I tre eran dunque il Panzanini, il De Bianchi e il nostro Pasquati : e la favola in discorso era forse l’antichissima delli tre gobbi, ridotta da' Gelosi a scenario, e passata poi tra le opere del Tabarrino. […] L'huomo è un animal prodizioso composto de pezzi contrarij, l’anema xe come un principe, el corpo come una bestia, con tutto zò queste do parte se abbrazza così ben tra loro, che i non puol vivere inseme senza verra, ne separarse senza dolor ; podendosi con rason buttar in occhio l’un all’altra de non poder con ella ne senz'ella vivere. […] E l’anima nel mezzo xe come i principali del popular : è diferente tra 'l ben el mal, tral merito e demerito ; vien solecità dal spirito e dalla carne, e secondo da qual parte se butta la si fa spirituale e buona, o carnale e cattiva, come sarave a dir el nostro Portonier xe l’anemo, la cassetta el spirito, e le so scarsele la carne.
[8] Allora si coltivò l’espressione anima e spirito dell’arte, la quale è alla musica ciò che l’eloquenza al discorso: s’imparò a subordinare l’una all’altre tutte le diverse e moltiplici parti che la compongono, e a dirigere il tutto verso il gran fine di dipingere e di commuovere; si studiò con maggior cura l’analogia, che dee sempre passare tra il senso delle parole e i suoni musicali, tra il ritmo poetico e la misura, tra gli affetti che esprimono i personaggi, e quelli che rende il compositore; si sminuirono considerabilmente le fughe, le contrafughe, i canoni, e gli altri lavori simili, i quali sebben provino, allorché sono eseguiti esattamente, la ricchezza della nostra armonia e l’abilità del maestro, nondimeno sogliono per lo più nuocere alla semplicità ed energia del sentimento. […] Il loro andamento è più spiritoso e più vivo che non soleva essere per lo passato: donde spicca maggiormente il divario tra il recitativo e il canto propriamente detto. […] S’io desidero qualche celebrità pel mio nome, e qualche durevolezza pe’ miei scritti, non è l’ultimo tra i motivi quello di tramandare alla posterità i sentimenti d’ammirazione che m’ispira la tua memoria. […] L’uno si è il signor conte Benvenuto di San Raffaele regio direttore degli studi a Torino, il quale in due belle lettere sull’arte del suono inserite nella raccolti degli opuscoli di Milano 92 così si esprime, esponendo lo stato della musica, allorché Tartini cominciò a spuntare qual astro novello sul cielo della Italia: «Dominava ancora tra gli scrittori quel barbaro gusto delle fughe, de’ canoni, e di tutti insomma i più avvilupati intrecci d’un ispido contrappunto. […] Ma non ci dobbiamo punto maravigliare di questo, ripensando che nelle vie che percorre l’umano spirito per istruirsi, l’errore è quell’istimo fatale posto dalla natura tra la verità e l’ignoranza, che non lice ad alcun nocchiero schivare se annoverato non viene fra que’ pochissimi, cui propizio sorrise Giove dall’Olimpo.
Le due parti che tra l’ultime gli crebber fama, furono il Duca Valentino nei Borgia, e l’Ammiraglio Rotei nella Cleopatra di Pietro Cossa.
Io ho sentito il Pezzana, capocomico, negli ultimi anni della sua vita artistica, rappresentar tra l’altre con molta verità e molta efficacia la parte di Vincenzo Monti nell’ Ugo Foscolo di Castelvecchio (il Foscolo era Giovanni Ceresa, un artista di gran pregio, formatosi sotto i savj ammaestramenti di lui).
Da quella sera fu improvvisatrice famosa, e giunta a Roma, accolta e festeggiata da Iacopo Ferretti, tal fanatismo vi suscitò con le frequenti accademie, che fu ascritta col nome di Licori Partenopea tra gli Arcadi di Roma.
Nella seconda vi hanno giudizi importanti sull’arte di Préville, il grande attore francese, e sulla differenza tra il recitare colla maschera e a viso scoperto…. […] Sopravviene Scapino, vede l’incendio, e crede che il figlio di Celio sia abbruciato ; e per toglier dalla disperazione Rosaura, immagina di sostituirgli il figlio d’Arlecchino ch’egli ha tra le braccia, e di farle credere che quello sia il suo. […] Essi sono entrambi stupefatti dell’incontro : entrambi pretendono di aver tra le braccia il figlio legittimo, e pretende ciascuno che quello dell’altro sia un figlio supposto ; il che dà luogo ad una scena fra i due attori (lazzi). In quella viene Celio, avvisato dal contadino del rapimento di suo figlio, e avvicinatosi ad Arlecchino, gli strappa con destrezza, e strappa anche a Camilla il bimbo che hanno tra le braccia, e fugge inseguito da entrambi. […] È lecito dunque a chi specialmente legga tra le linee, più che dal Malamani (op. cit.
Gli attori furono varie persone di buon nome e di talento, e tra esse, oltre al medesimo Jodelle, due altri poeti, Remigio Belleau e Giovanni de la Peruse, il quale compose ancora una Medea di assai infelice riuscita. […] Separatisi poi da questa Compagnia de’ Gelosi alcuni attori, presero il nome di Confidenti, e vi recitarono varie favole italiane, e tra queste la Fiammella pastorale, in cui si adoprò il mescolamento de’ dialetti veneziano, bolognese, bergamasco ecc., il cui autore fu Bartolommeo de Rossi veronesea.
Gli attori furono varie persone di buon nome e di talento, e tra esse, oltre al medesimo Jodelle, due altri poeti, cioè Remigio Belleau, e il nominato Giovanni De la Peruse; che anche compose una Medea di assai infelice riuscita. […] Separatisi poi da questa compagnia de’ Gelosi alcuni attori, presero il nome di Confidenti, e vi recitarono varie favole italiane, e tra queste la Fiammella pastorale, in cui si adoperò il mescolamento di dialetti Veneziano, Bolognese, Bergamasco ecc, il cui autore fu Bartolommeo de’ Rossi Veronese10.
Fu – dice Nicolò Barbieri nel Capo VII della sua Supplica (Venezia, Ginammi, 1634) – nella famosa Accademia dei Signori Intenti accettata e laurcata (ebbe il nome di Accesa), e ad una gara poetica, alla quale prendevan parte le celebrità del tempo, in casa Aldobrandini, riuscì prima dopo Torquato Tasso ; e fu coronata d’alloro in effigie tra ’l Tasso e ’l Petrarca (V. […] DI GABRIELLO CHIABRERA Nel giorno, che sublime in bassi manti Isabella imitava alto furore ; e stolta con angelici sembianti ebbe dal senno altrui gloria maggiore ; Allor saggia tra ’l suon, saggia tra i canti, non mosse piè che non sorgesse Amore, nè voce apri, che non creasse amanti, nè riso fè, che non beasse un core. […] Bartoli : Piangete, orbi Teatri ; invan s’attende più la vostra tra voi bella sirena. […] Et per che tra i piu belli spettacoli, si mostra bellissimo il ueder comittiua di huomeni armati ; lodo che si facci comparire, in compagnia de i Re, o de i Capitani, sempre alcuni soldati, et gladiatori, guarniti all’ antica ne i modi che nelle castramentationi de i primi tempi si dissegnano, quando pero l’occasione lo patisca. […] Le tragedie come credo auer altre uolte significato, non hanno propriamente ad essere destinte in atti [quantunque i moderni per propria autorita le diuidono] et i chori che in esse si fanno da poeti, sogliono seruire per quella parte, che hà da trascorrer di tempo tra un successo et l’altro.
Le colmò di lodi il padre Bianchi nell’opera su i Difetti del Teatro contandole tra le più felici tragedie cristiane. […] Il primo incontro della figliuola col re nell’atto Il è quale avviene nella tragedia greca tra Ifigenia ed Agamennone; gli stessi equivoci sentimenti ed il medesimo cordoglio raffrenato all’apparenza in Sileno; le stesse naturali ed innocenti dimande sulle sue nozze in Alcinoe. […] L’Alcippo breve componimento e pregevole per varii passi espressi con nobiltà, meritò di esservi inserito pel carattere del protagonista ottimo per la tragedia, mentre Alcippo illustre e virtuoso spartano accusato d’intelligenza col re de’ Persi da un malvagio che falsifica il di lui carattere, dà motivo a varie situazioni interessanti e patetiche tra lui, e la sua tenera consorte Damocrita, e alle di lui magnanime querele che palesano l’uomo grande, che soffre, e si lagna con moderazione. […] Il vanto che si dà Rusteno, il peggiore tra gli scellerati, e la risposta di Acmat rassomigliano alla contesa di Tisaferne con Adrasto in presenza di Armida. […] Egli seppe rendere teatrale e interessante la violenta morte su di un palco data al legittimo padrone del reame di Napoli e di Sicilia, con fare, che l’Angioino Carlo I tra Federigo duca di Austria, e Corradino duca di Svevia e re di Napoli suoi prigionieri, ignorasse, Chi Corradino siasi, e chi il Cugino, È ben rancida la gara generosa di due amici di morir l’un per l’altro, e il cambiamento del nome per ingannare le ricerche del tiranno.
Terminata da poco la rappresentazione, si sviluppò tra le scene il fuoco, e in breve ora, propagatesi ovunque le fiamme, il teatro fu distrutto.
Bartoli, che riferisce anche il seguente sonetto di anonimo : Spiegar col labbro in misurati accenti i diletti d’amore, oppur le pene, qual fra le gioje, o tra gl’infausti eventi un tenerello cor prova e sostiene, te veggiam, Margherita, assai contenti, quando saggia affatichi in sulle scene ; e sì n’ alletti, che ciascun pur senti te innalzar fra le bionde Dee Camene.
A un colpo di tosse, a una frase, a un saluto da lui appena accennato di tra le quinte, avanti d’ entrare in scena, si propagava in un attimo per tutto il teatro la più festosa allegria.
Dettò egli la parte studiata nel Convitato di Pietra per la Pescatrice, recitata dalla figliuola del suo capocomico, Angiola Sacco Vitalba, che dallo stesso Bartoli riferisco in parte, come saggio : SORTITA Libertà, libertà, ricco tesoro, dolce quiete del cor, gridano a gara tra fronda e fronda gli augelletti, e tutte fan eco al canto lor l’aure soavi.
Ebbe Aristofane tra gli altri figliuoli Ararote, Nicostrato e Filetero, i quali e si valsero delle di lui fatiche per farsi luogo sulla scena, e composero essi pure alcune favole coltivando la commedia nuova; ed uno di essi spiccò singolarmente più nel rappresentare che nel comporreb. […] Due Filemoni vanta la Grecia tra poeti della nuova commedia. […] Ei dal bisogno oppresso, angusto tetto Non ha per ricovrasi, e d’ogni cosa Avendo inopia tra miserie geme; E si difende mal dall’aspro inverno Reso di povertà fido compagno.
Trascelgo il dialogo della Donna servitore che è tra Fulvio e Celia in abito d’uomo. […] Queste sono delle maraviglie che suole produrre la natura che ancor che paja diligentissima si dimostri nel distinguere le persone, nel carattere dello scrivere, nel suono delle voci, et nella forma dei volti ; contuttociò molti si sono trovati che simigliantissimi tra di loro essendo, benchè nati in paesi diversi e lontani, hanno ingannati quelli che più famigliarmente con loro praticavano ; e la prova si vede nella mia persona che tanto dite assomigliarsi a questa Celia. […] V. di obligarmi ad altri, nè di procurarmi ad altrui persuasione o mio capriccio compagnia, mi ha trattenuto che in niuna rivolta fattasi tra di noi, habbi nè aderito nè promesso, et hora che la volontà di V.
Scrisse tragedie e commedie; e tra le prime si tennero in gran pregio la Caduta di Sejano rappresentata nel 1601, e la Congiura di Catilina pubblicata nel 1608; e tralle commedie si ammirarono il Chimista e la Volpe. […] Si desidera però in essi scelta e venustà, e la decenza richiesta nella dipintura de’ costumi, per cui Terenzio tanto sovrasta a’ suoi posteri, l’unità di disegno nel tutto, e la verità, l’esattezza, e la precisione nelle parti: un motteggiar lepido e salso, pungente ma urbano alla maniera di Menandro che ammiriamo in Ludovico Ariosto: le grazie e le pennellate franche di Nicola Machiavelli che subito caratterizzano il ritratto: la vivacità ed il brio comico di Agostino Moreto: finalmente il gusto, l’amenità, e l’inarrivabile delicatezza nel ritrarre al vivo i caratteri e le ridicolezze correnti che danno al Moliere il principato tra i comici antichi e moderni.
Nell’uno si rappresentano le avventure del conte divenuto religioso della Trappa che geme tra i cimiterj e le teste de’ morti; nell’altro una religiosa disperata, la quale nel proprio confessore ravvisa l’antico suo amante che vuole obbligarla a seguirlo fuori del convento? […] Il Merinval è pure un’ azione tragica del medesimo scrittore avvenuta tra persone private, in cui si scorge la medesima energia nella passione e la medesima tinta lugubre e cupa.
Fu anche Luigi Del Buono, come dice la lapide commemorativa, egregio scrittore di commedie e di operette, tra le quali, una delle più note e più lodevoli, la Villana di Lamporecchio, la cui protagonista fu studiata sul vero nella persona di Virginia Venturini di Lamporecchio, che viveva al servizio di lui, e lo pettinava ogni mattina, acconciandogli il codino stenterellesco che egli non abbandonò mai. Trascrivo il dialogo della sfida tra Scivoli e Bisticcio, pretendente della Villana, uno de’più ingegnosi ch’io mi conosca : Bisticcio.
Oltracciò molti buoni letterati hanno trasportate con maestria nella nostra lingua le migliori tragedie francesi, e tra essi si sono contraddistinti l’abate Frugoni, il cavalier Richeri, il nobile Agostino Paradisi, l’abate Domenico Fabbri, il marchese Albergati, il conte Gozzi, il cavalier Guazzesi, il Cesarotti e ’l Ceruti211. […] Hanno in seguito trionfato tra le premiate negli anni susseguenti il ben degno Valsei o sia l’Eroe Scozzese di Antonio Perabò milanese, e la Rossana dell’anzinomato Magnocavallo. […] Ultimamente vi si é impressa e rappresentata parimente con applauso un’altra commedia degna di nominarli tra le buone «per essere (mi scrive un letterato che fa onore all’Italia) molto bene scritta, ben condotta, e ben condita e cospersa di sali naturali». […] L’accoppiare quelle due virtù, tra se opposte, brevità e chiarezza, quanto sia difficile nelle composizioni (e massimamente ne’ drammi musicali che non possono adottare per loro uso nel canto serio più di sei in sette mila parole radicali tra le quarantaquattro mila noverate da Anton-Maria Salvini nella lingua italiana) ce l’insegna Orazio allorché dice nell’Arte poetica: ……… brevis esse laboro, Obscurus fio. […] Ardisco dire, che muta di tali cose mette una differenza essenziale tra l’opera eroica e la tragedia; ma non é quello il luogo di trattarne di proposito.
serà questa una prova per vedere se in conseguenza di tanti ciarlatani che sonno riusciti, vi potessero ancor capir questi, quali stano tra il comico et lo ciarlatano. » Del resto al Cecchini poco premeva che il Duca accettasse la proposta dei comici.
L’acre polvere dei palcoscenici mai è giunta a posarsi, ad insudiciare l’anima buona e bella della illustre signora ; si che nel mondo pettegolo, maldicente, qualche volta infamante, che si agita tra le coulisses, il nome della Falconi è pronunziato come quello di Maria Vergine Santissima ; ed in quel mondo pettegolo, come moglie, come madre, ella è semplicemente venerata.
Ammalatosi di tifo in California, e non curato a dovere, strascicò una esistenza penosa tra i fastidj del capocomicato e del male latente.
Però non senza ragione ricercarebbe alcuno a qual proposito nel secondo atto del Torrismondo esca Rosmonda a moralizzare tra sé. […] Non mi ricordo d’avere osservato tra francesi qualche viziosa frequenza che nelle tragedie di monsieur de La Fosse. […] Come, deh come allora reggerò tra voi l’alma? […] Parmi primieramente vedere gran differenza tra Cleopatra e Medea. […] Nei parallèles che si diffondono tra fine Seicento e inizio Settecento e misurano le differenze tra la drammaturgia di Corneille e di Racine è peraltro costante l’assegnazione a Corneille di un tono moralistico e pedagogico che viene di volta in volta apprezzato o respinto.
Fenocchio Quel Fenocchio, che al mondo se fe’ cognoscer tanto e in su le scene ognor sì furibondo, ne riportò tra Zagni il pregio e il vanto : quel te supplica e prega, che grazia nol se niega a sto Muzzina, scusando i defetti, che fra Zagni el farà piover concetti. […] E credo per lo studio della scena di prosa, non sia privo d’interesse il dialogo in furbesco di Zan Muzzina tra Scatarello e Campagnolo, che è nella seconda parte della Corona maccheronica, e di cui ecco le prime due stanze : Scatarello Alluma un po’ Calcagno, se ’l gonzo da per ell’ vien al cogoll’. […] In fondo di tra le tende, sbucan due tipi, probabilmente la Signora Lucia e Trastullo ; e a’fianchi del palco si veggon teste di spettatori intenti. […] Perchè vegh che tro al bordel Tut ol me rasonament Che t’e ti che un mat ceruel Com s’è vist in tra la gent Dunq à voi fa testament Perche a vegh che ho a morì Solament per amar de ti Marioletta frasarina (o frascarina ?)
Le buffonate descritte dal Lasca tra il padrone e il servo, i due principali tipi della Commedia dell’ arte, troviamo identiche dappertutto, e particolarmente alla Corte della bassa Baviera in Landshut, quando su al Castello di Trausnitz, Venturino da Pantalone e Battista Scolari da Zanni faceano smascellar da le risa i nobili astanti. […] Umilissimo, obbligatiss. e devotiss. servitore Carlo Cantù tra Comici Buffetto. […] S. potrà fare cossi à Francesco Franchini tra Comici detto pantalone in bologna (poi a basso) Padre della Colombina Comica, Caro patrone a V. […] (come ho fatto) che tra Comici non ha il piu suiscerato seruitore di me : Strano mi pare in estremo che S.
Luigi sposò poi la Luisa Valenti, comica anch’essa, dalla quale ebbe quattro figli, tutti comici ; tra i quali Teresita, promettentissima attrice, morta a Roma nel’ 93.
Buona parte della vita artistica passò tra Firenze e Lucca con compagnie comiche, cantanti e danzanti.
Le grazie di Corallina le acquistarono un numero considerevole di adoratori, tra cui Carlo Bertinazzi il celebre arlecchino, il Principe di Monaco, che le assegnò come semplice donativo, prima 1200 lire, poi altre 3000 all’anno, Létorière e Di Saint-Crix, ufficiali al Reggimento delle Guardie, e il Conte di La Marche, più tardi Principe di Conti.
) come si presentasse a San Beneto in ca da Pesaro tra un atto e l’altro del Miles gloriosus di Plauto (16 febbrajo 1515), recitato dagli Accademici Immortali, con una « comedia nova, fenzando esser negromante, et stato all’Inferno, e fe' venir un Inferno con fogi e diavoli : fense pur farsi Dio d’Amor : e fo porta a l’inferno : trovò Domenico tajacalze cazava castroni, el qual con li castroni vene fora ; fe' un ballo essi castroni ; poi venne una musica di Nimphe, in un carro trionfai, quali cantavano una canzon, batendo marteli, cadauna sopra una incudine a tempo, et fenzando bater un cuor ».
Battista Andreini, degno figlio di così degna madre, non si può dire a bastanza, poichè se Cleante mendicava la notte il vivere per potere poi il giorno impiegarlo nell’ udire i filosofi di Atene ; questo ne’ travagli della sua gioventù, tra le maggiori avversità, tenendo sempre in pronto la penna, ha fatto con le sue opere chiaro che il vero comico deve affaticarsi, se vuole giungere al termine d’onoredove egli è arrivato. […] Dovrà tutto il cielo essere stellato, e ’n mezo alle stelle esser dovrà la Luna in plenilunio situata ; e ’n così fatta congiuntura apparirà il Favor Divino in Prologo, sovra carro luminoso in eccesso, e tutto a stelle ornato ; retto il carro da nubi e d’oro e d’argento ; e le nubi parimente sostenute saranno da duo angioli ; e qualora il Prologo, tra questi tre musicalmente al fine sarà per ridursi, così a poco a poco spariranno le stelle, e dal mar sorta l’aurora, e poi dopo l’aurora il Sole, partito il Prologo all’usanza di sinfonie melodiose, l’apparato che marittimo tutto era, rappresenterassi dalle parti in Palazzi sublimi, e nel mezzo poi la residenza di Maddalena, superbissima al possibile. […] Cessato il canto degli Angioli, il Favor Divino canta un a solo composto di tre strofette a ottonarj e quadrisillabi tronchi, di cui l’ultimo verso è ripetuto tra ’l Favor Divino e i due Angioli, con ischerzi musicali, due volte, poi, una volta, a tutto coro di voci e di strumenti, in compagnia degli Angioli e del Favor Divino. […] Il Perrucci dice a pag. 137 : Perchè poi gli Antichi non videro come ha potuto l’arte inventare le metamorfosi in scena di trasformarsi in aquila, leone, serpente, ed altro, avendolo per impossibile, l’esclusero, benchè avessero le loro macchine tra le regole de’ teatristi antichi. […] Sappi : come tra i fiori è la rosa sol bella, cosi ancor d’ ogni fiore ella è più frale : Ma qual rosa più vaga e porporata è della vita umana ?
Il giurì drammatico di Milano le conferì il premiò di primo grado e con ragione ; poichè l’Emilia era tra le giovani una delle più forti promesse. […] ma l’avviso, qui si sta in pace ne vi è tra di noi pure una parola, resta solo la cità un poco disgustata perchè il Dottore non ha voluto far la sua pazzia.
Il dialogo tra un vero credente e un idolatra è tolto dalla Betulia liberata: «Achiorre. […] Ma l’essenze, che adori, Se son più son distinte, e se distinte Han confini tra lor. […] Cercarono bensì alcuni scrittori d’opporsi alla general corruzione, tra gli altri Leone Ebreo, il Bembo, lo Speroni e il Castiglione, insegnando negli scritti loro la foggia platonica di amare, e facendo scender di nuovo tra gli uomini quella vergine celeste, che avea servito di modello al Petrarca, e che esserne dovea l’archetipo delle donne nei versi de’ cinquecentisti. […] Siamo nel caso di colui che dovendo fabbricar un palazzo, si vede costretto a sceglierne tra i disegni d’un maestro dozzinale, o tra quelli d’un valente architetto. […] ) l’occasione di trovar una serie di rapporti così delicati tra Alceste ed Appolline?
Da lui perciò concorrevano i primi uomini della città tra quali si distinguevano Girolamo Mei, Vicenzo Galilei padre del Colombo della filosofia, e Giulio Caccini gentiluomo romano per passar le ore non, come è il costume de’ nostri tempi, in oziose ciccalate, in giuoco rovinoso o in occupazioni più vergognose frutto della trascurata educazione e della pubblica scostumatezza, ma in dilettevoli e virtuose adunanze, ove la coltura dell’ingegno, il non frivolo spirito e l’attica urbanità vedeansi rifiorire insiem col sincero amor delle lettere e delle utili cognizioni. […] [15] Perciò il Caccini sollecitò per ogni dove gli autori a lavorar a bella posta poesie pel canto, tra i quali D. […] Angue crudo e spietato, Che celato giacea tra fiori, e l’erba, Punsele il piè con sì maligno dente, Ch’impallidì repente, Come raggio di Sol, che nube adombri. […] Lo studio delle cose antiche fece loro conoscere che quella sorte di voce, che da’ Greci e Latini al cantar fu assegnata, da essi appellata “diastematica” quasi trattenuta e sospesa, potesse in parte affrettarsi, e prender temperato corsa tra i movimenti del canto sospesi e lenti, e quelli della favella ordinaria più spediti e veloci, avvicinandosi il più che si potesse all’altra sorte di voce propria del ragionar famigliare, che gli antichi “continuata” appellavano. […] Lieto Imeneo d’alta dolcezza un nembo Trabocchi in grembo ai fortunati amanti, E tra i bei canti di soavi ardori Sveglia nei cori una dolc’aura, un riso Di Paradiso.»
. – tra le lettere autografe di Iacopo Corbinelli a Gio.
., da repartirsi tra lui e i suoi compagni, sempre in considerazione del piacere che procuraron colle loro commedie a Sua Maestà.
mo Padrone, hà ottenuta là dà noi tanto desiderata licenza ; doppo esser stati per tre mesi Infruttuosi appresso questa Real Corte, è quello che piu importa anco à noi stessi, non hauendo potuto rapresentare che solo u…. sei Comedie con Pochissimo Applauso, è niente d’Vtile ; È be[nsi vero] Però che si hebbe già in due uolte per ricorso fatto alla Nos[tra] Ser.
Ecco deve l’arte venire in soccorso a riempiere quel voto lasciato tra la cagione e l’effetto, facendo che gli abbellimenti cuoi servano, a così dire, di mediatori fra l’imperfezione della natura e la sensibilità mal contenta dell’uditore. […] [46] Dirò di più che in questa spezie di canto si sono eglino distinti a segno che non solo le nazioni moderne, tra le quali è incontrastabile che nessuna può venire in paragone coll’italiana, ma porto anche opinione che nemmeno quelle due antiche coltissime, la Greca e la Latina, pervenissero mai sul teatro all’artifizio e delicatezza di modulazione che si pratica a’ nostri giorni142. […] [48] Diffatti se l’imitazion teatrale si proponi due fini, l’uno la rassomiglianza della copia che imita coll’originale imitato, e l’altro la rassomiglianza dei muovimenti ch’eccita in noi la copia coi muovimenti ch’ecciterebbe l’originale; qual imitazion di natura è mai quella del canto drammatico dove la lontananza che passa tra l’originale e la copia è assai maggiore di quella che passerebbe tra due originali affatto diversi? […] Se per la parola pittoresca s’intende l’esprimere tutti quanti i lineamenti dell’oggetto rappresentato, in tal caso non solo la musica, ma niuna fra le belle arti merita questo titolo; giacché non v’h tra loro alcuna che non tralasci o non aggiunga qualche cosa al suo ritratto, altrimenti non sarebbe imitazione ma realtà. […] Prima di rispondere bisogna distinguere tra la melopea che apparteneva ai recitanti e quella del coro.
Maurizio e Lazzaro, di cui egli, primo tra gli artisti comici d’Italia, era insignito.
Cammilla Veronese morì il 20 luglio 1768 tra le braccia di Cromot, che amava da più anni la cara artista, per la quale ordinò magnifici funerali.
Le commedie erano non lunghi colloqui tra due o tre pastori, e una pastorella. […] Frattanto il vizio radicale della favola rende il poeta incerto tra la decenza e la verisimiglianza, le quali non sapendo conciliare, s’inviluppa nelle difficoltà, e cade in contraddizioni. […] Egli dice che nella sua gioventù avea scritti quarantotto componimenti inediti sopra argomenti sacri, dorici, morali, e tra essi erano alcune tragedie di Assalone, Amone, Saule e Gionata.
Ciò si disapprovò da i più, tra perchè si tolse a chi entrava la prima vaga e dilettevole occhiata di tutta la gran sala illuminata e abbellita dalle maschere, tra perchè il luogo ne divenne freddo, umido, e nocevole ai mascherati vestiti di seta leggera. […] Madrid ne ha due che appartengono al corpo amministrativo che rappresenta la Villa che tra noi si diceva Città, e dalle due strade ove essi sono dette del Principe, e della Cruz, chiamaronsi Coràl del Principe, Coràl de La Cruz.
[3.7] Una grande libertà si suole tra noi concedere al musico massimamente nelle arie cantabili. […] E se una melodia espressiva accompagnata da strumenti convenevoli avesse per base una bella poesia, e fosse dal cantore eseguita senza affettazione e animata con un gesto decente e nobile, la musica avria potere di accendere a voglia sua e di calmare le passioni; e si vedrebbe ai dì presenti rinnovare forse anche tra noi quegli medesimi effetti che cagionava anticamente, perché accompagnata appunto e fortificata dai medesimi sussidi della espressione, del conveniente accompagnamento, della energia dei versi, dell’azione e dell’arte del cantore.
L’antichissima festa de’ Tabernacoli, in cui gli Ebrei divisi in cori cantavano inni al Creatore, tenendo in mano folti rami di palma, di cedro o di altro, conteneva alcuna parte di que’ semi che altrove diedero l’origine alla poesia drammatica; ma pur non si vede che tra gli Ebrei l’avessero prodotta. […] Giulio Messala negò il proprio patrimonio a’ parenti, e ne divise le spoglie tra gl’istrioni.
Eran anche tra gli oggetti due ritratti del Belli a olio su tela, che per quante ricerche io abbia fatte, non mi fu dato rintracciare ; e figurava tra’suoi crediti un’obbligazione di Luigi Ve stri di L. 5754 in data 7 febbraio 1822. […] Dal ’98 al 1802 ebbe Compagnia in società con Giacomo Modena, e si trovò il ’99 in Napoli, allo scoppio della rivoluzione, nella quale, entrato il Cardinal Ruffo e alzato il patibolo pei congiurati, fu tra gli altri appiccato anche il Padre Giuseppe, domenicano,fratello del Belloni.
[6] Tra il fracasso dell’armonia, tra i tanti suoni accavallati l’uno sopra l’altro, tra i milioni di note, che richieggono il numero e la varietà delle parti, qual è il cantore la cui voce possa spiccare? […] Alla soavità e dilicatezza che spiccano nelle composizioni italiane, si è saputo innestare la novità de’ passaggi e lo stile agiato e torrente che proprio sembra di alcune scuole tedesche, fra le quali campeggia quella del celebre Giovanni Stamitz, boemo di nazione, scrittore fecondo e rapido di fantasia inventrice, di prontissimo ingegno, e che tra i suonatori ottiene il medesimo luogo che Rubens tra i pittori. […] [10] Ma come verranno rappresentate dal cantore il dolce sibilo, il susurro blando e lo scherzevole tremolio di quel venticello che soavemente romoreggia tra le frondi? […] [23] Rispetto ai recitativi obbligati se prendono a disaminarsi imparzialmente le carte musicali si troverà che rare volte si conserva in essi il vero loro carattere, ch’è quello d’essere una cosa di mezzo tra il tuono della declamazione ordinaria e quello della melodia. […] il compositore frammette tra il “fulmine” e il “risolve” un silenzio nella voce per sedici semicrome, che non viene indicato in alcun modo dal senso delle parole.
Parlando adunque delle regioni che portano incontrastabilmente il nome onorevole di spagnuole, noi troviamo nella Catalogna prima in Barcellona, indi in Tortosa l’accademia della Gaya Ciencia, e parimenti tra gli Aragonesi alcuni poeti degni di mentovarsi.
Parlando adunque delle regioni che portano incontrastabilmente il nome onorevole di Spagnuole, noi troviamo nella Catalogna prima in Barcellona, indi in Tortosa l’accademia della Gaya Ciencia, e parimente tra gli Aragonesi alcuni poeti degni di mentovarsi.
Scrisse più di quaranta commedie tra le giovanili e sconfessate, e quelle che più recarono in alto la fama di lui.
Il primo attore, in sulla porta, chiamava il pubblico a suon di tamburo, poi correva a sostenere il suo, o i suoi personaggi nel Sior Serafin Bonigolo, ad esempio, dai Storti del Dolo, vestito tra l’antico e il moderno, con lungo soprabito alla napoleonica, e con elmo e spada alla greca.
S. onde restò colà senza Compagnia, lontana da modona miglia 365 et ricevuto il Commando di douer venire a Modona, e non uenendo, perdita de beni, confiscatione di tutto, e perdita della vitta del Consorte, hauendo tra il viaggio fatton e tempo in Napoli ha dimorato, consumato quelle sostanze haueua, per incontrar le sodisfationi di V.
In una escursione all’estero ed anche in Italia (tra il 50 ed il 59) diede accademie di declamazione distribuendo agli intervenuti un elenco di titoli di un migliaio di poesie : da alcuni canti della Divina Commedia al Delenda Cartago ; da dei brani dell’Ariosto alla Secchia rapita ; da un brano della Gerusalemme liberata, a certi sonetti metà in italiano, metà in dialetto, che diceva con una comicità ed una naturalezza incantevoli, non trascurando poesie patriottiche assai compromettenti in quell’epoca ; e dal 59 al 66 fu sempre fra i primi a declamare in pubblico le cose del Dall’Ongaro, del Mercantini, del Prati, ecc., ottenendo ovunque successi invidiabili per il vivo sentimento patriottico che in esse sapeva trasfondere mercè i palpiti veri che gli venivano dal cuore.
Il Quadrio si confonde tra la Delia e la Celia, la Malloni, attribuendo a quella le lodi di questa, e citando persino come errore di stampa il nome di Delia nel libretto di poesie in lode di lei che andremo scorrendo, e che ha per titolo : LE FUNEBRI | RIME, | di diversi eccell. | autori, in morte della signora | CAMILLA ROCHA NOBILI | comica confidente detta | DELIA. | raccolte da francesco antonaz | zoni, comico confidente detto | ortensio. | dedicate all’illustriss.
Per altro non mancavan tra loro quei macchiavellisti in amore, i quali noi credevamo non potersi trovare fuorché nei secoli della corruzione. […] Non modulazioni lussureggianti, non vana ostentazion d’inflessioni, non soverchio tritume di note, ma sobrietà bensì, e gastigatezza, e proporzione esattissima tra le parole e i suoni, cosicché ad ogni sillaba non più corrisponde che una sola nota. […] Ma gli Spagnuoli, i Francesi e i Fiaminghi, che si veggono privi di testimonianza così autorevole, si consoleranno nella perdita loro ripensando a tanti altri illustri scrittori suoi nazionali, i quali hanno siffatta gloria tra essi e gl’Italiani meritevolmente divisa50. […] Fohi il primo, o tra i primi Imperatori della China fu musico e poeta, e inventò molte cose in queste due arti. […] L’unica ragione da me addotta non fu dunque la poca analogia tra il timido e freddo poetare degli uni, e l’ardito e fervido degli altri.
Ed ecco che si contravviene dirittamente all’intendimento della rappresentazione e se ne toglie via l’effetto, distaccando gli attori dal rimanente della decorazione e trasportandogli di tra le scene nel bel mezzo della platea. […] Quale sia il fondamento di cosi raffinata invenzione, è facile a vedersi: la similitudine cioè, o l’analogia, che immaginarono doversi trovare tra il suono reso dalla campana e la figura della campana che il rende.
S’intitolano I el Viejo y la Niña (il Vecchio e la Fanciulla), II la Mogigata, che tra noi meglio s’intitolerebbe la Bacchettona, trattandosi di una giovane che dà ad intendere di volersi chiudere in un chiostro austero, e III la Comedia Nueva. […] Se v’ha tra gli esteri chi abbia con proprietà espressa in altro linguaggio, senza alterar l’originale, l’energia dell’Inglese, secondo me debbe contarvisi il sig.
Ma se tu prendi a paragonarle cogli originali Greci, da cui furono tratte, e ogni cosa di seguito e diligentemente tra lor confronti, cominciano le Latine pur troppo a cader di pregio e a svanire al paragone, così sono esse oscurate dalle commedie Greche cui in vano cercano di emulare“. […] Leggansi le savie riflessioni del dotto Brumoy citato dal nostro Autore poste dopo il confronto da lui fatto tra l’Ippolito di Euripide e la Fedra di Racine.
S’un huomo di qualità si piglia qualche licenza ad una mensa tra convitati, passa per huomo senza cerimonie ; ma un poveretto per scrianzato. […] E nella Scena X dell’Atto I tra Lavinia e Scappino : Lav. ….
Spiccano tra esse la Falsa Divota, la Donna Ammalata, il Biglietto del Lotto, nelle quali si dipingono al naturale i costumi correnti. […] Il suo Deista riscosse grandi applausi nel proprio paese e tra gli esteri. […] Il re quasi appena asceso al trono tra i travagli e le spese della guerra volle dedicare questo monumento al gusto della musica e delle arti, e vi chiamò con molta spesa gli attori musici dall’Italia e la compagnia de’ balli da Parigi.
Gli abitanti di essa (si riferisce da Cooka) tra varii balli eseguirono una spezie di farsa drammatica mescolata di declamazione e di danza; benchè noi eravamo pochissimo versati nel loro idioma, e perciò incapaci di comprenderne l’argomento.
Lontano fatalmente dalla famiglia, a cui non può mai pienamente sostituirsi nessuna amicizia, anche se rara e quasi favolosa come fu quella che tra molte ti sapesti meritare, tu muori, o amico, con l’amarezza nel cuore e il pianto negli occhi ; tu che eri avvezzo a sentirti sonare dintorno il vasto riso dei popolosi teatri, suscitato dalla tua comicità arguta e gentille.
Gran parte dell’invernata del 1576 il Pellesini passò a Firenze, e questo sappiamo da una lettera del Commissario Capponi al Granduca, riferita dal D'Ancona : poi fu a Pisa, poi a Lucca, poi di nuovo a Pisa, dove però non gli fu concesso di recitare per certi scandali amorosi ch' eran tra le donne della Compagnia.
Il maggio del 1742, si recò a recitare a Fontainebleau davanti alla Corte, nonostante alcuna indisposizione, ch'egli aveva avuta, e ritenuta passeggiera, sul finire dell’aprile ; ma l’11 di maggio, côlto da male improvviso, mentre passeggiava nelle foreste, potè appena metter piede in casa, ove, caduto a terra privo di sensi, morì in poche ore tra le braccia della zia Belmont.
La stessa necessità di darle una giusta grandezza l’obbligò ad un maneggio tra il Moro e l’assediato Gusmano, ed a fargli parlare l’uno dal suo campo l’altro dalle mura. Non bene apparisce in qual maniera avesse l’autore ideato il luogo dell’azione per rendere in tanta distanza quanta esser dovea tra un campo che assedia ed una piazza assediata, verisimili tali conferenze, e specialmente tutto l’atto III. […] E quale analogia v’ha tra Megara capo e difensore amato da’ Numantini per vantaggio de’ quali offre di morire, con Tarquinio tiranno oppressore abborrito dal suo popolo? […] Manrique aggiugne che Alfonso sette anni prima vinse i Saracini nella battaglia data en las Navas di Tolosa tra Sierra-Morena e Guadalquivir, la quale però fu posteriore alla morte di Rachele. […] Questa è la differenza che passa tra una vera esecuzione di giustizia ed un evento esposto sulla scena tragica.
Il primo incontro della figliuola col re nell’atto II è quale avviene nella tragedia greca tra Ifigenia ed Agamennone, gli stessi equivoci sentimenti e ’l medesimo cordoglio raffrenato all’apparenza in Sileno, le stesse naturali ed innocenti dimande sulle sue nozze in Alcinoe. […] L’Alcippo breve componimento e pregevole per varj passi espressi con nobiltà meritò di esservi inserito pel carattere del protagonista ottimo per la tragedia, mentre Alcippo illustre e virtuoso Spartano accusato d’intelligenza col re de’ Persi da un malvagio che falsifica il di lui carattere, dà motivo a varie situazioni interessanti e patetiche tra lui e la sua tenera consorte Damocrita, e alle di lui magnanime querele che palesano l’uomo grande che soffre e si lagna con moderazione. […] Egli seppe rendere teatrale e interessante la violenta morte su di un palco data al legittimo padrone del reame di Napoli e di Sicilia, con fare che l’Angioino Carlo I tra Federigo duca di Austria e Corradino duca di Suevia e re di Napoli suoi prigionieri ignorasse, Chi Corradino siasi e chi’ l Cugino. […] Sofocle introdusse la gara di Crisotemi colla sorella nell’Antigone; Euripide tra Pilade ed Oreste col proposto cambiamento di nomi nell’Ifigenia in Tauride imitata indi dal Rucellai nell’Oreste; nell’Ariosto Ruggiero generosamente prende il nome e le armi dell’amico Leone per esporsi al furore di Marfisa; Olinto nella Gerusalemme del gran Torquato vuol comparir colpevole del furto confessato da Sofronia per morire in di lei vece; il Porta nel suo Moro adoperò ingegnosamente l’artifizio e l’eroismo narrato dall’Ariosto nell’avventura di Ruggiero e Leone; nella Filli di Sciro Tirsi e Filli gareggiano come Crisotemi e Antigone per farsi punire e salvar l’amante.
Gli attori però sono tutti Americani, e tra essi intorno a cinque o sei lustri indietro (per quel che mi narrò in Madrid un negoziante di Cadice che vi avea passata una parte della vita) spiccava una bella e giovane attrice figliuola di una Peruviana e di un Italiano chiamata Mariquita del Carmen, e conosciuta pel soprannome di Perrachola. […] Dispiacquegli (vedi la III dissertazione di que’ suoi curiosi Saggi Apologetici troppo presto obbliati) che io numerassi tra gli argonauti Italiani, che aprirono il cammino del Nuovo Mondo agli Europei, il Vespucci ed il Cabotto.
Di tra i giudizi dati all’illustre Uomo, scelgo il seguente di Ernesto Rossi : Vidi Tommaso Salvini rappresentare la parte di Egisto nella tragedia classica, Merope di Maffei : e come lo vidi allora, lo tengo sempre scolpito in mente. […] E di tra le tante testimonianze di ammirazione e di gratitudine ch'egli ebbe da tutti i pubblici nostri e di fuori, scelgo il bel sonetto di Paolo Costa che la Direzione degli Spettacoli di Faenza gli offriva il 20 luglio 1861 : a TOMMASO SALVINI insigne attore italiano nel duplice aringo di melpomene e di talia a niuno secondo la direzione degli spettacoli in segno di altissima ammirazione Se avvien che l’uom per questa selva oscura de la vita mortale il guardo giri, e vegga con che legge iniqua e dura amore i servi suoi freda e martiri ; e quale avara ambizïosa cura faccia grame le genti, e i Re deliri, esser non può, se umana abbia natura, che al destin non si dolga e non s’adiri.
Parmi nondimeno, che questo dottissimo uomo non sempre abbia ragione quando é portato a credere, che le rappresentazioni de’ sacri misteri ed altre pie farse, fatte nel XIII e XIV secolo, fossero state quasi tutte mute, cioé che in quelle gli attori si componessero negli atteggiamenti propri de’ personaggi, cui rappresentavano, ma non venissero tra loro a dialogo.
Pur talora t’imbatti più qua più là in scene di una tal qual finezza e di effetto teatrale sicuro, qual è questa tra Ersilia e Ostilio, la sesta dell’atto primo : ………………………..
Fu anche autore di più opere or con buona or con cattiva fortuna, tra cui migliore di tutte La mamma di gatt.
Il famoso Antonio Moreto tra tanti altri, osservò che questa meccanica divisione di Atti e di Scene fu invenzione de’ Gramatici posteriori, e non degli Antichi, e nel risorgimento delle Lettere molti la trascurarono. […] Il primo è che egli non ha riflettuto, che tra un Poeta Cristiano e i Tragici Gentili in sì fatte cose non corre uguaglianza veruna; perchè se questi introducevano i loro Numi sulla Scena, ciò facevano per essere essa fondata sulla Religione, pel qual motivo nelle loro utili e necessarie Apologie si scagliarono contro gli spettacoli Scenici i Tertulliani, gli Arnobj, i Lattanzj, i Cipriani, i Giustini Martiri. […] In somma bisogna che essi trovino corrispondenza tralle immagini apportate dalle parole del Poeta, e tra quelle che conservano nella fantasia; dalla qual comparazione risulta il loro diletto e la loro istruzione. […] Questo Letterato detestava gli errori scenici de’ suoi compatrioti (e noti l’Apologista che allora fiorivano i Drammatici Andaluzzi nominati dal Cueva, e tra essi spiccava l’Autore delle Mille Tragedie); e mostrava di avere gusto migliore; e quindi così declamava1.
Interloquisce tra gli altri personaggi Pluto Dio delle ricchezze, Mercurio, e la povertà. […] Gli ateniesi provando sommo diletto nelle di lui commedie, non contenti di applaudirlo in teatro, a piena mano gittavano fiori sul di di lui capo, e menavanlo per la città tra festive acclamazioni; anzi con pubblico decreto gli diedero la corona del sacro olivo, ch’era il maggior onore che far si potesse a un cittadino. […] Platone poeta comico, contemporaneo di Aristofane, é tenuto per il primo tra quelli che si distinsero nella commedia di mezzo e compose intorno a trenta commedie, delle quali a noi non son pervenuti se non pochi frammenti. […] Laonde essendosi anche col progresso degli anni sempre più accresciuta tra i francesi de’ nostri giorni questa lusinghiera e vanitosa opinione del proprio merito, non é da stupirsi, se mettano quasi in non cale l’antica letteratura; quindi il dotto e giudizioso abate Arnaud ha ben ragione di dire: «On peut au temps où nous sommes, regarder, du moins à beaucoup d’égards la littérature ancienne comme étrangère».
Al dir del medesimo istorico, le divisioni sanguinose che si rinnovavano incessantemente tra il sovrano e la nobiltà, ed il furor cieco con cui i baroni guerreggiavano tra loro, empivano di tumulto e confusione tutte le provincie Spagnuole; i saccheggi, le prepotenze, gli omicidj divennero sì comuni, che in questo stato di disordine non solo fu interrotta ogni sorte di commercio, ma rimaneva appena qualche comunicazione aperta e sicura da un luogo all’altro. […] Nella II al tit. 21 si parla in 25 leggi de’ duelli, e tra esse nella 13 e 14 s’insegna il modo di fare i cavalieri e gli scudieri; e nella 21 si dice che gli antichi cavalieri combattevano a favor degli aggraviati. […] Ebbero questi conquistatori, per governare sì la propria nazione tra noi traspiantata, che gl’ Italiani che volessero soggettarvisi, il celebre editto di Rotari settimo re d’Italia pubblicato nel 643, quello di Grimoaldo del 668, i capitoli di Luitprando incominciati ad uscire dal 713, quelli di Rachi del 746 e di Astolfo del 753.
Rapin, benché più dotto, più erudito, mancava di cuore, non sentiva quanto basta per giudicar diritto de’ componimenti drammatici, e perciò sconobbe la tragica maestà e ’l patetico del Torrismondo, e tra le sue madornali eresie letterarie pose in un fascio italiani e spagnuoli. […] Egli é solo da osservarsi nella tragedia del XVI secolo, che i soprallodati peregrini ingegni italiani, benché nel farla risorgere seguissero, e forse con cura anche soverchio superstiziosa e servile, l’orme de’ greci, non pertanto la spogliarono della musica che tra questi l’avea costantemente accompagnata; dappoiché essi altro allora non si prefissero se non di rimettere sui nostri teatri la forma del dramma de’ greci, non già il loro spettacolo con tutte le circostanze accidentali. […] Occupa (dice Apostolo Zeno) tra le più stimate pastorali il terzo luogo la Filli di Sciro del conte Guidubaldo Bonarelli che rapportiamo qui, benché fosse impressa ne’ primi anni del secolo seguente 1607 in Ferrara. […] Non si sarebbero mai immaginato i moderni anfioni teatrali, che i primi cantanti, ovvero istrioni musicali, sieno stati l’Arlecchino, il Pantalone, il Dottore162 ed altre maschere; e pur tra queste cominciò l’opera. […] E che altro produce quest’effetto maraviglioso in tutti i secoli e in tutti i paesi, se non quella tacita convenzione tra l’attore e l’uditorio che sussiste e sussisterà mal grado di tutti i possibili gazzettieri e ragionatori filosofici dell’universo?
É rimarchevole in questa tragedia la tenera scena d’amicizia tra Pilade e Oreste, colla quale termina l’atto III senza coro. […] In Racine l’interesse dominante si divide tra Fedra, Ippolito, e Teseo; in Euripide é tutto per Ippolito da principio al fine. […] Appresso in Euripide vi é una scena tra un vecchio e Antigone, che d’alto stanno osservando l’armata argiva, e ne vanno descrivendo i capi; il che é un imitazione felice di un patto del III libro dell’Iliade, che pur fu dal Tasso trasportato nella Gerusalemme. […] Le Supplici d’Euripide si aggirano sulle conseguenze dell’assedio di Tebe, e sulla sepoltura negata da’ tebani ai capi argivi, doveché le Supplici di Eschilo, come si é detto, trattano delle Danaidi; pur queste due tragedie hanno tra loro qualche rapporto per la condotta. […] Vi é nell’atto IV una scena totalmente comica tra l’infelice Penteo già fuor di senno, vestito come una baccante, e tra Bacco che gli va rassettando la vesta e l’acconciatura.
Forse io solo tra gli Stranieri ho cercato con diligenza rinnovare di tali poche Tragedie la memoria: e questa cura, che non può al certo nascere da un animo avverso e invidioso delle glorie letterarie della Spagna, non mi ha salvato da’ morsi Lampigliani per quel poco di compassione da me mostrata.
Fiorirono tra gli antichi scozzesi ed irlandesi di origine celtica moltissimi cantori appellati parimente bardi, nel cui ordine sembra che avessero luogo ancor le donne per quello che apparisce dal poema d’Ossian, intitolato I Canti di Selma: ……………… Vedi con esso I gran figli del canto, Ullin canuto, E Rino il maestoso, e ’l dolce Alpino Dall’armonica voce, e di Minona Il soave lamento3 Lino, Orfeo, Museo, Omero, ec. finirono in Grecia prima che scrivessero in prosa Cadmo ed Ecateo Milesi, e Ferecide Siro, maestro di Pitagora.
In tale esercizio singolarmente contraddistinguonsi le ballerine di Surate nel Guzurate, penisola posta tra l’Indo e ’l Malabar, le quali da’ portoghesi chiamaronsi Bayladeras.
L’Italia conta i cardinali Bibiena, Delfino, Pallavicini tra gli scrittori drammatici, e San Carlo Borromeo che di propria mano correggeva le rappresentazioni de’ commedianti; il nobile Bentivoglio, i tre grandi epici Trissino, Ariosto, Torquato Tasso, il bravo istorico e politico sommo Machiavelli, e Salviati e Secchi ed il patrizio veneto Antonio Conti, e il duca Annibale Marchese, e Scipione Maffei, e Bernardino Rota, ed Angelo di Costanzo, e il duca Gaetani di Sermoneta, e cento altri personaggi chiari per nascita e letteratura e per gradi, intenti a promuovere co’ loro lavori gli avanzamenti della teatral poesia.
Platone poeta comico contemporaneo di Aristofane è tenuto pel primo tra quelli che si distinsero nella commedia mezzana.
Biancolelli Giuseppe Domenico, figlio della precedente, più noto in Francia col solo nome di battesimo « Dominique, » nacque a Bologna nel 1646 secondo i più, compreso lo Jal ; tra il’37 e il’38 secondo Carlo Cantù (Buffetto), il quale nel citato Cicalamento ci avverte aver avuto Menghino, il minor figlio d’Isabella, al 1645, sette anni e mezzo.
I critici nazionali decideranno qual sia il più scempiato componimento di questo secolo tra questa Briseida ed il Paolino di Añorbe y Corregel. […] Ciò si disapprovò da i più, tra perchè si tolse a chi entrava la prima vaga e dilettevole occhiata di tutta la gran sala illuminata e abbellita dalle maschere, tra perchè il luogo ne divenne assai freddo, umido e nocevole alle maschere vestite di leggiera seta.
Qual discordanza tra l’uno e l’altro! […] Ora se v’ha tra lumi somministrati dalla ragione rischiarata (oltre delle scienze esatte e delle leggi e della stessa moral filosofia) un educatore di simili circostanze rivestito, non merita egli al pari delle scientifiche cognizioni gli applausi degli amici dell’uomo?
A un dato momento egli sentì che il suo dire caldo, sincero, impulsivo aveva determinato tra lui e l’ascoltatore una specie di corrente elettrica, tal che alla fine della gran scena con Leonardo, il pubblico, rimasto fino a quell’ora immobile e muto in una religiosa attenzione, scoppiò in un grande e lungo applauso, a cui si congiunse il bravo alto e vivo dell’artista Papadopoli, il suo egregio compagno di scena. […] Non vi fu città, si può dire, nostra o forestiera, in cui l’estro poetico, non si risvergliasse a dir le sue lodi : tra i tanti versi (ve n’han già dell’83, quand’egli era al Pantera di Lucca, presagenti la gloria futura) scelgo questi di Achille Testoni, dettati l’ottobre del '95 quando al grande attore drammatico | vanto dell’arte italiana | il pubblico modenese | l’entusiasmo più alto e sincero | addimostrava.
La stessa necessità di darle una giusta grandezza l’obbligò ad un maneggio tra il Moro e l’assediato Gusmano ed a farli parlare l’uno dal suo campo l’altro dalle mura. […] V’è analogia tra Megara capo e difensore amato di Numanzia, per la quale vuol morire, con Tarquinio re tiranno, oppressore, abborrito dal suo popolo? […] Questa è la differenza che passa tra una vera esecuzione di giustizia ed un evento esposto sulla scena tragica. […] Rimane a parlare di tre esgesuiti spagnuoli tra noi traspiantati, i quali hanno speso onoratamente il loro ozio in comporre tragedie in italiano, cioè dell’ab. […] Con pace di questo letterato ch’io pregio, io veggo troppa distanza tralla Sofonisba e la Nise, e tra il Bermudez e ’l Trissino.
Se il Maffei non vinse i tragici più insigni, tra essi al certo degnamente si frammischia e passeggia onorato.
È il solito dialogo tra pubblico e Stenterello, in cui questo chiede a quello la somma per soddisfare agli assunti impegni.
La moglie Teodora, tornata da Parigi, continuò a recitare, divisa dal buon marito, il quale, pover’uomo, nell’articolo che la concerne, le ricordava con semplicità non mai intesa, « che l’onestà è un pregio stimabile, che il marito non deve trascurarsi, che le vanità del mondo sono fugaci, e che la moglie onorata ama il Consorte, nelle disgrazie il solleva, e nol rende avvilito tra le dicerie del volgo, potendo colla di lui cooperazione esser anch’egli d’efficace sostegno alla propria famiglia.
I dissapori, le battaglie, le accuse a Don Giovanni de' Medici, (il capocomico), e le scuse poi, le invidie, gli scandali sulla scena tra i partigiani di Celia e quelli di Lavinia (l’ Antonazzoni), le sonore fischiate a quella in pubblico teatro, e le pubbliche difese dello Scala, e le lettere di Celia, sono pubblicate e chiarite in un articolo di Achille Neri, uscito nella Scena illustrata del 1° agosto 1887.
che, feritosi gravemente, cadde alienato di sensi, e quando rinvenne, si trovò nel suo letto, circondato dagli amici, tra i quali si potè contar da quel punto il grande astigiano.
Batista Mamiano, che le dedicò, ancor giovine, i due seguenti madrigali, pubblicati poi tra le sue rime a Venezia il 1620.
Quando l’arte si mostra più della natura, lo spettatore si sovviene dell’autore, lo vede passeggiar tra gli attori, riflette alla realità, e svanisce ogni illusione. […] A quelli giorni il teatro italiano, il francese, e lo spagnuolo ancora fremerebbe a una scena simile alla III dell’atto III tra madama Orgone e M. […] La generosità di Filto che vuole perdere per un tempo piuttosto la sua riputazione, che mancare di fedeltà all’amico, é un tratto ammirabile; ma l’idea della scena tra Raps e Anselmo é quasi degna di Molière. […] Il signor Weiss che avea già fatte alcune canzoni assai pregiate in Germania, volle anche scrivere molti componimenti teatrali, e dare al dramma tedesco un carattere particolare contenendoli tra quello degl’inglesi e quello de’ francesi, e prendendo da amendue il meglio.
In questa rivalità certo mio padre in quel tempo avrebbe trovato molti ostacoli se tra Ernesto Rossi e Gattinelli non si fosse manifestata una incompatibilità di carattere molto favorevole per il giovane attore. […] Giudicar Cesare Rossi nel periodo estremo dell’arte sua, quando le poche figure che ancor presentava, tra le tante che lo poser sì alto, eran già sbiadite, alternate con le figure nuove, a mostrar le quali il vecchio metodo e il vecchio spirito non eran capaci, è, per lo meno, ingiusto.
Anche madama Alard contasi tralle famose ballerine di quel tempo, come tra gli uomini di maggior nome si distinsero Dauberval, e l’italiano Vestris traspiantato in Parigi. […] Quanto alla musica possiamo noverare tra i drammi serii Ecuba di Milcent animata dalla musica di Fontenelle nuovo maestro che meritò qualche attenzione del pubblico, ad onta delle parole poco applaudite. […] Si sono parimenti arrollati tra gli scrittori del Vaudeville Despres, Deschamps, e i due Sègur.
Ora di questa Città, anche a’ tempi di Pomponio Mela abitata da’ Fenicj venuti dall’Africa, trovansi sparse le rovine per una lega e mezza, e veggonsi tra esse i vestigj di un Teatro, ed anche di un Anfiteatro.
Scelta dolorosa tra il pugnale, e la pistola!
E in una nota, dopo di aver invocata da Milano al meno una pietra che ricordi il nome del grande artista, nato e cresciuto tra le sue mura, si domanda il perchè egli mettesse quel De al Marini che era il suo vero casato.
Recitava le parti di Graziano nella Compagnia dei Comici Confidenti, che tanto grido levaron tra noi e in Francia nella seconda metà del sec.
« L'avvenire del teatro veneziano – egli disse una sera dell’ottobre '98 al Rossini di Venezia in una intervista con Renato Simoni – sarebbe splendido, ove, tolti di mezzo gli ostacoli, non creati da me, che dividono la nostra Compagnia da quella di Gallina, ci trovassimo uniti tra i migliori : Gallina, Benini, Privato, la Zanon, io, e i più buoni elementi delle due Compagnie.
Qual taccia daremo al Dione per non riporlo tra le prime tragedie italiane ? […] Parmi vederla, Parmi ascoltarla ancor, che tra i singhiozzi Ignoti sensi mormorava, e il nome Di Dario ripetea. […] Anche l’interesse pare che si divida tra Oreste ed Ermione, benchè non isconvenga. […] La gioventù studiosa vi scorgerà molti squarci eccellenti nelle scene tutte di Pilade ed Oreste, in quella dell’ atto III tra essi ed Ifigenia, nell’ ultimo patetico congedo di Oreste coll’ amico nella scena terza dell’ atto IV. […] Qual cosa v’ha di più grande della seconda scena dell’ atto III tra Cesare e Bruto ?
Le commedie erano non lunghi colloquii tra due o tre pastori e una pastorella, o tra pochi personaggi assai bassi. […] Vuolsi avvertire però che tra questi io non pongo quel Vasco Diaz Tanco de Fregenal, che altri leggermente pretese che avesse scritte tragedie prima de’ suoi compatriotti e degli stessi Italiani. […] Lampillas in punto di poesia drammatica si è accreditato di poco intelligente non solo colle sue critiche, ma colla scelta che fece di alcune commedie assai deboli e difettose nel voler mentovare le migliori della nazione; là dove l’avviso del Montiano al suo confronto ha troppo gran peso, tra perchè ne’ suoi Discorsi questo Spagnuolo mostrò saviezza, intelligenza e sobrietà, tra perchè come autore di due tragedie ben condotte è giudice competente in simili esami. […] Garcia de la Huerta (cui uniremmo il volgar Saynetero Ramòn La-Cruz, se meritasse di contarsi tra gli scrittori almen dozzinali), il quale senza saper punto nè poco l’Italiano, e per conseguenza senza aver letta o compresa la mia Storia, affettò di mostrar per essa un cieco ma orgoglioso disprezzo, non per altro se non perchè il pubblico l’ approvava e Lampillas l’impugnava.
Laudivio, poeta natìo del regno di Napoli137, e uno tra coloro che componevano l’accademia del Panormita, compose anche una tragedia latina in versi giambici, divisa in cinque atti, dedicata al duca di Ferrara Borio d’Este, e intitolata De captivitate Ducis Jacobi. […] Poggio Fiorentino fu tra i ritrovatori di antiche opere celeberrimo, né ad alcun’altro in questo genere di gloria cedé Tommaso da Sarzana, che poscia sotto il nome di Niccolò V. montò sulla cattedra di San Pietro, oltre a molti altri, de’ quali parla colla sua solita dottrina ed esattezza il sopralodato storico della letteratura italiana.
Nato di nobili parenti, non si sa dove, nè quando, ma fiorito tra la seconda metà del secolo xvi e la prima del xvii, fu artista sommo per le parti di Innamorato. […] A essa, come ho già detto, preluse con parole di molta lode Francesco Andreini, tra cui queste : Che il signor Flaminio Scala detto Flavio in Comedia, per non far torto all’ordine suddetto, e tanto da buoni filosofi lodato, nella sua gioventù si diede all’ esercizio nobile della commedia (non punto oscurando il suo nobile nascimento) e in quello fece tanto e tale profitto ch' egli meritò d’esser posto nel numero de' buoni comici, e fra i migliori della comica professione.
D’altro canto per allegare quelle poche fonti francesi, il sodale di Orsi non aveva certamente bisogno del soggiorno parigino: Ménestrier (Des représentations en musique anciennes et modernes, 1685), con cui dialoga sulla questione della musica antica, gli arrivava dalla disputa tra Fontanini e Muratori sulla natura della tragedia antica se cantata interamente o solo in parte22, i tragici francesi citati — tra cui anche Philippe Quinault — erano tutti noti in Italia, ripetutamente allestiti sui palcoscenici romani e bolognesi, se non addirittura tradotti da Martello. […] : passo non rinvenuto, che allude, comunque, al dialogo tra Elena e Elettra nell’Oreste euripideo (vv. 71-109). […] [commento_3.78ED] Nel confronto tra Racine e Corneille la preferenza accordata al secondo è motivata in quanto più prossimo a un ethos eroico. […] [commento_4.15ED] È forse lecito scorgervi una punta d’ironia nella discrepanza tra i Francesi in patria e quelli all’estero. […] Martello, Del verso tragico, p. 182, laddove apprezza dell’alessandrino la lunghezza versale sia perché duttile allo scambio dialogico sia perché consente una giusta distanza tra le rime che, se troppo ravvicinate, snerverebbero il verso con la loro eccessiva frequenza.
E come sarebbe dall’Attica passata la scenica in Italia, quando vari monumenti storici ci assicurano, che ancor dopo molte età, per la solita primitiva gelosia nazionale, neppur tutti i piccioli continenti italiani si conoscevano tra loro?
Come poi sarebbe dal l’Attica passata la scenica in Italia, quando varj monumenti istorici ci assicurano, che ancora dopo molte età, per la solita primitiva gelosìa nazionale, neppure tutti i piccioli continenti Italiani si conoscevano tra loro?
Come poi sarebbe dall’Attica passata la scenica in Italia, quando varj monumenti istorici ci assicurano, che ancora dopo molte età, per la solita primitiva gelosia nazionale, neppure tutti i piccioli continenti Italiani si conoscevano tra loro?
Fu anche il Bellotti scrittor di commedie, tra le quali Spensicratezza e buon cuore non compiutamente bandita dal nostro teatro, in virtù dell’interesse che ne desta l’intreccio e della vena di comicità di cui abbonda.
Di lui, degli aneddoti che van per le bocche di tutti su di lui, molto scrisser tra gli altri e il citato Arrighi e Jarro e il Fontana.
Ma dove ella è grande, è più grande di tutte. » La società con tanta modestia e direi meglio povertà costituita, andò innanzi dodici anni tra l’ammirazione e l’applauso di ogni pubblico, esempio unico di artistica fratellanza.
Nell’Archivio di Modena giacciono, tra l’altre, inedite alcune lettere di lui, o lui concernenti, dalle quali possiamo avere qualche notizia sicura sull’arte sua e sulla sua vita di comico.
Giulio Messala negò il proprio patrimonio a’ parenti, e lo divise tra gl’ istrioni. […] L’ antichissima festa de’ Tabernacoli, in cui gli Ebrei divisi in cori cantavano inni al Creatore, tenendo in mano folti rami di palma, di cedro o di altro, conteneva alcuna parte di que’ semi che altrove diedero l’origine alla poesia drammatica; ma pur non si vede che tra gli Ebrei l’avessero prodotta. […] e quella che correva tra Atene emula di Serse, e tralla Grecia poi avvilita sotto i Macedoni, o Roma donna del Mondo, o la Francia di questi tempi?
Si espone nell’atto I la pugna stabilita tra gli Orazii e Curiazii per decidere il fato di Alba e di Roma; e Celia Orazia moglie di un Curiazio è oppressa dall’immagine di una pugna che debbe in ogni evento riuscire per lei funesta. […] Orazio le succede; e l’interesse in tutta l’azione trovasi diviso tra due personaggi. […] L’azione passa tra personaggi particolari; privati ne sono gl’interessi; ed in quel tempo non parvero degni della tragedia reale. […] Meritano di mentovarsi tra que’ tragici del secolo di cui parliamo, i quali si astennero dal trascrivere gli argomenti del greco coturno, Francesco Mondella, e Valerio Fuligni di Vicenza. […] Pongo tra questi l’oscuro provinciale Juvenel de Carlencas compilatore di un infelice Saggio sulla storia delle belle lettere, da cui fu il Torrismondo chiamato parto debole di un ingegno stravolto.
Fu un buon amoroso, e recitò applauditissimo nella Compagnia di Pietro Rossi e in quella di Giovanni Roffi di Firenze, dove con molto onore recitava ancora tra l’ 80 e l’ 81.
Vi furono alcune Pastorali pregevoli, tra le quali spiccano quelle del Chiabrera, del Bracciolini, e del Bonarelli. […] Non tacquero i Teatri degli Strioni, che doveano cercar del pane, e seguirono colle loro favole dell’Arlecchino chiamate Dell’Arte, perdendo sempre più il concorso, tra perchè l’Arlecchino giva invecchiando, tra perchè l’Opera riempiva tutti i voti, benchè la Poesia vi andasse degenerando.
Non mancava la Grecia di ciurmatori, e tra questi alcuni che portavano il nome di Neurospasti. […] Criticastri infelici, che non meritando neppure per la vostra superficialità di essere ascritti tra più volgari eruditi vi vantate orgogliosamente sacri ministri della filosofia, che nominate sempre, e non conosceste mai; oserete voi gonfiando la bocca rinfacciare i Potini ad Atene, gli orsi e i funamboli a Roma, i duelli de’ galli, e il teatro della teste di parrucche di Fout a Londra, gli spettacoli delle fiere e de’ baluardi a Parigi e l’arlecchino all’Italia?
Sin tra gli Assiri, se crediamo ad Ammiano Marcellino, Semiramide introdusse nella sua reggia l’uso di mutilare i cortigiani, allorchè ella regnava sotto il nome e gli abiti del suo figliuolo, per confondere la propria voce femminile colle altre effemminate per arte. […] Potrebbe affermarsi sulla storia che tra’ Greci cominciasse la castrazione ad usarsi per mestier musicale, trovandosi tra essi introdotta intorno al secolo XII.
Non mancava la Grecia di ciurmatori, e tra questi alcuni che portavano il nome di neurospasti. […] Criticastri infelici, che non meritando neppure, per la vostra superfizialità, di essere ascritti tra volgari eruditi, vi vantate orgogliosamente sacri ministri della filosofia che nominate sempre e non conosceste mai, oserete voi gonfiando la bocca rinfacciare i Potini ad Atene, gli orsi e i funamboli a Roma, i duelli de’ galli e il teatro delle teste di parrucche di M.
ri Comici di Mantova, s’ebbero seco diversi ragionamenti, tra quali si concluse parlar con il Sig. […] E. ond’io avendo da questo preso ardire, e confidatomi nella benignità sua dico che mai ho auto bon stomaco con la Nespola per l’interesse passato tra lei e mio marito, e sempre ho cercato di passarmela alla meglio che per me sia stato possibbille, sperando pure che il tempo trovase rimedio per liberarmi.
E nel caso che s’accordasse la proposizione non si può almeno di non negare che nascerà necessariamente una tal distrazione tra la voce principale e le aggiunte, che impedirà quella totale attenzione senza cui è impossibile ottener l’intento di commuovere.» […] Chiunque si prenderà la pena di leggerle troverà ch’io, facendo in quel luogo il paragone tra l’armonia e la melodia, esalta i pregi della melodia in riguardo all’espressione e all’imitazione della natura, e che favellando di essi dico che dobbiamo a lei principalmente «quell’energia dominatrice, che ne componimenti s’ammira de gran maestri». […] Quanto a me ho ritrovato bensì la distinzione tra il recitativo e l’aria come l’ho fatto distesamente vedere nella lunga nota posta alla pagina cinquantesima terza di questo volume, ma non m’è venuto fatto di ritrovare la differenza tra il recitativo semplice e l’obligato. […] Ma la questione consiste nel sapere se al presente vi sia tra i più una buona musica ed una buona poesia; ed ecco ciò ch’io ho negato, e che il Signor Manfredini non m’ha provato finora. E se tra i più non regna il buon gusto nelle anzidette facoltà, io ho avuto ogni ragione di dire ch’esse sono al presente nella loro decadenza; giacché lo stato d’un’arte in un secolo, e presso ad una nazione dai più si misura, e non dai pochi.
L’antichissima festa de’ tabernacoli, in cui gli ebrei divisi in Cori cantavano Inni al Creatore, tenendo in mano folti rami di palma, di cedro o di altro, conteneva alcuna parte di que’ semi che altrove diedero l’origine alla poesia drammatica; ma pur non si vede che tra gli ebrei la producessero.
Naturalmente geloso alimentava una continua discordia e avversione tra ’l monarca e i baroni, tra’ baroni e baroni, e tra’ baroni e ’l popolo.
La bella poesia che somministra alla buona musica il vero linguaggio delle passioni, col quale parlasi nel medesimo tempo al cuore e allo spirito, occupava l’ultimo luogo fra tante cose destinate unicamente a solleticare i sensi; e la fina rappresentazione che da essa ancor dipende, fin d’allora fu un oggetto o non veduto o disprezzato dagl’istrioni musici; Qual differenza, non dee immaginarti che si troverebbe da chi potesse paragonarle, tra la musica e la rappresentazione dell’opera moderna, in cui la verità é sì negletta dagli eutropi teatrali, e della tragedia ateniese, nella quale, secondo che ben si esprime ateneo, trasportato da un divino entusiasmo rappresentava e cantava l’istesso Euripide!
Albertino Mussato Padovano, nato nel 1261, e morto nel 1330, ci fa sapere che già nel 1300 scriveansi comunemente tra noi in versi volgari (cioè facili ad esser compresi da’ volgari, benchè latini) le imprese de’ re, e si cantavano ne’ teatria.
Albertino Mussato Padovano, nato nel 1261 e morto nel 1330, ci fa sapere che già nel 1300 scriveansi comunemente tra noi in versi volgari (cioè facili ad esser compresi da’ volgari, benchè latini) le imprese de’ re, e si cantavano ne’ teatri27 (Nota VII).
Io sono il Pantalone della Compagnia, che attualmente trovasi in Livorno ; nè posso chiamarmi l’infimo tra i miei camerati, e il pubblico non isdegna di concorrere in folla alle rappresenrazioni, alle quali io prendo parte.
Comunque sia, la Rodiana figura prima tra le commedie del Ruzzante (Vicenza, Giorgio Greco, 1584), e senza di essa non sarebbe la fama di lui attenuata, tanti sono i pregi onde abbondano le altre cinque, e le orazioni e i dialoghi rusticani.
Essi furon trovati da Guido Mazzoni tra le carte di lui che venute in mano del Pieri, passarono alla Riccardiana di Firenze.
Figlio di Francesco e Lucia, mantovano, fu, se non il più antico, il più grande certo degli antichi arlecchini, fiorito tra gli ultimi venti anni del '500 e i primi trenta del '600.
E sono tra le fortunate, perchè, come l’Andolfati e la Perotti, non morrò allo spedale.
Che confusione poteva nascere tra due attori, di cui uno recitava in Italia e l’altro in Francia ?
Nell’Ajace detto flagellifero dalla sferza colla quale quest’eroe furioso percoteva il bestiame da lui creduto Ulisse e gli altri capi del campo Greco, tra molte bellezze generali e varii pregi della favola e de’ caratteri, si ammirino con ispezialità le tre seguenti bellissime scene: la situazione patetica di Ajace rivenuto dal suo furore col figliuolo Eurisace e colla sua sposa Tecmessa; la pittura naturalissima della disperazione di Ajace che si ammazza; ed il tragico quadro che presenta la troppo tarda venuta di Teucro ed il dolore di Tecmessa e del Coro allo spettacolo di Ajace ucciso. […] Non vuole adunque il Castelvetro che per gli rappresentatori successivamente introdotti s’intendano tre individui, come si spiegò Laerzio, ma tre classi, e tra esse va ripartendo il ballo, il canto ed il suono.
E’ da notarsi in tal tragedia la tenera scena di amicizia tra Pilade ed Oreste, colla quale termina l’atto terzo senza coro. […] In Racine l’interesse dominante si divide tra Fedra, Ippolito e Teseo: in Euripide è tutto per Ippolito dal principio al fine. […] Copreo araldo di Euristeo viene a domandarli, Demofonte ricusa di concederli, e si accende aspra guerra tra gli Ateniesi e gli Argivi, per cagione degli Eraclidi, cioè de’ figliuoli di Ercole, onde prende il titolo questa tragedia. […] Contemporaneo del grande Euripide fu tra gli altri Senocle che ne’ Giuochi Olimpici restò di lui vincitore colle tragedie Edipo, Licaone, Bacchide, e coll’ Atamante dramma satirico. […] Nominansi tra esse due Edipi, Andromeda, Iceta, Ippolito, Cassandride, Penteo, Pelopida, Telegono.
Questa Gelosia produce varie scene tra Mariane, ed Erode, le quali Voltaire, che su tale argomento compose una Tragedia, punto non si curò d’imitare, tuttochè nomini l’Eraclio di Calderòn per rinfacciare al Corneille l’averne tratto il suo.
Giovanni Fletcher di lui contemporaneo contribuì ancora agli avanzamenti del teatro brittannico, e tra le sue favole passa per eccellente quella che intitolò Il Re non Re.
Lo stesso Fernando de Roxas che la terminò, dice nel prologo di non sa pere tra il Cotta ed il Mena chi avesse composto quell’atto primo.
Diseghe, cara fia, con libertà, Che nol se creda un’ omo sovruman, Che l’ è un Poeta a scriver condannà, Come Santo Bagozzi, in venezian ; E che, se un pochettin l’aspetterà, L’ancuo no xe compagno del doman ; Che quel, che xe stampà, sta tra la zente, Ma cinquanta sbattue no dise gnente.
MADRIGALE Flora di Palestina se rappresenti, o vaga, rapisci i cor ; com’ il tuo bel gli appaga ; e tra schiere d’ amanti porti d’ un ciel sereno in faccia i Vanti : ma poi se ’n gonna umil fatta pentita, piangi gli error della passata vita, fai sì ch’ ognun nel tuo dolore immerso il cor riacquista al ciel nel mal sommerso.
Ma quei dialoghi a sipario calato, semplicioni, bonaccioni, senza una scurrilità, in cui è tanta affettuosa corrispondenza tra pubblico e attore !
Al dir del medesimo istorico, le divisioni sanguinose che sì rinnovavano incessantemente tra il sovrano e la nobiltà, ed il furor cieco con cui i baroni guerreggiavano fra loro, empivano di tumulto e confusione tutte le provincie spagnuole; i saccheggi, le prepotenze, gli omicidii divennero sì comuni, ché in questo stato di disordine non solo fu interrotto ogni sorte di commercio, ma rimaneva appena qualche communicazione aperta e sicura da un luogo all’altro . […] Nella II al tit. 21 si parla in 25 leggi de’ duelli, e tra esse nella 13 e 14 s’insegna il modo di fare i cavalieri e gli scudieri, e nella 21, si dice, che gli antichi cavalieri combattevano a favor degli aggraviati. […] Ebbero questi conquistatori, per governare non meno la propria nazione tra noi traspiantata, che gl’Italiani che volessero soggettarvisi, il celebre editto di Rotari settimo re d’Italia, pubblicato nel 643, quello di Grimoaldo del 668, i capitoli di Luitprando incominciati ad uscire dal 713, quelli di Rachi del 746, e di Astolfo del 753.
Il primo di essi fu Gil Vicente detto il giovine tenuto per più eccellente del padre, e tra i di lui drammi credesi il migliore quello intitolato don Luis de los Turcos. […] Le commedie erano non lunghi colloquii tra due o tre pastori e una pastorella, o tra pochi personaggi di città assai bassi. […] Quì dirò soltanto che il Lampillas in panto di poesia drammatica si è accreditato di poco intelligente non solo colle sue critiche, ma colla scelta che fece di alcune commedie assai deboli e difettose, mentre voleva far menzione delle migliori della nazione; là dove l’avviso del Montiano a suo confronto ha troppo gran peso, tra perchè ne’ suoi Discorsi questo spagnuolo mostrò saviezza, intelligenza e sobrietà, traperchè come autore di due tragedie ben condotte, in simili esami è giudice competente. […] Non così il signor Vincenzo Garcia de la Huerta (cui uniremmo il volgar saynetero Ramòn La Crux, se meritasse di contarsi tra gli scrittori almen dozzinali) il quale senza saper nè punto nè poco l’italiano idioma, e per conseguenza senza avere o letta o compresa la mia Storia, affettò di mostrar per essa un cieco orgoglioso disprezzo tutto suo, non per altro se non perchè il pubblico l’approvava, e Lampillas l’impugnava colle sue snervate forze.
Passiamo a vedere lo stato della drammatica tra gli oltramontani. […] Ma questo insigne istorico in una sua cortesissima lettera scrittami a Genova ne’ 19 di luglio del 1779 si compiacque avvertirmi di aver egli letto in quel codice Veranensis in vece di Vezanensis, siccome dee leggersi per quel che si vede in una lettera del medesimo Laudivio scritta al cardinale Jacopo Ammanati, la quale trovasi impressa tra quelle del medesimo cardinale nel 1506 in Milano.
Il Merinval è pure un’azione tragica del medesimo scrittore avvenuta tra persone private, in cui si scorge la medesima energia nella passione e la medesima tinta lugubre e cupa.
È da notarsi in tal tragedia la tenera scena di amicizia tra Pilade ed Oreste, colla quale termina l’atto terzo senza Coro. […] «In Racine l’interesse dominante si divide tra Fedra, Ippolito e Teseo: in Euripide è tutto per Ippolito dal principio al fine.» […] Pur queste due tragedie hanno tra loro qualche relazione nella condotta. […] Copreo araldo di Euristeo viene a domandarli, Demofonte ricusa di concederli, e si accende aspra guerra tra gli Ateniesi e gli Argivi, per cagione degli Eraclidi, cioè de’ figliuoli di Ercole, onde prende il titolo questa tragedia.
Quando si fosse trattato della qualità della Musica, avrebbe potuto distinguersi tra antica, e moderna; e allora coll’erudito M. […] Anche il Quadrio, il vostro baccalare, Signor Lampillas, adducete tra gl’Italiani che riprendono il Canto nell’Opera. […] Duclos: “Io credo (egli dice2), che potrebbe prendersi un partito di mezzo tra coloro che riguardano la Declamazione degli Antichi come un Canto somigliante all’Opera Moderna, e coloro che stimano che fosse del medesimo genere di quella del nostro Teatro”.
Poche altre tragedie di questo secolo son da porsi tra le bene accolte in teatro, e pochissime tra le applaudite con giustizia. […] E quindi nacque una commedia che partecipava della francese e dell’italiana istrionica; nel qual genere tra’ francesi si sono contraddistinti i signori Autreau, Le Grand, Fuselier, Boyssi, Marivaux, e sopra tutti il delicato Saint-Foix, il fecondo e ingegnoso Favart, e ’l grazioso e spiritosissimo abate de Voisenon, e tra gl’Italiani Domenico, Romagnesi, e Riccoboni.
Di natura e d’amor ambo possenti Leggi che a’ danni miei tutte vi unite, Perchè appunto tra voi sì opposte siete? […] qual taccia daremo al Dione per non riporlo tra le prime tragedie italiane? […] Ma nel IV (quando dovrebbe crescere) già prende un aspetto più pacato per l’esame liturgico su i sacrifizj e i voti tra Ozia e Jefte, la qual cosa sgombra il timore che agitava gli animi col pericolo della vita di Seila, e la compassione quasi non ha più luogo. […] Sono ancora interessanti le tenerezze di Abinadabbo e di Gionata simili in parte a quelle di Pilade e di Oreste nell’Ifigenia in Tauri, e lodevole altresì è la patetica scena quinta dell’atto IV tra Gionata e Saule. […] Tali mi sembrano le seguenti: quella di Penelope nell’atto II, che intende la morte di Ulisse comprovata col di lui manto: la riconoscenza di Ulisse e Telemaco nell’atto III: la scena del IV tra Penelope ed Ulisse chiuso nell’armi, che si parlano con affetti convenienti al proprio stato, e si dividono senza che Ulisse si faccia conoscere.
Un dialogo tra l’Amore e la Gelosia ne forma il prologo, e dichiara le mire di ambedue. […] L’azione passa tra pastori che aspirano alle nozze di Erminia, non conoscendola per quella che era stata regina di Antiochia.
Un dialogo tra l’Amore e la Gelosia ne forma il prologo, e dichiara le mire d’ambedue. […] L’azione passa tra pastori che aspirano alle nozze di Erminia, non conoscendola per quella che era stata regina d’Antiochia.
Il lettore da se giudicherà tra Racine ed Huerta, a qual de’ due meglio competano i gentili elogj d’ignoranza, d’ imbecillità, di meschinità, d’ incapacità, che quest’ultimo declamando profonde a larga mano sul tragico Francese. […] Gli apologisti Spagnuoli doveano contare anche questa favola di Quinault tra quelle che i Francesi trassero da’ loro compatriotti.
Intercalata tra le poesie in lode di Florinda, è a carte 18 la minuta di una lettera senza indirizzo nè firma. […] Sotto a quegli archi, che un bel nero oscuro le due degli occhi suoi serene stelle luce porgean più rilucente e pura che dal nascente Sol l’auree fiammelle ; tali, mentre emulò l’alma natura, pinse all’ eterna Dea l’antico Apelle ; l’antica Dea che pur tra queste sponde, genitrice d’amor, produsser l’onde.
Ei vuole che anche tra le scene trionfi la Religione e l’onesto; quindi l’E.
Allora, tra la sensazione emanante dal personaggio rappresentato, e quella puramente estetica prodotta dalla vista della interprete, esiste una compenetrazione armoniosa, e non si rompe il fascino, per cui Tina Di Lorenzo, sin dal suo primo apparire, si conquistò i pubblici di tutti i teatri di Italia, perchè cioè dava piacere a vederla.
… – Ed è cosi, che ho potuto stabilire la non lievissima differenza che corre tra una traduzione e l’altra, ho potuto stabilire che la versione di Carcano è la più sdolcinata, quella del Maffei la più vibrata, quella del Rusconi la più chiara, e la mia (modestia a parte) la più fedele.
Il Sand annovera Cintio Fidenzi tra i comici che furon nella Compagnia dei Gelosi dal 1576 al 1604.
Il leggitore imparziale da se giudicherà tra Racine ed Huerta a qual de’ due meglio competano i gentili elogii d’ignoranza, d’imbecillità, di meschinità, d’incapacità che lo spagnuolo declamatore temerario profonde a larga mano sul tragico francese; e meglio se ne assicurerà allorchè getterà lo sguardo su i componimenti drammatici del signor Vincenzo, che sembra una immonda arpia di Stinfalo che imbratta e corrompe le imbandite mense reali di Fineo. […] Lampillas, Andres e tutti gli apologisti spagnuoli loro confratelli doveano contare ancor questa favola del Quinault tra quelle che i Francesi trassero da’ loro compatriotti.
I Greci però sono scusabili, perchè il loro coro si fingeva composto di una parte del popolo per cui si rappresentava, e potevano i poeti trarne fuori chiunque per farlo ragionare, e tra tanti non sarà sembrato strano che venisse fuori lo stesso autore come un individuo di quel popolo. […] Dopo qualche disparere tra Ercole e Nettuno si accordano, e dispongonsi le nozze del felice ed empio progettista Pistetero, e terminano gli esercizj spirituali dell’empietà. […] Platone, poeta comico contemporaneo di Aristofane, è tenuto pel primo tra quelli che si distinsero nella commedia mezzana. […] Ebbe Aristofane tra gli altri figliuoli Ararote, Nicostrato e Filetero, i quali e si valsero delle di lui fatighe per farsi luogo sulla scena, e composero essi pure delle favole coltivando la commedia nuova; ed uno di essi spiccò singolarmente più nel rappresentare che nel comporre119. […] Essi fiorirono nella commedia nuova; ma gl’ intelligenti non sono sempre tra loro concordi circa le favole intitolate Galatæ, Ephebi, Lacæna, Icetes, Hecyræ latinizzata da Terenzio, non sapendo a qual di loro esse si appartengano.
Per dominio l’Etruria si estendeva di molto oltre la Toscana presente; perocché i tirreni, secondo Polibio58, abitavano tutte le terre poste tra l’Appennino e ’l mare Adriatico, e possedevano i Campi Flegrei ch’erano tra Capua, e Nola, e l’istessa Capua, anticamente chiamata Volturno, fu città etrusca59. […] Sopraggiugne Nerone, insorge una disputa generica tra ’l maestro e ’l discepolo, sostiene ciascuno la propria tesi con fermezza, si scaglia da ambe le parti un cumulo di sentenze, proposte e risposte ex abrupto, e dopo una lunghissima tiritera di più di cento versi, si manifesta l’intento di Nerone di ripudiar Ottavia e sposar Poppea, ch’é l’azione meschina della tragedia, su di cui si favella appena in poco più di trenta versi. […] Ma se tu prendi a paragonarle cogli originali greci, da cui furono tratte, e ogni cosa di seguito e diligentemente tra lor confronti, cominciano le latine pur troppo a cadere di pregio e a svanire al paragone; così sono esse oscurate dalle commedie greche, cui in vano cercarono di emulare».
La quarta del IV tra Adelinda e Romeo si ammira per la rivoluzione che cagiona nell’animo di Adelinda senza veruno sforzo l’assicurarsi che Romeo non ama Gismonda. […] Viene Filinto e si attacca tra lui e Gerbino una gara di generosità, perchè Filinto vuol che l’amico parta libero per la grazia ottenuta da Germondo, ed egli vuol restar prigioniero. […] Giugne anche Filinto pur tra guardie, e nel loro terzetto si nomina Gerbino senza riserba, e senza dissimulare il dolore che può farlo palese. […] Spicca tra essi il carattere di Sofonisba. […] Qual cosa v’ha di più grande della 2 scena del III tra Cesare e Bruto?
Ma che altro produce in tutti i secoli e in tutti i paesi quest’effetto maraviglioso, se non quella tacita convenzione tra l’attore e l’uditorio, la quale sussiste, e sussisterà mal grado di tutti i possibili mercenarii giornalisti, gazzettieri e declamatori sedicenti filosofi dell’ universo?
Ancor che tutta si rimesca la comica falange, d’uno in un altro de’ beati stuoli a vicenda tramutansi pur sempre i dinastici artisti ; e se alcun vuoto tra le file celesti apre il cholera, pronto ad empirlo un suocero, una nuora, od un genero sta.
Ernesto Rossi, come altri grandi artisti, fu solleticato dalla vanità di scrittore, e oltre alla traduzione del Giulio Cesare e agli studi shakspeariani (Firenze, Le Monnier, 1885), e a varie commedie, tra cui, non delle peggio, Adele, pubblicò un’operone di ricordi in tre volumi : Quarant’anni di Vita Artistica (Firenze, Niccolai, 1887), che la critica in genere condannò, e il pubblico dimenticò per le troppe inutili cose discorse concernenti più l’autore che l’arte.
Scaramuccia ebbe l’animo di dire alla Regina, che s’egli avesse preso il Delfino tra le braccia, lo avrebbe calmato. […] L’immediato cantatto delle due compagnie faceva sì che i comici di entrambe vivesser tra loro in istretta famigliarità.
Il celebre Callimaco Cirenese autore degl’Inni ed Epigrammi e di altri pregiati lavori, dee contarsi tra coloro che fiorirono nella poesia rappresentativa, e specialmente nella tragica sotto Tolommeo Filadelfo sino all’Evergete, che cominciò a regnare l’anno secondo dell’Olimpiade CXXVII.
Nel cinquecento imitammo i greci, e fu ben fatto: imitiamo oggi i francesi, e si fa senno: aspettiamo però il tempo, in cui avremo acquistata la destrezza di saper da noi stessi imitar la natura, e allora sorgeranno tra noi gl’ingegni creatori, e si perfezionerà al sommo la drammatica.
Ma dove sono mai, ripeto, questi semi dolci, preziosi, di cui si pasce solo l’Apologista tra tutti i nazionali e gli stranieri?
Le favole del padre della tragedia greca furono, come quelle de’ suoi successori Sofocle ed Euripide, vere azioni drammatiche eroiche accompagnate dalla musica e decorate dal ballo del coro; nè altra differenza può ravvisarsi tra l’uno e gli altri, se non quella che si scorge ne’ caratteri di diversi artefici che lavorano in un medesimo genere, per la quale distinguiamo ne’ pittori eroici Tiziano da Correggio, ne’ poeti melodrammatici Zeno da Metastasio, ne’ tragici moderni Corneille da Racine.
Merita tra le reliquie di questo teatro particolare attenzione il più basso scalino della gradinata di mezzo.
Andò questo mimo cavaliere dopo la rappresentazione a prender luogo tra gli altri della sua classe, e si abbattè in Cicerone, il quale mostrandosi imbarazzato diceva non potergliene dar molto a cagione della gran folla che vi era, alludendo al gran numero di senatori e cavalieri creati da Cesare.
Andò questo mimo cavaliere dopo la rappresentazione a prender luogo tra gli altri della sua classe, e si abbattè in Cicerone, il quale mostrandosi imbarazzato diceva non potergliene dar molto, a cagione della gran folla che vi era, alludendo al gran numero di senatori e cavalieri creati da Cesare.
A un dato punto il Dottore dice : Però essend tra un alligad e culigad la grazia, l’affabilità, la benignità, l’allegrezza, la zuvialità, l’amicizia, la carità, la furtezza, la gajardisia, la diligenzia, l’industria, la duttrina, le litter, la liberalità, la magnanimità, la mansuetuden, l’humiltà, la pase, la piasevolezza, la temperanza, la subrietà, l’hunestà, la cuntinenza, el valor, l’ardir, la virtù, la sapienza, l’humanità, la giustizia, l’equità, la libertà, la nobilità, l’hubidienza, la quiet, la prudenza, la pruvidenza, l’eloquenza, la facondia, la secretezza, la fideltà, la lealtà, la sincerità, la gratitudin, la clemenza, la magnificenza, la gloria, la fermezza, la custanza e l’esser hom da ben, chi serà quel razza de boja impastà, inzenerà e compost de maledicenza, murmurazion, accidia, busia, falsità, sfazzadazin, pigrizia, aruganza, detrazion, vanità, ambizion, negligenza, ingratitudin, lasivia, fraude, tradiment, adulazion, ipocrisia, rapina, seleragin, infelicità d corn ; per far che al sipa un hom maledich murmurador, accidios, busard, fals, sfazzà, pigr, arugant, detrador, van, ambizios, neglizent, ingrat, lassiv, fradulent, traditor, adulador, hipocrit, rapinador, scelerad, infelis e cornud, che voja dir el cuntrari ?
Francesco Patrizio conta sino a venti favole di Nevio che tutte trasportò dalle Greche, e tra esse nomina Trifalo. […] E Moliere prese quindi l’idea di far nel suo prologo un dialogo tra Mercurio e la Notte. […] Oggidi per iscreditarsi un uomo tra persone ben nate, basterebbe che proferisse alcuna di queste inezie che i Francesi chiamano turlupinades. […] Compera tra questi un giovane chiamato Filocrate e un di lui servo per nome Tindaro, i quali però per ogni evento dispongono di cangiar nome e stato, facendosi il servo credere padrone col nome di Filocrate, ed il padrone rappresentando la figura di servo col nome di Tindaro.
Per mezzo degli autori dell’Italia liberata e del Goffredo fiorì tra noi la buona tragedia; e pel cantore dell’Orlando furioso risorse la Commedia Nuova degli antichi. […] Ma egli può noverarsi tra certi eruditi, i quali non sapendo deferire se non a se stessi ed a’ loro amici e lodatori, sogliono talvolta censurare più per singolarizzarsi allontanandosi dal l’avviso comune, che per intera persuasione e per amor del vero e del bello che gli determini ne’ loro giudizii. […] La Cortigiana altra lunghissima commedia di cinque atti tessuta di molte scene oziose mordacissime, ed aliene dal fatto, contiene due azioni staccate di poco momento, e di niuno interesse, i cui passi rispettivi senza dipendenza tra loro si succedono alternativamente. […] L’arcivescovo di Patras Alessandro Piccolomini nato nel 1508, da collocarsi tra gli uomini illustri del Cinquecento, oltre a tante opere riferite dal Ghilini, e meglio dal Tiraboschi, compose tre commedie in prosa.
Porrò fine facendo di passaggio un qualche motto della lunga controversia che durò sì lungo tempo tra gli eruditi, e che non può ancora dirsi spenta intorno alla natura degli accenti. […] Qui l’aure il caldo, qui la stanchezza i riposi, Qui le gelanti acque puonti levar la sete» e lega ne fece, e compagni trovò di sommo grido, che la invenzione sua più oltre condussero, tra quali il gran Fracastoro non disdegnò di concorrere alla riforma con quella stessa penna che in versi tanto armoniosi e virgiliani la Sifillide scrisse.
Domando adunque, se mostri punto di sensibilità questo Critico, il quale, come farebbe tra i gelsomini, e le violette un rinoceronte, rimane nauseato delle amene felicissime descrizioni del Tasso, fin anco dal P.
Popoli antichi non communicavano tra di se 7.
Il re quasi appena asceso al trono tra i travagli e le spese della guerra volle dedicare questo monumento al gusto della musica e delle arti, e vi chiamò con molta spesa gli attori musici dall’Italia, e la compagnia de’ balli da Parigi.
S’intitola l’una el Viejo y la Niña (il Vecchio e la Fanciulla) e l’altra la Mogigata, che tra noi può intitolarsi la Bacchettona, trattando di una donna che si fa credere chiamata a monacarsi.
Mentre dividevasi il popolo tra Goldoni e Chiari, e sulle loro produzioni comiche si piativa ne’caffe di Venezia, comparve per terzo il conte Carlo Gozzi che finì di ristabilire tutte le passate stravaganze del teatro istrionico. […] La Casa disabitata recitata in Siena con molto applauso merita tra le farse ben congegnate luogo distinto. […] Contansi tra gli attori un Indovino, un Gran Sacerdote, uno Stallone e Chesballèno cavallo che parla co’ nitriti. […] Senza dubbio eccellente è la prima scena dell’atto V tra Cinna ed Augusto. […] Ora si può esitare un sol momento a scegliere tra il restar tosto sepolto nella propria terra in compagnia di tante migliaja di scheletri mostruosi, e tra il convivere con Euripide ne’ gabinetti de’savii di tutti i tempi e di tutti i paesi ?
Del resto senza pregiudizio di qualche merito del Marivaux, nulla prova, una traduzione di un’ opera infelice fuori del paese nativo, se non che l’analogia di meschinità tra l’autore, ed il traduttore. […] Come autore però a mio avviso egli primeggia tra gli ultimi autori comici, ed oscura i viventi.
Nell’anno di Roma 558 il Senato tuttavia assisteva allo spettacolo misto tra ’l popolo. […] Fenestella affermò esser egli nato e morto tra il fornire della seconda guerra Punica e l’ incominciar della terza, cioè al terminar del sesto secolo. […] E di un’ aria sì modesta e graziata che non si può dir cosanè più vaga nè più vezzosa; e perchè ella sembravami dolente sopra l’altre, e sopra l’altre nobile e signorile, mi feci a domandarne le femmine di seguito: ma in udire da loro essere una sorella della Fulvia, sì mi sentii subito un tocco al cuore: oh oh, dissi allora tra me, qui gli cadde l’ago; ecco la fonte di tante lagrime; ecco donde nasce quella sua tanta compassione.
Tali sono fra gli altri il far che i numi infernali sconsiglino Alceste dal morire, laddove sarebbe più confaccente al loro carattere e al loro interesse il confermarla nella sua risoluzione, come fa la morte parlando con Apolline nella tragedia di Euripide, e la fretta altresì con cui si prepara nell’atto secondo una festa di ballo tra i cortegiani per festeggiare l’inaspettato ristabilimento di Admeto senza che in tanta allegrezza alcun si ricordi dell’assente regina che ne dovea pur essere il principale personaggio. […] Essi non devono confondersi tra i Bavi o i Mevi, ma qual distanza fra loro e gli Aristofani o i Terenzi?
Il viluppo della Trappolaria e quello dell’Olimpia sono della stessa guisa ingegnosi e felici, una sola ipotesi verisimile tutto avvolgendo e mettendo in movimento, ed un solo fatto che necessariamente, e non a piacer del poeta si manifesta, riconducendo la tranquillità tra personaggi ed un piacevole scioglimento. […] Fin tra gli Assiri, se crediamo ad Ammiano Marcellino, Semiramide introdusse nella sua reggia l’uso di mutilare i cortigiani, allorchè ella regnava sotto il nome e gli abiti del Figliuolo, per confondere la propria voce femminile colle altre effemminate per arte.
Vi si vedrebbero per real determinazione sin dal 1767. popolati i feraci pingui territorj di Sierra-Morena tra la Mancia, e l’Andalusia colla fondazione di undici Villaggi, e cinque Casali, di cui la Capitale è la dilettosa Carolina che rallegra i Viaggiatori con tante verdi ricchezze della terra, che ora vi abbondano; vi si vedrebbero popolati ancora i terreni, che dividono i Regni di Cordova, e Siviglia, co’ quattro Villaggi e quindici Casali, che prendono il nome di Popolazioni di Andalusia, de’ quali è capitale la Carlotta?
Ma quest’uomo insigne in una sua cortesissima lettera scrittami a Genova ne’ 19 di lug’io del 1779 si compiacque avvertirmi di aver egli letto in quel Codice Veranensis in vece di Vezanensis,siccome dee leggersi per quel che appare da una lettera del medesimo Laudivio scritta al cardinal Jacopo Ammanati, la quale trovasi impressa tra quelle del medesimo cardinale nel 1506 in Milano.
– Il principe tra gli infortunj fortunato.
Per mezzo degli autori dell’Italia liberata e del Goffredo fiorì tra noi la buona tragedia; e pel cantore dell’Orlando furioso risorse la commedia nuova degli antichi. […] La Cortigiana altra lunghissima commedia di cinque atti tessuta di molte scene oziose mordacissime ed aliene dal fatto, contiene due azioni staccate di poco momento e di niuno interesse, i cui passi rispettivi senza dipendenza tra loro si succedono alternativamente. […] L’Arcivescovo di Patras Alessandro Piccolomini nato nel 1508 da collocarsi tra gli uomini illustri del cinquecento, oltre a tante opere riferite dal Ghilini e meglio dal Tiraboschi, compose tre commedie in prosa.
Mentre dividevasi il popolo tra Goldoni e Chiari comparve il conte Carlo Gozzi che finì di ristabilire tutte le passate stravaganze del Veneto teatro istrionico.
I Greci però sono scusabili, perchè il loro Coro si fingeva composto di una parte del popolo, per cui si rappresentava, e potevano i poeti trarre fuori chiunque per farlo ragionare, e tra tanti non sarà sembrato strano che venisse fuori lo stesso autore come un individuo di quel popolo. […] Dopo qualche disparcre tra Ercole e Nettuno si accordano e dispongonsi le nozze del felice ed empio progettista Pistetero, e terminano gli esercizii spirituali dell’empietà. […] Gli Ateniesi provando sommo diletto nelle di lui commedie non contenti di applaudirlo in teatro, a piena mano gettavano fiori sul di lui capo, e menavanlo per la città tra festive acclamazioni; anzi con pubblico decreto gli diedero la corona del sacro olivo, che era il maggiore onore che far si potesse a un cittadino.
Da una lettera del Forciroli, datata da Roma il 19 gennaio 1619, nella quale si annunzia l’arrivo in Roma da Napoli della Compagnia del Cecchini sappiamo anche la paga ch’egli aveva stabilito per ciascheduna rappresentazione in case particolari di nobili, cioè : 25 scudi per comedia col rinfrescamento appresso di robbe mangiative ; e aggiunge il Forciroli ch’eran soliti a recitarne due commodamente tra il giorno e la notte.
L’opera comica francese nacque tra gli spettacoli delle fiere di San Germano e San Lorenzo, e ’l primo scrittore fu M.
In tal genere si distinsero tra’ Francesi Autreau, le Grand, Fuselier, Boussy, Marivaux, e singolarmente Saint-Foix, e poi l’attore Favart e l’abate Voisenon, e tra gl’ Italiani della stessa compagnia Domenico Romagnesi, Riccoboni, Flaminia sua moglie e Colato morto nel 1778 che rappresentava da pantalone.
La quarta scena dell’atto IV tra Erode e Marianna mostra egregiamente il bel contrasto degli affetti di uno sposo pieno di sospetti e di crudeltà, ma sensibilissimo ed innamorato, e di una consorte virtuosa che non si smentisce mai. […] In questa Foscarini va da una donna maritata furtivamente, e questo è un arcano tra i due, e passa sempre pel palazzo di Spagna.
Il Patrici conta fino a venti favole di Nevio che tutte trasportò dalle Greche, e tra esse nomina il Trifalo. […] E Moliere prese quindi l’idea di far nel suo prologo un dialogo tra Mercurio e la Notte.
Senza dubbio eccellente è la scena prima dell’atto V tra Cinna ed Augusto dopo scoperta la congiura; e benchè ne sembri troppo famigliare l’ incominciamento, Cinna, prendi una sedia e ascoltami, il discorso di Augusto si va gradatamente elevando, finchè conchiude con quella famosa interrogazione, Cinna, tu t’en souviens, & veux m’ assassiner?
Benchè non molto amandola ne tollerasse lo spettacolo, non permise però che vi si mettessero sedilia Davansi da prima nel Foro i giuochi scenici ornandone lo spazio con statue e pitture prese dalla Grecia o dagli amici in prestanza, perchè non vi erano teatrib Nell’anno di Roma 558 il Senato tuttavia assisteva allo spettacolo misto e confuso tra il popolo. […] E di un’aria sì modesta e graziata che non si può dir cosa nè più vaga nè più vezzosa; e perchè ella sembravami dolente sopra le altre, e sopra le altre nobile e signorile, mi feci a domandarne le femmine di seguito: ma in udire da loro essere una sorella della Fulvia, sì mi sentii subito un rocco al cuore: oh oh, dissi allora tra me, quì gli cadde l’ago; ecco là fonte di tante lagrime; ecco donde nasce quella sue tanta compassione.
Orazio le succede; e l’interesse in tutta l’azione trovasi diviso tra due personaggi. […] L’azione passa tra personaggi particolari; privati ne sono gl’ interessi, ed in quel tempo non parvero degni della tragedia reale.
Pur tra simili sue favole istoriche se ne leggono alcune più interessanti e più sobrie, per varii tratti poetici e per situazioni pregevoli, se voglia usarsi loro indulgenza per la solita manifesta irregolarità. […] Gl’innamorati per comunicarsi anche in pubblico quanto passa, hanno stabilito tra loro una cifra, che rende inutili tutte le diligenze e gli avvisi della spia.
Sopraggiugne Nerone; insorge una disputa generica tra il discepolo e ’l maestro; sostiene ciascuno la propria tesi con caparbieria scolastica; lancia l’una e l’altra parte un cumulo di sentenze proposte o risposte ex abrupto; e dopo una lunghissima tiritera di più di cento versi, si manifesta l’ intento di Nerone di ripudiare Ottavia e sposar Poppea, che è la meschina azione della tragedia, sulla quale si favella appena in poco più di trenta versi.
Insorge una disputa generica tra il discepolo e il maestro; sostiene ciascuno la propria tesi con caparbieria scolastica; lancia l’una e l’altra parte un nembo di sentenze proposte e risposte a maniera di massime; e dopo una lunghissima tiritera di più di cento versi, si manifesta l’intento di Nerone di ripudiare Ottavia e sposar Poppea, che è la meschina azione della tragedia, sulla quale si favella appena in poco più di trenta versi.
Accadeva per il Croce tra noi, quel che accadeva in Francia per il Bruscambillo (V.