Si trovava il 1760 al teatro della Sala in Bologna, ove pubblicò e dedicò a Francesco Albergati, allora Gonfaloniere di Giustizia, Le stravaganze del caso, intermezzo musicale che egli eseguiva in compagnia.
Ma dopo un triennio abbandonò le scene per isposare un ricco signore di Bologna, e morì dell’ 80.
Nato il 4 gennaio del 1864 a Bologna, abbandonò a vent’anni l’ufficio delle ipoteche, per entrare in Compagnia di Cesare Rossi, nella quale esordì a Roma come generico.
Nata a Bologna da una egregia attrice della filodrammatica Albergati, recitò sin da bambina, ed entrò scritturata il 1889 con Eleonora Duse quale seconda donna.
Merli Cristoforo, nato a Bologna verso il 1741, fece le prime donne cogli accademici fortunati della sua patria, cominciando poi a recitare da innamorato in compagnie di giro verso il 1768.
È questi il famoso Gabriele da Bologna, che sosteneva le parti di Zanni nella Compagnia de' Comici Gelosi sotto il nome di Francatrippe, lodato da Francesco Andreini (V.) nel Ragionamento XIV delle sue citate Bravure.
Di lui Corrado Ricci (Teatri di Bologna) riferisce una lettera del 1613, con la quale domanda privilegio particolare che nissun possa dispensare un secreto di un olio da lui chiamato il suo Balsamo.
Simone da Bologna.
Morì a Bologna il 1760 circa, a soli trentasei anni.
Comico di qualche nome, più noto per le Notizie Istoriche de’Comici Italiani che fiorirono intorno all’anno mdl fino a’giorni presenti (1782), stampate in quello stesso anno dal Conzatti a Padova in due volumetti, onde si acquistò a buon dritto il nome di Plutarco de’comici, nacque il 2 dicembre del 1745 a Bologna da Severino Bartoli, e Maddalena Boari, che erano, come dice egli stesso, Povera in vero, ma onorata gente. […] Dopo di avere scritto, da ragazzo, una tragicommedia, dopo di avere recitato in una compagnietta di dilettanti, della quale era anche direttore, partì di Bologna con certo Francesco Peli, ancor comico al tempo in cui Bartoli scriveva le sue Notizie. […] Da Monselice passò il Bartoli a Montagnana, poi di nuovo a Bologna, poi, scritturato con Gerolamo Sarti, detto Stringhetta, a Sassuolo nel modenese, sostenendo la parte dell’innamorato.
Fu, acclamatissima, in Toscana, a Bologna, a Genova e più specialmente a Torino, ove s’ebbe i più larghi segni di ammirazione e di protezione, ma dove anche, data alla luce una bambina, dovè miseramente perire nel 1768. »
Venuto a maturità, vestì la maschera del Brighella, sotto la quale si mostrò pur valentissimo, e morì in Bologna nel 1850.
il quale dopo aver detto, che seppe acquistarsi una gloria non disgiunta dall’ utilità, venendo a parlar dell’ Amleto di Ducis, applauditissimo a Bologna col Menichelli, protagonista, nell’ estate del 1795, dice ch' egli esprimendo con tragica energia il sopraeminente carattere del protagonista, seppe ricordare il gran Molè a tutti quelli che udito l’ avevano a Parigi.
Pubblicò a Bologna il 1764 pei tipi all’insegna di S.
. – Nata a Bologna – dice la prefazione del Nuovo Teatro italiano (Parigi, 1753). – Moglie del precedente, recitava le serve sotto il nome di Violetta, e andò col marito, e collo stesso ruolo, alla Comedia italiana di Parigi il 1716.
., sono a suplicarla a darmene qualche motivo, aciò sappia come regolarmi, perchè dovendo io portarmi a Bologna, fra pochi giorni, caso che si havesse d’andare a Padova o per lo Stato veneto, come mi giova di credere, lascierei parte della mia robba qui in Venetia. […] S. et della compagnia, io partirò presto per Bologna colà starò atendendo i comandi di V. […] le legato di Bologna per una mia lite. […] Parto per Bologna lunedi pross.º venturo, colà starò attendendo i suoi pregiatiss.
Bologna, Firenze, Genova, ed altre città applaudirono al suo modo di condurre e dirigere una società di persone abili nel loro mestiere con decoro, e con quella riputazione che ha formato il suo buon nome. » Scorreva il 1781-82 la Lombardia con la compagnia, la quale, benchè in gran parte modificata, non gli scemò punto il favore del pubblico.
Luigi Perelli capocomico la stabili per la sua compagnia l’anno 1778, ond’ ella potè incominciare ad apprendere le buone regole dell’arte, e collo studio e collo spirito fece degli avanzamenti, e fu lodata specialmente in Bologna nel nuovo Pubblico Teatro l’anno 1779.
Pubblicò il '14 da Giulio Rossi a Bologna una traduzione in prosa dell’ Irene Imperatrice dell’ Oriente, dramma in versi per musica dell’abate Silvani, e dedicolla al Marchese Antonio Ghisilieri, col titolo : La Virtù trionfante del Tradimento negli accidenti d’ Irene augusta vedova di Leone Imperatore de' Greci.
Fu in tale ruolo coll’Andolfati, il 1820, e di lui così scrive il Giornale de’ Teatri (Bologna, 1820) : Questa è la prima volta che si sente in Lombardia la maschera dello Stenterello fiorentino senza annoiarsi.
Lipparini Angelo, nato a Bologna il 1801, si diede giovanissimo all’arte, esordendo in compagnie secondarie nel ruolo di amoroso : e tanto vi progredì, che nel biennio '28-'29 lo vediamo primo attore assoluto nella rinomata Compagnia di Lucrezia e Amalia Bettini.
Giuocatore espertissimo di bigliardo e di pallone, fu anche dedito a disordini non fatti per la sua complessione gracilissima ; talchè, prostrato dal male, si recò da Napoli a Bologna colla speranza di recuperar le antiche forze nella città natale : ma, le cure de' medici riuscite vane, dovè soccombere, ancor giovane, nel 1775.
Li vediamo il '96 a Mantova e a Bologna, secondo una lettera del Duca alla Duchessa di Ferrara, e una degli stessi Desiosi a Ottavio Cavriani tesoriere del Duca, pubblicate pur dal D'Ancona. […] L' '82 noi troviamo che i Confidenti, a Bologna, non aspettavan che la Diana e Gratiano per recarsi a recitare a Mantova per le nozze della figliuola di Guglielmo, Anna Caterina, con Ferdinando d’Austria.
Dopo tanti mesi di agonia, fu deliberato di condurlo a Bologna…. e proposto di fargli subire una operazione pericolosissima.
ma Bologna del Monastero S.
ma di andare con la loro Compagnia a Padova, di tratenere Trivellino, lasciando a noi Bertolino con la gionta della Moglie e Vicenza invece di Padoua, con più di douere fatto feste andare a fare quattordici o quindecci Comedie a Bologna p. l’obligo che ha con quei Cauag. […] E. ne sia auisata e se cio è la uerita, altro non posso significarle se non che Vicenza non fa per noi in modo alcuno per esser non solo stata sbatuta l’anno scorso, et per non esser hora la sua staggione, mi dò a credere che tutti li compagni insisteranno di non dare la parte alla Moglie di Bertolino, mentre non reciterà, e se ne starà a casa p. la sua insuficienza, non so che cosa andare a fare a Bologna con duoi Morosi che non li uogliono ne sentire ne uedere, e fuori di tempo ruuinando l’Autuno, quando la Compagnia ui debba andare.
Innamoratosi dell’arte del padre, lo seguì, giovinetto, per alcun tempo : ma fu messo ben presto in un collegio della città natale, ove stette fino agli studi universitari, che non volle compiere ; perchè, recatosi a Bologna a tal uopo, così forte risorse in lui l’amor della scena, che pensò bene di raggiungere il padre a Venezia, e con preghiere di ogni specie indurlo a concedergli di lasciar per essa i codici e le pandette. […] Il ’30-’31 egli era per la stagione di autunno e carnevale in uno de’teatri di Roma, in società con Giacomo Job ; poi, preso parte ai moti di quell’anno, fu guardia nazionale a Bologna, volontario dragone ad Ancona sotto il generale Zucchi, compagno d’ armi del conte Giuseppe Mastai a Sinigaglia, poi….
L’ Andreazzo si era scritturato colla Compagnia della Diana Ponti che doveva recarsi a Roma al servizio di esso Cardinale ; ma poi offertigli denari a piacer suo per conto del Duca dal Conte Ulisse Bentivogli di Bologna, promise che avrebbe trovato modo di sciogliersi dalla Compagnia.
Poco tempo stette a Bologna fuor dell’arte ; chè, attratta di nuovo dagl’incantesimi della scena, finì coll’ abbandonare il marito e tornar collo zio Sacchi, in compagnia del quale si ripresentò sul Teatro di S.
Bartoli – che in età puerile recitava la parte d’ Amorino in Bologna l’anno 1634 nella Compagnia de' Comici Affezionati.
Morì giovanissimo nel manicomio di Bologna.
Passò Giovan Battista la prima giovinezza a Bologna ove si diede allo studio delle scienze. […] Recatosi a Bologna nel’30, anno in cui infieriva la peste, l’Andreini, rimastone illeso, compose in ottava rima Il Penitente alla SS. […] Lo troviamo nel’38 a Pavia e nel’39 a Bologna. […] Battista Gori Panellini, vicelegato in Bologna, ultimo de’lavori scenici andreiniani. […] Egli se ritorna in Toscana per presentare al ser.mo Gran duca il Poema che le dedica, finito e stampato qui in Bologna.
Agocchi Giovan Paolo, o Gioanpaulo dalli Agochij, detto Dottor Gratiano Scarpazon : così egli si sottoscrive in una lettera indirizzata da Roma al Duca di Mantova il dì 13 di novembre 1593, nella quale egli racconta come, perseguitato da un parente, fosse stato, senz’essere esaminato, due anni in prigione, poi lasciato in libertà, per la qual cosa si raccomanda al Duca di mandargli, o fargli avere qualche soccorso di danaro, acciò possa partire da Roma e fermarsi alcun po’a Bologna sua patria, per poi, di là, recarsi a Mantova a spasso a S.
Parlando il Goldoni in una lettera da Bologna a S.
Nacque a Bologna il 1810.
Cominciò a recitar da prima donna il 1756 nel Teatro della Sala di Bologna, e vi piacque assai sì nelle commedie improvvise, come nelle scritte. […] Unitasi a Cristoforo Merli, primo innamorato (V.), formò il 1776 una Compagnia di buoni artisti, colla quale percorse decorosamente le migliori piazze, quali Bologna, Parma, Trieste, Milano, Brescia, Mantova, ecc., e della quale un foglio volante di Sassuolo ci dà l’elenco : Faustina Tesi, Cristoforo Merli, Giovanni Valentini, Vittorio Mattagliani, Antonio Fiorilli, Gio.
Quando il Principe di Mantova, Vincenzo, disegnò di formare una gran compagnia, coi capi migliori di quelle già esistenti, che si sarebbe chiamata degli Uniti Confidenti, dopo il rifiuto motivato de’coniugi Francesco e Isabella Andreini, si volse alla Giulia Bolico, che allora era a Bologna, colla lettera seguente, in data 2 aprile 1583 : A M.ª Giulia Bolico, Comica.
Nato a Bologna il 13 giugno del 1842 da Federigo, negoziante di guanti e pellami, e da Ildegarde Bragaglia, già attrice drammatica, lasciò la scenografia cui lo aveva destinato il padre, e si diede all’arte comica, esordendo a Firenze il 1859 nella Compagnia Marchi e Pezzana, in qualità di secondo brillante.
Bollini Antonio, nato a Bologna da una modesta famiglia di operai, esordì il 1861 in Compagnia Fabbri e Codignola, come generico giovane e segretario, errando poi sino a tutto il ’63 in Compagnie di 3° ordine quali di Napoleone Berzacola, Saverio Petracchi ed Enrico Verardini.
Toltosi il Rossi dall’arte, ella recitò alcun tempo col genero di lui, Luigi Perelli ; si fermò a Bologna assieme al marito e alla figlia con l’intenzione di lasciar per sempre le scene ; alle quali poi pare tornasse dopo un solo anno, scritturata nella Compagnia di Francesco Paganini.
Al merito singolare | della Signora Rosa Scalabrini | Medebach | che recita con universale applauso | in Bologna | l’estate MDCCLXXX.
Ecco il sonetto che un virtuoso (sic) gl’indirizzò a Bologna, il carnevale del 1778, riportato ad onor suo dal citato Bartoli.
All’Arena del sole di Bologna, l’estate del ’61, fu pubblicato in onore di lui il seguente sonetto : Salve, o gentile, o nuovo onor dell’arte che il guerrier greco ristorar solea, quando il furor del sanguinoso Marte la bella Pace il corso rattenea.
Amputata a lui una gamba per tumor bianco nella clinica di Bologna, il 1844, e recatosi per ordine di medici a Pisa, vi stette mantenuto dal figlio Antonio fino all’ anno della sua morte che fu il 1859.
Gabriello da Bologna.
Fu con Novelli tre anni, poi con Dominici al Manzoni di Roma, poi con Falconi e Bertini, nella cui compagnia morì a Bologna il 13 agosto 1890 colpito da pleuro-pneumonite doppia acutissima.
Lipparini-Borgi Marietta, moglie del precedente, già vedova dell’artista Giovanni Iarcos, nacque il 1810, e morì a Bologna l’ottobre del 1880.
Altre due lettere (entrambe dell’archivio Rasi) si hanno di lui : una da Venezia del 2 dicembre 1673, non sappiam bene a chi diretta, nella quale sono i ringraziamenti per l’avuta parte intera, e le assicurazioni della concordia completa della compagnia ; e l’altra da Bologna del 4 aprile 1679 appena decifrabile, nella quale domanda una lettera di raccomandazione pel Cavaliere Bartolomeo Longhi a Genova, a favore di sua moglie, comare della persona sconosciuta, a cui è indirizzata la lettera.
Il Tessero morì a Bologna il 24 dicembre 1887, assistito amorosamente dalla moglie Carolina, che fu sorella minore di Adelaide Ristori, e artista non ispregievole, nata a Brescia il 4 novembre 1823, e morta a Genova il 1890.
Pedrolino, et Compagni comici vniti, li quali con mia grandissima sodisfattione, e gusto m’ hanno seruito doi mesi continoui con le comedie, e forse con speranza di tornare questo Carnovale al mio seruitio desiderano per esser più vicini, et commodi al viaggio di venir per l’Autunno à recitar in Bologna nella stanza solita ; pero prego V. […] (Diario del Pavoni, Bologna, Rossi, 1589).
Avvertimento al lettore per la presente edizione [1] Motivi che interessano soltanto alcuni particolari, hanno trattenuto finora la continuazione delle Rivoluzioni del teatro musicale italiano nei torchi di Bologna.
Carlo Dondini, recatosi co’ suoi a Bologna, si arruolò nell’esercito francese, in cui salì ben presto al grado di capitano.
Fu ai Filodrammatici e all’ Armonia di Trieste, al Re Vecchio di Milano, al Corso di Bologna e ne’teatri principali di Padova, Brescia, Venezia, Verona, Trento e Ferrara, in cui si recò sempre nelle stagioni migliori.
Il Cinelli racconta « che una volta (Curzio Marignolli, poeta, nato a Firenze il 1563 e morto a Parigi il 1606) sgridato dal padre, perchè i suoi averi licenziosamente spendesse, arditamente rispose : Anzi, tutto il mio spendo con prudenza, intendendo dire con una donna sua amica che Prudenza chiamavasi. » E l’Arlia che varie rime di Curzio raccolse e pubblicò nelle Curiosità letterarie del Romagnoli (Bologna, 1885) aggiunge : era costei una comica, alla quale poi impazzata, o davvero, o per meglio accalappiare i merlotti, quell’altro capo ameno di Francesco Rovai scrisse il seguente sonetto, che pizzica di secentismo un buon poco : Folle è Prudenza : oh che follie soavi folli fan per dolcezza i saggi amanti !
In quell’estate dell’anno '57 a Bologna, la Compagnia, essendo inoltrata la stagione, passò dall’Arena al Teatro del Corso.
Forse figlia dei precedenti e sorella di Antonio Torri detto Lelio, fu attrice al servizio del Duca di Modena per la parte musicale, come si rileva da una sua curiosissima lettera al Duca stesso da Bologna, in data 2 giugno 1683 in cui si lagnava che certo signor Francesco Desiderij suo famigliare facesse da padrone assoluto con lei e la madre (il padre era già morto) senza aver riguardo alcuno alla lor povertà, vantandone autorità da Sua Altezza.
Basti ch'egli pervenne, onestamente modesto e rassegnato, ai settantadue anni, dopo i quali, soccorso con amore dalle figliuole Gilda e Anna, andò a stabilirsi a Bologna, ov'è tuttavia (1904).
L' '82, come abbiam visto dal riferito documento romano, eran di nuovo a Mantova ; l’ '83 a Milano, l’'85 a Firenze e l’ '86 a Bologna, d’onde chiedevan licenza al Duca di Mantova di recarsi colà a recitare. […] Li vediamo il '91 e il '94 a Firenze, il '96 a Genova e a Bologna, e dal '99 al 1604 in Francia, quando nel ritorno, morta in Lione la prima attrice Isabella Andreini, la Compagnia si sciolse. […] Del 1585 poi abbiamo un invito del Duca Vincenzo di Mantova a Ludovico da Bologna, fatto col mezzo del Pomponazzi a Milano, perchè si rechi a recitarvi nella Compagnia della Diana ; al quale invito si risponde non potere il Gratiano accettare, ove non abbia insieme il Pasquati. […] I, pag. 180) con la coccia intera di cuojo raffigurante un cranio spelacchiato, e lasciante gli occhi scoperti, come quella del Dottore, e una più nuova ancora un anonimo miniaturista in un piccolo interessantissimo album fiorentino di ricordi, del secolo xvi, rappresentante, a quanto pare, una serenata di maschere, e che traggo dal Museo civico di Basilea (V. pag. 233) ; ma qui trattasi forse di una semplice chiassata carnevalesca, come nel frontespizio al Triompho e Comedia fatta nelle nozze di Lipotoppo, con Madonna Lasagna, che trovo nell’Università di Bologna (V. pag. 231), nella quale il costume non è osservato a tutto rigore.
Scioltasi la Compagnia del Sacchi, ridotta – dice esso Gozzi – per le di lui stravaganze un carcame scarnato, il Benedetti passò colla moglie in altra Compagnia, finchè poi abbandonata l’arte, nel 1780 andò a stabilirsi a Bologna, ov’egli ottenne onorato impiego.
Scolare, indirizzatole quand’era il carnevale del 1778 prima attrice nel Teatro Nuovo di Bologna, e che tolgo dal Bartoli : Donna gentil, che le notturne Scene fai sempre risuonar co’ plausi tuoi, e in Socco, ed in Coturno il male e il bene fingi, e proponi sì, che non annoi.
R. il Gran Duca di Toscana, e pubblicò in Bologna un’opera tragicomica intitolata : Le bellicose gare tra Geremei e Lambertazzi superate da Tibaldello finto pazzo per impegno d’onore con la Pompa solenne del gioco della Porcellina.
Recatosi questi a Parigi del 1767, ella si fermò per alcun tempo a Bologna col proposito di andarlo presto a raggiungere.
Vallardi, 1859 ; Bologna, Cavazzi. s. d.), che per la molta soavità lo alzarono al grado di degno successore di Tommaso Grossi.
Compose due opere sceniche : Il Romolo (Bologna, 1679) e Le peripezie di Aleramo e di Adelasia ovvero La discendenza degli Eroi del Monferrato (Bologna e Venezia, 1697), dedicata la seconda al Duca di Mantova col seguente sonetto : Queste peripezie d’ Alme Reali, che ad illustrar la fedeltà d’ Amore compariscono in Scena, a voi Signore corrono ad implorar glorie immortali.
Scoppiato il colera a Bologna, Giuseppe Astolfi, spaventato, fuggì per recarsi alla nuova piazza : ma fermatosi a Pistoja per passarvi la notte, fu colpito dal morbo, e in breve ora cessò di vivere, compiuti appena i sessant’ anni.
Toltasi da Napoli, formò altra società con Antonio Stacchini, per entrar poi scritturata in Compagnia di Alessandro Monti e in altre di second’ordine, finchè si ritirò in Bologna per l’educazione dei due figliuoli Vittorio e Vittorina.
Nacque a Bologna il 31 dicembre del 1803, da Antonio Fabbri e Vincenza Barbieri.
Ristabilitosi poi, fu costretto a tornare su le scene, in cui fece come per l’addietro ottime prove, (era il maggio del 1777 al Comunale di Modena in Compagnia di Francesco Panazzi, assieme a un Antonio Falchi, forse figliuolo), sinchè avanzato in età, si ritirò nella natia Bologna, ove morì l’autunno del 1780.
In due lettere del Goldoni all’Albergati del gennajo '63 e del febbrajo '64 da Parigi, si accenna alla moglie di questo Federico, Anna, rimasta a Bologna, poverissima, e pregante l’Albergati col mezzo del Goldoni di farle avere una limosina.
La Pelzet in una lettera a Niccolini del 27 luglio 1843 da Bologna accenna alla rovina di Verniano (sic), per opera della prosopopea della Iob, la sua prima attrice.
Entrato poi il Vestri nella Compagnia Nazionale, dove non era alcun posto per lei, non volendo ella creare ostacoli alla scrittura del marito, si ritirò dalle scene, e, dopo la morte di lui, a Bologna, traendo meschinamente la vita.
Maria nuova in Firenze ; montato con questo ornamento sopra d’un Mulo carico di mezza soma di ferro oltre la mia persona, uscii di Bologna il di 15 di Gennaio la sera. Se volessi raccontare le sventure nelle quali incorsi, ed i pericoli che passai in quei tre giorni e mezzo che mettessimo da Bologna a Firenze, forsi parrebbe favola, e pure è vero, poichè in Savena ci avessimo ad annegare, a Scarica l’Asino il vento mi gettò da cavallo, o giù del Mulo. […] E la supposizione di alcuni, che il Bruni, pistoiese, fosse lasciato colla madre a Bologna, intanto che il padre scorrea colla compagnia il mezzogiorno d’Italia (e non saprei poi perchè più tosto a Bologna che nella città natale), cade dinanzi all’oroscopo che traggo, come gli altri, dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, il quale ci dice il Bruni bolognese.
Il giornale del Dipartimento del Reno (Bologna, martedì, 14 aprile 1812) rendendo conto delle recite che là si tenevano dalla Compagnia Reale, così parla del Bettini : Bettini è un giovane dotato di molti pregi, e ce li ha fatti conoscere nelle rappresentazioni dei Baccanali e del Maometto in cui sostenne con molto valore le parti di Eburio e di Leid, e ne riscosse i più vivi e reiterati applausi ; nè potrà a meno di ottenere lo stesso incontro ovunque, se con pari ardore vorrà farsi valere in ogni rappresentazione.
L’anno 1634 era in Bologna a recitare, e fu distinta con poetiche lodi nel Libretto intitolato : La Scena Illustrata, composizioni di diversi.
La vediamo molto applaudita a Bologna nel 1634, specialmente in una sua fatica, La Pazzia, forse la stessa d’Isabella, rimaneggiata e ammodernata.
L'autunno di quell’anno andò al teatro della Sala in Bologna, con una Compagnia di cui eran parte principale la Brunelli e il secondo innamorato Carlo Magni. Passò il carnovale dalla Sala al nuovo teatro pubblico, accordato per la prima volta a'commedianti, e tornò a Bologna al teatro Formagliari il carnovale del '65 ; ma la compagnia, privata della Brunelli, non vi fece incontro.
Lo vediamo il '66 in Compagnia di Pietro Rossi ; poi, allontanatosi per alcun tempo dal teatro, bibliotecario del Senatore Davia a Bologna, poi di nuovo attore, recitando in varie compagnie, ma con poca fortuna, a cagione della sua austerità e taciturnità, a proposito della quale il Bartoli racconta che « andando un giorno a desinare con Andrea Patriarchi, non fu mai sentito pronunziare una parola durante tutto il tempo della tavola, e col solo saluto da quella casa partì. » Fu anche a Palermo, e quivi stette alcun tempo col Nobile Spaccaforni, qual segretario. […] , e ad esse tenner dietro in vario tempo un brindisi in versi martelliani nel Convitato di Pietra, pubblicato in foglio volante a Livorno l’autunno del 1766 ; un piccolo libretto in-8° contenente alcune considerazioni sopra un parere del dottor Carlo Goldoni, pubblicato il 1767 non so dove, ma forse a Bologna, mentre lo Scherli era col Davia ; Sette Notti di Edoardo Young tradotte in versi, pubblicate in-4° a Palermo il 1774 nella Stamperia de' Santi Apostoli ; e una scelta delle Rime con aggiunta di poesie siciliane e di lettere varie, edita in Palermo il 1777 in-12°.
) crede di poter rilevare esser questa l’Angelica Alberigi o Alberghini, che nello stesso tempo circa (15 gennaio 1583) scriveva da Bologna al Duca : « Essendo desiderosa la nostra Compagnia far comedie questo carnevale in Mantova, la suplicamo resti servita di far che solo la nostra possa recitare comedie, poichè habbiamo da Filippo musico di S.
Bartoli, « con qualche suo industrioso travaglio » viveva ancora in Bologna nel 1782.
Viaggiò mezzo mondo ; cantò in operette col Luzi a Napoli ; cantò e recitò in riviste ; diresse filodrammatiche ; scrisse poesie e ne recitò parecchie ; commemorò il Guerrazzi a Palermo, elogiò il Carducci a Bologna ; dettò commedie e monologhi ; tradusse romanzi dal francese e dallo spagnolo ; fu giornalista, ed ebbe patente di maestra superiore.
La primavera del 1766 si trovava a Bologna, e le fu diretto da Ignazio Casanova il seguente sonetto, comunicatomi gentilmente da G.
A istanza di lui fu anche pubblicata in Bologna la supplica ricorretta ed ampliata del Barbieri (Beltrame), e il libretto della Scena Illustrata, preziosa raccolta di notizie su’comici antichi, più volte citata dal Bartoli, ma fin qui non trovata.
Ma ormai il teatro non era più il principale scopo della sua vita : e sul finire del ’51, abbandonato Napoli, si recò a Bologna, ove diventò in breve esperto negoziante di quadri ed oggetti antichi.
Dopo di essere stata, giovinetta, nel Collegio Ratti di Bologna, preconizzata cantante, entrò in arte, dando subito le più belle speranze di sè colla figurina incantevole, col profilo delicato, coi capelli biondi e vaporosi, colla voce armoniosa, colla coltura non comune, coll’anima d’artista.
Il teatro antico di Bologna era nella piazza, ma più non esiste era di forma quadrata diviso in gran palchettoni. […] Nel Rosa, nel Bernini, nel Viviani, nell’Agli, nel Ridolfi, nel Dati si ebbero egregii attori accademici si mandò a Parigi il Fracanzano ed il Fiorillo o Scaramuccia da cui apprese Moliere, si costruì il gran teatro di Parma, e si sostituirono alle antiche scalinate i palchetti negli altri teatri di Fano, di Bologna, di Modena, di Roma, di Venezia.
I primi studi egli fece a Lugo ov’erasi trasferita la famiglia, ma poi fu mandato a Bologna a perfezionarsi nell’arte d’ingemmare. […] Il Pronosticante fanatico, Il Figlio del Signor Padre, Il duello alla Montagnola di Bologna, il Filippo, la Malvina, La famiglia Riquebourg, I Rustici, Sior Todero brontolon, ecc.
« Comica, che recitava la parte della serva con diligenza, e prontezza di spirito, nella Compagnia de’ Comici affezionati in Bologna il carnevale dell’anno 1634.
Esordì all’ Arena del Sole di Bologna in Compagnia Pisenti e Solmi, di cui, dal 1823, fu per più anni la prima attrice assoluta.
Morì a Bologna verso il 1840.
Ivi '73) – per la colpa d’essere stato ferito dai manigoldi austriaci, » riparò a Bologna, ove si laureò avvocato, recitando talvolta co' filodrammatici le parti di primo attore, nelle quali mostrava di riuscir sommo. […] Le cose procedevano floridamente, quando le agitazioni politiche del’ 31 nello Stato della Chiesa, e la rivoluzione di Bologna, ove Modena trovavasi la quaresima con la Compagnia, lo fecero risolvere ad abbandonar questa per correre a difender sui campi di Rimini la libertà d’ Italia contro gli austriaci. […] Tornò il '32 a Bologna, ma i fatti di Cesena lo ricacciarono in esilio : e fu a Brusselle correttore di stampe, maestro di scuola e commerciante di maccheroni e di cacio lodigiano ; poi in Isvizzera, poi di nuovo in Francia, d’onde tornò, dopo sette anni di esilio, a riveder la patria e i parenti, per amnistia del nuovo imperatore austriaco Ferdinando I. […] Una conferenza di Carlo Zangarini (Bologna, Zanichelli, 1900), ov'è tutto l’entusiasmo della sua gagliarda giovinezza.
Nell’aprile del 1500, lo troviam di nuovo a Bologna presso il Bentivoglio, il quale scriveva che « la sua fama si fa immortale per tutta Italia.
Il Re di Pollonia Bologna.
Isaia in Bologna.
V. che uantaggiosissime senza dubbio le riusciranno quando la Casa sua che si troua in Bologna, ne hà cosi vicino l’influsso.
Dal ’70 al ’73 fu con Benini e con Cesare Vitaliani, pel quale scrisse Un episodio sotto la Comune, bozzetto in un atto rappresentato la prima volta a Bologna con molto successo.
Di lui non abbiamo altre notizie che queste rintracciate in alcune lettere dell’Archivio di Modena, fra cui la seguente allegata a un’altra del comico Nelli, che riferisco intera : Al nome di Dio adi 15 Aprile 1651 in Bologna.
Rimasto vedovo passò a seconde nozze con la prima donna Lucrezia Tabuini di Modena, artista pregiatissima nelle parti studiate e nelle improvvise, mortagli in Bologna il 1762.
Non vecchio, si ritirò in Bologna godendosi tranquillamente il frutto del suo lavoro, insieme al figliuolo, divenuto medico de' più stimati.
Nel carnovale del 1781 recitando a Bologna in Compagnia Menichelli, ebbe la destra gravemente ferita nell’atto di dividere i duellanti, e ne restò imperfetta nell’articolazione.
Passò il '28 in società con Giacomo e Gustavo Modena fino al '31, poi col solo Giacomo, quando Gustavo partì da Bologna coi volontari per Rimini, fino a tutto il '32.
III pag. 1317), cioè che Antonio di Nebrixa nato nell’Andalusia al 1444, dopo aver fatto per poco tempo i suoi studj in Salamanca, non ben soddisfatto passasse nell’Italia, e fermatosi lungamente nell’Università di Bologna, dopo essersi renduto ben istruito non men nelle lingue che nelle scienze ritornasse alla sua patria, richiamato, come vogliono, dall’Arcivescovo di Siviglia Guglielmo Fonseca (Istor, della Chiesa tom. […] La privata Accademia degl’ Inquieti nacque in Bologna l’ anno 1690, e si convertì poi nella si famosa dell’Istituto nel 1714.
III. 267 dell’ Università di Bologna) è IL MONDO | conquistato | di Silvio Fiorillo | detto il Capitano Mattamoros comico. | In Milano, & in Bologna per Niccolò Ubaldini | con licenza de’Superiori 1627.
A questa tenner dietro Il Nerone, La Regina statista, e Il Principe tra gl’infortunj fortunato : opere tutte che pubblicò in Bologna tra ’l ’64 e il ’68.
Recitando con universale applauso la valorosissima ed incomparabile signora Rosa Brunelli Baccelli nelle Commedie, che si rappresentano nel Teatro Formagliari di Bologna il Carnevale dell’ anno 1765.
Uno degli avi fu Ambasciatore della Repubblica Veneta presso la Corte di Pietroburgo, ed altro in Bologna e in Modena chimico rinomato.
Dopo il carnovale del '78, fatto prima al Comunale di Bologna, poi a Firenze, egli cedè la compagnia a suo genero (ne era prima donna Anna Lampredi (V.), e andò a ritirarsi con la moglie e due figlie a Cento, ove aprì una bottega di commestibili ed altro.
(Bologna, Longhi, 1735) ; e una tragedia Circe, donata alla comica Argentina (forse un’ava della Zanerini ?)
(Bologna, Longhi, senz’ anno, Scena VIII. […] In Ferrara, & in Bologna, Per il Benacci, 1613 – con licenza de’ Superiori. […] Con quattor deci ottaue botta, e rispo – sta, sopra la Morte di Zerbino – Poste in luce per Antonio Merula Siciliano(Bologna, Per il Benacci s. […] C., e Olindo Guerrini (La Vita e le opere di Giulio Cesare Croce, Bologna, Zanichelli, 1879) non sa dir preciso se a un Merula davvero appartenga o al Croce (V. […] Univ. di Bologna, segnate coi N.
Lasciata l’arte, andò con la moglie a stabilirsi a Bologna, dove morì, assistito caritatevolmente dal capocomico Onofrio Paganini.
Compagnia Sarda, nella quale, dopo due anni, ebbe le stesse accoglienze festose, gli stessi onori prodigati alla grande attrice che la precedette, e che per ben diciassette anni fu l’idolo di quel pubblico ; e dalla quale uscì per isposare in Bologna il dott. […] Scrive da Bologna (20 ottobre ’40) che ha ricevuto la lettera che gli sopragiunse da Venezia e lagnandosi di non aver saputo prima lo scioglimento del Bazzi, mette il dilemma : « ho io non godevo la vostra confidenza, ho perchè non mi credevate vero ed onesto amico – ed assicuro che non ho fatto traspirare a nessuno la vostra lettera ; » e conclude : « ricevete da me un Baccio da vecchio (cioè senza Malizia ! […] datte un Baccio alla mamma, ecc. » Il Mascherpa ha indovinato che la Bettini si marita, e scrive da Bologna il 19 novembre ’40 : …. mi confermo che la vostra rissoluzione è fatta per accasarvi. […] E da Bologna, in data 18 maggio : …. la persona che ambirebbe avervi per cardine principale della Compagnia che vuol formare per Firenze, non escludendo una qualche scappata per poche recite nelle vicinanze e specialmente alla Villa del Sovrano a Poggio-Cajano, è pronta ad assicurarvi l’onorario sopra quella Banca che meglio vi piacerà di indicargli. […] Queste bellissime parole trovo inserite nel bellissimo articolo che il Fiacchi dettava nel Piccolo Faust di Bologna, il 24 maggio 1894, dopo la morte della celebre artista, avvenuta a Roma otto giorni prima, a ottantacinque anni.
Antonio Colomberti, lasciate le scene, andò a stabilirsi in Bologna, ove morì il 13 marzo 1892.
Ai primi di gennaio del 1738 giunse a Bologna ove fu a recitare al teatro Formagliari, e il Barilli così riferiva (Ricci, T. di B.
Probabilmente questo sonetto fu scritto del ’72, un anno avanti la pubblicazione delle rime del Vestamigli, quando cioè l’Isola si trovava a recitare a Bologna con Angiola Isola, con la D’Orsi, i Broglia, Milanta, Cimadori, e Riccoboni.
Ammogliatasi al marchese Zambeccari di Bologna, si ritirò dal teatro ; ma mortogli improvvisamente il marito ab intestato, ella dovè subito ritornarvi.
Da quella di Napoli, passò il '29 dopo la morte del Righetti alla Real Compagnia di Torino, nella quale stette fino al '41, per andare come attore e direttore di una nuova Compagnia formata da Carlo Re, proprietario del vecchio Teatro di tal nome in Milano, che esordì la quaresima al Teatro Obizi di Padova, dove si manifestarono i primi sintomi del tumor maligno da cui fu condotto al sepolcro in Bologna la mattina del 19 agosto di quell’anno medesimo, in così misero stato finanziario, da non lasciare il danaro sufficiente alla spesa dei funerali, fatti solennemente mercè pubbliche offerte, e così descritti nel giornale Il Felsineo dall’attore bolognese Augusto Aglebert : Il giorno 21 agosto la campana della chiesa di S. Benedetto suonava il tocco dei morti, e quivi radunavasi il popolo che vivo l’ammirò, a impetrar requie all’anima di Luigi Vestri. — Pregava con tetra melodia l’ultime voci di pace la musica solenne del valentissimo maestro Marchesi, il quale ne dirigeva la esecuzione, ed egli e tutti i professori filarmonici e cantanti, artisti ed amatori che trovavansi in Bologna, prestavano gratuitamente questo doloroso tributo. Parevano più onnipossenti quelle armonie, più pene Il Bartolini a Firenze aveva scolpito un busto del celebre artista, ridente da un lato, piangente dall’altro, che offerse a Bologna, e che fu collocato nella Galleria degli Angeli.
Attaccherò il Ferramonti a Bologna, il Pasini a Milano, il Bellotti, detto Tiziani, in Toscana, il Golinetti nella sua solitudine, il Garelli nella tomba. […] Ammalatosi gravemente, stette alcuni mesi in cura a Bologna ; ma tornato, appena convalescente, a Venezia, all’intento di riprender l’arte, vi morì nel’78 (24 febb.).
Lo troviamo poi nella Compagnia di Pedrolino, Giovanni Pelesini, dalla quale, com’egli scrive a un famigliare del Duca da Cremona, il 4 dicembre '95, si partì per mali trattamenti e più per insofferenza di giogo, passando in quella de'Desiosi o della Diana, in cui lo troviamo ancora l’anno successivo a Mantova e a Bologna, il '97 a Piacenza, onde scrive gajamente a Ferdinando de'Medici, chiamandolo nell’ intestatura misericordioso tutore, e nella sopra- scritta « suo come fratello minore Messer Ferdinando Medici, ma non de quei che toccano il polso », e il '99 a Verona, anno appunto, in cui, con decreto del 29 aprile, fu fatto dal Duca Vincenzo soprastante ai Comici mercenarj, ciarlatani, ecc., di Mantova e distretto ; carica che gli suscitò contro l’invidia de' malevoli, com’ egli ebbe a dolersi col Duca in una lettera del 7 di agosto, riferita intera dal D'Ancona. […] Morto Enrico (30 maggio 1610), si adoperò vivamente un anno dopo la Regina Reggente per avere alla Corte il Martinelli, di cui fe' tenere in suo nome a battesimo un figliuolo, l’ottobre del 1611, come annunzia il Martinelli stesso al Vinta in una lettera datata da Bologna il 4 gennaio 1612 ; e corser trattative fra loro e il Cardinal Gonzaga, per lo spazio di due anni, a cagione delle difficoltà che nascevano ad ogni istante, generate per invidia di mestiere ora da Lelio, Giovan Battista Andreini (V.), che sopr' a tutto, voleva avere egli l’incarico di formare e condurre la compagnia, ora da Florinda, Virginia Andreini (V.), che s’era scatenata contro la Flavia, Margherita Luciani, moglie del Capitano Rinoceronte (V.
A pochi anni di distanza, dopo di avere scritto a essa Pelzet : « non vi faccia specie se (l’Internari) avrà qui quell’applauso che giustamente le nega Bologna. […] Il Colomberti, per un esempio, suo direttore, di cui la Pelzet in una lettera al Niccolini del 27 luglio '43 da Bologna, dice ogni male possibile, perchè, essendo inabile a recitar la tragedia, la vuol bandita dal repertorio, e lascia lei, scritturata prima attrice tragica, inoperosa, lasciò scritto ch'ella « fu una delle migliori attrici della sua epoca, abilissima in ogni genere di rappresentazioni tragiche, drammatiche e comiche.
Nato a Bologna nel 1666, si unì a soli quindici anni, a un ciarlatano, certo Girolamo, che vendeva i suoi unguenti col mezzo di buffonerie….
La sua carriera artistica incominciò nella primavera del 1864 a Bologna, in Compagnia del cognato Giovanni Aliprandi.
Metto qui intero il breve e bello articolo che il dottor Icilio Polese, direttore dell’ Arte drammatica, pubblicava nel suo giornale, il 21 gennaio del 1888 : Achille Majeroni è morto a Bologna ieri (20) alle sei pomeridiane.
Alle severità della critica odierna, Antonio Cervi, dal cui opuscolo (Bologna '96) ho tratto in parte questi cenni, contrapponeva queste parole di Alamanno Morelli : « Io che ho saputo contraffare le varie interpretazioni di tutti i più grandi artisti, non sono riuscito mai a contraffare quelle del Papadopoli, tanto esse erano naturali e semplici, e di una meravigliosa efficacia. » Come uomo, egli si formò una travagliosa vecchiaja, confortata a pena da qualche sussidio strappato ai colleghi doviziosi, o che gli eran stati compagni, o che sentivan pietà della miseria sua.
È lo stesso Duca di Modena che si rivolge al Cardinal Legato di Bologna, pregandolo di chiamare a sè il Lolli e di persuaderlo con belle promesse ad accettare l’invito di far parte della Compagnia del Duca, al che pare si fosse mostrato renitente.
La quaresima del '25 diede improvvisamente addio alle scene per ritirarsi a Bologna, ove aveva segretamente sposata la Principessa Maria Hercolani.
Francesco Sterni condusse onoratamente Compagnia per molti anni, finchè, stanco della vita nomade, sebben sempre vigoroso, si stabilì in Bologna, ove fu chiamato insegnante recitazione nel Collegio di San Luigi.
E alle lettere del Modena faccio seguire un brano di Giuseppe Costetti che tolgo da’ suoi lepidissimi Bozzetti di teatro (Bologna, Zanichelli, mdccclxxxi) : Del cinquanta, quando la rotta di Novara e i Francesi in Roma empivano di lagrime gli occhi d’Italia, la Compagnia Domeniconi correva i teatri della penisola.
(Bologna, Zanichelli, 1880). […] Rasi, Bologna, 3 marzo 1883.
Il 3 dicembre 1812 creò in Verona la parte di Mistriss Herfort nell’Atrabiliare del Nota, facendosi molto applaudire ; e il Giornale del Dipartimento del Reno di Bologna del 14 aprile così parla di lei : ….
Felice il ’50, e citata al nome del marito, sappiam ch’ella era con lui a Bologna.
Probabilmente, morta o ritiratasi dalle scene la Ponti, entrò essa in suo luogo nella nuova Compagnia de’ Confidenti, pur diretta dallo Scala, e le notizie sicure di lei muovono appunto dal 1615, quando quell’ accolta di commedianti, ridottasi sotto il patronato di Don Giovanni De’ Medici, ebbe per oltre un ventennio vita prospera e celebrata. » Recitata in Bologna La pazzia di Lavinia, noto scenario dello Scala (La pazzia d’Isabella, scritto per l’Andreini), il conte Ridolfo Campeggi dettò il seguente sonetto : Fot. di Cesare Spighi. […] Giunti a Bologna con la Compagnia, e ritrovati li SS. […] E se si fosse trattato di semplice convenzionalismo, di una dizione, direm così, meccanica, come poteva il pubblico dividersi così accanitamente in due partiti, di fronte a due prime attrici sulla stessa Piazza, come s’è visto a Bologna per la Beatrice e la Eularia, a Torino per l’Andreini e la Cecchini, come si vedrà a Mantova per la Vincenza e la Flaminia ?
Coralli Carlo, di Bologna.
Nella biblioteca dell’università di Bologna è il seguente opuscolo di 7 paginette in 12°, segnato 35 nella Miscellanea 267 Tab.
Due suoi fratelli, Achille ed Ugo, seguiron l’arte del padre ; il primo come brillante, artista mediocre, fermatosi poi a Bologna a insegnarvi recitazione : il secondo generico e secondo carattere, coscienzioso, accurato, che recitò quasi sempre al fianco di Claudio.
Nel '61 gli venne a morte la moglie, e visse di tal perdita addoloratissimo per molti anni, passando poi a seconde nozze con la figlia del noto dottore Scalabrini di Bologna, che sopravvisse al marito, e che vediamo più tardi in Compagnia di Pietro Rosa.
In Friul non cred’io la testa al Toro veder tagliar, idest far carnevale, perchè d’ir a Bologna io spasmo e moro. Qui narra di certi suoi pegni di libri e di medaglie a Bologna, e invoca al solito ajuto di danaro al suo protettore.
.) ; poi fu, nel 1762, con Pietro Rossi, poi di nuovo con Medebach, poi, dopo il carnevale del 1774, con Vincenzo Bugani e Giustina Cavalieri, che abbandonò a Bologna, per recarsi in Sardegna colla Compagnia di Andrea Patriarchi, trascinatovi dalle grazie allettatrici di una femina.
I moti del '31 gli tolsero il padre ; ed egli crebbe assieme alla madre e ad una sorella, facendo prima le elementari nel Collegio de' Gesuiti, poi le ginnasiali fino all’anno '48, in cui, fuggito a Bologna con venti bajocchi in tasca, e a piedi, potè arruolarsi nella Legione Romana sotto il colonnello Gallieno, e con essa combattere a Vicenza.
Biancolelli Giuseppe Domenico, figlio della precedente, più noto in Francia col solo nome di battesimo « Dominique, » nacque a Bologna nel 1646 secondo i più, compreso lo Jal ; tra il’37 e il’38 secondo Carlo Cantù (Buffetto), il quale nel citato Cicalamento ci avverte aver avuto Menghino, il minor figlio d’Isabella, al 1645, sette anni e mezzo.
Mario Consigli, nel compilar la biografia della sua illustre concittadina, ricorda la potenza d’arte ch’essa spiegava nel proferir quel verso della Pia di Carlo Marenco : non temo il disonor, temo la colpa, e un anonimo livornese in una corrispondenza del ’37 al Giornale de’ Teatri in Bologna, ricorda quella da essa spiegata il 13 marzo agli Avvalorati, rappresentando per sua beneficiata la Mirra di Alfieri. « Quando al quinto atto, Ciniro, sdegnato del lungo e ostinato silenzio della figlia, le dice : Ma chi mai degno è del tuo cor, se averlo non potea pur l’incomparabil, vero, caldo amator Perèo ?
Era il nostro comico Flaminio. » Una sua lettera del 30 agosto del '57 da Bologna a un Ministro del Duca, ci fa sapere come il settembre e l’ottobre la Compagnia si recasse a Firenze e l’autunno a Venezia al San Samuele, chiamatavi da S.
Il Sand discorre di un tipo, esistito a Bologna fin oltre il 1850 e passato poi nel dominio delle marionette, che rappresentava un vecchio mercante di circa sessant’ anni, ignorante e orso, col nome di Tabarino, il quale soleva cominciar le frasi in italiano e finirle in dialetto bolognese. « Padre quasi sempre di Colombina e alleato del Dottore, egli era – dice – il Cassandro o il Pantalone bolognese.
Risalendo a Guittone d’Arezzo, troviamo un suo sonetto indirizzato a Messere Onesto Guinizzelli da Bologna, nel quale scherza sul nome d’entrambi : vostro nome, messere, è caro, onrato, lo meo assai ontoso, e vil pensando, ma al vostro non vorrei aver cangiato.
Ma ella era legata formalmente colla Compagnia di Bologna ; rifiutarsi lui di andare in Francia, disobbedendo a un volere del suo padrone e più che altro del suo benefattore ?
In una lettera da Bologna della Pelzet a Niccolini del 27 luglio 1843, sono queste parole : « Poi è venuta la Job, la quale dopo aver rovinato Verniano colla sua pros…… (prosopopea), cerca d’insinuarsi verso Coltellini per farmi onta e spauracchio. » E più oltre : « Anche la Job prima donna comica, vil…… (vilissima) creatura, ha scelto una tragedia per sua beneficiata. » Ma non è da prestar troppa fede ai pettegoli risentimenti di una artista che si trova tra compagni inesorabili e crudelmente accaniti contro la sua poca abilità ; sono sue parole.
Nè solamente a Firenze gli accadde di dover cedere alle insistenze del pubblico, e replicar sul momento or questo, ora quel brano, chè anche la narrazione di Pilade dovè replicare immediatamente « siccome un pezzo applauditissimo di scelta musica — com’egli ci avverte — nelle scene illustri di Ferrara, di Siena, di Pavia, di Torino, di Bologna. » Fu il 1811 nominato Professore di declamazione e d’arte teatrale nella Accademia di belle arti a Firenze, e vi stampò nel 1832 un corso di lezioni, corredando la duodecima, dei gesti, di quaranta tipi che rappresentano l’attore ne'momenti più importanti della sua arte, e di cui do qui dietro un piccol saggio.
se Decio, il quale lungamente lo fece languire, e li disse più volte che non sapea cosa dirli, alfine che li darebbe una lettera per Bologna, e che gli augurava buon viaggio, che non si potè mai haver la lettera, e che parti doppo aver di ciò parlato in Modena, e sino à Cavalieri, c’erano nell’anticamera di S.
Certo è pure che la compagnia di Luigi Riccoboni le rappresentò con applauso non equivoco in Verona, in Venezia, in Bologna. […] Il non esser esse però accomodate al bisogno de’ pubblici teatri, fece che ne fossero escluse, e che si rappresentassero solo nel collegio di San Luigi di Bologna nel 1732 e ne’ due seguenti anni, e si ripetessero in teatri privati dalla nobiltà Bolognese. […] Che della sua Bologna liberata armata di una prefazione contro di certo Dottore Don Pietro Napoli Signorelli che non avea lodate le sue tragedie che l’Italia chiama mostruose? […] Egli pur ebbe molte situazioni interessanti e teatrali in mezzo alle stranezze; egli fu dunque calzando il coturno ciò che era il nostro Cerlone nelle sue chiamate commedie mostruose e talvolta interessanti reimpresse in Roma colla falsa data di Bologna. […] Il senatore Marescalchi di Bologna diede alla luce delle stampe in Bassano nel 1788 una tragedia di Antonio e Cleopatra, di cui loderemo di buon grado varj tratti di Romana grandezza che vi si possono notare.
Non furono delle ultime a goderne Venezia, Bologna, Roma, Torino, Napoli. […] Si ripetè in Bologna sin da’ primi anni del secolo l’Euridice del Rinuccini. […] Quanto poi al Rosa (aggiugne il lodato Baldinucci che ciò racconta) non è chi possa mai dir tanto, che basti, dico della parte ch’ei fece di Pascariello; e Francesco Maria Agli negoziante Bolognese in età di sessant’anni portava a maraviglia quella del Dottor Graziano, e durò più anni a venire a posta da Bologna a Firenze lasciando i negozj per tre mesi, solamente per fine di trovarsi a recitare con Salvadore, e faceva con esso scene tali, che le risa che alzavansi fra gli ascoltanti senza intermissione, o riposo, e per lungo spazio imponevano silenzio talora all’uno talora all’altro; ed io che in que’ tempi mi trovai col Rosa, ed ascoltai alcuna di quelle commedie, so che verissima cosa fu, che non mancò alcuno, che per soverchio di violenza delle medesime risa fu a pericolo di crepare. […] Sono dunque da riferirsi a quel tempo il teatro di Urbino, in cui si ammirarono le invenzioni del Genga esaltate dal Serlio degli alberi fatti di finissima seta, prima che la prospettiva avesse insegnato in qualunque occorrenza a mostrare i rilievi a forza di ombre e di punti ben presi: il teatro antico di Bologna che era nella piazza, ma che più non esiste, di forma quadrata diviso in gran palchettoni: quello di Modena detto della Spelta, opera del cavalier Vigarani, distrutto nel 1767: quello di Milano che s’incendiò pochi anni sono: quello di Pavia: quello di Santo Stefano di Ferrara: quello dell’accademia degl’ Intronati in Siena rifabbricato verso il 1670: quello di Marco Contarini in Piazzuola nel Padovano di tal vastità, che nel 1680 vi si videro girar nella scena tirate da superbi destrieri sino a cinque carrozze e carri trionfali, e comparire cento Amazzoni e cento Mori a piedi e cinquanta a cavallo100. […] Nel Rosa, nel Viviani, nell’Agli, nel Ridolfi, nel Dati si ebbero egregii attori accademici; si mandò a Parigi il Fracanzano e ’l Fiorillo o Scaramuccia, da cui apprese Moliere; si costruì il gran teatro di Parma; e si sostituirono alle antiche scalinate i palchetti negli altri teatri di Fano, di Bologna, di Modena, di Roma, di Venezia.
Quanto poi al Rosa (aggiugne il citato Baldinucci che ciò racconta) non è chi possa mai dir tanto che basti, dico della parte ch’ei fece di Pascariello e Francesco Maria Agli negoziante Bolognese in età di sessanta anni portava a maraviglia quella del Dottor Graziano, e durò più anni a venire a posta da Bologna a Firenze lasciando i negozii per tre mesi, solamente per fine di trovarsi a recitare con Salvadore, e faceva con esso scene tali, che le rise che alzavansi fra gli ascoltatori senza intermissione o riposo, e per lungo spazio, imponevano silenzio talora all’uno talora all’altro ed io che in que’ tempi mi trovai col Rosa, ed ascoltai alcuna di quelle commedie, sò che verissima cosa fu che non mancò alcuno che per soverchio di violenza delle medesime risa fu a pericolo di crepare.
Il 1675 aveva stampata a Napoli con la data di Venezia una commedia tradotta dallo spagnuolo da altro comico : Amare e fingere, che fu poi ristampata davvero a Venezia, e più tardi a Bologna.
» E dopo avere esaminata e magnificata l’opera, trascrivendone un brano, riportato poi a sua volta dal Bartoli stesso nelle sue Notizie de’ Comici italiani, conclude : « noi non possiamo se non consigliar questo giovane autore a proseguire la carriera dello scrivere, in cui può avanzarsi cotanto per avventura, quanto non ha fra Comici italiani e difficilmente può avere chi lo superi nel sostenere le Parti più ardue ed interessanti, e nel produrre quell’ illusione impegnante ch’è la sola prova della perfezione. » Ecco l’elenco su citato : SIGNORE SIGNORI Anna Andolf ati Pietro Andolfati Gaetana Andolfati Luigi Delbono Antonia Andolfati Giovanni Delbono Maddalena Nencini Gaetano Michelangeli Rosa Foggi, da Serva Giovanni Ceccherini Lorenzo Pani Giulio Baroni Filippo Nencini, caratterista MASCHERE Bartolommeo Andolfati, Pantalone Giorgio Frilli, Dottore Gaspare Mattaliani, Arlecchino, e subalterni A questo elenco, ne farò succedere uno del 1820, il quale mostra chiaramente il progredire che fece l’arte nel non lungo periodo di circa trent’ anni : DONNE UOMINI Andolfati Natalina Andolfatti Pietro Garofoli Giuseppa Andolfatti Giovanni Pollina Margherita Garofoli Luigi Cappelletti Laura Cavicchi Giovanni Cavicchi Carlotta Carraro, Giovanni Bonsembiante Bianca Bonuzzi, Francesco Maldotti Adelaide Bonsembiante Giovanni Maldotti Marietta Maldotti Ermenegildo Lensi Anna Cappelletti Gaetano Astolfi Marianna Astolfi Giuseppe Coccetti Antonio Maldotti Eugenio Andolfatti Luigi Nastri Leopoldo Astolfi Tommaso, suggeritore Tommaselli Luigi, macchinista La Compagnia recitava a Bologna all’Arena del Sole, di giorno, e al Teatro del Corso, di sera ; e aveva cibo conveniente ai due palati.
Certo è pure che la compagnia di Luigi Riccoboni le rappresentò con profitto e con applauso non equivoco in Verona, in Venezia, in Bologna. […] Non si procedette più oltre del tomo terzo, come si era prefisso l’autore, perchè la cattedra di Diplomatica addossatagli dal Governo lo menò all’Università di Bologna nel 1805. […] Università di Bologna seguendo le tracce di Euripide produsse in Roma nel 1789 un’Ifigenia in Tauri, uno de’ due argomenti tragici della Grecia che Aristotile antiponeva ad ogni altro. […] Biblioteca di Bologna. […] Ma che ne disse il gazzettiere enciclopedico traspiantato da Bologna a Venezia co’suoi Colpi d’occhio ?
Non furono delle ultime a goderne Venezia, Bologna, Roma, Torino, Napoli. […] Si ripetè in Bologna sin da’ primi anni del secolo L’Euridice del Rinuccini.
Anche il Bumaldi pretese, che Fabrizio da Bologna nel 1250 componesse volgari tragedie.
E qui dopo di avere con ogni particolarità parlato di Mastro Lione addottorato a Lizzasusina, del Cieco da Forlì, di Zan della Vigna, del Tamburino, del Napolitano, e di Mastro Paolo D’Arezzo e del Moretto da Bologna, e di Settecervelli colla sua cagnuola ammaestrata, e del Parmeggiano colla sua capra, e del Turco e del Giudeo e di tutte le loro scioccherie comiche, ciarlatanesche, acrobatiche, conclude : Or da ogni parte si vede la piazza piena di questi Ciurmadori, chi vende polvere da sgrossar le ventosità di dietro ; chi una ricetta da far andare i fagiuoli tutti fuor della pignatta alla Massara ; chi vende allume di feccia per stopini perpetui, chi l’olio de’filosofi, la quinta essenza da farsi ricchi, chi olio di tasso barbasso per le freddure, chi pomata di seno di castrone per le crepature, chi unguento da rogna per far buona memoria, chi sterco di gatta o di cane per cerotto da crepature ; chi paste di calcina da far morire i topi ; chi braghieri di ferro per coloro che sono rotti, chi specchi da accendere il fuoco posti incontro al sole ; chi occhiali fatti per vedere allo scuro ; chi fa veder mostri stupendi e orribili all’aspetto, chi mangia stoppa, getta fuori una fiamma, chi si percote le mani col grasso discolato, chi si lava il volto col piombo liquefatto, chi finge di tagliar il naso a uno con un cortello artificioso, chi si cava di bocca dieci braccia di cordella, chi fa trovare una carta all’improvviso in man di un altro, chi soffia in un bossolo e intinge il viso a qualche mascalzone, e chi gli fa mangiare dello sterco in cambio di un buon boccone. […] (Dalla Miscellanea della Biblioteca dell’ Università di Bologna, 266.
Lo stupore, tuttavia, dovette presto trasformarsi in sconcerto e poi in esplicita condanna, come avverte ancora Manfredi nel giugno di quell’anno: «So qualche cosa delle persecuzioni che voi mi accennate di avere in Bologna, ma so anche che sono appunto ridicole e che l’effetto universale sarà per noi 6.» Certo il ‘martelliano’ non piacque al marchese Orsi7, ma le allusioni a un incalzante partito ‘marchigiano’ di austera imitazione classicista lasciano intendere che tra i detrattori delle tragedie di Martello ci fosse anche Domenico Lazzarini, che dopo un lungo soggiorno romano durante il quale era entrato in contatto con Gian Vincenzo Gravina, Giusto Fontanini e Domenico Passionei, si era trasferito a Bologna nel 1709 per ripartire solo nell’estate del 17118. […] [5.33ED] Ma quello ch’ei pronunzia de’ suoi nazionali puoi tu distenderlo a’ tuoi, perché, a dir vero, la maggior parte di quelle che ho in Vinegia, in Genova, in Milano, in Reggio ed in Bologna, benché tua patria, ascoltate, sono di questo carattere. […] , XI, 1452b5-8; Agrippa… Quinault: Philippe Quinault, Agrippa ou le Faux Tibérinus (1663), ripetutamente tradotta e rappresentata, sia a Bologna (1695) sia a Roma (Agrippa…, recitata… Collegio Clementino nelle vacanze del Carnovale nell’anno MDCCXI, Roma, F. […] San… Bosco: modesto rilievo appena a sud di Bologna noto per la vista panoramica sulla citta.
Gli ultimi due sono, l’uno degli Allievi del ballo dell’opera, l’ altro de’ Commedianti fanciulli del Bosco di Bologna.
Questo che le scrivo è solo perchè Flaminio si è lasciato intendere qui in Bologna che per tutto estate non vuol partirsi di Roma, e questo sarebbe di troppo nostro danno.
Trovasi in Bologna in potere della celebre letterata Clotilde Tambroni mia pregevole collega nell’Università di Bologna Professora di lingua e letteratura Greca, un modello di questo teatro mirabilmente combinato con tutte le misure, e colle parti di esso ben allocate e supplite dove il tempo le ha distrutte.
Maritatasi la figlia al Colomberti nel ’27, Antonio Belloni si ritirò dall’arte, istituendo una agenzia d’affari per l’arte comica in Bologna, ove morì nel ’42, a 83 anni.
., Bemporad, 1897), un numero unico illustrato (Pisa, 1886), con una cocente epigrafe di Cavallotti, uno studio novissimo di Antonio Cervi (Bologna, Beltrami, 1900), e finalmente un novissimo scherzo di Jarro(Firenze, 1901) intitolato Il naso di Ermete Novelli.
. — A proposito della recitazione tragica, è opportuno riferire quel che dice Pier Jacopo Martello nel volume I delle sue opere (Bologna, Lelio dalla Volpe, MDCCXXXV) : ..… ti vo'dar gusto con sentenziare, che l’ Italiano va a piacere con più ragione degli altri, se più commozione dagli Franzesi, e più gravità dagli Spagnuoli prenderà in prestito nelle Scene.
Sembra che a toglier forza al falso argomento del conte Gozzi patrocinatore delle irregolarità e stravaganze, uscisse da Bologna una nuova luce per richiamare il popolo alla buona commedia. […] Antonio Galli Bibiena figliuolo di Ferdinando architettò il teatro di Bologna terminato l’anno 1763.
In tal guisa meglio si affaccia ogni palchetto alla scena; e l’uno non impedisce punto la vista dell’altro; massimamente se traforato sia l’assito che gli divide, a modo di rastrello o di stia: come praticato vedesi nel teatro Formagliari di Bologna, che fu dal Sighizzi ordinato in tal forma.
Ed io mi ricordo, in occasione di uno di quei sepolcri che soglionsi fare in Bologna, di alcune grossolane pitture di quadratura ch’erano su per li muri della chiesa, e di alcune statue che meglio si direbbero fastellacci di carta, le quali ricevendo similmente il lume a traverso di certe carte oliate poste ne’ lunettoni, parevano finite con l’anima, benché vicine all’occhio, e di purissimo marmo.
mo Signor Duca, perche mi conuerrebbe ammazzarmi in Bologna con questi, mi conserui in sua grazia, mostri il mio affetto al Ser.
In esso egli lascia il Violino a Cremona, il Basso a Piacenza, la Viola a Milano, la Chitarra a Venezia, l’Arpe a Napoli, il Bonacordo a Roma, i Tromboni a Genova, la Mandòla a Perugia, la Tiorba a Bologna, il Liuto a Ferrara, e a Firenze tutti gli altri strumenti.
» L'11 gennajo '55 scriveva da Torino alla Principessa Hercolani a Bologna : ….. le ingenti spese, e le molte esigenze del popolo francese, rendono molto pericoloso quell’esperimento, sia dal lato interesse, che da quello di un favorevole successo.
Quando in estate, nei mesi di riposo, può con una maglietta nera, coi calzoni rimboccati, colle braccia nude e un berrettuccio in testa, infilare il bracciale da pallone, o inforcar la bicicletta, o guidar l’automobile fuor delle mura di Bologna, presso la sua cara villetta, o in riva al gran mare, egli è a nozze ; e un bel sorriso sano gli risiede sulla bocca, spianando tutte le rughe degli Osvaldi, dei Corradi, degli Otelli….
[12] Anche i governi secolari fecero qualche volta lo stesso, fra i quali si trova nella storia del Ghirardacci all’anno 1288, che la Repubblica di Bologna spedisce un Decreto col quale si vietava che i cantori francesi potessero fermarsi sulle pubbliche piazze del comune a cantare. […] Si fondarono ancora in Milano, in Bologna e altrove cattedre di musica teorica, donde incominciossi a scrivere intorno ai principi specolativi di essa, e vennero tra gli altri illustrandola il citato Gaffurio, il Valguglio, Ludovico Zucconi, Alessandro Canovio, Francesco Caza, Pietro Aron, Niccolò Burzio, Giovanni Spatario, Francesco Bocchi, il Doni vecchio, il Barocci, l’Artusi, il Bottrigari bolognese con altri molti, ma sopra tutti Zarlino di Chioggia scrittore insigne, che divenne colle sue istituzioni armoniche maestro fondamentale nel genere pratico. […] Bartolomeo Ramos Pereira o Pereia, che venne l’anno 1482 chiamato fin da Salamanca ad occupar la cattedra di musica eretta dianzi in Bologna da Niccolò V, sarà sempre dalla memore posterità annoverato fra i più grand’inventori. […] In una serie cronologica de’ drammi rappresentati sui pubblici teatri di Bologna dall’anno 1600 fino al 1737 fatta per opera de’ Soci filopatri si pretende sulla fede d’un manoscritto del celebre Ulisse Aldrobrandi, che fin dall’anno 1564 si cantasse nel palazzo della nobilissima Casa Bentivoglio un dramma intitolato l’Incostanza della fortuna.
Samuele, e continuò per alcuni anni a condur la Compagnia con buona fortuna, recandosi in vario tempo a Milano, Torino, Genova, Bologna.
• Pier Jacopo Martelli: Martello (o Martelli), Bologna 1665 – 1727, fu uno dei più influenti scrittori della prima Arcadia: gli si devono tragedie, commedie e importanti testi critici (Della tragedia antica e moderna, 1715; Il vero parigino italiano, 1719). […] Con altre poesie, Bologna, Pisarri, 1724, p. 252. […] Il fisico e filosofo Francesco Maria Zanotti (Bologna 1692 – 1777) non è da confondersi col fratello Giampietro, poeta e pittore menzionato sopra da Planelli. […] Bibbia e letteratura nel Settecento italiano, Bologna, Il Mulino, 2008). […] I, Bologna, Dalla Volpe, 1757, Dissertazione seconda [«Qual canto in consonanza usassero gli antichi»], in particolare alle pp. 171-176.
[3] Una delle prime anche ad abbracciarlo fu Bologna, città che dopo essersi renduta famosa per le virtù che ispira l’amore della libertà, coltivava allora le arti che germogliano nell’ozio d’una pacifica servitù.
Non oltrepassava l’autore, per quanto credesi da taluni, l’anno diciottesimo della sua età quando la compose in tempo di duo giorni, come egli stesso dice in una sua lettera a Carlo Canale, «intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano» Francesco Gonzaga in occasione che questi da Bologna, ove risiedeva legato, portossi a Matova sua patria, ove era vescovo, nel 1472, siccome con il dotto abate Bettinelli stabilisce il chiaro padre Ireneo Affò di Buffeto minor osservante, che nell’anno scorso ha fatto a onore e beneficio della letteratura italiana stampare in Venezia appresso Giovanni Vitto l’Orfeo, tragedia di Messer Angiolo Poliziano tratta per la prima volta da due vetusti codici ed alla sua integrità e perfezione ridotta ed illustrata 143.
III pag. 1317), cioé che Antonio di Nebrixa, nato nell’Andalusia al 1444, dopo aver fatto per poco tempo i suoi studi in Salamanca, non ben soddisfatto passasse nell’Italia, e fermatosi lungamente nell’università di Bologna, dopo essersi renduto ben istruito non men nelle lingue che nelle scienze, ritornasse alla sua patria, richiamato, come vogliono, dall’arcivescovo di Siviglia Guglielmo Fonseca (Istor. della Chiesa tom.
Allora si svegliarono dappertutto gli ingegni, ed ecco sorgere a debellar il gusto fiamingo, che da lungo tempo vi dominava, il Cassati, e il Melani a Roma, il Segrenzi a Venezia, il Colonna a Bologna, il Bassani a Ferrara, e lo Stradela a Genova celebre non meno per l’abilità sua che per i suoi amori e tragico fine. […] Ma gli empori più illustri del canto sul fine del Seicento furono Napoli e Bologna.
Transferita dipoi in Venezia, in Roma, in Bologna ed in Napoli come nel nativo suo paese, vi fece nelle due trascorse età tali e tanti progressi, che nelle nostre scuole pur dovettero i forestieri venire ad apprenderla.
F Fabrizio da Bologna 187.
Vincenzo Manfredini, maestro di musica, uno de’ compilatori del Giornale Enciclopedico di Bologna, ha fatto varie opposizioni a due capitoli del secondo tomo della presente opera. […] È vero che Bayle, Bernard, le Clerc, Apostolo Zeno, gli autori della Biblioteca ragionata, e Maffei non facevano a questo modo gli estratti; ma già si sa che i giornalistici enciclopedici di Bologna non sono nè Bayle, né Bernard, né le Clerc, né gli autori della Biblioteca ragionata, né Apostolo Zeno, né Maffei. […] [17] Ci dica ora il degnissimo membro dell’Areopago enciclopedico di Bologna se sia cosa “evidente” che noi consideriamo nel modo stesso che i Greci la poesia, la musica e gli spettacoli? […] Oh che bello spettacolo sarebbe allora quello di vedere il Manfredini a farla da eunuco sul teatro di Venezia, e su quello di Bologna!
Furono tutte rappresentate con grande applauso molte volte in Verona, Vicenza, Venezia, e Bologna dalla compagnia del celebre commediante Luigi Riccoboni. […] Spunta di Bologna una nuova luce comica che annunzia nel marchese Onofrio Albergati un Molière italiano.
Il principe Farnese l’onorava di tal dimestichezza che, venuto a formar la compagnia per le solite recite in Parma li fece grazia d’una sua carrozza per andare a pigliare la Colombina a Bologna.
L’autore non oltrepassava l’anno diciottesimo di sua età, quando lo scrisse in tempo di due giorni (com’egli accenna in una lettera a Carlo canale) intra continui tumulti a requisizione del reverendissimo cardinale Mantuano Francesco Gonzaga , in occasione che questi da Bologna ove risedea Legato, portossi a Mantova sua patria, ove era Vescovo nel 1472, come col Bettinelli asserisce il lodato padre Affò, o almeno prima del 1483, nel quale anno morì il Cardinale, come osserva Girolamo Tiraboschi.
L’autore non oltrepassava l’anno diciottesimo di sua età, quando la scrisse in tempo di due giorni (com’ egli accenna in una lettera a Carlo Canale) intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano Francesco Gonzaga, in occasione che questi da Bologna, ove risedea Legato, portossi a Mantova sua patria, ov’era vescovo, nel 1472, come col Bettinelli stabilisce il lodato P.
) tenere dal Masi (Lettere di Carlo Goldoni, Bologna, Zanichelli, 1880) e dal Galanti (Carlo Goldoni e Venezia nel Secolo xviii , Padova, Fratelli Salmin, 1882) che ne confermarono il fiasco ; e dal Goldoni stesso che nelle Memorie (V.
Il 16 giugno dell’ ’83 scriveva da Bologna all’incomparabile amico Antonio Fiacchi, il Piccolet allora del Piccolo Faust : È sempre cosa gradita alla nostra vanità – o meglio alla nostra fibra – il non vedersi sconosciuti nel mondo ove viviamo – e per quanto io cerchi isolarmi – non lusingandomi troppo – nè degli elogi – nè delle affascinanti profezie sul mio conto – pure – una parola – una approvazione intelligente – mi rimettono in cammino con più lena – e con un coraggio che non è senza fiducia.
Sembra che a toglier forza al falso argomento del Gozzi patrocinatore delle irregolarità, e stravaganze teatrali, uscita fosse da Bologna una nuova luce per richiamare il popolo alla buona commedia. […] Il matritense don Leandro Fernandez de Moratin trattenendosi in Bologna dopo i suoi viaggi in Francia, in Inghilterra e in Italia, ebbe in pensiere di tradurre tal commedia in castigliano. […] Nel primo decennio del secolo corrente ha pubblicate varie commedie in Torino, in Milano, in Bologna. […] Antonio Galli Bibiena figliuolo di Ferdinando architettò il teatro di Bologna terminato l’anno 1763. […] Bologna, Firenze, Venezia, Milano, Napoli, dir si debbono reggie perpetue e sorgenti perenni di scienza musica.
Gli ultimi due sono quello degli Allievi del ballo dell’opera, e quello de’ Commedianti fanciulli del Bosco di Bologna.
Fu il ’48-49 con Papadopoli, Lottini e socii, il ’50 con Antonio Giardini, col quale cominciò a salire in rinomanza, il ’51-52 con Carlo Romagnoli e Achille Dondini, sotto la direzione di Cesare Dondini, prima attrice assoluta, nella qual Compagnia sposatasi a Giacomo Brizzi, passò dal Teatro Grande di Brescia a quelli di Trieste, Milano, Torino, Bologna, Livorno, Padova, trascinando il pubblico all’entusiasmo, che nella primavera del’55 al Valle di Roma diventò esaltazione, delirio.
Bodmer, a cura di Rinaldo Boldini, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1964, pp. 5-17), il Calepio rispondeva alle richieste del sodale affrontando proprio l’argomento del «buon gusto» nella trattatistica italiana tra Cinque e Settecento.
[19] Come non può a meno di non recar meraviglia la pena che si prese il Pardieri, compositore ignoto d’un più ignoto componimento rappresentato in Bologna, e che aveva per titolo L’Amore in cucina, di esprimere colla orchestra il suono del papagallo e dell’artiglieria unicamente perché nel dramma si faceva menzione del canto dell’uno, e un personaggio diceva dell’altra.
Pretese il Bumaldi che Fabrizio da Bologna nel 1250 componesse volgari tragedie; ma ciò afferma perchè nel libro di Dante della Volgare Eloquenza Fabrizio è chiamato poeta di stile tragico, la qual cosa ognun sa che in Dante vuol dir sublime, e non già autore di tragedie19.
Colomès nel 1779 pubblicò in Bologna il suo Marzio Coriolano, argomento trattato colla solita irregolarità dal Shakespear e dal Calderòn de la Barca, e languidamente da altri. […] Con pace di questo letterato che io pregio molto ed ho conosciuto di persona nella mia dimora in Bologna, io veggo troppa distanza, infinita distanza tralla Sofonisba e la Nise, tra il Bermudez ed il Trissino.
Tornato in Italia per curare la salute malferma, visse tra Venezia e Bologna e morì a Pisa nel 1764.
Pretese il Bumaldi che Fabrizio da Bologna nel 1250 componesse volgari tragedie, ma ciò affermò, perchè nel libro di Dante della Volgare Eloquenza Fabrizio è chiamato poeta di stile tragico , la qual cosa, come ognun sa, in Dante significa stile sublime, nè indica che fosse autore di tragediea.
Si faccia parimente grazia a codesto preteso matematico del non aver conosc iuta la storia letteraria Italiana, com’è dimostra proponendo per cosa tutta nuova all’Italia lo studio de’ Greci: a quell’Italia, dove anche nella tenebrosa barbarie de’ tempi bassi fiorirono intere provincie, come la Magna Grecia, la Japigia e parte della Sicilia, le quali altro linguaggio non avevano che il greco, e mandarono a spiegar la pompa del loro sapere a Costantinopoli i Metodii, i Crisolai, i Barlaami: a quell’Italia, che dopo la distruzione del Greco Impero tutta si diede alle greche lettere, e fu la prima a communicarle al rimanente dell’Europa, cioè alla Spagna per mezzo del Poliziano ammaestrando Arias Barbosa ed Antonio di Nebrixa, ed all’Inghilterra per opera di Sulpizio, di Pomponio Leto e del Guarini, maestri de’ due Cuglielmi Lilio e Gray: a quell’Italia, dove, per valermi delle parole di un elegante Spagnuolo) la lingua greca diventò sì comune dopo la presa di Constantinopoli, che, come dice Costantino Lascari nel proemio ad una sua gramatica, l’ignorare le cose greche recava vergogna agl’Italiani, e la lingua greca più fioriva nell’Italia che nella stessa Grecia a: a quella Italia in fine che oggi ancor vanta così gran copia di opere, nelle quali ad evidenza si manifesta quanto si coltivi il greco idioma in Roma, in Napoli, in Firenze, in Parma, in Pisa, in Padova, in Verona, in Venezia, in Mantova, in Modena, in Bologna, in Milano, che vince di gran lunga l’istesso gregge numeroso de’ viaggiatori transalpini stravolti, leggeri, vani, imperiti e maligni, tuttocchè tanti sieno i Sherlock e gli Archenheltz b.
Son pur essi medesimi gli ammiratori degli eccellenti musici teorici e pratici che in prodigiosa copia escono da Bologna, da Firenze, da Venezia, da Milano ed altronde, ma singolarmente da Napoli reggia e fonte perenne della scienza musica.
Una fanciulla minacciata dal padre di altre nozze, per serbarsi al suo amante prende un sonnifero, e coll’ajuto di un medico si fa seppellire per morta; indi tratta dalla sepoltura si veste da uomo, e nel l’accingersi a partir per Lione dove sapeva che dimorava l’amante bandito, lo trova in Bologna addolorato per la notizia della di lei morte. […] Ma il Borghini incomincia con senno la sua Donna costante dalla venuta di Aristide in Bologna nel giorno che è stata sepolta fintamente Elfenice, e che è menato a morir Milziade.
Una fanciulla minacciata dal padre di altre nozze, per serbarsi al suo amante, prende un sonnifero e coll’ ajuto di un medico si fa seppellire per morta; indi tratta dalla sepoltura si veste da uomo, e nell’accingersi a partir per Lione, dove sapeva che dimorava l’ amante bandito, lo trova in Bologna addolorato per la notizia della di lei morte. […] Ma il Borghini incomincia con senno la sua Donna costante dalla venuta di Aristide in Bologna nel giorno che è stata sepolta fintamente Elfenice e che è menato a morir Milziade.
PP. conventuali di Bologna, soggiugne che siffatta opinione circa il numero dei modi era comune presso agli antichi, dicendo di averla ritrovata in un’opera di Francone, autore di cui ci converrà far menzione in appresso.
Inoltre le parole sono quello che meno interessa nell’opera e nel caso che voi non vi troviate i vostri convenevoli, ci è una folla di poeti in Bologna che me le venderono a buonissimo mercato.
Si rappresentarono pure le migliori tragedie di Corneille, di Racine, tradotte in Bologna ed in Roma.
Avrebbe certamente quel bibliotecario parlato con maggior circospezione, se si fosse anche ricordato di ciò che si narra da tanti scrittori c, cioè che Antonio di Nebrixa nato nell’Andalusia il 1444, dopo aver fatto per poco tempo i suoi studii in Salamanca, non ben soddisfatto passasse in Italia, e fermatosi lungamente nell’università di Bologna, dopo essersi renduto ben istruito non men nelle lingue che nelle scienze, ritornasse alla sua patria, richiamato, come vogliono, dall’arcivescovo di Siviglia Guglielmo Fonseca a cogli acquisti fatti della dottrina italiana, e leggendo per un gran pezzo in Salamanca non ostante l’opposizione degli scolastici che di favorir le novità l’accusarono, inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere, onde fu caro al re Cattolico che lo volle perciò in corte per iscrivere la sua storia, e fu dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia Poliglotta, e di poi alla direzione dell’università di Alcalà di Henares, ove si morì nell’1522, e lasciò molte opere.
Colomes nel 1779 pubblicò in Bologna il suo Marzio Coriolano, argomento trattato senza regolarità dal Shakespear e dal Calderòn, e languidamente da altri.
[39] Ho cercato di mettere sotto gli occhi l’argomento dell’anzidetto ballo con una chiarezza che certamente da niuno fra gli spettatori si ravvisava sul teatro di Bologna dov’io lo vidi per la prima volta.
Essa fu impressa nel 1520 in Bologna senza nome di autore, e contiene un atto solo senza distinzione di scene con vario metro, ed in linguaggio per lo più lombardo.
La seconda tragedia del Pepoli quasi del tutto rifusa nell’economia della favola e nello stile, è Carlo e Isabella rappresentata in Bologna nel 1791, indi uscita per le stampe bodoniane l’anno 1792. […] Leandro de Moratin trattenendosi in Bologna dopo i suoi viaggi in Francia, in Inghilterra, ed in Italia, si compiacque pensare alla traduzione di tal commedia, e ne rimise all’autore a’ 14 di maggio dell’anno 1796 alcune scene per saggio.