mo Mi forza incomodar V. […] ma riuerenza p. parte di mia sorella che se li dedica serua, mi notifico Di V. […] rio e dirli che Non mi scordo receuer li suoi fauori per l’alloggio in sua Casa come per sua Gentilezza mi esebi e che tra poco potria seguire mi ualessi delle sue grazie, e qui con riuerenza per parte di tutti di casa resto dicendoli che le faccende Nostre per l’Estate, Vanno assai superiori alli guadagni che si fanno in Italia e mi sottoscriuo Di V. […] S. che mi sarà car. […] La prego ancora se mi conosce abbile in Liuorno non mi lasciare infrotuoso ne sij scarso di sue lettere, e se pensa con il non scriuere esimersi dal formaggio s’inganna, mentre tengh’ordine salutarlo e con tutti mi sottoscriuo Di V.
Con tutto ciò mi sono achetato, sperando in Dio e in V. […] Mia moglie poi mi fa mille protesti di non voler essere dove la Nespola, s’io l’ammazzassi, si che V. […] E. mentre che viva, mi sarei partita subitto per non star dove lei ; ma per non disgustar chi n’ è padrone e sig. […] Ma mi dispiace che non ò colpa e pure ò tutto di meno, avendo ogni cossa impegnatta ; nè manco dinari da far quadragesima e da far viaggio per Loretto, dal qual loco non uscirò sintanto che non sappi se mi vol far degna della gracia adimandatali. […] Ma, a dir vero, questo monologo di Arianna mi mette un gran dubbio nel cervello.
Mi disse che vuole scrivere una lettera a S. […] S. mi ha maltrattato per causa delle sue donne perchè ancora al Palazzo reale V. […] Mi dispiace che V. […] Dio perdoni a chi per sordido interesse mi a dato questo disgusto, e mi a reso a l’idea di V. […] S. che per molti anni mi a senpre continovato le sue grace.
Desedet zucca senza sal, tu duorme an ualenthom, Oh quand qstu no dorm l’è pur vizilant as pò ben dir che essendo con mi, ch'ai sia insiem du huomn dlla caplina lu in te la tutia, e mi in quel ch se sa. […] Eccoci il giorno, ma chi mi ha portato qui senza mia licenza, & m’ha riuestito, che paio vn huomn di legno ? […] O vi dirò. il messo, che mi fù portato dalla lettera, dicea cosi. […] & se non mi credete ecco la lettera. […] e mi andarò dal mia cumpar per vn mia disegn.
Quando io fui grande mi sembrava che lei fosse mia figlia, ed è perciò che credo d’averla amata il doppio. […] Oh, sì, ch'El la benedissa dassèno, come che lo fasso mi dal profondo del cuor, povera vecchietta santa ! […] Un bel giorno, eravamo a Sanpierdarena, ella venne e dichiarò che mi voleva seco, non potendo più vivere senza di me. […] Moro Lin mi prega di farla ; io ricuso, un po' per il genere, un po' perchè non sapevo come avrei potuto fare una vecchia : mi prega la Marianna (la Moro Lin)…. Moro Lin mi supplica…., e…. mi lascio convincere.
1ª sera Quando io penso al primier tempo passato, qual mi facea stentar più del dovere, dico fra me ; ch’il ciel sia ringraziato che diede alla mia figlia un gran sapere : per opra sua mi trovo in altro stato, ma in oggi così va ; chi vuol potere vestir lindo e mangiare a crepapelle ci vuol per casa almen due reginelle. […] 3ª sera (nella Vedova scaltra) Non vorria terminare i giorni miei così vedova sola, in pene e duoli ; e qualche buon partito attenderei, ma non trovo nessun che mi consoli ; (qui manca il 5° verso, omesso per errore probabilmente dal copista). perchè ho ancora desio d’aver figliuoli ; e se io facessi tal risoluzione, mi piacerebbe questo bisciolone. 4ª sera (nella Reginella) S’ ho a dire il mio pensier schietto e reale dico che son contenta del marito, che ha preso mia figlia in forma tale, che mi è parso toccare il ciel col dito ; e dirò ancor non già per dirne male che se prendea quel vecchio rimbambito, che fosse per seguir son d’opinione, un biascia-biascia senza conclusione. 5ª sera Ascoltatemi, figlia, in cortesia ; ora vi parlo con materno affetto, già siete dello sposo e non più mia, e questo è ciò che mi trafigge il petto.
In nessuno, ch’io mi sappia, nè antico scrittore, nè moderno, si trova citato il nome di questi comici. […] ma risposi prima si finisse il Carnevale, e perchè in quella mi accennò che S. […] r Carlo di non poter più recitar, io mi rimetto all’Autorità et comandi del S. […] S., et che mi fusse concesso mi sarebbe oltre modo caro, non soggiungo altro perchè scrivo a chi molto intende. […] Nè di codesta Pazzìa mi resta a dire alcun che di preciso.
Questa prima avventura della mia giovinezza mi cagionò un’immensa gioja. […] L’armatore Giuseppe Valery mi mandò una valigia di biancheria, dal sarto mi fece fare due abiti completi, e mi fornì di denaro : tutte queste premure fecero sì che io non intentai la causa per risarcimento di danni. […] Mi alzai prestissimo, corsi al porto, noleggiai una barca, e mi feci condurre sul luogo del disastro. […] Il cuore mi batteva forte, forte : aveva posto l’anima ne’miei occhi. Mi parve vedere sott’acqua la forma di due gambe.
. – Carissimo Rasi – Tu mi chiedi di parlarti di me. […] All’età di 3 anni mi portarono a Torino. Finito il Liceo, mio padre mi disse, lagrimando, che non poteva più mantenermi agli studj : feci l’ impiegato gratis per qualche mese, poi per disperazione dell’avvenire oscurissimo, nel 1866 in giugno, mi aggregai a Bellotti-Bon e d’allora fo il “burattino” e dal ’73 anche il “burattinajo.” – E ti dissi anche troppo. – Tuo G. […] La lascio, ci penso, mi faccio coraggio e l’attacco ; e man mano che la studio passo dalla sfiducia allo sconforto, alla paura, poi una costernazione indicibile m’invade testa, cuore, gambe, braccia, mi stringe pei capelli, mi stramazza a terra, e alla fine mi decido. […] Ma in lui, al pari dell’artista, è sommo il direttore, il maestro, e, sotto quest’aspetto, egli mi rammenta Gustavo Modena, che fu il rinnovatore dell’arte della recitazione in Italia.
Mi persuado però che siano ancora in quella città, mentre non ne tengo altra notizia. » E si raccomanda vivamente al Duca, perchè componga la faccenda. […] mo Il mio fiero destino mi riduce agl’estremi, mentre doppo una si lunga serie di disgrazie, e miserie, più fiero, et implacabile, che mai si fa conoscere. […] Appresso di me non ho nulla ; ne mai ho ueduto in tanti mesi, toltone il Vitto, un soldo solo per riparare all’altre cotidiane mie necessità ; onde non mi auanza altro, che una misera, e mal condotta uita, essendo per tanti guai, peggio, che morte ; e Dio sà quello sarà di mè, doppo, che mi haueranno posto nel sudetto Castello. Eccomi pertanto tutto lacrime à piedi della Paternità Sua Molto Reverenda à supplicarla per amor di Dio à uoler fare quelle parti di pietà, che le pareranno più proprie, appresso cotesto clementissimo Padrone, perche dall’abisso di tante miserie, e calamità mi aiuti à sottrarne. […] Ronchi ; e per mezzo di qualche Religioso, mi facci penetrare à Casale sudetto qualche speranza e conforto, per non farmi morir disperato ; che se non fusse per la salute dell’anima ; à quest’ora mi sarei tratto fuori di tutti gl’affanni.
La mia famiglia, i miei parenti, la mia patria non mi rivedranno, che gloriosamente cinto d’alloro. […] Si ; vi conosco per fama ; so che siete garbato quanto abile, non mi darete una negativa. […] Mi scordai costì prendere due boccette di acqua della Regina, che mi erano state ordinate ; onde la prego istantemente favorirmi di provedermele, e spedirmele subito per il procaccino, o per altra congiuntura più comoda, ed avvisarmi del prezzo per rimetterglielo subito, raccomandandogli che l’acqua della Regina sia perfetta. […] Mi conservi la sua stimatissima grazia, ed in fretta mi confermo, Tutto suo Carlo Goldoni. […] Una scoperta di tal sorte mi risvegliò l’idea di farlo comparire sotto questi differenti aspetti in una rappresentazione medesima.
Anch’io mi picco alla tua picca, se hai la pecca di aver pacche, non t’appicco, ma non pecco, se ti spicco e spacco il capo cupo, e dò alla parca un parco porco. […] Non mi conosci, o misero ; se contro te mi adopero, quant’ossa porti io spezzoti. […] Eccetto il ratto mi accingo a tutto. Io mi batto fuor nell’atto fino all’otto ; mi ci metto come un matto nè vo in letto finchè a lutto non fai motto ; tu mi batti, io ti ribatto, e in baratto di tua botta, io ti butto giù in un botto ; se sei dotto, io sono addatto ; niuno editto nè altro detto che sia indotto non adotto. Mi porta a sparte, e parto in parte aperta.
Cosa comàndeli da mi ? […] Cosa vorli da mi ? […] Dopo doman me scade una cambial de 500 lire, e mi no so come far a pagarla ; e go paura che i me la protesta, e questo saria un bruto complimento per mi. […] Mi proprio no so che santi ciamar. […] Mi digo che no ghe xe altro per introitar un migliareto de lire.
Mi perdoni questo mio giudizio schietto e senza ipocrisie. […] Mi creda con verace stima Suo dev. […] Non posso levarmi dalla testa quel secondo verso che mi pare la più bella delle moltissime perle del tuo volumetto. […] La ringrazio del suo libro, che mi pare utilissimo, e dal quale mi pare che imparerò anch' io a leggere meno male i versi. […] Mi voglia sempre bene : mi ricordi alla sua egregia Signora : perdoni alla fretta, e mi tenga Suo aff.
Ma s’io sono reo, mi raccolgo e riparo all’ombra della vostra grandezza stessa che ammetteste benignamente l’offerta; ed un ardir felice passa e si tollera più agevolmente in grazia del buon successo. Mi discolpi eziandio l’unico intento che mi mosse, di appalesar per le stampe quanto io mi pregi della preziosa padronanza onde mi onorate da più anni, e quanto io ammiri le rare doti dell’animo vostro, la vostra dottrina e l’erudizione somma prima ancora che venga alla luce la Coltura delle Sicilie nel Regno di Ferdinando iv da me delineato appena in tre volumi vicini ad imprimersi, nella quale, o Signore, come Poeta, come Filologo, come Erudito di ogni maniera figurate vantaggiosamente ed ornate il mio patriotico racconto dell’Epoca Fernandiana.
L'Archivio di Stato di Modena ha di lui questa lettera senza data, ma della seconda metà del secolo xvii, che riferisco intera, e dalla quale mi sembra egli apparisca assai più impresario che attore. […] me uolessero acquistar nella forma qui sotto, per non pigliarsi tanto fastidio, farò nuoua Compagnia, e farò in questo modo : Prima entrarò à nuova Compagnia, e fatti li Conti del mio debito sodisfarò con quella porccione, che mi tocarà de Guadagni, e li anni che non si faranno Comedie li pagarò il cinque per cento : Che le spese si farrano nel teatro per benificio de Comici siano comune come anche del Teatro : E perche li ho dato ogn’anno cento scudi di fitto del Teatro, m’obbligo in questo caso, di far quello comandarano le Signorie loro Ill.me auertendo m’intendo di non darli cosa alcuna, se non quando si farrano Comedie e che per sua sicureza della sodisfaccione, tutto il danaro, che si esigierà uada nelle sue mani : La Compagnia, che faremo sij durante la mia uita, o uinti anni che in questo mi rimetto nella benignita delle Signorie loro Ill. […] Egli mi ha detto di havere scritto a lei ciò che le occorre, ed ella potrà intendersene seco, perch'esso è quel che ha in mano tutto questo negotio.
Le invio una canzonetta nova, mi saprà dire se le piace, mentre con il riverirla per parte de miei augoro colme d’ogni felicità le s. […] Mi duole della disgratia avenuta al S. […] Mi occorre suplicare V. A. d’una gratia, la quale è questa, nel viagiare, all’ osteria mi sono dimenticata quella scufia bianca, della quale V. A. mi fece haver la moda, dico però quella della notte, che se non m’inganno disse, che gliela haveva datta la figlia del S.
Lucca di Venezia nel venturo carnevale in precio di mille ducati effettivi e casa finita, ha fatto ch'io mi impegni a servirli mentre m’ hano in tutto sodisfatta di quanto richiedevo ; onde mi dispiace n’ poter sortir fortuna di ricevere le sue gracie con Sig.ri Grimani, m’ honari riserbarmi il desiderio che con tanta bontà si da a conoscere per favorirmi, ch'io n’ mancherò di procaciarmi occasione di conservarmeli per quella che senza fine mi confesso di V.
Altri il vero nasconda Io no ; povere fasce i primi segni Dier d’infelicitate in quelle parti, Che poi seguimmi in ogni estran paese ; Così Penia mi prese Allevatrice infausta, e mi percosse Ne’ miei primi vagiti ; indi si scosse Torbida stella ; era morir pur meglio, Ch’esser altrui d’alta miseria speglio. A pena giunto al primo lustro, avara Morte mi tolse i genitori, ond’ io Potea sperar se non ricchezze, almeno A perigliosi di custodia cara. […] Padre mi fe’ natura in cinque giri Pieni del sol di quattro figli à cui Posi tanto devuto amor paterno, Ch’altr’uom non è (cred’io) ch’egual sospiri. […] Ma, perchè mi sia noto, Che ’l propor, e ’l dispor varia potenza Variar mi convenne ancor sentenza ; Vivi dar gli volea ; tre me ne tolse Morte ; e decreto, o permission mi sciolse. […] Mi chiamano Flaminio uomini assai : ma ’l mio nome è Gio.
In somma dice, e dice bene, che melius est nomen bonus, quam divitias multas ; ogn’uno Spacca di qua, Spacca di là, Spacca di sù, Spacca di giù, chi mi chiama, chi mi tira, chi mi prega, chi mi sforza a dispensargli parte della mia dotta dottoraggine ; di maniera, che spesso spesso son forzato di desiderare, ò che tutti i Dottori ne sappiano quanto Spacca, ò che Spacca non ne sappia tanto, per non hauer del continuo si gran fatiche in pacificar liti, accordar discordie, e pronuntiar sententie. […] Gli Dei son raunati in consiglio, & è nato tra essi vn gran disparere, però hanno bisogno della presenza vostra ; Io galantamente rispondo, che per fargli seruitio sono in ordine, lui di posta mi piglia in braccio, & in vn batter d’occhio mi porta in Cielo, e non ve ne voleua di manco, perchè vn poco più ch’io fussi tardato, quei Barbassori si sarebbon date tante le maledette pugna nel naso, che sarebbe piouuto mostarda per otto giorni, e la spetiaria di maestro Apollo sarebbe stata sfornita d’vnguento di biacca, e difensiuo. […] Non prima mi fui posto nel Soglio giudicesco, che tutti in truppa, come tanti Zingari, cominciarono a voler dirmi le lor ragioni. […] O buono, ò buono, diss’io allhora ; ma perche dice odi l’altra parte, chiamo Gioue ; lui mi viene innanzi, e dice : Io sono stato il fondatore di Bologna ; e poiche M. […] Quand’io sentii questo, mi venne voglia di piantargli in mano vn tu hai ragione tanto lungo, se non che Marte imbizarrito senza esser chiamato si fece innanzi, e disse : Potta di Giuda, ch’io non vo bestemmiare ; è possibile, che voi siate tanto sfacciata canaglia, che mi vogliate leuar la gloria delle mie fatiche ?
Signori, voi potete essere certi della mia paura : le ragioni da cui è motivata vi son note ; esse sono assai solide ; e se non ne trovo altre che mi dieno animo, voi non avrete in me che un attore timido, e però noiosissimo. Esordisco oggi in un carattere nel quale mi si giudicherà per confronti : se così è davvero, è meglio che non cominci. […] Qui mi par d’udire alcuno di cattivo umore…. — Cotesta è un’impertinenza. […] Se io v’ incoraggio, voi prenderete per sinceri i miei applausi, e crederete di meritarli. — No, Signori ; io vi prometto di doventare superbo, solo allora che io mi creda sicuro del fatto mio. — Sia così !