Il maraviglioso introdottovi non rappresentando alcun essere conosciuto in natura, né apportando seco alcun modello reale, al quale potesse rifferirsi dallo spettatore, prese quella forma e travvisamento, che vollero dargli la svogliatezza, l’immaginazione e il capriccio. […] «La musica può essere analoga alle parole ma in niun modo espressiva». […] «Ella può qualche volta essere memorativa ma non pittoresca». […] Si vede che questo scrittore non ha idea della vera imitazione e che la confonde coll’esatta rassomiglianza, che non è né deve essere lo scopo della musica. […] In primo luogo perché poche debbono essere l’inflessioni apprezzabili capaci d’entrare nel sistema armonico.
Flavio ho havuta, che se non fosse la sincerità della mia coscienza che mi accerta di essere innocente di quanto mi viene apposto non solo non ardirei di scriverli, ma confuso nel mio mancamento cercherei con la forza del merito di altri impetrare da V. […] Si come hora conossendo non havere errato (come tutta la compagnia ne farà per me fede) lo supplico di credere che la maggiore ambizione che io habbia, è di essere ammesso tra il numero de’ suoi servitori, et che confesso che la E. […] Mezzettino doveva essere Ottavio Onorati.
Cesare (dice il legato) vuol essere amico di Catone, proponetene il prezzo e le condizioni. […] Fingal l’avrebbe sposata, se non l’impediva l’invasione di Caracul, che sembra essere Caracalla, il quale nell’anno 211 assalì i Calidonj. […] Per essere eletto non mi son fatto veder per un mese più ubbriaco del mio cocchiere? […] Cibber altro attore Inglese di non poco grido credeva di non essere a lui inferiore. […] Egli disacerbava così il proprio rancore, e Garrick seguitava ad essere ammirato ed amato.
L’angustia di Mnesiloco vicino ad essere scoperto dovea produrre uno spettacolo assai piacevole. […] Cade in fine il sospetto sulla finta donna, per non essere essa da veruna conosciuta. […] Questi versi non possono essere imitazione di alcun passaggio di tragedia? […] Fidippide rimane in casa di Socrate per essere istruito. […] Acarnesi, e vogliono lapidarlo, ed a stento egli ottiene di essere ascoltato.
» Con tuttociò, pare che il Barlachia, citato sempre ad esempio come recitatore, non fosse, come tutti i suoi colleghi di scena un’arca di scienza : e nel Consiglio villanesco del Desioso (Siena, 1583) il dialogo comincia col chiedere scusa, per essere l’autore rappresentante, non letterato : « Chi fa l’arte che fece il Barlacchia non può come gli sdotti arrampicare. » A pagina 432 delle rime del Lasca curate dal Verzone (Firenze, Sansoni, 1882) abbiamo le due seguenti ottave : IN NOME DI CECCO BIGI STRIONE Alto, invitto Signor, se voi bramate ch’il Bigio viva allegro, e lieto moja, la grazia, che v’ha chiesto, omai gli fate, per ch’egli esca d’affanni e d’ogni noja ; ei ve ne prega, se vi ricordate delle commedie, ove contento e gioja vi dette già, e spera a tempo e loco farvi vedere ancor cose di fuoco.
Ma chi potevan essere questi Bassi ?
I delle sue Memorie artistiche : …… attrice intelligentissima : se avesse voluto, avrebbe potuto essere di decoro all’arte e di utile a sè stessa : disgraziatamente non aveva tutti i giorni della settimana ; credo glie ne mancasse qualcheduno : però era sempre una buona compagna, più dannosa a sè stessa che agli altri, e quando voleva era bravissima.
» E meglio lo sappiamo da Messer Ludovico Dolce, che nella lettera di dedica a Giacomo Contarini del poemetto di Burchiella i fatti e le prodezze di Manoli Blessi strathioto, ci dice di lui che nel recitar commedie passò così avanti, da poter essere meritamente chiamato il Roscio dell’età sua. – E de’versi che il Burchiella lasciò in italiano e in greco, dice il Dolce ch’e’ potean contendere con quelli del Bembo e del Petrarca.
Michele del Mercato di mezzo il famoso Tracagnino Cattoli, compianto universalmente da tutti li Tracagnini per essere lui l’unico in tale professione, e vi erano tutti questi comici dietro con torcie accese.
Al momento in cui scrivo, egli si trova in Società con l’attore Della Guardia al Teatro Valle di Roma ove ha creato in italiano la parte di De Cyrano Bergerac con tal successo, che Adelaide Ristori ha dichiarato essere a suo avviso la interpretazione di Andrea Maggi la più bella e completa interpretazione di attore ch'ella abbia sentito dacchè ha abbandonato il teatro.
Sappiamo dal Bartoli essere stato un uomo de'più capricciosi ; giuocatore arrabbiato del Lotto, dilettante alchimista, era riuscito a comporre un metallo somigliante all’argento, di ben poco valore ; ma, soprattutto, uomo probo, e come tale amato, e stimato da tutta l’arte.
Francesco Riccoboni, che il Grimm assicura essere stato attore freddo e pretenzioso, compose un trattato : L'Art du théatre (Paris, MDCCL), pubblicato poi in italiano a Venezia da Bartolommeo Occhi nel MDCCLXII, e molte commedie sia da solo, sia in collaborazione con Dominique e Romagnesi.
Nel teatro del Gherardi si delinea chiarissimo il tipo, che può dirsi fratello minore di Scaramuccia : e immagino a quali acrobatiche buffonate si dovea lasciar andare il Tortoriti, se il Mercurio Galante del marzo 1685 gli dedicò parole di tanta lode ; e più ancora, se ci facciamo a considerar lo scenario della Precauzione inutile, in cui avuto l’ordine, egli e Pierrot, di non far entrar messaggi d’amore, e vista una farfalla svolazzar davanti all’uscio dell’appartamento d’Isabella, immaginando che essa potesse essere una messaggera d’amore, le davan la caccia, abbandonandosi a ogni specie di salti e capriole pazze, or cadendo lunghi distesi a terra, or montandosi l’un l’altro sulle spalle.
L’apparizione che mi si presentò, potrebbe essere opera di spirito infernale, cui non è difficile il trasformarsi. […] … Amlet si accorge di essere inteso; pensa che sia il re che stia ad ascoltare; finge che sia un topo, e lo ferisce. […] E chi vorrà incolpare quest’Irlandese di picciola levatura del non essere istruito della letteratura Italiana, quando egli ha mostrato nella sua opera grande di cinquanta carte di esser pochissimo versato nella stessa letteratura della Gran-Brettagna? […] Non può essere lungo tempo tenero e patetico… Il difetto più notabile del nostro poeta è il gusto singolare che avea pel giuoco puerile delle parole; non v’ ha cosa che non sacrifichi al piacere di dire un’ arguzia ecc. ecc. […] In compenso però può oggi questo famoso poeta tralle altre sue glorie contare di essere stato dichiarato l’innamorata del tenero Sherlock che consiglia con tutto gusto e giudizio la gioventù.
Ma per timore dei potenti essi comparivano tinti di feccia per non essere ravvisati ». […] «Essendo Socrate mostrato sulla scena e nominato tratto tratto (della qual cosa non è da stupirsi perchè egli era ancora raffigurato nelle maschere degl’istrioni per essere stato spesse volte ritratto fin da’ Vasai) i forestieri andavano nel teatro domandando chi mai fosse quel Socrate.»
Ma per timore de’ potenti essi comparivano tinti di feccia per non essere ravvisati”. […] Furono in quest’epoca tutte le maschere stravaganti, mostruose, deformi, aliene dall’ essere umano.
Adunque non poteva essere stata letta prima a Cecilio già morto da un anno e più ancora. […] Sembra inutile dar pieni estratti delle sue commedie per essere troppo note, e temerità tradurne alcuni squarci per la difficoltà di conservarne le bellezze. […] Il loro dialogo non può essere più vago. […] Scorge da ciò ognuno, non essere stata più felice l’interpretazione del Farnabio. […] Quì sì che termina l’azione incominciata, e può essere acconciamente la fine dell’atto.
Torna poi Nibio arrabbiato per essere stato beffato, e cerca della cassa. […] Io voglio essere il capitano, ed ordinare l’esercito per la giornata. […] Pure se ciò fosse, di grazia potrebbe tale studio essere necessaria e vicina cagione di languidezza? […] Tu sai che d’altri che tuo non poso essere, quando bene ad altri sia dato. […] Se non mi siete ancor di letto, e non volete essermi per amore, mi siete pur di fede, e mi dovete essere per obbligo.
Adunque o le favole del Malara chiamate Tragedie n’ebbero il nome per l’abuso nazionale d’intitolare alla rinfusa le favole sceniche or Tragedie, or Commedie, or Tragicommedie: o esse non meritarono la stima de’ savj per essere state scritte secondo il gusto volgare, e non secondo il metodo degli Antichi. […] Il primo è che egli non ha riflettuto, che tra un Poeta Cristiano e i Tragici Gentili in sì fatte cose non corre uguaglianza veruna; perchè se questi introducevano i loro Numi sulla Scena, ciò facevano per essere essa fondata sulla Religione, pel qual motivo nelle loro utili e necessarie Apologie si scagliarono contro gli spettacoli Scenici i Tertulliani, gli Arnobj, i Lattanzj, i Cipriani, i Giustini Martiri. […] Questo forse vuol dire che la Critica tranquilla non merita di essere ascoltata? […] Ciò mi animava a sperare che la di lui Tragedia potesse essere regolare. […] Osservar le regole, ed essere sregolata, non è una manifesta antinomia?
Ne’ secoli scorsi si agitò in Italia con qualche calore: altri pretendendo, che dovesse piacersi a’ Dotti, altri, come il Castelvetro, che la Poesia dovesse essere popolare. […] di essere incessantemente imitato, e tradotto in Ispagna, in Alemagna, in Inghilterra, e principalmente in Italia? […] Lampillas è dichiarato protettore del Lope qual fu, e non del Lope che poteva essere. […] Aggiunse a ciò il Signorelli, che questo sarebbe bastato a Racine per essere applaudito nella Corte di Luigi XIV. […] Dietro all’amore della Principessa d’Inghilterra venne la passione più seria e continuata per due anni, che il Monarca ebbe per Madamigelle de la Valiere, colla quale, dice il nomato Storico, gustò il raro piacere di essere amato unicamente per se stesso.
Ma l’azione dovrebbe essere più vivace, il disegno più unito, lo sceneggiamento più connesso, l’entrare e l’uscire de’ personaggi più ragionevole, e soprattutto il costume più decente. […] Ah mio caro, ella risponde, sento venire alcuno, ho paura che ci osservino; sentite; io men vado fingendo di essere con voi in collera, seguitemi, ma non si presto, perchè non s’insospettiscano. […] Lo scioglimento è seguito, si è ricuperato il biglietton, se n’è destinato il guadagno, e mentre lo spettatore attende di essere congedato, comparisce nell’ultima scena un nuovo personaggio, un signor Antonio amante di Carolina, e incominciano esami, discussioni, proteste di amore e disinteresse, e tutto così a bell’agio come si farebbe nel bel mezzo della favola. […] Nella prima ha ben colorita la malvagità del dissoluti ridotta a sistema, vizio di moda degno di essere schernito e corretto.
Un perverso tutore (ecco il soggetto della prima) a condizione di non essere astretto a dar conto dell’amministrazione de’ beni d’Isabella sua pupilla che conta poco più di tre lustri, la sacrifica facendola sposa di un vecchiaccio caduco, mal sano, rantoloso che ne ha passati quattordici, ed ha atterrate tre altre mogli. […] Merita ben di essere dagli esteri conosciuta, singolarmente per le seguenti cose: per le piacevoli scene di Don Rocco col suo domestico Muñoz; per quelle d’Isabella col suo amante, e spezialmente per la 12 dell’atto I, e l’11 del II; per l’angustia d’Isabella astretta dal vecchio a parlare all’amante mentre egli da parte ascolta ed osserva, che benchè non nuova produce tutto l’effetto; per quella in cui Isabella ode il tiro di leva del vascello nel quale è imbarcato l’amante; e finalmente per l’aringa eccellente d’ Isabella, in cui svela i secreti del suo cuore al marito, detesta l’ inganno del tutore, assegna le ragioni di non aver ella parlato chiaro, rifondendone la cagione all’educazione che si dà alle donne onde si avvezzano alla dissimulazione. […] Mariano per essere stato sorpreso in un giuoco proibito, che porta in conseguenza il dolore della madre ed il matrimonio che non interessa di Flora con Fausto. […] Cristofano dopo essere stata ravvisata per una ostessa Granatina, sembra poco verisimile, e con un solo di lei biglietto poteva invitarsi D.
Napoli, Pierro, 1891, pag. 422) riporta l’elenco della Compagnia dei comici lombardi, che nel giugno del’47 Domenico Giannelli, il quale faceva i titoli delle recite del Costantini, offriva al Re ; e mette prima donna l’Elisabetta Passalacqua, e terza l’Elisabetta D’Afflisio, mentre è accertato non essere la Passalacqua fuorchè il soprannome di Elisabetta D’Afflisio.
Ecco, signori, le obiezioni che mi permetto di farvi : esse mi paiono fondate su l’amore del vero che deve sempre essere la base delle arti….
A questa continuata modificazione del principal tipo, Sciosciamocca deve forse la continuata ammirazione del pubblico, che sin dalla prima apparita al San Carlino rinnovato, lo compensò di tante miserie, di tante lagrime versate, sì da fargli scrivere nelle sue nuove Memorie (Napoli, 1899) : « Dopo tutto, l’essere riuscito a far tanto ridere…. gli altri, dava anche a me il diritto di ridere un poco. » E di qual riso !
Se non della grandezza del valor comico, abbiam certo una prova della versatilità dell’ingegno artistico dello Zecca in una sua lettera da Parma del 29 aprile 1646 al Duca di Mantova, a cui manda un libretto della prima opera cantata a Piacenza, ed altro ne manderà presto del compositore Marelli. « E mi dispiace – dice – non poter essere a Piacenza a sentirle, convenendomi recitar per interim in Parma da primo Zanni nella Compagnia dell’E.
Come donna non ho che del triste da ricordare ; come attrice, nulla che valga la pena d’essere ricordato.
Era nata la lor discordia, perche ciascuno di essi pretendeua d’essere stato il fondatore, il fabricatore della città di Bologna, e non hauendo chi desse sopra di ciò la sentenza erano quasi quasi venuti alle mani ; perciò tutti allegri del mio arriuo Con mille reverenze e mille inchini fattomi sedere pro tribunali, &c, volsero, ch’io gli fussi il Giudice ; e sul vero Ci voleua un tant’huomo in tanta lite. […] Quando al tempo antico io fui scacciato dal Regno da Gioue mio figliuolo, me n’andai vn gran pezzo ramingo pe ’l mondo, & il primo luogo, che mi paresse sicuro per habitarui, fù alle sponde del fiume, che hora si chiama Reno ; Quiui feci fabricare una Città, e conosciuto il paese per fertile, & abondante, la chiamai Felsina, quasi felix sinus, cioè luogo felice ; e perche gli abitatori di quella mi chiamauano Rè, io che sapevo d’essere stato scacciato dal Regno, rispondeuo Re nò, Re nò ; e di qui il fiume, che passa per la città di Felsina, fù dipoi sempre nominato Reno. […] che possiate essere accisi.
Chi ama di essere minutamente informato di siffatte cose, consulti le opere de’ riferiti scrittori. […] Coltivarono l’antica commedia varii altri comici non molto dai nominati lontani, come Cratete, Archesila, Cherilo, Eviso, Apollofane, Ipparco, Timocle, di cui Ateneo ci ha conservato un frammento in lode della tragedia, nel quale afferma essere agli uomini utilissima, e Timocreonte, il quale ebbe nimistà con Simonide Melico e con Temistocle Ateniese, contro di cui scrisse una commedia.
Gl’ interlocutori delle favole Cinesi sogliono essere otto o nove; ma i commedianti non sono più di quattro o cinque, e ciascuno di loro rappresenta due o tre parti. […] Si annunzia ad un personaggio la notizia di essere stato condannato a morte?
Un’ altra religiosa disperata che si avvelena per essere stata dal padre astretta a monacarsi, ha dipinta M. de la Harpe nella sua Melania. […] Nel Padre di famiglia del primo, nell’Eugenia del secondo, nel Figliuol prodigo del Voltaire non si vedono moribondi per mancanza di pane, testamenti, sentenze di morte, esecuzioni di disertori, nè un padre che si getta a rubar sulla pubblica via vicino ad essere impiccato.
Le guise di cassi come vogliano essere a far parere il petto morbido e far mostrar le mammelle o poco o meno. […] Ill. del favore ricevuto, spero in dio, che questa settimana che entra di essere spedito di miei interessi, e poi mettermi in viaggio a dio piacendo.
Luigi Riccoboni dopo di avere parlato delle condizioni artistiche, dell’ignoranza dei comici, della sudiceria dominante nelle commedie di allora (1690) dice : Una sola Compagnia in questa spaventosa decadenza serbò la modestia sul teatro ; ma il buon esempio non durò gran tempo per poter essere seguito dagli altri : essa lasciò l’Italia per recarsi in Germania a servizio dell’ Elettor di Baviera a Monaco e a Bruxelles, d’onde poi passò a Vienna in Austria al servizio dell’ Imperator Leopoldo e di Giuseppe Re de’ Romani. […] S. uedere se pol auersi quando no la supplico al solito lei prouedermene, e non andrà come l’anno scorso, mentre a Carneuale (se a Dio piace) dobbiamo essere a Ferrara.
Dati i versi del La Fontaine, l’articolo incensatore del Mercure de France, e l’impiego alla Corte di Sassonia, dovè certo Angelo Costantini essere salito in grandissima fama, tale da essere dal Watteau ritratto in ogni maniera, e solo e in compagnia de’comici italiani, tra’quali il più delle volte occupa il primo posto.
Dopo essere stata alcun tempo prima attrice a Roma con Vestri e Belli-Blanes, tornò, il’ 18, a Firenze, ove diventò primo ornamento della nuova Compagnia Nazionale Toscana. […] Io godo della vostra riputazione più che della mia : avete il suffragio dell’Italia, e voi non avete bisogno di me per avere un gran nome nell’arte vostra, pure non ho desiderato essere un buon tragico quanto adesso che conosco andare in voi le doti dell’animo del pari con quelle dell’ingegno.
Adunque egli racconta che Amore assottiglia il cervello, commedia in verso sciolto, doveva essere, contro ogni sua volontà, recitata l’estate del 1781 a Verona. […] Cessato di essere capocomico, si scritturò con Antonio Goldoni, primo attore con scelta di parti e direttore ; e con lui stette fino al '95, anno in cui passò con Luigi Perelli, col quale lo vediamo quell’ autunno al San Luca di Venezia sostenere per la prima volta le parti di padre.
Marzia ingannata dalle vesti crede che l’ucciso sia Giuba, il quale stando da parte dalle di lei querele comprende di essere amato. […] Cesare ( dice il legato ) vuol essere amico di Catone; proponetene il prezzo e le condizioni. […] Stà bene l’essere delicato a chi non ha pane! […] Per essere eletto non mi son fatto vedere per un mese più ubbriaco del mio cocchiere? […] Cibber altro attore inglese di non poco grido credeva di non essere a lui inferiore.
Torna poi Nibio arrabbiato per essere stato beffato, e cerca della cassa. […] Lo stile puro ed elegante della Calandra non può essere nè più grazioso nè più proprio per gli personaggi che vi s’imitano. […] Io voglio essere il capitano, ed ordinare l’esercito per la giornata. […] Tu sai che d’altri che tuo non posso essere quando bene ad altri sia dato. […] se non mi siete ancor di letto, e non volete essermi per amore, mi siete pur di fede, e mi dovete essere per obbligo.
Quello di Prassagora la riprende di essere uscita sì di buon’ ora senza di lui saputa. […] L’angustia di Mnesiloco vicino ad essere scoperto dovea produrre uno spettacolo assai piacevole. […] Cade infine il sospetto sulla finta donna, per non essere essa da veruno di loro conosciuta. […] Questi versi non possono essere imitazione di alcun passaggio di tragedia? […] Fidippide rimane in casa di Socrate per essere istruito.
.°, et seràno di gusto, per quello che può essere in questo tempo, et forsi chi sa ?
Salvatore, col pieno assentimento del parroco, il quale, degna persona, allontanato, per intolleranza anticristiana, dalla maggior parte de’ suoi confratelli, diceva che il mestiere di comica non le aveva impedito di essere cristiana, e che la terra era la nostra madre comune, come Gesù Cristo il Salvatore di tutto il mondo.
» Non si sa se Spezzaferro fosse ammogliato : ma nell’ Arlecchino, Re per caso (Scenario Biancolelli), avendo Spezzaferro domandato di essere governatore di una Piazza di frontiera, assicurando ch’egli la custodirebbe bene…. « Bravo !
finalmente : Irma Gramatica, intellettuale, colta, riuscì a comprendere il vero e, nell’ estrinsecazione di questo, rivelò tutte le virtù in un solo difetto che non cessa tuttavia di essere un pregio, nell’ esuberanza della passione ; riusci, affrontando ardue battaglie, a crearsi da sè senza eclettismi o plagi, senza emulazioni grette e fatali, studiando i proprj mezzi non in correlazione con quelli degli altri, ma accontentandosi di tradurli in atto equilibrandosi e interpretando ciò che è consentaneo alla sua tempra nervosa d’artista, al suo carattere di moderna, in una parola alle convulsioni della sua anima.
La notizia giunse a Venezia, e il carattere pacifico di quel pover uomo, ritirato, economo, che faceva il comico per guadagnarsi il pane, che obbediva ciecamente il capocomico, che non aveva nimici da dover temere d’essere accoppato, o difformato, suscitò in Venezia dé discorsi, e dé sospetti unanimi sopra il Gratarol.
Tutto il popolo abbisogna di essere educato perchè possa concordemente serbar gli statuti prescritti dal pubblico bene; corre perciò tutto il popolo alle biblioteche de’ filosofi? […] Vorrebbe sopratutto essere spoglio di ogni aria magistrale che riesce sempre nojosa, ed allettare il popolo che cerca ristoro dopo della fatiga. […] A me basterebbe che le mie vigilie o almeno i principii additati in questi primi fogli intorno al l’utilità e al l’eccellenza della drammatica ottenessero il frutto d’insinuare la necessità che hanno le società colte di preparare agli stranieri un Buon Teatro, che, in vece di essere un seminario di schifezze e di basse buffonerie, presenti una dilettevole polita scuola di educazione.
; la risposta martelliana dovette essere tale da smorzare gli entusiasmi di Manfredi: «Mi avete fatto passar la voglia di leggere le tragedie del Gravina colla descrizione che me ne fate. […] [1.135ED] Non è già vero che la tragedia manchi di avvenimenti che rechino meraviglia, ma voglion essere così ben tessuti che la riuscita sia verisimile ed in conseguenza la meraviglia che ne deriva sia ragionevole. […] [5.72ED] I castrati, oltre l’essere di voce agile e bella, si scelgano ancora di graziosa e non disgraziata presenza. […] Gravina, Della ragione poetica, p. 201 («Onde ci dispone verso il finto nel modo come sogliamo essere disposti verso il vero»; ivi, p. 202: «Quindi è che il poeta…»). […] La cittadina era celebre all’inizio del Settecento per essere la sede dei «Mémoires pour servir à l’histoire des sciences et des beaux-arts» («Journal de Trévoux»), redatto dai gesuiti del collegio parigino di Louis-le-Grand.
Ma quei successi rumorosi che avevano stabilita la fama dell’autore non dovevano nè potevano essere di troppa durata, poichè letterariamente le sue commedie valevan poco o punto….
Non rinuncio all’onore di essere stato il primo ad eseguire il Nerone, e di avere contribuito in parte, scusa la poca modestia, alla buona riuscita del lavoro.
Milanese, uno de’più forti artisti moderni per le parti di primo attore, cominciò nel 1867 a gittar la solida base del monumento ch’ei si sarebbe alzato più tardi, in Compagnia di Luigi Pezzana al fianco di Adelina Marchi, dopo di essere stato con Evaristo De Ogna, Michele Sivori e Michele Paone, impresario del Fondo di Napoli.
Domenico Locatelli era amato e stimato alla Corte, e il padre di Gueullette che lo sentì recitare, affermava essere stato valentissimo artista.
Il giovane studioso impara inutilmente, per esempio, ch’egli è assurda cosa il trovarsi Prometeo in tutta la rappresentazione alla vista dell’uditorio, essere gl’ interlucutori tutti numi e cose simili. […] Perchè dunque attribuire agli antichi i difetti che non hanno, oltre a quelli che hanno per essere stati i primi nell’arte? […] Ma la scena di Elettra con Oreste nell’atto quarto sommamente tenera merita di essere ammirata come degna di sì gran tragico. […] Questa non soffre avanti i suoi occhi il rifiuto, e l’ascolta senza essere veduta. […] L’altra scena di Jone e Creusa che termina l’atto quarto e che dovrebbe essere la prima del quinto, è una di quelle che meritano maggiore attenzione.
Così fece in Cadice il Pretore Balbo, il quale essendosi straricchito con inaudite estorsioni, rapine e ingiustizie, fe costruirvi un teatro con quattordici ordini di scalini per l’ordine equestre; e per potersi millantare di essere la scimia di Giulio Cesare, nell’ultimo giorno de’ giuochi donò l’anello d’oro all’istrione Erennio Gallo e lo fe sedere tra’ cavalieri164. […] Si sa per quali infami vie ottenne il favore di questo medesimo imperadore un altro famoso attore tragico chiamato Apelle, che giunse ad essere noverato tra’ suoi consiglieri. […] Si congettura essere stata scritta intorno al principio del sesto secolo sotto Teodosio II. […] Vero è che gli antichi poeti Ebrei, Davide, Salomone, Asaf, Eman ed altri, si crede che scrivessero ancora drammatici componimenti, e per tale senza contrasto è considerata la Cantica di Salomone, ma che simili poesie pervenissero ad essere spettacolo decorato per fare illusione e dilettare la moltitudine, non apparisce. […] Libere e delicate sono le amene lettere, ed amano di essere invitate con occhio cortese e con volto gioviale.
Ma come poteva questo Cavicchi giovine del 1820 essere il Cavicchi sentito recitar, già vecchio, nel 1824 dal Colomberti ? […] S., alla quale spero un giorno di essere perpetuo vassallo si come le sonno antichiss.º seruitore, posciachè il mio servitio comintiò sin l’anno 1583, nel cui tempo fui introdotto tenero giovineto a rappresentare alcune Comedie al Ser. […] Ma le opere per le quali dobbiamo essere grati a Pier Maria Cecchini son quelle d’indole didattica, nelle quali unicamente abbiamo, come più volte ho detto, l’idea ben chiara di quel che potesse essere il comico a quei tempi e il suo modo di recitare. […] Il secondo havertimento sarà, ch’ essendo sopragiunto in scena da un altro personaggio si taccia subito, non impedendo il luoco a quello che cominciar dee a parlare e troncar qual si voglia bel discorso per non lasciar mutto colui, che di novo è giunto, havertendo però chi dee uscire di star sin tanto che conoschi esser giunto al fine del suo raggionamento quello ch’ è in scena, e poi uscito, dir si puocho, che quello che dianzi parlava non resti come una statua, se però non deve dir cosa aspettante al soggetto, il quale ha molto bene da essere impresso nell’ascoltante, raccordandosi insieme ch’il dir breve e compendioso è quello solo che piace, et ch’ osservar si dee, non repplicando le cose dette più volte per non venir a noja, e secondo la necessità apporta la replica rassumer il discorso, si che solo si tocchi quello che già save il popolo.
Molto meno una locuzione bassa o mediocre, qual si permette alle Commedie, poteva essere l’oggetto dell’imitazione del nostro Poeta. […] Ed invero gli Attori pubblici, che non sogliono essere i più delicati rappresentatori, abbisognano di caratteri caricati, sforzati, di tinte forti, per trionfare della naturale rappresentazione de’ Neottolemi, de’ Satiri, de’ Poli, ed altri eccellenti Attori Greci.
Ma nell’istesso decreto del 1548, col quale si accordava la permissione di tali rappresentazioni, si prescrisse che dovessero essere puramente profane, e che mai più non vi si mescolassero le cose della religione. […] Molti squarci felici, tratti dalla sacra scrittura, notansi nella tragedia de’ Giudei e alcuni versi dell’Ippolito meritarono di essere inseriti da M.
Dennis, il famoso censore e nemico di Alessandro Pope, compose una tragedia condotta con ingegno e scritta in buono stile, intitolata Appio e Virginia, soggetto così spesso trattato in molte lingue moderne, ma con successo non troppo felice, per essere assai scarso d’incidenti e poco favorevole da potere per cinque atti tener attenti e sospesi gli animi degli spettatori. […] Ah, mio caro, ella risponde; sento venir qualcheduno: ho paura che ci osservino, che ci ascoltino: io men vado, fingendo di essere in collera con voi, ma non mi seguite sì presto ciocché non s’insospettiscono». […] Ma la Talestri opera scritta in italiano dall’augusta real principessa Maria Antonia Valburga di Baviera, elettrice vedova di Sassonia, merita gli elogi più distinti per essere stata messa in musica ed eseguita dalla medesima ingegnosa autrice. […] In ogni modo l’autore meritava di essere incoraggiato dalla nazione, invece d’esser perseguitato con isciocchi libelli efimeri, e proverbiato dalle medesime scene da’ grossolani compositori d’intermezzi insipidi e villani. […] Egli, quantunque giovane di buona indole, essendo sedotto da una donna da lui amata, ruba il suo padrone, assassina il suo zio benefattore, e finisce per essere impiccato.
Dopo una infinità di avventure in cui non sempre, stando al biografo, ebbe che vedere l’onestà, s’imbattè a Fano in una compagnia di comici d’infimo ordine ; nella quale spacciatosi per artista celebre, gli fu concesso di esordire, sotto la maschera dello Scaramuccia, nel Convitato di pietra : commedia da lui scelta e da lui prediletta, come quella in cui doveva essere una cena squisita. […] Lazzero1 ; è fuori di casa, senza un soldo e mi bisogna accomodarli di tempo in tempo qualche denaro, che m’incomoda, e con questo va qua e là, per non essere osservato, perchè non si fida, e teme, a ragione, della sua vita. […] mo Signore et mio Padrone Colendissimo Negli interessi della coscenza solo Idio può essere G[i]udice retto, et agli ochi di esso cui tutte le cose sono scoperte e presenti è dato di distinguere l’ombre dal lume, la mia che dalle imposture fatele si conosce incontaminata si apella dal giuditio de homini al tribunale del Altisimo, ne stia secho V. […] più diforme di quelo che mi sia acorto de avere provato deboleza per quella giovine di che ella mi accenna e vorei ridurele al non essere quello ch’ è fatto, ma non mi posso pentire di quello che io facio non esendo nè in ofesa di Dio, nè in scandolo de gli homini, e se la povera infelice è ridotta a ri sentire le angustie d’ una carcere per me è giusto per legie divina et homana io cerchi di solevarla chon il farla trasportare in uno altro convento dove sia esente dalla penuria in che si trova, e Sua Maestà ch’è un Prencipe nelle relacione incorotto non mi averebe conceduta la gratia se non avesse conosciuta per giusta la mia dimanda ; questa atione in facia de Dio e del mondo è da cristiano e da homo onorato, ciò non ripug(n)ando per pensiero ad una vita civile e da galantomo avendole io distinata una certa somma di denaro per maritarla. […] Il suo carattere è di essere spavaldo insieme e pauroso.
Tutto il popolo abbisogna di essere educato perchè possa concordemente serbar gli statuti prescritti dal pubblico bene; corre perciò tutto il popolo alle biblioteche de’ filosofi? […] Vorrebbe soprattutto essere spogliato di ogni aria magistrale che riesce sempre nojosa, ed allettare il popolo che cerca ristoro dopo della fatica. […] A me basterebbe che le mie vigilie o almeno i principi additati in questi primi fogli intorno all’ utilità e all’eccellenza della drammatica ottenessero il frutto d’ insinuare la necessità che hanno le società culte di preparare agli stranieri un buon teatro, che, in vece di essere un seminario di schifezze e di basse buffonerie, presenti una dilettevole polita scuola di educazione.
mo honorò hieri con la presenza sua la commedia della Flaminia, per essere sua vicina, con tutto che fosse invitato a quell’altra, che fu una pastorale bellissima, per quanto si dice, et si vidde Io a convertire in vacca, Giove e Giunone parlarono insieme : venne poi e spari la nebbia, Mercurio col sono adormentò Argo, et poi gli tagliò la testa, una Furia infernale fece venire in furia quella vacca, et infine fu di nuovo convertita in nimpha, et il padre ch’era un fiume, venne ancor lui, versando acqua, a fare la sua parte, et in un istante medesimo i pastori fecero le loro nozze et eccetera. […] A parte le iperboli del Valerini, la Vincenza Armani doveva essere davvero un essere eccezionale.
Il 1762 il Sacco passò al Sant’Angelo, e un anno dopo fu trattato dal Duca di Duras per la Comedia italiana di Parigi ; ma non vi si recò altrimenti, forse, a parer del Goldoni, per ragione d’interesse, volendo egli essere di punto in bianco ricevuto a parte (V. lettera di Goldoni al Marchese Albergati in fogli sparsi raccolti dallo Spinelli, pag. 119). […] Sul cadere dell’ 88 egli morì sopra una nave nel tragitto da Genova a Marsiglia ; ed ecco come la Gazzetta Urbana Veneta del 19 novembre 1788, n. 93 dà l’annunzio del triste caso : Quest’uomo famoso che ammirare si fece sino a'confini d’Europa : che fu chiamato fuori d’Italia, dove non intendesi la nostra lingua : che volar fece il suo nome appresso tutte le nazioni dove conoscesi e pregiasi la comic’ arte : che nelle nostre parti rese col suo valore angusti al concorso i maggiori teatri, è morto indigente nel suo tragitto da Genova a Marsiglia e il suo cadavere soggiacque al comune destino de'passeggieri marittimi, d’essere gettato in mare. […] Ma più ancor ne fa fede Giuseppe Baretti, non veramente sospetto di poca sincerità come potrebbe essere creduto il Gratarol per le sue relazioni con la Compagnia Sacco e il Conte Gozzi, in una sua lettera da Venezia del 14 aprile 1764 a Don Francesco Carcano, al quale raccomanda vivamente il Sacco che doveva recarsi giusto allora a Milano.
Se quest’ultima notizia è vera (di che non mi si è presentato sinora verun documento) non debbe essere avvenuto perchè Medea è malvagia e Giasone perfido e senza onestà. […] L’autore dell’Edipo latino sia per istile sia per condotta di azione, dimostra essere diverso da quello delle tre precedenti tragedie. […] L’apertura dello spettacolo, in vece di essere com’è in Sofocle una decorazione teatrale e un quadro compassionevole, quì si converte in una cicalata, in una declamazione di Edipo su i mali della peste ripetuti dal coro nell’atto I. […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non sono tradite dall’affettazione, benchè non mostrino di essere animate da que’ medesimi colori della natura che nella Troade e nella Medea enunciano la mano esperta di un valente pittore. […] Ovvero per essere decantato come giusto dovrà far ecco sempre alla folta schiera degli apologisti Spagnuoli, sieno essi tali di professione o mascherati da storici e da filosofi?»
Bon, cominciò a essere da lui protetto ; tanto che fu accolto nella Compagnia con due lire austriache al giorno, nella quale esordì a Parma col semplice annunzio : « Signor Conte, la carrozza è pronta : » annunzio che egli, ad attenuare la triste figura che avrebbe fatta d’innanzi a’compagni, allargò nel modo seguente : « Signor Conte, sapendo che Ella doveva andare in città per disbrigare molte faccende importanti, mi sono dato tutta la premura per fare approntare la carrozza ; e quando Ella comanda, è prontissima ed a sua disposizione.
Dopo di essere stato nel collegio de’ Gesuiti, determinò di darsi all’arte, esordendo in provincia, prima del 700, in una Compagnia diretta da Giuseppe Tortoriti, Pascariello, di cui sposò più tardi una delle figlie, Maria Angelica, nata a Parigi il 18 agosto 1696.
Nel '59, anno primo del suo capocomicato, fu a un punto di essere fucilato con tutti i suoi per ordine di Urban, governatore di Verona.
Scenario, a dir vero, il quale non mi dà l’idea di quel che potè essere la Isabella, valente, ed eloquente, che, proprio al momento della Pazzia, nell’atto terzo, si pone in mezo di Burat. e di Franc. dicendo voler loro dire cose di grandissima importanza. […] Circa poi a gl’ altri precetti, o modi di recitare, non mi par che dar si possi alcuna regola particolare. ma parlando generalmente diremo, presuposto che il recitante habbia bona pronuncia, bona uoce, et appropriata presenza, naturale, o artificiata che sia, che bisogna sempre che egli s’ingegni, di uariar gl’atti secondo la uarieta delle occasioni, et imitare non solamente il personaggio che egli rappresenta, ma anco lo stato in che quel tale, si mostra di essere in quell’ hora. […] Quanto alle qualita loro, a me pare, che abbiano molta maesta, et che siano molto conuenienti, quei modi de prologhi usati da gl’ antichi, cioè che in persona del poeta, eschi uno, togato, Et laureato, il cui habito richiede essere, non men sontuoso che graue. […] Le tragedie come credo auer altre uolte significato, non hanno propriamente ad essere destinte in atti [quantunque i moderni per propria autorita le diuidono] et i chori che in esse si fanno da poeti, sogliono seruire per quella parte, che hà da trascorrer di tempo tra un successo et l’altro. […] Progresso ci ha da essere, e certi convenzionalismi barocchi devono esser banditi.
Non mancando d’interesse ed essendo stata rappresentata assai bene nel 1750, malgrado di essere sfornita di veri colori comici, riuscì mirabilmente e si è anche recitata e tradotta altrove. […] Lepida è pure la sesta scena di Lisetta che scaltramente sa confessare a Dami di esser egli l’autore anonimo di una commedia che poi si sa di essere stata fischiata nella rappresentazione. […] Quest’uomo penetrante scorse negli sguardi di lui certa fierezza, e certa sorpresa di vedersi involto in panni rozzi; e ne argomentò di essere stato così trasformato a bella posta e smarrito. […] Trasse l’Abate da ciò indizio che potesse essere figlio o parente prossimo di qualche magistrato. […] Per indovinare donde effettivamente era venuto, si determinò a caminare a piedi, e scorse diverse città, senza che Teodoro mostrasse di essere mai stato in esse, pervennero a Tolosa.
Piena di movimento e di patetici colori è la scena di Alcinoe co’ genitori e con Mammolino, quando ella n’è divisa per andare ad essere esposta al mostro. […] Io so (dice Trasilla) di avere in mano il cor di Annibale che tu credi essere ne’ tuoi lacci. […] Il Pindaro di Savona Gabriele Chiabrera pubblicò in Genova la sua tragedia l’Erminia nel 1622, nella quale non rimane a veruno de’ precedenti inferiore per regolarità, per economia, per maneggio di affetti, sebbene manifesti di non aver nascendo sortiti talenti per divenire un gran tragico, come nato era per essere un gran poeta lirico. […] Nello stile cerca l’autore in ogni incontro con troppa superstiziosa cura la grandezza, la nobiltà, l’eleganza, e la ritrova alcune volte, ma cadendo spesso nell’affettazione di Seneca, per volere essere sempre grave sempre ricercato. […] Aristodemo ne ode la notizia col contegno di un eroe che sebbene sensibile alla sventura di Arena, ha pure il pubblico bene nel cuore, e mostra che se mancasse Arena (giacchè Licisco protesta non essere del suo sangue) non ricuserebbe di dar per vittima la figlia.
La favola consiste nel discoprimento e nella punizione di donna Monica e nell’esiglio di don Mariano per essere stato sorpreso in un giuoco proibito che porta in conseguenza il dolore della madre ed il matrimonio che non interessa punto di Flora con Fausto. […] La venuta di donna Monica nell’atto III in casa di don Cristofano dopo essere stata ravvisata per la stessa Granatina, sembra poco verisimile, e con un solo di lei biglietto poteva invitarsi don Mariano al giuoco e rimetterglisi le lettere falsificate di Fausto e Flora. […] Un perverso tutore a condizione di non essere astretto a dar conto dell’amministrazione de’ beni d’Isabella sua pupilla che conta poco più di tre lustri, la sacrifica facendola sposa di un vecchiaccio caduco mal sano rantoloso che ne ha passati quattordici ed ha atterrate tre altre mogli. […] Merita ben di essere dagli esteri conosciuta, e singolarmente per le seguenti cose. […] Ora quando a tali sainetti ossiano salse comiche sapessero i poeti dar la giusta forma e grandezza, essi a poco a poco introdurrebbero la bella commedia di Terenzio e Moliere, che con tentativo felice ebbero in mira Trigueros, Valdès, Yriarte e Moratin senza essere stati nè approvati nè seguiti.
Ma la di lui Melanida è una specie di romanzo fondato sul cangiamento di un nome, e troppo lontano dall’ essere commedia, benchè vi si trovi qualche situazione interessante. […] Non mancando d’interesse ed essendo stata rappresentata assai bene nel 1750, mal grado di essere sfornita di veri colori comici, riuscì mirabilmente, e si è anche recitata e tradotta altrove. […] L’azione è più semplice di quella della Pamela: ha di più il merito di essere bene scritta in versi: i costumi vi sono toccati con franchezza, le passioni dipinte delicatamente: lo scioglimento avviene senza la gran rivoluzione della condizione della fanciulla; perchè Nanina al più si trova figliuola di un soldato nato in una onesta famiglia, là dove il padre di Pamela nella commedia Italiana si scopre signore Scozzese. […] Lepida è pure la sesta scena di Lisetta, che scaltramente fa confessare a Dami di esser egli l’autore anonimo di una commedia che poi si sa di essere stata fischiata nella rappresentazione. […] Degne di essere singolarmente notate mi sembrano le seguenti scene: la terza dell’atto II piena di pitture naturali del gran mondo di Parigi; la settima dell’abboccamento di Valerio con Cleone; la nona dell’atto III che contiene un giuoco di teatro di Cleone il quale sottovoce ora anima Valerio a farsi credere uno stordito, ora fa notare a Geronte le di lui sciocchezze ed impertinenze; mentre che Valerio adopera tutta la sua industria per riescire a screditar se stesso, e Geronte s’ impazienta, freme, si pente e risolve di rompere ogni trattato.
Se incorreva in qualche disastro, imaginavasi di essere di tanta importanza al cielo ch’esso manderebbe all’improvviso una truppa di cotai geni per iscamparlo. […] Però, accumulando col pensiero tutti i beni che a ciascun senso appartengono, e il numero loro e l’intensità quanto si può amplificando, giunsero a inventare i favolosi paradisi, ovvero sia luoghi di delizie, i quali sappiamo a tutte le nazioni essere stati comuni. […] Quando l’immaginazione a scioglier il nodo altre vie non sa rinvenire che le ordinarie, l’invenzione non può a meno di non essere imbarazzata e ristretta, ma qualora ne abbia essa la facilità di snodar per macchina ogni evento, avendo alla mano il soccorso di codeste intelligenze invisibili, i suoi voli diventano più ardimentosi e più liberi, e l’invenzione più pellegrina. […] I sagrifizi più graditi che gli si offerivano erano l’anime degli uomini uccisi in battaglia, come il premio che si riserbava nell’altra vita ai più prodi campioni era quello di bere un nettare delizioso presentato loro nel cranio de’ propri nemici dalle Ouris, ninfe di sovrumana bellezza destinate per sin nel cielo ad essere il più caro oggetto di godimento, ovunque una religione falsa e brutale consulta piuttosto i sensi dell’uomo che la ragione.
Nulla le manca ad essere nel numero delle valenti, fuorchè un esercizio più lungo, mancanza a cui il tempo porrà quanto prima il compenso ; ma intanto è dolce il vederla con merito vero rappresentare i suoi caratteri, e troppo bello e giocondo il difetto, che alcun rigido osservatore in qualche parte le addossa, d’essere cioè troppo giovine. […] Mi direte essere difficile il trovare persone oneste ; ma vi dirò francamente non esserne al tutto priva la drammatica arte. […] Io fui incombenzato di scrivere a te se vuoi essere la prima attrice di codesta Compagnia ; sai quanto i Romani ti amano, ed apprezzano il tuo merito singolare….
A Napoli, nel ’79, dopo di essere già stata il ’75 e ’76 con Icilio Brunetti (V.), il ’77-’78 con Ettore Dondini e Adolfo Drago, e il ’78-’79 con Ciotti e Belli-Blanes, sostenendo le parti di amorosa or con la Piamonti, or con la Pasquali che tal volta sostituì nelle parti di prima attrice, si faceva notare al fianco della Pezzana, del Majeroni, di Emanuel, per la spontaneità e sincerità della dizione, per la intelligenza artistica educata e carezzata. […] strascicati, nasali, le alzate in punta di piedi, e altrettali cose, che se, per essere spontanee, non segnaron nella Duse un gran difetto, non furon quelle nè meno da doversi prendere a modello per uno sperato progredir nell’arte. […] — Sono anch’io un poco come quel tale, che finiva per essere sempre dell’opinione dell’ultimo che parlava, e per prova, mentre Le scrivo, mi si dice che al Teatro Milanese c’è modo di passare nna serata come nel migliore dei mondi possibili — e io ci credo — senza discutere — e ci vado — senza entusiasmo e senza resistenza. […] Già io adoro i paesi di mare…… Il 19 luglio ’84 dalla montagna (Brozzo – Ivrea) : …… Da quest’altezza…. modesta e pur considerevole (900 metri) – da questo profumo – l’odore puro, direi immacolato della montagna, da questo verde che riposa l’occhio irritato dalla luce del gas della città – da quest’aria che rimette a nuovo i polmoni affaticati – e calma le febbri sorde che dà il contatto con la città…. mi sento rinascere – buona – senza pretesa – con poche vesti, con pochi quattrini – con molte idee – con molto senso di pietà e di perdono – verso tutto quello che ci turba e ci profana…… Il 23 luglio dell’ ’86 da Varazze : …… eccomi qua – con una mano scrivendo, e con l’altra dando giocattoli a una bella piccina – di cui non sono la mamma che a certe ore, mentre per il più della giornata, io faccio il possibile per essere bambina…. creatura di pochi anni e di molto sorriso, come lei.
Forse farà ombra a Milano il tuo essere da Bergamo : ma Domeniconi ti ha tanto navigato che della natura prima non ti deve esser rimasto neppur l’odore.
Ebbe l’onore d’essere all’attual servizio delle serenissime altezze di Alessandro ed Orazio Farnesi Principi di Parma, ai quali dedicò una commedia d’origine spagnuola da lei tradotta in italiano, che porta per titolo : Di bene in meglio stampata in Venezia per Matteo Leni l’anno 1656 in forma di ottavo.
Molti son miseri vivono a stento, ma tutti pagano l’abbonamento ; e raziocinano che l’associato non potrà essere mai maltrattato.
Ad onta di tal’incertezza l’erudito Montiano nel secondo suo discorso sopra le tragedie vorrebbe con questo Tanco contrastare agl’italiani l’anteriorità della tragedia, dicendo che la di lui «gioventù poteva essere intorno al 1502» (epoca, com’ei crede, della prima tragedia degl’italiani), «perché non vi é specie che ripugni all’esser nato Vasco nel 1500», e in questo malfondato raziocinio fu seguito dal Compilator del Parnasso Spagnuolo. Né l’uno né l’altro si avvide che un può essere in buona Loica mai non produce per conseguenza un é. […] L’autore le chiamò «prime tragedie spagnuole», e non era vano il vanto, ben meritando il titolo di prime per essere originali, dove che quelle di Perez erano traduzioni.
La togata propria era seria, e corrisponderebbe alla moderna commedia nobile, e talvolta giugneva ad essere pretestata, a cagione de’ personaggi cospicui che soleva ammettere, ed anche trabeata, così detta dall’antica trabea reale degli auguri e de’ re. […] Pisone, il quale fu in procinto di essere acclamato imperadore e sostituito a Nerone, se la congiura di tanti illustri Romani non si fosse scoperta, soleva esercitarsi a rappresentar tragedie137. […] Batillo favorito da Mecenate giunse a far bandire da Roma e dall’Italia il suo emulo Pilade, benchè Suetonio ci dica essere costui stato esiliato, per avere dalla scena mostrato a dito uno degli spettatori che lo beffeggiava.
Tali i due Tempj, de’ quali il primo semplice, grave, e solido contiene sei colonne in facciata, ed altrettante dalla parte opposta, e si allontana dalla maniera dorica greca, e dall’ordine toscano de’ tempi posteriori, ed il secondo tempio più picciolo, che dinota di essere stato da’ Toscani eretto posteriormente, quando già essi sapevano congiungere colla solidità il gusto di ornare. […] Ennio, la cui Medea esule fe dire a Cicerone (de Finibus) non potervi essere alcuno così nemico del nome Romano che ardisca sprezzar questa tragedia: Pacuvio che colle sue tragedie procacciossi rinomanza di dotto conservata anche a’ tempi di Augusto1: Accio tanto encomiato pel suo Atreo che meritò il nome di sublime per detto di Orazio, e di Quintiliano; che Acrone non esitò di anteporre ad Euripide; che fu in fine da Columella collocato accanto a Virgilio, riconoscendo in entrambi i poeti più grandi del Lazio: tali tragici, dico, esaltati da’ migliori scrittori di Roma, debbono convincerci che la maestà dell’idioma latino, l’eroismo proprio de’ Romani, lo spirito di sublimità che gli elevava sin da’ principii dell’arte, gli facesse assai più riescir nella tragedia che nella commedia.
Gl’interlocutori delle favole Cinesi sogliono essere otto o nove; ma i commedianti non sono più di quattro o cinque, e ciascuno di loro rappresenta due o tre parti. […] Si annuncia ad un personaggio la notizia di essere stato condannato a morte?
Pure in una parte del IV e nel V intero torna l’interesse ad essere tutto per Filli. […] Comprendono di essere stati aggirati, ricuperano la tranquillità, e si confermano nel proposito di sposarsi come il padre di Gelopea condiscenda alle nozze.
Un’altra religiosa disperata che si avvelena per essere stata dal padre astretta a monacarsi, dipinse il prenominato La Harpe nella sua Melania. […] Nel Padre di famiglia del primo, nell’Eugenia del secondo, nel Figliuol prodigo del Voltaire non si vedono moribondi per mancanza di pane, testamenti, sentenze di morte, esecuzioni di disertori, non un padre che si getta a rubare sulla pubblica via vicino ad essere impiccato.
A questi inconvenienti comuni a tutti coloro che pubblicano i loro travagli, aggiungansi quelli che seco porta nel presente Discorso la distanza dell’Autore, e l’uso indispensabile de’ passi di varj idiomi e specialmente Spagnuoli, la cui ortografia non suole essere abbastanza famigliare in qualche paese.
Dico solo di passagio quanto alla prima parte, che siccome i Napoletani, i Toscani, i Parmigiani, i Milanesi, i Corsi, per essere sottoposti al dominio spagnuolo, alemanno e francese, non si chiamarono mai spagnuoli, Alemanni, o Francesi; così i conti di Barcellona non faranno che i Provenzali chiaminsi spagnuoli.
Dico solo di passaggio quanto alla prima parte, che siccome i Napoletani, i Toscani, i Parmigiani, i Milanesi, i Corsi, per essere sottoposti al dominio Spagnuolo, Alemanno e Francese, non si chiamarono mai Spagnuoli, Alemanni, o Francesi, così i conti di Barcellona non faranno che i Provenzali chiaminsi Spagnuoli.
Alessandro Ademollo pubblica ne’suoi Teatri di Roma nel secolo decimosettimo (Roma, Pasqualucci, 1888, pag. 137) un documento curioso concernente l’Adami, dal quale apprendiamo lei essere stata non mademoiselle, ma la moglie di Trappolino, che l’Ademollo non è alieno dal ritenere per G.
Ella può essere colla stessa facilità comica e drammatica : sostiene per lo più la parte di Aurelia.
Non potendo ella sopra il mio credito di circa duemila lire somministrarmi scudi settanta fiorentini, che mi necessitano pel pagamento degli impegni da me contratti qui in Firenze, nè tampoco pagarmi il costo della vettura pel trasporto di me e mia famiglia fino a Forli, crescendo d’ora in ora i miei bisogni, nè trovando conciliabili i suoi mezzi pecuniarj con le esigenze della Compagnia tutta, io sono costretto a prevenirla essere per me di necessità di provvedere sull’istante ai bisogni della mia esistenza, a quelli di mia moglie, de’miei quattro figli, non potendo più sostenermi in siffatta pendenza.
E in vario tempo, con varia fortuna, fecer parte della famiglia attori pregievoli come il Gandini, il Mingoni, il Vedova : a poco a poco dai villaggi della Svizzera si passò alle grandi città d’Italia, dal Sior Serafin Bonigolo si passò al più bel repertorio goldoniano, e quel mezzo drappello di zingari, perseverante e animoso, si conquistò il diritto di essere annoverato fra le Compagnie drammatiche propriamente dette.
Nacque a Vicenza nel 1717 circa ; e dopo di essere stato soldato in una compagnia di dragoni, si diede al teatro, sostenendovi mirabilmente le parti di Pantalone.
In esse ha egli procurato d’essere spiritoso, ma non osceno ; pungente, ma non satirico.
Il 19 maggio dell’87 furon date dieci doppie per ciascuno a Giuseppe e Marzia Fiala, a Gaetano Caccia e a Bernardo Narici ; e il 23, dodici doppie a Marzia Fiala per essere distribuite in ragione di sei a Gabionetto e sua moglie (?)
Ma il concetto della parte era sempre qual si doveva, e si mostrasse egli come Esopo, o Padre Prodigo, o Bernard, o Cavalier di Spirito, o Fabrizio, o Bolingbrocke, o Carlo V o Camillo Blana, o altro…. se non potè essere per l’ orecchio del pubblico attore eccellente, fu certo e sempre pel suo cervello eccellente artista.
Essendosi incendiato presso la loro casa un fondaco di legname, tre dei quattro fratelli, ancora ragazzi, accorsero fra i primi ; e cacciandosi in mezzo alle fiamme, riuscirono a trasportare parecchie travi non ancora divampanti portandosele come fossero fusicchè togliendogli esca, il fuoco potè essere più facilmente domato.
Fui accolta a braccia aperte da lei, che nelle parole e negli atti, non poteva essere più cortese e obbligante.
Curioso il metodo di cura seguito scrupolosamente. « Io prendo — scrive — l’acqua col litro la mattina, sugo di portullona e piantagine, e li protesto che la fame la patischo, voglio un poco vedere cosa è per essere. » Il marzo del '25 era novamente in Bologna, d’onde prega il solito medico di disimpegnargli un abito scarlatto, ricamato d’argento, senza il quale non può cominciar le recite, promettendogli di restituirgli il denaro che dovrà sborsare, non appena sarà a recitare a Ravenna ov'è un regalo di cento Filippi.
E perché in tale occasione molte e varie cose furono disputate intorno alla materia di che convenga fabbricare il teatro, intorno alla grandezza e figura di che ha da essere, intorno alla disposizione dei palchetti e ornato loro, non sarà fuori del presente argomento toccare anche di simili particolari alcuna cosa; acciocchè se, per quanto era in noi, si è dichiarata la vera forma dell’opera in musica, si venga a dichiarare eziandio la più accomodata forma del luogo ove si ha da vedere et udire. […] Niente vi ha da impedire la veduta; niun luogo, per picciolo ch’e’ sia, ci ha da rimanere perduto; e gli spettatori debbono far parte anch’essi dello spettacolo ed essere in vista, come i libri negli scaffali di una biblioteca, come le gemme ne’ castoni del gioiello.
Quel bagagliume non la riguarda ; lei sente che il momento umano, della situazione e del carattere, non deve essere alterato da impeti vanitosi che non hanno nè la ragione nè il sentimento dell’arte ; lei sente che i prontuari, le tradizioni, le pratiche di quel mondo artificiale non hanno il potente alito di vita della creatura fatta ad imagine e similitudine ; lei sente che l’applauso del pubblico, dal mormorio di approvazione al grido entusiastico, deve prorompere spontaneo, non deve essere strappato con le tenaglie arroventate del mestiere ; e per quanto non abbia dato finora delle interpretazioni complete, nel tono generale della recitazione della Tina Di Lorenzo si vede questo che è la pura bellezza dell’arte della scena ; vivere una creatura, non fare una parte con tutti gli annessi e connessi del macchinario, e si scorge nella dizione, dalla piana a quella che si eleva nel vario erompere di una passione, nel vario avvicendarsi di una situazione ; e si scorge nel modo di concludere la frase, senza finali di maniera ; e si scorge nello sprezzo, costante, tenace, di quelle note stridenti, le quali anche a volte, rarissime, innocenti, riuscirebbero all’effetto dell’applauso plateale …… Dal terzo articolo : « quello che non c’è.
Debbo avvertire bensì, che scrivendo io la storia dell’arte e non degli artefici, vana riuscirebbe la speranza di chiunque vi cercasse per entro quelle minute indagini intorno al nome, cognome, patria, nascita e morte degli autori, di tutte quante le opere, ch’essi pubblicarono, delle varie edizioni e tai cose che sogliono essere le più care delizie degli eruditi a nostri tempi. […] Quanto a me animato perfettamente da spirito repubblicano in punto di lettere ho sempre stimato, che la verità e la libertà debbano essere l’unica insegna di chi non vuol avvilire il rispettabile nome d’autore: ho creduto, che l’accondiscender ai pregiudizi divenga egualmente nuocevole agli avanzamenti del gusto di quella che lo sia ai’ progressi della morale il patteggiare coi vizi: ho pensato, che la verace stima verso una nazione non meno che verso le persone private non si manifesti con cerimoniosi e mentiti riguardi, figli per lo più dell’interesse, o della paura, ma col renderle senza invidia la giustizia che merita, e col dirle senza timore le verità di cui abbisognai ho giudicato, che siccome l’amico, che riprende, palesa più sincera affezione che non il cortigiano che adula, così più vantaggiosa opinione dimostra ad altrui chi capace il crede d’ascoltar ragione in causa propria che non faccia quell’altro, il quale tanto acciecato il suppone dall’amor proprio che non possa sostener a viso fermo l’aspetto della verità conosciuta: mi sono finalmente avvisato, che se il rispetto per un particolare mi sollecitava a usare di qualche parzialità, il rispetto vieppiù grande che deggio avere per il pubblico , mi vietava il farlo, facendomi vedere cotal parzialità biasimevole, e ingiusta. […] Ma limitato unicamente alla pratica non volle, o non seppe risalire fino a’ principi, come forse avrebbe dovuto fare per meritar l’onore d’essere annoverato fra i critici di prima sfera.
E per ribatterla vi si accinge; non col mostrare p. e. un bel passo patetico visto e notato da Rapin, in cui si manifestasse fornito di cuore, ma con allegare un sereno sensato ragionamento, in cui Rapin giudiziosamente afferma che lo Spettatore vuole essere commosso. […] Su tal fondamento possiamo distinguere gli uomini in tre classi: la prima di quelli che riflettono senza curarsi di sentire, come il Dotto imperturbabile; la seconda di coloro che sentono unicamente senza neppure accorgersene, come i selvaggi, i fanciulli, i volgari; la terza di quei, che senza immollare le ali alla sensibilità, fanno servire la Natura e la riflessione, il Cuore e la Mente, a guardarsi dagli errori, e ad essere più sensibili, e perciò più socievoli, più compassivi, più uomini in somma, che pretese divinità. […] Ma essa apporta un piacere, che in ciascuna rappresentazione va scemando, perchè cessa di essere sorpresa.
E come potrà egli essere sensatamente composto e scritto, se quegli che dovrebbono ubbidire sono pur essi che dettan leggi e comandano?
La scarsa cognizione della lingua toglieva al l’equipaggio di Cook l’opportunità di distinguere per mezzo delle parole ciò che poteva essere un canto accompagnato dal ballo, da ciò che avrebbe potuto chiamarsi specie di dramma ancorchè informe.
Ma senza dubbio esse dovean ricercarsi nella soverchia dimestichezza che il Coralli aveva con Teodora Ricci, moglie del Bartoli ; dimestichezza che fece montare su tutte le furie il Sacco, vecchio ottuagenario, che della giovane artista era bestialmente invaghito, e che assalì con mortificazioni e sgarbi di ogni specie il Coralli, il quale dovè ricorrere alla protezione del Gozzi : e sarebbe rimasto senza dubbio in compagnia, nonostante l’ invelenimento del Sacco, se, pel timore di essere definitivamente scacciato, non avesse ricorso a uno strattagemma volgare di cui fu vittima un bravo e onesto comico della compagnia.
Dopo i felici studi de’ tuoi primi anni e le alate speranze che li accompagnavano ; dopo il getto magnanimo che tu facesti d’ogni grado accademico per abbracciarti alla grande e funesta Deità dell’arte ; dopo aver lietamente sostenute le ansie e le privazioni a cui essa sottopone i suoi devoti, mirarti oggi, o amico dolcissimo, nell’età che suole essere più fruttuosa e serena, inerte cadavere dinanzi a noi, è pietà inenarrabile.
Io son pur sempre d’avviso che come s’è detto pel Pasquati e per altri, le grandi personalità artistiche potessero essere sballottate da una compagnia all’altra, secondo il volere, o, almeno, il desiderio delle Loro Altezze capocomiche.
Le tragedie di questo Pomponio, dal Marchese Maffei nella Verona illustrata tenuto per Veronese, furono sopra ogni altra pregiate per l’erudizione e per l’ eleganza, benchè i vecchi l’accusavano di non essere abbastanza tragico121 (Nota IX). […] L’apertura dello spettacolo, in vece di essere una decorazione teatrale e un quadro compassionevole, come è in Sofocle, quì si converte in una cicalata, in una declamazione di Edipo su i mali della peste ripetuti dal coro nell’ atto primo. […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non sono tradite dall’affettazione, benchè non mostrino di essere animate con que’ colori della natura che nella Troade e nella Medea enunciano la mano esperta di un buon pittore. […] A taluno parrà soverchio lunga; ma se in qualche occorrenza è permesso al poeta drammatico di adornare ed essere pomposo, egli è in simil congiuntura, in cui l’orrore del luogo ben dipinto contribuisce a destare l’orrore del misfatto. […] Ovvero per essere sempre decantato come giusto, dovrà egli dire soltanto quel che vogliono gli apologisti, sieno essi di professione tali, o mascherati da storici e da filosofi?
Piena di movimento e di patetici colori è la scena di Alcinoe co’ genitori e con Mammolino, quando ella n’è divisa per andare ad essere esposta al mostro. […] Io so (dice Trasilla) d’ avere in mano il cor d’Annibale che tu credi essere ne’ tuoi lacci. […] Tiberio Gambaruti d’ Alessandria morto nel 1623 pubblicò la Regina Teano: Filippo Finella filosofo Napoletano pubblicò nel 1617 la Cesonia e nel 1627 la Giudea distrutta da Vespasiano e Tito: Ettore Pignatelli cavaliere Napoletano compose co’ materiali del greco romanzo di Eliodoro di Cariclea e Teagene la sua tragedia la Carichia che uscì alla luce delle stampe in Napoli nel 162759: il Luzzago pubblicò l’Edelfa nel 1627: il Pistojese Francesco Bracciolini la Pentesilea, l’Evandro, l’Arpalice: il Bolognese Batista Manzini la Flerida gelosa mentovata dal Ghilini: Melchiorre Zoppio anche Bolognese fondatore dell’Accademia de’ Gelati morto nel 1634, il quale mostrò troppo amore per le arguzie, ne compose cinque, Medea, Admeto, i Perigli della Regina Creusa, il Re Meandro, e Giuliano; ma il suo Diogene accusato che il Ghilini credè tragedia, è una commedia in versi di cinque, di sette e di nove sillabe, e s’impresse nel 1598: ed il Pindaro di Savona Gabriele Chiabrera pubblicò in Genova la sua tragedia Erminia nel 1622, nella quale non rimane a veruno de’ precedenti inferiore per regolarità, per economia, per maneggio d’affetti, sebbene manifesti di non aver nascendo sortiti talenti per esser un gran tragico, come era nato per essere un gran lirico. […] Nello stile cerca l’autore in ogni incontro con troppo superstiziosa cura la grandezza, la nobiltà, l’ eleganza, e la ritrova alcune volte, ma cadendo spesso nell’affettazione di Seneca, per volere essere sempre grave, sempre ricercato.
Qui, come in tutta la produzione letteraria dell’Andreini, è gusto per tutti i palati : chè a dare un’occhiata alle sue opere, si potrebbe affermare non essere in alcuna di esse l’espressione ben chiara dell’ animo suo, tanto son esse d’indole svariata. […] A Bologna, nel 1642, pubblica per Nicolò Tebaldini, e dedica a Ferdinando II, Granduca di Toscana, un poemone in 25 canti, che vorrebbe essere comico, intitolato l’Olivastro, o vero Il Poeta sfortunato, a proposito del quale apprendiamo dal Bartoli (Introd. […] Dovrà tutto il cielo essere stellato, e ’n mezo alle stelle esser dovrà la Luna in plenilunio situata ; e ’n così fatta congiuntura apparirà il Favor Divino in Prologo, sovra carro luminoso in eccesso, e tutto a stelle ornato ; retto il carro da nubi e d’oro e d’argento ; e le nubi parimente sostenute saranno da duo angioli ; e qualora il Prologo, tra questi tre musicalmente al fine sarà per ridursi, così a poco a poco spariranno le stelle, e dal mar sorta l’aurora, e poi dopo l’aurora il Sole, partito il Prologo all’usanza di sinfonie melodiose, l’apparato che marittimo tutto era, rappresenterassi dalle parti in Palazzi sublimi, e nel mezzo poi la residenza di Maddalena, superbissima al possibile. […] Ma più notevole di tutte per effetto teatrale deve essere stata la scena nona del terzo atto, l’ultima cioè del lavoro, nella quale Maddalena ha modo davvero di mostrar tutta la potenza sua in un monologo, che, se ne togli il fraseggiare gonfio e bislacco, portato naturale del tempo in cui fu scritto, a me pare teatralmente perfetto.
Or perchè increbbe al catalano Saverio Lampillas, che uno straniero provvedesse a quest’interesse della gioventù che non merita di essere ingannata? […] Non si avvidero questi eruditi che un può essere in buona logica non mai produce per conseguenza un è. […] Nè ciò si dice perchè importi gran fatto l’esser primo, essendo i saggi ben persuasi che vale più di essere ultimo come Euripide o Racine o Metastasio, che anteriore come Senocle o Hardy o Hann Sachs. […] Nè anche questa però può dirsi essere stata tragedia vera; perchè il medesimo Cueva confessa che le tragedie del Malara non erano scritte secondo il metodo degli antichi , ma secondo il gusto nazionale . […] Bisognerebbe essere impastato, com’egli è, d’impudenza e malignità, per confondere nella mia Storia l’Accademia di Madrid che fioriva sin dal declinar del secolo XVI e cominciar del XVII con l’altra quivi pure incominciata sul finir del terzo lustro del secolo XVIII instituita da Filippo V.
Questi sono, a dir vero, abbozzi di poesie teatrali, anzi che vere tragedie e commedie, Ma non é nondimeno picciola lode l’avere pur cominciato, aprendo così la strada a’ valorosi poeti, che venner poscia; e anche che in quello, come in quasi ogni altro genere di letteratura, non si può contrastare all’Italia il vanto di essere stata maestra di tutte l’altre nazioni.»
La Sofonisba di Cornelio (disse ottimamente il Conte Pietro da Calepio) per essere feroce e non sentire alcuno affetto pel marito abbandonato, si rende meno atta a farsi compatire.
Nel luogo selvoso, ov’era Populonia una delle dodici principali città dell’Etruria, appajono molte vestigia di sì famosa città, e specialmente una porzione di un grande anfiteatro, che si congettura essere stato tutto di marmi: tralla Torre di San Vincenzo ed il promontorio dove era la nomata Populonia, veggonsi le reliquie di un altro anfiteatro, presso al quale giaceva un gran pezzo di marmo con lettere Etrusche: di un altro osservansi i rottami fralle antichità della città di Volterra5, Del magistero degli Etruschi nel dipingere, oltre ai vasi coloriti, de’ quali favella il Maffei6 e ad altri posteriormente scoperti, ci accerta il lodato Plinio7, affermando che quando in Grecia cominciava la pittura a dirozzarsi, cioè a’ tempi di Romolo, non avendo il Greco pittore Butarco dipinto prima dell’ olimpiade XVIII, in Italia già quest’arte incantatrice era perfetta, e le pitture di Ardea, di Lanuvio e di Cere erano più antiche di Roma fondata, secondo la cronologia del Petavio, nella VI olimpiade8.
), da cui desumiamo le presenti notizie, fa seguir queste altre : Veramente parrebbe audacia sostener parti di amorosa a quarant’anni col fisico descrito dall’anonimo e colla voce non limpida : nè le grazie della persona, nè la soavità della voce possono essere sostituite da checchessia.
E la ragione di tale impossibilità è così descritta dal Gherardi stesso nel principio della premessa all’opera sua : Non si creda di trovare in questa raccolta delle intere comedie, poichè la comedia dell’ arte non potrebbe essere pubblicata distesamente.
Sostituì il Talli nel '96 con Sichel e Tovagliari, e fu il '97-'98 con Paladini e la Mariani, da cui si tolse, per entrarvi poi il '900, dopo di essere stato un anno in società con Sichel e Zoppetti.
Madama Medebach si fece veder in piedi ed in buon essere il di di Natale ; ma quando seppe che si era affissata pel giorno appresso La Locandiera, commedia nuova fatta per Corallina, andò a rimettersi in letto con convulsioni di nuova invenzione, che facevano impazzire sua Madre, suo marito, i suoi parenti ed i suoi domestici.
O quanti Edipi, quanti Eteocli, quanti Filippi, quanti Agamennoni si terrebbero fortunati di essere Meneghini !
Se non avessi paura di essere frainteso, direi che Virginia Reiter non ha voluto abbandonar compiutamente la scuola di taluna che la precedette, nè accettar a occhi chiusi tutti i canoni, tal volta a base di oppio, dell’arte moderna….
Ma gli scriventi, dopo di avere annunziato essere in trattative con certo Don Ferdinando Baldese per la stagione di Pasqua a Napoli, ove sarebbero andati a tutte sue spese con teatro e abitazione per la Compagnia, pagati, e con altre condizioni molto vantaggiose, si dichiarano pronti a eseguire gli ordini di Sua Altezza, raccomandandosi in ogni modo, acciocchè voglia somministrar loro il bisognevole per fare un viaggio tanto dispendioso.
A questo punto lascio la parola a Luigi Pietracqua, che da proto della Gazzetta del Popolo, passò ad essere il più forte autore del Teatro piemontese, per sentimento di modernità, accoppiato alla più ardente passione (traduco dalla gazzetta dialettale 'l birichin del 5 settembre 1896) : Una figurina slanciata, sottile e dritta, e così naturalmente elegante, che si sarebbe detta modellata da Fidia o da Prassitele.
Questo è di avvilir la dignità delle muse, adulando i potenti degni talvolta d’essere incoronati dalle mani del genio, ma per lo più stimatori ingiusti del vero merito, e che avvezzi a non pregiare altro fuorché le distinzioni della fortuna, riguardano l’uomo di talento come un pappagallo, una scimia, o qualche strano animale, cui si dà volentieri da mangiare purché divertano il padrone. Più comune dovea essere siffatto costume a que’ tempi, ove i gran signori ignoranti per educazione e orgogliosi per sistema non conoscevano altro merito al mondo se non quello della nobiltà, né altro mestiere fuorché la guerra. […] [8] Chiunque vorrà prendersi il pensiero d’esaminare la poesia provenzale troverà ch’essa non era affatto priva d’una certa mollezza, né di certi piccoli vezzi propri di quella lingua, ma troverà nel tempo stesso che il suo gran difetto era quello d’essere troppo uniforme, e di sembrar fatta dai poeti sopra un unico getto. […] L’allegrezza dunque e l’amore, gemelli figli della fisica sensibilità, dovettero essere le primitive cagioni della unione di codeste arti gentili. […] La Dea nel presentarlo ai sovrani disse cantando essere quel cervo l’incauto Atteone trasformato in simil guisa, ma che dovea nella sua disavventura reputarsi fortunato abbastanza, poiché dopo aver cessato di vivere meritava essere offerto a così saggia e così amabile sposa.
Da ciò si vede che dominava allora in Francia la commedia d’intrigo senza essere pervenuta al punto ove l’aveva portata in Italia il celebre Giambatista della Porta. […] Sino alla state del 1662 diede Moliere al teatro il Principe geloso, in cui riuscì male come attore e come poeta; la Scuola de’ mariti tratta principalmente da Giovanni Boccaccio, la cui riuscita consolò l’autore, e cancellò la svantaggiosa impressione della favola precedente; e gl’Importuni commedia in cui non trovasi altra connessione se non quella che si vede in una galleria di bei ritratti; ma pure si accolse con indulgenza per essere stata composta, studiata e rappresentata in quindici giorni. […] Come esso si comprese, caddero le macchine dell’impostura, la quale temendo di essere smascherata voleva farlo passare per una satira della vera pietà e religionea, Mille pregi rendono questo dramma l’ornamento più bello della comica poesia e delle scene francesi.
Le frondi degli alberi, l’albeggiante azzurro dell’orizonte, le punte delle roccie inerpicate, le lontananze e i chiaroscuri delle valli dipinti sul quadro sebbene invaghiscano l’occhio de’ riguardanti, nulla dicono però allo spirito loro; laddove una voce solitaria, che risuoni dolcemente nel silenzio di solinga valle, annunzia tosto a chi l’ascosta, che colà soggiorna un essere socievole, compagno nelle sciagure e nei diletti, e creato al paro di lui dalla natura per fruir l’aura della vita, e per godere le delizie dell’universo. […] S’aggiunse a questa più giusta cadenza secondo il gusto lulliano, furono risecati i soverchi artifizi, si fecer camminare con maggior precisione e calore il movimento e la misura, e le aperture di molte opere italiane si lavorarono alla francese, il qual costume durò per più di vent’anni di qua dai monti fino al principio del secolo presente, checché ne dicano in contrario gli Italiani facili ad essere smentiti colla pruova delle carte musicali di que’ tempi. […] Il loro andamento è più spiritoso e più vivo che non soleva essere per lo passato: donde spicca maggiormente il divario tra il recitativo e il canto propriamente detto. […] Celebre parimente si rese Giacomo Antonio Perti bolognese abbastanza noto in Europa e per essere stato uno dei primi maestri nella musica di chiesa, e per aver fatto un grandissimo dono alle scienze armoniche nella persona di Fra Giambattista Martini il più illustre fra suoi discepoli. […] Quest’opera dell’amore e della generosità merita d’essere registrata ne’ fasti pur’troppo scarsi delle umane virtù: per riscuoterne l’universale riconoscenza.
Gl’interlocutori delle favole cinesi sogliono essere otto o nove; ma i commedianti non son più di quattro o cinque; e ciascuno di loro fa due o tre parti.
Laonde o bisogna essere stato nutrito nella feccia delle surrtferite deformi maschere, o aver sortito dalla natura madrigna la comprensione di un semplice Tinitiva dell’Orenoco, per non capire l’istruzione, i politici vantaggi e l’innocente piacere di un genere poetico cosi difficile, così nobile, e con tanto ardore e buon successo maneggiato da filosofi grandi, da prelati, da cardinali, da più egregi repubblicani Greci e Latini e di ogni nazione e di ogni tempo.
Que’ pochi cittadini, tra’ quali tutta si concentrò la pubblica autorità, posero freno alla licenza di tal dramma, e più non soffrirono di essere impunitamente sulla scena nominati e motteggiati.
Anche la Bianchi doveva essere esperta del canto, come si rileva dalla seguente terzina caudata di un sonetto indirizzatole da Giuliano Rossi, quand’ Ella fu a recitare a Genova, probabilmente nel 1634.
Dissemi essere necessario ch'io parlassi colla prima Donna per raccomandarmi a lei.
E la recitazione di Giacinta Pezzana, con tutte le armonie di quella voce dolcissima, con tutta l’eccellenza dei suoi effetti immediati, con tutte le profondità del sentimento che sa destare, con tutte le sue gradazioni di comicità e di drammaticità, con tutto ciò che in altri artisti della scena può essere il risultato di magistero magnifico, ha avuto sempre, per me, quel carattere di vera sincerità e di congenita bellezza che esclude ogni supposizione di sforzo, di ricerche, di lavorio cerebrale e di attività volitiva.
Toltosi da quell’Ufficio, fu da altri incaricato di formar una compagnia per quella città ; e recatosi a Venezia, la formò difatti, e la condusse a Palermo ; ma essa era di sì mediocri elementi, che subito cadde, procurando allo Scherli rimproveri senza fine, e così fatti da essere forse principal causa della sua morte.
Il che tanto più volentieri eseguirò quanto più opportuna comprendo essere siffatta investigazione alla facile intelligenza di quanto dovrò in appresso narrare, e più scarsamente del bisogno veggo trattarsi dagli scrittori italiani un sì ampio e sì interessante argomento. […] La prima modificazione è quella che forma le lettere vocali, e consiste nella maggiore o minore apertura della bocca nel proferir certi suoni, rimanendo le labbra, la lingua, e i denti in una situazione fissa e permanente senza toccarsi insieme: dalla qual permanenza ne siegue, che il riposo della voce ne’ detti suoni non meno die gli alzamenti, e gli abbassamenti di essa, possono essere più o meno durevoli, secondo che più o meno dura l’espirazione dell’aria, che esce dai polmoni. […] Facili dovranno essere le articolazioni, le sillabe nettamente divise, le parole di lunghezza giusta, che non assorbiscano, a così dire, tutto il fiato al cantante, ma che gli lascino il tempo di proferirle intiere senz’esser costretto ad affrettar di troppo i riposi sulle vocali. […] [7] La collocazione delle consonanti non può essere più opportuna, non essendoci alcuna sillaba, che ne contenga più di quattro, né trovandosi tre in seguito senza l’aiuto di qualche semivocale, che temperi la rozzezza del suono.
«Come le acque di una fontana della Tessaglia, a causa della loro proprietà di intorbidire, non potevano essere raccolte in niente altro che nello zoccolo di un asino, così questa rilassata e disorganica trattazione (dell’opera) non trova accoglienza che in certe teste formate espressamente per comprenderla.» […] Nota alla nota d’autore n. 4: «Se la pittura è inferiore alla poesia, la musica, considerata un’arte imitativa, deve essere molto inferiore alla pittura: poiché la musica non ha mezzi per spiegare i motivi delle sue varie impressioni, le sue imitazioni dei modi e delle passioni devono per forza essere estremamente vaghe e indeterminate: per esempio, i toni teneri e struggenti che possono esprimere la passione amorosa, potranno ugualmente rappresentare i sentimenti equivalenti di benevolenza, amicizia, pietà e simili.
L’essere in poco tempo saliti da umili compagnie alle più reputate è prova certa dei loro pregi. […] S’io faccio una commedia nuova, che convenga al signor Coralli, si crederà in istato di sostenerla meglio di lui, dirà che le cose nuove non appartengono ai debutanti, che gli attuali e provetti devono essere preferiti ; il fera une cabale du diable et ses camerades seront d’accord avec lui pour l’exemple. […] Il Des Boulmiers (ivi, pag. 498) che dell’opere goldoniane si mostra sincero e profondo ammiratore, dopo avere esposto l’argomento della favola, conchiude : Questa commedia è la prima data dal signor Goldoni sul Teatro italiano, dopo il suo arrivo a Parigi, ove i comici, sempre intesi a procacciarsi la benevolenza del pubblico, l’avean chiamato, per ridar vita alla lor Scena Italiana, che cominciava a essere negletta.
A noi par di vederlo; e ci dispiace di non essere stati in ciò prevenuti da verun critico. […] Il solo Porta che avesse letto, bastato sarebbe a guarirlo del suo preoccupato avviso; ma il Porta soffrirà con Ariosto e Machiavelli e Bentivoglio ed altri illustri Italiani che scrissero commedie, la disgrazia di non essere stato letto dal Marmontel.
è non per tanto uscito da un uomo di gusto e dal settentrione dove videro il giorno il Leibnitz, il Volfio ed il gran Federigo II) nessun essere ragionevole penserebbe a cantar neppur sognanda questo sentimento, che è una massima fredda. […] Sulzer taccia a torto di puerilità il più grand’uomo ch’abbia illustrato il teatro musicale, egli poi non ha torto quando afferma che l’opera merita di essere riformata; e tengo anch’io per fermo (nè ciò pregiudicherà punto alla gloria del gran poeta Romano) che il melodramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma.
Dopo di essere stato a venti anni professore di rettorica in Ascoli, poi foriere nelle guardie di finanza, poi a Perugia insegnante privato, si diede nel ’43 all’arte, esordendo modestamente a Gubbio nella Compagnia Zanardelli e Viti. […] Per mafia e per camorra, traendo pretesto da quello spirito d’innovazione che il valente Ferrari portava nella commedia italiana prima che il Cossa schiudesse nuovo orizzonte alla letteratura drammatica dal lato tragico e storico, si tentò da qualche speculatore di proscrivere dal teatro i classici italiani e stranieri, e questa scandalosa proscrizione, cosi contraria all’uso delle nazioni civili, si chiamò, prima che il Ferrari, il Cossa ed altri pochi schiudessero nuovi orizzonti alla letteratura drammatica, riforma del teatro italiano : a tutto favore di certe commediole, il cui manoscritto è un ananasso per il capo-comico, ma che in fondo sono farse in cinque atti, e non durano in teatro cinque mesi, si soppressero o assai si diradarono vari generi di componimenti teatrali, si diminuirono i ruoli delle compagnie per essere in minor numero a spartire i proventi del teatro : a sterminio di ogni semenzaio di attori, si istituirono le compagnie numerate come le celle degli stabilimenti carcerarii ; e per non gittare una nube sopra gli applausi meritati, si seguitò a battere le mani anche fra gli sbadigli del pubblico.
I più scelti autori, la novità, il genere, la debita decenza, l’analogia delle decorazioni agli spettacoli daranno prova del rispetto che tutta la Compagnia nutre e professa a questo colto Pubblico, e si lusinga che gli intelligenti e benigni amatori della drammatica, una non dubbia prova accordare vorranno di loro bontà con dare contrassegni di aggradimento alle fatiche degli umili attori, non ad altro tutti aspirando che ad essere coperti col prezioso manto di un si valevole patrocinio. […] Ma per fortuna il padre, uomo di buon senso, la scritturò invece (1837-38) nella Real Compagnia Sarda, come amorosa ingenua, poi prima attrice giovine sotto Carlotta Marchionni, che le fu amica, madre, maestra amorosissima ; ai sacri precetti della quale, affermava ne'suoi ricordi con raro, e direi quasi unico esempio di gratitudine nell’arte nostra, di non essere mai, giovine e adulta, venuta meno.
Qualunque opera da lui architettata doveva essere legge per tutti. […] Talvolta il fumo dell’incenso l’acciecò, e allora egli pensò di essere un po'di tutto : maestro di musica, scrittore drammatico, letterato, scienziato, riformatore di scuole, politico sopr' a tutto : sedere in Parlamento fu un de'sogni più grandi che non potè tradurre in fatto.
[20] Ma in qual maniera il ritmo poteva essere così intimamente legato coi costumi d’un popolo che dallo stato di quello se ne dovesse cavar conseguenza allo stato di questi? […] Il ritmo poetico non era che una successiva imitazione dei diversi moti delle passioni; il ritmo musicale adunque non poteva essere che una rappresentazion successiva dei medesimi moti. […] Meditando sovra siffatti principi, si troverebbe lo scioglimento di tanti che a noi sembrano paradossi ne’ costumi degli antichi popoli, e si vedrebbe non essere cotanto favolosa, né contraria al senso comune l’opinione, che avevano i Greci intorno alla morale influenza dell’armonia. […] La natura intrinseca di essi intervalli, e soprattutto di quelli che entrano ordinariamente nell’armonia, vale a dire l’ottava, la quinta, la quarta, le seste e le terze, n’è, e ne debbe essere affatto diversa, poiché la modificazione del suono che risulta da ciascuno, e conseguentemente l’azione fisica indi prodotta, è proporzionale alla sua estensione, gravità ed acutezza, le quali essendo rispettive in ciascun intervallo, differente altresì esser debbe l’effetto individuale che ne vien generato. […] A cotali autorità aggiugnerò quella del Corsi, il quale chiama siffatta invenzione «quella spezie di musica tanto biasimata dai filosofi, e in particolare da Aristotile nell’ottavo delle politiche, appellandola artifiziosa, e non valevole ad altro che a venire in contrasto con gli emoli suoi, né essere da uomo libero non avendo forza di mutare l’animo altrui a questo e a quel costume».
Egli vuol essere incluso nella sortizione, cui resiste Dulcidio per questa ragione: perchè tocca solo a Roma il discacciar per politica i suoi Tarquinj. […] Questa situazione rimane priva dell’usato effetto di simili dolorose alternative per essere mal combinata. […] IV Olvia è sicura poi che tal diserzione sia sincera e che non possa essere uno stratagemma? […] Due voci femminili poi senza veruna circostanza possono svegliargli l’idea di un nemico che a quell’ora dovrebbe essere nel campo de’ Romani? […] Egli ha la generosa compiacenza di convenir meco in quanto al dover essere mas vestida aquella declaracion del Moro; ma discorda sulla versificazione degli endecasillabi rimati per coppia in un dramma.
La costruzione fu nella nuova maniera con palchetti sostituiti modernamente alle antiche scalinate, cioè con più ordini di stanzini collocati a guisa di gabbie l’un sopra l’altro, i quali avendo l’uscita a’ corridoi, lasciano il passaggio alla voce per dissiparvisi, in vece di essere rimandata alla scena.
Ma non potevo arrestarmi alla rievocazione del tipo immaginario ; mi bisognava assolutamente conoscere il professore, che, almeno da quel cartellone, m’aveva tutta l’aria di essere un natural discendente del gran Re.
Circa poi al non essere Aspasia la sedotta, ma la sorella, l’ ho fatto, e lo ritornerei a fare se fatto non l’avessi.
Morì d’idrope pettorale a Firenze ; e sulla pietra che sigillava il suo sepolcro nel chiostro di Santa Croce, a destra e in prossimità della cappella Pazzi, toltane alcun tempo pei lavori di restauro, e ricollocata poi, ma sebben sempre a destra di chi entra, non più allo stesso luogo, fu incisa la seguente iscrizione che dettò Giovanni Battista Niccolini, il quale non l’ebbe in vita troppo nel suo libro : qui riposa antonio morrocchesi di san casciano nell’i. e r. fiorentina accademia di belle arti professore di declamazione fra i tragici attori del suo tempo per consentimento d’italia a nessuno secondo e luogo gli tenga di maggior elogio l’essere nell’arte sua piaciuto a vittorio alfieri maddalena morrocchesi al consorte desideratissimo non senza lacrime q. m. p.
L’istesso é già principiato ad avvenire a’ sedicenti filosofi francesi della nostra età, uomini per lo più di poco ingegno, di cuore freddo e di gusto depravato, che col loro pretesto spirito filosofico, e con quella loro ventosa loquacità, «quae animos juvenum ad magna surgentes (come disse Petronio) veluti pestilentiali quodam sidere afflavit» tarpano le ali alla fantasia, mettono a soqquadro le belle arti, e deprimono i gran modelli; uomini (parlo sempre per sineddoche) scostumati e sciaurati, nemici della ragione e della verità; uomini mezzanamente instruiti e superlativamente fanatici che per mostrare la loro esistenza, cospirano a distrugger tutto, e alla soddisfazione interna di essere ragionevoli antipongono la vanità di comparire straordinari e spiritosi alla moda; uomini anche in mezzo al loro vantato scetticismo dogmaticamente decisivi che presumono di essere i precettori del genere umano, e che vorrebbero a lor talento governare il mondo; uomini perversamente pensanti che disonorano il cristianesimo, la patria, l’umanità e la filosofìa tutto a un tratto; uomini solidamente audaci e feroci che quando possono scoccare qualche velenoso strale contro l’Italia, la religione, il sacerdozio e ’l principato, se la godono e trionfano e si ringalluzzano; uomini fieramente superbi e boriosi che quando veggonsi tassati nelle loro stravaganze e bestemmie, arruffano il ceffo con rabbia cagnesca, s’inferociscono, s’inviperiscono, s’imbestialiscono; uomini naturalmente maligni e astiosi che con cinica declamazione calunniano alla dirotta, sapendo che il volgo e i più, non la verità, ma l’opinione risguardano; uomini in somma che sono un composto d’ignoranza, di presunzione, di orgoglio, d’impostura, di malvagità, di demenza, e di suprema temerità, e a’ quali può anche a buona equità appropriarsi tutto ciò che il dottor del Genti nelle due epistole a’ romani e agli efesi scrisse de’ filosofi idolatri.
è non pertanto uscito da un uomo di gusto e dal settentrione dove videro il giorno Leibnitz e Wolfio e Federigo II il Grande) nessun essere ragionevole penserebbe a cantar neppur sognando questo sentimento, che è una massima fredda . […] Sulzer taccia a torto di puerilità il più grand’uomo che abbia illustrato il teatro musicale, non ha poi torto allorchè afferma, che l’opera merita d’essere riformata; e tengo anch’io per fermo (nè ciò pregiudicherà punto alla gloria del gran poeta Romano) che il melodramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma.
Orsù quando i sospiri Udirò delle piante, Io son contenta allor d’essere amante. […] L’azione della prima pastorale è semplice e senza veruna agnizione, dell’altra è ravviluppata con un riconoscimento interessante: eccita l’Aminta la compassione, il Pastor fido giugne a quel grado di terrore che ci agita nel Cresfonte al pericolo del giovane vicino ed essere uccìso per mano della madre: l’Aminta senza storia precedente e senza colpi di scena c’interessa a meraviglia col solo affetto, il Pastor fido riesce artificioso per la tessitura e per un disegno più vasto e più teatrale. […] Di un’ altra pastorale inedita fa anche menzione il Manfredi composta dal conte Alfonso Fontanelli, la quale , dice nella lettera 364, intendo essere un miracolo di quest’arte .
Nè a’ dotti nè alle persone che leggono per divertimento può essere ignoto l’ argomento semplice di questa elegantissima favola che con una condotta regolare rappresenta una ninfa schiva e nemica d’amore vinta e divenuta amante per mezzo della pietà. […] Orsù quando i sospiri Udirò de le piante, Io son contenta allor d’essere amante. […] La lingua Castigliana riuscirà sempre più della Francese nel trasportare le poesie Italiane; perchè, oltre all’ essere assai ricca, ed all’avere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della Francese; e credo che n’avrebbe ancora in maggior copia, se più fosse stato pregiato e conosciuto e secondato dalla propria nazione nel disegno di arricchire ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.
Il suo vero nome era quello di Orsola, ma del suo cognome non ci è pervenuta alcuna notizia. » E in una noterella che è alla fine dell’opera, aggiunge : « Alla pagina 227, quella Flaminia, deve essere conosciuta per Orsola Cecchini, moglie di Pier Maria Cecchini, come abbiamo veduto chiaramente da un libro manoscritto favoritoci dal sig.
L’illusione si diminuisce nello spettatore, se vede nell’attore troppi preparativi : per questa sovrabbondanza si dimentica talvolta delle convenzioni sociali e del tacito patto fra l’attore ed il pubblico sul limite stabilito a quella massima, che l’attore, tranne i personaggi co’quali trovasi in scena, deve credere non esservi altra persona che lo guardi e l’ascolti ; precetto che ha bisogno d’essere ben spiegato, perchè non del tutto vero, ed a cui contrasta il fatto.
Signor si, eccomi viuo da donero ; e s’io muoro mai più, che possiate essere castrato ; mi pareua hora dormendo, che haueuate perduto il ceruello, & che il mio per cercarlo era restato pegno per la vettura del cauallo alla Storta.
Essex è convinto dagl’ indizj evidenti di alto tradimento; egli per sua difesa altro non dice che di essere innocente; è condannato a perdere la testa. […] Sdegna il conte di fuggire, getta la chiave nel fiume sottoposto alla finestra della prigione, e le dice che se non vuole essere ingrata, cerchi nuova guisa da soddisfare al suo debito. […] Mio cugino viene a prendervi; mettetevi una mascheretta, e non gli parlate; perchè finchè io viva, voi non dovete essere nè veduta nè udita. […] Ottaviano tralle carte nominate appartenenti ad Aristobolo ha trovato un ritratto della bella Marianna, e gli vien dato ad intendere essere immagine di una bellezza estinta. […] La gioventù dee però essere informata che Gongora non manca di merito in altri generi.
La togata propria era seria, e corrisponderebbe alla moderna commedia nobile, e talvolta giugneva ad essere pretestata, a cagione de’ personaggi cospicui che soleva ammettere, ed anche trabeata, così detta dall’antica trabea reale degli auguri e de’ re. […] Pisone il quale fu in procinto di essere acclamato imperadore e sostituito a Nerone, se la congiura di tanti illustri Romani non si fosse scoperta, soleva esercitarsi a rappresentar tragedieb.
Ma poi che questo mi deve avvenire, io voglio aver questo avvertimento di esser sempre nelle compagnie migliori e più onorate ; perchè, oltre lo imparar da quelle, non avrò timore di essere biasimato come molti, nè per ignorante, nè persona infame. […] Faccia da Franceschina, da Pantalone, da Graziano, da Francatrippe, o da Zanni chi vuole ; io per me voglio far la parte del gentiluomo per essere sempre tenuto tale ! […] Per mostrare quello ch’era, o che avrebbe dovuto essere il Capitano, mi piace riportar qui le parole di Pier Maria Cecchini, altro comico valoroso di quel tempo : e così man mano andrò facendo citando a ogni suo luogo quelle altre parole concernenti altri tipi di commedia ; parole che dànno più che mai l’idea di quel che fosse a que’ tempi la scena italiana. […] Io ho udito in Pariggi stando a mensa con alcuni (non so s’ io dica strauaganti, o bestiali humori) auuezzi però alle più rabbiose guerre di Europa : Io con tanti cavalli, in tanti giorni, mi darebbe l’animo di prender il Castel di Milano, & poi passarne per Italia, debellare, distruggere, fare, dire ; & perchè uno de’suoi camerata manco furioso li disse ciò non poter essere, costui saltò di tauola, & con un senso rabbioso disse : hor hora ve lo vo a far vedere ; & così veloce partì, che se non mi fosse stato detto, ch’ egli era andato a dormire io gli voleuo raccomandar certe cose, ch’io ho in Ferrara : orsù, vno di quest’ huomini si può rappresentare, su le scene, & lasciar per gli hospitali quelli, che con un salto vanno all’ Impirio a cena con Giove. […] Per quante ricerche io abbia fatte in istorie e biografie e carteggi di artisti, in istorie d’ arte, e illustrazioni degli affreschi fiorentini, non mi fu dato rintracciar le parole del Poccetti (il suo vero nome fu Barbatelli) alle quali forse altre se ne sarebbero aggiunte a dichiarazione dell’altro ritratto, il giovane che è di fronte a Francesco, che io, per la perfetta somiglianza, benchè di età diverse, con quello del Procaccini, ritengo essere indubbiamente del figliuolo Giovan Battista.
Se si riguarda la morale, ovvero sia quella parte della filosofia che disamina e fortifica i doveri dell’uomo, scienza fra tutte le altre l’unica degna di considerazione, la sola utile alla misera e travagliata umanità, la sola che meriti di occupar i riflessi di un essere pensante, chi se n’è renduto più benemerito di lui? […] Però senza ammettere cotali accuse, né rigettarle, mi contento di dire che sebbene a imparar, come va, la lingua toscana, e a formarsi uno stile elegante e robusto fosse miglior pensiero l’appigliarsi ad altri scrittori che non a Metastasio; non per ciò lascia d’essere pedanteria ridicola il vituperarlo per non aver fatto uso dell’“quanco”, del “piùe”, del “chente”, e di simili altre leziosaggini dell’antico parlar fiorentino. […] Inoltre bisognava premunire i giovani, (se pur di tanto fossero i miei giudizi che meritassero essere ascoltati da essi) affinchè sappiano prendere il moltissimo di buono e di eccellente che si trova in Metastasio senz’imitare altre cose perdonabili in lui ma che in loro viziosissime diverrebbono. […] Ma chi non misura, come suol dirsi, le parole collo spago troverà, che le due proposizioni si conciliari fra loro benissimo, poiché la prima riguarda in genere la dilicatezza, urbanità e tenerezza colle quali ha egli ringentilita questa passione, doti degne di essere sommamente commendate come utili al teatro. […] Quella ne loda l’uso più volte felice: questa ne condanna gli abusi, e l’uno e gli altri debbono essere esposti con imparzialità, e senza la taccia di contraddirsi, da chiunque s’assume l’incombenza di critico.
V’è di piu; egli le narra all’ amico Pilade cui doveano essere così note come a se stesso; egli le narra ancora intempestivamente nel metter piede nella terra de’ barbari. […] L’errore che dà motivo a tanti disastri (ottimamente affermò il dottissimo Marchese Maffei nel II tomo del Teatro Italiano) non potendo essere più umano, nè più compassionabile, non saprebbe incontrar meglio l’idea dell’ arte. […] Questa tragedia non tardò molto ad essere conosciuta in Francia per la traduzione che ne fece Carlo Vion Parigino signor di Delibrai, che si stampò in Parigi nel 1626, e si ristampò nel 1640 e nel 1646. […] Nell’italiana Ulisse dice alla prima che cerca Astianatte per menarlo ad essere sacrificato, ed Andromaca atterrita esclama subito, Oimè! […] Ma per essere stata spogliata della musica dovea dirsi che la tragedia moderna non sia tale?
Non nasce (dicemmo) la poesia teatrale se non quando gli uomini trovansi raccolti in società fisse, quando le mura che gli circondano, e le ceneri degli antenati per essi divengono sacre, quando i matrimonj certi e le terre dissodate con tanto sudore dirigono gl’ impulsi dell’amor proprio degl’ individui ad essere solleciti del corpo intero . . . . .
Annuncia il gran disordine trovato ne'suoi interessi, che muove alle lagrime gli stessi nemici ; ci vorran parecchi anni per saldar tutte le piaghe ; ma intanto, promettendo di essere l’ottobre a Modena, come da contratto, si raccomanda alla munificenza di S.
V’ è di più; egli le narra all’amico Pilade cui dovevano essere altrettanto note che a lui stesso; egli le narra ancora intempestivamente nel metter piede nella terra de’ barbari. […] L’errore che dà motivo a tanti disastri (ottimamente affermò il dotto Scipione Maffei nel II tomo del Teatro Italiano) non potendo essere più umano, nè più compassionevole, non saprebbe incontrar meglio l’idea dell’arte. […] Questa tragedia non tardò molto ad essere conosciuta in Francia per la traduzione che ne fece Carlo Vion parigino signor di Delibrai, che si stampò in Parigi nel 1626, e si ristampò nel 1640 e nel 1646. […] Sarebbe a desiderare che la bell’opera di questo erudito gesuita Spagnuolo sopra ogni letterature, al pregio di essere ottimamente scritta congiungesse sempre l’altro indispensabile della veracità e sicurezza ne’ fatti e della solidità ed imparzialità ne’ gìudizii. […] Ma per essere stata spogliata della musica dovea dirsi che la tragedia moderna non sia tale?
[3] L’Italia per particolar dolcezza d’accento, e per essere stata la sede principale della musica antica ne’ paesi dell’Occidente conservò una superiorità dichiarata in questo genere sugli altri popoli dell’Europa. […] Qualche secolo dopo, cioè a’ tempi di papa Adriano s’eccitò la tanto celebre lite fra i cantori romani e francesi circa il primato del canto, volendo questi introdurre in Italia la loro rozza maniera di modulare, vantandosi quelli all’incontro di essere i soli e veri maestri della musica perché seguitavano la scuola di San Gregorio, ed onorando i loro rivali col modesto titolo d’ignoranti, zotici, e somiglianti ai bruti animali. […] Cominciossi allora ad applicar la musica ai funerali, alle nozze, e ad altre solennità, come ancora a’ Ludi o misteri della Passione, de’ quali, per essere stati in certa guisa i primi abbozzi del dramma musicale, ci convien fare più distinta menzione affinchè si vegga la rassomiglianza d’origine nella poesia drammatica di tutti i tempi. […] [11] Di più: in una religione che parlava molto ai sensi e pochissimo alla ragione, e che rappresentava l’essere supremo sotto velami corporei, gl’iddi non si distinguevano molto dagli uomini: anzi, ponendo mente alle assurdità e ai vizi attribuiti a loro dai poeti , chiunque avea fior di senno dovea pregiare assai più un vile schiavo virtuoso, che non gli oggetti della pubblica venerazione.
Né ciò ballando, come se avessero sotto gli antichi nomi commesso gran forfatti, per non essere ravvisate si annunziano sotto nomi novelli, facendo un uso totalmente improprio e speciale de i generici titoli di dramma e di rappresentazione. […] I sentimenti ne sono veri, i caratteri ben sostenuti, e ’l dialogo naturale e tal quale deve essere». […] Ciò per altro potrebbe essere giustificato dalle circostanze de’ pensieri e dell’espressioni, sempre che si avesse cura, senza inoltrarla, di non far patire chi ascolta. […] Le-Picq é uno de’ pantomimi più celebri odierni, il quale ha meritato d’essere encomiato in Napoli in un’anacreontica dell’illustre poeta D.
Non nasce (dicemmo) la poesia teatrale se non quando gli uomini trovansi raccolti in società fisse, quando le mura che gli circonlano, e le ceneri degli antenati per essi diventano sacre, quando i matrimonii certi e le terre dissodate con tanto sudore dirigono gl’impulsi dell’amor proprio degl’individui ad essere solleciti del corpo intero.
In altro elenco, che riproduciamo in fine, troviamo oltre all’Anna, la moglie, che è innanzi alla Gaetana, anche una Antonia Andolfati, della quale non ho potuto trovare alcun cenno, e che non so bene se essere una sorella o una figlia di Pietro.
Un altro Autore vi contraddice, affermando essere ingiusta cosa “pretendere di trovare il gusto universale d’Italia nelle ciancie e freddure d’Arlecchino e Brighella”. […] Io credo, che più che ogni altra cosa questo genio di precipitazione nel comporre facesse credere al nostro Dottor Goldoni di essere invasato dello spirito di Lope. […] Quivi in fatti traluce un genio proclive allo stravagante, all’esagerato, al romanzesco, che dovea allora essere accetto agl’Istrioni.
Que’ pochi cittadini, tra’ quali tutta si concentrò la pubblica autorità, posero il freno alla licenza di quel dramma, e più non vollero sofferire di essere impunitamente nominati e motteggiati sulla scena. […] Piacque molto al popolo d’Atene il personaggio di Anfiteo introdotto in questa commedia, perché gli sembrava essere insultato dall’alterigia di questo magisrato del Pritaneo, che quantunque povero fosse parlava spesso della sua genealogia, e vantavasi di essere disceso del sangue degli Dei.
Benchè le rappresentazioni de’ martiri Cristiani sieno poco atte ad eccitar la tragica compassione, per essere la loro morte un vero trionfo che non lascia allo spettatore luogo a dolersi; pure il Poliuto pel carattere eroico del martire e per l’amore che egli ha per la sua sposa Paolina che egli sacrifica ai doveri della religione abbracciata, è una tragedia che tira tutta l’attenzione. […] Tommaso con più debolezza di stile e con minore ingegno del fratello merita ancor la stima de’ nazionali per essere stato più di Pietro castigato nell’uso delle arguzie viziose, per la scelta degli argomenti, per la vasta letteratura ond’era ornato, e per la purezza con cui parlava la propria lingua. Sotto di Pietro (pronunziò Voltaire) Tommaso al suo tempo era il solo degno di essere il primo , eccettuandone sempre Racine cui niuno de’ contemporanei fu comparabile.
Senofontea ci dice che i Traci saltarono armati scuotendo e vibrando le spade nel convito di Seute; e che in fine un ballerino finse di essere percosso, e fu creduto morto e compianto dagli astanti , constanta verità si espresse la finta pugnane l’ammazzamento. […] Criticastri infelici, che non meritando neppure per la vostra superficialità di essere ascritti tra più volgari eruditi vi vantate orgogliosamente sacri ministri della filosofia, che nominate sempre, e non conosceste mai; oserete voi gonfiando la bocca rinfacciare i Potini ad Atene, gli orsi e i funamboli a Roma, i duelli de’ galli, e il teatro della teste di parrucche di Fout a Londra, gli spettacoli delle fiere e de’ baluardi a Parigi e l’arlecchino all’Italia?
Senofonte137 ci dice che i Traci saltarono armati scuotendo e vibrando le spade nel convito di Seute; e che infine un ballerino finse di essere percosso, e fu creduto morto e compianto dagli astanti, con tanta verità si espresse la finta pugna e l’ammazzamento. […] Criticastri infelici, che non meritando neppure, per la vostra superfizialità, di essere ascritti tra volgari eruditi, vi vantate orgogliosamente sacri ministri della filosofia che nominate sempre e non conosceste mai, oserete voi gonfiando la bocca rinfacciare i Potini ad Atene, gli orsi e i funamboli a Roma, i duelli de’ galli e il teatro delle teste di parrucche di M.
Ora il leggitor saggio sa ben distinguere un ornamento, che può essere straniero forse alla poesia scenica, da un concettuzzo falso e proprio della corruzione del secolo XVII.
Gli antichi poeti e musici ebrei, quali furono Davide, Salomone, Asaf, Eman, ed altri, si crede che scrivessero ancora drammatici componimenti, e per tale senza contrasto é considerata la Cantica di Salomone; ma che simili poesie pervenissero ad essere uno spettacolo decorato per far illusione e dilettar la moltitudine, non apparisce.
Non per tanto egli è degno di lode, si per essere stato uno de’ primi a tentar questo guado, si per avere dopo del Mussato preso a trattare un argomento nazionale veramente tragico.
Questa commedia è ben condotta; ma il suo argomento che consiste in un cavaliere dissoluto, che per ingannare i mariti di Londra fa correr voce di essere stato in una malattia fatto eunuco da’ cerusici; i di lui progressi con tal salvocondotto; Lady Fidget che nell’atto IV esce fuori col catino di porcellana guadagnato; le azioni e i discorsi dell’atto V: tutto ciò, dico, convince che la commedia inglese punto non cede in oscenità alla greca commedia antica, e talvolta la sorpassa.
Non per tanto egli è degno di lode, sì per essere stato uno de’ primi a tentar questo guado, sì per avere dopo del Mussato preso a trattare un argomento nazionale veramente tragico.
Questa commedia è ben condotta, ma il suo argomento che consiste in un cavaliere dissoluto che per ingannare i mariti di Londra fa correr voce di essere stato in una malattia fatto eunuco da’ cerusici, i di lui progressi con tal pretesto, Lady Fidget che nell’atto IV esce col catino di porcellana che ha guadagnato, l’azione ed i discorsi dell’atto V, tutto ciò, dico, punto non cede in oscenità alla greca commedia antica, e talvolta la sorpassa (Nota V).
Il Goldoni si schermì ancora, ma dovè poi cedere alle più che gentili insistenze del D’Arbes (gli aveva messo, come acconto, nella scatola da tabacco alcuni ducati d’oro) ; e chiestogli per lettera se la commedia doveva essere col Pantalone in maschera o a viso scoperto, ebbe questa risposta, che delinea ancor più la comicità e, diciam pure, furberia di quel bel tipo che ci pare di vedere e di sentir discorrere, e che chiameremmo a base di birignao.
Gli episodi così purificati da ogni mescolanza comica, nel passar circa l’olimpiade LXVII nelle mani di Frinico discepolo di Tespi, di parte accessoria del coro divennero corpo principale del dramma, e formarono uno spettacolo sì dilettevole che meritò d’essere introdotto in Atene. […] Giocasta, a cui le parole del messaggiero non lascian più dubbio alcuno dell’essere di Edipo, concentrata in se stessa, e piena del suo dolore, dovette essere agli ateniesi un oggetto sommamente compassionevole. […] Ha essa più parti: queste parti hanno bisogno di maggior arte per essere conciliate insieme; onde é più difficile di formarne un tutto naturale. […] Il dolore nella natura si abbandona a se stesso, e non hai più spirito, e lo stesso deve essere nelle opere dell’arte, e mule di quelle della natura». […] Il poeta francese ha dovuto lusingare la debole delicatezza della sua nazione, ed Euripide nelle stesse circostanze non avrebbe fatto di meglio, ed avrebbe avuta sa stessa indulgenza per un popolo che dovea essere il suo giudice.
Ignorò parimente l’anonimo, che bastarono quelle sole notizie agl’Italiani del cinquecento per ideare, prima che altri potesse essere in istato di saperle leggere negli antichi, varie tragedie sopra tale argomento, come il Telefonte del Cavalerino, pubblicato nel 1582, il Cresfonte del Liviera, uscito alla luce della stampa nel 1588, e la Merope del conte Torelli, impressa nel 1598. […] Due illustri donne meritano ancora di essere ricordate nei recenti fasti del teatro italiano. […] Ultimamente vi si é impressa e rappresentata parimente con applauso un’altra commedia degna di nominarli tra le buone «per essere (mi scrive un letterato che fa onore all’Italia) molto bene scritta, ben condotta, e ben condita e cospersa di sali naturali». […] «E chi crederebbe mai (soggiugne a queste parole in una sua operetta inedita l’erudito signor Carlo Vespasiano) che questo Eratostene della Francia, il quale in vari luoghi della sue Opere predica così bene, contro l’invidia, la malignità, la calunnia, e l’iniqua satira, il cui trono egli dice essere in Parigi, sia poi egli stesso tante volte caduto in questi infami vizi?
Forse la versificazione vorrebbe essere più fluida e armoniosa, e lo stile talvolta più energico. […] Torna Enrico che ha saputo esser Ramiro padre di Anagilda, e trovarsi ella stessa in Morviedro, e facendo premure per parlarle, intende di essere già congiunta in matrimonio con un altro. […] Ciò illanguidirebbe l’ effetto tragico appunto sul finire quando dovrebbero essere più energici. […] Nè l’interesse può essere pe’ tiranni renduti odiosi, nè pe’ congiurati che non aspirano che al sangue ed alla vendetta. […] Ma un intelligente dell’ arte drammatica sdegnerebbe di essere autore o dell’ una o dell’ arte drammatica sdegnerebbe di essere autore o dell’ una o dell’altra produzione, se non dipendesse che dalla scelta ?
Lampillas che uno straniero provvedesse a quest’interesse della gioventù che non merita di essere ingannata? […] Ad onta di tale incertezza, con cui mal si può intentar lite di anteriorità, e ad onta del disprezzo che il dotto Nicolàs Antonio mostrò per le millanterie di Vasco, vorrebbe Agostino Montiano con questo Tanco di Fregenal contrastare agl’ Italiani l’ anteriorità della tragedia, dicendo che “la di lui giovanezza poteva essere intorno al 1502” (epoca, come a suo tempo credevasi nella penisola, della prima tragedia degl’ Italiani), “perchè non vi è specie che ripugni all’esser nato Vasco nel 1500”51; ed in questo veramente erroneo raziocinio fu il Sig. […] Non si avvidero questi eruditi che un può essere in buona logica non mai produce per conseguenza un è. […] Nè anche questa però può dirsi essere stata tragedia vera; perchè il medesimo Cueva confessa che le tragedie del Malara non erano scritte secondo il metodo degli antichi, ma secondo il gusto nazionale. […] Non può assicurarsi che las cortes de la muerte fosse un auto sacramentale; perchè nella penisola di Spagna vi sono stati auti che furono rappresentazioni drammatiche senza essere allusive al sacramento dell’Eucaristia; nè poi tralle figure del carro de’ commedianti se ne mentova alcuna che a ciò possa riferirsi.
Chiaramente da essa si ravvisa che dentro delle Alpi, dove appresero gli altri popoli a vendicarsi in libertà, e propriamente in Piacenza, in Padova, in Roma, colle rappresentazioni de’ Misteri rinacque l’informe spettacolo scenico sacro: che quivi ancora, e non altrove, nel XIV secolo se ne tentò il risorgimento seguendo la forma degli antichi coll’Ezzelino e coll’Achilleide tragedie del Mussato, e colle commedie della Filologia del Petrarca e del Paolo del Vergerio: che nel XV, il secolo dell’erudizione, continuarono a scriversi tragedie dal Corraro, dal Laudivio, dal Sulpizio, dal Verardo, e commedie dal Bruni, dall’Alberti, dal Pisani e dal Polentone, ed in volgare assicurarono alle italiche contrade il vanto di non essere state da veruno prevenute nel dettar drammi volgari, la Catinia, l’Orfeo, il Gaudio di amore, l’Amicizia, molte traduzioni di Plauto, il Giuseppe, la Panfila, il Timone: finalmente che gl’Italiani nel XIV e XV secolo nel rinnovarsi il piacere della tragedia non si valsero degli argomenti tragici della Grecia, eccetto che nella Progne, ma trassero dalle moderne storie i più terribili fatti nazionali, e dipinsero la morte del Piccinino, le avventure del signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la ferita del re Alfonso, la presa di Granata, l’espugnazione di Cesena.
Chiaramente da essa si ravvisa che dentro delle alpi, dove appresero gli altri popoli a vendicarsi in libertà, e propriamente in Piacenza, in Padova, in Roma, colle rappresentazioni de’ Misteri rinacque l’informe spettacolo scenico sacro: che quivi ancora, e non altrove, nel XIV secolo se ne tentò il risorgimento seguendo la forma degli antichi coll’ Ezzelino e coll’ Achilleide tragedie del Mussato, e colle comedie della Filologia del Petrarca e del Paolo del Vergerio: che nel XV che fu il secolo dell’ erudizione, in latino continuarono a scriversi tragedie dal Corraro, dal Laudivio, dal Sulpizio, dal Verardo, e commedie dal Bruni, dall’Alberti, dal Pisani e dal Polentone; ed in volgare assicurarono alle Italiche contrade il vanto di non essere state da veruno prevenute nel dettar drammi volgari, la Catinia, l’Orfeo, il Gaudio d’amore, l’Amicizia, molte traduzioni di Plauto, il Giuseppe, la Panfila, il Timone: finalmente che gl’ Italiani nel XIV e XV secolo nel rinnovarsi il piacere della tragedia non si valsero degli argomenti tragici della Grecia, eccetto che nella sola Progne, ma dalle moderne storie trassero i più terribili fatti nazionali, e dipinsero la morte del Piccinino, le avventure del Signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la ferita del re Alfonso, la presa di Granata, l’espugnazione di Cesena.
ma habiano richiami, et perchè potrebbe essere che alcuno havesse qualche pretensione irragionevole li rendo motivo a ciò sappia come contenersi, et in particolare nell’interesse della borsa a non vi metter la mano, e sopra a tutto a tenerci lontano da Milano, perchè quella cità è la ruina de comici.
Per sua difesa altro egli non dice che di essere innocente. […] Sdegna il conte di fuggire, getta la chiave nel fiume sottoposto alla finestra della prigione, e le dice che se non vuol essere ingrata, dee cercar nuova guisa di soddisfare al suo debito. […] Sorella, io possiedo seimila e quarantadue ducati di rendita di un maggiorato, e se io non ho figli, viene ad essere mio cugino il mio successore. […] Mio cugino viene a prendervi;mettetevi una mascheretta, e non gli parlate;perchè finchè io viva, voi non dovete essere nè veduta nè udita. […] Egli fa che l’innamorato all’entrar nel giardino dia congedo al suo servo, il quale si lagna di essere il primo servo con cui il padrone non si consigli, e che rimanga escluso da i di lui secreti maneggi.
L’apparizione che mi si presentò, potrebbe essere opera di spirito infernale cui non è difficile il trasformarsi; chi sa, se essendo sì poderoso su di una perturbata fantasia, avesse voluto valersi della mia debolezza e malinconia, per ingannarmi, e machinar la mia ruina . . .! […] Amlet si accorge di essere inteso, pensa che sia il re che stia ascoltando, finge che sia un topo, e lo ferisce; Polonio grida, son morto.
Racconta Erbele di essere stata mandata dal re suo padre al re di Granata, e la confidente va tratto tratto interrompendola dicendo, che seguì d’appresso? […] Germondo gli ha chiesta la vita di Gerbino, ed egli con la vita vuol dargli di più la libertà ed Erbele, ed essere il pronubo delle loro nozze. […] come sospettare che possano essere traditori e ministri infami della vendetta di crudel nemico? […] Stando Geldippe svenuta vengono in quella stanza senza essere intesi nè veduti Carlo, Ermini e Roberto. […] Partito il padre ella dice piangendo, vedete . . . mirate (che debbono essere due azioni distinte) godete . . . esultate, non vi turbate?
Chi sa imitat migliorando, nasce per essere successia vamente imitato. […] Si vede che il poeta vorrebbe, in grazia della musica, elevare il tuono del quartetto che non può essere che parlante. […] Ma questi vassalli essere altri non possono che villani del ritiro campestre di Adelvolto. […] Partito il padre ella dice piangendo, vedete mirate (che debbono essere due azioni distinte) godete… esultate ; non vi turbate, non vi avvilite ? […] Il poeta sembra essere in dubbio del suo disegno.
Ma l’Egle per l’Apologista può essere un altro Dialogo Allegorico.
Ormai il nome di Blanes col quale salì in tanta rinomanza lo zio, non poteva essere abbandonato dal nipote che si dava alle scene : quel nome era come un augurio…. pe ’l suo avvenire artistico.
In quella compagnia disciplinata, egli, se bene spirito indipendente, sapeva essere disciplinato, perchè la disciplina era fatta tutta d’amore.
Egli ebbe la compiacenza di convenir meco in quanto al dover essere mas vestida aquella declaration del Moro. […] Ma egli stesso no se ha hecho bien cargo di ciò che io dissi e ripeto, cioè che esse converrebbero a’ Numantini, usate a tempo e parcamente , la qual cosa tradotta in volgare significa che esse sono proprie di un popolo irritato contro Roma, ma non dovrebbero occupare il luogo dell’azione essenza del dramma; non risentire l’affettazione ma derivare naturalmente dalle situazioni, e non essere, come sono quasi tutte, una pretta borra intempestiva. […] Questa situazione rimane priva dell’usato effetto di simili dolorose alternative per essere assai mal combinata. […] Appresso Olvia è sicura poi che la diserzione di Giugurta sia sincera, e che non possa essere uno stratagemma? […] Olvia dopo un contrasto inutile di cinque pagine, in cui Dulcidio la chiama boja della patria, e ramo indegno della sua stirpe , si rende, e gli dà la propria spada per mandarsi a Giugurta in segno di pace, geroglifico per altro mal sicuro, ma l’Affricano per compiacere al poeta riconoscerà subito essere di Olvia.
Ma la scena di Elettra con Oreste nel l’atto quarto sommamente tenera merita di essere ammirata come degna di sì gran tragico. […] «Il poeta Francese ha dovuto lusingare la debole delicatezza della sua nazione; ed Euripide nelle stesse circostanze non si sarebbe altrimente comportato, ed avrebbe avuta la stessa indulgenza per un popolo che dovea essere il suo giudice.» […] Veggasi quello del l’atto primo, in cui le schiave Trojane sollecite del loro destino vanno immaginando in qual parte toccherà loro in sorte di essere trasportatea. […] l’altra scena di Ione e Creusa che termina l’atto IV e che dovrebbe essere la prima del V, è una di quelle che meritano maggiore attenzione.
Ma per essere spogliata della musica, diremo a buona ragione, che non sia tragedia la moderna? […] » In verità bisogna essere un Welche, un ostrogoto, un candidato degli odierni gaulesi, come Monzù De la Harpe, per insultare con sì feroce stolidezza e calunniare con sì stupida insolenza la più ingegnosa e benemerita nazione europea, che pel suo pensar sodo, gentile e perspicace si é sempremai contraddistinta in ogni genere di arti e di scienze, e possiede capi d’opere da non portar invidia a qualsivoglia popolo antico e moderno, e ch’é stata anche dopo la distruzione dell’imperio romano il primo e gran deposito de i lumi della ragione, donde, come da un centro comune, sono partiti que’ raggi di viva luce lanciati dall’ingegno, che han risvegliato gli spiriti degli abitanti del rimanente dell’Europa. […] «nessun essere ragionevole penserebbe a cantar neppur sognando questo sentimento» ch’ei chiama «massima fredda e grave riflessione».
Bisognerebbe essere qualche affamato gazzettiere enciclopedico, o un uomo di un libro solo, o alcun maligno plagiario perpetuo. […] Quanto alla prima scena del IV Saule potrebbe per l’affetto naturale venire con ripugnanza all’esecuzione della sentenza; ma non mai essere incerto se debba o no far morire il figlio, che il Cielo condanna. […] Ma dalle mani almeno di chi si compiace encomiar l’Ifigenia del Lassala, la Numanzia dell’Ayala e l’Agamennone dell’Huerta, non potrebbe, oltre del Maffei, sperar di essere coronato qualche altro Italiano di questo secolo? […] Forse la versificazione vorrebbe essere più armoniosa, e lo stile talvolta più energico. […] di San-Reale senza che si accenni di essere una pretta letterale traduzione da capo a fondo.
Tommaso con più debolezza di stile e con minore ingegno del fratello merita ancor la stima de’ nazionali per essere stato più del fratello gastigato nell’uso delle arguzie viziose, per la scelta degli argomenti, per la vasta letteratura ond’era ornato, e per la purezza con cui parlava la propria lingua. Sotto di Pietro (pronunziò Voltaire) Tommaso al suo tempo era il solo degno di essere il primo, eccettuandone Racine cui niuno de’ contemporanei fu comparabile.
Pure quando voglia concedersi agli amanti un’ espressione men misurata per soverchio sdegno, come mai Agamennone che offende Achille col togliergli la donna, che per diritto di guerra e di amore gli appartiene, può per soprappiù lagnarsi di essere ingiuriato e tradito da Achille?
Arnaud, meno al Poeta che ai Greci di quel tempo; perocchè la lingua altro non suol essere, che l’espressione e l’ immagine del carattere e del costume regnante presso di una nazione.
Anche il racconto del mostro marino è una prova del gusto del prelato Cosentino, che orna moderatamente l’originale senza pompeggiare come fanno Seneca e Racine, senza l’inverisimile ardire che si presta ad Ippolito nel l’affrontare il mostroa, senza imitar Seneca che quando Teseo dovrebbe solo essere occupato della morte del figliuolo, lo rende curioso di sapere la figura del mostro, Quis habitus ille corporis vasti fuit?
Ma eccolo dal '56 al '60, i quattro anni che accrebbero e cementarono la sua riputazione di artista, con Cesare Dondini, di cui diventa socio più tardi, a fianco di Clementina Cazzola, che doveva poi essere la donna del suo cuore e la madre dei suoi figli.
Basta ciò per conoscere che le scene debbono essere disunite, il dialogo slegato e privo del menomo calore, i caratteri immaginari, contradicentisi e senza interesse. […] A casa il dia-dia a casa il diavolo» bellezza che può essere agguagliata soltanto da quest’altro amabile dialoghetto fra Egeo e Demo nel tanto decantato Giasone di Giacinto Andrea Ciccognini, fiorentino.
Ma per essere periti tanti drammi greci e latini potrà negarsi che si composero e recitaronsi nella Grecia e nel Lazio, e che rassomigliavano a quelli che ci rimangono? […] Lagnavasi il Naudè nel 1645 col Gassendi di essere ancora in osservanza in qualche monistero della Provenza.
Oggi in essi se ne ammirano le invenzioni ma sfigurate come per lo più sogliono essere le copie.
A noi par di vederlo; e ci dispiace di non essere stati in ciò prevenuti da verun critico. […] Il solo Porta che avesse letto, l’avrebbe guarito del suo preoccupato avviso; ma il Porta soffrirà con Ariosto e Machiavelli e Bentivoglio ed altri illustri Italiani che scrissero commedie, la disgrazia di non essere stato letto dal sig. di Marmontel. […] Non si pregia di esser bella, ma senza essere civetta sa piacere.
Lulli presa quell’occasione ripigliò: "Ma Sire, io aveva disegno di essere nel numero de’ vostri segretarii, ed ora essi non mi vorranno ammettere fra loro".
Lulli presa quest’occasione ripigliò: Ma, Sire, io avea disegno di essere nel numero de’ vostri segretarj, ed ora essi non mi vorranno ammettere fra loro.
Il Vicentini, che difendeva altro non essere stata la musica greca se non se una confusione de’ nostri tre generi cromatico, diatonico ed enarmonico fu riputato aver il torto in paragone del Lusitanio, che sosteneva non comprendere l’antica musica fuorché il solo e schietto diatonico55. […] Egli nella dedica si vanta d’essere stato il primo a metter in musica le poesie drammatiche, e questo vanto vien replicato dall’autore d’una iscrizione latina fatta pel suo sepolcro, che si conserva in Modena, e che vien rapportata dal Muratori nella sua Perfetta poesia, ma il lettore dopo il narrato fin qui può giudicare se ciò si dica a ragione.
Chi sa imitar migliorando, nasce per essere successivamente imitato; quindi è che il nostro Poeta Imperiale ha prodotta una folta schiera d’imitatori Italiani che lo seguono senza raggiugnerlo nè appressarglisi; ed è stato tradotto e imitato in Francia da molti poeti, Le Franc de Pompignan, Collé, Belloy, Le Miere, Dorat ec. […] ) che la commedia può sì bene essere avvivata dalla musica prima che gl’ Italiani gliel’ avessero insegnato colla Serva Padrona”.
Libere, delicate sono le amene lettere, ed amano di essere invitate con occhio cortese e volto gioviale.
Coloro che non comprendono come la lingua greca fosse cotanto musicale, troveranno in un barbaro idioma formato tra i giacci e le paludi del settentrione convenevol risposta ai loro dubbi poco fondati, e le nazioni meridionali, che fiancheggiate da filosofiche teorie stimano se sole essere state privilegiate dal cielo per ricevere e rimandarne le dolcissime scosse dell’armonia, dovranno confessare di non poter coi loro linguaggi neppur venire al paragone (almeno in qualche circostanza) con un idioma scitico.
In tanta varietà del regno animale scorgesi l’Uomo, essere spoglio d’ogni natural difesa, sprovveduto di scaglie, di squame, di cuojo, d’irsuta pelle e di crostaceo tegumento, non armato di branche, di artigli, di zanne, di becco, di corna, di proboscide, nudo di più me da librarsi in alto e scansar gli urti e le offese.
Sicchè l’essere stato il cappello della Guardia slacciato non dava una nuova origine al cappello usato in Ispagna prima di Carlo III che volle abolirlo.
Non si pregia di esser bella, ma senza essere civetta sà piacere.
A ogni modo Vittorio Rossi, in una sua recensione alli studi dello Stoppato sulla Commedia popolare, avvertiva : Non fu, ch’io sappia, mai rilevato come in appoggio di questa opinione possa essere citata La Primavera, Comedia di Messer Vincenzo Fenice, detto il Rinovato, nuovamente recitata nella magnifica città di Venezia.
È un componimento languido e difettoso, nè la condotta, nè lo stile invita a desiderarsene l’impressione; ma pure è tragedia, ed ha il pregio di essere una delle prime di argomento tratto della storia moderna nazionale.
E’ un componimento languido e difettoso; nè la condotta, nè lo stile invita a desiderarsene l’impressione; ma pure è tragedia, ed ha il pregio di essere una delle prime di argomento tratto dalla storia moderna nazionale.
In prima in quest’azione niuno di essi può dirsi un traditore, e l’istesso Agamennone col prendersi Briseida usa una prepotenza una tirannia, ma non un tradimento; pure quando voglia concedersi agli amanti un’ espressione per isdegno men misurata, come mai Agamennone che offende Achille col togliergli l’ amata, può per soprappiù lagnarsi di essere ingiuriato e tradito da Achille?
Sono essi intanto accertati dal degno Segretario Mazza di essere stata mandata al concorso prima di stamparsi.
La maggior parte de’ critici francesi abbonda di grazia e di brio quanto manca di solidezza; essi dovrebbero essere ragionatori più conseguenti, o più ingenui.
Ma per essere periti tanti drammi greci e latini potrà negarsi che si composero e si recitarono nella Grecia e nel Lazio, e che rassomigliarono a quelli che ci rimangono?