Più d’ogni altra cosa contribuì l’eleganza, la precisione e chiarezza dello stile, la naturalezza e facilità del periodo, la varietà, mollezza, ed armonia de’ versi, la dilicatezza dell’affetto, tutte quelle doti insomma che caratterizzano la poesia musicale, e nelle quali Quinaut non ha avuto alcun rivale in Francia né prima né poi. […] On ne peut naître Que pour mourir. […] Empietevi, e cadete, Dirà il dio d’Israel; né sia chi sorga, Dal lampo della spada, Che strisciare su voi farà il mio sdegno.
Né possonsi assolvere da questo difetto alcune italiane. […] Né tacerò d’altri poeti, anche più male avveduti, che senza alcun riguardo han posto sulle scene azioni e sciagure di protagonisti empi che né possono muover compassione, né giovar col terrore, perché di quella sono indegni e questo si rende inutile al più della gente che non è sì scellerata. […] Ma io non saprei assolvere da molti sconci né lo stile di Racine, né quello degli altri più moderni. […] Le circollocuzioni sono massimamente poco idonee alla tragedia, perché con superfluità di parole né trattansi dalle persone gli affari gravi, né s’esprime la veemenza delle passioni. […] Per rendere ottimo tal temperamento vorrei però che né l’ettasillabo abbondasse, come nella Canace, né l’endecasillabo come nella Sofonisba.
In questa scuola sono essi veramente i maestri, né dovrà niuna nazione recarsi ad onta di studiare da essi anche in tal genere di gentilezza.
messieurs, né sur ce théâtre où mon père a contribué si longtemps à vos plaisirs, me bannirez-vous de ma chère patrie et me priverez-vous du seul héritage qu’il m’a laissé ?
Egli né anche mostrò di sapere, che del Cresfonte di Euripide non é a noi rimasto altro che il nome, e qualche frammento, e un argomento secco nelle favole d’Igino. […] Né pur seppe l’anonimo, o finse di non sapere, ciò che aveva osservato l’istesso Voltaire; cioé che la Grange ed altri francesi e inglesi di molto posteriori ai nominati italiani trattarono l’istesso argomento con sì poca felicità, che le loro tragedie restarono sepolte appena nate. […] Tali cose non s’incontrano nel Cinna, né altrove. […] E ’l nostro poeta imperiale ha prodotta una folta schiera d’imitatori italiani, che lo sieguono senza raggiugnerlo né avvicinarsegli; ed é stato tradotto e imitato in Francia da molti poeti pregevoli, Le Franc de Pompignan, Collé, de Belloy, Dorat ec. […] Se Anocreonte rinascesse, dubito che scrivesse in Italiano un’ode né più armoniosa, né più dolce di questa: Oh che felici pianti, Di due bell’alme amanti Purché si possa dir, Quel core é mio.
Non vi fu ipocrita o sia attore che ardisse di rappresentare, il personaggio del potente Cleone, né artefice che ne volesse far la maschera, come si dice nell’atto I; per la qual cosa Aristofane dovette egli stesso montare in palco, e rappresentarlo, tingendosi alla meglio il volto, e studiandosi di contraffarlo in tutto, perché si ravvisasse. […] Racine, che da tal commedia ha cavato i suoi Plaideurs, non ha potuto seguirlo passo passo; né anche ha potuto valersi della piacevolezza che risulta dal processo allegorico, né introdurvi il cane accusatore, e ’l cane difensore, che appartiene unicamente alla commedia antica. […] Il signor di Voltaire però, copiando la censura di Plutarco, o di Rapin, volle aggiugner del suo, che Aristofane non era né comico, né poeta; il che sembra detto con soverchia leggerezza.
Che se ne’ principi primi dell’arte loro pur sono cosi disadatti e goffi, qual maraviglia se non giungono dipoi a quelle finezze ultime che l’arrivarvi è tanto difficile, e senza le quali non ci può essere nell’azione né dignità né verità?
Già de li frutti suoi ricca e cortese La terra or nulla rende, Né resister possendo Cadon da morte oppresse Le femmine dolenti Ne le angosce del parto. […] Termina il nostro signor abate le Batteux questo parallelo, che non può estere né più giudizioso, né più vero, con attribuire alle nazioni il diverso carattere dei poeti. […] Inerme ingombra Già ’l mio consorte le sicure piume; Né a’ lidi intorno pe i troiani campi Surgon le argive tende. […] Deh la femmina rea sempre raminga Erri in balìa de’ minacciosi flutti, Né i patrii tetti a riveder mai giunga. […] Morì già Ettorre, Né dall’avello, per serbarti in vita, Fia che risorga.
Amurat II si contraddistinse come guerriero e come monarca, contra i greci e gli ungheri: conchiuse una tregua col re di Polonia ch’egli osservò fedelmente, e che i cristiani violarono ad onta de’ giuramenti; ed ebbe il cuore così nobile e superiore al trono, che l’abdicò in favore del figliuolo, né ripigliò lo scettro se non per assicurarglielo col suo valore e colla disfatta di Ladislao in Bulgaria, e per rinunziarlo poi la seconda volta.
Che già niun legislatore non si metterà a dar nuove leggi in uno stato sconvolto, se prima i magistrati non vengano rimessi in autorità; né si accosterà un capitano al nemico, se non abbia prima dal suo esercito sbandita la licenza e il disordine.
Nell’Atto quinto nasce nella casa di Enea la bella contenzione che è espressa in Virgilio, tra Anchise che vuol rimanersi e morire ed Enea medesimo che vuol salvare il padre dalle mani dei Greci; né potendolo persuadere a fuggirsi, riprese le armi, vuol di nuovo uscire tra’ Greci, mentre Creusa e Iula ne lo trattengono.
In tanta differenza di gusti qual maraviglia, che gli accompagnamenti e gli ornati d’architettura né anco sieno uniformi, e che fra’ bei pezzi corinti e fra’ sodi frammenti toscani veggasi qualche duro colonnato ed arco gotico?
Corneille medesimo nel 1634 diceva nella prefazione della Vedova, ch’egli ne si voleva soggettare alla severità delle regole, né volea usar di tutta la libertà ordinaria del teatro francese. […] Ma senza tali cose da non imitarsi, né approvarsi, Racine che conoscea sì bene i greci, studiava l’uomo, e si esprimeva con inimitabil nobiltà, leggiadria, ed eleganza, che mai avrebbe lasciato alla gloria della posterità? […] Quella dunque oggidì, benché ammetta argomenti più complicati de’ tragici, azioni più rapide, eventi più vari, e decorazioni più pompose, tutta volta cerca di approssimarsi, per quanto può, alla tragedia, né mai si sottrae dall’imitazione della natura, principio universale d’ogni buona poesia. […] Ma le rappresentazioni arlecchinesche sono buffonerie conosciute per tali anco dalla plebe femminile, né vi é pericolo che producano in Italia tale effetto.
Si é detto però, né senza ragione, che molti de’ suoi scherzi, come troppo istrionici e qualche volta indecenti, benché piacessero assai ne’ tempi della repubblica, furono riprovati nell’età del buon gusto quando vivea Orazio e Mecenate. […] Né presti furono, né grandi i progressi del teatro latino. […] Questo comico, nato in Cartagine circa l’anno di Roma 560, morì, o per meglio dire, sparve nel principio della terza guerra punica; perocché d’anni trentacinque s’imbarcò per la Grecia, o per l’Asia, né più si vide. […] e ancor un’altra del medesimo atto, né molto lontana da questa, spiegata in altrettanti: Sylva jubatus qualis Armenia leo etc. […] La snervata Ottavia sembra produzione d’un rettorico novizio che mai non conobbe teatro, né si curò di osservar l’artificio de’ greci poeti.
Da tal punto i poeti teatrali rivolgono tutta la loro curiosità verso gli oggetti non religiosi, notano le grandi rivoluzioni e gli eventi mediocri, né scoprono l’ingiustizie, le stravaganze, il ridicolo, ne tentano la correzione, ed i teatri fortunatamente si veggono cangiati in tante scuole di sana morale.
Non meritava l’idolatria del grosso della nazione, né l’invettive sanguinose di certi letterati forestieri e nazionali. […] Non mancano, generalmente parlando, i surriferiti comici inglesi d’invenzione, di fantasia, di forza, di calore, né di piacevolezza.
E sebbene il Casiri aggiugne, che a suo luogo avrebbe parlato di una o due commedie arabe, scartabellando la di lui biblioteca non trovai pure un solo componimento drammatico, non dico de’ secoli di cui ora parliamo, ma né anco de’ seguenti fino all’intera espulsione de’ mori dalle Spagne.
Ma quella maniera di giudicar’ senza vedere né pensare, e di offender le nazioni culte, é un male ormai divenuto incurabile tra’ belli-spiriti francesi. […] Né merita meno di esser mentovata quella del Bracciolini intitolata L’Amoroso Sdegno, come anche la Disperazione di Sileno e ’l Satiro di Laura Guidiccioni, dama Lucchese, rappresentata avanti al gran duca nel 1590, ai cui cori fece la musica Emilio del Cavaliere, romano. […] Né si può negare che l’influenza del clima abbia una gran forza su gl’ingegni, le indoli, e i costumi delle nazioni, da che fra gli antichi il divino vecchio Ippocrate con un dottissimo libro, e fra’ moderni il celebre autor dello Spirito delle Leggi, egregiamente ce ’l pruovano, e la storia, i viaggi, la pratica del mondo, e l’esperienza ce ne assicurano.
Ici tous les événements sont produits par des personnages qui ont dessein de les faire naître, et souvent le spectateur les prévient ces événements ; ce qui diminue infiniment de son plaisir. […] Or c’est de ces points essentiels et si difficiles à réunir que naît la difficulté de parvenir au sublime dans les surprises, ou coups de théâtre, soit d’action, soit de pensée. […] L’intérêt de la pièce est celui que font naître Les Fâcheux ; le poète par son titre ne s’est engagé à rien de plus. […] Dans l’idée de Molière, les motifs du comique naissent, pour ainsi dire, à chaque instant, et le tuteur devient avec plus de convenance le confident de sa pupille, que le confesseur ne l’est d’une femme mariée. […] Je joins ensemble ces deux unités, parce que l’une naît pour ainsi dire de l’autre.
Né quella critica fatta già contro all’opera in musica, che le persone se ne vanno alla morte e cantano, non ha origine da altro, se non se dal non ci essere tra le parole ed il canto quell’armonia che si richiede.
Nota alla nota d’autore n. 17: «I suoi giardini attirano la vostra ammirazione; ovunque guardate scorgete le mura; non si vedono piacevoli contrasti, né quella artificiosa selvatichezza che appesantisce la scena; a ogni boschetto corrisponde un boschetto; ogni viale ha il suo gemello; la metà di una spianata riproduce esattamente l’altra metà», vv. 113-118; «Consultate in tutto il genio del luogo che dice alle acque di alzarsi o di cadere o spinge il colle superbo a sollevarsi verso i cieli o scava la valle come un anfiteatro; invita al campestre, apre un varco in un bosco, congiunge le selve, varia le ombre, prolunga o spezza le linee dritte; dipinge mentre voi piantate e disegna mentre voi lavorate», vv. 57-64.