di render le arie musicali. […] Il Bernardoni, poeta cesareo parimenti, e Antonio Salvi fiorentino, seguitarono l’esempio dello Stampiglia con qualche credito allora, ma i loro nomi coi drammi loro non riceveranno dalla posterità altro premio se non se quello di far serie nei voluminosi tomi del Quadrio. […] «Guarda pur: o quello o questo         È tua prole, e sangue mio. […] Come il gran segreto delle belle arti è quello di presentar gli oggetti in maniera che la fantasia non finisca dove finiscono i sensi, ma che resti pur sempre qualche cosa da immaginare allo spettatore allorché l’occhio più non vede e l’orecchio non sente, così il discostarsi talvolta dalle prospettive che corrono al punto di mezzo, che sono, per così dire, il termine della potenza visiva e della immaginativa, fu lo stesso che aprire una carriera immensa alla immaginazione industriosa e inquieta di coloro che guardano da lontano le scene.

244. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 448

Il modo di recitare del signor Bigottini non ha nulla che vedere con quello dell’attore ch’egli deve surrogare ; egli non ne ha nè la grazia, nè la finezza, nè la semplicità : tuttavia le sue metamorfosi sono ingegnose e variate ; e i suoi movimenti senza avere la flessibilità e la mollezza che caratterizzano ogni menomo gesto di Carlino, sono d’una esattezza e d’una rapidità singolari.

245. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 982-983

Fu con Goldoni gran tempo al San Luca, ma dopo la recita della Sposa persiana (del 1755), in cui il pubblico s’interessò maggiormente al personaggio della giovane schiava che a quello della prima donna, la moglie di lui, sommamente irritato contro il pubblico e contro Goldoni, disse che gli era stata fatta un’ azione da forca, protestò col Vendramini, andò in iscandescenze, mandò in pezzi il suo orologio contro la vetrata di un paravento di cui frantumò i vetri, e piantò tutti in asso scritturandosi con la moglie per la Compagnia del Re di Polonia a Dresda.

246. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 752

Di altri due Bertolini è ricordo nella Storia del teatro : di quello degli Uniti del 1584 (V.

247. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 770-771

Nell’ '85, uscita da una fiera malattia di tifo, andò con Emanuel per parti principalissime, ma senza ruolo fisso, e fu da lui iniziata a quello di madre e caratteristica, lasciato poi subito, per riprendere il suo posto (vanità perdonabile in un’attrice pregiata e ancor giovine) prima in Società con la Tessero, poi con Dominici e Della Guardia.

248. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 164-168

Quando trasformato in Toro haueuo impregnato la bella Europa, tornando di Creta passai per doue oggi è Bologna, & alloggiato da vn mio pouero amico, che staua in una piccola casetta su la riva del Reno, a cena gli raccontai il caso seguito ; e nel partirmi feci miracolosamente nascere in quel luogo vna Città, per ricompensa, facendone Signore quel mio ospite ; & in memoria, che sotto forma di Toro, o Boue haueuo goduto la donna amata, nominai la nuova Città Bononia, dalle parole Bos, che vuol dir Bue, Non, che significa non, & Jam, che s’espone già ; cioè Bos non jam ; per mostrare, che non era già vn Bue, ma Gioue quello che portò via Europa. […] che già haueua la bocca aperta per dire il fatto suo ; però fattolo accostare, gli diedi cenno, che parlasse ; Egli con la testa rossa per la collera, disse che quello, che era opera manarum suorom, quegli altri babbuassi se lo voleuano attribuire a sè stessi ; ma che la vera verità era, che egli già innamorato morto della Ninfa Dafne, non potendola con preghi, e promesse ridurre alle sue voglie, faceua quasi le pazzie per amore ; pure al fine risoluto di non star sempre come le zucche (co ’l seme in corpo) determinò di pigliarla per forza, e contrar seco legitimo adulterio ; la Ninfa, che era furba, auuedutasi della ragìa, à gambe fratello, e lui dietro ; corsero tanto, che arriuarono alle sponde del fiume Reno in Toscana, e non del fiume Peneo in Tessaglia (come dice quel minchione di ser Nasone), doue la Ninfa per opera di Gioue fù trasformata in alloro. […] Non vi restava se non quel folletto di Mercurio a farmi sentire le sue ragioni, il quale senza aspettar l’inuito, cauatosi il capelletto, e di mio ordine messo in vn canto quel baston, che suol portare in mano, fece vna bella, e lunga cicalata, mostrando come tutto quello, che haueuano ditto gli altri Dei era Alchimia, e non poteua stare a martello ; e che lui solo era il pater patriæ Bononiensis ; vedendosi che tutti i Bolognesi come figliuoli, e descendenti di Mercurio Dio dell’eloquenza, nascono con vna buona inclinatione naturale alla Rettorica, e son dotati d’vn facondo parlare.

249. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VI. Tragedia Cittadina e Commedia Lagrimante. » pp. 134-143

Il Socrate dramma in prosa che Voltaire diede al pubblico nel 1755 come una traduzione di quello di Tompson alunno di Adisson, dee collocarsi nella classe delle tragedie cittadine per la mescolanza del patetico e del famigliare. […] In quello che intitolò Natalia rappresentato la prima volta in Parigi nel 1787, si notano molti difetti, benchè non lasci d’interessare.

250. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

Peccasi sovente da’ Francesi in tal fatto invece d’aiutare con gli affetti degli episodi quello dell’azione. […] Infatti qual altro è quello che nasce dalle bugie del suo mentitore ch’egli reca per esempio della sua praticata dottrina? […] Ma io non saprei assolvere da molti sconci né lo stile di Racine, né quello degli altri più moderni. […] Sin nel secolo decimo sesto fu dibattuta, e si è continuata buona pezza anche in quello succeduto appresso. […] Rispettivamente a quello la descrizione de’ continui dispregi usati da Ersilia a Romolo rende incredibile ch’egli concepisse amore sì violento quale è quello che gli si assegna.

251. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VII. Spettacoli scenici della Russia. » pp. 418-421

Sconosciuti quasi interamente dal resto dell’Europa i moscoviti, privi di libertà, e immersi in una profonda ignoranza sostenuta particolarmente da un’antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio paese sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello ch’era sotto gli occhi loro, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura e ’l bisogno suggerisce.

252. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO I. Stato del Teatro Francese prima della Medea di Pietro Cornelio. » pp. 4-7

Intanto uno scrittore di quelle contrade che volle anni sono filosofar a suo modo sulle nazioni, supponendo il teatro moderno, specialmente quello del suo paese, superiore all’antico, ne attribuisce l’ effetto alla libertà delle donne, e da questa fa discendere la gran varietà de’ caratteri.

253. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 244-245

Gli allettamenti di quell’attrice vezzosa entravano ancor a parte delle mie premure ; e mi faceva un giorno di festa quello di vederla ad eseguir bene quell’ importante parte nella mia Commedia.

254. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 246-248

.°, et seràno di gusto, per quello che può essere in questo tempo, et forsi chi sa ?

255. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 859-861

L’acre polvere dei palcoscenici mai è giunta a posarsi, ad insudiciare l’anima buona e bella della illustre signora ; si che nel mondo pettegolo, maldicente, qualche volta infamante, che si agita tra le coulisses, il nome della Falconi è pronunziato come quello di Maria Vergine Santissima ; ed in quel mondo pettegolo, come moglie, come madre, ella è semplicemente venerata.

256. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Venetia li 28 xbre 1681. » pp. 501-502

Ecc.ª non si vede per tutto lunedì, haurà mie lettere di quello la Compagnia risolverà : e mi dedico di V.

257. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 684-685

Il Sacchi visto il risultato delle Droghe d’amore a Venezia, volle al suo andare a Milano in quello stesso anno, ritentarla in quella città.

258. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Introduzione »

I suoi molteplici interessi, che lo spinsero a scrivere di arte, scienze, musica, letteratura, traduzione, mostrano l’estensione di un sapere disponibile ed eclettico, che qualifica l’uomo di lettere del XVIII secolo, volto a perseguire uno dei fondamenti della cultura umanistica settecentesca, quello di una letteratura intesa come percorso conoscitivo, strumento comunicativo, veicolo di circolazione delle idee3. […] La prospettiva di Algarotti rispetto ai letterati che lo hanno preceduto è quindi sostanzialmente diversa nonostante l’apparente convergenza teorica: il suo intento non è quello di trovare una collocazione alla poesia per musica nel sistema dei generi letterari, ma di riformare dall’interno il dramma per musica rivalutando la componente letteraria nel confronto con le altre parti dello spettacolo operistico. […] Verso la fine del paragrafo, un altro grande inserto assente nella prima redazione riprende argomentazioni classiciste arcadiche per promuovere armonia e semplicità come linee guida alle quali anche il discorso musicale si deve attenere in una visione organica dello spettacolo operistico, il cui fine deve essere quello di unire armoniosamente poesia e musica per muovere le passioni: «Talché un direbbe che a’ secoli nostri è tornato il secolo del secento per la musica. […] Il contributo più vicino a quello di Algarotti è sicuramente la Dissertazione 24 che Calzabigi pubblicò come premessa dell’edizione parigina delle Opere di Metastasio, uscite nello stesso anno del Saggio. […] Deciso nel contrastare l’opera francese, nel clima della querelle des bouffons, per l’eccesso di artificio e spettacolarità, Calzabigi loda il modello metastasiano25, ma di fatto già lo supera nella direzione di una maggiore coerenza nella definizione dei personaggi, di una più organica tessitura tra aria e recitativo, di uno sviluppo complessivo più aderente a un ideale di naturalezza che la querelle des bouffons aveva attribuito come tratto distintivo al teatro musicale italiano; egli delinea insomma quello che sarà il tentativo di riforma realizzato qualche anno dopo a Vienna con Cristoph Willibald Gluck, a partire da Orfeo e Euridice del 1762.

259. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 364-382

La larghezza delle offerte aveva solleticato non poco l’amor proprio della Ristori, nella quale si risvegliò d’un tratto potentissimo l’antico amore dell’arte, che quello di sposa e di madre aveva per alcun po'assopito. […]  » L'11 gennajo '55 scriveva da Torino alla Principessa Hercolani a Bologna : ….. le ingenti spese, e le molte esigenze del popolo francese, rendono molto pericoloso quell’esperimento, sia dal lato interesse, che da quello di un favorevole successo. […] Scuola di Recitazione di Firenze che ho l’onore di dirigere ; e sono orgoglioso di poter qui legare in qualche modo il mio piccolo nome a quello di lei grandissimo e venerato.

260. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 705-716

Niun attore io credo abbia avuto come lui una vita di palcoscenico piena di movimento, passando dall’amoroso al brillante, dal brillante al primo attore, alternando tal volta l’officio di comico e anche di capocomico, con quello di pittore scenografo, magari di macchinista ; tal volta escogitando con allegri compagni di sventura nuovi mezzi di difesa dalla miseria, come fiere o altro, recandosi da questo a quel posto oggi in barroccino, domani a piedi. […] Fu scritturato brillante il '78 in Compagnia Dominici, passando in quaresima al ruolo di primo attor giovine, poi, per l’improvvisa partenza del Dominici, a quello di primo attore, ch'egli sostenne per alcuni anni in piccole compagnie, come ad esempio, del Battistoni. […] È dunque possibile che taluna volta a lui accada per la parola quello che accade ad altri in genere per la musica, i quali mentalmente credono di ripetere con esattezza un motivo, e quando si provano di rifarlo colla voce, non azzeccano più le note ?

261. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388

L’Oreste della sua Elettra, a mio credere, é ben delineato; e tutto quello che appartiene alla vendetta di Agamennone é maneggiato con vigore. […] Diderot ha voluto trattar quello stesso carattere con maggior cura. […] Questa delicatezza, questa maniera di esprimersi, non appartiene al genere comico simile a quello della Perintia, dell’Andria, dell’Hecira? […] Ma perché quell’ingegnoso autore di due commedie siffatte ha avuto riguardo a non dargliene il titolo, contentandosi di quello di Rappresentazione? […] Difetto é quello veramente da non perdonarsi a un attore, il quale non dee pensar né a se stesso, né al poeta, né allo spettatore, ma unicamente all’affetto ch’esprime e al personaggio che imita.

262. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

parla hai tu tutto quello che stà bene all’uomo? […] Esse si trasformano in quello che vogliono. […] Or dimmi un poco; il mare è più pieno di quello che è stato prima? […] Questo è quello che il poeta insegna nell’ultimo atto. […] O semplicioni, (ripiglia la Povertà) voi non sapete quello che vi pescate.

263. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Avremmo dato di buon grado il Tieste di Seneca che già conosciamo, per quello di Ennio da lui composto nel settantesimo anno della sua età, cioè in quello in cui finì di vivere. […] Egli sprona in tal guisa un cavallo sboccato; di buon grado il servo pregato dal proprio padrone si presta a quello che farebbe per naturale inclinazione. […] Ella è tre volte più astuta di quello che tu brami. […] Per tutto quello io t’ho che alla mia pancia Tornerà conto. […] Tra i vantaggi che ci presenta l’esame delle opere degli antichi, è quello di vedervi la sorgente delle moderne.

264. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

parla: hai tutto quello che sta bene ad uomo? […] Esse si trasformano in quello che vogliono. […] (riprende Strepsiade); Or dimmi un poco: il mare è più pieno di quello che è stato prima? […] Questo è quello che il poeta insegna nell’ultimo atto. […] Ecco quello che agli occhi de i dotti era Aristofane.

265. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 513-514

Per 23 anni di seguito fui amministratore, segretario, attore ed amico di Ernesto Rossi attraverso a quasi tutto il mondo ; ed ora eccomi qui, rappresentante l’Accademia dei Filodrammatici e direttore di un teatro…… Quanto al teatro (il Filodrammatico di Milano) ch’ egli cominciò a dirigere nell’ ’85, sappiamo che la sua attività e la sua intelligenza si sono affaticate nervosamente, prepotentemente per dargli quel primato al quale aveva diritto, quello splendore a cui lo si era destinalo.

266. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 566-567

Se dovessi dirvi che razza di spettacolo è quello che vi richiama tanta gente, mi vedrei imbrogliato.

267. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 644-646

… » E felice è stata l’ispirazione del poeta di chiuder l’evocazione de’personaggi ne’ quali il Ceresa nitidamente rifulse, con quello di Armando, ch’egli soavissimamente incarnò, e in cui ben pochi ebbe che gli si accostassero.

268. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 260-262

Propostole il Pezzana, dietro suggerimento del Morelli, che avevala sentita nella Suonatrice d’Arpa, di andar nella sua Compagnia a prendervi il posto di Amalia Fumagalli, vinta dalle lusinghe di lui e dalle preghiere della madre, risolse finalmente di abbandonar l’arte sua diletta, ed esordì a Livorno con grandissimo successo, col nome di Giuseppina Biagini, che fu quello del secondo marito di sua madre.

269. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XI. Se il Ch. Poeta Cesareo Metastasio imitò, o poteva imitare le Opere di Pietro Calderèn de la Barca. » pp. 140-148

E quello spirito elettrico (sento dirvi ancora), quel perchè, che voi, Sig. […] Resta tuttavia un altro mal passo da travalicare, quello di Pier Jacopo Martelli citato dall’Apologista (p.

270. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

[5] Il secondo mezzo più utile, e che bisognava di maggior talento era quello di simplificar l’armonia, e di promuover l’espressione troppo ingombrata da arzigogoli ed arabeschi ridicoli. […] Uno de’ principali mezzi fu quello d’applicar l’armonia a parole cantabili, cioè a poesie appassionate ed affettuose. […] Tutte le circostanze concorsero a render quello spettacolo uno de’ più compiti che d’allora in poi siano stati fatti in Italia. […] Le ragioni sono perché vi precede la sinfonia, perché il basso seguita tutte quante le note del cantore, perché si accompagna con altri stromenti, perché si fa il ritornello alla seconda parte, perché il metro è diverso da quello del recitativo, perché manifestamente è un canto, per tutte le condizioni insomma che le arie a dì nostri distinguono. né si veggono soltanto ne’ drammi del Rinuccini. […] Veggasi ancora la citata dissertazione del prelodato Abbate Roussier data in luce nel 1770, nella quale si pruova ad evidenza, che tutti quanti i teorici c’hanno scritto finora sù cotali materie non hanno spacciato che paradossi, falsità e pregiudizi per avere ignorato il vero ed unico principio che serve di base ad ogni sistema musicale, e che servì a quello degli Egiziani, dei Chinesi, dei Greci, e di noi.

271. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Lo trafiggerò così nella parte più sensibile del cuore, osserverò i suoi sguardi, se cangia colore, se si agita… sò quello che saprò far io. […] Nulla, e pur vedo tutto quello che vi è. […] Nulla, fuor di quello che noi due stiamo parlando. […] Aggiugne che egli scrisse in nome del re di Danimarca al re d’Inghilterra di far, per quiete comune, morire immediatamente i due messaggi, e sugellò la lettera col sigillo del padre che seco avea, sul quale erasi formato quello che usava il re presente. […] Mi vieta il mio argomento l’andar ricercando dietro ad ogni particolarità della scrittura di costui, nella quale trovansi sparse senza che vengano citate moltissime cose che leggonsi altrove, ed altre non poche a lui da questo e da quello Italiano sugeritegli, le quali ha egli registrate senza esame, e senza ben ricucirle col rimanente del suo libretto.

272. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo II. Teatro Spagnuolo, Inglese, e Alemano nel medesimo Secolo XVII. » pp. 276-290

E’ grazioso quello di D. […] Il periodo che precede, e quello che segue le grandi rivoluzioni di uno stato, fan tacere ugualmente e rimpiattar le arti. […] In quello intitolato gli Ordini Militari Cristo viene a domandar la croce al mondo, e questo personaggio per concedergliela richiede il parere di Mosé, Giobbe, Davide, e Geremia; questi consiglieri affermano che la merita per lo quarto del padre, e ’l mondo dà la croce a Cristo, confessando che non l’ha finora concessa a veruno se non per onore.

273. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Il Ladislao bandisce tutto quello che suol farsi avvenire per macchina, e di ciò si forma la legge V. […] L’avvertisce che Settimio non le lascerà fare, com’ella pensa, quello che fan tutte. […] E quello ch’io miro Di Tito il volto ? […] Nella Spagna ecco quello che si è osservato sinora in ciascun anno ne’téatri di Madrid. […] Tali sono quello di San Carlino, della Fenice, della Posta ecc. e diversi scenarii di pupi.

274. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 444-445

Dal ruolo di Pierrot passò poi a quello di Trivellino, in cui fu eccellente.

275. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 31-32

mo Padrone, hà ottenuta là dà noi tanto desiderata licenza ; doppo esser stati per tre mesi Infruttuosi appresso questa Real Corte, è quello che piu importa anco à noi stessi, non hauendo potuto rapresentare che solo u…. sei Comedie con Pochissimo Applauso, è niente d’Vtile ; È be[nsi vero] Però che si hebbe già in due uolte per ricorso fatto alla Nos[tra] Ser.

276. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 305-306

O forse, e questo è il più probabile, ella, sciolta da ogni vincolo, si andava scritturando a brevi scadenze or con questo or con quello ?

277. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Così lo trafiggerò nella parte più sensibile del cuore; osserverò i suoi sguardi, se cangia di calore, se palpita; so quello che dovrò far io. […] Nulla, e pur vedo tutto quello che vi è. […] Nulla fuor di quello che noi stiamo parlando. […] Aggiugne che egli scrisse in nome del re di Danimarca a quel d’Inghilterra di far per quiete comune morire immediatamente i due messaggi; e suggellò la carta col sigillo del padre che seco avea, sul quale erasi formato quello che usa il presente re.

278. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO ULTIMO. Conchiusione. » pp. 300-303

E chi se non questa semplice storia e questa serena filosofia sa discernere quel che può esser bello per un sol populo, e quello che lo sarà per molti?

279. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Teatro di Eschilo. » pp. 75-103

Secondò parimente molto meglio il pensiero de’ suoi predecessori di scemare il numero degl’individui del Coro musico e ballerino per accrescerne quello degli attori degli episodii, e con questa seconda classe di rappresentatori rendè l’azione vie più viva e variata. […] Osserviamo che Prometeo è un personaggio totalmente buono e benefattore dell’umanità, e che il buono effetto che fè in teatro c’insegna, che sebbene Aristotile ci diede una bellissima pratica osservazione nel prescrivere che il protagonista debba essere di una bontà mediocre mista a debolezze ed errori, non debba però tenersi per legge generale inviolabile, altrimenti ne mormorerà il buon senno che ci porta ad ammirar giustamente il bellissimo carattere di Prometeo, quello di Ajace in Sofocle, ed altri ancora di ottime tragedie moderne. […] Noi siamo persuasi che, dopo di essersi la mente preparata co’ saldi invariabili principii della Ragion Poetica ed avverati con una sana filosofia, con una paziente critica lettura e con una lunga esperienza del teatro, il cuore solo è quello che decide dei drammi e senza ingannarsi ne conosce e addita le bellezze.

280. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO II. Tragedia Cittadina, e Commedia Lagrimante. » pp. 112-127

Il Socrate dramma in prosa che Voltaire pubblicò nel 1755 come una traduzione di quello di Tompson alunno di Adisson, dee collocarsi nella classe delle tragedie cittadine per la mescolanza del patetico e del famigliare. […] In quello che intitolò Natalia, rappresentato la prima volta in Parigi nel 1787, si notarono molti difetti ad onta dell’interesse che non lascia di trovarvisi.

281. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — 2 giugno 1902. Guido Biagi. » pp. 327-333

Dicitore preciso e vibrato, il Rasi ha tentato per primo un arduo esperimento, quello di accompagnare col commento della calda e passionata parola le melodie della musica, anche quelle sonore d’ una orchestra intera. […] La lettura ad alta voce, di cui egli è un apostolo convinto, diventa così un mezzo d’istruzione e di educazione, facile e aperto a tutti : esso dovrebbe sostituirsi anche nelle scuole a quel tedioso e forzato esercizio della memoria, che avvezza i ragazzi a non capire quello che recitano, e che riesce, certamente, a renderlo a tutti noioso, anche a chi è costretto ad ascoltarli.

282. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 349-355

Figlio del precedente, nato a Modena verso il 1675, esordì quale Innamorato nella Compagnia della Diana, moglie di Giovanni Battista Costantini, al servizio di quel Duca, diretta sotto il nome di Federico, che mutò poi in quello di Lelio, sembrato alla direttrice più teatrale ; e diede subito prova di gran valore. […] Il Principe Antonio di Parma inviò al Duca Reggente il Regolamento della Compagnia già approvato, senza che nè in esso, nè in quello del Duca d’Orléans fosse più fatta menzione della Compagnia Costantini, alla quale il Riccoboni, essendo la sua scrittura una semplice aggiunta a quella della moglie, aveva accennato : e forse la ragione di quell’accenno, sta in ciò, che trovandosi il Costantini a Parigi, ove s’era fatto impresario nel 1712 di spettacoli alle fiere di San Germano e di San Lorenzo, il Riccoboni ne temeva l’ingerenza nella nuova compagnia.

283. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

Avremmo dato di buon grado il Tieste di Seneca, che conosciamo, per quello di Ennio composto nel settantesimo anno della sua età, cioè in quello in cui fini di vivere. […] Di buon grado il servo pregato dal proprio padrone si presta a quello che per naturale inclinazione farebbe. […] Oh taci pure (ripiglia l’altro); ella è tre volte più astuta di quello che tu brami. […] Per tutto quello io t’ho che alla mia pancia Tornerà conto. […] Tra’ vantaggi che ci presenta l’esame delle opere degli antichi, contasi quello nulla nojoso di rinvenire la sorgente delle moderne.

284. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

L’Autor dell’Edipo latino, sia per istile, sia per condotta d’azione dimostra esser diverso da quello delle tragedie precedenti. […] É quello forse il linguaggio de’ rimorsi e di un dolor disperato? […] » Non molto riprensibile, declamatorio e ampolloso é lo stile dell’Agamennone, come quello dell’Edipo, e dell’Ercole Oeteo ch’é peggiore. […] L’argomento dell’Ercole Furioso é l’istesso di quello a Euripide, ma la condotta dell’azione é cangiata. […] Non pertanto in quello lunghissimo componimento di circa duemila versi fra tanti concetti assettati e strani, trovansene alcuni giusti, ben espressi, e spogliati d’ogni gonfiezza.

285. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 616-618

Il Regli, dopo di aver detto che all’ultima recita di Alberto Tessari, e a quella di sua moglie (a’ Fiorentini di Napoli), il pubblico piangeva, e applaudiva con quello spontaneo trasporto, che è figlio della convinzione, scrisse di lei : Tessari Carolina era sorprendente per la robustezza de’suoi polmoni, per la voce maschia ed insinuante.

286. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Mantoua li 16 Dicembre 1678. » pp. 127-128

Io ho saputo che si uogliono dare li tormenti per farli dire quello che non è la uerità la causa è il Sig.

287. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 386-389

ci dicon troppo poco ; ma certo morì quasi improvvisamente e fu sepolta a Padova (V. il sonetto di Matteo Bembo, pag. 44, e quello di Verdizzotti, pag. 16) dopo una ricaduta fatale della malattia, quando tutti eran certi omai della guarigione.

288. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 414-417

Titiro e Montano cedon finalmente a' preghi delle ninfe, e quello diviene sposo di Ardelia e questo di Fiammella, e le due coppie abbracciate si riducono alle lor capanne.

289. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Or quello che i Greci profferivano ne’ tempi della loro gran coltura, nè già nel solo teatro, ma dove gravemente decidevasi del destino della patria, ci dee far risalire sino al tempo eroico di Achille e di Ajace, e guarirci dal pregiudizio di giudicare dal decoro osservato ne’ moderni tempi di quello che convenisse a’ tragici Greci nel copiare Teseo ed Agamennone. […] La riconoscenza molto tenera fassi con più verisimilitudine di quello che avviene nella tragedia del predecessore, per mezzo di un anello di Agamennone. […] Certo il suo stile si distingue da quello de’ predecessori per l’arte mirabile di animare col più vivace colorito tutti gli affetti e quelli spezialmente che appartengono alla compassione. […] Finalmente con somma perizia de’ moti del cuore umano questo grande ingegno mostra l’immenso dolore del padre più eloquentemente di quello che avrebbero fatto i moderni declamatori teatrali. […] Veggasi quello dell’atto primo, in cui le schiave Trojane sollecite del loro destino vanno immaginando in qual parte toccherà loro in sorte di essere trasportate75.

290. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Di Milano, il dì 28 agosto 1620. » pp. 140-157

Cesareo Orobuoni, or con quello di C. […] Giva turbando i lor lascivi errori Zefir umil ch’ora raccolte, or sparte, a quello aurato vel sembrar le fea che diè’n preda a Giason l’empia Medea. Ed ecco l’ oroscopo, del quale spero, con quello di Gio. […] ma Arciduchessa di Toscana ; quello concernente le raccomandazioni per le LL.

291. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Del teatro »

E con ciò quello antico maestro viene quasi di rimbalzo ad insegnare a’ moderni di che materia e’ debban fare i loro teatri. […] Ciò potrebbe per avventura trovar fede presso a coloro che credevano dover correre di gran pericoli in acqua chi era nato sotto il segno dell’Acquario, che prescrivevano a’ tisici il giulebbo del polmone di questo o quello animale, alle partorienti la rosa di Gerico, e tenevano simili altre illazioni per figliuole legittime dell’analogia, quando dal sillogizzare scolastico travisata era del tutto la faccia della filosofia.

292. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 281-290

L’Imperadore Adriano antiponeva Lucilio a tutti quanti i tragici con quello stesso gusto depravato di antiquario che antipor solea Catone a Cicerone, Ennio a Virgilio, Celio a Sallustio; egli preferiva pure Antimaco ad Omero. […] Terenzio imitatore e pressochè copista di Menandro, e perciò chiamato da Giulio Cesare dimidiate Menander, non si studiò tanto di piacere come Plauto al popolo quasi tutto, quanto agli Scipioni, a i Lelj, a i Furj, e ad altri nobili uomini di buon gusto, da’ quali, per quello che fin dal suo tempo si credeva, veniva ajutato a scrivere, o come è più verisimile, a ripulire le sue commedie (leggasi il prologo degli Adelfi e Donato).

293. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Vi si narra come al sospettoso Acrisio sembra aver veduto nella finestra della torre il capo di Danae con quello di un uomo. […] Ecco quello che a me sembra che abbia di eccellente. […] Ma quello che più importa è che tutta la vaga scena di Seneca vi si vede malconcia. […] E sa il Signor Mattei quello che dice egli stesso? […] Quello del Sansovino si alzò in Canareggio, e quello del Palladio nella Carità.

294. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Ferrara, li 4 marzo 1618.Ferrara, li 3 marzo 1618. » pp. 170-184

Ma perchè mio marito dice che farrà quello che V. […] Come entrano questi dentro a una città, subito col tamburo si fa sapere che i Signori Comici tali sono arrivati, andando la Signora vestita da uomo con la spada in mano a fare la rassegna, e s’invita il popolo a una comedia, o tragedia, o pastorale in palazzo, o all’osteria del Pellegrino, ove la plebe desiosa di cose nuove, e curiosa per sua natura subito s’affretta occupare la stanza, e si passa per mezzo di gazzette dentro alla sala preparata ; e qui si trova un palco posticcio : una Scena dipinta col carbone senza un giudizio al mondo ; s’ode un concerto antecedente d’Asini, e Galauroni (garavloni) ; si sente un prologo da Cerretano, un tono goffo, come quello di fra Stoppino ; atti rincrescevoli come il mal’anno ; intermedij da mille forche ; un Magnifico (pag. 180) che non vale un bezzo ; un zanni, che pare un’oca ; un Gratiano, che caca le parole, una ruffiana insulsa e scioccherella ; un innamorato che stroppia le braccia a tutti quando favella ; uno spagnolo, che non sa proferire se non mi vida, e mi corazon ; un Pedante che scarta nelle parole toscane a ogni tratto ; un Burattino (pagg. 181, 183), che non sa far altro gesto, che quello del berettino, che si mette in capo ; una Signora sopra tutto orca nel dire, morta nel favellare, addormentata nel gestire, ch’ha perpetua inimicizia con le grazie, e tiene con la bellezza diferenza capitale.

295. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Introduzione »

Allora solamente saranno i virtuosi sotto regola e governo; e noi potremmo sperare a’ giorni nostri di veder quello che a’ tempi de’ Cesari e de’ Pericli vedeano Roma ed Atene.

296. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAP. V. Tracce di rappresentazioni sceniche in Ulieteia e in altre isole del l’Emisfero australe nel Mar Pacifico. » pp. 59-65

Vedesi adunque nelle surriferite se e danze di Ulietea e delle altre isole mentovate quello spirito imitatore universale che guida l’uomo a copiare le azioni de’ suoi simili per farsene un trastullo; si notano i primi passi verso una spezie d’imitazione drammatica; si osservano congiunte alla danza le parole ed il canto; ma non si va più oltre.

297. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 310-312

Gli artisti drammatici troveranno nel libro del Bazzi tutto quello che si può nel loro arringo imparare colla teoria associata alla pratica ; ma ciò che il Bazzi non potè dire con espressi insegnamenti e lasciò tuttavia non oscuramente raccomandato è questo : che le regole e le massime e gli esempi non giovano all’artista drammatico se prima egli non abbia pensato a istruirsi la mente, a educarsi l’animo, a ingentilirsi i costumi, a rendersi famigliare tutto ciò che è bello, che è grande, che è nobile, che è generoso, e, anch’esso cittadino d’Italia, abbia pensato a scaldarsi anch’esso al raggio del sole italiano.

298. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 395-399

Limitiamoci a dar qui, come saggio, la interpretazione di quello concernente il natale di Angelo Lolli : A te Febo dà vita : e mortal fine nell’undecimo lustro indi t’offende ; e di Mercurio in dignità t’intende de la Terra a tracciar vario confine.

299. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Parve però il di lui stile così duro e secco, come quello di Pacuvio e di Accio, all’autore del dialogo De causis corruptæ eloquentiæ 118. […] Questa è la sola maniera di bene ed utilmente favellare di quello di cui tante volte si è scritto. […] L’autore dell’Edipo latino, sia per istile sia per condotta di azione, dimostra esser diverso da quello delle tre precedenti tragedie. […] Meno riprensibile, declamatorio e ampolloso di quello dell’Edipo riferito e dell’Ercole Eteo che or ora osserveremo, sembrami lo stile dell’Agamennone. […] L’argomento dell’Ercole furioso è lo stesso di quello di Euripide, ma la condotta dell’azione è cangiata.

300. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VII. ed ultimo. Vuoto della Storia teatrale. » pp. 248-280

Oltre a quello di Padova, di Pesaro, dell’ altro presso il Lago di Bolsena rammentato nell’iscrizione pubblicata dal Muratori, di quelli della Toscana accennati dal Borghini, di quello di Anzio, di cui favella il P. […] Diede a una mima la tunica di sua madre, a un mimo la lacerna del padre, a un tragedo il pallio dorato di color di porpora di sua nonna, e ad un coraulo un altro pallio in cui era ricamato il proprio nome e quello della moglie172. […] Tra gli Arabi non si trova se non quello che ebbero tutte le nazioni anche rozze, cioè musica, balli e travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie e tornei.

301. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 484-498

Nella polve lasciatelo : dinnanzi ad Arduino Re, quello è il suo trono. […] Quando un artista a quasi sessant’anni affronta per la prima volta il personaggio di Coriolano, e a oltre sessanta quello di Jago, e a settanta infonde lo spirito a nuovi personaggi con la sua bocca forte, e a settantacinque pensa attraversar l’oceano per sostener le fatiche dell’artista in ben trenta rappresentazioni e nelle più importanti opere del suo repertorio, noi siamo certi di poter chiedere alla sua fibra titanica una nuova e gagliarda manifestazione del genio nel giorno primo di gennajo del 1909 : solennissimo giorno, nel quale il vecchio e il nuovo mondo si uniranno in un amplesso fraterno di arte a dargli gloria.

302. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Certo il suo stile si distingue da quello de’ predecessori per l’arte mirabile di animare col più vivace colorito tutti gli affetti e quelli spezialmente che appartengono alla compassione. […] Finalmente con somma perizia de’ moti del cuore umano questo grande ingegno mostra l’immenso dolore del padre più eloquente di quello che avrebbero fatto i moderni declamatori teatrali. […] Osserva il lodato Brumoy che al l’incontro del mostro il poeta Greco pieno del terrore che ne presero i cavalli, non presta ad Ippolito altro pensiero se non se quello di governarli. […] Veggasi quello del l’atto primo, in cui le schiave Trojane sollecite del loro destino vanno immaginando in qual parte toccherà loro in sorte di essere trasportatea. […] Ecco quello che vi si legge.

303. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO II. Se i Mori Spagnuoli ebbero Poesia Scenica. » pp. 9-13

Sa bene il Signor Lampillas quanti Libri rimangono sepolti nelle Biblioteche per non essere del gusto e dell’indole generale della Nazione, e quanti altri all’opposto non con altro condimento accomodati eccetto di quello di secondare i pregiudizj e la vanità de’ paesani, corrono per qualche anno.

304. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Conchiusione » pp. 438-442

Essa sola sa discernere quel che può esser bello per un sol popolo, e quello che lo farà per moltissimi: ed egli é chiaro che ciò che si chiama buon gusto, non dipende se non dalla conoscenza di questo bello271.

305. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO V. Produzioni comiche di Commediani di mestiere nel secolo XVI. » pp. 256-264

Il volgo Italiano sene compiacque per la novità e per quello spirito di satira scambievole che serpeggia tra’ varii popoli di una medesima nazione, siccome avviene in Francia ancora tra’ Provenzali, Normanni e Gasconi, e nelle Spagne tra’ Portoghesi e Castigliani e Galiziani, Valenziani, Catalani, Andaluzzi, le cui ridicolezze e maniere di dire e di pronunziare rilevansi con irrisione vicendevole.

306. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO III. Spettacoli scenici della Russia. » pp. 38-46

Ignoti quasi interamente al resto dell’Europa i Moscoviti privi di libertà, immersi in una profonda ignoranza sostenuta da un’ antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio perse sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello che era sotto i loro occhi, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura ed il bisogno sugerisce.

307. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO PRIMO. Antichità Etrusche fondamento delle Romane. » pp. 2-8

Gli spettacoli destinati al ristoro della società dopo la fatica, furono un bisogno conosciuto dalla nuova città più tardi di quello di assicurare contro gli attentati domestici e stranieri la propria sussistenza per mezzo della religione, della polizia e delle armi.

308. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 602-604

La Compagnia era composta della coppia Isabella e Bernardo Vulcani, della coppia Gerolima e Antonio Franceschini, di Paolo Carexana, e della vedova Casanova, che aveva mutato il suo nome dialettale di Zanetta in quello italiano di Giovanna, e che recitava le amorose e cantava anche negl’intermezzi lirici.

309. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 580-583

E infatti, era tanta e così evidente la precocità artistica in quell’ adorabile fanciulla, che io stesso udii ripeter le mille volte in platea : « Ecco una vera prima donna ideale. » A quello delle Sponde del Po, seguì il successo di Sablin a bala ; ma dove la splendida farfalla si levò sulle ali poderose, dove la Tessero diè prova di tutti i suoi mezzi artistici, si fu in Margritin dle violette, una felice riproduzione, o riduzione, del dramma tipico di Dumas.

310. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 759-763

Si rifugiò egli allora a Salonicco, e sempre assieme a quello Zattini, col quale poi tornò in Italia, pellegrinando per un par d’anni ancora nelle provincie del mezzogiorno.

311. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Quanto a me esorto la gioventù ad osservare con qual felicità quest’illustre autore dipinga il prospetto del tempio e le teste, i busti ed il monte di ossa degli uccisi che vi biancheggia; la bellezza del racconto che fa Ifigenia della propria sventura quando fu in procinto di essere sacrificata in Aulide; quello del coro della pugna de’ due Greci co’ pastori; quello d’Oreste della morte di Agamennone. […] Ecco quello che a me sembra che abbia di eccellente. […] Ma quello che più importa è che tutta la vaga scena di Seneca vi si vede malconcia. […] Non pensò, ciò scrivendo, a quello che erano nel XVI secolo nella drammatica i snoi nazionali? […] E sa il signor avvocato Mattei quello che dice egli stesso?

312. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 454-467

Un saggio di quello stile in Bisticcio, che troviam poi nella Villana di Lamporecchio (V. […] Da un altro canto esclama Burattino, che par che il boja gli dia la corda, col sacco indosso da facchino, col berettino in testa che pare un mariuolo, chiama l’udienza ad alta voce, il popolo s’appropinqua, la plebe s’urta, i gentiluomini si fanno innanzi, e a pena egli ha finito il prologo assai ridicoloso e spassevole, che s’entra in una strana narrativa del padrone, che stroppia le braccia, che stenta gli animi, che ruina dal mondo quanti uditori gli han fatto corona intorno ; e se quello co’gesti piacevoli, co’motti scioccamente arguti, colle parole all’altrui orecchie saporite, con l’invenzioni ridicolose, con quel collo da impiccato, con quel mostaccio da furbo, con quella voce da scimiotto, con quegli atti da furfante s’acquista un mirabile concorso ; questi collo sgarbato modo di dire, con la pronuncia bolognese, col parlar da melenso, con la narrazione da barbotta, collo sfoderar fuori di proposito i privilegi del suo dottorato, col mostrar senza garbo le patenti lunghe di signori, col farsi protomedico senza scienza, all’ultimo perde tutta l’udienza, e resta un mastro Grillo a mezzo della piazza. […] Quanto all’etimologia della parola Zanni, omai, dopo i vari studi dello Stoppato, del Rossi, già pubblicati, e quello del Della Torre, tuttavia inedito, credo sia da rigettarsi recisamente la derivazione che fecero i nostri antichi, seguiti poi servilmente sino al secolo scorso, dello Zanni dal Sannio de’latini.

313. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 570-583

Prima che facci questo strabalzo il trottolante mio cuore, vi supplico cum totam coradellam meam, di farmi avere il vostro ritratto, acciò possa a quello fissare gli occhi con attenzione sviscerata, senza batter palpebra, che ciò facendo (come ne son certo) precipiterà dalle pupille qualche lagrimetta, la quale rinfrescherà alquanto il mio ardore. […] A. mi metta con chi uole e facci di me quello che li pare che sempre sarò pronto a seruirla ma l’esser poi strapazato con quella pouerazza de mia moglie sono cose che fano catiuo, tanto più che il dottore per essere a l’ombra del patrone me a fatto questo che se non fusse me farebbe li ponti d’oro per riunirci in sieme come me fano tutti li altri compagni li quali aspeteno con grandissima diuotione se sono in Compagnia si ò nò acciò poseno fare el lor uiagio per le lor case caso che fuseno esclusi ; di questo io ne suplico con ogni Umilta posibile il Sere. […] r marchese del Buffalo acciò ci fauorischa di entercedere la licenza per noi me ha promesso di fare apresso a Donna Olimpia ogni posibile ma che lassi passare un giorno o dua, cossi hò promesso di recceuere la Gratia ma domandato come sarà la Compagnia io li hò risposto che sarà meglio de quello è adesso, e cossi lui e restato satisfatto et io in conformita del comando ci tornerò e poi ne darò minuto raguaglio. — Me sono informato ch’ el mio figliolo lucha tanto io lo posso far uestire da frate in Roma col farlo figlio del monestero in bologna come se lo uestisse là non sò però a che me resoluerò perche uoglio el gusto del figliolo el quale più aderisse a essere prete che frate. — Suplichiamo S. 

314. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Ma perchè la gioventù non creda che tutto nel suo stile sia oro puro, vuolsi avvertire ch’egli pur troppo pagò il tributo al mal gusto delle arguzie viziose che dominava sotto il regno di Luigi XIII e nel principio di quello di Luigi XIV. […] L’amore (si è ben detto mille volte) perchè sia tragico vuol esser forte, impetuoso, disperato, dominante; e se è mediocre ed episodico, qual è quello d’Ippolito, di Antioco, di Siface e di Farace presso Racine, di Teseo e di Eraclio e di altri nel Corneille, della maggior parte de’ personaggi di Quinault, di Filottete in Voltaire, di Porzia e Marzia e Marco e Porzio e Sempronio e Giuba in Adisson; allora un amor simile è semplice galanteria famigliare da bandirsi dalla vera tragedia. […] L’autore spese in comporla quaranta giorni; ma il tempo si consuma nel lavoro e nel maneggio della lima sullo stile, ed è quello che manca all’Arianna. […] Soltanto il far noto che il proprio sangue non si mescolerà con quello dell’oppressore di Atene.

315. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO PRIMO. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 2-31

Basti alla moderna Italia il pregio singolare, non efimero, non equivoco, non mendicato con sofismi, reticenze ed artificii Lampigliani, nè con invettive e declamazioni de’ sedicenti filosofi, nè con villanie e tagliacantonate; ma certo, veduto e confessato da classici scrittori transalpini, cioè quello di avere insegnato alle nazioni ad esser libere. […] Ma è questo appunto il fare degli apologisti d’ultima moda, combattere l’evidenza che gli molesta, con un solo nome, fosse poi anche quello, non che dell’eccellente Denina, di un Sherlok, purchè dica male dell’Italia. […] Non eravi adunque, secondo Alfonso, sino al XIII secolo in Ispagna libro di leggi, e giudicavasi per bravure, per capriccio, e per certe costumanze strane e non fondate in verun diritto, che è quello appunto che affermava il Signorelli, e che per bizzarria, per capriccio e per istrana malfondata costumanza contraddiceva il Lampillas. […] Ebbero questi conquistatori, per governare sì la propria nazione tra noi traspiantata, che gl’ Italiani che volessero soggettarvisi, il celebre editto di Rotari settimo re d’Italia pubblicato nel 643, quello di Grimoaldo del 668, i capitoli di Luitprando incominciati ad uscire dal 713, quelli di Rachi del 746 e di Astolfo del 753.

316. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Ferrara il dì 27 febraro 1618. » pp. 519-525

Dico, che quando anco la scienza della nomandia nel nome di Lauinia mi facesse prevedere la mia morte, che in ogni modo a confusione di Celia l’amerei, et se il nome di quella con l’anagramma da voi formato dice Vilania ; e quello di Celia per inversione di lettere dice Alice. […] Ottenutolo, ed inteso da me quello che dimandavo, con la scorta d’una serva mi mandò sopra in un camerino dove trovai il Padre, col quale non occorsero molte parole, per dirgli ch’io fossi ; poi che in vedendomi, benchè non mi raffigurasse per figlio, sentendosi commuovere, gli vennero le lagrime a gli occhi ; ed accertatosi dell’esser mio, abbracciatomi e di li a poco fattomi vedere a’suoi compagni : date le sue sottocalze allo Speziale, e mutato il pelliccietto in un vestito di panno il Sig.

317. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo II. In quali cose si rassomigli ogni teatro. » pp. 8-13

Fiorirono tra gli antichi scozzesi ed irlandesi di origine celtica moltissimi cantori appellati parimente bardi, nel cui ordine sembra che avessero luogo ancor le donne per quello che apparisce dal poema d’Ossian, intitolato I Canti di Selma: ……………… Vedi con esso I gran figli del canto, Ullin canuto, E Rino il maestoso, e ’l dolce Alpino Dall’armonica voce, e di Minona Il soave lamento3 Lino, Orfeo, Museo, Omero, ec. finirono in Grecia prima che scrivessero in prosa Cadmo ed Ecateo Milesi, e Ferecide Siro, maestro di Pitagora.

318. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LETTERA dell’autore all’editore. » pp. -

Per queste mie terze cure l’edizion vostra porterà seco non poche novità nella storia tanto perchè vi s’inserisce quello che nel 1798 (che non passò oltre delle Sicilie per le luttuose vicende di Napoli) quanto per le molte altre cose notate ne’ primi cinque anni del secolo XIX sul Rodano, sulla Senna e nel l’Alta Italia.

319. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 175-178

Fu là che divenne padre di Marco, il quale, montato sul teatro, mutò il nome di Napolioni in quello di Flaminio.

320. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Commento »

[commento_2.6] Scarlatti: Alessandro Scarlatti (Palermo, 1660 – Napoli, 1725), padre di Domenico, compositore attivo a Napoli e a Roma, utilizzava nelle arie la forma col da capo detta anche alla Scarlatti e pridiligeva l’accompagnamento orchestrale rispetto a quello cembalistico. […] Nota alla nota d’autore n. 10: «Dobbiamo considerare che gli antichi attribuivano alla musica un significato più ampio di quello odierno: poiché la poesia e la danza (o il movimento aggraziato) furono poi considerate parti della musica, quando la musica arrivò ad una certa perfezione… Quello che ora chiamiamo musica è quello che essi chiamavano armonia, che era solo una parte della loro musica (costituita da parole, versi, voce, melodia, strumento e recitazione) e non dobbiamo aspettarci che lo stesso effetto derivi da una parte come dall’intero»; John Wallis, «A Letter of Dr. 

321. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO V. LIBRO VII » pp. 107-140

Contuttociò lo stile del Mairet rimane assai inferiore alla sublimità di quello del Cornelio, e l’impudicizia che Siface rimprovera alla moglie, e gli artifizj ch’ella adopera per ingannarlo, offendono la decenza e la gravità tragica. […] Soltanto di far noto, che il suo sangue non si mescolerà con quello dell’oppressore d’Atene. […] In quello &c.

322. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XV. ed ultimo. Conchiusione con pochi Avvisi amorevoli agli Apologisti. » pp. 214-236

Vi si sarebbero construtti i Ponti superbi e necessarj, i pubblici camini comodi e magnifici, non solo da Madrid al Pardo, ad Aranguez, e all’Escoriale, ma quello stupendo di Sierra-Morena, ed altri di Alaba, Guipuscoa, e Biscaglia, e delle Provincie di Valenza, Galizia, e Catalogna: opere degne della Umanità, opere che assicurano, non che i beni, le vite de’ Popoli per tanti anni distrutte dall’intemperie dell’inverno, dalle inondazioni de’ fiumi e torrenti, e dalla frequenza degli assassini? […] Il Signor Lampillas va ruminando1 i materiali della Storia Letteraria di Spagna intorno alla venuta de’ Fenici alle Coste di Andalusia da tempo anteriore a quello di Salomone, e dice: “E’ certo, e incontrastabile il commercio, e lo stabilimento de’ Fenici nella Spagna anteriore assai all’epoca di Salomone; e perciò abbiamo questo non dispreggevole argomento a provare il valore degli Spagnuoli nelle Scienze”. […] Si dubita parimente, che Cadice sia fondazione Fenicia, per quel che dice Sallustio ne’ Frammenti, cioè che non la fondarono, ma le mutarono il nome di Tarteso in quello di Gadir.

323. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « A CHI AMA la poesia rappresentativa » pp. -

E se la geometria, più che per le utili verità che insegna, si rende commedabile per l’attitudine che somministra agl’ingegni tutti per bene e coerentemente ragionare, essa e tutte le scienze esatte contribuiranno sempre colla loro giustezza a formare grandi legislatori morali e politici tanto per ciò che l’una società debbe all’altra, quanto per quello che debbonsi mutuamente gl’individui di ciascuna: ma esse non saranno mai nè più pregevoli nè più necessarie a conoscersi delle leggi che immediatamente gli uomini governano. […] A quello però che egli aggiugne, cioè che ciò sia per non aver io letto gli autori , o per non avergli intesi , dirò che la continuata approvazione del pubblico par che abbia deciso contro di questa sua magistrale se non gentile asserzione.

324. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO III. Commedie del secolo XVII. » pp. 292-313

Il viluppo della Trappolaria e quello dell’Olimpia sono ugualmente ingegnosi e felici  una sola ipotesi verisimile tutto avvolgendo e mettendo in movimento, ed un solo fatto che necessariamente, e non già a capriccio del poeta, si manifesta, riconducendo la tranquillità tra’ personaggi ed un piacevole scioglimento. […] Esse hanno molta grazia comica, specialmente per chi ha pratica del dialetto milanese, e vi si veggono acconciamente delineati i caratteri, e sopra tutti quello del falso filosofo è pittura vera vivace e pregevole, di cui s’incontrano alla giornata frequenti originali.

325. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 21-36

Inglese era Samuele Johnson, e dopo del Rowe e del Pope e del vescovo Warburton, è stato comentatore delle opere del Shakespear pubblicate in Londra in otto volumi nel 1765; e pure nella prefazione dice di lui moltissimo bene e moltissimo male, che è quello appunto che fanno gli esteri imparziali. […] Mi vieta il mio argomento l’andar ricercando dietro ad ogni particolarità della scrittura di costui, nella quale trovansi sparse senza citarsi moltissime cose che leggonsi altrove, ed altre non poche a lui da questo e da quello suggerite in Italia le quali ha egli registrate senza esame e senza ben ricucirle col rimanente del suo libretto.

326. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO I. Tragedie. » pp. 4-67

Nella Virginia si esprimono con proprietà i caratteri di lei e di suo padre; ma nè proprietà nè verità apparisce in quello d’Icilio, quando nell’ atto III corteggia il Decemviro con umili espressioni proprie della moderna politezza spagnuola. […] Rachele tosto si consola, si asside un’ altra volta sul trono, parla de’ pubblici affari, decreta, e fa quello stesso ch’ella un secolo prima avea fatto nella Judia de Toledo del Diamante. […] Queste circostanze esigerebbero un discorso rapido e cocente e non quello alquanto freddo contenuto ne’ 24 versi ch’ella recita, per gli quali si richiede più tempo che non dovrebbero darle i Castigliani irritati e non trattenuti da veruno ostacolo. […] Ma perchè (potrà egli dire) dee preferirsi il verso sciolto o quello coll’assonante à los pareados? […] La tragedia del Bermudez (scrisse il Colomès) è per gli Spagnuoli quello che è in Italia la Sofonisba, ed ha le virtù di questa ed i suoi difetti.

327. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO IV. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 293-299

Nella Spagna ecco quello che si osserva ciascun anno ne’ teatri di Madrid.

328. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 284-287

Comico di qualche nome, più noto per le Notizie Istoriche de’Comici Italiani che fiorirono intorno all’anno mdl fino a’giorni presenti (1782), stampate in quello stesso anno dal Conzatti a Padova in due volumetti, onde si acquistò a buon dritto il nome di Plutarco de’comici, nacque il 2 dicembre del 1745 a Bologna da Severino Bartoli, e Maddalena Boari, che erano, come dice egli stesso, Povera in vero, ma onorata gente.

329. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 62-67

La Celia — egli scrive da Ferrara, ov'egli si trovava con la Compagnia e con la stessa Malloni, ad Antonio Costantini, segretario del Duca di Mantova, il 6 gennaio 1627 (pag. 964)  — è la prima donna che reciti, poichè se la Compagnia od altri mettono fuori opere 0 comedie nove, lei subito le recita, che la Lavinia (l’ Antonazzoni) nè altra donna non lo farà, se prima di un messe, non si hanno premeditato quello che nel soggietto si contiene.

330. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 87-90

Tita Nane, pseudonimo che cela uno dei più modesti e più intelligenti cultori dell’arte nostra, così descrive quello e gli altri primi passi in un bello e appassionato articolo apparso nella Tribuna illustrata del settembre '94 : Adamo Alberti scelse per il debutto un vecchio pasticcio del Bayard : Il nuovo Figaro e la Modista.

331. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 288-292

ma ha fato scriuer a petrollino et ben che come sua humil serua mi douessi aquetare à quanto conosco esser di sua sodisfacione non dimeno astreta da quella pietà che ogniuno hà di sè stesso uedendomi una tanta ruina cosi uicina et credendo pur che Vostra Altezza perseueri perche non conosca tanto mio danno et dissonore però di nouo la suplico per le Vissere di Gesu Christo a non esser causa de la ruina mia et creda che se cosi non fosse uorei prima perdere la uita che restar di obedirla la mi faccia gratia di farsi dar informacione da chi ha cognicion di questo fato senza che io sapia da chi et non siano persone interessate che la conosserà ch'io dico il uero et da quelli la intenderà quello che per non infastidir taccio chiedendoli perdono de la molestia et mia sforzata importunità, con che gli resto humilissima serua suplicandola di nouo concedermi con pedrolino la Vita del mio honore et del Corpo che nel restar di pedrollino consiste però gratia Ser.

332. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Colla veduta corta d’una spanna , il quale non sapesse distinguere il pennello dell’autore della Pamela e della Nanina da quello che colorisce le favole lagrimanti di Sedaine o di Mercier! […] L’incontro di Arpagone col-figliuolo nell’Avaro si è rinnovato in certo modo in quello di Balivò con Dami suo nipote, al cui vero stupore creduto effetto dell’arte da essi posta in rappresentare una scena, Francaleu grida attonito: Comment diable! […] L’avversione al mal gusto letterario gl’inspirò il nominato poema satirico ad imitazione di quello di Pope; e l’abborrimento conceputo contro i suoi compatriotti, che davano il nome di filosofia ai loro capricciosi sistemi, gli dettò le commedie les Philosophes, e l’Homme dangereux. […] Armand a proporre alla moglie un partito di rimetterne la risoluzione e la scelta all’evento di due componimenti novelli appartenenti ai due rivali, e si stabilisce che l’autore di quello che sarà ben ricevuto dal pubblico, sarà lo sposo della loro figliuola. […] In qualità di capo egli anima e governa i Societarii dell’Odeon di Parigi che prima passarono al teatro Feydeau, indi a quello di Louvois, e somministra loro tuttavia un buon numero di componimenti.

333. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO II. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 80-124

Basti alla moderna Italia il pregio singolare, non efimero, non equivoco, non mendicato con sofismi, reticenze ed artificii Lampigliani, nè con invettive e declamazioni di omiciattoli sedicenti filosofi, nè con villanie e tagliacantonate, ma certo, veduto e confessato da classici scrittori transalpini, cioè quello di avere insegnato alle nazioni ad esser libere. […] Ma è questo appunto il fare di certi apologisti di ultima moda, combattere l’evidenza che gli molesta, con l’autorità di un nome solo, fosse poi anche quello, non che dell’erudito sig. […] Non eravi dunque, secondo Alfonso, sino al XIII secolo in Ispagna libro di leggi, e giudicavasi per bravure, per capriccio, e per certe costumanze strane, e non fondate in verun diritto , che è quello appunto che affermava il Signorelli, e che per bizzarria, per capriccio, e per istrana malfondata costumanza contraddiceva il Lampillas. […] Ebbero questi conquistatori, per governare non meno la propria nazione tra noi traspiantata, che gl’Italiani che volessero soggettarvisi, il celebre editto di Rotari settimo re d’Italia, pubblicato nel 643, quello di Grimoaldo del 668, i capitoli di Luitprando incominciati ad uscire dal 713, quelli di Rachi del 746, e di Astolfo del 753.

334. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO I. LIBRO I » pp. 12-33

Si vede adunque nelle surriferite farse e danze di Ulietea, e delle altre isole nominate quello spirito imitatore &c. […] Vi si ammirano quelle che anche in terra sono pesci, animali e volatili; lo scorpione p. e. esprime la costellazione ed il pesce scorpione; l’asinello non solo fa sovvenire di quello trasformato in cielo, ma del pesce chiamato ονον o dell’uccello detto οιωνον.

335. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IX. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 426-437

Nonpertanto ultimamente sul teatro di Foote, e poi su quello di Drury-Lane, si é rappresentata una farsa o commedia col titolo di Escrocs, nella quale vengono motteggiati i metodisti, setta novella fondata da Withefield che vive ancora. […] Di cambiar con pravo consiglio il sistema dell’opera italiana per quello della francese, mentre che i francesi alquanto spregiudicati si studiano d’imitar la nostra; di maniera che noi siamo in procinto di cader nelle miracolose stravaganze del teatro lirico francese, ed essi in caso di cagionare in questo una crisi favorevole, e convertir l’opera loro in tragedia confinata all’imitazione della natura, com’é la nostra.

336. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « A CHI AMA LA POESIA RAPPRESENTATIVA. » pp. -

E se la geometria, più che per le utili verità che insegna, si rende commendabile per l’attitudine che somministra agl’ ingegni tutti per bene e coerentemente ragionare, essa e tutte le scienze esatte contribuiranno sempre colla loro giustezza a formare i gran legislatori morali e politici tanto per ciò che l’una società debbe all’altra, quanto per quello che debbonsi mutuamente gl’ individui di ciascuna: ma esse non saranno mai nè più pregevoli nè più necessarie a conoscersi delle leggi che immediatamente gli uomini governano. […] A quello però ch’ egli aggiugne, cioè che ciò sia per non aver io letto gli autori, o per non avergli intesi, dirò che la continuata approvazione del pubblico par che abbia deciso contro di questa sua gentile asserzione.

337. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 203-211

r Massimiliano Gonzaga, cioè di quello da Tiene vicentino. […] « Si vestiva, finita la favola, in abito lugubre e nero, rappresentando la istessa tragedia, e cantava alcune stanze che succintamente del Poema tutto contenevano il soggetto, ed era come di quello un argomento ; e cosi, data la licenza al popolo, e finito il canto, si sentiva un alto grido, un manifesto applauso che andava sin alle stelle, e le genti stupite ed immobili non sapeano da qual luogo partirsi.

338. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 461-471

Gozzi scrisse infatti le due tragicocommedie : Il Cavaliere amico e Doride, recitate la prima volta, quella a Mantova il 28 aprile del 1762, questa, pure a Mantova, il 21 di giugno dello stesso anno ; ma non v'eran cagioni di rivolta, non vi recitava il Sacco, e la compagnia era…. quello che era : il successo ne fu meschino. […] Fiorilli, V.), che è il miglior comico che io mi abbia mai sentito. » E così, di trionfo in trionfo andò innanzi il fortunato capocomico artista, ultimo grande avanzo della commedia improvvisa, fino all’anno 1782, in cui la Compagnia, descritta dal Gozzi al principio de'suoi servizi, come quella che « aveva un credito universale, quanto a'costumi famigliari, differentissimo da quello che in generale hanno quasi tutte le nostre Comiche Compagnie », e di cui (Mem.

339. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

Ma perchè la gioventù non creda che tutto nel di lui stile sia oro puro, vuolsi avvertire ch’egli pur troppo pagò il tributo al mal gusto delle arguzie viziose che dominava sotto il regno di Luigi XIII e nel principio di quello di Luigi XIV. […] L’amore (è stato detto mille volte) perchè sia tragico vuol esser forte, impetuoso, disperato, dominante; e se è mediocre ed episodico, qual è quello d’ Ippolito, di Antioco, di Sifare e di Farace presso Racine, di Teseo, di Eraclio e di altri personaggi in Cornelio, della maggior parte de’ personaggi di Quinault, di Filottete in Voltaire, di Porzia e Marzia e Marco e Porzio e Sempronio e Giuba in Addisson, allora un amor simile è semplice galanterìa famigliare da bandirsi dalla vera tragedia. […] L’autore spese in comporla quaranta giorni; ma il tempo si consuma nel maneggio della lima sullo stile, ed è quello che manca all’Arianna.

340. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « LETTERA DELL’AUTORE ALL’EDITOR VENETO » pp. 1-9

Adunque o bisogna essere stato nutrito nella feccia delle surriferite maschere, o aver sortito dalla natura matrigna la comprensione di un vero Tinitiva dell’Orenoco, per non ravvisare l’istruzione, i politici vantaggi e l’innocente piacere che ci appresta la poesia teatrale, e per tenere in conto di studio triviale quello che spendesi in descrivere l’origine, i progressi, le vicende, il buon gusto di un genere poetico così utile, così difficile, e con ardor sommo e con felice successo trattato da’ filosofi di grido, da nobili di primo ordine, da vescovi, da cardinali, da santi padri, da re, da imperadori.

341. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 639-643

Il suo vero nome era quello di Orsola, ma del suo cognome non ci è pervenuta alcuna notizia. » E in una noterella che è alla fine dell’opera, aggiunge : « Alla pagina 227, quella Flaminia, deve essere conosciuta per Orsola Cecchini, moglie di Pier Maria Cecchini, come abbiamo veduto chiaramente da un libro manoscritto favoritoci dal sig.

342. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 754-756

Una versatilità prodigiosa, mercè che si accomoda ai caratteri i più opposti, una voce insinuante, ed a vicenda dolce, maschia, robusta, maneggiata nelle graduazioni con mirabile maestria ; un aspetto seducente, un portamento grazioso e nobilissimo, una tal verità nell’espressione delle passioni e nell’espansione degli affetti, fanno si che nessuno più di lui è stato padrone del cuore degli spettatori ; nessuno più di lui ha saputo, e sa agitarli, commoverli, straziarli ; ed ove avvenga che nel carattere da lui rappresentato s’incontrino scene comiche, il riso ch’ei promuove non è quello sganasciamento, a cui s’abbandona tanto facilmente e tanto volentieri la plebe per gli sconci e per le smorfie de’buffoni, ma quel riso eccitato nobilmente dalla naturalezza e dalla semplicità con cui sono espressi que’sali attici della commedia, che dilettando istruiscono : riso, che non va mai sino in obscuras humili sermone tabernas.

343. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 35-37

Fu il Lombardi anche autore di una commedia in prosa, intitolata l’ Alchimista, e dedicata a Giulio Pallavicino (Ferrara, Baldini, 1583, poi Venezia, Sessa, 1586, e Spineda, 1602), in cui, scrive Adolfo Bartoli nella sua introduzione agli Scenarj, « noi troviamo quello che è così raro nella commedia italiana del secolo xvi, qualche carattere studiato e disegnato.

344. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Ignorava che nata com’ era di real sangue e dominando nella Provenza, la sua condizione era pur di sovrana, e tutto quello che conseguì col regno di Napoli fu un dominio assai più vasto ed il titolo di regina? […] Direi ahe il poeta si sovvenne del caso di Gerbino, e si dimenticò di quello di Erbele. […] Ma in quale circostanza indispensabile egli si trova per dire all’amante quello che non ha stimato di dirle prima, che egli è Corradino? […] Siface non è men generoso per amore di quello che si dimostra la consorte per fuggir la propria vergogna. […] L’ermisino, la saja, il linon trasparente, la musolina ricamata, la camicia d’amore, l’abito color d’oro o ranciato, la gonnella, il gonnellino, il velo da testa, il manto alla reale, quello alla forestiera, l’abito verde mar, il cangiante, il bianco di cera, quello a color del mele.

345. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Ma quello che ci fa godere che sia rimasta imperfetta, si è l’oscenità de’ fatti che vi si maneggiano con isfacciatagine da bordello. […] Vuolsi che avesse egli stesso composta qualche commedia pubblicata con altro nome o con quello anonimo di un Ingenio secondo l’usanza spagnuola. […] Risaltano in questa favola il carattere di Marianna virtuosa quanto bella e quello di Erode eccessivamente amante e geloso. […] Osserviamo ancora che l’Italiano nello scioglimento produsse assai meglio l’effetto tragico di quello che fece lo spagnuolo colla morte di Marianna seguita all’oscuro per un equivoco mal congegnato. […] Notabili sono in essa il carattere del re Alfonso detto il savio, e quello di un uomo di campagna pieno di virtù, e di buon senso naturale.

346. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Ma quello che ci fa godere dell’essere rimasta imperfetta si è l’ oscenità de’ fatti che vi si maneggiano con isfacciataggine da bordello. […] Vuolsi che avesse egli stesso composta qualche commedia pubblicata con altro nome o con quello anonimo di un Ingenio secondo l’uso Spagnuolo. […] Risaltano in questa favola il carattere di Marianna virtuosa quanto bella, a quello di Erode geloso ed amante. […] Notabili sono in essa il carattere del re Alfonso detto il Savio, e quello di un uomo di campagna pieno di virtù e di buon senso naturale. […] Il poeta nel fervore della passione si è quì permesso una specie di delirio, facendo che Dorotea in quello stato dubiti se il Cagnerì sia una nuvola nera che si abbassi al mare delle di lei lagrime per poi precipitare in diluvio che inondi la terra.

347. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo settimo »

Egli è vero che qualche antico romanzo in versi non rimati si conserva tuttora presso al popolo, come quello del gigante Ilia Murawiz, del grande Estergeon, ed altri di simil guisa, ma le moderne canzoni tutte in prosa altro per lo più non sono che improvvisate, che ciascuno compone a suo talento, senza curarsi d’osservare il numero delle sillabe o il ritorno delle rime76. […] Il prologo intitolato la Russia afflitta, e riconsolata era dell’Araja, L’aria «ah miei figli» fu onorata dal pianto universale, e di quello altresì della imperatrice.

348. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo III. La Poesia Drammatica nel Secolo XV fa maggiori progressi in Italia. In Francia cominciano i Misteri. » pp. 194-209

Verso la fine di quello secolo, cioé nel 1492 Carlo Verardi da Cesena, arcidiacono nella sua patria, e cameriere e segretario de’ brevi di Paolo II, di Sisto IV, d’Innocenzo VIII, e di Alessandro VI, compose ancora due drammi, che furono stampati e fatti solennemente rappresentare in Roma dal sopraccennato Cardinal Riario; l’uno in prosa latina (trattone l’argomento e ’l prologo che sono in versi giambici) sull’espugnazione di Granata, fatta dal re Ferdinando il Cattolico; e l’altro intitolato Fernandus servatus, ideato dal Verardi all’occasione dell’attentato di un sicario contra la persona del medesimo re Ferdinando, e poi disteso in versi esametri da Marcellino suo nipote. […] La Francia e l’Inghilterra per loro buona sorte fin dal secolo scorso godono di quello gran vantaggio ed onore che tanto influisce nella felicità degli stati.

349. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

In proposito degli attori delle Atellane vuolsi osservare che tra’ privilegii loro accordati era quello di escludere dalla rappresentazione de’ loro esodii o farse giocose gli altri istrioni, i quali per lo più erano schiavi, e in generale pochissimo considerati fuori della scena. Non era dunque L’esercizio del rappresentare quello che disonorava gli attori in Roma, ma si bene la loro condizione di servi accoppiata alla vita dissoluta che menavano; là dove gli Atellani liberi e morigerati sino a certo tempo, godevano della stima della società e delle prerogative di cittadini.

350. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO V. Continuazione del teatro Latino. » pp. 222-242

In proposito degli attori delle Atellane vuolsi osservare che tra’ privilegii loro accordati, era quello di escludere dalla rappresentazione de’ loro esodii e farse giocose gli altri istrioni, i quali per lo più erano schiavi e in generale pochissimo considerati fuori della scena. Non era dunque l’esercizio del rappresentare quello che disonorava gli attori in Roma, ma sì bene la loro condizione di servi accoppiata alla vita dissoluta che menavano; là dove gli Atellani liberi, e morigerati sino a certo tempo, godevano della stima della società e delle prerogative di cittadini.

351. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

Parve però lo stile di Pollione così duro e secco, come quello di Pacuvio e di Accio, all’autore del dialogo De Causis corruptae Eloquentiae a. […] Questa è la sola maniera di bene ed utilmente favellar di quello di cui tante volte si è scritto. […] L’autore dell’Edipo latino sia per istile sia per condotta di azione, dimostra essere diverso da quello delle tre precedenti tragedie. […] Tale può parere quello dell’atto IV, quando l’orrore s’impossessa di Edipo già noto a se stesso: Dehisce tellus, tuque umbrarum potens In tartara ima rector ecc. […] L’argomento dell’Ercole furioso è lo stesso di quello di Euripide, ma la condotta dell’azione è cangiata.

352. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Del libretto »

Infatti, chi sapesse pigliare con discrezione il buono de’ soggetti favolosi dei tempi addietro, ritenendo il buono dei soggetti dei nostri tempi, si verrebbe quasi a far dell’opera quello che è necessario fare degli stati: che, a mantenergli in vita, conviene di quando in quando ritirargli verso il loro principio.

353. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIV. Intorno alla descrizione de’ Teatri materiali di Madrid, fatta nella Storia de’ Teatri. » pp. 207-213

Quando anche la magnificenza conveniente a una Corte di sì possente, e ricca Monarchia, richiedesse che alcuno di nuovo, e in migliore stato che non è quello de la la Cruz, se n’edificasse, per mio gusto sempre riterrei le medesime scalinate, e le divisioni di Cazuela, Barandillas, Gradas, Tertulla, Patio, e Lunetas, come proprie della nazione, che in fatti per i forestieri formano un certo vario giocondo spettacolo.

354. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO PRIMO. Antichità Etrusche fondamento dell Romane. » pp. 4-14

Gli spettacoli destinati al ristoro della società dopo la fatica, furono un bisogno conosciuto dalla nuova città più tardi di quello di assicurare contro gli attentati domestici e stranieri la propria sussistenza per mezzo della religione, della polizia e delle armi, Perciò quando l’Etruria sfoggiava contante arti e con voluttuosi spettacoli, e quando la Grecia produceva copiosamente filosofi poeti e oratori insigni e risplendeva pe’ suoi teatri, Roma innalzava il Campidoglio, edificava templi, strade, aquidotti, prendeva dall’aratro i dittatori, agguerriva la gioventù; batteva i Fidenati e i Vei, scacciava i Galli, trionfava de’ Sanniti, preparava i materiali per fabbricar le catene all’Etruria, alla Grecia, e ad una gran parte del nostro emisfero.

355. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO V. Rappresentazioni chiamate Regie: Attori Accademici: Commedianti pubblici. » pp. 345-356

Le Accademie letterarie de’ Rozzi e degli Intronati che tornarono a fiorire nel XVII secolo, quella brigata di nobili attori che rappresentava in Napoli le commedie a soggetto del Porta, gli Squinternati di Palermo, di cui parla il Perrucci ed il Mongitore, i nobili napoletani Muscettola, Dentice, Mariconda che pure recitarono eccellentemente, facevano cadere in dispregio la maniera per lo più plebea caricata declamatoria de’ pubblici commedianti, Il celebre cavalier Bernini nato in Napoli, e che fiorì in Roma dove morì nel 1680, rappresentava egregiamente diversi comici caratteria Il famoso pittore e poeta Satirico napoletano Salvador Rosa morto in Roma nel 1673 empì quella città non meno che Firenze di meraviglia per la copiosa eloquenza estemporanea, per la grazia, per la copia e novità de’ sali, e per la naturalezza onde si fece ammirare nel carattere di Formica personaggio raggiratore come il Coviello ed il Brighella, ed in quello di Pascariello, La di lui casa in Firenze divenne un’ accademia letteraria sotto il titolo de’ Pencossi, ove intervenivano l’insigne Vangelista Torricelli, il celebre Carlo Dati, l’erudito Giambatista Ricciardi, i dotti Berni e Chimentelli ecc. 

356. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 869-873

L’occhio stupido, incerto ; l’incerto piegar della testa coll’orecchio e la mente tesi verso la donna che ha parlato, per afferrar qualcosa di quello che ha detto, poi con timidità, con circospezione, con la paura quasi di essere inteso, il proferir di quel comme scivolato, sdrucciolato….

357. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 118-139

Battista Andreini detto Lelio in Commedia, quegli che ha tante opere spirituali alle stampe, fu accettato tra’ Signori Accademici spensierati, ed è stato favorito da’ Principi in molte occasioni, ed in Mantova ebbe fino titolo di Capitano di Caccia di certi luoghi in quello Stato. » Tra’versi in lode dell’Andreini, metto qui il sonetto dell’Agitato, Vincenzo Panciatichi, il quale tolgo dal Bartoli ; un sonetto inedito di Giovanni Caponi, che è in un Codice Morbio ampiamente descritto all’articolo seguente su Virginia Andreini, e due madrigali del fratello Domenico. […] Qualhor tentate sotto nome finto spiegar su l’alta et honorata scena forti concetti d’amorosa pena, l’animo han tutti a mirar Lelio accinto ; ma quando poi dalla sant’aura spinto sciolto d’ogni mortal cura terrena notate in carta con feconda vena carco di laude, e gloria ornato, e cinto, prepongon tanto Gian Battista a quello, per cui cinque cittadi a garra foro, quanto è di quell’ il suo miglior soggetto. […] Non oserei nemmeno accanto a quello dell’ Andreini pronunciare sia pur di sfuggita il nome di Shakspeare, come ad altri piacque ; ma è certo che per la pratica della scena, per la conoscenza profonda degli effetti, per una certa naturale indipendenza nella condotta, Gio.

358. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

Vigoroso è quello di Serse, saggio quel di Clearco, candido e naturale d’Idaspe, e soltanto quello odioso di Artabano che intriga se stesso nelle sue sofistiche sottigliezze, mi sembra ben poco plausibile. […] guai di quello ancora che ha solo se stesso per lodatore e qualche suo compiacente amico ! […] Accorderemo parimente all’illustre autore di averne ideato un piano assai più convenevole per la scena tragica di quello del Shakespear. […] Il carattere di Cajo Gracco partigiano de i diritti del Popolo contrasta mirabilmente con quello del console Opilio sostenitore de’ Patricii. […] Siface non è men generoso per amore di quello che si dimostra la consorte per fuggir la propria vergogna.

359. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIII. » pp. 182-206

Sicuro del voto del Volgo, e de’ Commedianti (a’ quali oggi si unisce quello del Sign. […] il destino degli scritti scenici del Vega, che disprezzò i clamori de’ dotti coetanei, è più invidiabile di quello delle Tragedie scritte in quella Caverna, che forma il vostro spavento? […] I Napolitani dal principio del secolo avvivarono le Scene con gli Amenti, i Federici, i Belvederi, e in seguito co’ Liveri e i Cirilli: per nulla dire di quello spirito Drammatico, che dal XVI. fino al nostro tempo ha dominato nelle due Sicilie, per cui varie private Accademie e radunanze di gioventù ben nata, e bene educata ha coltivata estemporaneamente la rappresentazione.

360. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO I. Teatro Tragico Italiano. » pp. 228-273

Nell’atto I si racconta che dall’urna in cui si sono posti i nomi di Merope di Aristodemo e di Arena di Licisco, secondo l’oracolo che richiede il sangue di una vergine matura della famiglia degli Epitidi, è uscito quello di Arena che assicura la vita di Merope con indicibile piacere di Amfia sua madre e di Policare suo amante e sposo. […] L’eruditissimo Apostolo Zeno preferisce lo stile del Solimano a quello dell’Aristodemo, e certo in questo non iscarseggiano le inezie liriche , come le chiamò il conte di Calepio, benchè di molte se ne veggano anche nella tragedia del Bonarelli. […] Nel Corradino segui quello del Torrismondo di Torquato.

361. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VII. Della vera commedia Francese e dell’Italiana in Francia. » pp. 144-176

Guai al pedante folliculario intento a schiccherar deplorabili colpi d’ occhio Colla veduta corta d’una spanna, il quale non sapesse distinguere il pennello dell’autore di Pamela o di Nanina da quello di Sedaine o di Mercier. […] L’incontro di Arpagone col figliuolo nell’Avaro si è rinnovatoin certo modo in quello di Balivò con Dami suo nipote, al cui vero stupore creduto effetto dell’arte da essi posta in rappresentare una scena, Francaleu grida attonito: Comment diable! […] L’avversione al mal gusto letterario gl’ inspirò il nominato poema satirico ad imitazione di quello di Pope; e l’ abborrimento conceputo contro i compatriotti che davano nome di filosofia a’ loro capricciosi sistemi, gli dettò le commedie les Philosophes e l’Homme dangereux.

362. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

Se fosse quistione di scrivere per lo teatro, e non del teatro, l’uomo di gusto esser dovrebbe l’unico giudice, che se ne scegliesse, siccome quello, che avendo meglio d’ogni altro studiate le regole di piacere ad un pubblico illuminato, meglio d’ogni altro saprebbe additare que’ mezzi, che a così fatto fine conducono. […] Che se ciò nonostante alcun m’attribuisse intenzioni che non ho mai sognato d’avere: se dalla stessa mia ingenuità si prendesse argomento a interpretare malignamente le mie intenzioni, come dall’aver Cartesio inventato un nuovo genere di pruove fortissime a dimostrar l’esistenza d’Iddio, non mancò ch’il volesse far passare per ateista: se altro mezzo non v’ha di far ricreder costoro, che quello d’avvilir la mia penna con adulazioni vergognose, ovvero d’assoggettarmi ad uno spirito di partito ridicolo; in tal caso rimangano essi anticipatamente avvisati, che non ho scritto per loro, e che la mia divisa per cotal genia di lettori sarà sempre quel verso d’Orazio: «Odi profanum vulgus, et arceo.»

363. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Indice. » p. 443

fa passare dal teatro di Firenze a quello di Roma la Clizia del Macchiavelli e vi fa porre in iscena altre opere 210. […] Poscia il gusto per la musica e per le decorazioni fa perder quello de’ buoni drammi 273.

364. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XV. Satiri: Ilarodie: Magodie: Parodie: Mimi: Pantomimi. » pp. 171-200

Dal verbo μιμὲομαι imitor, ricavasi la voce Mimo; e quello che appartiene a tutte le arti d’immaginazione, non che alla poesia drammatica, siccome bene avvertì Giulio Cesare Scaligeroa, divenne poi nome particolare di un picciol dramma, e quindi di una specie di attori. […] Il cinico Demetrio disprezzava i Pantomimi parendogli inutile e irragionevol cosa imitare col solo gestire quello che ottimamente esprimeva la poesia e la musica, senza che la favola ne divenisse più perfetta.

365. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 269-289

Dal verbo μιμέομαι imitor, ricavasi la voce Mimo; e quello che appartiene a tutte le arti d’ immaginazione, non che alla poesia drammatica, siccome bene avvertì Giulio Cesare Scaligero131, divenne poi nome particolare di un picciol dramma, e quindi di una specie di attori. […] Il cinico Demetrio disprezzava i pantomimi parendogli inutile e irragionevol cosa imitare col solo gestire quello che ottimamente esprimeva la poesia e la musica, senza che la favola ne divenisse più perfetta.

366. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO III. Stato della Commedia Francese prima e dopo di Moliere. » pp. 36-58

Il carattere di Alceste contrasta egregiamente con quello di Filinto, e dà movimento a tutti gli altri che lo circondano. […] Allo studio dell’uomo e della propria nazione Moliere accoppiò quello degli scrittori teatrali, e seppe approfittarsi delle loro invenzioni, non da plagiario meschino, ma da artefice sagace che abbellisce imitando.

367. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Tramezzi. » pp. 68-88

Quando si tradussero ottimi drammi forestieri più scioccamente di quello che Don Ramòn La Cruz ed altri simili poetastri fecero del Temistocle, dell’Artaserse, del Demetrio, dell’Ezio, dell’Olimpiade deteriorate da per tutto e segnatamente imbrattate coll’ introdurvi il buffone? […] Conveniente è quello di Don Cristofano tutore e zio del Signorino accarezzato, che si occupa a riparare gli sconcerti della famiglia.

368. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — LIBRO IV » pp. 55-66

E lasciando da banda l’oscenità comune ad entrambe, pensa egli mai che il merito della Calandra sorpassasse quello della Mandragola?

369. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo I. Ritorno delle Rappresentazioni Teatrali dopo nate le Lingue moderne. » pp. 181-187

Qualche solitario allievo della sapienza, fortunatamente apprestatosi al solio se all’udito di Carlo Magno, avea eccitato il di lui genio ad accingerli alla più che erculea fatica di rischiarare e ingentilire i popoli; e in fatti quello gran principe col soccorso di alcuni italiani115 avea sparso per le provincie oltramontane un barlume passeggiero.

370. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO III. Teatro Inglese. » pp. 143-156

Il credito di lui pareggiò quello di Shakespear; e gl’Inglesi vollero in questo ravvisare un Cornelio per la sublimità, ed in Otwai un Racine credendo di vedere in lui pari tenerezza ed eleganza, titoli , come pur dice l’abate Andres, dispensati con troppa prodigalità .

371. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO VI. Teatro Inglese. » pp. 291-300

Il di lui credito pareggiò quello di Shakespear; e gl’ Inglesi vollero in questo ravvisare un Cornelio per la sublimità, ed in Otwai un Racine credendo di vedere in lui pari tenerezza ed eleganza, titoli, come ben dice l’ab.

372. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 543-547

Se potrà onorarmi di quel poco di fitto decorso mi farà fauore pagarlo al Signor Priori, appresso il quale deuo ualermi in breue di qualche somma, e così anco se non li fosse incomodo quello di pasqua prossima che gl’auguro felicissima e così pregare in Mio Nome l’Ill.

373. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 711-720

Quanto al carattere del personaggio, esso può dirsi una leggiera variante di quello dello Scapino e del Brighellla : servo intrigante, impiegato ognora nelle furberie e ne’travestimenti.

374. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 745-749

Io credo che se invece di invadere un campo non loro, si fossero contentate di quello naturale cioè a dire di satira in azione, non mai com’oggi avrebber potuto essere salutari al popolo di su la scena.

375. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 915-921

Cesarotti, che appena, per così dire, uscito dal teatro, prese la penna in mano per rendere italiano l’Oracolo del Saint-Foix ; in poche ore compi il suo lavoro, e mandollo tosto in dono a chi più d’ogni altro potea far conoscere il merito dell’ originale e quello insieme della versione.

376. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 96-104

Recitarono a Parigi fino alla fine di luglio del 1614, ora all’ Hôtel de Bourgogne per divertimento del pubblico, ora al Louvre per quello della Corte ; e a mostrar la famigliarità che Arlecchino s’era in essa acquistata, attesta il Malherbe che il 27 gennaio il Re e la Regina Reggente in persona tennero nuovamente un suo figliuolo a battesimo.

377. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 245-250

Quanto a me che, come sapete, vi amo d’un purissimo affetto, io sento che, per giungere dove io vorrei, mi mancano le forze : e sinceramente vi dico che siete più innanzi nella vostra arte di quello ch'io sia e possa esserlo nella mia.

378. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 743-748

Maestà (senza speranza di riveder più l’Italia) « con provvigione di sedici mila franchi annui, oltre a quello si guiadagnano in far l’opre e le commedie, che tolto l’Aduento e la Quaresima sempre si fanno ; nè vi entra, senza pagare, se non la famiglia tutta del Palazzo del Re ».

379. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

Le commedie da noi chiamate antiche, avute dal signor Marmontel in pensiero e non mai sotto gli occhi, sono, per quello che si stà narrando, frutti per la maggior parte del secolo XVI. […] Egli dice che avendo appena appreso a leggere e scriver male, ha l’arte di spacciarsi per filosofo, alchimista, medico, astrolago e mago, sapendo di tali cose quello stesso Che sa l’asino e ’l bue di sonar gli organi. […] Il Machiavelli ha fatto con molta felicità della Casina quello che Plauto stesso e Cecilio e Nevio e Terenzio ed Afranio fecero delle favole greche. […] E lasciando da banda l’oscenità comune ad entrambe, pensa egli mai che il merito della Calandra sorpassasse quello della Mandragola? […] ch’è quello ch’odo?

380. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO VI. Stato della Commedia Francese prima e dopo di Moliere. » pp. 212-244

Il carattere di Alceste contrasta egregiamente con quello di Filinto, e dà movimento a tutti gli altri che lo circondano. […] Allo studio dell’uomo e della propria nazione Moliere accoppiò quello degli scrittori teatrali, e seppe approfittarsi delle loro invenzioni, non da plagiario meschino, ma da artefice sagace che abbellisce imitando.

381. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO VI. La Drammatica oltre le Alpi nel XV secolo non oltrepassa le Farse e i Misteri. » pp. 186-200

Dopo questa nuova cura nulla ho trovato di più di quello che altra volta ne accennai, cioè dei due componimenti quasi teatrali di don Errico di Aragona marchese di Villena e di Giovanni La Encina.

382. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO V. La Drammatica oltre le alpi nel XV secolo non eccede le Farse e i Misteri. » pp. 74-84

Dopo questa nuova cura nulla ho trovato di più di quello che altra volta ne accennai, cioè dei due componimenti quasi teatrali di Don Errico di Aragona marchese di Villena e di Giovanni La Encina.

383. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 801-806

A lui fu per tal modo concesso dai padovani di erigere un teatro in legno, presso il Caffè Pedrocchi, detto allora Teatro Duse, di cui metto qui la riproduzione dell’interessantissimo sipario, il quale, oltre al comprender Luigi Duse nel suo costume, e gli altri di famiglia, l’Alceste sopr’a tutti, in quello de’personaggi nella Figlia del reggimento, dà anche una idea ben chiara di quel che fosse codesto teatro popolare, composto di tutta una famiglia, che viveva patriarcalmente, come non si potrebbe dire, e nella più perfetta delle armonie.

384. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

è quello ch’io miro Di Tito il volto? […] Pregiansi meritamente i Francesi di dottissimi scrittori teorici di musica e particolarmente di Mersenio, Burette, D’ Alembert &c.; pure qual altro nome de’ loro moderni maestri musici ha sormontate le Alpi fuorchè quello del difficile Rameau (Nota V)? […] Noi vogliamo credere a questo acuto osservatore, il quale trovò spessissimo mancare di eleganza e di stile poetico fin anco la Gerusalemme; ma non vorremmo che prendesse per eleganza anche lo stile contorto ed oscuro in cui taluno sì spesso cade; vorremmo poi che il mondo che si trasporta e si riempie di dolcezza leggendo o ascoltando i drammi di Metastasio, fusse rapito ugualmente alle Cantate dell’elegante Bettinelli e dell’armonico Frugoni in vece di averle obbliate; vorremmo per soscriverci all’autorevole sua decisione che questo mondo culto e sensibile si commovesse più spesso ai drammi sì bene scritti del valoroso Zeno, e non già soltanto allora ch’egli canta alla maniera Metastasiana: Guarda pure, o questo o quello   E’ tua prole, è sangue mio:   Tu nol sai, ma il so ben io,   Nè a te, perfido, il dirò.

385. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VIII. Degl’Inventori del Dramma Pastorale. » pp. 86-94

Se voi ad ognuno presterete i vostri vetri colorati, di cui parla Plutarco, ognuno vedrà quello che a voi sembra di vedere; altrimenti ognuno vedrà, ognuno palperà, leggerà, declamerà l’Orfeo, l’Egle, il Cefalo, e non vedrà mica una voce apologetica impalpabile, invisibile, come l’ecco.

386. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 969-973

Mentre i passeggeri gridavano tutti, chiedendo soccorso, il solo Gagliardi conservò il suo sangue freddo correndo dal capitano, e pregandolo a mani giunte di non disperare, e dar gli ordini di salvamento ; ma quello, seduto con i gomiti appoggiati alle ginocchia, ed il volto coperto dalle mani, non si mosse, nè rispose.

387. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

Egli dice che avendo appena appreso a leggere e scriver male, ha l’arte di spacciarsi per filosofo, alchimista, medico, astrologo e mago, sapendo di tali cose quello stesso Che sa l’asino e ’l bue di sonar gli organi. […] Tuttavolta con giuramento si aggiugne di non averglisi furato cosa veruna; e che ciò sia vero, si cerchi quanto ha Plauto e troverassi che niente gli manca di quello che aver suole. […] Il Machiavelli ha fatto con molta felicità della Casina quello che Plauto stesso e Cecilio e Nevio e Terenzio ed Afranio fecero delle favole greche. […] ch’è quello ch’odo? […] Il volgo Italiano se ne compiacque per la novità e per quello spirito di satira scambievole che serpeggia tra’ varj popoli di una medesima nazione, come avviene in Francia ancora tra’ Provenzali, Normandi e Gasconi, e in Ispagna tra’ Portoghesi e Castigliani, e Galiziani, Valenziani, Catalani e Andaluzzi, le cui ridicolezze e maniere di dire e di pronunziare rilevansi con irrisione scambievole.

388. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO V. Teatro Spagnuolo Tragico. » pp. 56-148

Ma perchè (potrà egli dire) dee preferirsi il verso sciolto o quello coll’assonante à los pareados? […] Aluro amante sì paziente vuol saperne la cagione, ed ella dopo di aver posto in contrasto l’amore che Aluro ha per lei con quello della patria, dopo di aver tenuto sulle spine Aluro e l’ascoltatore per altri ottanta versi, dice; Senti la tua pena e l’angustia mia. […] Rachele si consola alla meglio, si asside un’ altra volta sul trono, parla de’ pubblici affari, decreta, e fa quello stesso ch’ella un secolo prima fece nella favola di Diamante la Judia de Toledo. […] Che utile cambiamento è quello d’introdurre una cassa capace di un cadavere intero da portarsi sugli omeri de’ Greci alla guisa de’ facchini, in vece di lasciarvi l’urna antica che conteneva le ceneri di un estinto, e che poteva portarsi in mano, come rilevasi da Aulo Gellio nel parlar di Polo, e dall’istesso Sofocle. […] La tragedia del Bermudez (scrisse il Colomès) è per gli Spagnuoli quello che è in Italia la Sofonisba, ed ha le virtù di questa ed i suoi difetti.

389. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — TOMO VI. LIBRO IX » pp. 145-160

Molti frammenti potrei indicarne, che esprimono la forza dell’autore ben rilevata dal traduttore; ma basti per ora segnalar quello dell’atto III, dove parlando Amlet con la Regina sua madre, comparisce l’ombra del Re defunto da lei non veduto.

390. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 316-325

Ed il Piccolomini così interpreta sopra la Particella 30: Dal pubblico e dal comune su ordinato un magistrato, il quale avesse cura di quello che ai Poeti Tragici facesse per la recitazione delle loro tragedie bisogno.

391. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 832-837

Certo che Otello in Carcano non è naturale : è un Otello sofisticato : quello sta all’ Otello di Shakespeare come il panettone al pane : è più dolce ma non si digerisce.

392. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO I. Teatro tragico Italiano. » pp. 98-130

Nell’atto I si racconta che dall’urna in cui si sono posti i nomi di Merope di Aristodemo e di Arena di Licisco, secondo l’ oracolo che richiede il sangue di una vergine matura della famiglia degli Epitidi, è uscito quello di Arena che assicura la vita di Merope con indicibil piacere di Amfia sua madre e di Policare suo amante e sposo. […] L’eruditissimo Apostolo Zeno preferisce lo stile del Solimano a quello dell’Aristodemo; e certo in questo non iscarseggiano le inezie liriche, come le chiamò il conte di Calepio, benchè di molte se ne veggano anche nella tragedia del Bonarelli.

393. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO I. Drammi Latini del XVI secolo. » pp. 7-27

Si narra in esso come al sospettoso Acrisio sembra aver veduto nella finestra della torre il capo di Danae con quello di un uomo dappresso.

394. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 227-235

Forse il brutto fatto si collega a quello bruttissimo dell’ '82, in cui, graziati, voller per rappresaglia far colla commedia dei gobbi allusioni men che rispettose ?

395. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Vi si leggono altri di lui frammenti di favole incerte; ma non quello del sagacissimo imitatore degli antichi poeti Antonio Moreto che fu da lui stesso compostoa. […] Si è conservato l’epitafio che Pacuvio fece a se stesso come sommamente puro, e degno della sua elegantissima gravità , oltre al pregio della verecondia che manca a quello di Nevio e di Plautoc: Adolescens, tametsi properas, hoc te saxum rogat, Ut se ad picias: deinde quod scriptum est legas. […] A quest’ultima appartengono i versi citati da Ciceronea, ne’ quali si descrive la meraviglia di un pastore, che non avendo, mai veduto un vascello, scoperse dall alto di una montagna quello che portava gli argonauti, siccome apparisce da’Frammenti de’ Tragici Latini. […] quello stile che fluido corre Liquidus, puroque simillimus amni a, che tutta l’anima ci riempie delle sue grazie si che ci fa dimenticare, come diceva Michele di Montaigne b, delle bellezze della favola? […] Ma l’azione parmi che avvenga diversamente da quello che egli pensa.

396. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VI. Teatro Spagnuolo Comico e Tramezzi. » pp. 149-194

Quando si tradussero ottimi drammi forestieri più insulsamente e sconciamente di quello che Ramòn La-Cruz, ed altri simili poetastri fecero del Temistocle, dell’Artaserse, del Demetrio, dell’Ezio, dell’Olimpiade deteriorate e tradite da capo a fondo, e segnatamente imbrattate coll’introdurvi un buffone che interviene ai trattenimenti de’ re, e degli eroi Greci e Romani? […] Conveniente è quello di don Cristofano tutore e zio del Signorino accarezzato che si occupa a riparare gli sconcerti della famiglia.

397. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 646-656

Ogni personaggio, per quanto fosse di poca importanza nel dramma, diventava nelle sue mani importantissimo, ed ebbe in ciò una rara potenza creatrice, perchè appunto il suo recitare non era di sole parole, ma scrutando con sottilissimo accorgimento e filosofia nel costume che l’autore aveva espresso nel personaggio ch' ei prendeva a rappresentare, ogni volger di occhio, ogni movenza della persona informavasi da quello….

398. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO VII. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo del Lulli, e del Quinault. » pp. 245-266

Tutto ciò nulla ha di mitologico, ed è quello appunto che commuove ed interessa, e che il Marmontel e chi l’ha seguito in encomiar Quinault, non hanno saputo osservare.

399. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Questo è quello che non hanno glammai saputo osservare tanti critici periodici e autori di dizionarj oltramontani, i quali inveiscono contro l’opera Italiana.

400. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO IV. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo di Lulli e Quinault. » pp. 59-74

Tutto ciò nulla ha di mitologico, ed è quello appunto che commuove ed interessa, e che il Marmontel e chi l’ha seguito in encomiar Quinault, non par che abbiano saputo osservare.

401. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 478-485

Per mafia e per camorra, traendo pretesto da quello spirito d’innovazione che il valente Ferrari portava nella commedia italiana prima che il Cossa schiudesse nuovo orizzonte alla letteratura drammatica dal lato tragico e storico, si tentò da qualche speculatore di proscrivere dal teatro i classici italiani e stranieri, e questa scandalosa proscrizione, cosi contraria all’uso delle nazioni civili, si chiamò, prima che il Ferrari, il Cossa ed altri pochi schiudessero nuovi orizzonti alla letteratura drammatica, riforma del teatro italiano : a tutto favore di certe commediole, il cui manoscritto è un ananasso per il capo-comico, ma che in fondo sono farse in cinque atti, e non durano in teatro cinque mesi, si soppressero o assai si diradarono vari generi di componimenti teatrali, si diminuirono i ruoli delle compagnie per essere in minor numero a spartire i proventi del teatro : a sterminio di ogni semenzaio di attori, si istituirono le compagnie numerate come le celle degli stabilimenti carcerarii ; e per non gittare una nube sopra gli applausi meritati, si seguitò a battere le mani anche fra gli sbadigli del pubblico.

402. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO I. Vuoto della Storia Teatrale nell’età mezzana. » pp. 57-79

Tra gli Arabi non si trova se non quello che ebbero tutte le nazioni anche rozze, cíoè musica, balli, travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie e tornei.

403. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

Questo è quello che giammai non seppero osservare tanti critici periodici, e autori di dizionarii oltramontani, i quali inveiscono contro l’opera Italiana.

404. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 130-141

E dopo di averle resi i più vivi ringraziamenti per le gentili espressioni che in quello Ella si compiace dirigermi, La prego di voler manifestare a cotesto illustre Ateneo i sensi della mia riconoscenza per l’onore che mi ha fatto di nominarmi suo Socio corrispondente.

405. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Lascio poi che il carattere di Calisto è quasi fantastico, pieno di espressioni iperboliche e di slanci disparati dell’immaginazione, declamatorio e pressochè senza affetti; lascio ancora che quello di Celestina, per altro eccellentemente dipinto, si vede imbrattato di vana ostentazione di erudizione e dottrina intempestiva impertinente. […] Il primo di essi fu Gil Vicente detto il giovane tenuto per più eccellente del padre, tra’ di cui drammi credesi il migliore quello intitolato Don Luis de los Turcos. […] E quello che ora dico nel testo con più parole, non era allora stato da me accennato?

406. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IX. Pregiudizj dell’Autore della Storia de’ Teatri, rilevati dall’Apologista. » pp. 95-111

Lasciamo ancora, che io per uno de’ miei soliti pregiudizj pensava, che di quello più si dovesse parlare, che più conferisse a migliorar l’arte, ed instruire la gioventù.

407. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo VI. Spettacoli Scenici Spagnuoli nel medesimo Secolo XVI. » pp. 252-267

Egli non pertanto non lascia di notare, parlando della serenata del marchese di Villena (di cui abbiamo ragionato nel capo III di quello Libro), che in vano Calderón si arrogava la gloria d’aver il primo introdotto in iscena personaggi allegorici; da che in quella serenata si veggono personificate la pace, la giustizia ec.

408. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Vi si leggono altri di lui frammenti di favole incerte; ma non quello del sagacissimo imitatore degli antichi poeti Antonio Moreto che fu da lui stesso composto76. […] A quest’ultima appartengono i versi citati da Cicerone85, ne’ quali si descrive la maraviglia di un pastore, che non avendo mai veduto un vascello, scoperse dall’alto di una montagna quello che portava gli argonauti, siccome apparisce da’ Frammenti de’ tragici Latini. […] Ma l’azione parmi che avvenga diversamente da quello ch’egli pensa.

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