/ 550
11. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »

Secondo: per le oscillazioni reciproche dei ligamenti della glottide, i quali or s’increspano, or si rallentano a guisa delle corde musicali ne’ diversi toni grave ed acuto. […] [5] Da tali differenze introdotte dal canto si scorge ancora quali proprietà si richieggano oltre le accennate di sopra in un linguaggio acconcio a tal fine. […] Altre qualità dovrebbe avere eziandio, delle quali farò parola in appresso. […] Le quali diversità non vengono comunemente notate nella Lombardia, ma sono principalissime presso a’ toscani, come si vede negli autori loro, ed io ho non poche fiate osservato. […] L’armonia poetica e l’armonia musicale, quantunque convengano in alcune circostanze generiche, hanno però delle differenze, alle quali bisogna far avvertenza per non confonderle.

12. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 453

Fece parte delle migliori compagnie del suo tempo quali di Marta Coleoni, Fiorilli-Pellandi, Goldoni, Raftopulo. Il burbero benefico, Il poeta fanatico, Il maldicente e l’avaro del Goldoni, L’ajo nell’imbarazzo e Il pronosticante fanatico del Giraud, L’Ulivo e Pasquale del Sografi, Così faceva mio padre del Bon furono i lavori nei quali si levò a maggior altezza.

13. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « PROLUSIONE ALLE LEZIONI DI POESIA RAPPRESENTATIVA DEL PROFESSORE PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI. » pp. 203-226

La Gloria di colui che tutto muove, che riempie lo spazio immenso di Soli infiniti, intorno a’ quali altrettanti sistemi d’astri erranti con eterne invariabili leggi percorrono le loro orbite; è quella stessa che in sì picciol globo, com’è la nostra Terra, spiegò la sua potenza e si diffuse tanto nell’interna struttura organizzandone gli elementi, le fibre e gli strati, e rinserrando nell’ampio suo seno arcane sorgenti di fonti, di fiumi, di gemme, di metalli, di sali, di solfi, di piriti, quanto nell’aspetto esteriore di un maestoso disordine di rottami, i quali, agli occhi del profano, sembrano ruine, e pur sono armonici risultati di artificio creatore. Questa Prima Cagione del tutto che abbellì la superficie del nostro pianeta col vago variamente colorito ammanto di tutto il regno vegetabile, la popolò d’innumerabili esseri animati, quali d’ingenti forze dotati come i leoni, quali in mille guise proficui come tanti armenti, pesci e volatili, quali di vaghe e care spoglie abbigliati, come le martore, gli armellini, le zebre e le americane tigri, quali per dolci concenti commendabili come usignuoli, canarii, uccelli-mosche e colibrì, quali notabili per sagace istinto come le api, i destrieri, i cani, le scimie, gli elefanti, ed i castori operai insieme ed architetti de’ loro borghi. […] E di quali mezzi l’Uomo si valse per imprese così grandi? e quali ordigni lo spinsero tant’oltre? […] Sul Tamigi attori erano ed autori Shakespear, Otwai, e Garrick, i quali vivono ancora tuttochè coperti dalla terra.

14. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. III. Teatri materiali. » pp. 132-135

Vide ancora la famosa città di Venezia eretti nel medesimo secolo teatri semicircolari ideati su gli antichi modelli, e costruiti da più chiari ingegneri, il Sansovino ed il Palladio, i quali perchè furono formati di legno già più non esistono. […] Ma di questi ultimi teatri non sapremmo dire in quali parti avessero seguiti gli antichi, ed in quali altre se ne fossero allontanati.

15. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo sesto »

Haccene di quelle cose, le quali avvegnaché assurde e incredibili paiano all’intelletto, nondimeno dilettano grandemente la potenza immaginativa. […] Le credette, perché un sistema, che spiegava materialmente i fenomeni della natura, era più adattato a quegli uomini grossolani, su i quali aveano i sensi cotanto imperio. […] Siffatte idee trasparivano eziandio nella loro mitologia ripiena di geni malefici, i quali uscivano dal grembo stesso della morte per far danno ai viventi. […] E ciò non solo colle parole e col tatto, ma con misteriosi caratteri ancora, i quali aveano virtù d’allontanare ogni guai da chi li portava seco: onde trassero origine i talismani, gli amuleti, e tai cose. […] L’architettura si lasciò parimenti vedere in tutto il suo lume ne’ sontuosi portici e ne’ vasti teatri degni della romana grandezza, per riempire i quali vi voleva tutto lo sfoggio delle arti congiunte.

16. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — adi 15 Aprile 1651 in Bologna. » p. 30

Noi sottoscritti Comici facciamo fede come sono uenute da Padoua tre lettere dirette a fichetto nostro compagno, scritte da Cauaglieri di colà, con le quali ci persuadono a non andare a recitare in quella Città, altrimenti scoreremo graui pericoli per essersi diuisa la Città nel prethendere, chi la nostra Compagnia, e chi quella della Sig.ra Armellina, che per ciò ci consigliano a non andarui per non mettere a rischio la uita d’uno di noi ; le quali tre lettere se gli è ritirato a se un Cauagliere Bolognese hauendoci imposto il non palesare ne lui, ne chi ha scritto le suddette tre lettere. […] Ai quali ordini seguì la seguente lettera dell’Obizzi : Ser.

17. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Ma siffatti presidi, i quali rendono la nostra musica più brillante e più vaga, la rendono parimenti meno acconcia a destar le passioni. […] Era stabilito qual sorta di sacrifizi doveva assegnarsi a ciascuna divinità, e quali canzoni e cori a ciascun sagrifizio. […] Ma gli antichi, i quali aveano di essa nozioni più generali, comprendevano sotto quella parola più cose. […] Se si parla delle misure semplici, le quali non sono che due la dupla cioè, e la tripla, la prima non esprime che due soli tempi, e la seconda tre. […] Non è questo il luogo d’esaminare le ragioni colle quali sostiene egli siffatta opinione; basterà soltanto avvertire che l’erudito autore non ha posto mente all’autorità di due antichi scrittori, i quali manifestamente distruggono il sentimento di lui.

18. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 264

Attratto dalla vita dell’arte, abbandonò paese e impiego per entrare in non so qual compagnia, come suggeritore ; ma le seduzioni della scena lo avvinsero di modo che, lasciata la modesta buca, diventò attore, dedicandosi alle parti di padre e tiranno, nelle quali, in quella di tiranno specialmente, fu acclamatissimo. Militò come artista e come capo-socio in varie compagnie di secondo ordine, ma assai pregiate, fra le quali, nel 1854-1855, quella portante la ditta Barac, Andreani e Gattinelli.

19. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO V. Produzioni comiche di Commediani di mestiere nel secolo XVI. » pp. 256-264

Il famoso attore padovano Angelo Beolco chiamato il Ruzzante scrisse alcune commedie che s’impressero nel 1598, cioè lo Fiorina, l’Anconitana e la Piovana, le quali dal Varchi nell’Ercolano furono anteposte alle antiche Atellane. […] Queste farse istrioniche aveano per oggetto primario l’eccitare il riso con ogni sorte di buffoneria, e vi si faceva uso di maschere diverse, colle quali nel vestito, nelle caricature e nel linguaggio si esagerava la ridicolezza caratteristica di qualche città. […] In queste farse dell’arte, nelle quali erroneamente varii oltramontani male istruiti sogliono far consistere la commedia Italiana, possiamo ravvisare qualche reliquia degli antichi mimi, la cui indole libera e buffonesca è stata sempre d’introdurre prima certo rincrescimento della buona e bella poesia scenica, indi di cagionarne la decadenza. […] Lasciamo stare i Greci, de’ quali non avrà egli certamente preteso parlare; perchè tra questi non vi fu schiera di commedianti, nella quale non entrassero gli stessi poeti, confondendosi gli uni negli altri nel libero popolo Ateniese sempre che gli autori non mancavano, come Sofocle, di voce e di disposizioni naturali proprie per comparire sul pulpito. […] La storia che abbiamo tessuta degli autori tragici e comici del XVI secolo, e de’ due seguenti, dimostra l’immenso spazio che separa Ariosto, Bentivoglio, Machiavelli, Caro, Oddi, Porta, Goldoni, e molti altri, e Trissino, Rucellai, Tasso, Manfredi, Bonarelli, Dottori, Maffei, Varano, Alfieri, da commedianti di mestieri Calmo, Ruzzante, Capitan Coccodrillo, Lombardo, Scala, i quali o non mai osarono porre il piede ne’ sacri penetrali di Melpomene, o vi entrarono strisciandosi pel suolo a guisa di bisce, come l’Andreini, e nella stessa commedia consultarono più la pratica scenica, e i sali istrionici e i lazzi, che l’arte ingenua di Talia, e i passi di Menandro e di Terenzio, contenti del volgare onore di appressarsi al più alle farse Atellane.

20. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 142-145

Artista celebre nella maschera milanese del Meneghino, giudicato dal Vestri la verità personificata ; ammirato e stimato da Gustavo Modena (V.) che gli diresse lettere su argomenti d’arte, capocomico famoso, a cui fecer capo nel loro inizio artisti sommi ed egregi, quali la Ristori, la Sadowski, la Robotti, la Lipparini, Bellotti-Bon, Gaspare Pieri, Ernesto Rossi, Carlo Lollio ed altri, nacque a Reggio d’Emilia il 4 luglio del 1781 da Carlo, dentista chirurgo milanese, e da Antonia Cianici. […] Richiamato dal padre a Milano, ove gli fu permesso di alternar l’arte della scena con la professione paterna, istituì filodrammatiche società, di cui egli era esperto direttore, recitandovi con successo parti di tragedie alfieriane, quali di Filippo, di Agamennone, di Egisto, ecc. […] Quanto al Meneghino, egli s’adontava ogni qualvolta gli si desse il nome di maschera…. e lo si mettesse in mazzo con Arlecchino, Brighella e Pantalone. « Meneghino – egli diceva – è carattere e non maschera, » e Ambrogio Curti, da cui tolgo le presenti parole, aggiunge : « ed io credo fosse proprio nel vero, perocchè egli fosse la sintesi fedele del carattere milanese o piuttosto ambrosiano, che, per il confluire nella mia città di tanti diversi elementi d’ogni popolazione d’Italia, si va ogni dì più perdendo. » Alcuni fecer derivare il nome di Meneghino da Domenico, altri da omeneghino, piccolo uomo : altri ancora da Menechino, come s’usò per erronea lettura chiamare I Menechini, facendo risalire il nostro tipo, non so con quali argomenti, alla Commedia plautina. […] E poichè quell’ uomo del popolo era di solito sollazzevole e burlone, ed era al fatto di tutti gl’intrighi e degli avvenimenti del quartiere, intorno ai quali emetteva giudizî pieni di acume e di sale ; così si affibbiò il nomignolo di Meneghino alla maschera del popolo milanese, nella stessa guisa che si battezzò col nome di Pulcinella, la maschera del popolo napoletano. […] Di lui si hanno alcune notiziole biografiche, pubblicate nel '58, delle quali principalmente si servì il Bertolotti nel distender la vita dell’ artista (Milano, Ricordi).

21. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

Per quanto siasi beffato il celebre Erasmo dei sapienti del suo secolo192, i quali confondendo in tal guisa i suoni coi tempi s’erano dichiarati in favore di questa difettosa pronuncia, ad ogni modo essi hanno avuto de’ successori, coi quali vengo alle prese, e oppongo loro delle ragioni invincibili, e senza replica cavate dalla cognizione della musica. […] A dir vero noi ci sforziamo a rendere di giorno in giorno più giuste le inquietudini de’ saggi, i quali gridano contro alla decadenza del gusto. […] Fraguier otteneva ciò mercè quella misura invariabile composta di differenti parole, la modulazion delle quali variavasi all’infinito. […] Secondo la presente divisione, (che potrebbe forse cambiarsi secondo il bisogno e la moltiplicità delle materie) conterrà essa una Introduzione, e cinque lunghi discorsi, ciascuno dei quali sarà divisp in più partizioni, o capitoli. […] In secondo luogo, perché gli inconvenienti, a’ quali il Brown vorrebbe ovviare, rimangono gli stessi nel piano proposto.

22. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VIII. Vuoto della Storia Teatrale. » pp. 172-179

Napoli, Baia, Pozzuoli, Nola, Ercolano, Pompei Capua, Benevento, Teano, Minturno, Aquino, Casino, Alba Fucense, Taranto e altre città di quelle provincie che ora compongono il regno di Napoli, ebbero i loro teatri, de’ quali veggonsi anche oggi alcune vestigia. […] In Roma si ripetevano appena l’antiche produzioni, e ’l popolo trovava insipido ogni altro spettacolo scenico fuorché i pantomimi e i mimi, i quali occuparono interamente i teatri. […] Non ne troviamo nel VII, VIII, e IX secolo, ne’ quali sparì dal cospetto degli uomini pressoché interamente ogni vestigio di politica, giurisprudenza, arti, e letteratura romana, e s’introdussero nuovi governi, nuove leggi, nuovi costumi, nuove vesti, nuovi nomi a uomini e di paesi, e nuove lingue, cangiamenti maravigliosi che non poterono accadere senza l’esterminio quali totale degli antichi abitatori. […] Furono pur versificatori, ma si limitavano per lo più a’ componimenti di non molti versi, ne’ quali facevano pompa di acrostichi, antitesi, e giuochetti sulle parole, e sembra che i loro talenti poetici non fossero atti a soffrire il peso d’un componimento grande e seguito come il drammatico. […] Gli antichi poeti e musici ebrei, quali furono Davide, Salomone, Asaf, Eman, ed altri, si crede che scrivessero ancora drammatici componimenti, e per tale senza contrasto é considerata la Cantica di Salomone; ma che simili poesie pervenissero ad essere uno spettacolo decorato per far illusione e dilettar la moltitudine, non apparisce.

23. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo I. Ritorno delle Rappresentazioni Teatrali dopo nate le Lingue moderne. » pp. 181-187

Un sistema per indole portato a dividere più che a unire, tagliava ogni più dilatato reame in tante minute signorie, le quali se nella guerra per bisogno formavano un sol corpo, nella pace nulla quali fra loro, e poco s’attenevano al tutto. […] La giudicatura cadde nelle mani d’uomini senza lettere, i quali non di rado venivano dalle parti obbligati a provar coll’armi la propria integrità e la giustizia della sentenza data, per la qual cosa richiedevasi in essi più forza di corpo che di mente. […] Luttavano allora con questo linguaggio adulterato cento idiomi oltramontani, e in tal conflitto di voci la necessità di farsi intendere dava la vita a certi nuovi gergoni, ciascuno de’ quali prendeva un carattere nazionale e distinto, in Italia, in Francia, e nelle Spagne. […] Tali pietosi divertimenti ne’ cimiteri, i quali fango sovvenire del bel contrasto del famoso quadro del Puffino della tomba in Arcadia, svegliarono molto naturalmente le idee teatrali. […] Nelle Spagne si trovano i versi cantati da’ pellegrini che visitavano il sepolcro di San Giacomo, da’ quali ha saputo Don Blàs de Nasarre rintracciare la famosa origine letteraria delle Orazioni de’ Ciechi.

24. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO III. Teatri Orientali. » pp. 17-27

Ma quali sono queste modificazioni? […] In Bantàm, che è la capitale dell’isola di Giava, ed è divisa in due gran parti, delle quali una è abitata da’ Cinesi che le danno il nome, qualunque sacrifizio si faccia nelle pubbliche calamità o allegrezze, è costantemente accompagnato da un dramma, il quale si riguarda come rito insieme e festa pubblica. […] Donne tali schiave, abjette ed infami si prostituiscono a i nobili Giapponesi i quali le sprezzano e le incensano, le arricchiscono vive, e soffrono che appena morte vengano strascinate per le vie con una fune al collo, e lasciate insepolte in preda ai cani24. […] L’erudito e gentil Cavaliere il Signor Conte Catanti possiede tre commedie originali Cinesi impresse nella China, le quali nel 1779 si compiacque d’inviarmi da Pisa a Napoli sulla speranza che avessero potuto quì tradursi e pubblicarsi colla mia assistenza. […] Ma invano mi adoperai presso i Preti regolari della Sacra Famiglia, fra’ quali trovansi non pochi alunni Cinesi, per farne tradurre una almeno.

25. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Venetia, 23 di marzo 1675. » pp. 351-354

E quali colori di drappi siano più confacevoli alla donna bianca, e quali alla bruna ; e quali panni meglio si accompagnano alle divise e alle nove livree d’imprese. […] A quali donne riescono le orecchie forate, e come meglio se gli confaccino o le perle, o le fila d’oro, ed in anella rivolte. […] Delle anella ancora quali dita si debbano ornare ; come deve muovere il passo la donna, come deve ridere, come volger gli occhi, come far riverenza ; e in quali atti più di grazia e più d’onestà si trova. […] Elle nello specchio colli propri occhi si rimirano, o al judicio cieco delle fantesche si riportano, le quali più presto di una scanciera di scudelle che di adornamenti di donna saperiano judicare.

26. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 21-36

Longino, Orazio e Boelò, de’ quali con privilegio esclusivo vantasi ammiratore il Sherlock, avrebbero ravvisato del patetico e del sublime in questo sangue che si sforza di uscire per seguire il ferro e per sapere se era Bruto il feritore? […] Tutte queste incoerenze, io dico, delle quali si compone il di lui bel Consiglio a un giovane, potrebbero recarci stupore, se fussero profferite da un altro che non ci avesse puerilmente ed à propos des bottes fatto sapere di aver molto studiato la matematica e di credere d’avere della precisione nelle idee. […] Mi vieta il mio argomento l’andar ricercando dietro ad ogni particolarità della scrittura di costui, nella quale trovansi sparse senza citarsi moltissime cose che leggonsi altrove, ed altre non poche a lui da questo e da quello suggerite in Italia le quali ha egli registrate senza esame e senza ben ricucirle col rimanente del suo libretto. […] Grevil compose due tragedie Alaham e Mustapha, nelle quali introdusse il coro alla maniera greca. […] Noi non ci perderemo in tessere partitamente analisi delle favole di questo maraviglioso Inglese, non volendo cadere nella ridevole temerità di certi moderni pedanti superficiali che pur da se stessi si danno il titolo di profondi pensatori, i quali si lusingano ed osano di voler ragionare di ogni poeta anche ignorandone la lingua.

27. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article »

Carlo stabilì la censura per le bozzature delle commedie, su poche delle quali però appose la sua firma, perchè, pei molti affari di quell’ uffizio, fece tralasciar l’ordine, fidando nella parola dei comici, i quali giurarono che non sarebbero stati gli altri soggetti meno honesti de i riveduti.

28. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo VI. Spettacoli Scenici Spagnuoli nel medesimo Secolo XVI. » pp. 252-267

I portoghesi e gli altri spagnuoli ne composero moltissime, intitolandole novelle, tragicommedie, tragedie, e commedie, delle quali inutilmente si farebbe un catalogo compiuto. […] Cristofaro Castillejo morto nel 1596 scrisse alcune commedie che io non ho potuto legger finora, le quali, secondo Nasarre, potrebbero passar per buone, se fossero meno mordaci e lascive. […] Frattanto il vizio radicale della favola rende il poeta incerto tra la decenza e la verisimiglianza, le quali non sapendo conciliare, s’inviluppa nelle difficoltà, e cade in contraddizioni. […] Egli compose trenta commedie ricevute con molto applauso, delle quali altro non se ne conserva, se non il titolo di alquante. […] Nell’inondazione di tanti scrittori drammatici di questo tempo ne troviamo quattro, i quali scrissero undici tragedie, Fernan Perez de Oliva, Geronimo Bermudez, Giovanni de la Cueva, Leonardo de Argensola.

29. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

Le tragedie erano o palliate che imitavano i costumi de’ Greci, a’ quali appartenevasi il pallio, o pretestate, che dipingevano i costumi de’ Romani i quali usayano la pretesta. […] Le favole Italiche, delle quali parla Donato nella prefazione alle commedie di Terenzio, erano azioni giocose di personaggi pretestati, le quali dovevano rassomigliare alla greche Ilarodie. […] Altre figure ridicole introducevano i poeti Atellanarii nelle persone del Macco e del Buccone, delle quali favellasi in un passo di L. […] Non così nelle mimiche rappresentazioni, nelle quali, per condire di oscenità la buffoneria, s’introdussero le donne. […] Da Batillo e Pilade si formarono le due famose scuole o partiti chiamati i Batilli e i Piladi, i quali scambievolmente si disprezzavano e facevansi ogni male.

30. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »

Il D'Ancona (II, 534) riferisce alcune parole di Federico Zuccaro nel suo Passaggio per Italia con la dimora in Parma, pag. 28, riguardanti il 1605, nelle quali è detta la Compagnia di Frittellino, « la migliore forse che sia oggidì, guidata dal Capitano Rinoceronte e Frittellino, con le lor donne meravigliose, la Flavia, la Flaminia e la Rizzolina, con Arlichino e altri due, etc. etc. » Questa Rizzolina potrebbe anch'essere la Marina Antonazzoni, la quale, secondo l’articolo del Neri, avrebbe recitato ne' Gelosi le parti di serva sotto nome di Ricciolina, prima di salire al grado di prima donna sotto quello di Lavinia, a vicenda con la Roncagli. Ma mi tengono anche in dubbio le date lasciateci dall’oroscopo, secondo le quali ella avrebbe avuto il 1605 dodici anni (V.

31. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO PRIMO. Antichità Etrusche fondamento dell Romane. » pp. 4-14

Ogni riconoscenza ed applauso esigono dalla grata posterità le utili fatiche del Muratori, del Maffei, del Gori, del Guarnacci, del Passeri, dell’Accademia di Cortona ed anche del Dempstero, i quali sparsero da non gran tempo non picciola luce sulle antichità Etrusche. […] Del magistero degli Etruschi nel dipingere oltre a’ Vasi colorití, de’ quali savella il Masseib ed altri posteriormente scoperti, ci accerta il lodato C. […] Vero è che in Plinio si osserva che altri l’attribuisce a’ Greci, i quali da Corinto vennero in Italia con Demarato padre di Tarquinio Prisco. […] Mostrasi in Volterra una statua marmorea di Marte e molte urne di alabastro con grande artificio istoriate, nelle quali veggonsi incisi caratteri Etruschi, come ancora una statua di donna vestita con un fanciullino fasciato nelle braccia. […] In pruova poi di essersi nell’Etruria coltivata la poesia, il tempo ci ha conservate alcune tavole di bronzo, nelle quali leggonsi incisi alcuni inni sacri.

/ 550