Di un altro Putto Etrusco che vuolsi trovato fin dall’anno 1587 vicino al Lago Trasimene, e poi rubato dal museo del conte Graziani perugino, e ricuperato dopo molti anni, favellarono il p. […] Taluno la credette della fine del secolo VI, benchè lo stile sia di un gusto differente. […] Uno squarcio però di esso merita riflessione, e par che lo faccia ascendere sino alla fine del primo secolo, mentovandovisi i Gaulesi della Loira, i quali scrivevano su gli ossi le sentenze di morte pronunziate sotto le quercie: Habeo (vi si dice) quod exoptas; vade, ad Ligerim vivito. […] Al Capo I, pag. 3 in fine, dopo le parole, della Città di Volterra. […] Al Capo IV, art. 1 pag. 176 in fine, dopo le parole, montarono essi medesimi sul pulpito a recitarla, si aggiunga ciò che segue.
Narransi brevemente da un Messo gli eventi della guerra fatta in Lombardia a tempo di Ezzelino, ed al fine la morte di lui. […] Qual fu il di lui fine, domanda il coro; ed il Messo così lo racconta: Tum plura stantem tela certatim virum Petiere, pressit unus in dextrum latus Gladium, sinistrâ parte qui fixus patet. […] Giovanni Manzini della Motta, nato nella Lunigiana, scrisse verso la fine del secolo alcune lettere latine, ed in una parla di una sua tragedia sulle sventure di Antonio della Scala signore di Verona, e ne reca egli medesimo (dice il celebre Tiraboschi) alcuni versi che non ci fanno desiderar molto il rimanente. […] Luigi Riccoboni nella storia del teatro Italiano vorrebbe riferire alla fine di questo secolo la Floriana commedia scritta in terzarima mista ad altre maniere di versi, stampata nel 1523; ma non apparisce su qual fondamento l’asserisca. […] Andres, che fin dal principio del XIV secolo acquistossi gran fama Algertino Mussato celle sue storie, e colle sue poesie latine.
Narransi brevemente da un messo gli eventi della guerra fatta in Lombardia a tempo di Ezzelino, ed al fine la di lui morte. […] Qual fu il di lui fine? […] Giovanni Manzini della Motta, nato nella Lunigiana, scrisse verso la fine del secolo alcune lettere latine, ed in una parla d’una sua tragedia sulle sventure di Antonio della Scala signore di Verona, e ne reca egli medesimo, dice il chiar. […] Luigi Riccoboni nella storia del teatro Italiano vorrebbe riferire alla fine di questo secolo la Floriana commedia scritta in terza rima mista ad altre maniere di versi, e stampata nel 1523: ma non apparisce su qual fondamento l’asserisca. […] Andres, che fin dal principio del XIV secolo acquistossi gran fama Albertino Mussato colle sue storie e colle sue poesie latine.
Enrico IV, entrato il maggio 1599 in trattative di matrimonio colla principessa di Toscana, Maria de' Medici, e divenuto ufficialmente suo promesso sposo nell’ inverno del '600, avendo stabilito di andarla ad incontrare a Marsiglia o a Lione, pensò per la fine del '99 di accaparrarsi in Francia la Compagnia del Duca di Mantova, di cui era ornamento principale il Martinelli. […] Poi tutto bianco fino alla fine. […] Recitarono a Parigi fino alla fine di luglio del 1614, ora all’ Hôtel de Bourgogne per divertimento del pubblico, ora al Louvre per quello della Corte ; e a mostrar la famigliarità che Arlecchino s’era in essa acquistata, attesta il Malherbe che il 27 gennaio il Re e la Regina Reggente in persona tennero nuovamente un suo figliuolo a battesimo. […] La terza comparsa di Arlecchino in Francia fu dunque alla fine del '20. […] Egli fuggì alla fine di giugno, e si restituì a Mantova, a godervi la pace sospirata nella sua casetta di via dell’ Aquila ; pace, che non fu, pare, di molta durata ; giacchè vediamo il Martinelli co'Fedeli a Venezia il carnovale del '23 ; e il luglio del '26 accennava ancora al desiderio di comparir novamente in Francia.
Conobbero così bene e fondatamente per tutte le sue parti gl’Italiani la greca erudizione, che seppero allora mettere alla vista fin anche nel teatro materiale l’antico magistero. […] Nella corte di Ferrara, dove fin dal secolo precedente fiorirono gli spettacoli scenici, il duca Alfonso da Este fece innalzare un teatro stabile secondo il disegno che ne diede l’immortale Ludovico Ariosto.
Perdei la luce al fin di Carnevale, e volendo alla meglio avanti gire, l’arte mi posi a far delle cicale. Canto, e compongo ancor per poche lire, e le cose fin quì non vanno male ; poi si vedrà come l’andrà a finire.
e ce ne parla Niccolò Boldri in un sonetto (pag. 124) al raccoglitore Antonazzoni : ….. « Amico, i' godo il cielo, non dir ch' in verde età sia al mio fin giunta, chè grave è sempre all’alma il mortal velo. » Al quale rispondeva Antonazzoni (pag. seg.) […] Ond’or che vive in ciel da me disgiunta provo il gel nell’ardor, l’ardor nel gelo ; e mia vita direi fosse al fin giunta. […] Delia talor, mentre che nasce e more l’argento tuo, fin là dove t’estolli, le caduche speranze, e i pensier folli nostri rimira col tuo bel candore.
Nacque a Venezia il 19 marzo 1852 da Giuseppe Zago e da Maria Vianello, e mostrò fin da giovanetto inclinazioni e attitudini al teatro. […] Finalmente, dopo cinque anni d’incredibili peripezie, in cui la fame aveva pur sempre la più gran parte, a traverso plaghe inospitali, in barroccio, in carretta, a piedi, or cogli Stenterelli Serrandrei e Miniati, or con Benini e Gelich e De Carbonin e altri, recitando da vecchio e da giovine, da promiscuo e da mamo, e fin sotto le spoglie della maschera Faccanapa, contrapposto vivente e poco fortunato del Faccanapa di legno inventato dal Reccardini, che formava le delizie del popolo triestino, mentr' egli, Zago, era con Gelich, Tollo e Papadopoli al Teatro Mauroner, pur di Trieste, eccotelo – dico – finalmente di sbalzo (agosto '76) a Napoli con 5 lire al giorno, generico della Compagnia Veneziana di Angelo Moro-Lin, salutato da un fragoroso, unanime applauso al suo primo apparir sulla scena, dopo appena tre sere dal suo debutto. […] Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina. […] Ed è con l’accenno a sì grande idea, e con due parole di lieto augurio, ch'io metto fine al mio piccolo dire : Dio voglia !
Lascio quest’ occhi, e questa lingua mia nel fin de’ suoi lamenti, e de’ suoi pianti, sol per esempio a i sventurati amanti. […] Qui faccio fine, e bacioui la mano, humilmente di cuor io meschinello, vostro servo fidel detto il Sivello. il fine.
Alla fine dello stesso anno, Costantini abbandonò la impresa, e Romagnesi passò in una Compagnia di Marsiglia fino al 1718, anno in cui fu di ritorno a Parigi, esordendo il 4 di luglio al Teatro francese con la parte di Radamisto nel Radamisto e Zenobia. […] I molti pregi di alcune sue parodie dettarono i seguenti versi : Comédien sensé, parodiste plaisant, en traits fins et légers Romagnesi fertile couvrit les plats auteurs d’un ridicule utile ; qu’on doit le regretter dans le siècle présent. […] Ma pare che questa nel 1776 si sciogliesse avanti la fine dell’anno, ed egli si scritturasse assieme alla famiglia con Alessandro Gnochis pel carnovale di quell’anno a Genova, dove morì ai primi di gennajo.
Da dove muor fin dove nasce il giorno suona di Te la Fama, e i più canori Cigni, che al Reno stanno e all’Arno intorno, ti ornaro il Crin dei meritati allori. […] L’umiliazione e la miseria affrettaron la sua fine, che fu nel 1803 al settantacinquesimo anno dell’età sua.
Paglicci Brozzi (Milano, Ricordi) : « Florinda Concevoli…. il 3 di ottobre 1606 innalzava a Sua Eccellenza Don Pedro Rodriguez conte de Acevedo, Governatore per Sua Maestà Cattolica in Milano, una sua domanda per ottener la grazia di poter fare esercire un lotto in Milano per mesi tre cominciando da Novembre fino alla fine di Febbraro. Il lotto poi doveva consistere in bacili di argento, sottocoppe, fruttiere ed altre cose di argento ; d’oro poi collane, anella con diamanti, rubini et altre gioje fine, bottoni d’oro, centurini d’oro da cappello et simili altre cose di tutta finezza.
In Venezia, 1618), si potrebbe fin anco supporre ch'ei non fosse comico, ma semplice direttor di compagnie e autore di prologhi per tutti coloro che glie li ordinarono. […] In quella del prologo ventunesimo (della Gloria), dice : Oggi coronerò di qncsta corona di lauro, di fiche, e di rose quest’ Accademia, la quale s’ ha proposto recitarvi una graziosa, piacevole e sentenziosa comedia : li dono le rose per la fatica pigliata ; li porgo le fiche per il compito travaglio, e al fine gli ornarò il capo di lauro, perchè l’ avranno recitata.
A dare un saggio dell’arte sua poetica, metto qui il principio e la fine dell’ode ch'ella dettò nel '64 per la malattia del fratello Luigi : Sorgi, suonò di Naim in su le porte l’Eterna voce onde l’inferno è vinto ; e tosto dal feral sonno di morte surse l’estinto. […] Non sparger d’oblio sì dolce idea, fin che ti basti la novella vita : Dal giusto Dio che suscita e ricrea, venne l’aita.
Morì alla fine di giugno del 1694 a Roma.
Questo ballo senz’altro fine riflesso si chiama propriamente danza ed è quello che s’usa nei festini, nelle accademie, e nei domestici diporti. […] Difatti se tutto ciò che distrugge il fine principale d’uno spettacolo è da condannarsi; se il fine principale del melodramma, come d’ogni altro componimento è di produr l’interesse; se niuna cosa contribuisce tanto a produr questo quanto l’illusione; se non è possibile ottener l’illusione ove manchi l’unità; se l’unità non può conservarsi qualora l’azione primaria non continui dal principio sino alla fine senza interrompimento, e se la pantomima è appunto quella che interrompe il progresso dell’azione, ne seguita dunque che la sua introduzione come intermezzo è condannabile perché viziosa e contraria al fine dello spettacolo. […] Questi giungendo al fin del palco infocorno una porta, dalla quale in un tratto uscirono nove galanti tutti affocati, e ballorno un altra bellissima moresca al possibile. […] [34] Qual è il fine che si propone la mimica? […] Obbligandoci ad un numero senza fine di riguardi ci hanno costretti a stare in perpetua veglia sopra di noi.
Per indagare a qual fine essa si adoperasse, gioverà recare ciò che leggesi nel trattato de Theatro del Bulengero143. […] Cessò di poi nella commedia nuova il fine di rassomigliare i personaggi satireggiati, e restò solo quello di coprire gli attori, trovandosi già il popolo assuefatto a vederli sempre coperti. […] Quindi vi furono maschere naturali di vecchi di più di un carattere, cioè del curioso, del burbero, del barbuto, e fin anche di un padre che avea un ciglio eccessivamente innarcato, ed un altro naturale e composto147; di giovani diversi, del bruno, del ricciuto, dell’appassionato, del gioviale, del rustico, del minaccevole, del ben costumato; di donne diverse, di matrona, di più di una ruffiana, di due false vergini, della meretrice magnifica, della nobile, della coronata, di quella che portava l’acconciatura de’ capelli che terminava in una punta; in fine di varj servi, soldati, mercatanti, eroi, numi, e di altre mentovate nell’Onomastico di Giulio Polluce148.
Fin dalla prima redazione tuttavia Algarotti, nonostante il carattere apparentemente discorsivo dello scritto, è ben consapevole di intervenire in un dibattito che attraversa tutto il XVIII secolo, sullo statuto dello spettacolo operistico e sulla sua collocazione nella gerarchia dei generi letterari. Alla fine della prima redazione, egli cita direttamente gli autori che avevano segnato il dibattito all’inizio del Settecento e che, come scrive alla fine del suo discorso, apprezzerebbero un teatro che applicasse le indicazioni da lui suggerite, tanto che, in questo teatro riformato «I Muratori, i Gravina, gli Addisoni, i Marcelli, i S. […] Verso la fine del paragrafo, un altro grande inserto assente nella prima redazione riprende argomentazioni classiciste arcadiche per promuovere armonia e semplicità come linee guida alle quali anche il discorso musicale si deve attenere in una visione organica dello spettacolo operistico, il cui fine deve essere quello di unire armoniosamente poesia e musica per muovere le passioni: «Talché un direbbe che a’ secoli nostri è tornato il secolo del secento per la musica. […] I due testi teatrali Enea in Troja e Iphigénie en Aulide accompagnano il testo fin da questa edizione. […] Un intero paragrafo, Del teatro, assente nelle redazioni precedenti, è aggiunto alla fine, prima della conclusione; tratta dell’architettura e della costruzione dei teatri d’opera.
Al medesimo Capo I in fine, pag. 31, dopo le parole, curiosamente si rintracciano, si aggiunga questa nota (1). […] Al Capo II in fine della pag. 34, alle parole della nota, dopo il tempo de’ Romani, si aggiunga come segue.
Ma le nostre maschere sono assai diverse dalle antiche pel fine, per la forma, e per l’uso. Quanto al fine si è già veduto nel volume I che gli antichi avendo bisogno per la vastità de’ loro teatri di accrescere la voce, e di avvicinare il personaggio al numerosissimo uditorio, vi provvidero colle maschere.
Ma le nostre maschere sono assai diverse dalle antiche pel fine, per la forma e per l’uso. Quanto al fine si è già veduto nel volume I che gli antichi avendo bisogno per la vastità de’ loro teatri di accrescere la voce e di avvicinare il personaggio al numerosissimo uditorio, vi provvidero colle maschere.