Nonostante, affrontando i disagi d’un lungo viaggio di terra e di mare, andò a far il carnovale a Pesaro, ov'ebbe le più festose accoglienze.
Triviale quanto un facchino, aveva un’ ambizione invincibile per far da Eroe, e recitare nelle tragedie.
Non dee far maraviglia che in queste pagine figuri un semplice suggeritore.
Per far capir meglio tal differenza è d’uopo risalire fino ai principi. […] Le lagrime sono li suoi argomenti: la fedeltà, e la costanza sono i suoi titoli: tutta la sua logica consiste nel far valere la sua tenerezza, e la sua sommissione. […] [24] Nel primo si vede il poeta, che vuol far pompa di spirito in mancanza del sentimento; nel secondo si scorge un uomo, cui la sua passione ha fatto divenir scellerato per sistema. […] Le quali circostanze sono le stesse non solo per gli argomenti storici, ma pei favolosi eziandio, che: non vanno esenti da simili difetti, come si potrebbe far vedere coll’esame imparziale dei drammi di Quinaut, se l’opportunità il richiedesse. […] Le ragioni che s’arrecano da alcuni, sono di poca o niuna conseguenza, oppure, s’hanno un qualche valore, l’avrebbero nella tragedia egualmente, dove però si vede praticato con evento felice dai più gran poeti l’uso di far morire i personaggi in teatro.
Io intanto nell’Edizione della Storia de’ Teatri non volli far uso del passo del Sig. […] E per rendere lo spettacolo più ragguardevole, cominciò dal far dipingere varie vaghe vedute di Scena, e dallo stabilire in ciascun Teatro una Orchestra competentemente numerosa composta di non inetti Professori, e così ne scacciò non solo le ridicole bandine, ma la più ridicola ancora, e inverisimile Chitarra, che, nel doversi cantare alcuna cosa, portava fuori alla vista dello spettatore un Sonatore vestito alla foggia del paese, e colla sua parrucca talora in mezzo degli Attori Turchi, o Persiani coperti di un turbante.
La religione e il desiderio di render visibile insieme e magnifico il culto divino, che bastarono a promuover quella, non erano sufficienti a far nascer questa. […] Cioè: «Nessuno può far progressi in amore se non a forza di menzogne, e chi sa meglio impiegarle ottiene prima d’ogni altro il suo piacere. […] E se di grazia ti vuò far mendica, Convenesi, ch’io dica Lo tuo fallir d’ogni torto tortoso. […] Ch’altro vin star pisinin, Si mi far doler la panza. […] Volentier mi sta far danza Piste trinke Romania.
Se ne querela con Lachete padre di Panfilo, il quale ne va a far romore con Bacchide. […] Che dovrò far? […] Non posso questa, men potrei far quella. […] L’Eunuco si sarà rappresentata diverse volte, e perchè far menzione di due sole? […] Non sai che far?
Brighella con Leandro prima che la Compagnia fosse stata ricompensata dall’Em.º Signor Cardinale Antonio ; han chiesto per loro particolare, un regalo per uno ; e da me risaputo, come capo della Compagnia scrissi al Signor Martinozzi, maestro di Camera di detto Em.º che anch’io pretendeuo, se gli altri domandauano, come quello che ha il carico di regger la Compagnia e metter fuori soggetti ; ma che però non era in costume di far ciò ; Brighella risapendo quanto haueuo scritto, recitando noi, in casa dell’Arcivescovo di Rodi, uno de’ Signor di Nuelara, ad’arte cominciò à motteggiare sopra à detta poliza ; ond’io : gli dissi hauerla scritta ; ma che in quella però io, non l’ingiuriauo, risposeme con tante uillanie, e minacciamenti, ch’io fui sforzato à maltrattarlo di parole, ma non uillane ; Beltrame disse, quetatevi Cintio, che basta solo, che si sappia che un Brighella ui habbia perduto così infamemente il rispetto, ed il detto Signor Arciuescouo ciò risapendo, era d’animo di far poco piacere à Brighella, ed’egli stesso si obliga attestarlo à chi che sia. […] mo Signor Duca, ch’io non m’impegnassi, con nessuna Compagnia di Comici, intendendo Sua Altezza di seruirsi di me, per il Carneuale, et unirmi, con Beatrice, Trappolino et altri Comici. or’io, per guarire d’un mio male, uenni à padoua, e mi couenne recitare in una Compagnia che uiue sotto la prottetione del Signor Marchese Obizij. questa Compagnia si è obbligata per l’Autunno, è Carnouale al Signor Almoròzane ; la quale non à che far di me, mentre il Carnouale non possa essere con essi loro. et essendomi stato acertato, che Beatrice, con altri Compagni se ne ua per il Carnouale à Roma ; e che l’Angiolina si è obligata in altra stanza à Venetia ; non ueggo forma di Compagnia per seruir cotesta Altezza, et à me non istà bene, essendo pouer huomo uiuer sù l’incertezze. perciò suplico Vostra Signoria Ill.
Forse il brutto fatto si collega a quello bruttissimo dell’ '82, in cui, graziati, voller per rappresaglia far colla commedia dei gobbi allusioni men che rispettose ? […] E se l’honor xe un abito dell’anima di chi opera ben : com uodo le aggion d’un altro el pon far vituperoso ? E se tutte le virtuose azzion d’una donna non puol far honorao un huomo infame per che la infamia d’una donna puo desonorar un huomo da ben ?
Documento luminoso a’ sovrani per far loro conoscere che la sola maniera d’eternar il lor nome e di farsi adorare dai posteri è quella di rendersi veramente utili alla umanità, promovendo le arti che soddisfanno a’ bisogni degli uomini, e favoreggiando le scienze che perfezionano il loro spirito. […] L’emulazione, quella figlia pericolosa dell’amor proprio, che alle volte partorisce l’invidia, alle volte genera l’eroismo, ma che divien necessaria in mancanza della virtù per far germogliar i talenti e per sollecitarli alle magnanime imprese, ne trovava aperto un vastissimo campo in tanti rivali illustri, su quali diveniva sommamente gloriosa la vittoria, e scusabile la sconfitta. […] Si badò soprattutto a conservar l’unità nella melodia regola fondamentale di musica, come lo è di tutte quante le belle arti, la quale consiste nel rivolgere verso un oggetto tutta l’attenzione e tutto l’interesse dell’uditore, nel rinforzar il motivo dominante, ovvero sia il canto della parte principale con quello di ciascuna in particolare, e nel far sì che l’armonia, il movimento, la misura, la modulazione, la melodia e gli accompagnamenti s’acconsentano scambievolmente, e non parlino, a così dire, che un solo linguaggio. […] Di che possono far fede l’inimitabile addio di Megacle e di Aristea nell’Olimpiade, e il lo conosco a quegli occhietti della Serva padrona, modelli entrambi di gusto il più perfetto cui possa arrivarsi in codesto genere. […] Di ciò ne può far fede l’uso ch’egli aveva prima di mettersi a comporre di leggere e meditare un qualche sonetto di quel poeta a fine di riscaldar il suo ingegno alle pure fiamme di quel platonico e sublime amatore88.
Pensa di far troncar la testa a Garcia, ma viene interrotta da nuovi schiamazzi de’ Castigliani. […] Ruben si nasconde dietro del trono, Rachele vuol far lo stesso, e trovandovi Ruben gli rinfaccia i pravi suoi consigli. […] Fañez per non far macchiare le spade de’ compagni nel sangue di una femmina, impone all’Ebreo di ucciderla promettendo a lui la vita. […] Il suo compatriotto Andres disse di tal fatica di Huerta sull’Agamennone, che egli volle far gustare a’ suoi le bellezze del greco teatro . […] E chi oserebbe far motto di qualche squarcio prosaico, di alcun verso duro, o di qualche sentimento spiegato men precisamente?
Giunto a una certa età, accettò di far parte di una accolta di dilettanti, esordendo a Rovezzano, villaggio a due miglia da Firenze fuor di Porta alla Croce colla parte di Sbirro nella Ginevra degli Amieri.
Nel teatro del Gherardi si delinea chiarissimo il tipo, che può dirsi fratello minore di Scaramuccia : e immagino a quali acrobatiche buffonate si dovea lasciar andare il Tortoriti, se il Mercurio Galante del marzo 1685 gli dedicò parole di tanta lode ; e più ancora, se ci facciamo a considerar lo scenario della Precauzione inutile, in cui avuto l’ordine, egli e Pierrot, di non far entrar messaggi d’amore, e vista una farfalla svolazzar davanti all’uscio dell’appartamento d’Isabella, immaginando che essa potesse essere una messaggera d’amore, le davan la caccia, abbandonandosi a ogni specie di salti e capriole pazze, or cadendo lunghi distesi a terra, or montandosi l’un l’altro sulle spalle.
Mentre pensa a far troncar la testa a Garcia, viene interrotta da’ nuovi schiamazzi de’ Castigliani. […] Ruben si nasconde dietro del trono, Rachele vuol far lo stesso e trovandovi Ruben gli rinfaccia i pravi suoi consigli. […] L’autore in una nota coll’ usata sua modestia si vantava di correggere Sofocle per far che quedase con menos impropriedades, cioè che rimanesse spoglio della maggior parte delle improprietà. […] E chi oserebbe far motto di qualche squarcio prosaico, di alcun verso duro, di sentimenti spiegati men precisamente? […] Andres disse di tal fatica di Huerta sull’Agamennone ch’egli volle far gustare a’ suoi le bellezze del Greco teatro.
Così lo trafiggerò nella parte più sensibile del cuore; osserverò i suoi sguardi, se cangia di calore, se palpita; so quello che dovrò far io. […] non mirarmi così; quest’aspetto contristato può distruggere i miei disegni crudeli, e far correr lagrime in vece del sangue che domandi. […] Aggiugne che egli scrisse in nome del re di Danimarca a quel d’Inghilterra di far per quiete comune morire immediatamente i due messaggi; e suggellò la carta col sigillo del padre che seco avea, sul quale erasi formato quello che usa il presente re. […] Il re vuol far credere che al vedere il sangue sia svenuta; ma ella grida: no, no, la bevanda, la bevanda . . . […] Abbiamo osservato nel parlar de’ drammatici Italiani l’esattezza di tanti industriosi scrittori intenti a far risorgere l’arte teatrale de’ Greci.
Essi ebber dal Re la pensione annua di 15 mila lire, senza far conto delle gratificazioni straordinarie ogni qualvolta si recavan a recitare a Corte. […] – Non mi resta che pregarla a far sollecitare la moglie del vecchio Scaramuccia acciò paghi al sig. […] Altezza8 le replicò che toccava al Re far tale parte. […] Non ò che agungere fori che non è in mio potere il far ritorno in Italia là dove l’ arbitrio reggio me ne tronca i tentativi. […] ma La suplico a onorarmi di far ricapitare l’inclusa a mio figlio e spero che fenito ch’averò i miei interesi di fraca (Francia ?)
quali fiori sparse il lor genio fecondo, e quali lasciò di far nascere ? […] Scrisse la prima ad emulazione di quella del conte Alfieri, nella quale piacquegli far morire. […] Ciò far voll’io, tu’l compi, e a me ne involi La gloria eterna. […] Leonida ed Ansare vengono per far uccídere Agide. […] Che far vuoi dunque ?
Se ne querela con Lachete padre di Pamfilo, il quale ne va a far romore con Bacchide. […] Che dovrò far? […] Che dovrò far? […] Non posso questa, men potrei far quella. […] Non sai che far?
Avea Maurizio un di lui bambino in potere d’Irene, e Foca vuol sapere dove si nasconda minacciando di far tormentar Maurizio con tutta l’atrocità. […] Scrisse la prima ad emulazione di quella del conte Alfieri, nella quale piacquegli far morire Carlo ed Elisabetta abbracciati sotto le rovine d’un sotterraneo carcere. […] Oreste e Pilade s’inoltrano fin nella reggia indeterminati del pretesto che sceglieranno per presentarsi al re, e del nome onde far velo al lor venire. […] L’incontro di Polidoro con Egisto nel punto in cui è esposto al furore di Merope che lo crede uccisore del proprio figlio, anima l’atto IV; pur la sua lunghezza potrebbe far pensare che Polidoro siasi a bello studio fermato per far che giungesse Merope con Polifonte senza poterla avvertire. […] quali fiori sparse il lor genio fecondo e quali lasciò di far nascere?
Non vi fu ipocrita o sia attore che ardisse di rappresentare, il personaggio del potente Cleone, né artefice che ne volesse far la maschera, come si dice nell’atto I; per la qual cosa Aristofane dovette egli stesso montare in palco, e rappresentarlo, tingendosi alla meglio il volto, e studiandosi di contraffarlo in tutto, perché si ravvisasse. […] Sono poetiche e più che comiche l’espressioni del servo del poeta Agatone in tal commedia, ma si presume preso (come ordinariamente avviene a i servi de’ letterati) dal furore di far da bell’ingegno a imitazione del padrone. […] Ei non si prefiggeva per oggetto principale il far ridere gli spettatori con facezie, o piangere con avventure compassionevoli, ma sì bene l’additar loro i doveri più sacri, il fortificarli contra ogni,, nemico domestico o straniere, e l’istruirli con sode lezioni piacevolmente. Gli ateniesi provando sommo diletto nelle di lui commedie, non contenti di applaudirlo in teatro, a piena mano gittavano fiori sul di di lui capo, e menavanlo per la città tra festive acclamazioni; anzi con pubblico decreto gli diedero la corona del sacro olivo, ch’era il maggior onore che far si potesse a un cittadino. […] Ma non tollerando il governo di veder delusa la sua speranza di correggere la mordacità de’ poeti, viene il far uso in qualunque modo di soggetti veri, e impose silenzio al coro incapace di cambiar natura49.
Andres, nel dire che nelle tragedie del Mussato vide Padova i primi saggi di tragedia, voleva pienamente far trionfare la verità e la buona fede, dovea alla parola Padova sostituire quest’altra, l’Europa; giacchè a’ que’ di in niun altro paese Europeo videsi una tragedia simile a quelle di Albertin Mussato.
Giovanni dovevano far riconoscere la Passalacqua, Goldoni e Vitalba, e mostrar sulla scena la mala condotta della prima, la buona fede del secondo e la scelleratezza del terzo.
Al mio arrivo in Milano lo incontro in peggiore condizione di prima ; da una parte era combattuto dal desiderio di far conoscere la singolarità del suo ingegno, ritenendolo nel tempo medesimo dall’ altra il rossore di comparir sul teatro nel proprio paese.
Egli è stato de’ primi a far vedere sopra le scene queste trasformazioni istantanee, che sorprendono per la velocità, e dilettano per gli adornamenti, di canzonette, di balli, di giochi, di facezie, ed altre cose ridicole ; spettacolo dilettevole, ma lontano dalla buona commedia.
Com’egli e per qual motivo entrasse in arte non sappiamo : Goldoni ci dice solamente che « non contento della sua sorte in Genova, si diede all’arte del Comico, nella quale potea far spiccare il suo talento e soddisfare il suo genio, portato ad una vita più comoda e più brillante (Ivi, XII). » Secondo il Loehner, « la casa di Giuseppe Imer a S.
Vuolsi ch'ella avesse una voce magnifica di soprano, e che una sera di agosto del 1825, mentre ella cantava un notturno, accompagnata al piano dal maestro Vignozzi, passando di là il Guerrazzi e il Bini, il primo, colpito da tanto accento drammatico, sclamasse : « Per Iddio, quella ragazza dovrebbe far l’ attrice. » Fu profeta, perchè pochi anni dopo, Carolina Santoni fu una illustrazione dell’arte drammatica.
A questa continuata modificazione del principal tipo, Sciosciamocca deve forse la continuata ammirazione del pubblico, che sin dalla prima apparita al San Carlino rinnovato, lo compensò di tante miserie, di tante lagrime versate, sì da fargli scrivere nelle sue nuove Memorie (Napoli, 1899) : « Dopo tutto, l’essere riuscito a far tanto ridere…. gli altri, dava anche a me il diritto di ridere un poco. » E di qual riso !
Gli antichi poeti e musici ebrei, quali furono Davide, Salomone, Asaf, Eman, ed altri, si crede che scrivessero ancora drammatici componimenti, e per tale senza contrasto é considerata la Cantica di Salomone; ma che simili poesie pervenissero ad essere uno spettacolo decorato per far illusione e dilettar la moltitudine, non apparisce. […] Avrebbe egli almeno potuto far menzione del Teatro Saguntino, le cui ruine tuttavia si osservano in Murviedro, città edificata sulle ceneri dell’antica Sagunto.
Dell’inesperte forze a far cimento altrove andai, ma sull’ Euganea scena ben tosto apparvi palpitante, incerta sul mio destin. […] Cesarotti, che appena, per così dire, uscito dal teatro, prese la penna in mano per rendere italiano l’Oracolo del Saint-Foix ; in poche ore compi il suo lavoro, e mandollo tosto in dono a chi più d’ogni altro potea far conoscere il merito dell’ originale e quello insieme della versione.
La comprese il Voltaire che compose la Nanina e il Figliuol prodigo, ed affermava che la commedia può appassionarsi, adirarsi, intenerire, purchè non trascuri poi di far ridere la gente onesta. […] Il Filosofo maritato presso il medesimo critico passa per un capo d’opera; ma per meritare il nome di filosofo che ha vergogna di far sapere che sia maritato, non si doveano far contrastare un poco meglio i lumi suoi colla forza del pregiudizio, e dal non saperlo vincere trarne un ridicolo più vivace? […] Sommamente comica è ancora la scena quarta dell’atto IV, nella quale Francaleu che ha data la sua parola a Balivò di far carcerare il di lui nipote, prega l’istesso Dami di cui si tratta, a prendere sopra di se tal carcerazione. […] Lo scioglimento corrisponde alle grazie di questa eccellente commedia, nella quale colla sferza comica ottimamente si flagella una ridicolezza comune a tutte le nazioni culte di far versi a dispetto della natura, il quale argomento su poco felicemente trattato in Italia da Carlo Goldoni nella commedia intitolata i Poeti. […] Non si può far di più, con voi convengo.
De’ tuoi seguaci Se a far si viene Sempre in tormenti Si trova un cor. […] Un sol verso, una sola parola gli basta alle volte per far capire ogni cosa. […] Il genio a ciò far destinato sembra esser Metastasio.» […] E più frequenti del bisogno sono quei casi dove gl’interlocutori si sentono far uso di quelle antitesi e ritornelli di parole proprie dei madrigali del Seicento, e così poco care ai sensati maestri. […] Far volesti Emirena Le vendette del sesso.
Da somiglianti saggi, che danno corpo alle idee e le pongono meglio in luce, potrà anche ognuno recarne un più fondato giudizio: vedere se elle sono praticabili o no; e se io non fo per avventura come colui il quale, dopo date le più belle regole del mondo sulla tattica, non sapeva poi far fare a diritta a una picciola mano di moschettieri.
La regina Cristina si valse della penna del Messenio per far comporre favole suedesi comiche e tragiche per rappresentarsi da’ cavalieri e dalle dame di corte; ma furono primi tentativi superati in certo modo da Olao Dahlin nato nel 1708, che altre indi ne scrisse meno imperfette.
La squisita cortesia e la soavità dell’indole sua, che traspaiono in ogni parola, in ogni atto, posson far credere non ingiusta la osservazione che troviamo stampata nel’57…, su certe abituali inflessioni troppo melliflue ed ingenue, generate forse dall’eccessivo studio d’esser vero e d’evitare il convenzionale.
La mia bella fiorentina moriva di voglia di far vedere il suo bel visino sotto varie figure.
Eccone l’elenco : Paladini Francesco Primo attore e padre Antonio Casigliani Caratterista Odoardo Venturini Altro padre e tiranno Giuseppe Beltrami Generico dignitoso Nicola Pescatori Alessandro Ferroni Generici Amalia Pieri Prima attrice Angela Dal Buono Ferroni Madre nobile e caratteristica Giuditta Feoli Amorosa Clotilde Sacchi-Paladini Servetta Carlotta Beltrami Seconda donna Caterina Raftopulo Carolina Pescatori Elena Cristiani Carolina Paladini Generiche Adele Feoli Carlotta Raftopulo Parti ingenue Dario Bacci Primo attor giovine Antonio Zanzi Amoroso Francesco Zocchi Brillante Giuseppe Feoli Secondo caratterista Leonardo Raftopulo Antonio Biasci Generici Facevano parte del repertorio le seguenti produzioni : Il Ventaglio – Un bicchier d’acqua – Trent’anni di vita di un giuocatore – Rosmunda – Le risa della disperazione – Caterina Howard – Giulietta e Romeo – Le Donne di buon umore – Saul – Il diplomatico senza saperlo – Il cieco e lo scultore – Luigi di Valois – Il progetto della strada di ferro, o sia la maniera di far fortuna, ecc.
Quanto al carattere di Scapino, è il medesimo degli schiavi di Plauto e di Terenzio ; intrigante, furbo, che s’impegna di condurre a buon termine tutti gli affari i più disperati dei giovani libertini ; che si picca di far dello spirito, che parla molto e molto consiglia.
Sul lido d’ Adria poi spargendo verbi di virtù colmi, orecchio anco vi porsi ; e ch'è l’ingegno vostro atto m’accorsi, a far, che il duolo altrui si disacerbi.
Uno, che nel Foro Romana parla da Dottore, l’altro che urla, senza poter mai piegare quella voce da bufalo, formano una coppia galante da far ridere anche quando si ammazzano.
Certo i migliori artisti si pagarono sempre qualche lira di più ; ma non poterono mai alzar la testa con gl’impresari, perchè a quei tempi correvano rischio di far forni teatrali anche le primarie compagnie. […] A maggiori danni dell’arte sopraggiunse, ai tempi dell’Italia una, la recitazione delle commedie in dialetto, ammirabili per semplicità di linguaggio parlato, utilissime per istudi comparativi di lingua, ma opportunissime per far salire il palco scenico anche ai vetturini. […] Quando il povero parroco, nella bella commedia del Garelli I contingenti piemontesi, esce a far la sua parte, il pubblico lo prende su come viene, e se la figura è meschina e i modi sono piccoli, il pubblico se ne compiace di più perchè lo rassomiglia all’uno o all’altro dei tanti curatucoli di campagna, che son di sua conoscenza ; ma se il parroco recita in italiano, allora il pubblico, ci si perdoni la frase, si monta diversamente, e vuol figura veneranda, vuol modi gravi, vuole unzione, vuole insomma quell’ ideale, che invano si vorrebbe da taluni scompagnare dall’arte.
Non posso far a meno di non isdegnarmi contro il costume che vieta ai maestri di musica di salir sulle scene a cantar i propri drammi. […] Sì che questa è una bella maniera di far gli estratti GIORNALISTA. […] Per trovarmi dunque in contraddizione avrebbe dovuto il giornalista far vedere ch’io in qualche luogo della mia opera avessi espressamente negata a’ compositori d’ogni età l’arte di far valere la melodia, e che poi nel luogo citato da lui l’avessi loro espressamente conceduta. […] Basti questo solo saggio di contraddizioni per far vedere, che il Sig. […] «Tocca, dice Giovambattista Rousseau, a’ poeti far la poesia, e a’ musici far la musica, ma non s’appartiene che al filosofo il parlar bene dell’una e dell’altra.»
La regina Cristina si valse della penna del Messenio per far comporre favole in idioma suedese tragiche e comiche da rappresentarsi da cavalieri e dame di corte.
Non è documento, per altro, il quale dica fino a che anno il Barese abbia recitato da Pulcinella alla Cantina ; tornò egli a far parte di quella Compagnia, rimpatriato appena da Roma ?
Pubblicò in gioventù molte poesie, nelle quali, più che la elevatezza della forma son da ammirare una freschezza e spontaneità che non si attenuarono in lui col sopravvenir degli anni, come può far fede la lirica seguente dettata in sul cader dell’ ’89, e pubblicata or non ha molto con altri versi in un volumetto fuor di commercio.
Fortunatamente ognuno è padrone di andarsene quando più gli aggrada ; ed invero questo è il solo mezzo che rimane, quando si è nauseati di vedere un pubblico, che fra le più volgari bassezze, dimentica interamente la sua dignità, fino al punto di far credere a chi non lo conosce, che esso non ha più nè buon senso, nè gusto, nè moralità, nè pudore.
Voci di poco galantuomismo co'suoi attori su Rossi, l’aver egli cessato affatto di scrivermi dopo mie ripetute lettere, e tante e tante altre cose m’hanno finalmente convinto che tutte le sue dimostrazioni d’amicizia per me in Torino erano interessate, e dirette al solo scopo d’abindolarmi, e far si che io sopportassi la sua concorrenza in Compagnia Reale ; per cui già garantisco fin d’ora, che fra me e lui non vi sarà più accordo, anzi urto continuo, disprezzando io per principio, chi si serve di gesuitico artificio per sorprendere l’altrui buona fede.
» Proprio così : la verità, la spigliatezza, la spontaneità gli mancano tal volta ; e come gli sarebbe agevole riacquistarle potè far fede la parte di Jago, recitata sotto la guida del padre con tal chiarezza e vivacità e sobrietà insieme, che la magnifica figura shakspeariana, troppo sovente fatta consistere in un artifizioso, leccato strisciar delle parole a viemmeglio insinuar la gelosia per vendicarsi o dell’ oltraggio maritale di Otello, o della superiorità di Michel Cassio, balza viva e saltante, quale essa è veramente : figura di cinico, egoista, maligno, calcolatore, sottile, feroce, che va diritto al suo scopo, serbando in quella sua servilità tutta la libertà del pensiero e dell’azione ; e, come al bel tempo, in cui la prima volta la incarnò il padre al Niccolini, è rivissuto nell’arte del forte scolaro tutto il genio selvaggio di Shakspeare.
Accanto ad opere di un ascetismo oserei dire ridicolo, alle solite difese del teatro virtuoso, alle lacrime, alle penitenze stemperate in versi più o meno barocchi, troviamo commedie, nelle quali sono frasi e parole da far arrossire il più spregiudicato. […] Tessa pur stella a stella ; v’aggiunga e Luna e Sole ; s’affatichi pur Dio per far di novo il Ciel lucido, adorno ; ch’al fin con biasmo, e scorno, vana l’opra sarà, vano il sudore. […] Quanto alla recitazione, ammettiam pure dal contesto del lavoro e delle note stesse che vi fosse alcun che di convenzionale a declamazioni e a passi in cadenza ; ma io non sono alieno dal credere che tale specie di recitazione musicale dovesse assai più convenire al lavoro che una recitazione parlata ; quanto alla musica, il nome del Monteverdi è tale da non far dubitare del valore di essa ; e quanto all’allestimento scenico, si può esser certi come nulla vi avesse di esagerato nelle scene indicate dall’Andreini, le quali saranno state sfarzosamente e con ogni fedeltà eseguite. […] Or vada meravigliandosi qualche antiquario, come avesse saputo Sofocle dare il modo di far volare sopra un carro di Dragoni pennuti Medea, quando su i teatri dell’Adria si sono veduti volare gli Eserciti !!! […] Ma è da avvertire, che le parole susseguenti all’ imparate, vogliono hauer uniformità con le prime, acciò che il furto paja patrimonio, et non rapina ; onde per far ciò non mi pare auiso sprezzabile una frequente lettura di libri continuamente eleganti, poi che rimane a chi legge una tale impressione di amabilissima frase la quale ingannando chi ascolta, vien creduta figlia dell’ ingegno di chi fauella.
Questo abbominevole scellerato, il cui carattere così ben espresso avrebbe dovuto far fremere sopra loro stessi tutti quelli, che hanno la disgrazia di rassomigliargli, parve un carattere affatto mancato; e le sue nere perfidie passarono per galanterie, imperciocchè tale che tenevasi per molto onesto uomo, vi si ritrovava tratto per tratto.
Tutto questo io accetto per vero, e credo che come Ganassa cercava di apportar utile e diletto co’ suoi gratiosi motti e recitamenti privi di oscenità, cosi gli Spagnuoli impararono a far commedie modeste, e non oscene…… e a pag. 157 : Anche del comico Ganassa io ho inteso che abbondava di ridicoli, gratiosi in modo e tanto modesti, che ogni auditore virtuoso riceveva gran diletto dall’ udirlo e grandemente se gli affettionava.
È lo stesso Duca di Modena che si rivolge al Cardinal Legato di Bologna, pregandolo di chiamare a sè il Lolli e di persuaderlo con belle promesse ad accettare l’invito di far parte della Compagnia del Duca, al che pare si fosse mostrato renitente.
Gli vietavano i confini del Regno Lombardo-Veneto il coraggio civile e la bella fiamma d’affetto ed intelligenza con cui egli alzava la sua voce a far più bello il grido della libertà e della indipendenza nazionali che usciva dai nostri Poeti, e che il di 8 dello scorso febbrajo metteva all’ ordine del giorno.
La comprese il Voltaire che compose la Nanina e il Figliuol Prodigo, ed affermava che la commedia può appassionarsi, adirarsi, intenerire, purchè non trascuri poi di far ridere la gente onesta. […] Il Filosofo maritato presso il medesimo critico passa per un capo d’opera: ma per meritare il nome di filosofo il quale ha vergogna che si sappia ch’egli sia maritato, non si doveano meglio far contrastare i suoi lumi colla forza del pregiudizio, e dal non saperlo vincere trarne un ridicolo più vivace? […] Sommamente comica ancora è la scena quarta dell’atto IV, nella quale Francaleu, che ha data la sua parola a Balivò di far carcerare il di lui nipote, prega l’istesso Dami di cui si tratta, a prendere sopra di se tale carcerazione. […] Lo scioglimento corrisponde alle grazie di questa commedia eccllente, nella quale colla sferza comica ottimamente si flagella una ridicolezza comune a tutte le nazioni culte di far versi a dispetto della natura, il quale argomento fu infelicemente trattato in Italia dal signor Goldoni nella commedia intitolata i Poeti. […] Non si può far di più, con voi convengo.
Felice se potrò far con essi, o che voi sempre con più vigore assaltiate, ed esterminiate i vostri avversarj, formando della Letteratura Spagnuola un’ Apologia da essere un monumento della vostra sapienza ære perennius; o se potrò almeno rimettere nel buon cammino qualche altro futuro Apologista traviato, sendo questo uno de’ benefizj chiamati innoxiæ utilitatis, che la Natura c’insinua di praticare, Ἐις ὀδὸν ἀλὐοντα ἀγε. […] Vi so dire però, che la mina sventata produce strepito senza far danno. […] Ma ecco su di ciò come ragiona l’erudito Autore della Lettera, che ci risparmia il travaglio di far quì delle riflessioni: “Quello che più mi fa stordire è l’ammasso di supposizioni aeree, dalle quali si deducono asserzioni positive. […] Ha bisogno sì gloriosa Nazione di far quasi Spagnuolo l’Africano Annibale, e di pregiarsi della Lingua Greca che costui sapeva, per averla appresa in queste terre da Sosilo Spartano, quasi che gli Spagnuoli fossero mai stati Spartani o Cartaginesi?
Essa contiene l’intera sostanza di 19 libri dell’Iliade in compendio, perchè incomincia dal contrasto di Achille ed Agamennone per far rimandare Crisia al padre, nè finisce se non dopo l’ammazzamento di Patroclo, per cui Achille torna a combattere contro i Trojani. […] Essa ha di più il vantaggio singolare di poter far uso del gran giardino del Ritiro che le stà a livello, e dà spazio conveniente alle lontananze e alle apparenze di accampamenti e simili decorazioni. […] Rimane a far parola de i due corrales destinati alla commedia nazionale, la cui struttura si allontana da i nostri teatri. […] Io per altro volendo far la riferita descrizione, richiesi intorno all’ inezia di tali nomi gli eruditi amici Moratin, Ayala, Higueras, Robira, Morales &c., nè costoro più ne sapevano di quel che io dissi.
perchè il poeta volea far ciò sentire ad Erbele. […] Che far vuoi dunque? […] Che far vuoi dunque? […] Lascino dunque codesti censori che non sanno far meglio, di riprendere chi tanto e tanto ha meritato. […] Ella che si spiega trivialmente in tutto il resto, ha quì voluto elevarsi e far la preziosæ.
r Duca. di quanto scriuo gliene potrà far fede il nostro Beltramme che sempre a procurato l’unione di questa compagnia, et ora ne confesso l’impossibilità. si come mi rimetto allo stesso che dica s’io mai diedi occasione a niuno dei sudetti di maltrattarmi. spero che le mie potenti ragioni appresso la natural Clemenza di Sua Altezza Serenissima mi faranno degna della grazia che humilmente suplicando le chiedo di non esser non questi doi. et io come riuerente serua di Vostra Signoria Ill.
Ma la lettera più curiosa, e che ci mette al nudo Drusiano e Angelica nella lor intimità conjugale, è quella che il Capitano Catrani scriveva di Mantova il 29 aprile '98 al Consigliere Cheppio, riferita anch' essa per intero dal D'Ancona (ivi, 523), nella quale spicca in mezzo alle accuse di uomo falso, calunniatore, senza onore, infame, questo brano edificante : Mentre Drusiano è stato ultimamente in questa città che son da cinque mesi in circa, à visso sempre de mio con il vivere ch' io mandavo a sua moglie, et egli atendeva a godere e star alegramente sapendo bene de dove veniva la robba, et comportava che sua moglie stesse da me et venisse alla mia abitatione, et non atendeva ad altro che a dormire, magnare, et lasciava correre il mondo : come di questo ne farò far fede avanti S.
[1] Uno spettacolo che riuniva tutte le vaghezze delle belle arti non poteva far a meno di non aggradare all’universale. […] Quel genio, che la determinò a incoronar il Petrarca in Campidoglio e a preparare per Torquato Tasso il medesimo onore, che la mosse ad inalzar il primo teatro conosciuto in Italia a tempi di Sisto IV e a far rappresentare a’ tempi di Leon X la prima tragedia che la sollecitava a voler fregiare colla porpora di cardinale gli omeri di Raffaello d’Urbino e a profonder tesori a pro de’ begli ingegni, quel genio medesimo fecesì che ben presto allignò per entro alle sue mura codesto nuovo genere di musica teatrale. […] La superba Francia, la quale vorrebbe pur ora far fronte e resistere alla dominatrice magia delle modulazioni italiane, fu allora la prima a chiamare a se il dramma musicale, e ciò nel 1645.
Stimava il lodato valoroso antiquario che la voce Maccus appartenesse alla lingua osca, la qual cosa non sembra improbabile; ma è pur certo che la greca voce μακκαειν, delirare, e L’altra μακκοαω, far l’indiano, usata da Aristosane ne’ Cavalieri, corrispondono alla goffaggine e alla stolidità del Macco degli Atellanarii. […] Batillo favorito da Mecenate giunse a far bandire da Roma e dall’Italia il suo emulo Pilade, benchè Suetonio ci dica esser costui stato esiliato, per avere dalla scena mostrato a dito uno degli spettatori che lo beffeggiava. […] I talenti possono mai far vergogna alla ragione, sempre che i costumi sieno puri?
Rimane a far parola de i due corales destinati alla commedia nazionale, la cui struttura si allontana dalla forma de’ nostri teatri. […] Io volendo far la riferita descrizione, richiesi intorno all’inezia di tali nomi gli eruditi amici Nicolàs de Moratin, Ignazio Ayala, Miguèl Higueras, Yriarte, Cadahalso, Robira, Morales ec., nè costoro più ne sapevano di quel che io ne ho narrato. […] Compiè l’opera l’Aranda con isbandire da entrambi i teatri las cortinas, sostituendovi bellissime vedute di scene; con far succedere alla comparsa ridevole della chitarra sulla scena una buona orchestra; con decretare che all’alzarsi del sipario tutti dovessero togliersi il cappello; che per la platea e per la scalinata più non vagassero i venditori di aranci, di nocciuole, acqua; che più non si fumasse, non si fischiasse, non si schiamazzasse gridando fuera fuera contro gli attori mal graditi.
Stimava il lodato valoroso antiquario che la voce maccus appartenesse alla lingua Osca, la qual cosa non sembra improbabile; ma è pur certo che la Greca voce μακκαειν, delirare, e l’altra μακκοαω, far l’ indiano, usata da Aristofane ne’ Cavalieri, corrispondono alla goffaggine e alla stolidità del macco degli Atellanarii. […] Batillo favorito da Mecenate giunse a far bandire da Roma e dall’Italia il suo emulo Pilade, benchè Suetonio ci dica essere costui stato esiliato, per avere dalla scena mostrato a dito uno degli spettatori che lo beffeggiava. […] I talenti possono mai far vergogna alla ragione, sempre che i costumi sieno puri?
Poi una infinità di monologhi drammatici, comici, grotteschi, coi quali egli può far valere tutte le sue qualità di trasformista, dirò così, naturale, poichè la mobilità di fisionomia di Ermete Novelli è un miracolo vivente. […] Fino a qual grado ha egli esercitata la pazienza nelle discipline degli studj per fondere il comico e il drammatico in modo da far piangere e ridere il pubblico in su lo stesso punto, con una perfetta musicalità d’inflessione, con un atto, con uno sguardo ?
A. supplicandola che per far grazia a me in ordine alla buona giustizia e per fare anche benefizio ai medesimi Ghislieri, si compiaccia comandare che sia subito ricuperata la donna e posta in luogo sicuro per reconsegnarla a suo marito.
Artista eccellente, sapeva far aggradire anche le produzioni più strambe e bizzarre.
Si ricordano ancora a Milano gli entusiasmi quando Ciotti appariva nel Falconiere di Pietr’Ardena a far da sirena dicendo i versi melodiosi del Marenco.
III, 3) : Quest’ uomo intimamente comico, aveva l’ arte di far parlar la sua maschera, ma a viso scoperto brillava ancora di più.
r Antonio del denaro è non lo uoglia rimettere puole spedire il Padre Francesco doue io li ho scritto che non ui sarà pericolo, è questo sarà all’ hosteria di Cerese et l’ istesso Padre mi puol mandare auisare che anderò io in persona acciò sia sicuro à leuare il denaro che per uia denaro si cauerà fuori, La suplico per l’Amor di dio a far questa gratia acciò che possi fare le sante feste costì in Modena mentre per fine resto facendoli profondissima riuerenza.
Se non danno è segno che non hanno ; » e di queste candide teorie, molti seppero far tesoro.
Questo poco serva a far meglio conoscere quella donna ; il molto che io taccio, empir potrebbe un volume.
Amo l’arte ovunque si trovi, e anche se il romantico e il convenzionale sanno persuadermi e far vibrare la mia anima per modo che io possa trasfondere nel pubblico la commozione mia, li accetto. » Di qui la grande varietà del suo repertorio : accanto a Hedda Gabler, Suor Teresa ; a Casa paterna, Zaza ; a Maria Stuarda, La Locandiera ; a Debora, Fedora ; a Tosca, Adriana Lecouvreur ; a Seconda moglie, Frou Frou ; a Casa di bambola.
Que’ popoli frammischiando i loro rozzi idiomi alla purità del latino discorso, alterando le terminazioni de’ vocaboli, togliendo ai nomi ed ai verbi la propria inflessione, aggiugnendo in sua vece frequenza d’articolazioni aspre, di consonanti ruvide profferite cori voci sorde e confuse, non potevano far ispiccare il canto loro in altra maniera, che rinforzando il suono delle vocali per nasconder alla meglio la durezza e l’abbondanza di esse consonanti. […] PP. conventuali di Bologna, soggiugne che siffatta opinione circa il numero dei modi era comune presso agli antichi, dicendo di averla ritrovata in un’opera di Francone, autore di cui ci converrà far menzione in appresso. […] Non potendo sollevar gli sguardi del volgo fino alla grandezza delle cose rappresentate, egli è d’uopo abbassar queste per avvicinarle agli occhi suoi, accomodar la natura divina alle passioni degli uomini, e far un materiale spettacolo della più spirituale fra tutte le religioni. […] Alcuni si vestivano da Pulcinella, altri da pantomimo, altri da donna, e parecchi si lordavano il viso con varie sozzure affine di movere il riso, o di far paura agli spettatori. […] Così vorrebbesi far credere a chi non ha letto il mio libro, ch’io porto la stravaganza a segno di condannar l’uso della filosofia nelle produzioni letterarie, nonostante che le Rivoluzioni del teatro musicale formino una serie di pruove convincentissime del mio pensare incontrario.
Sommamente comica ancora é la scena IV dell’atto IV, nella quale Francaleu, che ha dato la sua parola a Balivò, di far carcerare il di lui nipote, prega l’istesso Dami, di cui si tratta, a volersi adoperare per questa carcerazione. […] I pag. 266 seqq. e ne’ tre Secoli letterari de’ francesi238, perché il tenero dee far molti passi prima di pervenire al tragico, e la commedia può bene aver le sue lagrime senza cangiar natura. […] Un giovane studioso ne osserverà i riferiti pochi tratti naturali e felici, e fuggirà d’imitar l’autore nel carattere d’un padre di famiglia, che piange a tutte le ore, e filosofa vanamente: d’un padre, cui non manca buon cuore e tenerezza per gli figli, ma si bene una prudenza attiva nelle circostanze scabrose: d’un padre ricco, che invece di far la figura principale in ciò che maggiormente importa, si riduce a rappresentare il secondo personaggio dopo il commendatore, che colle sue maniere, co’ suoi pregiudizi, colle sue stravaganze mette la casa in iscompiglio, e ridusse alla disperazione il nipote243. […] Ciò per altro potrebbe essere giustificato dalle circostanze de’ pensieri e dell’espressioni, sempre che si avesse cura, senza inoltrarla, di non far patire chi ascolta. […] Niuna cosa essendo tanto difficile, quanto il far ridere gli uomini gentili e perspicaci, non é maraviglia, che i francesi in questo secolo di scadimento siensi ridotti a far commedie romanzesche, le quali, al dire del signor di Voltaire, sono piuttosto saggi di tragedie domestiche o cittadinesche, che la naturale e piacevol dipintura dei ridicoli correnti.
Mille pruove di fatto mi fornirebbe la storia loro se il mio scopo fosse quello di far pompa d’erudizione121. […] Si privarono, egli è vero, con siffatta idea, di molte squisite ed artifiziose modulazioni che questa produce presso di noi, e delle quali va così orgogliosa la nostra musica, ma non mostrarono di far gran conto di simili privazioni, stimandosi abbastanza ricompensati coll’acquisto d’altri fini assai più importanti e più propri d’ogni arte imitativa. […] [26] Superiore nella esattezza del tempo, perché venendo assegnato a ciascuna sillaba poetica il suo valore intrinseco o di breve o di lunga, e tardandosi nel pronunziare la lunga un tempo duplo di quello che si tardava nel pronunziare la breve, ne veniva in conseguenza che la misura musicale fosse regolata perfettamente dalla prosodia, così che il musico per batter con precisione il tempo non doveva far altro che seguitar alla cieca il poeta. […] egli è chiaro che al maestro resterebbe pochissimo da fare nel primo, poiché, trovando di già misurata ogni sillaba, non doveva far altro che impiegar quattro tempi nella parola “dulces” composta di due lunge, due nell’“ex”, un solo nell’“u”, un altro nel “vi”, e così per tutto il verso di mano in mano, al fine del quale si troverebbe esattamente aver corrisposto al pensier del poeta. […] I poveri letterati, che aveano nella voce tutta la rozzezza d’un uomo di cinquantanni non mai avezzo a cantare, e nella persona tutta la goffaggine d’un erudito da bene, adempirono così sgarbatamente la commissione, che, nonostante il rispetto dovuto alla regina, i cortigiani non poterono far a meno di non abbandonarsi alle più sonore risate.
Lo stile è comico, buono per lo più, benchè talvolta soverchio affinato per far ridere alla maniera Plautina. […] Il mentovato Modenese Orazio Vecchi nel voler far cantare l’Anfiparnaso si sarebbe ridotto a valersi del Brighella, del Dottore, del Pantalone, se a suo tempo si fossero usate in teatro le voci artificiali de’ castrati? […] Ha l’arte di addolcirla e rinforzarla senza stento, senza far visacci, boccacce, storcimenti” ... […] Egli seppe meglio far conoscere i suoi talenti a’ Francesi facendo valere la somma sua arte pantomimica di maniera che poco o nulla gli nocque il patrio linguaggio. […] Di ciò non ha lasciato di far menzione l’eruditissimo sig.
Battista, Fidenzi Cintio, Malloni Maria, Zecca Niccolò), dice di sè stesso : Ed io più infimo di tutti, fui fatto dalla benignità di Ludovico il Giusto Re Cristianissimo soldato della sua guardia, e di maggior onore mi voleva far degno, s’io ambiva, come ne può far fede l’Ill.
L’utile curiosità congiunta al bisogno che si ha di esempli che riscaldino ed alimentino il genio, ne renderà sempre accetta la narrazione con gusto e con giudizio particolareggiata, la quale per gradi e con sicurezza ammaestra, e la preferirà a certi rapidi abbozzi poetici, pe’ quali si vanno scegliendo i colori più vivaci in detrimento della verità istorica, ed a capriccio vi si compartono le ombre ed i lumi, e dipignesi d’idea e di maniera per illudere l’occhio e far pompa di eloquenza.
Per far argine alle stravaganze de’ nominati scrittori, Cristiano Weisse rettore del Collegio di Zittau precipitò nel basso e nel triviale.
Per far argine alle ridevoli stravaganze de’ nominati scrittori, Cristiano Weisse rettore del collegio di Zittau precipitò nel basso e nel triviale.
I Russi ad esempio dell’ Alemagna cominciarono a far contribuire al proprio diletto le nazioni più ingegnose, l’Italiana e la Francese, le quali da gran tempo si disputano la preferenza nell’arte di piacere.
Per la Compagnia Reale Sarda furono stanziate in bilancio lire cinquantamila, e il Bazzi col valido aiuto morale dei Conti Piossasco e Benevello, potè pel corso di oltre venti anni far ammirare dai più disparati gusti del pubblico italiano un vero modello di Compagnia, e pel valore degli artisti e per la ricchezza dell’allestimento e per la musicalità dell’assieme e più ancora per la elettezza e varietà del repertorio, quasi tutto italiano.
S. non haurebbe il tedio delle nostre Supliche, se la Necessità non ci fosse di sprone, come ne può far fede il Cauag.
A tal proposito scrisse una lettera a Carlo Pevrault, controllore della Casa Colbert, chiedendo un passaporto per Roma, Venezia, Genova, Ferrara, Bologna, Padova, e una sovvenzione in danaro, per far fronte alle spese, facendo osservare che pel viaggio in due sole città, Bologna e Venezia, Ottavio avea sempre avuto 200 scudi.
Ed anche chi non fosse di gran fantasia fornito farebbe gran senno a ricopiare così a puntino que’ loro paesaggi, imitando quel valentuomo il quale, piuttosto che far del suo delle cattive prediche, imparava a memoria e recitava quelle del Segneri. […] Lo stesso è delle comparse, che non si vorrebbon mai far andare colà dove i capitelli delle colonne giugnessero loro alle spalle o alla cintola, dove venissero a toglier via l’illusione della scena.
Bartoli insieme alla proposta, adoperando le stesse parole a ogni fin di verso : Tu, che godi felice i lauri e l’onda, che di Parnasso i lieti Campi irriga qual desir nuovo la tua mente instiga di far prima in virtù chi t’è seconda ? […] In Friul non cred’io la testa al Toro veder tagliar, idest far carnevale, perchè d’ir a Bologna io spasmo e moro.
Deh padre amato Non far che acerba senza colpa io pera. […] Per altro l’illustre tragico francese score più rapido e con maggior nerbo, nè si ferma come fa Euripide a far dire da Fedra alla Nutrice, sai tu che mai sia una certa cosa che si chiama amore? […] Il tacciar quelli o questi per le maniere, per un decoro locale, variabile e incostante, al pari della moda (siccome fanno certi critici moderni) è un far la guerra agli accidenti e sfuggire la sostanza della contesa, è un volere allucinar volontariamente se stessi e chi loro crede. […] A un furore da baccante che trasporta Ecuba fuori di se, far succedere un dubbio sul fatto? […] Interessa ancora per la vivacità il riconoscimento che avviene nel V; ma le domande di Ione intorno al suo nascere mettono in angustia la madre, ed il poeta è costretto a far discendere Minerva per giustificarla.
Un carattere così eroico, franco, temerario agli occhi suoi, non dovea far tutto temere al sospettoso Polifonte? […] Certamente per ricavarsene un frutto morale da far detestare il vizio ed amar la virtù. […] Si dirà che si vuole impedire un incesto; ma Semiramide non conosce Arsace per suo figlio, ed Arsace è virtuoso ed innamorato di un’ altra; or non bastava di far loro sapere l’arcano? […] “Tutti coloro (diceva l’istesso Voltaire) che si vogliono far giudici degli autori, sogliono su di essi scriver volumi; io vorrei piuttosto due pagine sole che ce ne additassero le bellezze”. […] Ma se egli travide nel dipingere gli eroi ed i virtuosi, non si mostrò più abile in far operare due bassi traditori determinati.
Un Filosofante acuto, come il Signor Apologista, non affermerà simil cosa, purchè voglia far uso del suo criterio, e scorrere col pensiero per le Nazioni.
In queste farse dell’arte, nelle quali erroneamente varii oltramontani male istruiti sogliono far consistere la commedia Italiana, possiamo ravvisare qualche reliquia degli antichi mimi, la cui indole libera e buffonesca è stata sempre d’introdurre prima certo rincrescimento della buona e bella poesia scenica, indi di cagionarne la decadenza.
I Russi, ad esempio dell’Alemagna, cominciarono a far contribuire al proprio diletto le nazioni più ingegnose, l’Italiana e la francese, le quali da gran tempo si disputano la preferenza nell’arte di piacere.
Dice il Bartoli che come artista egli fu irreprensibile, ma che, come uomo, corse troppo a sciolta briglia dietro gli amori, pe’ quali ebbe più volte a far naufragio fra burrascose procelle a segno di rompere contro a’scogli la nave, e di smarrirvi per fino interamente il timone….
Se questa penna far potesse l’ufficio di pennello, i nostri lettori vedrebbero la vera immagine d’una pulcella di 45 anni che tutto ha perduto fuorchè la speranza di piacere, e, contro l’aspettativa, si trovi per caso o malizia altrui, al cospetto di un qualche bell’uomo.
Lui capo tavola a far le minestre per tutti : c’erano i figli, le mogli dei figli, e fors’anche i padri o le madri delle mogli dei figli ; c’eran gli altri comici ; pochi.
Un carattere così eroico, franco, temerario agli occhi suoi, non dovea far tutto temere al sospettoso Polifonte? […] Certamente per ricavarsene un frutto morale da far detestare il vizio ed amar la virtù. […] Ma se egli travide nel dipingere gli eroi ed i virtuosi, non si mostrò più abile in far operare due bassi traditori determinati. […] Contiene il dominio che ebbe Medea in Atene sposando il re Egeo, e l’arrivo di Teseo erede del regno che Medea cerca di far morire. […] Contarini viene a far premure alla figlia di non porre ulteriore indugio alla sua obedienza, potendosene a ragione offendere lo sposo.
Che far poss’ io? […] Che far poss’ io? […] Parte Isabella, la segue Diego; ma ella temendo che sia veduto dal marito, per far che vada via gli dice che l’abborrisce. […] Ogni prima Dama del teatro spagnuolo per far pompa di abilità apprende a rappresentar la di lui Judia de Toledo. […] Vi è però la maniera di migliorar tale artificio, per fuggir l’incoveniente che risulta dal far parere che il personaggio sappia esser la commedia scritta in versi.
Sino alle cose più picciole stese Sofocle le sue osservazioni per far risplendere l’abilità di ciascuno; e perchè si vedessero in teatro brillare i piedi de’ ballerini, fe calzar loro certe scarpe bianche. […] Sofocle a mio giudizio rimane pure ad Eschilo inferiore allorchè scema la sospensione dell’uditorio col far seguire la morte di Clitennestra prima di quella di Egisto, perchè ne rende meno interessante lo scioglimento. […] Deh padre amato, Non far che acerba senza colpa io pera. […] A un furor da baccante che trasporta Ecuba fuori di se, far succedere un dubbio sul fatto? […] In fatti Aristotile stesso nel luogo citato dice che Eschilo fu il primo a far riconoscere il rappresentatore delle prime parti.
E se il Malara fu uno Scrittore, che probabilmente si accomodò al gusto generale introdotto nella Penisola, pare al Signor Apologista, che, dove di molti Greci, Latini, Italiani, Spagnuoli, Francesi, de’ quali abbiam pure più fide memorie, ed anche opere, io tralasciai di far menzione, per non potersene, a mio avviso, trarre molto vantaggio per la gioventù, dovessi poi consumare il tempo sulle favole del Malara che non esistono, nè si sa che cosa fossero? […] Volete Voi, a quel che pare, far la guerra sedendo nella Reggia alla maniera de’ Monarchi Assirj? […] Volle poi combattere la censura del Sedano pel carattere perfettamente buono d’Isabella; di maniera che di lui acconciamente può dirsi in tal proposito ciò che dell’Europa affermava l’Ariosto, “Lampiglia è in arme, e di far guerra agogna “In ogni parte fuor ch’ove bisogna.” […] Saverio, che il Signorelli non si allontana da’ sentimenti de’ Critici Spagnuoli nel giudicare de’ supraccennati Drammatici, e non legge alla sfuggita, nè sopprime i fatti, nè abbisogna di far dire a’ Giraldi quello che non dissero mai.
Pregiavasi il Cornelio di aver procurato di far sentire nel suo Pompeo e ne’ pensieri e nelle frasi il genio di Lucano, e quindi di essersi elevato più che in altre sue tragedie. […] Nel Sertorio si prefisse di mostrare un modello di politica e di perizia militare, e vi si nota più di un tratto nobile, come questo, Rome n’est plus dans Rome, elle est toute où je suis, che forse ebbe presente il Metastasio nel far dire a Catone, Son Roma i fidi miei, Roma son io. […] Nell’atto V Licurgo esce per far sapere alle donne del dramma che il Senato è condisceso all’innalzamento di Pisistrato al trono, e che Solone nell’opporsi a’ soldati di lui è stato mortalmente ferito. […] Soltanto il far noto che il proprio sangue non si mescolerà con quello dell’oppressore di Atene.
Ed ho speranza, come incomincio a far la barba, di recitar la parte dello innamorato, ornandomi di bellissimi vestiti, concetti e grazia. Faccia da Franceschina, da Pantalone, da Graziano, da Francatrippe, o da Zanni chi vuole ; io per me voglio far la parte del gentiluomo per essere sempre tenuto tale ! […] Qui mandritti, rouersi, e stramazzoni, Mangiar bombarde, sputar stocchi e spade, Tagliar pilastri, e franger torrioni, Vdrete tanta stragge, e crudeltade, Da far impaurir Orsi e Leoni, Non che fanciulli, o done per le strade. […] Ah Dio, gran cosa, che dovunque io vo, como i Principi mi danno di naso una volta, non ponno più far senza di me : il Duca di Ferrara vecchio (buona memoria !) […] Dunque giacchè mi prendesti come Pettirosso, Beccafico, o Monedula al trabocchetto, non mi far desiare, liquefare, e andare in succhio.
Non consiglierei però al Signor Apologista a far paragone del numero delle Tragedie Spagnuole con quello delle Italiane.
Quindi é, che non sì tosto egli comincia a far pruova delle forze del proprio ingegno, che ne dirige le primizie a quella prima cagione, da cui sente interiormente di dipendere.
Temistocle contribuì a far eseguire con ogni splendidezza gli scenici spettacoli.
Chi adunque arzigogolando sdegna di riconoscere da tali principii la tragedia e la commedia Greca, non vuol far altro che dare un’ aria di novità e di apparente importanza ai proprii scritti, e formar la storia della propria fantasia più che del l’arte.
Ma non tollerando il Governo di veder delusa la sua speranza di correggere la mordacità de’ poeti, vietò il far uso in qualunque modo di soggetti veri, ed impose silenzio al Coro incapace di cambiar naturaa.
Fu il ’50 con Coltellini a Trieste, e il ’52 si unì madre nobile con Adelaide Ristori, risolvendo il ’57 di abbandonare il teatro, e di cedere tutto il suo ricco patrimonio di scena al figliuolo Giovanni, capocomico e mediocre brillante (morì nel ’76 a Livorno), col quale recitò alla Stadera di Milano il 13 marzo di quell’anno il terzo atto della Medea del Ventignano, maravigliando per la potenza d’arte, e gagliardia di mezzi, tanto da far dire a un accreditato giornale, che al suo confronto le celebrità d’allora impicciolivano a vista d’occhio.
Quel botticino, recitava sul gusto del passato secolo, e aveva la smania di far ancora quelle parti, che gli stavano bene quarant’anni avanti.
Nulla ha di nuovo, ma non laseia di far ridere. […] Cessino dunque codesti censori che non sanno far meglio, e piggiorano ad occhio, cessino di riprendere chi tanto e tanto ha meritato. […] Calsabigi finse ignorare che il far trovar morto il reo dopo la grazia ottenuta appartiene all’autore della Inès de Castro ? […] Visono poi certe farsacce buffonesche che costano poco e giungono talvolta a far romor grande sulla scena. […] Calsabigi dovea riportarsi al maestro di musica, il quale ben sapeva se le due voci potessero accordare e far buono effetto unite.
La sapienza adunque precettiva che si occupa a far la guerra agli errori naturali ed a correggere le opinioni per inspirar costumi confacenti al disegno del legislatore, non merita al pari delle altre scienze la pubblica gratitudine? […] E’ vero che la parola tromba fra noi significa tromba da sonare e da far salir l’acqua; ma il verbo trombare altro non ha espresso fra’ Toscani, che propriamente sonar la tromba e figuratamente pubblicare e dire a voce alta.
Ma bisognerebbe prima d’ogni altra cosa far loro intendere che cosa fosse fra gli antichi orchestra, timele, melopea, tibie uguali, disuguali, destre, sinistre, serrane, e modo Frigio, Ipofrigio, Lidio, delle quali cose è forza che non abbiano veruna idea. […] Chiunque voglia far uso della propria ragione, ciò leggendo, dirà fra se: Conviene ad Aquilio quest’immagine?
. : quelle parti insomma con le quali, per quanto sieno eseguite con dignità, è d’uopo sostenere una posizione imbarazzante verso il pubblico, e le quali il signor Righetti potrebbe far eseguire da chi meglio credesse. […] Altri artisti di valore, come Ernesto Rossi, Luigi Bellotti-Bon e Gaetano Gattinelli, avevan diritti da far valere.
Tutto questo passare per quasi quarant’anni da un ruolo all’altro, da una compagnia all’altra con vertiginosa rapidità, specie ne'primi tempi, dice chiaro quanta fosse la duttilità del suo ingegno, la sua dedizione intera, incondizionata all’arte, pur di fare ; e senza aspirazioni, pur di far bene, a toccar cime elevate, alle quali egli si trovò direi quasi senza saperlo, per una conseguenza logica del suo gran merito. […] Che in arte vi sia chi impotente a far del suo, cammina servilmente sull’orme altrui, è indiscutibile : ma quegli non è più artista ; è semplicemente attore.
E Moliere prese quindi l’idea di far nel suo prologo un dialogo tra Mercurio e la Notte. […] Essi presso a poco contengono il sentimento degli undici seguenti versi latini, ne’ quali ringrazia gli Dei per essere arrivato salvo in quella città ove pensa far diligenza per sapere delle figliuole e del nipote per mezzo di Agorastocle già adottato da un suo ospite chiamato Antidamante. […] Somministra il titolo a questa favola un vaso o pentola ripiena d’oro d’intorno a quattro libbre di peso trovata dal vecchio Euclione, il quale avvezzo alla miseria da tanti anni non sa far uso di quel danajo, e di bel nuovo lo seppellisce. […] Un servo autore de’ di lui disordini appena ha tempo da far menar dentro un commensale ubbriaco, e chiudere la casa. […] Indi per mio Diporto vo’ comperarmi una nave, E far lo stesso che facea Stratonico Viaggiando e andando in giro pè paesi.
E non saziandosi il popolo di udirne talora ripetere i più bei pezzi, un di avvenne che fatto roco impetrò di far cantare per lui al suono della tibia un suo servo, a se riserbando di animare tacitamente le parole col gesto e coll’ atteggiamento37. […] E Moliere prese quindi l’idea di far nel suo prologo un dialogo tra Mercurio e la Notte. […] Essi presso a poco contengono il concetto degli undici seguenti Latini, ne’ quali ringrazia gli dei per essere arrivato salvo in quella città ove pensa far diligenza per sapere delle figliuole e del nipote, per mezzo di Agorastocle già adottato da un suo ospite chiamato Antidamante. […] O bisogna concepire un teatro alla maniera di quelli veduti in Napoli in tempo del Marchese di Liveri, ne’ quali senza cangiar la scena vedevansi azioni fatte nell’ interiore di una casa ancor dalla strada, ovvero immaginare che il servo baldanzoso Tossilo, per far disperar Dordalo, avesse disposta la mensa avanti la porta della propria casa per farsi veder da lui, come in fatti avviene. […] Somministra il titolo a questa favola un vase o pentola ripiena di oro d’intorno a quattro libbre di peso trovata dal vecchio Euclione, il quale avvezzo alla miseria da tanti anni non sa far uso di quel danajo, e di bel nuovo lo seppellisce.
Con tutto però che questi scismatici componessero meglio degli Arcadi Cattolici, non mi pare che dovessero far la commedia di separarsene, che è quella gli mette dal lato del torto. […] [1.27ED] — Or via, in grazia del tuo ragionare — io replicai — mi vo’ far questo sforzo di non crederti per ora impostore. […] [2.107] Vorrei sapere se ho errato a far ciò rappresentare dentro la reggia. […] [4.160ED] Vi era un certo che volea far il medico ed avea talento per far l’architetto. […] Dunque se tu vuoi far versi dei verseggiar senza rime.
Il nominato autore dell’opuscolo del Teatro osserva che la bocca del palco scenico eccessivamente angusta e molto lontana dalla scalinata nuoce al vedere, là dove si avrebbe potuto far più larga e più vicina agli spettatori e così parve anche a me allorchè vidi la prima volta quel gran teatro.
Veggio (Talpa non son) che in te risplende Ciò, che può far, ciò che può dar natura, Che di bearti eternamente intende.
E Giuseppe Pavoni nel suo diario delle feste per le nozze di Ferdinando Medici con Cristina di Lorena : Sabbato, che fu alli sei (di maggio del 1589), ritrovandosi in Fiorenza li Comici gelosi con quelle due famosissime donne la Vittoria e l’Isabella, parve al Gran Duca che per trattenimento fosse buono far, che recitassero una Comedia a gusto loro.
mo di Cell, « ch'è un Principe così grande – dice il Sacco nella prefazione – così giusto, e così pio, e ci grazia non solo dell’alta sua protettione, ma ci comparte una mercede così copiosa, che può far la fortuna, anche a chi pretende distintione assai superiore a quella di Comico », è forse la più importante opera del Sacco, sì per la varietà imaginosa delle scene, sì per la comicità ond’è piena, e anche per lo stile men reboante del solito.
Ma ad onta di tante morti, tanto sangue, e tanti delitti enormi esposti sul teatro inglese, vi si osserva, che ogni dramma é preceduto da un prologo rare volte serio, e seguito da un epilogo ordinariamente comico, anche dopo i più malinconici argomenti, e vi si vede sovente l’istessa attrice, che sarà morta nella tragedia, venir fuori co’ medesimi abiti a far ridere gli spettatori. […] Il re di Danimarca, che ha premiato questo buon poeta con una pensione considerabile, ha parimente istituita un’accademia in Copenaghen per esaminare e premiare i migliori drammi de’ concorrenti da far poi rappresentare nel suo teatro. […] Non si può negare che abbia destrezza in far ritratti, principalmente bassi, ma scarseggia affatto di fantasia per inventare e disporre un piano e far quadri istoriati.
Vero è ancora che, per quanto Sparziano ne racconta, l’imperadore Adriano ne’ suoi conviti amava di far rappresentare commedie, tragedie e atellane. […] E’ ben vergognosa cosa far da Censore senza intendere i libri scritti in idioma italiano.
Ma bisognerebbe prima di ogni altra cosa far loro intendere che cosa importasse appo gli antichi orchestra, timele, melopen, tibie uguali, disuguali, destre, sinistre, serrane, e modo Frigio, Ipofrigio, Lidio, delle quali cose è forza che essi non abbiano mai avuta veruna idea. […] Chiunque voglia far uso della propria ragione, ciò leggendo, dirà fra se: Conviene ad Aquilio quest’immagine?
I Poeti Provenzali, che per quanto chiaramente ricavasi da due passi del Petrarca l’uno del Trionfo d’Amore cap. 4, e l’altro della Prefazione alle sue Epistole Famigliari, vennero dopo i nostri Siciliani a verseggiare e a far uso della rima nelle moderne lingue volgari, si distinguevano con varj nomi secondo i loro varj mestieri, in Troubadores, cioè trovatori, così detti dal trovar prontamente le rime, e dall’inventar favole verseggiando, in Canterres, o cantori, i quali cantavano i versi composti dai Trobadori, e in Giullares, o siano Giucolari, o Giullari, che vale lo stesso che giocolieri, o buffoni, i quali nelle pubbliche piazze, o nelle fiere intertenevano il popolo con varie buffonerie, sonando qualche stromento, o sollazzavano i conviti de’ Principi e gran Signori con canti, suoni e balli, celebrando le gesta de’ Paladini, e le bellezze delle donne. […] Bettinelli) oggi senza favor de’ Principi, senza emulazione, senza ricompense, nella decadenza di tutto, e nel languore delle artistesse, hanno elleno sempre in Italia gran voga, e continuano a far l’ammirazione degl’ intelligenti e disappassionati Oltramontani per lo singolar talento, che in esse posseggono i nostri a quel grado che vuole il migliore entusiasmo.
. – Mi fa da ridere quando parla dei Faigny e dei Doligny, e altri francesi : quei poveri infelici, dopo d’aver divertito il colto pubblico italiano, han dovuto far delle collette per tornare in Francia ; e qui si son mangiati gli abiti, i bijoux, le camicie, e fin le unghie. […] M'ero obbligato a far tre recite per settimana in Milano colla detta sua compagnia, se egli avesse trovato i duecento sovventori che chiedeva nel suo prospetto stampato ; non li ha trovati ; ed io mi son chiamato sciolto. – Ho già licenziata la mia compagnia, ed ho messa in libertà la quaresima di Padova, e coll’ultimo di carnovalone 45 in 46 finisce il mio capocomicato.
Il Figlio d’Arlecchino perduto e trovato, il Mondo della Luna, le Trentadue Disgrazie di Arlecchino, i Cento e quattro Avvenimenti non furono che farse piacevoli destinate a far valere l’Arlecchino. […] Nè anche è da approvarsi che il palco scenario sporga in fuori nella platea per molti piedi, convenendo allo spettacolo che gli attori, come diceva l’Algarotti, stiano, al di là dell’imboccatura del teatro, dentro alle scene, lungi dall’occhio dello spettatore, per far parte anch’essi del dolce inganno a cui il tutto è ordinato. […] I difetti notati ne’ più gran teatri moderni mostrano la difficoltà della soluzione del problema, far un teatro che compiutamente soddisfaccia a i due sostanziali oggetti, comoda veduta e conservazione della voce nell’interiore del teatro.
Ivi si rapportavano tre Tragedie e due Commedie atte a dimostrare, che sin da allora gl’Italiani attesero a far risorgere la Scenica Poesia.
Sia benedetto (diceva pavoneggiandosi) il far all’amore senza riguardi d’una stupida educazione.
Quanto al personaggio di Colombina, lo si vorrebbe far risalire al teatro antico ; e il Sand trascrive una scena della Mostellaria, mettendo a raffronto delle serve del teatro italiano la Scafa plautina.
E mentre nel suo pensiero era tutto preparato, riesciva a far credere allo spettatore esser tutto opera del caso : tanto in lui l’arte imitava la natura.
Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina.
Stese Sofocle le sue osservazioni fino alle più picciole cose per far risplendere l’abilità di ciascuno; e perché si vedessero in teatro brillare i piedi de’ ballerini, fé calzar loro certe scarpe bianche. […] Sofocle, a mio giudizio, resta pure inferiore ad Eschilo allorché scema la sospensione dello spettatore col far seguire la morte di Clitennestra prima di quella d’Egisto, e le rende lo scioglimento meno interessante. […] Racine scorre più rapido e con più energia senza fermarsi con Euripide a far dire a Fedra: Sai tu che mai sia una certa cosa che si chiama amore? […] Lo spettacolo della prima scena dovea far somma impressione. […] Anche il riconoscimento fatto nel V é vivace e sveglia l’attenzione; ma le domande di Ion mettono in angustia la madre, e ’l poeta é costretto a far discendere Minerva per giustificar Creusa.
Ma senza far torto a questa bellissima tragedia, diremo liberamente, che in ciò si vede il poeta che parla, mentre ogni uomo di gusto avrebbe voluto vedere anche qui quella medesima madre trafitta dipinta al vivo nell’atto III. […] Ma ciò serve punto a far avanzar l’azione? […] Battilo favorito da Mecenate giunse a far bandir da Roma e dall’Italia Paride suo emulo. […] I talenti possono mai far vergogna alla ragione, se i costumi son puri? La tragedia di Medea, espressa tutta mirabilmente per gesti da Mnestere, poteva far vergogna alla ragione, perché la vita del pantomimo era libertina, o perché le matrone romane s’innamoravano di tali istrioni-ballerini, o perché essi prendevano dominio fu gl’imperadori, e influivano negli affari del governo?
Lo spettatore sdegna in sentire il maestro di cappella far del poeta. […] Lo spettatore sdegna in sentire il maestro di cappella far del poeta. […] Ciò basta a far comprendere quanto sia questa necessaria all’opera in musica. […] Dee far sentire il numero della poesia, e non dar nel farnetico d’alcuni, che si affannano a credenza, per estinguere ogni sentore di verso ne’ drammi. […] Dovrà perciò il pittore posseder bene li segreto di far apparir vasto ciò che in realtà non è tale.
Isa: Che far poss’ io? […] Parte Isabella, la segue Diego: ma ella temendo che sia veduto dal marito, per far che vada via, gli dice che l’abborrisce. […] Ogni prima Dama del teatro Spagnuolo per far pompa di abilità apprende a rappresentar la di lui Judia de Toledo. […] V’è però la maniera di migliorare tale artificio, per fuggir l’ inconveniente che risulta dal far parere che sappia il personaggio esser la commedia scritta in versi. […] Lampillas o travedendo o volendo far travedere citò una sognata Storia teatrale delle antiche nazioni e della Spagnuola composta da Agostin de Roxas.
Mentre tali cose avvenivano nel pubblico teatro, non mancò chi s’ingegnasse di far qualche traduzione e qualche commedia che non si trova mentovata da Cervantes, probabilmente, perché non si rappresentò, né influì agli avanzamenti dell’arte. […] Anzi Lope pressato dalle critiche di Manuel de Villegas, di Miguél Cervantes, di Leonardo de Argensola, di Antonio Lope de Vega, e di altri moltissimi nazionali contemporanei, i quali mormoravano della mostruosità delle di lui commedie, e obbligato dall’Accademia Spagnuola a giustificarsi, imprese a farlo col suo discorso in versi intitolato, El Arte Nuevo de hacer Comédias en este tiempo, nel quale, invece di far «riflessioni piene del sugo d’Aristotile e d’Orazio», si studiò di accomodare i precetti alle proprie commedie applaudite dal volgo dell’età sua, nel comporre le quali, per non udire i clamori di Plauto e di Terenzio, afferma egli stesso che gli tenea chiusi con sei chiavi.
I Tarentini, quando oltraggiarono alla peggio, senza far differenza alcuna, l’armata romana che navigava a forza di remi avanti la loro città, non avevano (al dir di Floro lib.
Quindi è che non sì tosto egli comincia a far pruova delle forze del suo ingegno che ne dirige le primizie a quella Prima Cagione da cui sente interiormente di dipendere.
L’infiacchimento e la sfiducia cominciaron già a far capolino in un suo scritto sulle Condizioni dell’arte drammatica in Italia pubblicato prima nel Teatro Italiano di Firenze, poi in opuscolo ad Ancona l’anno 1875, in cui mise a nudo con una gajezza forzata le piaghe dell’arte, chiamandone il Governo responsabile unico ; e nella tema che le varie Commissioni rigettassero i suoi reclami sulle varie tasse teatrali, dopo di avere ironicamente accennato a una modesta tomba per sottoscrizione all’arte drammatica italiana, conchiudeva : ho iniziato delle pratiche per concorrere ad un posto di spazzino comunale.
E quei recitativi strascicati, nasali, quegli accordi solenni, quella canzoncina, tutto, tutto non è così ben veduto e bene sentito e bene reso, da far di Ferravilla un artista senza confronti ?
La Giurlì o La famiglia indiana, la Lauretta di Gonzales, e varie altre erano da lei con tale innocenza rappresentate, e nel tempo stesso con una verità si grande da far supporre che l’arte non vi aggiungesse nulla del proprio, quando invece era la sublimità di questa che le faceva raggiungere il vero ; e se questa somma attrice fu a tante superiore nella commedia e nel dramma, con non minore maestria seppe innalzarsi nella tragedia, poichè la Francesca da Rimini, ch'ella creò, la Pia de' Totornei, la Mirra, l’Ottavia, e tante altre le procuraron sempre nuovi trionfi.
Non fò poco à scriuere queste due righe di fretta qui in Cremona, in doue passo costandomi più oro, che inchiostro ; si compiaccia far le mie parti con il S.
Quando andai con lui era maritato, e aveva una figlia ; per dire la verità, le prime particine andarono bene, ma mio fratello scrisse a mia madre di non calcolare su di me, perchè in arte non potevo far nulla, priva affatto di avvenenza, e troppo piccina….
Siccome lo scopo di quest’opera era di parlare principalmente dell’arte, e sol per incidenza degli artefici: così non s’è creduto opportuno il far menzione di tanti professori o passati o viventi, i quali, comecché meritino un qualche elogio per la loro abilità, non hanno però contribuito al miglioramento dello stile, o alla perfezione della musica. […] Io non poteva far conoscere a nostri musici tutti i mezzi che il ritmo appresta per l’imitazione, né poteva tampoco indicare la corrispondenza delle misure impiegate dagli antichi con quelle onde noi ci serviamo, senza metter in chiaro lume questa parte della loro musica onde mi sono inoltrato con tanto più impegno quanto più sapeva nulla essersi scritto finora di concludente su tale proposito, e M. […] [NdA] Claudio Tolomei, celebre letterato sanese del Cinquecento, aveva deliberato di far man bassa su tutto ’l presente apparato metrico, e d’introdurre l’antica usanza del ritmo, tentando in tal guisa d’inalzare la propria lingua fino a renderla capace di gareggiar colla greca. […] Nella medesima guisa l’uso che si fa dei verbi ansiliari essere e avere mettendoli avanti a tutti i tempi della voce passiva dei verbi, e a molti della voce attiva induce non so qual imbarazzo nella sintassi che nuoce alla trasposizione, al numero, e all’armonia, perché mentre l’italiano si vede costretto a dire in tre parole “io aveva fatto”, gli antichi si sbrigavano con una sola “feceram”; e mentre costoro aggiungendo, o soltanto cangiando l’ultima lettera facevano divenir passiva la voce attiva come in “amor, amabar”: egli non può far un passo senza chiamar in aiuto un’altro verbo dicendo “sono amato, era amato”.
Rapin diede una lode immaginaria a Molière dicendo che fu il primo a far ridere con ritratti de’ nobili uscendo dagli schiavi, parasiti, e raggiratori. […] Non chiamerebbe egli maligno e ignorante un italiano che per far conoscere la commedia francese, dimenticato Molière, fondasse il suo giudizio sulle farse di Hardy, o sui cartelloni delle fiere parigine? […] Ma quantunque io non abbia in questa risposta a M. de la Harpe profferito pressoché cosa alcuna su’francesi, che convalidata non sia coll’autorità de i loro grandi uomini, pure e la ragione e la civiltà richiede, ch’io qui dichiari, non esser mai stata intenzion mia di far oltraggio a una nazione così rispettabile come la francese che io amo e venero, ma sì bene a que’ suoi indiscreti e impertinenti critici e pedanti, che senza cognizion di causa «et de gayeté de cœur» vanno insultando in generale all’onor delle nazioni ch’essi non conoscono. […] Chiunque sappia far uso della propria ragione, ciò leggendo, dice fra se, conviene ad Aquilio quest’immagine?
Catone poichè si è ferito conserva morendo la sua grandezza d’animo non meno che la tenerezza verso gli amici, pe i quali egli cerca se può far qualche cosa negli ultimi momenti. […] “Mi consigliate (gli dice il servo) a far quello che voi avreste vergogna di praticare?” […] Sovente avviene che la stessa attrice che sarà morta nella tragedia, venga fuori co’ medesimi abiti a far ridere gli spettatori. […] Si vuole ancora far menzione delle picciole commedie o farse che hanno gl’ Inglesi, nelle quali trionfa per lo più la satira e la mimica buffoneria.
Il Papiniano suo è nondimeno ottimo autore, che purga dalla imprudenza di non saper far uso della dissimulazione. […] Questa consiste nel far comparire in principio della favola persona dallei separata e senza nome a dire il tema, ad imitazione di Terenzio. […] Benché si dica ch’egli andò al più vicino ha ben fatto il poeta a provvederlo d’ali con far dire ad Arbace: «Lidus y vole». […] Male si scusa il poeta con dire che non lo crede capace di far cattiva impressione, perciocché viene proposto come uno scellerato abominevole. […] Oltre alle censure sinadora esposte non lascerò di dire ancora che que’ versi che profferisce Ersilia a parte nella scena 2. dell’atto 3. mostrano il poeta scarso di mezzi idonei per far sapere agli spettatori ch’ella ha scritto il biglietto, poiché ricorre egli allo sconcio di far che oda lo spettatore ciò che Romolo non sente.
Quindi è che non sì tosto egli comincia a far prova delle forze del suo ingegno che ne dirige le primizie a quella Prima Cagione da cui sente interiormente di dipendere.
Ogni giovanetta posta nelle circostanze d’Ermione vi saprà far le medesime richieste: Mais as-tu bien, Cléone, observé son visage? […] La poca felicità notata da’ critici negli scioglimenti delle sue favole, qualche passo dato talvolta oltre il verisimile sol per far ridere, alcuna espressione barbara, forzata, o nuova nella lingua, ripresa da Fénélon, La-Bruyere, e Bayle, molte composizioni scritte per necessità con soverchia precipitazione, la mancanza di vivacità che pretendono di osservarvi gl’Inglesi, tutte quelle cose, ancor, ché fossergli con tutta giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’uomo; ma tanti e tanti suoi pregi, fino a quell’ora trovati coll’esperienza inimitabili, lo manifestano grande a segno, che al suo cospetto divengono impercettibili i contemporanei e i successori. […] Se si volesse far il processo a’ francesi, non sarebbe difficile il trovarli spessissimo, anche oggidì, in contrabbando di que’ falsi e frivoli concetti, di quelle arguzie viziose, e di quell’orpello, ch’essi ci vanno continuamente rinfacciando.
Lampillas mostrare che gl’ Italiani di que’ miseri tempi erano nel latino idioma più barbari degli oltramontani, dovrebbe far vedere che fuori dell’Italia si scrivesse latinamente con più purità ed eleganza del famoso lodato storico de’ Longobardi Paolo di Varnefrido, e che non fussero stati Italiani ma Spagnuoli quelli che Carlo Magno chiamò in Francia per insegnarvi la gramatica, l’aritmetica, il canto ec. […] Per supplire al difetto di lettura dell’apologista e di chi sacò per lui la cara e ’l nominò, per far noto che era il Lampillas sotto la di lui protezione, ne accennerò almeno i titoli. […] La libertà data a’ servi nel dicembre di motteggiare e far da padroni, si concedeva in quella festa a’ giovani clerici, i quali officiavano in chiesa con mille buffonerie e schiamazzi vestiti da donne o mascherati in altre strane guise.
Oh avesse avuto a far meco questa sorella di Polluce! […] Dice poi di voler far parte del vino ai Ciclopi suoi fratelli, dal che Ulisse ed il Coro il dissuadono.
Il mentovato modanese Orazio Vecchi nel voler far cantare l’Anfiparnaso si sarebbe ridotto a valersi del Brighella, del Dottore, del Pantalone, se a suo tempo si fossero usate in teatro le voci artificiali de’ castrati? […] Ha l’arte di addolcirla e rinforzarla senza stento, senza far visacci, boccacce, storcimenti ”… » I suoi slanci e sospiri non son punto lascivi: gli sguardi nulla hanno di impudico: il gestire proprio di una donzella onesta.
Oh avesse avuto a far meco questa sorella di Polluce! […] Dice poi di voler far parte del vino ai Ciclopi suoi fratelli, dal che Ulisse e ’l coro il dissuadono.
Eugenio, che egli non ignora sin dall’atto I: che in una favola che l’autore vuol far cominciare di buon mattino e terminar prima di mezzodì, non pare che possano successivamente accadere tante cose, cioè diverse conversazioni riposatamente, consigli, trame, deliberazioni, una scena di ricamare in campagna, un giuoco di tresillo, indi un altro di ventuna, ballo, merenda, accuse contro D. […] In far simili ritratti dell’infima plebaglia egli ha mostrato destrezza.
Vediamone ancora un altro frammento della scena terza del III, in cui Corradino avendo saputa la deliberazione di Carlo di farlo morire, dice a Federigo: Solo mi duol che a l’infelice Madre Venuta insin da la Suevia a Pisa Per me suo desiato unico figlio Converrà trista e sola or far ritorno.
., in vece d’inventar parole e di far sistemi181, presero ad esaminar una per una le parti t di quest’ammirando edificio, e colla face dell’esperienza diradarono in gran parte le tenebre, che ne coprivano il magisterio.
Andres istesso per far pienamente trionfar la verità, dovea alla parola Padova sostituir quest’altra l’Europa, giacchè a que’ dì in niun altro paese Europeo videsi una tragedia vera simile a quelle di Albertin Mussato.
Egli non sa far altro che piangere a tutte le ore, e filosofar cicalando mentre è tempo di operare: non manca nè di buon cuore nè di tenerezza pe’ figli, ma di prudenza e di attività nelle circostanze scabrose: è ricco ed indipendente, e pure si contenta di rappresentare in sua casa il secondo personaggio dopo del Commendatore suo fratello, che colle sue maniere e stravaganze mette tutto in iscompiglio.
Nessuno poteva essere più competente di Luigi Rasi a far entrare il pubblico nel mondo teatrale.
Catone poichè si è ferito conserva morendo la sua grandezza d’animo non meno che la tenerezza verso gli amici, pe i quali egli cerca se può far qualche cosa negli ultimi momenti. […] Mi consigliate (gli dice il servo) a far quello che voi avreste vergogna di praticare. […] Sovente avviene che la stessa attrice che sarà morta nella tragedia, venga fuori co’ medesimi abiti a far ridere gli spettatori. […] Vuolsi parimente far menzione delle picciole commedie, o farse possedute dagl’Inglesi, nelle quali trionfa per lo più la satira, e la mimica buffoneria.
I’ non posso far altro, e sono in via. […] Queste sono esclamazioni imprudenti che contro al disegno di Andromaca debbono far conchiudere all’astuto Ulisse, che Astianatte è vivo. Per la stessa ragione non doveasi appresso far dire che egli si è perduto, e che non si sa dove sia; ma col tragico latino dirsi alla prima ch’è morto; perchè questa notizia ben accreditata dal dolor materno toglieva ad Ulisse ogni speranza; là dove l’essersi perduto stimola sempre più all’inchiesta. […] Senza difesa far, senza parola Traboccò nel suo sangue singhiozzando. […] Conviene intanto osservare che i soprallodati ingegni Italiani, benchè per far risorgere la tragedia si avvisassero di seguire l’orme de’ Greci, pure la spogliarono quasi totalmente di quella musica, qualunque ella sia stata, che in Grecia l’ accompagnò costantemente.
Ecco, Signor Apologista, s’io sono ingenuo (checchè vi sforziate far pensar di me alla Nazione).
Abbiamo osservato nel teatro italiano l’esattezza, e lo studio che posero tanti letterati per far risorgere la greca poesia drammatica, per gli cui sforzi furono imitati, ed esposti all’ammirazione universale i più gran tratti maestrevoli dell’antichità.
Dovea egli perciò meritare di esser lo scopo delle villanie del superficialissimo pedante Vicente Garcia de la Huerta seminate col carro in un Prologo da premettersi ad una immaginaria collezione di componimenti spagnuoli, che non aveva ancor fatta, e che non poteva mai far bene per mancanza di gusto, di materiali e di principii?
Dovea egli perciò meritare di esser lo scopo delle villanie del superficialissimo Vicente Garcia de la Huerta seminate in un Prologo da premettersi a una immaginaria collezione di componimenti Spagnuoli, che non avea ancor fatta, e che non poteva mai far bene per mancanza di gusto, di materiali e di principj?
ma l’avviso, qui si sta in pace ne vi è tra di noi pure una parola, resta solo la cità un poco disgustata perchè il Dottore non ha voluto far la sua pazzia.
Lampillas mostrare, che gl’Italiani di que’ miseri tempi erano nel latino idioma più barbari degli oltramontani, dovrebbe far vedere che fuori dell’Italia si scrivesse latinamente con più purità ed eleganza del famoso storico de’ Longobardi Paolo di Varnefrido; e che non fossero stati Italiani ma Spagnuoli quelli che Carlo Magno chiamò in Francia per insegnarvi la gramatica, l’aritmetica, il canto ecc. […] Per supplire al difetto di lettura dell’apologista, e di chi sacò per lui la cara, e il nominò, per far noto che era il Lampillas sotto la di lui protezione, ne accennerò almeno i titoli. […] La libertà data a’ servi nel dicembre di motteggiare, e far da padroni, si concedeva in quella festa a’ giovani Clerici, i quali officiavano in chiesa con mille buffonerie e schiamazzi vestiti da donne o mascherati in istrane guise.
Eximeno attribut al Zeno il costume osservato poi costantemente nello scioglimento de’ melodrammi istorici di far mutare di sinistra in prospera la fortuna dell’eroe. […] L’autore stesso ha data la più giusta idea di tali sacri componimenti: In essi (ei dice) studiai di far ragionar le persone, e in particolare i Patriarchi, i Profeti e gli Apostoli collo stile delle Scritture, e co’ sentimenti de’ Padri e de’ Dottori della Chiesa, stimando, che quanto meno fossevi frapposto del mio, tanto più di compunzione e di diletto avesse a destarsi negli animi degli uditori. […] Tratti più nobili e grandi, più rilevati ed energici, sentenze più sublimi e giuste, più chiare e precise, pezzi più teneri e toccanti, espressioni più piene di sentimento e d’ affetto, non si troveranno facilmente nel Cornelio, nel Racine, nel Voltaire, nè in alcun altro; e il solo Metastasio potrà in queste parti drammatiche far fronte a tutto il più bello e grande del teatro francese &c.
Plinio il giovinea racconta di questo Pomponio amico di Seneca che allor quando alcuno amico esortavalo a far qualche cambiamento nelle sue tragedie da lui non giudicato opportuno, soleva provocare al giudizio del popolo ed alla di lui sentenza rapportarsene. […] Bella in Euripide è la narrazione dell’incendio e della morte di Creonte e della figliuola, che serve a far trionfare Medea per la ben riuscita vendetta. […] Il carattere di Dejanira sì bello e naturale presso Sofocle, diviene grossolano nella tragedia latina, e stanca il leggitore nel l’atto II con mille discorsi che per far senno dovevano omettersi. […] Ovvero per essere decantato come giusto dovrà far ecco sempre alla folta schiera degli apologisti Spagnuoli, sieno essi tali di professione o mascherati da storici e da filosofi?»
Nell’atto V Licurgo esce per far sapere alle donne del dramma che il senato è condisceso all’inalzamento di Pisistrato al trono, e che Solone nell’opporsi a i soldati di lui è stato ferito mortalmente. […] Soltanto di far noto, che il suo sangue non si mescolerà con quello dell’oppressore d’Atene.
Saverio, voi volete far ridere Italia, e Spagna.
Soleva far la parte di zappatore, e si contraffaceva di tal modo che non poteva mirarsi nè udirsi senza riso.
Solea far la parte di zappatore, e si contraffaceva di tal modo che non poteva mirarsi nè udirsi senza riso.
L’esempio teatro (1978), la ricostruzione di uno spettacolo (in particolare di spettacoli risalenti all’era pre-digitale) deve far fronte all’assenza di una fonte diretta, che non sia il testo drammatico. […] Per questo Salfi critica la pratica in uso di far recitare ad un attore indifferentemente il tragico come il comico. […] Ma anche ove questi la obbediscono ciecamente non fanno sempre quell’effetto che far dovrebbero. […] Da questa nuova proporzione risulta ancor più l’unità e l’armonia del disegno, per cui tutte le parti conspirano concordemente a far risaltare la principale. […] Spesso le seconde parti amano di far sentire piuttosto l’eccellenza dell’attore, che quella della parte che rappresentano.
Abate, quest’arte di eludere gli argomenti contrarj variando i termini calzava bene ne’ Circoli Scolastici, dove gli urti, la furia, il trasporto, e talora le pugna, e i ceffoni, non permettevano di attendere alle parole più essenziali della controversia; ma nella scrittura le proposizioni, i termini sussistono, vengono sempre sotto gli occhi, per quanto un Apologista si sforzi di sopprimerli, e per quanto s’ingegni di mostrar la propria agilità, e destrezza in far degli scambietti. […] per far poi la fantastica opposizione colla giunta della parola Moderno. […] E aggiugne nel passo da Voi citato “finchè questa maniera di Musica si riterrà, non sarà mai possibile far in modo, che non sia un’arte storpiata in grazia di un’ altra”.
Il senno, il senno Ch’altri sovente amando perde, amando Far che uomo acquisti. […] Domando ancora, se a buona ragione la sola musica delle canzonette potesse bastare a far chiamare opere in musica le pastorali?
Il senno, il senno Ch’altri sovente amando perde, amando Far ch’uomo acquisti. […] Domando ancora, se a buona ragione la sola musica delle canzonette potesse bastare a far chiamare opere in musica le pastorali?
S. e far si che d’alcuno ajuto sovvenuta sia sì dalla M. […] L’Andreini non era davvero marito esemplare ; ed è ormai fuor di dubbio che l’amore fra la Rotari e lui esisteva già, vivente la Florinda, per quanto egli si scalmanasse a far credere calunnie le voci sparse intorno a ciò.
I’ non posso far altro, e sono in via. […] Queste sono esclamazioni imprudenti che contro al disegno di Andromaca debbono far conchiudere all’astuto Ulisse che Astianatte è vivo. Per la stessa ragione non doveasi appresso far dire che egli si è perduto, e che non si sa dove sia; ma col tragico latino dirsi alla prima che è morto; perchè questa notizia bene accreditata dal dolor materno toglieva ad Ulisse ogni speranza; là dove l’essersi perduto stimola sempre più all’inchiesta. […] Senza difesa far, senza parola Traboccò nel suo sangue singhiozzando. […] Conviene intanto osservare che i sopralodati ingegni Italiani, benchè per far risorgere la tragedia si avvisassero di seguire le orme de’ Greci, pure la spogliarono quasi totalmente di quella musica, qualunque essa siesi stata, che in Grecia l’accompagnò costantemente.
Non solo dunque i greci, i latini, gl’italiani, i francesi, gli spagnuoli, gl’inglesi, i tedeschi, i russi, e i turchi sono stati prodotti sulla scena ad esporvi quanto serban di prezioso e di raro, o di ordinario e di vile nel drammatico genere; ma i cinesi e i giapponesi vengono anch’essi dal sono dell’aurora, e da mezzo degli antipodi i peruviani e i messicani a far la barbara pompa de’ loro strani spettacoli.
Essa contiene l’intiera sostanza de’ diciannove libri dell’Iliade in compendio, perchè incomincia dal contrasto di Achille ed Agamennone per far rimandare Crisia al padre, nè finisce se non dopo l’ammazzamento di Patroclo, per cui Achille torna a combattere contro i Trojani.
Si dee sapere, che fra gli altri ciarlatani, empirici ed istrioni, che a’ nostri giorni han fatto e fanno grandissima fortuna in Parigi, vi sono con carrozza ed equipaggio un certo Nicole, e un certo Nicolet, de’ quali il primo a forza di far correre avvisi stampati per guarire il mal francese, e ’l secondo a forza di rappresentar farse e buffonerie sopra i Baluardi e alle Fiere di San Germano, e di San Lorenzo, seppero così ben fare i fatti loro, che da molti anni sono padroni di varie terre, le quali hanno titolo di Signorie.
VI, epist. 17, che allor quando alcuno de’ suoi amici esortavalo a far qualche cambiamento nelle sue tragedie, e che egli nol giudicasse opportuno, soleva provocare al giudizio del popolo, e ritenere ciò che esso col suo applauso approvasse.
Nella Medea non potè Martirano approfittarsi delle bellezze del piano di quella di Seneca, perchè seguì la greca, ma intanto scansò il difetto del tragico latino di far parlare nell’atto IV pedantescamente la Nutrice accumolando tante notizie mitologiche e geografiche, e l’altro della pomposa evocazione de’ morti.
Salvini ha potuto della sua voce far tutto ciò che ha voluto.
Prendetevi un poco di fastidio, esaminate da voi stesso, giacchè avete voluto mettervi in questo gineprajo; nè sperate molto negli sforzi Logici e Rettorici, perchè dove i Fatti sono contrarj, questi sforzi sono languidi soccorsi, che, se volete, possono far numero, ma non già peso; sono come le foglie su di un cesto di frutta, che allo scoprirsi ciò che stà di sotto, restano sparse per lo suolo. […] E se gl’Italiani per indole fossero così proclivi alle arlecchinate, avrebbero tante erudite Accademie atteso a far risorgere la Scenica Poesia, e a comporre per tutto il secolo XVI., e per gran parte del XVII. più centinaja di buone Tragedie e Commedie?
Oh quanta gloria trascurò Lope di acquistare, per iscrivere quasi improvvisando a solo fine di far danaro, e contentare il Volgo! […] quando dell’altro ancor più criminoso di far dire agli Autori quelche non dissero mai?
Ma, ahimè, il carnovale del 1822 volle forse abbracciar troppo, abusando della idolatria che i romani avevan per lui ; e, proprietario di due Compagnie nella stessa Roma, impresario del Teatro Apollo per la messa in iscena di due opere e quattro balli, vide in un attimo, gli affari volti al male, perduto ogni suo risparmio, perduta per molti anni, volendo a ogni costo far fronte sino all’ultimo centesimo agli assunti impegni, la maggior parte del suo stipendio, ch'era di 16,000 lire.
Lo stile è comico buono per lo più, benchè talvolta soverchio affinato alla maniera Plautina per far ridere.
Nella tragedia del Teseo cantata nel 1675 è teatrale l’angustia di Egle nella quarta scena dell’atto IV, che per salvar la vita a Teseo promette a Medea di sposare il re, e rinunziare all’amor di Teseo; come ancora nella scena quinta è delicato lo sforzo di Egle stessa per apparire infedele, e far credere a Teseo che più non l’ami.
Nella tragedia di Teseo cantata nel 1675 è teatrale l’ angustia di Egle nella scena quarta dell’atto IV, che per salvar la vita a Teseo promette a Medea di sposare il re e rinunziare all’amore di Teseo; come ancora nella scena quinta è delicato lo sforzo di Egle stessa per apparire infedele e far credere a Teseo che più non l’ami.
Ma non poteva tale studio bastare a far di lui un grande e celebrato artista.
Alla ridicola gonfiezza de’ nominati drammatici lusingandosi di far argine Cristiano Weisse, rettore del collegio di Zittau, precipitò nel basso e nel triviale.
Sotto Giorgio II fu denunziata alla camera de’ comuni una farsa contro il ministero, e si propose un bill per soggettare gli scrittori drammatici all’ispezione del ciambellano, senza la cui licenza non potessero far rappresentare verun componimento.
Ecc.ª ha fatto far comedia da due compagnie : l’una de Pantalone, l’altra deGanaza.
Egli é vero che quelle voci potrebbero far sospettare alquanto, che la tragedia fosse stata tutta, come ora l’opera drammatica, dal principio fino al fine posta in musica; ma potriano con interpretazione forse più fondata aver due altri significati, in ciascun de’ quali sparisce ogn’idea di opera.
Falsa ragione, secondo me; perchè se i segni fossero meno equivoci, basterebbe all’azione principale il passo che si fa di riunire i fratelli e far che si riconoscano al commune disegno di vendicare il padre.
Il Compilatore del Parnasso Spagnuolo, per far luogo alle ideali Tragedie di Vasco Diaz, volle disbrigarsene dandole il titolo di Dialogo allegorico.
La poca felicità notata da’ critici nello scioglimento delle sue favole; qualche passo dato talvolta oltre il verisimile per far ridere; alcuna espressione barbara, forzata, o nuova nella lingua, di che fu ripreso da Fénélon, La Bruyere e Baile; molte composizioni scritte per necessità con troppa fretta; la mancanza di vivacità che pretesero osservarvi alcuni Inglesi che ne copiarono qualche favola alterandola e guastandola a lor modo; tutte queste cose, dico, quando anche gli venissero con ogni giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’ uomo.
Bella in Euripide è la narrazione dell’ incendio e della morte di Creonte e della figliuola, che serve a far trionfare Medea per la ben riuscita vendetta; ma forse non men bellamente Seneca se ne disbriga in quattro o sei versi, scorrendo più rapidamente alla tremenda strage de’ figliuoli per trafiggere nella più tenera parte il cuor del padre. […] Il carattere di Dejanira sì bello e naturale presso Sofocle, diviene grossolano nella tragedia latina, e stanca il leggitore nell’atto secondo con mille discorsi che per far senno potevano omettersi.
La poca felicità notata da’ critici nello scioglimento delle sue favole; qualche passo dato talvolta oltre del verisimile per far ridere; alcuna espressione barbara, forzata o nuova nella lingua, di che fu ripreso da Fenèlon, la Bruyere e Baile; molte composizioni scritte per necessità con soverchia fretta; la mancanza di vivacità che pretesero osservarvi alcuni Inglesi che ne copiarono qualche favola alterandola e guastandola a lor modo; tutte queste cose, quando anche gli venisseso con ogni giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’uomo.
«Utinam dii inmortales fecissent, uti Licymnius revivisceret et corrigeret hanc amentiam» (Magari gli dei immortali potessero far sì che Licinio tornasse in vita e correggesse questa assurdità) [commento_5.4] Mennone: Mennone è un eroe della mitologia greca al quale fu dedicato un tempio a Tebe, in Egitto, lungo le rive del Nilo, dove sono conservati i resti di due statue gigantesche di arenaria, dinanzi al tempio di Amenhotep III.
Istupidito dal dolore parte Orfeo senza far motto alla maniera di Sofocle, rimanendo in iscena il satiro Mnesillo; indi ritorna piangendo la consorte, e risolve di calar giù nell’inferno, A provar se laggiù mercè s’impetra.
Istupidito dal dolore parte Orfeo senza far motto alla maniera di Sofocle, rimanendo in iscena il Satiro Mnesillo, indi ritorna piangendo la consorte, e risolve di calar giù nell’inferno, A provar se laggiù mercè s’impetra.
Che rimane a far più alla gloriosa artista ?
Convenne indi far tacere l’uno e l’altro, finchè il solo Vaudeville forse per certa sua naturale insolenza rimase bandito e sacrificato per alquanti anni.
Pregiavasi Cornelio d’aver nel suo Pompeo procurato di far sentire ne’ pensieri e nelle frasi il genio del suo Lucano, e quindi di essersi sollevato più che nelle altre sue favole.
Nelle commedie dette di spada e cappa egli dipinse bene i costumi, se non che talvolta esagerò oltre i confini naturali per far ridere, come si scorge in alcuni tratti della Dama Melindrosa. […] Ma questo è incominciar dalla morte di Meleagro e dagli elementi, senza passare a far vedere come e quando quelle cantilene de’ pellegrini si fossero convertite in poesia teatrale, prendendo indi per oggetto l’Eucaristia.
Egli è ancor vero, che secondo il racconto di Sparziano, l’imperadore Adriano ne’ suoi conviti amava di far rappresentare commedie, tragedie e atellane.
Nell’atto II Pirindra alla sua volta viene a far sapere al pubblico, parlando a Gelasga altra damigella, la gran voglia che avea di maritarsi.
Nelle commedie dette di spada e cappa egli dipinse bene i costumi, se non che talvolta esagerò oltre i confini naturali per far ridere, come si scorge in alcuni tratti della Dama Melindrosa, Nelle opere che ci lasciò, s’incontrano dodici componimenti col titolo di tragicommedie, le quali punto non differiscono da quelle che chiamò commedie. […] Quì dirò soltanto che il Lampillas in panto di poesia drammatica si è accreditato di poco intelligente non solo colle sue critiche, ma colla scelta che fece di alcune commedie assai deboli e difettose, mentre voleva far menzione delle migliori della nazione; là dove l’avviso del Montiano a suo confronto ha troppo gran peso, tra perchè ne’ suoi Discorsi questo spagnuolo mostrò saviezza, intelligenza e sobrietà, traperchè come autore di due tragedie ben condotte, in simili esami è giudice competente.
Nell’atto II Pirindra alla sua volta viene a far sapere al pubblico, parlando a Gelasga altra damigella, la gran voglia che avea di maritarsi.