Perduto l’impiego, tornò all’amor della scena, in cui aveva fatto da giovine buone prove coi filodrammatici, e si scritturò con Rossi, colla Goldoni, colla quale lo vediamo il 14 giugno 1815 rappresentar la parte di Sole nella Caduta di Fetonte dell’Avelloni, poi con Dorati, prima padre nobile, poi caratterista, nel qual ruolo entrò il '22 nella Compagnia Reale Sarda, e vi fu acclamatissimo, fino al '28, anno della sua morte.
A Parma il padre gli ottenne il posto di allievo nel Collegio militare, che gli fu serbato gratuito dall’Arciduchessa Maria Luigia dopo la morte del padre.
Il Fidenzi, oltre all’essere stato attore preclaro, fu preclaro poeta ; e pubblicò un volume di versi a Piacenza del ’52, ch’egli intitolò Poetici Capricci, e dedicò ad Alessandro Farnese, in cui sono, se non sempre, vivezza e semplicità di imagini, tanto più rare e pregiate, in quantochè apparse in mezzo al dilagar delle strampalerie del tempo, e di cui metto qui come saggio il principio del vigoroso canto : I fifgli famelici della Vedova Ebrea assediata Di Sion l’alte mura Tito ricinte havea di genti armate : E gli assediati Ebrei, Con dolorosi omei, Chiedean pietade a l’indurato Cielo : E di viveri affatto impoveriti Con lagrimosi inviti De la Morte chiedean l’orrida falce. […] Prima di questi Capricci aveva inserito del 1613 a Venezia alcune rime nella Raccolta funebre per la morte della comica Maria Rocha Nobili detta Delia (V.), poi pubblicato, sempre a Venezia, del ’28, un Effetto di Diuozione, consacrato al merito indicibile de i due famosi in amicizia, e per sangue e per l’opere Illustrissimi Nicolò Barbarigo e Marco Trivisano, composto di tre sonetti e un’ode in quartine. […] Quando stampò le rime in morte della Delia, avrebbe avuto dunque soli diciasette anni. […] La morte della moglie fu a lui fatale.
Di tali strumenti è notizia nell’Infermità, Testamento e Morte di Francesco Gabrielli detto Scappino, composto e dato in luce a requisitione degli spiritosi ingegni, edito in Verona, Padoa et in Parma, per li Viotti, con licenza de’ Superiori il 1638, e ristampato poi nel Propugnatore del maggio-giugno 1880 da Severino Ferrari. […] Hor sol di morte, ahimè, cinto l’horrore, Cangiato il finto in ver, verace ei morto Tramuta il riso in Tragico dolore. […] Tolto à le scene il mascherato orfeo Sgridan le genti a’ morte, ahi fatto indegno Che l’ Vniverso lagrimar ne feo. […] Francesco Bartoli fa cader la sua morte intorno il 1654, ma non sapremmo di essa precisare nè la date, nè il luogo.
Di questa dice il Bartoli : « il gentil personale adattato al carattere che sostiene, una prontezza vivace, ed i modi suoi graziosissimi fanno distinguerla per un’ attrice pregevole, e degna di quelle lodi, che liberalmente le vengono dagli spettatori concesse. » Ricci Emilia, pisana, nata dalla civile famiglia Gambacciani, venuta a povertà, ancor fanciulla, dopo la morte del padre, sposò Antonio Ricci, padovano, ballerino da corda, assai maggiore di lei.
Entrò di nuovo il '69 col marito nella Compagnia Medebach, e vi stette sino alla morte di lui.
Nato a Roma il 4 febbraio 1859 da parenti non comici, e datosi, giovanetto, al recitare in società filodrammatiche, si scritturò l’ '83 con Bellotti-Bon, per la cui morte non ebbe luogo il contratto, esordendo invece quello stesso anno come generico con Alessandro Salvini ed Ettore Paladini, e passando subito l’ '84 al ruolo di secondo e primo caratterista sotto il Salvini : ruolo che non abbandonò mai più, e che sostenne lodevolmente in compagnie egregie, quali dell’Emanuel, del Morelli, Maggi, Rossi, De Sanctis, Teatro d’Arte, Rasi, Della Guardia, Pieri-Severi, nella quale ultima si trova oggi (1904).
Scorgesi il giudizio di Mairet nelle alterazioni che fece alla storia di quella regina, mentre anticipò la morte di Siface in battaglia, per evitar che ella si vedesse con due mariti vivi, e per destar compassione, alla morte di Sofonisba aggiunse quella di Massinissa, che secondo la storia visse sino all’estrema vecchiezza.
Ma tanti anni indugiò poi a proseguirla in Venezia, che prevenuto dalla morte nel 1796 la lasciò imperfetta, e l’autore cessò di rimettere colà il rimanente.
Sceso con l’andar degli anni di gradino in gradino, tentò anch’egli l’America in compagnie secondarie ; ma dopo alcuni anni giunse la fatal nuova della sua morte volontaria.
Ogni cosa qui ruota : e Cieli, e Morte, e del venturo dì ruota l’Aurora ; sicchè ogni cosa è nel rotar sicura.
Suo vivo desiderio sarebbe stato quello d’andar tra'barbari, missionario, beato di affrontare e sostenere il martirio per la fede di Cristo, ma la morte lo colse del '78, mentre stava predicando in Romagna.
Furon poi con Petronio Zanerini, alla cui scuola ella salì al grado di prima donna assoluta, e finalmente formaron essi compagnia, che durò fino al 1802, anno della morte della moglie.
Entrato poi il Vestri nella Compagnia Nazionale, dove non era alcun posto per lei, non volendo ella creare ostacoli alla scrittura del marito, si ritirò dalle scene, e, dopo la morte di lui, a Bologna, traendo meschinamente la vita.
Lontani dai parenti vecchi, da' figli adorati, spinti quasi nelle braccia della morte, in quella terra fatale che avea già tolto brutalmente all’arte Arturo Diortti, fiorente di giovinezza !
La morte d’Isabella insieme con Muley? […] Si continua l’intreccio: siegue la morte di Audalla: si prepara la rovina di Alboacen: si effettua l’uccisione di questo Re per mano di Aja di lui sorella. […] Quindi è che se io dovessi dire, quante sieno le azioni principali, affermerei esser tre, non contando le subalterne: cioè 1. la Morte d’Isabella e Muley per l’amor lascivo del Tiranno colorita col pretesto della Religione; 2. la Morte del Tiranno derivata dalle sue crudeltà e dall’avere ucciso l’amato della Sorella; e 3. la Morte di Adulze avvenuta per eroismo, non volendo egli mancare nè all’amistà, ed alla gratitudine dovuta al Re, nè alla promessa da lui fatta all’amata. Che se poi dovesse esaminarsi quali di queste tre principali azioni sia la più degna e propria per una Tragedia, io subito sceglierei l’ultima della morte di Adulze, personaggio veramente tragico, e più di ogni altro interessante (salva la Religione che ci attacca ad Isabella), il qual personaggio ci fa mirare come cosa già dimenticata la morte dell’Eroina Cristiana, e quella di Alboacen. […] Giustificherà l’Apologista la mancanza del tempo necessario per l’esecuzione della morte d’Isabella accompagnata dalle varie circostanze narrate dal Messo, che richiedono non poco tempo, nella scena III., quando ella è partita dal Teatro terminata la I., nè vi s’interpone che il soliloquio di Aja?
In quel fiero decantato qu’il mourut del vecchio Orazio sfolgoreggia il sublime di tutto il suo lume. […] Mourons. […] Tomiri che nella Morte di Ciro del Quinault va cercando sul teatro les tablettes perdute, fu ben meritevole della derisione del Boileau. […] Si crede che appartenga al secolo XVII parimente la Morte di Solone, di cui s’ignora l’autore, non mentovata dagli scrittori drammatici di quel tempo, e non rappresentata mai nè in francese nè in italiano. […] A un tratto poi nel IV si enuncia la morte di Pisistrato, di cui non cercano di accertarsi nè gli amici nè i nemici, così che poco dopo Solone avvisa che Pisistrato combatte ancora, e la libertà soccombe ; anzi Pisistrato stesso viene fuori, altro male non avendo che un braccio ferito.
Giunto a Napoli, si fece visitare dallo Scottugno, una celebrità medica d’allora, il quale, per mettere in opera ogni mezzo, all’intento di strapparlo alla morte, gli fe' dividere la sua casa e la sua mensa ; e tali e tante furon le cure affettuose di lui, che il povero giovane si riebbe alquanto.
Dalla Compagnia del Perotti, passò in quella di Antonio Raftopulo col ruolo di secondo caratterista, poi in altra secondaria con quello di primo assoluto ; e tanto crebbe in rinomanza collo studio indefesso, col ferreo volere, e colle chiarissime attitudini, che il Perotti lo richiamò e lo tenne con sè fino alla sua morte, accaduta nel 1820.
ROBOTTI salutata nell’arte di roscio maestra non superba nei trionfi, nelle dovizie, nei plausi non pavida in casi avversi e malattie dolorose pronta a soccorrere i miseri, a giovare i congiunti in dio fidata lo invocando spirò l a sola amicizia fedele in vita ed in morte murò il sepolcro a custodire le ceneri di ANTONIETTA ed al suo nome il marmo incideva N. in Como a.
Donne tali, schiave abbiette, ed infami, si prostituiscono ai nobili giapponesi, i quali le sprezzano, e le incensano, le arricchiscono vive, e soffrono che appena morte, vengano strascinate per le vie con una fune al collo, e lasciate insepolte in preda ai cani5. […] Si annunzia ad un personaggio la notizia della sua condannagione a morte?
Toltosi da quell’Ufficio, fu da altri incaricato di formar una compagnia per quella città ; e recatosi a Venezia, la formò difatti, e la condusse a Palermo ; ma essa era di sì mediocri elementi, che subito cadde, procurando allo Scherli rimproveri senza fine, e così fatti da essere forse principal causa della sua morte. […] A questa faccio seguire il sonetto in morte di un suo figlio, il quale ci dà ancor più chiara l’idea delle sue qualità poetiche, e del suo amore a' classici : Come candido fior, che nato appena, del vomere al passar cade reciso, Carlo, moristi, onde perpetua vena di pianto a me bagna le gote e il viso : C'ho sempre avante i tuoi dolci atti, e il riso, e i cari vezzi ; e per maggior mia pena, la Suora tua, ch'or vedi in Paradiso, la tua partita a ricordar mi mena.
Bartoli, ossia qualche anno dopo la morte del D’Arbes.
Alla fine del carnovale del 1868 fu aggredito in Milano ; derubato dell’orologio e del portamonete, e minacciato di morte se avesse parlato.
[4] Si vuol rappresentare il tormento più squisito e più crudele che possa trovar ricetto nel cuor d’un amante, la certezza, cioè, d’essere stata l’involontaria cagione della morte della sua amata? […] Sangaride est morte! […] On ne peut naître Que pour mourir. […] [10] Siffatta riforma venne al melodramma per opera de’ più celebri poeti a quel tempo, de’ quali io non nominerò se non quelli che in qualche modo al cangiamento concorsero, lasciando le ricerche più minute a coloro che stimano aver fatto gran via nella carriera del gusto allorché sanno dirci appuntino il giorno della nascita e della morte, il numero e il titolo delle opere di tanti autori che il pubblico ha dimenticati da lungo tempo senza far loro alcun torto. […] Per esempio nell’Andromaca, allorché si vede ridotto Ulisse all’estremo di doverne scegliere tra due fanciulli che gli vengono presentati avanti per condannar l’uno di essi alla morte, e ch’egli ignora quale tra loro ne sia il proprio figliuolo, e quale il figliuolo d’Andromaca, sentasi con qual energia s’esprime la madre che si trova presente alla fatale scelta, e che appieno comprende la scaltrezza e la crudeltà d’Ulisse.
Venutogli a morte il padre nel 1830, il Gallina risolse di lasciar le scene per attender da sè all’amministrazione dei beni ereditati.
Aveva per sua virtuosa consorte una Donna, detta Isabella tra le comiche, la quale fece vita santa per due anni avanti la morte, senza mai voler comparire nella scena al Recitamento ; e se ne morì con molti segni di gran bontà, esortando il marito a ritirarsi affatto dall’arte e dall’esercizio de’teatrali trattenimenti.
Da quello di San Simone passò a un altro teatrino di via Castelfidardo, ove conobbe Edoardo Giraud che le insegnò a leggere ed a scrivere, poi finalmente al Teatro Milanese del quale fu una vera colonna fino al giorno della sua morte, avvenuta per sincope, a Firenze, sulle scale di casa mentre tornava a mezzanotte dall’Arena Nazionale.
Trasportato a braccia su di una poltrona a casa sua, non discosta dal teatro, in quell’abito goldoniano, con quel viso truccato, angoscioso contrasto con la inerzia mortale del povero corpo, visse ancora per una settimana una vita di morte, e circondato dall’affettuosa moglie e da tutti i compagni, si spense la domenica sera 20 gennajo alle 11, 25.
Pur non dubitiamo d’affermare che l’Italia soffre tanta penuria di valenti comici, ch’ ella dee della morte del Blanes, come di non lieve perdita, dolersi. […] Il Belli-Blanes dimorava a Firenze in Piazza degli Agli, N. 898 : e un mese dopo circa la sua morte fu fatto l’inventario degli oggetti trovati in casa e del corredo di teatro, che constava fra l’altre cose di 14 manti in saia, velluto, lana, ricamati in oro e argento, e di 22 tuniche rosse, amarante, bianche, turchine, arancione, pel valore complessivo di L. 3964. […] Alle suppliche della moglie atterrita, alle sue lagrime incessanti egli dovè cedere finalmente : e, passando di pericolo in pericolo, potè varcare il confine e recarsi a Roma sottraendosi così a morte sicura alla quale, per le sue idee liberali, era già stato dalla Commissione reale condannato.
L' atto di morte lo dice Antico Ufficiale del Re. Pare che a Modena si fosse sparsa, molti anni prima, la notizia della sua morte, poichè abbiamo un brano di lettera del 1° gennaio 1735 in quell’Archivio di Stato, così concepito : « Il povero Riccoboni, che avevamo mandato all’altro mondo, vive sempre, e sempre bravo modenese. » Molte sono le opere di teatro ch'egli scrisse, ma tutte ohimè giacenti nell’ oblìo. […] Uomo di gran cuore, benchè d’umore atrabiliare, si raccomandava a Gueullette in una lettera del settembre 1739 (lunedì), perchè andasse con lui ad assistere il povero Thomassin, Visentini, morente ; e soprattutto per indurlo, prima della morte, a pensare alla sua famiglia.
Ella, tuttavia addolorata per la morte recente del marito, si schermì gentilmente, assicurando che ove determinasse di passare a seconde nozze, non altri avrebbe preso che il suo Buffetto. […] Il quale atto commosse per modo Isabella, che volle per la pace comune, e perchè nel loro contratto di nozze nulla esistesse che potesse dare appiglio a quistion d’interesse, mutar l’istrumento nella seguente maniera : che si leuasse a suo tempo di tutto l’haver di Colombina la prouisione douuta alli suoi tre figliuoli, e per lei le sue gioje, & argenteria al prezzo come fu stimato ; del resto fosse a metà tra marito e moglie, con il guadagno venturo, lasciandosi dopo la lor morte heredi uno dell’altro.
La compagnia subì poi altri mutamenti per la morte del Bettini e per la partenza della Pellandi e del Belli-Blanes, della Gallina e del Belloni. […] Caduto il Regno francese, il Fabbrichesi passò colla fortunata compagnia, modificata in parte per la morte del Bettini e la partenza della Pellandi e del Blanes, a cui successero la Cavalletti-Tessari e Francesco Lombardi, ai Fiorentini di Napoli, al soldo di quella real Corte, con lo stipendio annuo di 12,000 ducati, e il diritto di rimaner capocomico unico in quella capitale.
Da quella di Solmi e Pisenti passò, la quaresima del 1826, nella Compagnia di Luigi Domeniconi, poi, il ’35, in quella di Romualdo Mascherpa, col quale stette sino all’estate del ’45 (29 luglio), epoca della sua morte, avvenuta in seguito a ribaltatura del legno a Regginara, presso Marradi. […] Ristabilito appena da lunga malattia, mettevasi in viaggio per Firenze, e disgraziatamente trovava la morte sotto le ruote della carrozza che nella via si rovesciava.
Forse egli, buono, sarebbe rimasto col cognato sino alla morte ; ma l’umor bestiale di lui, fattosi ancor più intrattabile pel ridicolo sopravvenir di una senile passione amorosa, lo spinsero a partirsene per congiungersi coi figli : lo vediam poi più tardi con la Battaglia insieme a Giacomo Modena. […] Dovere del Padre El Padre, che vive spensieratamente, senza provveder ai so fioi, usurpa indebitamente vivendo el nome de padre, e acquista giustamente morendo quel de tiranno : do cose deve lasciar el padre, podendo, ai proprj fioi, una necessaria ; è l’altra utile ; la necessaria l’è la morigeratezza ; e l’utile l’ è el ben star : la prima pol star senza la seconda, ma la seconda senza la prima l’è un vetro che traluse, ma che ghe manca la fogia per esser specchio ; chi di tutti do le provede, vive contento, e mor felice, contento in vita, perchè l’ha fatto quel che el doveva : felice in morte, perchè el lassa quei, che da lu derivan, nei boni costumi, e nel ben star tutto el pagamento di quei debiti, che l’aveva contratti, quando ghe diede el ciel el rispettabile nome de padre.
Di più l’ interesse in questa par maggiore, perchè Seneca ingegnosamente suppone esser Giasone astretto a sposar Creusa per evitar la morte, perchè Acasto figliuolo di Pelia minaccia di saccheggiar Corinto, se Creonte non rende i colpevoli al castigo che gli attende. […] Un figlio svenato, una madre in attodi trapassare il cuore all’altro, un padre trafitto dallo spettacolo del primo e spaventato dall’irreparabil morte imminente dell’altro. […] L’ atto quarto cavato interamente da Euripide contiene il magnifico elegante racconto del mostro marino e della disgraziata morte d’ Ippolito. […] Si narra nell’atto quinto l’intrepida morte di Polissena, ed il precipizio di Astianatte. […] Il discorso di Megara nell’atto secondo sa desiderare il patetico che si ammira nella tragedia di Euripide, quando tutta la famiglia di Ercole spogliata del regno rifugge all’ara di Giove per evitar la morte.
Dettò versi in morte di Teresa Calamai, la famosa innamorata del Gamerra, il quale nella Corneide ha un cenno di lode sul Somigli.
Per la morte della brava prima donna, signora Negrini, la Compagnia si sciolse, e l’Alberti tornò in Lombardia, scritturandosi nella Compagnia comica di Gaetano Bazzi, una delle più accreditate d’Italia, che divenne poi la reale Compagnia Sarda.
Al che non fu il prete nè umiliato, nè confuso ; anzi tanto imbestiali contro il querelante che non solo lo minacciò di morte, ma tentò anche di mandare ad effetto il suo triste proposito, servendosi di due sicarj, due svizzeri, i quali alle sette di sera lo aspettarono, appostati presso la sua casa ; e l’insultarono, e miser mano alla spada…. alla presenza del signor Gazotti che osservava il tutto dalla bottega vicina di un merciajo.
Di civile famiglia veronese, si diede giovinetto all’arte, cui fu strappato da morte immatura.
La notizia della morte di Finocchio a Lione, mentre era in viaggio per Parigi, l’abbiam dai fratelli Parfait per detta di Antonio Riccoboni, ma la data di essa (tra ’l ’73 e il ’75) è assolutamente erronea.
Egli avea frequentate tutte le condizioni sociali e, di quella signorile, ne osservava le forme nel trattare i suoi compagni…… Molto logicamente il Suner, toccando della catastrofe e dei punti che la mossero, ha richiami al maestro Luigi Bellotti-Bon, del quale se il Garzes imitò molti atteggiamenti della vita, come la vanità, la sontuosità, la prodigalità, volle anche imitare la morte con un colpo di rivoltella al cuore.
, II, 153) : Il personaggio di servetta era semispento nelle Compagnie comiche, e colla morte della celebre Maddalena Gallina, che mirabilmente lo rappresentava, e per il nuovo genere introdottosi in Italia di commedie, in cui il ridicolo entra appena di furto, e per l’abbandono della Commedia goldoniana.
Errore evidente, poichè Veronese esordì a Parigi quattordici anni dopo la morte dell’eccellente Pantalone.
Non si sa la data precisa della sua morte, che il Campardon mette verso il 1769.
In quel fiero e nobile qu’ il mourut del vecchio Orazio sfolgoreggia il sublime di tutto il suo lume. […] Benchè le rappresentanze de’ martiri Cristiani sieno poco atte ad eccitar la tragica compassione, per esser la loro morte un vero trionfo che non ci lascia luogo a dolere, pure il Poliuto col nobile carattere del protagonista e coll’ amore che ha quest’eroe per la sposa Paolina, ch’egli fa servire a i doveri della religione abbracciata, è una tragedia che chiama l’attenzione. […] Mourons . . . […] Tomiri che nella Morte di Ciro di Quinault va cercando sul teatro ses tablettes perdute, fu ben meritevole della derisione di Desprèaux. […] Cirano di Bergerac nato nel Perigord nel 1620 e morto nel 1655 fece una tragedia della morte di Agrippina, e nel personaggio di Sejano diede il primo esempio delle massime ardite usate poscia da’ moderni tragici della Francia con tal frequenza ed intemperanza, che, al dir di M.
La Cortesia di Leone e di Ruggero con la morte di Rodomonte, soggetto cavato dall’ Ariosto, e ridotto in istile rappresentativo in versi, fu stampata dal Fiorillo in Milano il 1614, pei tipi di Pandolfo Malatesta, quand’era coi Comici Accesi. L’Ariodante Tradito, e morte di Polinesso da Rinaldo Paladino, fu stampato il 1629 in Pavia da Gio.
Fu inoltre nella Compagnia n.º 2 di Fanny Sadowski, diretta da Luigi Monti, da cui si sciolse il '76 per la morte della moglie, diventando di bel nuovo capocomico, e inaugurando il giugno di quell’anno il Politeama Alfieri di Genova. […] Disfatto dalla malattia di cuore, impotente quasi a muoversi dal letto di morte, con uno sforzo supremo un giorno levò il capo, e si diede a sciamare con voce rotta dal pianto : « perdono !
Da quando ebbe abbandonato il teatro, sino al giorno della sua morte, egli, secondo il Casanova, passò il suo tempo in operazioni cabalistiche e in ricercar la pietra filosofale.
Vita, successi e morte.
r Duca de Ferrara, concernente il nostro artista e la morte del Sanseverino : ………………………..
Recitato prima co' filodrammatici senesi, poi con quelli di Firenze, ove s’era fissato dopo la morte del padre al principio del '29, esordì in Compagnia Villani, quale primo amoroso nell’ antico teatrino della Carconia, allora del Giglio, oggi Nazionale.
Condusse la Compagnia sino ad Innsbruck, ove le cose volsero alla peggio per la morte di Maria Teresa d’Ungheria.
Le traversìe ch'ella patì dopo la morte del marito furon terribili.
Bella in Euripide è la narrazione dell’incendio e della morte di Creonte e della figliuola, che serve a far trionfare Medea per la ben riuscita vendetta. […] Un figlio svenato, una madre in atto di trapassare il cuore all’altro, un padre trafitto dallo spettacolo del primo e spaventato dall’irrevocabil morte imminente dell’altro. […] L’atto IV tratto interamente da Euripide contiene il magnifico elegante racconto del mostro marino e della disgraziata morte d’Ippolito. […] Si narra nell’atto V l’intrepida morte di Polissena e il precipizio di Astianatte. […] II discorso di Megara nell’atto II fa desiderare il patetico che si ammira nella tragedia di Euripide, quando tutta la famiglia di Ercole spogliata del regno rifugge all’ara di Giove per evitar la morte.
Nel carnovale '90-'91 interpreta per la prima volta la parte di Jago al Niccolini di Firenze con Andrea Maggi, Otello : poi torna in Russia, acclamatissimo come a' primi tempi, poi si aggrega a questa o a quella Compagnia per dar di quando in quando alcuna rappresentazione in pro della Cassa di previdenza per gli artisti drammatici, di cui egli è Presidente ; poi, finalmente, nell’anno di grazia in cui scrivo (1903), egli crede di dare un addio alle scene a fianco di suo figlio Gustavo, recitando l’Otello, la Morte Civile, e l’Oreste (Pilade), e mostrando ancora, (tranne forse ne'rari momenti, in cui ricordavano i suoi ammiratori di altri tempi il cannoneggiar d’una frase), tutta la freschezza e la musicalità della recitazione, tutto l’impeto della passione, tutta la profondità dell’interpretazione. […] : il racconto dell’evasione nella Morte Civile era tutto un poema di sordine. […] Ma quando Salvini era Salvini, sia che, Sansone, si pigliasse di un tratto su le spalle il padre, e con quel fardello non lieve (il padre era Giustino Pesaro) salisse a corsa l’erta non facile, sia che, Armando, gemesse infantilmente a'piedi di Margherita, il pubblico era afferrato, soggiogato : io lo ricordo in una intera stagione (agosto 1868 al Politeama fiorentino) ; e ricordo la sua grandezza inalterata nel Sansone, nella Suonatrice d’arpa, nella Francesca da Rimini, nel Torquato Tasso, nel Giosuè il Guardacoste, nella Zaira, nell’ Amleto, nel Sofocle, nella Pamela nubile, nel Gladiatore, nell’Oreste, nella Missione di donna, nella Virginia, nella Vita color di rosa, nella Morte Civile, nel Sullivan, nell’ Otello, nello Scacco matto, nel Re Lear, in Giulietta e Romeo (del Ventignano), nel Milton, nella Colpa vendica la colpa !
Cantate le bellezze che non ponno dal tempo o dalla morte esser corrotte, che invidia ve n’avranno Uomini e Dei.
A dare un saggio dell’arte sua poetica, metto qui il principio e la fine dell’ode ch'ella dettò nel '64 per la malattia del fratello Luigi : Sorgi, suonò di Naim in su le porte l’Eterna voce onde l’inferno è vinto ; e tosto dal feral sonno di morte surse l’estinto.
.), in Compagnia di Corrado Verniano (o forse più esattamente Vergnano) per un triennio, per doventar di nuovo capocomico di una compagnia di giro, che lasciò dopo alcuni anni, ritirandosi dalle scene per la morte di un unico fratello che lo lasciò tutore de' figli e amministratore del loro ricco patrimonio.
Sino a tanto che le arti sono rozze per ancora, l’amore della novità è vita di quelle; ond’hanno incremento, maturità e perfezione: ma giunte al sommo, quel principio medesimo che diede loro la vita è anche quello che dà loro la morte. […] Né quella critica fatta già contro all’opera in musica, che le persone se ne vanno alla morte e cantano, non ha origine da altro, se non se dal non ci essere tra le parole ed il canto quell’armonia che si richiede. […] Tra quella, per esempio, che precede la morte di Didone abbandonata da Enea, e quella che precede le nozze di Demetrio e di Cleonice? […] Fanno fede al mio detto parecchie fatture del Pergolesi e del Vinci, rapitici da morte troppo di buon’ora; del Galuppi, del Iomelli e del Sassone, che non potranno mai abbastanza vivere.
E molto meno seguiterebbe a cercar di deprimere la Sofonisba col criticare la scena che siegue alla morte di questa Regina, allorchè viene Masinissa, la quale scena all’ Apologista sembra freddissima. […] Adunque addio Eraclidi di Euripide, poichè l’argomento, il piano, il nodo, lo scioglimento, la morte di Macaria, la protezione di essi presa dagli Ateniesi contro di Euristeo, è una storia delle antichità Attiche, che si legge nel I. […] Perdonate però se interrompo un’ estasi così bella con rappresentarvi che le azioni dell’Ecuba Greca non sono già molte, come Voi dite, senza forse ricordarvi della favola di Euripide, ma due, cioè la morte di Polissena, e la vendetta presa da Ecuba di Polimestore; che la morte di Polidoro è seguita prima dell’azione della Tragedia.
Diciamo non di meno di passaggio che in Lanciano una tragica sacra rappresentazione si è eseguita da tempo immemorabile la sera del Venerdì Santo del Mortorio di Gesù Cristo dopo una solenne e pomposa processione, che usciva dalla chiesa di San Filippo Neri, a spese de’ confratelli della Compagnia della Morte.
L’Angeleri aveva, pare, motivi suoi per non recarsi in patria ; ma dovè andarvi pur troppo : e la prima sera, vestito del suo abito di Brighella, assalito da atroci dolori fu colto istantaneamente dalla morte.
Venutagli a morte la moglie in Firenze, il carnevale del 1832, passò con Romualdo Mascherpa, dove, dopo diciotto mesi di vedovanza, sposò l’ Amalia Boni, egregia servetta.
Fu la prima, attrice di rari pregi, se dobbiam credere al seguente sonetto di Paolo Abriani : Dal ciel discesa ad illustrar le Scene, benchè mortal fanciulla a noi si mostri, per debellar, per trionfar de’Mostri Morte, Tempo ed Oblìo, Lavinia or viene.
Tornava scritturato pel '56, attore e direttore, con Astolfi, e nella lettera al Righetti dianzi accennata, scriveva : « non voglio più dolori di testa, nei più begli anni della mia carriera : questo è il momento di farmi pagar bene, ed infatti me ne sono prevalso : se Astolfi mi ha voluto pel '56, ha dovuto darmi lire settemila, e cinque mezze serate. » Ma l’ Astolfi morì, e il Pieri fu d’ allora in poi capocomico fino alla morte (a Genova, il 3 marzo 1866), e per di più senza dolori di testa.
Carlo – presso la Piazza Mazzini – già Piazza di Morte.
Donne tali schiave, abjette ed infami si prostituiscono a i nobili Giapponesi i quali le sprezzano e le incensano, le arricchiscono vive, e soffrono che appena morte vengano strascinate per le vie con una fune al collo, e lasciate insepolte in preda ai cani24. […] Si annunzia ad un personaggio la notizia di essere stato condannato a morte?
Commuove nell’Umanità l’angustia ove si vede ridotto un padre di famiglia che esce a rubare per sostentare i suoi, ed è condannato alla morte. […] Nel Padre di famiglia del primo, nell’Eugenia del secondo, nel Figliuol prodigo del Voltaire non si vedono moribondi per mancanza di pane, testamenti, sentenze di morte, esecuzioni di disertori, nè un padre che si getta a rubar sulla pubblica via vicino ad essere impiccato.
Sempronio Tuditano (cinquantadue anni in circa dopo la morte di Menandro) cominciò a fiorire Livio Andronico, nativo della Magna Grecia. […] Claudio l’anno di Roma 569 e quindici anni prima della morte di Ennio, siccome pruova il dottissimo Tiraboschi72. […] L’atto IV cavato interamente da Euripide contiene il magnifico elegante racconto del mostro marino e della disgraziata morte d’Ippolito. […] La declamazione generale di Megara nell’atto II fa desiderar il patetico che si ammira in Euripide, quando tutta la famiglia di Ercole spogliata del regno rifugge all’ara di Giove per evitar la morte. […] Perché tarda é mai la morte Quando é termine al martir.
Ama essa la vita per sentimento di natura; e come di sangue regio e greca, se ne va con fortezza d’animo alla morte.
Sconosciuti quasi interamente dal resto dell’Europa i moscoviti, privi di libertà, e immersi in una profonda ignoranza sostenuta particolarmente da un’antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio paese sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello ch’era sotto gli occhi loro, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura e ’l bisogno suggerisce.
Sposatosi all’attrice Luigia Miani, n’ ebbe due figliuole, dalle quali fu mantenuto in Brescia sino alla sua morte che accadde nel 1825, quand’egli aveva 67 anni.
Tornato in Italia, fu accettato dal Riccoboni nella Compagnia del Duca di Orléans per le parti di Zanni, che egli sostenne col nome sempre di Scapino, fino al tempo della sua morte, che fu il 9 maggio 1723.
Fortunatamente il bottiglione, che avrebbe potuto non che difformarlo, accopparlo, lo aveva colpito al collo difeso da un colletto a più doppi, sottraendolo alla morte.
La morte del suo Giuliano dovrebbe riguardarsi come morte sua, e però il contratto sarebbe da quel punto sciolto. […] Ebbe amicizie di Sovrani ; ridonò alla società e alla patria un povero soldato condannato a morte ; visse, nei momenti più burrascosi della patria nostra, gagliardamente italiana.
La morte del padre l’obbligò a lasciar gli studi di filosofia per un impiego ferroviario che gli desse da vivere.
Egli nacque nel ’45 e scrisse le notizie nell’ ’82 ; nè l’una dunque, nè l’altra Diana conobbe ;…. e i venti anni di differenza che mette nella morte delle due Diane, posson essere facilmente erronei.
Robinet, continuatore della Muse historique di Loret, così annunzia la morte di Locatelli nella sua lettera del 2 maggio 71 : La Parque souvent très-cruelle, (o justes cieux !
Fece per volontà del padre i primi studj classici, e si dedicò alcun tempo al violino, pel quale mostrava singolari attitudini ; ma poi, chiamato alla scena, abbandonò tutto, dopo la morte del padre, per entrare in una di quelle meschine compagnie che andavan guitteggiando di borgata in borgata.
Preso d’amore per Antonietta Robotti, formosissima donna e valentissima attrice della Compagnia Reale Sarda, si diè a seguirla per quasi due anni, finchè ammalatosi quel primo amoroso, Pietro Boccomini, egli, che s’era già acquistata fama tra'filodrammatici di artista promettentissimo, fu scritturato qual primo amoroso a vicenda col Boccomini, passando poi per la morte di Giovanni Battista Gottardi, al posto di primo attore che sostenne con molto onore al fianco di artisti egregi, quali la Robotti e la Romagnoli, il Gattinelli, il Domeniconi, il Dondini.
Non si conosce la data della sua morte ; ma egli viveva ancora il 1790, del qual anno il Museo della cità di Bassano, terra natale dello Zanuzzi, io credo, serba di lui una lettera del 18 xbre a Giacomo Vittorelli (il poeta anacreontico ?)
Spoleto ancora, secondo il Biondo e il Sabellico, ebbe un teatro rovinato da’ Goti insieme colla città dopo la morte di Teodorico. […] Alcuni versi inseriti in un’ altra, e dalla malignità naturale de’ cortigiani interpretati contro del Principe, cagionarono la morte del poeta. […] E chi poteva amare e coltivare una poesia che menava alla morte e all’infamia del supplizio senza delitto178? […] Il veleno è un antidoto, ma dà la morte, se si adoperi fuor di tempo, o se la dose ecceda il bisogno. […] E come trovarne dalla morte di Teodosio I sino allo stabilimento de’ Longobardi in Italia, periodo il più deplorabile per l’umanità a cagione del concorso di tante calamità, cioè di guerre, d’incendii, di fame, di peste che all’inondazione di tanti barbari desolarono l’intera Europa?
A questa tenner dietro Gli Esposti, ovvero Sior Giacometto va con uno, torna con dò, e resta con tre, il Medico e la Morte e poche altre con cui egli finì la stagione di Carnevale fortunatissima. […] Ma la morte lo colse anzi tempo, e quel povero teatro, in cui il Duse aveva militato decorosamente e trionfalmente ventotto anni, sul cui frontone si leggeva : Al popolo Padovano consacrava Luigi Duse riconoscente, oggi, (perchè ?)
Venuto a morte in Compagnia Fabbrichesi il celebre Giovanni Bettini, andò il Lombardi a sostituirlo ; e sì bene uscì dal cimento, che partito il Belli-Blanes, egli ne sostenne le migliori parti di amoroso, passando di trionfo in trionfo.
— La Cortesia di Leone, e di Ruggiero con la morte di Rodomonte. […] — L'Ariodante tradito, e morte di Polinesso da Rinaldo Paladino. […] Con quattordici ottave botta, e risposta, sopra la morte di Zerbino. […] — Oratione in morte della divina Signora Vincenza Armani — comica eccellentissima.
Lo rimpiangerai…. ma io già non credo che tu voglia davvero voltargli le spalle : sospetto bensì che tu tiri il roccolo per farti esibir maggior paga da X e poi dire con tuono flebile a Domeniconi : Papà mio, mi piange il cuore, ma vedi, mi offrono 500 di più ; io sono pover’uomo, crescimi tu i 500 ed io resto con te fino alla morte.
Il repertorio dunque della Compagnia fu a iniziativa sua de' più varj, sapendo egli con buon discernimento alternar le commedie, coi citati drammi, e colle tragedie : e di tal discernimento accoppiato a una operosità senza pari, egli potè godersi i frutti nella vecchiaja. « Vive il Lapy tuttavia (1782) – scrive il Bartoli – in buona prosperità, ed ha la consolazione di vedere la sua famiglia incamminata ad un auge, per cui anche dopo la di lui morte rimarrà al mondo una degnissima ricordanza degli onorati meriti suoi. » In una lettera che si conserva autografa nella biblioteca di Verona, e che trovasi pubblicata nel catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca stessa, il Lapy dà ragguaglio da Venezia il 22 ottobre del 1770 a Domenico Rosa-Morando del successo ottenuto colla sua tragedia La Andromaca, già replicatasi quattro sere, e reclama aggiunte e modificazioni per le nuove repliche da farsi quando la quantità delle genti che presentemente sono in Villeggiatura si saranno restituite in Venezia.
Ecco l’azione della Serafina, in cui si vede un misto di dissolutezza e religione-floristan un tempo drudo di Serafina cortigiana si marita a Orfea onesta giovanetta; rivede l’amica; si risvegliano gli affetti antichi; Serafina lo rimprovera, e chiede la morte della moglie; egli promette di ammazzarla fra un’ora, e la cortigiana si dispone ad attenderne l’esito, dicendo Vejam aço que fareu. […] Tra le commedie di Giovanni de la Cueva, impresse nel 1588, trovansi quattro tragedie, i Sette Infanti di Lara, la Morte d’Ajace, la Morte di Virginia e Appio Claudio, e ’l Principe Tiranno.
Donne tali schiave, abjette ed infami si prostituiscono ai nobili Giapponesi, i quali le sprezzano é le incensano, le arricchiscono vive, e soffrono che appena morte vengano strascinate per le vie con una fune al collo, e lasciate insepolte in preda ai cania. […] Si annuncia ad un personaggio la notizia di essere stato condannato a morte?
ch’io t’ami; Io t’amo, e se per altro Non t’è caro il mio amor, caro ti sia Perchè il mio amor sarà la morte mia. […] I due segni d’oro mandati da Filli ridotta all’estremo al suo Tirsi infedele, perturbano sommamente l’azione, che viene nobilitata nel V atto col pericolo della vita di Tirsi, il quale avendo gettati via que’ cerchi dov’era l’immagine del Sultano, per una legge è divenuto reo di morte.
Commuove certamente l’angustia cui vedesi ridotto un padre di famiglia che esce in piazza a rubare per sostentare i suoi, ed è condannato alla morte. […] Nel Padre di famiglia del primo, nell’Eugenia del secondo, nel Figliuol prodigo del Voltaire non si vedono moribondi per mancanza di pane, testamenti, sentenze di morte, esecuzioni di disertori, non un padre che si getta a rubare sulla pubblica via vicino ad essere impiccato.
Ella così conchiude: Per me non v’è conforto, Per te non v’è tormento, Che qual tu pur ti se’ perfido e crudo, E’ forza, oimè, ch’io t’ami; Io t’amo, e se per altro Non t’è caro il mio amor, caro ti sia Perchè il mio amor sarà la morte mia. […] I due segni d’oro mandati da Filli ridotta all’estremo al suo Tirsi infedele, perturbano sommamente l’azione, che viene nobilitata nel V atto col pericolo della vita di Tirsi, il quale avendo gettati via que’ cerchi, ov’era l’immagine del Sultano, per una legge è divenuto reo di morte.
Otello, Papà Lebonnard, Mia moglie non ha chic – Shylock, Morte Civile, Distrazioni del signor Antenore – Amleto, Bisbetica domata, Barbiere di Gheldria – Dramma nuovo, Burbero benefico, Tre mogli per un marito – Luigi XI, Kean, Michele Perrin – Nerone, Gerla di Papà Martin, la Zia di Carlo…. […] E quando dopo tanti anni di buon umore, l’artista si presentò al pubblico, dicendogli bruscamente : « domani a sera venite a piangere : — Morte civile !
Nello studio del Byrn non è alcun cenno che riguardi la pensione e la morte della Bastona : solo vi si trova un cenno della pensione del marito, Gerolamo Focher, nel 1763 circa, quando, cioè, la moglie, secondo il Bartoli, era già morta.
Francesco Ciotti vive oggi a Pistoia, dove di quando in quando mostra ancor l’arte sua forte e gentile a quei filodrammatici ; e d’onde si recò a Firenze il ’93 nella ricorrenza del 1° centenario dalla morte di C.
Gran parte vi ha l’Eco, il quale comincia a farsi sentire in un lungo monologo di Pantalone al primo atto, tutto a bisticci : La sorte s’urta, e fa che morte m’urta se vago vuogo, e se sto fermo formo affanni, e fanno che me liga e laga la fina funa, che me strinze e stronza e moro, e miro se con passi posso far scherno e scorno, a chi mi tira in tara le parche porche se le fila il filo della mia vita, vota d’ogni degni contenti……… e via di seguito per trentacinque versi, dopo i quali comincia una comica lotta di parole con l’Eco, che torna poi in scena, per dir così, con Titiro al secondo atto, e con Montano, poi con Graziano e Bergamino, e con Fiammella e Ardelia, al quarto.
Brava per bestemmiare, non la cedeva a un vetturino napoletano ; ardita nelle risse, pareva un granatiere infuriato che minacciasse rovine e morte, ma se trovava una faccia dura, che agli urli suoi non si sgomentasse, quella Tigre diveniva una pecora che si cacciava tra le gambe la coda, e cedeva vergognosamente il campo della battaglia.
Del resto, Antonio Vitalba, che uscì vittorioso dall’intrigo, fino a burlarsi di Goldoni, pranzando e cenando colla Passalacqua, proprio dopo ch'ella aveva giurato di averlo lasciato per sempre, era ammogliato ; e il Loehner riferisce dai registri di San Samuele l’atto di morte della moglie Costanza in età di circa 35 anni, avvenuta il 17 ottobre 1736, cioè quasi un anno dopo l’intrigo.
Tre anni prima della morte dell’autore seguita nel 1590 fu rappresentata due altre volte nelle nozze di Girolamo Sanseverino San Vitale con Benedetta Pio, e di Marco Pio fratello di Benedetta con Clelia Farnese. […] Il silenzio di Silvia giustifica le illazioni di Dafne, ed il racconto della morte dell’amante inspira nella ninfa impietosita il desiderio di accompagnarlo. […] Ode poi Silvano che questo suo amico favorisce in di lui pregiudizio Dameta presso Laurinia, e credendolo traditore ne ordina la morte ad un servo, il quale finge di averlo ucciso. […] Accolta benignamente in Francia dal re, e dalla regina, e da’ più qualificati cortigiani, morì di un aborto in Lione nel 1604 d’anni 42, e colla di lei morte decadde in Francia la compagnia de’ Gelosi.
Tre anni prima della morte dell’autore seguita nel 1590 fu rappresentata due altre volte nelle nozze di Girolamo Sanseverino San Vitale con Benedetta Pio, e di Marco Pio fratello di Benedetta con Clelia Farnese. […] Il silenzio di Silvia giustifica le illazioni di Dafne, ed il racconto della morte dell’amante inspira nella ninfa impietosita il desiderio di accompagnarlo. […] Ode poi Silvano che questo suo amico favorisce in di lui pregiudizio Dameta presso Laurinia, e credendolo traditore ne ordina la morte ad un servo il quale finge d’averlo ucciso. […] Accolta benignamente in Francia dal re e dalla regina e da’ più qualificati corregiani, morì di un aborto in Lione nel 1604 d’anni 42, e colla di lei morte decadde in Francia la compagnia de’ Gelosi.
Capo della Compagnia comica che andò in Francia nel 1600, e fu acclamatissima dal Re e sua famiglia e da tutta la Corte, restò oltr’Alpi fino alla morte della moglie ; dopo questo triste caso, che lo privava di una consorte bella e fedele e di una inarrivabile compagna nel giuoco scenico, abbandonò il teatro e si ridusse a Venezia. […] Come l’Andreini restasse addolorato per la morte d’Isabella, sappiamo dalle varie prefazioni alle opere sue. […] Fugga ogn’ vn dunque sua infelice sorte, che a centinara il giorno io do la morte. […] Con quattor deci ottaue botta, e rispo – sta, sopra la Morte di Zerbino – Poste in luce per Antonio Merula Siciliano(Bologna, Per il Benacci s. […] Degno di maggior nota è il Capitan Frangimonte, nella « Regina Statista d’Inghilterra, et il Conte di Esex, Vita, successi, e morte, di Nicolò Biancolelli (V.) » annunziato nella scena sesta dell’atto primo col nome di Capitan Scarabombar done.
Madama Christiana di Francia, principessa di Piemonte. » (Cristiana, o Cristina di Francia, Madama Reale, seconda figlia di Enrico IV e di Maria de’ Medici, sorella di Luigi XIII, nata al Louvre il 10 febbraio 1606, maritata a 13 anni nel 1619 a Vittorio Amedeo, primo del nome, principe di Piemonte, che diventò duca di Savoia, dopo la morte di suo padre Carlo Emanuele I o il Grande, il 26 luglio 1630). […] Un giorno, caduta la Torre di Piazza, furono atterrati e il Salone e le sottoposte botteghe, restando meravigliosamente in piedi quella sola parte ove sorgeva il palcoscenico, sul quale erano alcuni servi di comici, che, naturalmente, non ebbero alcun danno, mentre la rovina, in altra parte, aveva cagionato la morte di alcuni cittadini.
Non resteranno poco né molto commossi dal terribile e magnifico quadro della morte di Didone, ma ti faranno bensì una lunga diceria sull’anacronismo del poeta, che fece viver ai medesimi tempi Enea e la regina di Cartago. […] Debbo avvertire bensì, che scrivendo io la storia dell’arte e non degli artefici, vana riuscirebbe la speranza di chiunque vi cercasse per entro quelle minute indagini intorno al nome, cognome, patria, nascita e morte degli autori, di tutte quante le opere, ch’essi pubblicarono, delle varie edizioni e tai cose che sogliono essere le più care delizie degli eruditi a nostri tempi. […] Ma la riconoscenza delle anime oneste non deve arrestarsi alle soglie della morte.
Il Poeta, che disegna intenerirci alla morte di un Eroe, lungi dall’occultarcene gl’indizj per sorprenderci, incomincia dall’interessarci per lui, e ne va spargendo qualche dubbio, e la compassione a poco a poco va fermentando, finchè all’evento si scioglie in lagrime. Poteva Rapin osservar ciò in Virgilio nella morte di Pallante: egli c’innamora di lui, ci rende solleciti del suo rischio, ci eccita in fine pietà pel di lui destino. […] All’incontro, in cambio di Rapin, il suo Encomiatore e Confratello può osservare nelle Poesie di Ossian come la morte di Aganateca, che avviene senza, che il Lettore l’attenda, anzi che intenerirci, c’istupidisce, e passiamo, senza compiangerla, ad altri oggetti, che il Poeta ci presenta.
analisi di sue Opere 30. empio in una tragedia é condannato a morte 36. […] Euripide introduce il prologo 54. satireggiato in due commedie da Aristofane 93., saggio e giudizio di sue tragedie 53., infelice sua morte 79. […] Sofocle analisi e giudizio di sue tragedie 38 sua generalità 79. particolarità di sua vecchiezza e morte 50.
Adriano con un suo rescritto condannò alla morte chi si lasciasse castrare, chi l’ordinasse, ed il norcino che l’eseguisse. Pena di morte posevi ancora Costantino d. […] Un filosofo Italiano per amor dell’umanità impiegò le sue meditazioni per salvar dalla morte gli uomini rei or non sarebbe ancor meglio impiegata la voce de’ veri dotti a muovere la potenza e la pietà de’ principi spagnuoli ed italiani per salvar tante vittime innocenti dalla spietata ingordigia che consiglia e perpetua sì barbara ed umiliante mutilazionea ?
La morte gl’impedì di riuscir quanto poteva. […] Egli compose quattro tragedie la Morte di Adamo, il Salomone, il Davide, la Battaglia di Arminio. […] E con un fatto sì comune, come è la morte naturale di un uomo decrepito, è giunto a destare quel terrore tragico, che con impotente sforzo cercano di eccitare i moderni scrittori di favole romanzesche ed atroci.
Vi si figura che alcuni commedianti per mostrare i loro talenti rappresentino nel secondo atto una pastorale, nel terzo una commedia, nel quarto una tragedia della morte di Clorinda, nel quinto una tragicommedia decorata sull’innamoramento di Armida. […] Giovanni Francesco Regnard nato in Parigi nel 1674, secondo Voltaire, morì d’anni cinquantadue; ma l’autore del Calendario degli Spettacoli vuole che sia mancato di vivere nel 1710, e Palissot reca la di lui morte seguita nel 1709. […] Sette anni dopo la morte di Moliere si unirono le due Compagnie Francesi nel Palazzo di Guenègaud, ed il teatro di Borgogna rimase alla sola Compagnia Italiana sino al 1697, quando d’ordine sovrano rimase chiuso.
La morte gl’ impedì di riuscir quanto poteva. […] Egli ne ha composte quattro, la Morte di Adamo, il Salomone, il Davide, la Battaglia di Arminio. […] E con un fatto sì comune, com’ è la morte naturale di un uomo decrepito, è giunto a destare quel terrore tragico, che con impotente sforzo cercano di eccitare i moderni scrittori di favole romanzesche ed atroci.
Ignoti quasi interamente al resto dell’Europa i Moscoviti privi di libertà ed immersi in una profonda ignoranza sostenuta particolarmente da un’ antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio paese sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello ch’era sotto gli occhi loro, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura e il bisogno suggerisce.
Ma il dolore che ha colpito tutti, senza eccezione, i migliori artisti e scrittori d’Italia all’annunzio della tua morte, è il più grande elogio su questo feretro.
Nel '61 gli venne a morte la moglie, e visse di tal perdita addoloratissimo per molti anni, passando poi a seconde nozze con la figlia del noto dottore Scalabrini di Bologna, che sopravvisse al marito, e che vediamo più tardi in Compagnia di Pietro Rosa.
Giove in Terza l’amor par che t’incline De i Sacri ; e col Sestile a Cintia apprende favor donnesco : e Citerea difende di morte ria da subite ruine.
Schlegel che sarebbe stato il Corneille della Germania, se la morte non l’avesse arrestato nel più bello della carriera, il barone di Cronegk che ne sarebbe stato il Racine, ma che cessò di vivere nell’anno suo ventesimosesto253, il robusto signor Weiss autore di Giulia e Romeo 254, e i signori de Brave, Krüger255, Gaertner, Bodmer, Wieland, e ’l valoroso maggiore Kleist morto in guerra nel 1758 in servizio di S. […] Nella Danimarca fiorisce il famoso ministro Klopstock, il quale vi ha pubblicato due buone tragedie applaudite anche fuori della Germania, il Salomone, e la Morte di Adamo 258. […] L’autor filosofo, retrocedendo fino ai tempi primitivi, ha conseguito di afferrare i veri pensamenti che doveano occupar il primo uomo nella sua prossima dissoluzione; e con un fatto sì comune, com’é la morte naturale di un uomo decrepito, é pervenuto a cagionar quel terror tragico, che in vano tentano di svegliare tante favole romanzesche, tanti delitti atroci spiegati con tutta la pompa nelle odierne tragedie cittadinesche inglesi e francesi. […] Le passioni della contessa sono bene espresse; ma sembra che avrebbe dovuta esser meglio apparecchiata e colorita la richiesta del moro che pretende da una madre per prova d’amore la morte del di lei figliuolo. […] Intorno alla Morte di Adamo e al Salomone di Klopstock leggasi le Journal étranger nel volume di maggio 1761 e la Gazzette littéraire de l’Europe tom.
Tale disordine diviene anche maggiore nella Dalida del Groto, ove favellano la Morte e la Gelosia. […] Nel Torrismondo, per cagion d’esempio, la peripezia deriva dal messo che sopraggiunge di nuovo a recar novella della morte inaspettata del re di Norvegia; nella Semiramide del Manfredi nasce dalla novella della morte d’Anaserne seguita accidentalmente. […] Può servire per saggio la morte della reina Giocasta, che appresso il greco poeta s’appicca ad un laccio ed appresso il latino s’uccide col ferro. […] Cet ennemi sans moi ne verrait pas le jour: S’il meurt ne faut-il pas, que je meure à mon tour61? […] La morte preverrammi da qualunque l’ottenga.
Maddalena entra « di cilicio vestita, a piè nudo, scapigliata, cinta di nodosa e grossa fune, nella sinistra mano una testa di morte portando ; » lamenta la vita disordinata, invoca i martirj tutti della Passione di Gesù, e finalmente, affranta dal dolore, si sviene. […] lassa me, tutto riede di stagione in stagion, fuor che la Vita, ch’altro non è ch’una caduca fronda, che’ n l’autunno di Morte scossa dal ramo suo, più non rinverde. Al tremoto di Morte ch’edificio mortal ritto se n’stia, non v’ è ch’ abbia tal sorte : chi ’l crede è frenesia. […] (Quando Marta sarà vicina all’entrare, addietro ritornerà piangendo e così dicendo) : Guarditi, Maddalena, guarditi il Ciel da l’orivol fatale, che per sabbia di Morte un’ora sol di suo languor t’apporte : non finirà giammai, poichè laggiù ne’ sotterranei affanni, i momenti son anni : e gli anni dell’ inferno son lustri in sempiterno.
mi Cardinali mont’Alto, e monti doue sono stato e sono hora in Firenze, essendosi per la morte del Cognato partito per Roma lo Ill. […] Si tratta di una supplica diretta dal Cecchini a Don Giovanni Fernandez de Velasco, Contestabile di Castiglia, Governatore di Milano, colla quale egli mira a ottenere un salvacondotto per recarsi da Torino a Milano a esercitar con sicurezza l’arte sua ; dacchè si trova a esser bandito in contumatia dalla città di Turino per la morte di un Carlo De Vecchi, anch’ esso comico. […] Le cagioni della morte del De Vecchi sono chiaramente spiegate, nella dedicatoria al Marchese Ottavio di Scandiano delle Lettere facete e morali, in cui egli dice : Un’ altra cagione (pur di momento) mi ha persuaso a raccomandarli questo puoco Volume, et è stato lo raccordarmi, ch’ io stesso fui caramente raccomandato alla protettione dell’ Illustrissima Sua Casa nel tempo, che riscaldandomi gli ardori della gioventù, mi rendevano tal’ hora bisognoso di un saluo ricouero per fuggir non so s’io debba dir lo sdegno, o pur il costume della Giustitia, la quale con il mezo dell’autorità, et bontà della felice memoria dell’ Illustrissimo Sig. […] A venti anni di distanza, quando l’Arlecchino Martinelli potè ottenere dal Duca di Mantova il diritto di far stare a dovere Frittellino, comandandogli come a soggetto, il fratello di lei, per nome Nicola, buona schiuma, amico, dice il Martinelli, sol di ladri e gente cattive, prese le difese del cognato, minacciando di morte tutti coloro che aveangli fatto dispiacere.
Col ballo s’intimavano le guerre, si placavano gli dei, si celebrava la nascita di un fanciullo, e la morte di un amico. […] Alcuni di loro sogliono farsi lecito di rappresentare certe feste teatrali e specialmente una tragedia della morte del l’ultimo inca Atahualpa accusato dal l’americano Filippetto divenuto cristiano, e condannato con formalità giudiciarie de Pizarro.
Col ballo s’intimavano le guerre, si placavano gli dei, si celebrava la nascita di un fanciullo e la morte di un amico. […] Alcuni di loro sogliono farsi lecito di rappresentare certe feste teatrali, e spezialmente una tragedia della morte dell’ultimo Inca Atabualpa accusato dall’Americano Filippetto divenuto Cristiano, e condannato con formalità giuridiche da Pizarro.
Sinone racconta a Calcante e a Pirro, sortiti dal cavallo, come l’arti sue riuscirono quasi a vuoto per la opposizione di Enea; mostrando quanto sia necessario, innanzi ad ogni altra cosa, spegner costui, come il più forte guerriero che, dopo la morte di Ettore, vanti Troia.
Francesco Andreini pistojese marito della celebre attrice Isabella Andreini, ed attore anch’egli che rappresentava da innamorato, e dopo la morte della moglie da tagliacamtone col nome di Capitano Spavento da Vallinferna, volle ancora distinguersi come autore scrivendo più dialoghi, farse e commedie ove acciabattò quanto aveva in iscena recitato come attore, cioè le rodomontate.
Ignoti quasi interamente al resto dell’Europa i Moscoviti privi di libertà, immersi in una profonda ignoranza sostenuta da un’ antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio perse sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello che era sotto i loro occhi, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura ed il bisogno sugerisce.
Se cerchi con mia morte farti gloria, t’inganni.
Della morte di lui, avvenuta il 21 aprile 1875, fu desolata e se ne mostrava ognora inconsolabile…. e quando io le domandai come potè lasciar l’arte nel colmo della gloria, e nel fior della giovinezza, senz’ ombra di rimpianto, ella infiammandosi e piangendo sclamò : « Non mi lasciò il tempo a’rimpianti !
Toltosi dalla società il Tessari, colpito d’apoplessia il Visetti, l’impresa venne assunta da Prepiani, Monti e Alberti, assumendo il nostro artista per la prima volta il ruolo di primo attore assoluto, che sostenne con clamorosi successi fino al '49, nel quale anno fu colto da alienazione mentale, che lo condusse in breve tempo a morte.
Ermete Novelli, uno dei pochi, il solo forse, veramente capace d’intendere quella recitazione tutta impulsi, senza un fil di meccanica, dettò nel Fanfulla domenicale del 31 gennaio '92, poco dopo la morte di lei, un articolo ricco di commovente entusiasmo, da cui mi piace, per chiuder degnamente questo mio, stralciare un brano, che si riferisce a una recita di Fernanda al Margherita di Genova per la famiglia di Carlo D'Antoni.
Vi si figura che alcuni commedianti per mostrare i loro talenti rappresentino nel secondo atto una pastorale, nel terzo una commedia, nel quarto una tragedia de la morte di Clorinda, nel quinto una tragicommedia decorata sull’innamoramento di Armida. […] Giovanni Francesco Regnard nato in Parigi nel 1674, secondo Voltaire, mori di anni cinquantadue, ma l’autore del Calendario degli spettacoli vuole che sia mancato di vivere nel 1710, e Palissot reca la di lui morte seguita nel 1709. […] Sette anni dopo la morte di Moliere si unirono le due compagnie Francesi nel Palazzo di Guenègaud, ed il teatro di Borgogna rimase alla sola Compagnia Italiana sino al 1697, quando d’ordine sovrano rimase chiuso.
, come si apprende dalla canzone : Infermità, Testamento e Morte di Francesco Gabbrielli detto Scapino, di cui la seconda strofe suona così : [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img011.jpg] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img012.jpg] (Avec privilège de l’Impression de Mariette, rue St. Jacques à l’Espérance) Inconsolabil piange Spinetta sua consorte, E ’l dolor, che ne sente è più che morte. […] E venuto al testamento, egli proruppe e disse : Spinetta mia consorte, Diana figlia cara, Sa il Ciel se per voi m’è la morte amara, Hor nell’ ultimo addio, Hor nell’ultimo addio, Ambo heredi vi fo di tutto il mio, Di tutto il mio.
In quel fiero e nobile «Qu’il mourut» del vecchio Orazio sfolgoreggia una sublimità incomparabile. […] Mourons. […] Ma sette anni dopo la morte di Molière, essendosi unite le due compagnie francesi nel Palazzo di Guénégaud, il Teatro di Borgogna restò interamente alla compagnia italiana fino all’anno 1697, quando il re comandò che si serrasse. […] Il palazzo del Sole, la regia di Plutone, divinità, furie, silfi, fate, incantatori, trasformazioni, apparenze, edifici alzati e distrutti in un instante, anelli che rendono invisibili le persone, che pur si veggono dallo spettatore, pugnali che vibrati nel seno altrui, danno la morte a chi li vibra, uomini prodigiosi dalla barba turchina ec. sono le ricchezze del teatro lirico francese.
Andres57, chiamarsi regolare, se la regolarità dipenda dal giusto riguardo per le regole suggerite dalla verisimiglianza, uno essendone il principal personaggio, uno l’ interesse che in lui si rincentra, una l’azione ch’è la morte di Catone, la quale avviene nel dì che spira la Romana libertà all’entrare in Utica i Cesariani. […] Dopo la languidezza del IV già riferita un improviso nuovo vigore misto di eroico e di compassionevole chiama tutta l’attenzione dal punto che si enuncia la morte di Marco. […] Il traditore le narra la morte di Fingal. […] Giungono i Bardi e cantano la vittoria di Fingal; ma il loro canto è interrotto dall’avviso della morte di Comala. Fingal si dispera; Hidallàn confessa il suo tradimento che ne ha cagionata la morte; Fingal lo discaccia; i Bardi cantano le lodi di Comala.
Il Cavalier Marino dettò per la sua morte il seguente sonetto, riferito anche da Fr. […] La morte sola può vietar al pensiero, che non pensi a quello, ch’egli vuol pensare : infelice mia sorte, poichè mentre ch’ io penso di pensar ad ogn’altra cosa, che all’avervi amato impensatamente, pensato mi vien di voi ; e di voi pensando, convien per forza ch’io pensi d’avervi amato ; il che più mi dispiace e più m’addolora che s’io pensassi alla morte, pensando insieme di dover allora morire. […] S’esser cruda per me deuesse, ed empia L’innessorabil Parca Col leuarmi dai viui Ben ella in ciò saria veloce, e presta Come fù alhor, che tè da noi diuise ; Ma perch’ella conosce, Ch’essendomi crudel fora pietosa, Perdona al viuer mio, Quando l’alma dolente altro non brama, Che trar gli infausti giorni Per l’occaso di morte al fin de gli anni. […] Felicità de gli infelici, Morte, Morte deh prego trammi Là vè sotto sembiante Di morte è vita vera.
, 25), per la morte di Romagnesi, suo marito.
Da una nota del figliuolo Giovanni sappiamo che mantenne per oltre dieci anni e fino alla morte di lei (’35 o ’36) una povera vecchierella per nome Annina, che le era stata raccomandata da persona di sua famiglia.
Su che si basano le notizie romanzesche del Marmontel su la nascita e la morte del Tabarino del Ponte Nuovo ?
E gli alberi dell’Esperidi, onde poma d’oro pendevano, e gli eterni zeffiri che leggiermente scherzavano tra le fiondi dei mirti nelle campagne di Cipro, e i rivi di latte e miele che scorrevano nelle Isole fortunate, e i dilettosi boschetti d’Adoni nell’Arabia, e gli orti d’Alcinoo, e i tempi di Tessaglia, e i giardini d’Armida, e il voluttuoso cinto di Venere, e l’immortali donzelle che il sagace Maometto destinò ai piaceri de’ suoi fedeli musulmani dopo la morte loro, non altronde ebbero principio se non se dai voli dell’inquieta imaginazione avvivata dal desiderio di godere di tutte le delizie possibili. […] Tutto ivi respirava la destruzione e la morte. […] Siffatte idee trasparivano eziandio nella loro mitologia ripiena di geni malefici, i quali uscivano dal grembo stesso della morte per far danno ai viventi.
Scorgesi il giudizio del Mairet nelle alterazioni fatte alla storia di quella regina, facendo morir Siface in battaglia, per evitar che si vedesse Sofonisba con due mariti vivi, ed aggiungendo, per destar compassione, alla morte di Sofonisba quella di Massinissa, che secondo la storia visse sino all’estrema vecchiezza. […] Si crede che appartenga a questo secolo la Morte di Solone, tragedia di cui s’ignora l’autore non mentovata dagli scrittori drammatici di quel tempo, e non rappresentata mai nè in francese nè in italiano. […] A un tratto poi nel quarto si enuncia la morte di Pisistrato, di cui non cercano di accertarsi nè gli amici nè i nemici; così che poco dopo Solone avvisa che Pisistrato combatte ancora, e la libertà soccombe; anzi Pisistrato stesso viene fuori, altro male non avendo che un braccio fasciato.
La seconda tragedia più interessante si aggira sulla partenza di Enea e la morte di Didone.
Job Anna, nata il 16 maggio del 1805 a Napoli dagli artisti Serafino Fonti e Matilde Ragazzini, romani, entrò giovanissima, dopo la morte del padre, in Compagnia di Francesco Taddei.
O rara contro Morte, alta ventura, O virtù, che in te sol l’anima accende Perch'ella viva d’immortale arsura.
Per altra parte quanta erudizione sacra, nobiltà di dire, interesse tragico ed unzione negl’ inimitabili Oratorj, Betulia, Gioas, Giuseppe, la Morte d’Abel, la Passione di Gesù Cristo! […] Tito si vale delle parole del Gran Teodosio quando abolì la legge che dichiarava rei di morte quelli che profferivano parole ingiuriose contro del Principe72. […] Emilia innamorata di Cinna intraprende lo sconvolgimento dello stato contro al suo benefattore, per vendicar la morte di un padre; nel che si scorge cert’aria di romanzo, perchè l’ affetto filiale narrato non iscuote tanto lo spettatore quanto i benefizj presenti di Augusto, e la di lei passione per Cinna esposta agli sguardi. […] Tito più non ignora che Sesto è un traditore, e che il Senato l’ha convinto e condannato alla morte; ma vuol parlargli, e quando Sesto si appressa, si sforza di mostrar nel volto la rigorosa maestà offesa.
ORATIONE D’ADRIANO VALERINI VERONESE, In morte della Divina Signora Vincenza Armani, Comica Eccellentissima. […] E per giunta poi : « …. avea bellissime…. virtuose mani, le cui dita coronavano gemme orientali, dalle quali usciva tanto splendore, che quanti gesti delle mani accompagnavan le parole, tanti parevan lampi che balenasse il cielo. » E dopo tante altre e più vive e artifiziose parole, passa alla descrizione della morte, alla quale si lascia andare con l’anima fortemente, sinceramente, per quanto iperbolicamente, addolorata.
Che se Florinda tua su ricche piume innalzi al Cielo, insieme anch’ io v’ ascendo, cui porge la sua morte aura vivace. […] Si assaltò perfino di notte da un servo dipendente da Fritellino il figliuolo del Ricci, perchè odiato a morte dalla Cecchini. […] Partita per accidente di morte la stessa S.
Fu sacra rappresentazione la Tragedia del Laudivio della morte del Piccinino?
Alcuni di loro sogliono permettersi di rappresentare certe feste teatrali, e spezialmente una tragedia della morte dell’ultimo Inca Atabalipa, accusato dall’indiano Filipetto divenuto cristiano, e condannato con formalità giuridiche da Pizarro.
La seconda tragedia più interessante si aggira sulla partenza di Enea e la morte di Didone.
Di quest’Accademia che durò per anni 27 sino alla morte del lodato Principe accaduta nel 1630, veggasi Jani Planci Lynceorum Notitia premessa alla nuova edizione del Fitobasano di Fabrizio Colonna fatta in Firenze nel 1744 presso il Viviani.
Noi mortali non abbiamo altra felicità che il fare all’amore sino alla morte.
Restò con Moro-Lin fino a che (giugno dell’ '83) per la morte della celebrata attrice Marianna Moro-Lin, la Compagnia si sciolse, e ne formò subito una egli stesso in società con Borisi diretta da Giacinto Gallina, e amministrata dal fratello Enrico, della quale eran bell’ornamento, oltre che Zago e Borisi, la Zanon-Paladini, la Fabbri-Gallina, la Foscari ; e la quale esordì con clamoroso successo il 2 settembre a Feltre, e andò trionfalmente fino al febbrajo dell’ '87 ; in cui, nella sera di congedo, dopo gran numero di chiamate alla Compagnia, egli dovette andar solo a ricever le acclamazioni della folla al colmo dell’entusiasmo.
La morte sua fu un compianto per tutta l’arte : il modo di essa fu un compianto e un mistero inesplicabile per tutta Italia.
Nè questa le impedì d’essere figlia amorosissima, perchè non volle mai separarsi dalla sua genitrice ; e quando la morte glie la tolse, le fece innalzare nel Campo Santo di Torino un monumento che racchiuse, dopo varj anni, anche le di lei spoglie mortali.
[17] Il lavorar una canzone a ballo in occasione di tale e sì profonda tristezza qual è quella che dee opprimere un amante per la morte dell’oggetto che ama, è ugualmente contrario alla imitazion naturale di quello che sarebbe in un pittore il dipigner agghiacciati i fiumi posti sotto la linea equinoziale, o un bosco di cannella nel Settentrione. […] «Io piangeva (disse avanzandosi il cantore di Tracia in mezzo all’udienza) sulle cime dell’Appenino la morte immatura della mia Euridice. […] Ma posto ancora che Guido nascesse poco tempo dopo la morte d’Alfarabi, cosa ha avanzato perciò il Signor Abbate Andres circa la sua pretesa arabica origine della musica europea? […] Io vado a sedere sovra un seggio elevato, e ber la cervogia gioiosamente con le Dee della morte. […] La morte del serpente Pitone, e l’imitazion dei fischi del mostro moribondo.
Stolto o maligno si dimostra ancora il consiglio di Persia che lo condanna a morte senza sospettar d’Artabano, il quale per tanti indizi risulta reo della morte di Serse al pari di Dario. […] Non regolandosi il giudizio delle tragedie di Voltaire pel loro evento prospero o sinistro avuto in teatro, il quale rare volte dipende dal vero merito de’ componimenti, e spesso da’ maneggi de’ fautori e degli’ avversari del poeta, possono caratterizzarsi per buone, ad onta di qualche neo, l’Edipo, l’Oreste, la Merope, l’Orfano Cinese, e la Semiramide, e per eccellenti l’Alzira, Maometto, la Zaira, il Fanatismo, il Bruto, l’Olimpia, la Morte di Cesare. […] Dal medesimo inglese trasse la Morte di Cesare, che il nostro abate Antonio Conti avea pur maneggiata spogliandola de’ difetti dell’originale, ma seguendo la storia dipinse per modo i caratteri di Cesare e Marco Bruto che l’interesse resta diviso fra i due.
Meritano anche attenzione varii versi dell’Ippolito, e più quelli del racconto della di lui morte, de’ quali Racine non isdegnò di approfittarsi ed inserirli nella Fedra.
Meritano anche attenzione varj versi dell’Ippolito, e più quelli del racconto della di lui morte, de’ quali Racine non isdegnò di approfittarsi e d’inserirli nella Fedra.
Tardi, è ver; la morte Terminerà il mio male. […] L’azione consiste nella morte di Manolo ferito da Mezzodente di lui rivale, cui tutti gli altri personaggi fanno compagnia buttandosi in terra e dicendo che muojono, ma subito l’istesso feritore ordina che si alzino, ed essi insieme col trafitto Manolillo obedendo risuscitano belli e ridenti. […] Di ciò sono io stato più volte testimonio; ma sento che egli ha continuato sino alla morte nel medesimo gusto.
Gio: Tardi, è ver; la morte Terminerà il mio male. […] L’azione consiste nella morte di Manolo ferito da Mediodiente di lui rivale cui tutti gli altri personaggi fanno compagnia, buttandosi in terra e dicendo che muojono, ma subito l’istesso feritore ordina che si alzino, ed essi risuscitano insieme col trafitto Manolillo belli e ridenti.
Francesco Maja Materdonna in altro sonetto scritto per la rappresentazione d’una tragedia : Pon giù quel ferro ; invan vittoria attendi da rozzo e vile acciar ; se vincer vuoi, con un guardo gentil vincer tu puoi l’oste infedele, a cui dar morte intendi, anzi fingi, qualor su i palchi prendi il ferro per ferir : ma qualor poi rivolgi agli altrui lumi i lumi tuoi, sempre fai vere piaghe, e sempre offendi. Anzi se dèssi mai morte verace per vera ira, e furor col ferro ancora, quella vendetta a te sarìa fallace.
E come trovarne dalla morte di Teodosio I fino allo stabilimento de’ longobardi in Italia, periodo il più deplorabile per l’umanità per lo concorso di tante calamità, di guerre, incendi, fame e peste, che desolarono l’Europa colla venuta di tanti barbari?
Di quest’accademia, che durò per anni 27 fino alla morte del prelodato principe Cesi accaduta nei 1630, veggasi Jani Planci Lynceorum Notita, premessa alla nuova edizione del Fitobasano di Fabio Colonna, fatta in Firenze nel 1744 presso il Viviani.
E ciò che per me si dipinge, e con atti, movenze, congerature con panni ignudi in maestà, in profilo, in iscorcio, adombrati e coloriti con riflessi, con ombre morte ; e se di dieci mila figure le più belle parti scegliessi, quelle so benissimo accompagnare ; il che in pochi si ritrova : e di poi colorire di azzurro, di giallo, di perso, di vermiglio, e più e meno, come richiede lo effetto della figura.
Fu infine, per due anni, nella seconda del Domeniconi, condotta da Gaetano Coltellini, e diretta da Antonio Colomberti, in qualità di Prima attrice tragica, e Madre nobile, dalla quale passò a Firenze, ove stette, fuor dell’arte, sino alla morte, che avvenne per idropisia l’8 novembre del 1854.
A qualche rigido oltramontano potrà parere che ’l titolo stesso manifesti non esser una l’azione; che gli eventi si annunziano con una uniformità che può ristuccare; che nella morte d’Astianatte il dolor di Andromaca fa perder di vista quello di Ecuba personaggio principale. […] Degne di mentovarsi sono ancora la Morte d’Alessandro e l’Arsinoe del sig. […] Vedasi come bene appropria a Tito l’auree parole del gran Teodosio quando quelli abolì una legge antica che dichiarava rei di morte quelli che profferivano parole ingiuriose contro il principe216. […] Augusto é clemente la prima volta stanco dalle famose proscrizioni, e la clemenza é la nota caratteristica della vita di Tito, delizia del genere umano; caratteri, come ognun vede, ch’esigono un colorito differente Emilia innamorata di Cinna intraprende lo sconvolgimento dello stato contro a un benefattor suo per vendicar la morte d’un padre; nel che si trova qualche aria di romanzo, perché l’affetto filiale narrato non scuote tanto lo spettatore, quanto i benefici attuali di Augusto, e la di lei passione per Cinna esposta agli sguardi.
Dee parimente chiamarsi regolare, se la regolarità dipenda dal giusto riguardo per le regole sugerite dalla verisimiglianza, uno essendone il principal personaggio, uno l’interesse che in lui si rincentra, una l’azione che è la morte di Catone, la quale avviene nel dì che spira la romana libertà all’entrare in Utica i Cesariani. […] Dopo la languidezza del IV atto già riferita un improvviso nuovo vigore misto di eroico e di compassionevole chiama tutta l’attenzione dal punto che si enuncia la morte di Marco. […] Giungono i Bardi, e cantano la vittoria di Fingal; ma il loro canto è interrotto dall’avviso della morte di Comala. Fingal si dispera; Hidallan confessa il suo tradimento che ne ha cagionata la morte; Fingal lo discaccia; i Bardi cantano le lodi di Comala.
Ferri, bende, bipenni, ritorte, Pallid’ombre compagne di morte, Già vi guardo, ma senza terror.» […] Fiamme, catene, e morte Ne minaciò feroce Alla terribil voce Betulia impallidì. […] Andromaca piangente ancora sulla morte di Ettore. […] Niegar la morte A chi vive morendo. […] Impedirmi la morte,… Megac.
Sempronio Tuditano (cinquantadue anni in circa dopo la morte di Menandro) cominciò a fiorire secondo i Fasti Capitolini Livio Andronico. […] Egli sopravvisse al 546, ma s’ignora l’anno della sua morte. […] Nevio avea militato nella prima guerra Punica, per quel che da lui stesso ricavò Varrone44, e la di lui morte avvenne nel consolato di Publio Sempronio Tuditano e di Marco Cornelio Cetego, cioè l’anno di Roma 549, benchè Varrone stesso citato da Tullio ne allunghi ancor più la vita. […] Claudio l’anno 569, quindici anni prima della morte di Ennio, mostra in diversi tratti vigorosi sparsi nelle sue commedie che era dotato d’ingegno al pari di Aristofane, ma non passò oltre i confini di una prudente moderazione. […] E’ noto l’epitafio che Plauto compose a se stesso, in cui dimostra la perdita che nella sua morte era per fare la commedia: Postquam est morte captus Plautus, Comoedia luget, Scena est deserta.
La Zia Mona mia mare, scarsella mai me diede, Zan Pitocca Batocchio, qual fu el pare, d’un strazzo de Tabar me lassò erede ; ma la mia trista sorte causò dopo la morte gran nascita de debiti, e malanni, si ch’el morir me ravvivò i affanni. […] Faza donca la sorte, ch’altro mai, che de morte no avrò spavento più, no avrò timore, sotto a la protezion del mio Signore.
Il pastore Arcade Panemo Cisseo compose la Morte di Nice del 1754. […] La bellezza di Elfrida incanta il re, il quale ordina che si chiami Adelvolto, cui rimprovera il tradimento ; egli chiedo la morte. […] Ma che grazia è questa che l’esenta dall’esiglio e gli fa correre un pericolo di morte ? Adelvolto condotto via dice fra se (quasi andasse a chiudersi alla Trappa) addio mondo, addio consorte, non respiro che morte. […] Hanno esse nulla che si affà colla morte di Adallano, col dolore di Elvira ?
Due secoli e mezzo sono trascorsi dalla morte di Garcilasso de la Vega alla pubblicazione dell’ultimo Volume del Saggio, nè Spagnuolo veruno si è avvisato di denominare le di lui Poesie altramente di quello che l’Autore le lasciò intitolate manoscritte; ed in cento Edizioni non mai le di lui Ecloghe si chiamarono altro che Ecloghe.
Chiaramente da essa si ravvisa che dentro delle Alpi, dove appresero gli altri popoli a vendicarsi in libertà, e propriamente in Piacenza, in Padova, in Roma, colle rappresentazioni de’ Misteri rinacque l’informe spettacolo scenico sacro: che quivi ancora, e non altrove, nel XIV secolo se ne tentò il risorgimento seguendo la forma degli antichi coll’Ezzelino e coll’Achilleide tragedie del Mussato, e colle commedie della Filologia del Petrarca e del Paolo del Vergerio: che nel XV, il secolo dell’erudizione, continuarono a scriversi tragedie dal Corraro, dal Laudivio, dal Sulpizio, dal Verardo, e commedie dal Bruni, dall’Alberti, dal Pisani e dal Polentone, ed in volgare assicurarono alle italiche contrade il vanto di non essere state da veruno prevenute nel dettar drammi volgari, la Catinia, l’Orfeo, il Gaudio di amore, l’Amicizia, molte traduzioni di Plauto, il Giuseppe, la Panfila, il Timone: finalmente che gl’Italiani nel XIV e XV secolo nel rinnovarsi il piacere della tragedia non si valsero degli argomenti tragici della Grecia, eccetto che nella Progne, ma trassero dalle moderne storie i più terribili fatti nazionali, e dipinsero la morte del Piccinino, le avventure del signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la ferita del re Alfonso, la presa di Granata, l’espugnazione di Cesena.
Chiaramente da essa si ravvisa che dentro delle alpi, dove appresero gli altri popoli a vendicarsi in libertà, e propriamente in Piacenza, in Padova, in Roma, colle rappresentazioni de’ Misteri rinacque l’informe spettacolo scenico sacro: che quivi ancora, e non altrove, nel XIV secolo se ne tentò il risorgimento seguendo la forma degli antichi coll’ Ezzelino e coll’ Achilleide tragedie del Mussato, e colle comedie della Filologia del Petrarca e del Paolo del Vergerio: che nel XV che fu il secolo dell’ erudizione, in latino continuarono a scriversi tragedie dal Corraro, dal Laudivio, dal Sulpizio, dal Verardo, e commedie dal Bruni, dall’Alberti, dal Pisani e dal Polentone; ed in volgare assicurarono alle Italiche contrade il vanto di non essere state da veruno prevenute nel dettar drammi volgari, la Catinia, l’Orfeo, il Gaudio d’amore, l’Amicizia, molte traduzioni di Plauto, il Giuseppe, la Panfila, il Timone: finalmente che gl’ Italiani nel XIV e XV secolo nel rinnovarsi il piacere della tragedia non si valsero degli argomenti tragici della Grecia, eccetto che nella sola Progne, ma dalle moderne storie trassero i più terribili fatti nazionali, e dipinsero la morte del Piccinino, le avventure del Signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la ferita del re Alfonso, la presa di Granata, l’espugnazione di Cesena.
Restò poi colla Compagnia del suocero sino alla sua morte, che accadde in Brescia la primavera del 1780.
V. la morte del povero Giangurgolo, hora le do aviso delle nozze della S.
Ai quali versi fanno riscontro questi altri del 18 ottobre dallo stesso autore pubblicati, quando si seppe che la notizia della morte di Scaramuccia era falsa : Petits et Grands, jeunes et vieux, Dont le tempérament joyeux Aime, presque, autant qu’un Empire, Les Personnages qui font rire, Cessez vos pleurs et vos zoûpirs, Purgez-vous de vos déplaizirs ; Sans prendre Casse, ny Rubarbe, Ne vous arachez plus la barbe, Métez tous vos chagrins à sac, Ne vous plombez plus l’estomac, Au Sort ne faites plus la moüe, N’égratignez plus vôtre joüe, Apaizez vos cris superflus, Ne pestez, ne rognonnez-plus, N’ayez plus le vizage blesme Comme un Bâteleur de Caresme, N’acuzez plus Dame Atropos, Bref, montrez par de gais propos. […] E perchè per l’ amor grande che li portavo li fece in el suo matrimonio donacione dopo la mia morte e li fu venduta la carica sopra la mia donacione e perchè lui si era obligato pagarli 7cento franchi l’anno credendo di esercitare la detta carica, e come questo interesse andava inace (= inanze) senca sodisfare al venditore della carica venduta 14 mila frachi lo fece ritornare per agiustarsi con il venditore e per g[i]ustarlo à bisog[n]ato che io le dia 9mila fra[n]chi che avevo su l’otel de Villa e lui li diede una G[u]erra che ebe chon ingano dal fratello de la moglie per 10 mila franchi che il fratello era erede della terra e perchè la terra aveva molti debiti prestai dechontanti 9mila e sei cento franchi che ò apreso di me l’obligatione per notaro dicendo vendendo la terra mi sarebe pagati, e cosi si è ag[i]ustato il venditore con darli la terra senza mia saputa e nel darli li sudeti prima 9 mila fra[n]chi mi rinviò la caricha a dove io la vedei, la vendei 8mila fra[n]chi e ne perse mile de’ 9 che li diede e avendo il notaro in mano il denaro il furbo me lo sequestrò con dire ch’ è roba sua per averli io fato la deta donacone ed io in colera lo sgridai e venesimo a parole e l’ultima parola mi dise ch’ero un becho e fugi ne la sua camera e se serò e la notte nel Ripo fugi cho le sue robe ed io con il comesario chon testimoni cavai una presa di corpo e lui sapendo ciò se ne parti per Italia. […] A questa del Gherardi fo seguire i versi che il Loret pubblicò nella Muse historique del 23 marzo 1658, a proposito della Rosaura, Imperatrice di Costantinopoli, rappresentata il mercoledì 20 marzo, nella quale anche, a ogni intermezzo, il Fiorilli ballava : ………… Mais entre cent choses exquises, qui causent d’aimables surprises, entre quantité d’accidens, qui fon rire malgré les dents et qui raviroient une souche c’est la table de Scaramouche contenant fruit, viande & pain, et pourtant il y meurt de faim, par des disgraces qui surviennent, et qui de manger le retiennent ; or, comme en tout événement, il grimace admirablement, il fait voir en cette occurence, la naïve et rare excellence de son talent facétieux, et ma foi, divertit des mieux.
Si vogliono collocare tralle ingegnose commedie erudite l’ Impresa d’amore rappresentata sin dal 1600 dagli Accademici Amorosi di Tropea, e le Spezzate durezze di Ottavio Glorizio che s’impressero nel 1605 in Messina, e si reimpressero qualche anno dopo in Venezia: la Trappolaria del Palermitano Luigi Eredia recitata ed impressa in Palermo nel 1602: l’Ancora vaga commedia pubblicata nel 1604 e più volte ristampata in Venezia del cavaliere Napoletano Giulio Cesare Torelli, la cui morte compianse con un sonetto il Marini: il Padre afflitto del Cenzio uscita nel 1606, e il di lui Amico infedele del 1617. […] Adriano con un suo rescritto condannò alla morte chi si lasciasse castrare, chi l’ ordinasse e il norcino che l’eseguisse. Pena di morte posevi ancor Costantino84. […] Un filosofo Italiano per amor dell’umanità impiegò le sue meditazioni per salvar dalla morte gli uomini rei; or non sarebbe ancor meglio impiegata la voce dei dotti a muovere la potenza e la pietà de’ Principi Spagnuoli ed Italiani per salvar tante vittime innocenti dalla spietata ingordigia che consiglia e perpetua sì barbara ed umiliante mutilazione?
In particolare Metastasio fu contestato per il primo finale del Catone in Utica rappresentato a Roma nel 1728 in cui Catone si uccideva in scena; in seguito alle critiche Metastasio modificò l’ultima scena del dramma e la morte di Catone veniva descritta dalla figlia Marza. […] oltremontana reggenza: allude probabilmente a Caterina de’ Medici, moglie di Francesco II, che dopo la morte del marito governò di fatto la Francia, assumendo la reggenza per i figli, negli anni delle guerre di religione.
Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo: che vi si trova uguale ignoranza delle favole Omeriche e de’ tragici antichi: che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia, ignorando che la sacrificata Ifigenia per miracolo di Diana ignoto a’ Greci dimorava nel tempio della Tauride: che la stessa Briseida lo prega ad intenerirsi, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas, colle quali parole par che attribuisca al ferro le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare: che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni (los pajaros parleros sean mudos testigos): che il medesimo dice di avere appreso da Ulisse à despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa non può dire se non con ispirito profetico, perchè Ulisse non si preservò dalle sirene se non dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja: che anche profeticamente l’istesso Achille indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma niuno gliel’ ha detto: che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo: in fine che l’autore dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’ annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille? […] Aggiugne che anche i meno affezzionati alle commedie saben (sanno) ciò che ignora il Signorelli, e questo saben si ripete ben sei volte; contro i quali sei saben io avea preparati sessantasei no saben verificati in ogni sorta di Huertisti, ma la di lui morte mi reca il vantaggio di risparmiar la spesa d’imprimerli.
Fu a quattordici anni accettato come porta-bandiera in un reggimento ; ma venutagli a morte la madre, e non andandogli troppo a genio la carriera militare, si diede all’arte del comico, esercitandosi dapprima in qualche teatrino particolare, poi affrontando il gran pubblico sotto la maschera dell’Arlecchino, nella quale divenne in poco tempo attore senza rivali. […] D’Alembert morì il 29 ottobre dello stesso anno, nè men due mesi dopo la morte dell’amico suo ; e il Giornale di Parigi il 17 ottobre pubblicò il suo Elogio funebre di Carlino, del quale il Campardon riporta la fine, che io credo utile metter qui tradotta.
E l’avere il Timoneda stampate le Commedie del Rueda dopo la di lui morte, è pruova della loro amicizia?
Spoleto ancora, secondo il Biondo e il Sabellico, ebbe un teatro rovinato da’ Goti insieme colla città dopo la morte di Teodorico.
Sempronio Tuditano (cinquantadue anni in circa dopo la morte di Menandro) comincio a fiorire secondo i Fasti Capitolini Livio Andronico. […] Egli sopravvisse al 546, ma s’ignora l’anno della sua morte. […] Nevio aveva militato nella prima guerra Punica, par quel che da lui stesso ricavo Varronea; e la di lui morte avvenne nel Consolato di Publio Sempronio Tuditano e di Marco Cornelio Cetego, cioè l’anno di Roma 549, benchè Varrone stesso citato da Tullio ne prolonghi ancor più la vita. […] Claudio l’anno 569, quindici anni prima della morte di Ennio, mostra in diversi tratti vigorosi sparsi nelle sue commedie che era dotato d’ingegno al pari di Aristofane, ma non passò oltre i confini di una prudente moderazione. […] È nato l’epitafio che Plauto compose a se stesso, in cui dimostra la perdita che nella sua morte era per fare la commedia: Postquam est morte captus Plautus, Commoedia luget, Scena est deserta.
Così almeno sono costretto a pensare dietro alla propria esperienza, qualora l’inconcepibile magia dei suoni da me in altri tempi sentiti non debba ripetersi dall’amabile persona che percuoteva lo strumento, la quale rientrata troppo immaturamente ne’ regni della morte mi lasciò per ogni retaggio il dolore d’averla conosciuta così tardi, e la disperazione d’averla così tosto perduta. […] Non è egli vero ch’Ermelinda costretta da Ricimero alla fatale alternativa di segnar sovra un foglio la condanna di morte o del padre o dell’amante, non deve essere indecisa quando pronunzia quelle parole «Tolgan gli dei ec.» […] Così una tenera madre disperata per la morte del figliuolo, ch’era l’unico oggetto delle sue tenerezze, si sente fra i singhiozzi che le offuscan la voce fra le lagrime che le inondano il sembiante, fra gli amplessi onde si stringe al seno il freddo cadavere, ripiegarsi frequentemente sul suo dolore ritornando ad ogni momento alle medesime imagini, alla medesima espressione e alle doglianze stesse. […] s’affretti per me la morte», se da cotai usanza non fossero venuti altri danni egualmente grandi alla musica drammatica quello cioè di repetere mille volte le stesse parole invece di replicar l’intiero motivo, e quello altresì di ridurre la musica ad una sgradevole uniformità, altro per lo più non sentendosi in oggi che arie intrecciate e ridotte a rondò. […] Si tratta, per esempio, d’una disgrazia accaduta all’improvviso ad una persona amabile, come sarebbe a dire di consolare un tenero padre per la morte del suo unico figliuolo?
Che muove a riso il vedere, che gli Attori Musicali “prendono a contraffare gravi persone, le quali trattano materie di Stato, ordiscono tradimenti, assalti, guerre, vanno alla morte, o piangono qualche gran disavventura, e pure cantano dolcemente, gorgheggiano, e con somma pace sciolgono un lunghissimo e soave trillo”. […] Con tutto ciò siegue la rappresentazione, ed egli s’interessa alla di lei morte, e ne sospira. […] a quella finta morte, a quella Regina, che morta ancora, nell’esser condotta dentro da’ servi, si ajuta co’ proprj piedi?
Trascriverei di buon grado l’intera prima scena originale, ma per compiacere qualche volta a chi si conforma più volentieri all’uso Francese di addurre delle lingue morte i frammenti tradotti, ne recherò una mia versione qualunque essa siasi, sempre inculcando di leggersi i versi stessi di Terenzio: Fed. […] Questo comico elegantissimo si vuole nato in Cartagine circa l’anno di Roma 560 nove anni prima della morte di Plauto. […] Laonde l’Imperadore Adriano, contro la disposizione della legge decemvirale, trattandosi della legittimazione di un fanciullo nato da una donna d’ incorrotto costume e di non dubbia onestà undici mesi dopo la morte del marito, decretò che il parto si tenesse per legittimo, ascoltati prima molti filosofi; della qual cosa vedasi il III libro al capo sesto delle Notti Attiche. […] Forse egli collocò la morte di Cecilio un anno prima della rappresentazione dell’Andria; e forse potè quel poeta mancare o nell’anno stesso 587, o pochi mesi prima. […] Narrata la morte della Genovese Fulvia (che è la Criside di Terenzio) così prosegue: Currado.
Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi, e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo; che si trova in quest’atto secondo uguale ignoranza delle favole, ed invenzioni Omeriche, e degli antichi tragici; che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia; ignorando che la sacrificata figlia di Agamennone per miracolo di Diana ignoto a’ Greci si trova viva trasportata nel tempio della Tauride; che l’istessa Briseida la prega di volersi intenerire, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas; colle quali parole attribuisce al ferro che non è rovente, le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare; che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni, los pajaros parleros sean mudos testigos che lo stesso Achille dice di avere appreso da Ulisse â despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa dimostra di possedere uno spirito profetico, perchè Ulisse si seppe preservare dalle sirene dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja; che l’istesso Achille pure profeticamente indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma del La Cruz niuno glie l’ha detto; che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo; in fine che La Cruz dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso, cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille?
Nella recitazione alle Logge di Firenze (il gennaio del ’93) della Pamela nubile in memoria del primo centenario della morte di Carlo Goldoni, con Tommaso Salvini Bonfil, ella, fedele interprete degli intendimenti artistici di un tanto maestro, mostrò a qual grado di perfezione si possa salire.
En supposant que ce n’est que la même année que le roi mourut, que les enfants de l’Ecole de S. […] Portius, à qui son frère en fait la confidence, en agit sagement, et lui cache sa passion ; Marcus meurt, et son frère obtient Lucie. […] Il faut mourir ce grand homme, non pas en philosophe, mais en désespéré. […] On y veut mourir en se portant bien. […] On n’osait mourir de douleur sans faire des pointes, et des jeux d’esprit en mourant.
Trascriverei di buon grado l’intera prima scena originale; ma per compiacere qualche volta a chi si conforma più volentieri all’uso francese di addurre delle lingue morte i frammenti tradotti in volgar lingua, ne recherò una mia versione qualunque essa siesi, sempre inculcando di leggersi i versi stessi di Terenzio: Fed. […] Questo Comico elegantissimo si vuole nato in Cartagine circa l’anno di Roma 560 nove anni prima della morte di Plauto. […] Laonde l’Imperadore Adriano, contro la disposizione della legge decemvirale, trattandosi della legittimazione di un fanciullo nato da una donna d’incorrotto costume, e di non dubbia onestà undici mesi dopo la morte del marito, decretò che il parto si tenesse per legittimo, ascoltati prima melti filosofi; della qual cosa vedasi il III libro al capo 6 delle Notti Attiche. […] Forse egli collocò la morte di Cecilio un anno prima della rappresentazione dell’Andria; e forse potè quel poeta mancare o nell’anno stesso 587, o pochi mesi prima. […] Narrata la morte della Genovesa Fulvia (che è la Criside di Terenzio) così prosegne: Currado.
Esse leggi contente di recidere ad ogni bisogno i rami che lussureggiano, non cercano di correggere le radici viziate e le cagioni che le viziano ed affrettano la morte della pianta.
Si vogliono collocare tralle ingegnose commedie erudite l’Impresa d’Amore rappresentata sin dal 1600 dagli Accademici Amorosi di Tropea, e le Spezzate Durezze di Ottavio Glorizio che s’impressero nel 1605 in Messina, e si reimpressero qualche anno dopo in Venezia: la Trappolaria del palermitano Luigi Eredia recitata ed impressa in Palermo nel 1602: l’Ancora vaga commedia pubblicata nel 1604 e più volte ristampata in Venezia del cavaliere napoletano Giulio Cesare Torelli, la cui morte compianse con un sonetto il Marini: il Padre afflitto del Cenzio uscita nel 1606, e il di lui Amico infedele del 1617.
Il tempo delle grandi affluenze ai teatri, e quindi delle grandi paghe degli attori e dei profusi cavalierati, incominciò dopo la liberazione d’ Italia, e specialmente dopo i trionfi della Ristori in Europa, e dopo la morte di Gustavo Modena nel 1861.
Vagheggiò la morte su la scena fra lo splendore dei lumi, il fragor degli applausi, come quella d’un generale sul campo di battaglia : il fato che gli fu prodigo di tante dolcezze, gli serbò la più amara delle delusioni : su la grande arte sua, in mezzo agli urli della folla esaltata, al teatro di Odessa, calò il sipario per sempre ; e abbandonato, forse già dimenticato, il grand’uomo nella piccola Pescara esalò l’ultimo respiro alle 11,45 del 4 giugno 1896.
Sentasi la narrazione, che fa Dafne della morte d’Euridice. […] E sù quell’ora, Che scaldarmi a bei raggi mi credei, Morte spense il bel lume, e freddo e solo Restai fra pianto e duolo, Com’angue suole in fredda piaggia il verno.
Andrea Grifio infettato da uno spirito marinesco, dal 1650 al 1665 pubblicò l’Arminio, Cardenio e Celinda, Caterina di Georgia, la Morte di Papiniano, Carlo Stuardo, tragedie; Santa Felicita, tratta da una tragedia latina di Niccolò Causin, i Gibeoniti, traduzione d’una tragedia olandese di Vondel, la Nutrice, tradotta da una commedia italiana di Girolamo Razzi, il Pastore stravagante da una francese di Giovanni De la Lande, e gli Assurdi Comici, e l’Uffiziale tagliacantone, commedie, e Piasto, e Majuma, opere.
Esse contente di recidere ad ogni bisogno i rami che lussureggiano, non cercano di correggere le radici viziate o le cagioni che le viziano ed affrettano la morte della pianta.
Alla fine di quell’anno, stanco, sfiduciato, povero, ammalato, desolato per la morte della moglie, mio padre decise di dare un addio alle scene, e col figliuolo in braccio, ritornò a Fano, ove la madre Caterina aveva già ottenuto il perdono del marito per quel figlio che ritornava da lontano, avendo fatto il viaggio più a piedi che in diligenza, e portando tutto il suo bagaglio, dentro una calsetta.
Il Sacco si recò a Venezia con tutta la famiglia l’autunno del 1738, un anno dopo la morte dell’ultimo Medici ; e, salito poi in gran rinomanza, partì per la Russia l’estate del 1742, nonostante i suoi impegni con S.
Il severo e religioso contegno del papa Innocenzo XI trattenne in seguito per qualche tempo il corso a siffatti divertimenti, ma dopo la sua morte incominciò di nuovo la corte ad assaporarli, dando a ciò occasione il concorso di tanti stranieri e la magnificenza di tante famiglie principesche, le quali si pareggiavano coi sovrani nella sontuosità e nelle ricchezze. né troppo era strano il vedere i cardinali stessi impegnati nell’accrescer lustro e splendore a’ teatrali spettacoli; tra essi basti annoverare il cardinal Deti, il quale in compagnia di Giuglio Strozzi istituì l’anno 1608 nel proprio palazzo l’Accademia degli Ordinati, destinata a promuovere le cose poeti che e le musicali, come anche un altro porporato illustre scrisse, e fece rappresentar l’Adonia, melodramma di cui Giammario Crescimbeni fa ne’ suoi Commentari un magnifico elogio, ma che debbe riporsi tra i molti insensati panegirici, che il bisogno o la voglia di farsi proteggere detta non poche fiate a quelli scrittori che fanno della letteratura un incenso onde profumare gl’idoli più indegni di culto.
Siccome non si schiva il frequentare la Casa dell’Orazione per l’abuso fattone talvolta da chi vi amoreggia con cenni, sorrisi, e parolette; nè si bandisce il ferro, perchè con esso si versa il sangue umano; nè dobbiamo fisicamente cavarci gli occhi, perchè per essi può entrar la morte: così pensava il Signorelli non doversi trascurare lo studio di un eccellente modello dell’arte, quando anche alcuna cosa vi si dicesse con qualche libertà.
Il famoso Matteo Maria Boiardo ad istanza del medesimo duca Ercole compose pure in terza rima e in cinque atti una commedia intitolata il Timone, tratta da un dialogo di Luciano, la quale trovasi impressa la prima volta senza data, ma fu certamente scritta prima del 1494, in cui avvenne la morte dell’autore e se ne fece nel 1500 una seconda edizione.
Io mi era accinto e preparati avea sessantasei no saben verificati in lui ed in ogni sorta di Huertisti; ma la di lui morte mi reca il vantaggio di risparmiar la spesa di farli imprimere.
Col viso tutto alzato al cielo si sputa in su, poi con tutta la persona si dà una scossa, poi si apre gli occhi, si parla, e si muove i membri: allor la morte si va con Dio, e l’uomo ritorna vivo. […] Una fanciulla minacciata dal padre di altre nozze, per serbarsi al suo amante prende un sonnifero, e coll’ajuto di un medico si fa seppellire per morta; indi tratta dalla sepoltura si veste da uomo, e nel l’accingersi a partir per Lione dove sapeva che dimorava l’amante bandito, lo trova in Bologna addolorato per la notizia della di lei morte. […] In tale stato correndo per le strade quasi fuor di se per lo dolore, scarmigliata, con un pugnale alla mano (con poca verisimiglianza però) imbatte nella giustizia che mena a morte Milziade suo fratello convinto per di lui confessione di latroneccio. […] Ma nelle contrade ispane si sarebbe incominciata a sceneggiare dall’innamoramento di Elfenice e dall’omicidio commesso da Aristide, proseguendosi per li sette anni che egli dimorò in Lione, mostrandosi la morte apparente di Elfenice, gli amori di Teodelinda e Milziade, con l’accaduto della scala, e scendendosi allo scioglimento colla condanna di Milziade impedita da Elfenice.
Col viso tutto alzato al cielo si sputa in su, poi con tutta la persona si dà una scossa, poi si apre gli occhi, si parla, e si muove i membri: allor la morte si va con Dio, e l’ uomo ritorna vivo. […] Una fanciulla minacciata dal padre di altre nozze, per serbarsi al suo amante, prende un sonnifero e coll’ ajuto di un medico si fa seppellire per morta; indi tratta dalla sepoltura si veste da uomo, e nell’accingersi a partir per Lione, dove sapeva che dimorava l’ amante bandito, lo trova in Bologna addolorato per la notizia della di lei morte. […] Ma colà si sarebbe incominciata a sceneggiare dall’innamoramento di Elfenice e dall’omicido commesso da Aristide, proseguendosi per li sette anni che questi dimorò in Lione, mostrando la morte apparente di Elfenice, gli amori di Teodolinda con Milziade e l’accaduto della scala, e scendendo allo scioglimento colla condanna di costui impedita da Elfenice. […] Francesco Andreini Pistojese marito della celebre attrice Isabella Andreini, e attore anch’egli che rappresentava da innamorato, e dopo la morte della moglie da tagliacantone col nome di Capitano Spavento da Vallinferna, volle ancora distinguersi come autore, scrivendo più dialoghi, farse e commedie, ove acciabattò quanto avea in iscena recitato come attore, cioè le rodomontate.
La rinunzia a tutti i piaceri del secolo, l’annientamento di se medesimo, il timore d’un Dio, che ovunque è presente per esaminare le più ascose rivolte dei cuore, la perpetua ricordanza della morte, e del suo futuro destino, in una parola la sublime, e salutare tristezza di questa vita per guidare all’altra ad un’allegrezza interminabile; ecco il vero spirito del cristianesimo. […] 32 [17] Ma venendo ai ludi propriamente detti, la prima rappresentazione di cotal genere che sappiamo esser stata fatta in Germania, intitolata Ludo Pascale della venuta, e morte dell’Anticristo altro non era, se crediamo all’elegante e dotto Cavalier Tiraboschi, se non se un drammatico guazzabuglio, ove «veggonsi apparire nella scena il papa e l’Imperadore con più altri sovrani d’Europa e d’Asia, e l’Anticristo accompagnato dall’Eresia, e dalla Ipocrisia, e persino la Sinagoga col gentilesimo, che anche essi ragionano» 33.
Egli insomma portò la melodia teatrale al maggior grado di eccellenza a cui sia stata finora portata, e se non ci fosse stato da troppo immatura morte rapito87 la quale gli proibì di potersi correggere di alcuni difetti annessi al genio ci avrebbe forse fatto vedere, che se la musica moderna non produce i maravigliosi effetti dell’antica, ciò non proviene dall’esser ella incapace di produrli, ma da mancanza delle nostre legislazioni, che non sanno convenevolmente applicarla. […] Sono note ad ognuno le calamitose vicende dalle.quali fu travagliato Metastasio nella sua gioventù dopo la morte del suo primo benefattore Gravina.
Ammirisi l’eleganza dello stile e la patetica delicatezza che si scorge in tutte l’espressoni d’Alvida: …………… A lui sovente Prendo la destra, e m’avvicino al fianco; Ei trema, e tinge di pallore il volto, Che sembra (onde mi turba e mi sgomenta) Pallidezza di morte e non d’amore; O in altra parte il volge, o ’l china a terra Turbato e fosco; e se talor mi parla, Parla in voci tremanti, e co’ sospiri Le parole interrompe. […] Il duca Alfonso d’Este, per farle rappresentare, fece alzare un teatro stabile secondo l’architettura diretta dallo stesso poeta; e furono eseguite a maraviglia, essendosi l’istesso Ariosto occupato a dirigerne la rappresentazione, e vi sostenne la parte del prologo, secondo che, ricavali dalle seguenti parole di Gabriele Ariosto, il quale terminò la commedia della Scolastica rimasta imperfetta per la morte di Lodovico avvenuta nel 1533.
La Morte di Moliere anche in versi ed in tre atti altro non produsse che rinnovare il dolore della perdita di quell’ingegno raro. […] Dagl’informi presi ricava l’Abate esser quella la dimora de’ Conti di Haraucourt, de’ quali Teodoro è l’unico rampollo, e trovarsi oggi tutti i beni di tal famiglia in potere di un signor Darlemont zio materno, e tutore di Teodoro, il cui nome era Giulio; essendosene posto in possesso presentando un certificato della morte del legittimo erede.
Tarquinio, il quale invece di rispondere all’ambasciatore de’ Gabini, lo mena nel proprio giardino, e alla sua presenza recide senza profferir parola la sommità de’ papaveri, che grandeggiavano sopra gli altri; Dario re dei Persi, che essendosi inoltrato nella Scizia con intenzione di muover la guerra a que’ popoli, si vede comparir avanti da parte loro un araldo che gli appresenta una rana, un topo, un uccello e cinque freccie, e poi si diparte senza pronunziar un sol motto; il famoso Levita di Efraimo, il quale volendo vendicar la morte della sua sposa barbaramente trucidata da certi Israeliti della tribù di Beniamino, taglia l’amato cadavero in dodici parti, ed una ne manda in regalo a ciascuna delle dodici tribù per eccitarle con sì feroce eloquenza alla comune vendetta; l’Indiana descritta da un poeta orientale, che interrogata dall’amante chi sia il fortunato oggetto de’ suoi frequenti sospiri, e obbligandola il pudore a tacere mentre l’ardenza de’ suoi desideri la sprona a manifestarlo, prende senza dir parola un lucidissimo specchio, e l’affaccia innanzi a chi le avea fatta la dimanda; l’altrettanto bella quanto incontinente Frine, che vedendo i giudici dell’Areopago non essere in suo favore dall’aringa d’Iperide abbastanza commossi, s’inginocchia avanti loro, si straccia i veli che le ricoprivano il seno, offre ai loro sguardi una candidezza abbagliante, e per la muta facondia di due persuasive oratrici si vede assoluta dal delitto d’irreligione nel più rigido tribunale della Grecia; i Salams ovvero sia specie di muta comunicazione inventata nei serragli dell’oriente, la quale consiste nel mandarsi a vicenda in regalo un nastro, un pannizuolo, o qualche altra cosa triviale, ma che avendo nella sua piegatura e configurazione diversi pattuiti significati, serve a trasportare da un luogo all’altro tutti gli arcani della galanteria, senza temer la gelosa vigilanza dei mariti; mille altri esempi di questa natura, de’ quali abbonda non meno la sacra161 che la profana storia, pruovano che certa classe di sentimenti e di passioni ponno dipignersi alla fantasia con più vivaci colori per mezzo della vista che per mezzo dell’udito. […] Lodati furono e da tutti concordemente ammirati la morte d’Ercole, l’uccisione de’ propri figli fatta da Medea, ed altri balli da lui ritrovati e felicemente eseguiti sul teatro di Stougard sotto la protezione del Duca di Vitembergh Mecenate dichiarato delle arti drammatiche e musicali. […] Come ci farà ella, per esempio, conoscere ciò che dipende dalla memoria, come sarebbe a dire che Bruto nella Morte di Cesare è figliuolo di Giulio, che l’ebbe egli da Servilia sorella di Catone, che l’ha colmato insin allora di benefizi, e che ha fatto di già il suo testamento dove gli lascia un immenso retaggio?
Difatti vi si trova la morte di Euridice, l’Inferno e l’Eliso. […] Tali sono fra gli altri il far che i numi infernali sconsiglino Alceste dal morire, laddove sarebbe più confaccente al loro carattere e al loro interesse il confermarla nella sua risoluzione, come fa la morte parlando con Apolline nella tragedia di Euripide, e la fretta altresì con cui si prepara nell’atto secondo una festa di ballo tra i cortegiani per festeggiare l’inaspettato ristabilimento di Admeto senza che in tanta allegrezza alcun si ricordi dell’assente regina che ne dovea pur essere il principale personaggio.
Ne sono un’evidente dimostrazione il Qu’il mourût di Pierre Corneille nell’Orazio; il Vous changez de visage! […] Il trattato Della declamazione si situa lungo un arco temporale che va dal 1797 fino alla morte del Salfi, avvenuta nel 1832. […] E siccome tali dati ci mancano affatto, o da’ lumi che possiamo raccogliere, tali risultano, che nulla o ben poco possiamo immaginare e sostituire d’analogo tra le lingue viventi e le morte, dobbiamo invece rivolgere le nostre ricerche e la nostra analisi ad apprendere e praticare la pronunciazione e l’armonia della nostra lingua propria, e lasciar quelle che potrebbero anzi tornare a pregiudizio di essa. […] Così parlando di una vittoria riportata a chi pur giovasse principalmente, quantunque ne sia lieto oltremodo, e l’allegria gli splenda nel viso e negli occhi, egli non può con l’accento e con l’attitudine non indicare simultaneamente o il lampeggiar delle spade, o lo strepitar e l’urtar dei cavalli, o lo squallor della morte, e i lamenti e le grida confuse di chi fugge, di chi incalza, di chi muore, di chi trionfa. […] Il sig. di Marmontel proponeva tra gli altri quel tratto di Virgilio su la morte di Didone, quale esempio efficacissimo agli attori, che si trovassero in simile situazione.
Queste bellissime parole trovo inserite nel bellissimo articolo che il Fiacchi dettava nel Piccolo Faust di Bologna, il 24 maggio 1894, dopo la morte della celebre artista, avvenuta a Roma otto giorni prima, a ottantacinque anni.
[Intro.5] Protesta finalmente l’autore che quantunque non sappia aver detto cosa di cui la nostra santa religione possa offendersi, pure, se qualche parola gli fosse sfuggita delle usate per chi compone, intende di conservare sino alla morte sentimenti indubitati di vero cattolico. […] [4.149ED] Ma l’equilibrio della divisione vuole che, siccome per render musiche la lingua latina e la greca è stata assegnata la quantità tassata de’ piedi, così a render musiche le altre lingue di essa quantità non capaci fosse assegnato il ritmo e la consonanza. [4.150ED] Lo spagnuolo dunque nel suo verso drammatico usa le rime, le usa il tedesco, l’inglese e il franzese. [4.151ED] Ciascuna di queste nazioni ha misura e rima nel verso, e la sola lingua italiana, che nel verso tragico sciolto non ha che misura, vorrà essere la più povera d’armonia di tutte le altre lingue morte o viventi e dentro e fuori d’Europa? […] [5.124ED] Le peripezie sieno sempre di mesta in lieta fortuna, nella quale termini il melodramma per lo mezzo degl’imenei, ed in questo scioglimento per utile della repubblica il poeta prefiggasi che i personaggi virtuosi restin premiati con meritata felicità, e i viziosi rimangan puniti con severità che mai non arrivi alla morte, non volendosi le morti in questi spettacoli, creati per rallegrare, non per contristar gli ascoltanti. […] [5.243ED] Che se tanto si loda il sonno perché i sensi della miserabile umanità legando li astrae e li rende per poche ore immuni dalle sventure, quanto sarà mai più pregevole un’arte che senza sospenderci l’uso del vivere come fa il sonno, detto per ciò fratel della morte, ci fa viver estatici in una quiete deliziosa e contenta, co’ sensi veglianti, ma lieti e veramente felici? […] Trissino, gentiluomo vicentino, che con l’Italia liberata dai Goti (1547) tentò la restaurazione dell’epica classica di matrice omerica; Scamacca: Ortensio Scamacca, gesuita siciliano di Lentini, autore, con lo pseudonimo di Martino Lafarina, di dieci tomi di tragedie sacre stampate a Palermo tra il 1632 e il 1648, anno della sua morte.
Pier Jacopo Martelli compose la Rachele in miglior metro delle sue tragedie: Alessandro Guidi l’Endimione con ariette musicali, il cui piano ed alcuni versi dicesi appartenere alla famosa regina Cristina di Svezia: la Sulamitide di monsignor Ercolani vaga parafrasi della Cantica: l’Antillide di Antonio Bravi pubblicata in Venezia nel 1744, e poi in Verona riformata nel 1766: l’Amore eroico tra’ Pastori del cardinal Pietro Ottoboni: la Morte di Nice del Pastore Arcade Panemo Cisseo del 1754: il Paradiso terrestre del conte ab.
Un Coro composto di donne insieme col banditore invoca le deità tutte, pregando che muoja di mala morte colui che tende insidie al popolo, o chè maltratta le donne, o che fa tregua o amicizia con Euripide, o che pensa di farsi tiranno della patria, o che manifesta qualche donna che espone un fanciullo, o la serva ruffiana che svergogna il padrone, o la messaggiera bugiarda che porta notizie é speranze false, o quell’indegno che inganna e non paga le donne, o la meretrice che tradisce il drudo, o le vecchiarde che regalano i loro mercenarii amanti. […] Mnesiloco furibondo si accinge a svenare la bambina: Incolpa, o misera fanciulla (dice a lei rivolto) incolpa della tua morte la spietata tua genitrice; mori…. […] Dopo ciò che pensereste di un giovine Gaulese, il quale più di duemila anni dopo la morte di tal valoroso scrittore viene a dirci che egli altro non era che un satirico sfrontato, un parodista, un superstizioso, un bestemmiatore, un buffone da piazza, un Rabelais sulla scena , e che le di lui commedie sono un ammasso di assurdità, donde qualche volta scappano fuori alcune bellezze inaspettate ?
La peggior morte. […] [Sez.II.7.1.2] Più si riscaldano contro le arie, gridando all’inverisimiglianza di cantare anacreontiche stanze andando alla morte, o alla guerra, e di trattare melodiosamente i più grandi affari. […] [commento_Sez.I.3.6.1] • alla disavventura di Priamo: la morte dei tre figli, tra i quali Ettore, il cui cadavere Priamo reclamò, infine con successo, presso Achille (il celebre episodio è nel libro ventiquattresimo dell’Iliade). […] [commento_Sez.II.1.2.22] • la peggior morte: A. […] Confida la Fedra di Euripide nella pubblica strada alle donne di Trezene i suoi furiosi amori sopra il figliastro; sceglie l’Elettra di Sofocle il vestibulo frequentato del palazzo di Egisto per trattar con Oreste, e con Pilade la congiura della morte dell’usurpatore».
morte sublata, hoc tumulo beneficentissimi principis jussu repentino adhuc casu moerentis aeternum quiescit.
Al fine il Re fu sorpreso dalla vivacità della Marchesana di Montespan, e la Valiere, senza lasciar di amare il suo Sovrano, sofferse la perdita del di lui cuore, finchè si determinò a non dargli altro successore nel suo animo, che l’istesso Creatore, e si fe Carmelitana a Parigi col nome di Suora Luisa della Misericordia, e perseverò sino alla morte avvenuta nel 1710.
Dopo ciò, cosa pensereste di un giovane Gaulese, il quale più di duemila anni dopo la morte di questo gran valent’uomo viene a dirci, ch’egli altro non era, che un satirico sfrontato, un parodista, un superstizioso, un bestemmiatore, un buffon da piazza, un Rabelais sulla scena, e che le di lui commedie sono un’ammasso di assurdità, donde qualche volta scappano fuori alcune bellezze inaspettate?
Si sono anche ultimamente rappresentate l’Ottimista o l’ Uomo contento di tutto del giovane Collin d’ Harleville; il Matrimonio segreto di tre atti tollerata in grazia de’ buoni attori; la Fisica in un atto imitazione debole delle Letterate di Moliere, in cui una donna d’altro non vuol parlare che di magnetismo, di gas, di elettricità, di palloni volanti; le Riputazioni commedia in versi di cinque atti non migliore imitazione delle Letterate rappresentata in Parigi nel 1788; Moliere in casa di Ninon in prosa di mad. di Gouge impressa nel medesimo anno da’ gazzettieri enunciata col titolo di episodica, in cui intervengono le persone più distinte del secolo di Luigi XIV; la Morte di Moliere in versi e in tre atti che serve solo a rinnovare il dolore della perdita di quell’ingegno raro; la Giovane Sposa in versi ed in tre atti del sig. di Cubieres lodata dal giornalista di Buglione per la morale e pe’ caratteri.
[10] Si leggano inoltre alcuni pezzi scelti di Dante e d’Ariosto come sono la morte d’Ugolino, e le prodezze di Rodomonte in Parigi, indi si giudichi se la lingua italiana ad altro non è buona che ad esprimere l’effemminatezza.
e il vecchio Orazio: «Qu’il mourût.» […] Pietro di Guido, e la Madonna del Correggio riuniscono concordemente i suffragi de’ pittori; mentre un frammento di Saffo, un’oda di Grazio, una elegia di Tibullo, un idilio di Teocrito, un’ottava d’Ariosto e di Tasso, un sonetto di Petrarca, le lagrime di Priamo inginocchiato avanti Achille, l’episodio della morte d’Eurialo nella Eneide si gustano pure, e s’assaporiscono perché spirano ancora la lor primitiva freschezza; niuna composizion musicale, niuna cantilena è, non dirò dei Greci o dei Latini, ma né meno dei moderni da Guido Aretino fino al principio del nostro secolo, che si conosca, non che s’uniti sul teatro o in chiesa dai maestri o dai dilettanti.
Accenniamo solo che in Lanciano in Abbruzzo una tragica sacra rappresentazione si trova da tempo immemorabile eseguita nella sera del Venerdì santo, del Mortorio di Cristo, dopo una pomposa processione che usciva dalla chiesa di san Filippo Neri, fatta a spese de’ confratelli della Compagnia della Morte.
Un coro composto di donne insieme col banditore invoca le deità tutte, pregando che muoja di mala morte colui che tende insidie al popolo, o che maltratta le donne, o che fa tregua o amicizia con Euripide, o che pensa di farsi tiranno della patria, o che manifesta qualche donna che espone un fanciullo, o la serva ruffiana che svergogna il padrone, o la messaggiera bugiarda che porta notizie e speranze false, o quell’indegno che inganna e non paga le donne, o la meretrice che tradisce il drudo, o le vecchiarde che regalano i loro mercenarj amanti. […] Mnesiloco furibondo si accinge a svenare la bambina: Incolpa o misera fanciulla (dice a lei rivolto), incolpa della tua morte la spietata tua genitrice: mori . . . . […] Dopo di ciò che pensereste di un giovane Gaulese, il quale più di due mila anni dopo la morte di tal valoroso scrittore viene a dirci che egli altro non era che un satirico sfrontato, un parodista, un superstizioso, un bestemmiatore, un buffone da piazza, un Rabelais sulla scena, e che le di lui commedie sono un ammasso di assurdità, donde qualche volta scappano fuori alcune bellezze inaspettate?