Ma venuto ormai vecchio, lo abbandonò per recarsi a Firenze, scritturato al Cocomero di Firenze nella Compagnia di Giovanni Roffi (1767), dove non ebbe quell’accoglienza ch’ei si aspettava e che, a detta del Bartoli, gli spettava : e di ciò tanto si dolse, che aggravato dal male morì nell’istesso anno. […] Aggiunge poi il Goldoni che dopo la prima prova, che produsse miglior effetto della lettura, il Casali lo pregò in grazia di riavere da lui particolarmente un segno della sua riconoscenza e gli presentò sei zecchini. […] XXXIV descrive la scena occorsagli, mentre stava all’Arena di Verona un giorno dell’estate 1734, accennando al Casali, che scoprendolo al pubblico sulla scena al mutar di una decorazione, lo fece fischiare. […] Ma il migliore accenno, e più che un accenno, al Casali lo abbiamo nella prefazione del vol. […] Una certa serietà nel sembiante, una certa durezza nella persona, un’inclinazione involontaria del fianco e della spalla verso il Personaggio con cui recitava, lo facevano scomparire, malgrado le belle cose ch’egli diceva : all’incontro nelle Tragedie riusciva mirabilmente, e sopratutto nelle parti gravi, come nel Catone del Metastasio, nel Bruto dell’abate Conti, nella parte di Giustiniano nel mio Belisario, ed in altre simili.
.), che per la molta soavità lo alzarono al grado di degno successore di Tommaso Grossi. […] Il Costetti ne lo fa uscire il '43, sostituito da Pietro Boccomini, ma è questo errore evidente, giacchè lo vediamo per l’anno '41-'42 primo attore assoluto della Compagnia Giardini, Woller e Belatti, dalla quale passò poi nello stesso ruolo in quelle di Corrado Vergnano, e di Angelo Rosa con cui stette lungo tempo. […] Giovanni Ventura (il Colomberti lo dice piccolo di statura, ma di volto assai espressivo) morì a Milano il 19 gennajo 1869.
Noi lo vediamo il 1796 nell’elenco dei componenti la gran Compagnia del San Carlino di Napoli al fianco dei Cammarano e dei Fracanzano, dalla quale uscì il 1803, già ottimo caratterista, a niuno secondo per la grande spontaneità, acquistata su quelle scene, ricercato dai migliori capocomici. […] Una sera del 1820, terminato lo spettacolo, il Pertica, traversando una strada, secondo il costume, per recarsi a casa, fu arrestato da quattro uomini mascherati, che, puntatigli al petto i lor pugnali, lo minacciaron di morte, se avesse osato non pur di mostrarsi avverso, ma di accennare in qualsiasi modo alla lotta de' Carbonari. E tale fu lo spavento ch'egli ebbe dall’inattesa aggressione, che preso da febbre violenta, ne morì in capo a quattro giorni, compianto da tutta l’arte.
Sappiamo che esordì alla Comedia italiana di Parigi il 9 dicembre 1760 colla parte del Dottore in una commedia intitolata Il Pedante : e lo troviamo fra gli attori dell’Amore paterno, secondo il documento parigino : « Extrait de l’Amour paternel, commedia in tre atti di Goldoni, data a Parigi nel 1763, 4 febbrajo (Paris, Duchesne, 1762). » Agivano : Collalto da Pantalone Mad. Savi da Clarice M.lle Piccinelli da Angelica Zannuzzi da Lelio Balletti da Silvio Rubini da Florindo Savi da Petronio M.lle Veronese da Camilla Chiavarelli da Scapino Carlin Bertinazzi da Arlecchino Ma pare ch'egli vi facesse un fiasco solenne, dacchè a Corte si venne lo stesso anno nel proposito di licenziarlo. […] Forse, dopo lo smacco di Parigi, se ne tornò in Italia, e, concordando le date, è lo stesso che il precedente, di cui fu citato erroneamente il nome da Francesco Bartoli ?
Fortunatamente ognuno è padrone di andarsene quando più gli aggrada ; ed invero questo è il solo mezzo che rimane, quando si è nauseati di vedere un pubblico, che fra le più volgari bassezze, dimentica interamente la sua dignità, fino al punto di far credere a chi non lo conosce, che esso non ha più nè buon senso, nè gusto, nè moralità, nè pudore. […] « Poldino, portati bene – disse una sera – l’altra volta si fece per chiasso, ma questa volta se ti mando via ’un ti ripiglio più. » E un’altra, alludendo alla minaccia di abolire lo Statuto : « Poldino, apri le Camere, se no ti finisce male. » E infinite della stessa risma. […] Talvolta il Cannelli, attore-specialità si aggregava solo, a simiglianza de’ grandi, a compagnie comiche, per rappresentazioni straordinarie : lo vediamo infatti al Pantera l’autunno 1825 colla Compagnia Zocchi, e al Giglio la primavera del 1829 con quella di Bergamaschi. Quanto al repertorio Cannelliano, i soliti spettacoloni con trasformazioni, combattimenti, naufragi, incendj, in cui lo Stenterello ci faceva la solita parte di servo perseguitato dai ladri, dalle ombre, dalle balene, ecc., ecc. […] Ora è lo Stenterello che numera al pubblico i suoi creditori, ora è un dialogo co’ creditori stessi.
Fratello del precedente, nacque a Mantova nel 1796, nè fu men celebre di Francesco, poichè se a lui non si accostò nella tragedia, lo uguagliò nel dramma, e lo superò nella commedia. Di bella figura, se bene alquanto esile, di voce armoniosissima, d’ingegno pronto, di coltura non comune venutasi acquistando da sè con l’assidue letture, di maniere dolcissime, fu amato da quanti lo conobbero. […] Da quella sera, al momento della digestione, acutissimi dolori al pilòro lo mettevano alla tortura.
Ed è il Cantù che lo chiama Domenico Giuseppe ; e Domenico Giuseppe è chiamato nel ritratto di Ferdinand che qui riproduciamo, mentre lo Jal non sa del secondo nome capacitarsi, non avendo mai trovato il Biancolelli, in quanti documenti abbia veduti, firmato se non col primo. […] Ma sciagura volle che, abbandonata la scena sudatissimo, egli prese tal raffreddore che, mutatosi di punto in bianco in polmonite, lo condusse in capo a pochi giorni al sepolcro : e ciò fu il 2 agosto 1688. […] L’affare si fece serio, e ne volle essere giudice lo stesso Re, che ascoltò gli avvocati delle due compagnie : Baron e Biancolelli. […] Il Re lo guardò un istante, poi, sorridendo, rispose : — Anche le pernici ! […] lli Parfait, e Biblioteca de l’Opera di Parigi, che conserva lo Scenario intero trascritto da Gueullette) non ne è indizio certo ; e questo sembrò anche agli stessi Parfait.
La lingua è pura, lo stile ricco e proprio degli argomenti e della drammatica. […] Non basta a Metastasio che Sesto ami Vitellia che lo seduce e lo precipita nella congiura; ma ha bisogno che questa aspiri a una vendetta, non di un padre come fa Emilia, ma di un’ attiva ambizione delusa nella speranza di regnare. […] Ma nel nostro melodramma che cosa produce lo scoprimento della congiura? […] Il suo delitto Come lo trasformò! Porta sul volto La vergogna, il rimorso, e lo spavento.
Innamoratosi dell’arte del padre, lo seguì, giovinetto, per alcun tempo : ma fu messo ben presto in un collegio della città natale, ove stette fino agli studi universitari, che non volle compiere ; perchè, recatosi a Bologna a tal uopo, così forte risorse in lui l’amor della scena, che pensò bene di raggiungere il padre a Venezia, e con preghiere di ogni specie indurlo a concedergli di lasciar per essa i codici e le pandette. […] Con tenacia e audacia senza pari, egli affrontò nuovamente il giudizio del pubblico, il quale più tenace di lui ne’suoi propositi, lo fischiò ancor più forte, e per modo ’sta volta, che il povero artista, scoraggiato, disperato, si ricoverò nella nativa Lugo. […] , I, 62), che pur dichiara di non averlo avuto mai nel suo calendario : Egli era un attore che conosceva molto gli effetti : coscienzioso, intelligente per lo studio di un carattere, ma un poco artificioso. […] Ammirevole e lodevole per lo studio che egli poneva assiduo per correggere la sua pronunzia romagnuola e rendere simpatica la sua grottesca figura. […] Non lasciò mai travedere ciò che pensava ; fu stimato e riverito da molti : io pure lo stimai, ma non l’ebbi mai nel mio calendario.
I contemporanei ed i posteri riconobbero la forza e lo splendore delle sentenze e delle parole di questa Pioggia d’oro, per la quale la tragedia cominciò a favellare con dignità e decenza. […] Chiude l’atto un coro di Argive, la cui eleganza e leggiadria poetica gareggia co’ migliori di Seneca, e forse lo supera per lo candore. […] Io non debbo dissimulare questo neo della tragedia del Tilesio; ma non è giusto poi lo spregiarla tanto, come altri fece, per tale episodio. […] Fiorendo verso il 1530 egli divenne il Seneca del regno di Napoli anzi dell’Italia, per lo studio che ebbe di recare egli solo nella latina favella molte delle più pregevoli favole greche. […] Vedi l’epistola 35 del libro XXIII di Erasmo, il quale però parmi che lo chiami Pietro; ma Giano Parrasio che lo commenda assai, e lo considera come il restauratore dell’antica decenza del teatro, e Paolo Giovio, e Pierio Valeriano, e Leandro Alberti che lo conobbe in Roma, tutti lo chiamano Tommaso.
Passò poi il '24 a Napoli col Fabbrichesi, che lo condusse con sè a Trieste, poi, avanti la fine dell’anno lo rimandò a Napoli primo amoroso e primo uomo a sostituire con Mario Internari, stipendiato dal Fabbrichesi, l’attore insufficiente che copriva quel ruolo. […] Fu, ancora per un triennio, scritturato dai soci Fabbrici e Petrelli ; poi, sposata l’egregia servetta Clotilde Sacchi, si fece nuovamente capocomico per vari anni (il '56 aveva società con Stefano Riolo), finchè, avanzato in età, abbandonò l’arte. — Il Colomberti lo dice attore di molta intelligenza e di prestante figura, applauditissimo sempre, nonostante il difetto di una voce alquanto nasale.
.), ne’suoi Dimenticati vivi della scena italiana, affibbia all’ Azampamber il nomadismo miserrimo ; e, a voler descrivere ne’ Bozzetti di Teatro un povero diavolo di capocomico, lo chiama : « lontano discendente del gran Patriarca Azampamber. […] – ricomincia lo stesso Costetti nella Leggenda del palcoscenico. […] E più avanti : L’ultima volta che lo videro fu sullo stradale da Castel S. […] E lo trovo…. […] – Omnes composui. » Mio nonno era il famoso Azampamber, lo stenterello.
Osserviamo lo stato del Teatro francese prima della Medea di Pietro Cornelio. […] Nè dopo che lo stesso Pietro Corneille ebbe tratatto quest’argomento, il pubblico si dilettò meno della Sofonisba del Mairet b. Avvenne in fatti che mentre rappresentavasi quella di Cornelio molti spettatori correvano alla Sofonisba di Mairet, e dopo lo spazio di trenta anni in cui si andò tratto tratto ripetendo sul teatro francese, si manteneva ancora. […] Rotrou dopo della Sofonisba di Mairet pubblicò il Venceslao, che la superò per lo stile; ed il Voltaire ne comendò la prima scena, e quasi tutto l’atto quarto. […] Ma lo stile che solo preserva i componimenti dall’obblio, ed il sublime tragico che eleva gli animi e concilia l’attenzione, attendevano un ingegno raro che giva disviluppandosi.
Le sue strampalerie lo avevan fatto un comico guitto, e un artista intermittente ! […] Talora l’esquilibrio della mente lo fece nervoso, intrattabile. […] Ma quando la febbre dell’arte lo coglieva, quando la sua mente era intera nel personaggio che egli rappresentava, quando si mostrava al pubblico sicuro di sè, padrone assoluto della sua voce, del suo gesto, della sua concezione, quale artista ! […] Ma l’occhio non lampeggia più, l’anima non più s’infiamma, la parola è fredda, le dissertazioni si succedon disordinatamente alle dissertazioni, e lo spensierato Edmondo Kean, e il pazzo Principe di Danimarca ricade nel suo letargo…. a pena indicato alla curiosità o alla derisione dei comici.
ma e per tal disgusto mi amalai, come molti lo sanno ; Tralascio ch’egli continouamente mettesse zizanie con tutti i miei Compagni, a ciò tutti uniti facessero contare la sua Bugia p verità, ch’io fossi una donna superba Tiranna di compagnia, et infine che sono pazzacci tutti, et io ero la strapazzata (e uergognia chio lo dicha) da simil gente. […] A. che egli cessi la sua…… di Masaniello, p che continouamente tiene in moto tutti, e questo lo sa cosi ben fare, che imposibile a dirlo. egli sie licenziato dalla Compagnia fuori dogni ragione, e se dice p la uicenda, V. A. no lo creda p che no gl’importa poi che l’anno passato concesso più che uicenda e lui medesimo se ne dichiarato e dichiara al presente che no ha sentimento contrario e che quel che ha fatto di quella sotto scritione, fu consiglio di un de compagni ; ma quello che p verita gli preme, è la parte per la moglie e questo me inporta, p che io che ma fadigo cò la mente più de tutti, a tirar meno degli altri nò è ragione. che Flaminio sia in compagnia no solo mi contento ma son soddisfatiss. […] ma obligargli piu tutta la compagnia no lo posso e no lo deuo fare p i rispetti sudetti di tener sempre imoto tutti co in ventioni Masanieleschi et un Cattiuo ne fa cento io no prometto che p la mia casa, e saremo a Dio piacendo quest’Autunno umilmente a seruire V.
Se Alfieri, Niccolini, Ventignano e Pellico hanno chiamato in folla al Teatro l’intelligente e colto Pubblico Lucchese, prova non dubbia della squisitezza di gusto, che lo distingue ed onora, possibile che il Monti sia per esser negletto e non curato ? […] Non, per rispetto al chiarissimo autore, non, per compiere le speranze dell’attore che l’offre ; infine, non, per onore di questo…. sì lo ripeto, di questo si colto ed iutelligente Pubblico Lucchese. […] I soggetti trattati con molto acume e senza pur l’ombra della pesantezza sono : la nobiltà dell’arte, l’educazione comica, la scelta ed unità di caratteri, lo studio de’ caratteri, la natura e il colorito, la pronunziazione, la mimica, la direzione, il contegno e la controscena, il vestiario in costume e l’acconciatura, le doti naturali, la moralità dell’arte (Teatro greco, romano, medievale, e moderno) e in ultimo, la moralità dell’attore accoppiata a quella del teatro. […] Angelo Canova morì nel ’54 circa, compianto da quanti lo conobbero e come artista e come uomo.
Fu ricevuto poco dopo attore effettivo della Compagnia, per la vicenda col padre ; ma non vi son traccie della sua comparsa come Arlecchino ; bensì di quella come Pulcinella, la quale fu delle più fortunate ; e il Mercurio di Francia del dicembre 1732 trova in lui molto talento pel teatro, e, a perfezionarsi, lo consiglia di studiare e imitar suo padre che ha il potere di afferrare il pubblico al suo primo apparir su la scena. […] Infatti il 20 maggio del '52, alle nove di sera, ei si slanciò per di dietro su di un soldato della guardia che andava a braccietto di un amico : lo separò con violenza, lo percosse con pugni nello stomaco, e tratta la spada, glie l’appuntò al petto, provocandolo e sfidandolo. L'amico intanto era corso in cerca della prima squadra della guardia, la quale arrivata, lo trasse in arresto.
Differente che lo distinguono dagli altri componimenti drammatici. […] Mi sembra egualmente ingiusto lo sbandirle affatto dal dramma, che il volerle tutte senza eccezione difendere. […] [32] In una parola lo scopo del melodramma è di rappresentare le umane passioni per mezzo della melodia, e dello spettacolo, o ciò, che è lo stesso, l’interesse e l’illusione. […] Sì, lo dirò arditamente, quantunque sappia di parlar a un secolo di lucreziani. […] Quarta: il mezzo per cui si propaga la luce, è un fluido, come lo è ancora il mezzo per cui si propaga i suono.
De’ Greci si vuole imitar lo spirito, e non il portamento e l’spoglie esteriori. […] Non basta a Metatasio, che Sesto ami Vitellia che lo seduce e lo precipita nella congiura; ma ha bisogno che Vitellia aspiri a una vendetta, non di un padre come Emilia, ma di un’ambizione attiva delusa nella speranza di regnare. […] Ma che fa nascere nel dramma italiano lo scoprimento della congiura? […] Il suo delitto Come lo trasformò! Porta sul volto La vergogna, il rimorso, e lo spavento!)
Più che attore lo Sgarri potè dirsi un mimo, un acrobata, un buffone. […] La natura non lo dotò di sciolta loquela, e il Bartoli ci racconta : Egli aveva un’arte di fare frettolosamente un ragionamento (non inteso nè da lui, nè dall’uditorio) promettendo assistenza al Padrone o ad altri ; e questo con parole spessissime, e vibrate con forza fra le labbra in sì fatto modo, che il popolo movevasi a fargli un grande applauso, battendo palma a palma, ond’ egli restava soddisfatto, e l’udienza godendo moveva a più potere le risa, benchè nulla avesse capito da tal discorso, che lo Sgarri chiamava battuta, forse per la battuta di mani, ch'egli ne riscuoteva.
Mortogli nel '40 lo zio materno Vincenzo Zanotti, ne restò erede per testamento, coll’obbligo di assumere la sua arma e il suo cognome. […] L'11 di gennajo del '68 gli morì la moglie, Teodora Blaise (forse Blasi), che era, dice Corrado Ricci in Ottavio dalle Caselle, bolognese : e l’atto d’inumazione chiama lo Zanotti « Capitano del Ponte della Samose ». Forse, si domanda lo Jal, è il villaggio di Samosia a tre miglia da Bologna sulla strada di Modena ? […] Non credo abbandonasse il teatro : o almeno egli non lo abbandonò definitivamente ; poichè lo vediamo il 1688-89 di nuovo al servizio del Duca di Modena, proprio quando Giovan Battista Costantini, lasciata la Compagnia e il nome di Cintio, si recò alla Commedia Italiana di Parigi per sostenervi gli amorosi sotto il nome di Ottavio. […] Lo afferma lo stesso Francesco Maria, che fu l’ultimo d’essi. » Diciotto figliuoli !