Questo basti a’ giovani per non lasciarsi spaventare dalle critiche pedantesche del per altro dotto Nisieli contro di Aristofane, o dagli oltramontani ancor più ridicoli censori di tutta l’antichitâ. […] Un giuoco di teatro ben vivace doveva risultare dal movimento di tutta l’adunanza, e dalle diligenze che faceva il Corro per accertarsi se altri vi fosse ancora così mascherato. […] Il suocero di Euripide non so come si sviluppa e si distriga dalle donne che lo custodiscono, e strappata dalle braccia di una di esse una bambina tenta fuggire. […] Noi dalle nuvole sederemo al pari di Giove, e vi saremo propizii, dandovi salute felicità pace vita riso gioventù ricchezza. […] Forzato dalle di lui importunità Cremilo gli narra la risposta dell’oracolo; prega indi il cieco a volergli dire chi egli sia.
Havvi un’altra situazione d’animo più veemente e concitata, dove i primi impeti delle passioni si spiegano, quando l’anima, ondeggiando in un tumulto d’affetti contrari, sentesi tormentata dalle proprie dubbiezze senza però sapere a qual partito piegare. […] Quindi l’origine della metafora, figura la più conforme di tutte alla umana natura, poiché la veggiamo usarsi ad ogni momento dai fanciulli, e dalle persone più rozze anche inavvertentemente ne’ loro famigliari discorsi. […] [42] Dalle leggi generali stabilite di sopra relativamente alla interna costituzione del dramma si deducono molte altre in particolare spettanti alla natura delle parti che lo compongono. […] Ma siffatta usanza ebbe origine da tutt’altro che dalle leggi fondamentali del componimento. […] Settima: la diversità dei colori nasce dalle differenti vibrazioni che riceve la luce dalle particole eteree di diversa natura; la diversità de’ tuoni proviene dagli urti differenti che le corde aeree ricevono dai corpi sonori.
ADDIZIONE IV** Sull’espulsione de’ Mori dalle Spagne. […] Al medesimo Capo IV pag. 282, lin. 1, dopo le parole, avandone egli solo prodotte cinque nel 1609, cancellandosi le seguenti dodici linee dalle parole, La gran Semiramis sino a Elisa Dido, si scriva quanto segue.
Bisanzio ebbe un gran teatro, che fu ruinato col resto della città, quando fu presa per fame dalle truppe di Severo101. […] E sebbene il Casiri aggiugne, che a suo luogo avrebbe parlato di una o due commedie arabe, scartabellando la di lui biblioteca non trovai pure un solo componimento drammatico, non dico de’ secoli di cui ora parliamo, ma né anco de’ seguenti fino all’intera espulsione de’ mori dalle Spagne.
La giudicatura cadde nelle mani d’uomini senza lettere, i quali non di rado venivano dalle parti obbligati a provar coll’armi la propria integrità e la giustizia della sentenza data, per la qual cosa richiedevasi in essi più forza di corpo che di mente. […] L’Italia governata da’ savi pontefici romani e dagl’Imperadori greci, prima d’ogni altro popolo emerse dalle ombre.
Imperciocchè i tragici ricavavano i loro soggetti dalle favole di Omero e dalla mitologia; ma i comici soccorsi soltanto dalla propria immaginazione gli traevano, per così dire, dal nulla, e presentavano uno spettacolo tutto nuovo. […] Risulta dalle cose indicate che ciò che ora chiamiamo commedia punto, non rassomiglia alla Greca Antioa, Allegorica, Satirica, la quale per invenzione, per novità, per grandezza di disegno, per sale e per baldanza si allontana da ogni favola comica moderna.
La nuova Commedia non è ancora sbarazzata dalle Meteore, che la circondano, ma quanto prima, superata la convalescenza, uscirà dalle catacombe.
Ma quel che fu la Pelzet si vede più chiaramente dalle lettere sue al Niccolini e del Niccolini a lei. […] Nobilmente sopportava ; e s’andava poi sfogando con gli amici, fuor della scena, scrivendo lettere di fuoco, dalle quali però mi pare salti sempre fuori la correttezza del suo costume, e la bontà della sua indole.
La quale infatti si recò a Milano, di dove il 3 di maggio Zanotti scrive al Graziani che non sa ancora se e quando dopo Pasqua si recherà a Brescia o a Verona, poichè non sono mai frequentate dalle Compagnie de' comici per qualche poco di tempo doppo Pasqua quelle Città, che dano il luogo scoperto per rappresentar comedie, come Brescia e Verona, perchè sarebbe un volontariamente perdersi col esporsi alle stravaganze de tempi, che per lo più riescono in simile stagione piovosi. […] L'11 di gennajo del '68 gli morì la moglie, Teodora Blaise (forse Blasi), che era, dice Corrado Ricci in Ottavio dalle Caselle, bolognese : e l’atto d’inumazione chiama lo Zanotti « Capitano del Ponte della Samose ».
Nato in tal città il celebre sig. avvocato Carlo Goldoni l’ anno 1707, che in età di otto anni fece una commedia, convinto in seguito delle irregolarità delle compagnie comiche Lombarde, educato dalle lettere a miglior gusto, ed avendo per buona sorte sin dall’età di 17 anni avuta nelle mani la Mandragola del Macchiavelli che lesse dieci volte, non tardò molto a desiderarne la riforma63. […] , dalle quali i comici Lombardi hanno colto tanto frutto che dovea guarirli da’ loro invecchiati pregiudizj; e l’Italia prende da esse nuova speranza di vedere ristabilito e condotto a perfezzione il sistema del sig Goldoni. […] Questa commedia lontana dalle favole di Mercier quanto è dalla sapienza e dalla veracità l’autor del Colpo d’occhio, è nel genere tenero concesso. al comico. […] Nelle serate specialmente di grande illuminazione que’ cristalli, que’ festoni, quell’oro, que’ torchi senza numero, i lumi copiosi de’ palchetti riverberati e in mille guise moltiplicati dalle scintillanti gemme di tanta nobiltà, cangiano la notte nel più bel giorno, e l’uditorio in una dimora incantata di Circe o di Calipso superiore allo spettacolo del palco scenario. […] Ill. acciocchè si compiaccia significarmi per qual mezzo desidera, le sia trasmessa la Medaglia, quando però non si risolvesse di venire a riceverla dalle mani stesse del Real Protettore, come ne la invito da parte dell’ Accademia; la quale compensa per qualche modo il dispiacere di non avere per cinque anni potuto assegnare il premio, col vederne finalmente decorato un soggetto di tanta capacità, e per altre produzioni del teatro sì benemerito”.
Forse sono esse indebolite dalle arti cortigianesche che vi campeggiano aliene dalla ferocità de’ Goti non da molto tempo avvezzi alla coltura che raffina gli artifizj. […] Il padre trafitto dal dolore ma sempre eroe gli getta dalle mura la propria spada perchè esegua la minaccia. […] L’ argomento tratto parimente dalle storie nazionali è proprio per eccitare il tragico terrore. […] Or chi non ne conchiuderà che erano due inettissimi generali Megara che sì male guardavasi dalle sorprese, e Scipione che non sapeva approfittarsi delle negligenze? […] Alfonso nella conchiusione procede in conseguenza del carattere datogli dal poeta, e le prime sue riferite incostanze non sono smentite dalle ultime.
Se vogliamo dunque risalir sino ai primi tentativi drammatici de’ Provenzali, il gusto e la ragione e l’esempio degli antichi e dell’Italia quasi per quattro secoli e mezzo lottarono contro la barbarie per discacciarla dalle scene francesi.
Sposatosi all’attrice Luigia Miani, n’ ebbe due figliuole, dalle quali fu mantenuto in Brescia sino alla sua morte che accadde nel 1825, quand’egli aveva 67 anni.
A sinistra Silvia con veste color di rosa e bustina bleu a maniche gialle, vista di profilo, che tien colle due mani il grembiale bianco, tra Arlecchino che reca la maschera e Scapino che scoppia dalle risa.
Ma il patetico non fu il suo forte : e se ben dalle beccate del suo esordire al teatro di Cremona, passasse poi alla tolleranza de’pubblici i più severi, si diede alle parti di brillante che sostenne varj anni, sinchè, venutagli ad aumentar la pinguedine, risolse il ’70, per consiglio di artisti sommi, fra’quali il Bellotti-Bon, di metter la parrucca e abbracciar definitivamente il ruolo di caratterista, ch’egli anch’oggi sostiene.
Molte volte occorre al Goldoni di parlare di lui, e la notizia dell’avere il Casali recitato coll’anonimo Ciarlatano l’abbiam tolta dalle sue memorie (vol.
Sacco-Vitalba Angela), e recitò ammirato nelle favole di Carlo Gozzi, dalle cui Memorie inutili riferisco il brano che riguarda la parte ch' ebbe Vitalba nello scandalo Gratarol, riproducendolo al vivo in Le Droghe d’amore, dal quale si ha un chiaro cenno delle sue qualità fisiche e morali.
La voce considerata in se stessa non è altro che l’aria sospinta in su dai polmoni, la quale introducendosi per canale, che si chiama trachea, indi assottigliandosi per la fessura della glottide, e nella cavità della bocca ripercuotendosi, esce poi dalle labbra formando un romore, o suono inarticolato. […] Le consonanti adunque non si pronunziano se non coll’aiuto delle vocali, laddove le vocali si proferiscono senza l’aiuto delle consonanti, ma accoppiate con esse servono a distinguere più esattamente le sillabe dalle parole, e dall’accoppiamento, ed ordine loro si forma poi la sintassi, e il discorso. […] Non ha d’avere dittonghi di suono indeterminato, e confuso, perché non avendo essi un valore determinato nella pronunzia, non possono né meno riceverlo dalle note, le quali non hanno in tal caso che una espressione insignificante. […] Si paragoni colle precedenti questa ottava parimenti del Tasso: «Chiama gli abitator dell’ombre eterne Il rauco suon della tartarea tromba, Treman le spaziose atre caverne, E l’aer cieco a quel romor rimbomba Nè sì stridendo mai dalle superne Regioni del cielo il folgor piomba, Nè sì scossa giammai trema la terra Quando i vapori in sen gravida serra.» […] Lo che essi non avrebbero mai eseguito se il desiderio di celebrar la sua Laura nel primo, e di far leggere il suo Decamerone dalle femminette nel secondo, non avesse lor fatto nascere il pensiero di divenire scrittori.
Rancida parrebbe ancora l’invenzione degli argomenti delle sue favole fondati sulla schiavitù di qualche persona in Turchia o in Affrica ma si vuole avvertire che in quel secolo essi doveano interessare più che ora non fanno, perchè tralle calamità specialmente delle Sicilie sotto il governo viceregnale non fu la minore nè la meno frequente quella delle continue depredazioni de’ barbari sulle nostre terre littorali non più coperte dalle potenti armate di mare di Napoli e di Sicilia. […] È questa una bella dipintura di caratteri qual si richiede dalle persone di gusto e qual si è eseguita poi in Francia nel Pregiudizio alla moda. […] Dalle descritte erudite tragedie e pastorali e commedie del XVII chiara quanto il meriggio ne risulta questa istorica verità, che allora il Teatro Italiano conservò l’usata regolarità, quando anche volesse notarsi in esso qualche alterazione nello stile.
É noto che scena deriva da Σκιας, umbra, per quell’ombra che formavano i rami e le fronde soprapposte ai tabernacoli o alle tende fatte di tela, di lana, o di pelli per difendere gli attori dal sole e dalle piogge prima che essi fossero ammessi a rappresentare in città. […] E per finirla in grande stima era Satiro celebre attore, al quale secondo il racconto di Plutarco dovè Demostene tutto il vantaggio che ricavò dalle sue aringhe, avendo da lui appreso ad animarle con azione vivace e con tuono decente e alle cose accomodato. […] Qual magnificenza, qual concorso, qual lusso, quali profusioni per un semplice divertimento di una repubblica sì picciola in confronto di tanti poderosi stati moderni arricchiti dalle miniere Americane, ne’ quali son pure così meschini e spregevoli i teatri!
Essa è che riproducendo le sensazioni, che in noi risvegliarono le immagini rappresentative degli oggetti fisici, sa dipingere il mormorio d’un ruscello che scorre lentamente fra l’erbe, e lo strepito d’un torrente che romoreggia precipitato dalle montagne, lo spavento d’una tempesta, e il susurro voluttuoso d’un fresco venticello, gli urli delle Furie e il sorriso delle Grazie, la maestà e il silenzio della notte, o l’allegrezza d’un meriggio rischiarato dal sole. […] [12] Se non che il miglioramento dell’arte del suono in Italia non dee tutto ripetersi dalle accennate cagioni ma dalle scuole eziandio che incominciarono a fiorire dopo la metà del passato secolo. […] Spicca nei suoi componimenti quell’aurea schiettezza, quella unità di pensiero, quella incomparabile semplicità, quel patetico dolce e dilicato tanto graditi dalle anime gentili quanto difficili a ben difinirsi. […] Sono note ad ognuno le calamitose vicende dalle.quali fu travagliato Metastasio nella sua gioventù dopo la morte del suo primo benefattore Gravina. […] Nelle seconde, perché la perfezione di quelle facoltà è un indizio sicuro, che si coltivano pur ora, o si sono per l’addietro coltivate felicemente molte altre che dipendono dalle prime, o s’inanellano con esse in maniera che non possono reggersi da per sé; così una lingua ripolita, abbondante, armoniosa, e pieghevole suppone un lungo progresso di lumi, di coltura, e di cognizioni; una poesia ricca, e perfetta nei moltiplici rami che la compongono, suppone un uso quotidiano del teatro, una gran cognizione critica della storia, uno studio filosofico, analizzato e profondo del cuor dell’uomo; una musica come è l’italiana, suppone un avanzamento prodigioso nel gusto, e in tutte le arti del lusso.
Adlerbeth suo segretario secondo con buon successo le reali vedute con Ifigenia in Aulide tragedia con cori ricavata dagli antichi, e con Cora ed Alonso componimento posto in musica dal Nauman, e con altre favole musicali imitate dalle francesi, cioè Procri e Cefalo, Anfione, Nettuno ed Anfitrite.
Viene intitolata : LA LUCERNA DI EPITETTO che scopre dalle tenebre il passato, il presente e l’avvenire ovvero la filosofia magica e il prodigioso morto palpabile ed invisibile Commedia Allegorica Filosofico-Magico-Portentosa Scenarj e Vestiarj Allegorici formeranno l’adornamento della Commedia di un genere sempre variato e sorprendente.
Egli è ben vero che alla epidemica malignità della critica rispondeva il pubblico applaudendo, ma nel cuore sensibile del Dominici gli applausi dell’uno eran soffocati dalle fischiate dell’altra.
I poveri soccorse in ogni maniera, e organizzò grandi recite gratuite pei militari di bassa forza, reduci dalle patrie battaglie.
Dalle quali si può capire a che grado di pieghevolezza egli era pervenuto collo studio, colla riflessione, coll’ arte, nonostante l’aspetto non bello, e la voce asprissima.
Luigi XIV richiese al Duca di Modena il Riccoboni, il quale, colpito dalle parole cortesi di rammarico che il Duca gli volse nel licenziarlo per la Francia, rifiutò di recarvisi, qualunque fossero i patti offertigli.
Molto meno si pensa di proporle per modelli a chi voglia ottenere una corona dalle mani stesse di Apollo, secondo l’espressione del sig. […] Giuseppe Maria Salvi sommasco lavorata su di un argomento tratto dalle poesie di Ossian. […] Trasse dalle cronache Inglesi la prima intitolata Eduigi re d’Inghilterra che perseguitato dallo zelo di Dunstano perde la vita, il regno e la sposa per essersi congiunto in matrimonio con Elgiva sua cugina. […] E perchè manda il sangue Dalle peste narici? […] Essi l’hanno bruttamente confuso co’ secentisti, dalle cui macchie egli seppe preservarsi ancor vivendo nel loro secolo.
Replicai che ciò non appariva dalle Opere del nostro Poeta, e soggiunsi, che sebbene avesse egli succiato qualche mele dagli Antichi, da’ Francesi, e dagl’Italiani, nulla poteva aver tratto da Calderòn. […] E dalle Commedie di Spada e Mantello non poteva il Poeta Italiano ricavar dolce veruno?
Il signor Gellert ha prodotte varie commedie applaudite, la Falsa Divota, la Donna Ammalata, il Biglietto del Lotto, dalle quali apparisce che l’autore s’ingegna di dipingere i costumi correnti dal naturale. […] In ogni modo l’autore meritava di essere incoraggiato dalla nazione, invece d’esser perseguitato con isciocchi libelli efimeri, e proverbiato dalle medesime scene da’ grossolani compositori d’intermezzi insipidi e villani. […] Come, quando si rescriveranno tante migliaia di componimenti spagnuoli per purgarli da tutti i difetti e dalle indecenze! […] Dalle finestre delle case rinchiuse ne’ cennati cortili le famiglie che le abitavano, aveano anticamente il dritto di affaccirsi per goder dello spettacolo, e quelle servivano, di palchi. […] Freron: «L’histoire de ce billet pourrait être plaisante si elle était resserrée en un acte mais cette petite aventure est noyée dans cinq grands actes qui tiennent la moitié d’un volume»; Questo peraltro é un difetto, che ravvisasi al giudizio dello stesso critico francese, nella massima parte dei drammi tedeschi, i quali vengono per lo più sfregiati e guasti dalle lungherie e da certe scene aliene dal soggetto; il che forse procede dal carattere nazionale.
Oggi che siamo più lontani dalle bizzarrie della cavalleria, i di lui personaggi ne sembrano tutti Rodomonti, e le di lui dame tante Pentesilee erranti. […] Non é maraviglia che dopo tante stravaganze si trovassero i commedianti ridotti a mendicare il concorso per mezzo dei gran drammi politici ed eroici, spezie di tragedie grossolane condite dalle buffonerie di Hanns Wourst (Giovanni Bodino), ch’é l’Arlecchino o il buffone del teatro alemano. […] I tedeschi pensarono a formarsi un’opera nazionale; ma per debolezza delle penne che vi s’impiegarono, riusciron si male, che spaventati dalle critiche degl’intelligenti, tralasciarono di comporne; e così l’opera italiana, e la commedia francese furono i soli spettacoli ricevuti ne’ teatri de’ sovrani.
Un Romano chiamato Pomponio ha un figlio ammaliato dalle arti di una cortigiana e dal di lei servaggio cercano ritrarlo il Padre colle ragioni e colla propria autorità, e la Madre per via di devozioni, mezzi che riescono ugualmente infruttuosi, perchè la cortigiana chiamata Aurelia seguita a governare a suo modo il giovine Cesarino. […] Tosto dunque uscirono i comici dalle commediole e dagli amori della figliuola del fabbro, i quali posti in circostanze pericolose o tragiche trassero seco loro la confusione de’ generi. […] Ma poste da banda le visioni del Nasarre a riconoscansi i primi avanzamenti del teatro spagnuolo dalle fatiche del prelodato Cervantes. […] Potrebbero gli Atti Sacramentali metter capo nelle mascherate e rappresentazioni e farse introdotte nelle chiese spagnuole, come altrove, dalle quali vennero indi escluse da’ Concilii e dagli sforzi de’ pontefici. […] Egli dovè parlarne per tradizione, come per lo più fanno della nazional letteratura quasi tutti gli esgesuiti spagnuoli domiciliati in Italia dopo la loro espulsione dalle Spagne.
, il Duca volle che si recitasse una commedia dalle due compagnie riunite scegliendo da questa e da quella il meglio.
Se dell’ '82 ell’era già la celebre Diana, del 1605, epoca in cui la troviamo al servizio del Principe della Mirandola, come dalle seguenti lettere, ella doveva correr verso la cinquantina : e assai probabilmente, avendo perduto il fascino della giovinezza, e il vigore dell’artista, non trovò più chi la volesse nel ruolo assoluto di prima donna, e fu costretta a farsi ella stessa conduttrice di compagnie.
La sperienza ci fa vedere che i fanciulli, non sapendo ancora articolare gli accenti, trovano pure il segreto di farsi intendere a meraviglia dalle loro nutrici, e l’educazion ragionata, onde sono capaci i muti nati, pruova con evidenza che la natura non ha stabilito su questo punto verun impreteribil confine, e che un senso potrebbe acconciamente far le veci d’un altro. […] [21] È probabile che gl’Italiani traessero la prima idea di cotali rappresentazioni dalle azioni mute dei Francesi, presso ai quali erano in uso anche prima. […] Indi facendo aprir la nube su cui era venuto, si vide in lontananza un gran orologio d’arena, onde uscirono la Verità e l’Ore, che fecero varie mutazioni e sortite, dalle quali si formò il gran ballo. […] Si faccia riflessione ai progressi sorprendenti della mimica presso ai Romani, e si vedrà non solo il guasto che diede ai costumi, ma il danno che indi si derivò alla drammatica più giudiziosa, cosicché a misura che venne crescendo il regno de’ pantomimi disparve affatto dalle scene latine quello dei buoni poeti. […] Cosicché l’apparente immodestia femminile comandata dalle sue leggi invece d’avere per oggetto l’eccitar la fantasia degli Spartani coll’idea del godimento aveva anzi uno scopo diametralmente opposto.
[6] Vinegia si distinse dalle altre città nella magnificenza ed apparato delle comparse, e memorabile si rendette fra gli altri drammi la Divisione del mondo rappresentato nel 1675 a spese e sotto la direzione del Marchese Guido Rangoni sul teatro di San Salvatore, dove tutte le parti del globo terracqueo si videro simboleggiate con istraordinario accompagnamento di macchine, di maravigliosa invenzione. […] In un’opera dell’Aureli, Socrate vuol cacciar via dalle scuole dove insegnava la filosofia una donna, che vi si era furtivamente introdotta. […] La verità comparisce avanti chiedendo loro aita per trovarsi tutta pesta, e mal concia dalle mani de’ procuratori e degli avvocati, ma accorgendosi chi ella è, la sfuggono, dicendo: «A duo. […] Non vogliam di questa razza: Dalle dalle, ammazza, ammazza.»
L’istessa tragedia della Sofonisba di Mairet non va esente dalle soverchie dimestichezze degli amanti. […] L’autore del Cid, perseguitato e premiato, si vide ugualmente spinto dalle critiche e da’ benefici ad elevare sempre più il suo ingegno e fulminar i pedanti e criticastri cogli Orazi, col Cinna, e col Poliuto. […] Bandiremo adunque (dirà taluno) l’amor dalle tragedie? […] Trovansi nel Cittadino Gentiluomo, e nel Tartuffo alcune scene tratte dalle Nuvole e dal Pluto d’Aristofane. […] Il Cornuto Immaginario venne dal Ritratto; gl’Importuni dalle Case Svaligiate; lo Stordito da Arlecchino Servo balordo; e ’l Tartuffo dal Bernagasso, tutte commedie della compagnia italiana199, ed era stato in quell’ultima prevenuto anco dall’Aretino col suo Ipocrito.
La giudicatura cadde nelle mani di uomini senza lettere, i quali non di rado venivano dalle parti astretti a pruovar coll’ armi la propria integrità e la giustizia della sentenza profferita, per la qual cosa in essi richiedevasi più forza di corpo che di mente. […] L’Italia governata da’ savj pontefici Romani e in gran parte dagl’ imperadori Greci, per consenso degli stessi oltramontani, prima d’ogni altro popolo emerse dalle ombre. […] Ma sulle riferite parole non può assicurarsi che fosse rappresentazione animata dalle parole. […] I codici stessi delle leggi pubblicate dalle nazioni (dice il celebre Guglielmo Robertson nell’Introd. alla Stor. di Carlo V) lasciarono di avere qualche autorità, cedendo il luogo a certe costumanze vaghe e bizzarre. […] Poteva egli convincersi dei disordini del foro Spagnuolo nella compilazione meno antica intitolata Fuero Real fatta da Alfonso IX, e veder nel prologo gli sconcerti de’ secoli ch’egli voleva illuminati dalle leggi di Alarico.
Se voi fate una tela lugubre di persone private che ecciti il terrore, producete la tragedia domestica o cittadina: se a tal favola frammischiate alcuni tratti comici, cadete nella sempre riprensibile alleanza del pianto e del riso della commedia lagrimante che distrugge l’unità dell’interesse contro l’oggetto del poeta: se le comiche dipinture non contrastano con situazioni terribili, ma servono a dar moto a’ dilicati interessi famigliari ed a quel patetico che nasce dalle amorose debolezze combattute dagli eventi, voi spogliate la commedia lagrimante de suoi difetti, e la rendete una lodevole commedia tenera. […] Cristofano Bartolommeo Fagan nato in Parigi nel 1702 e morto nel 1755 dotato di facilità e di naturalezza nel genere comico, ma obbligato dalle sue strettezze a scriver troppo, mostra nelle sue favole l’ effetto della precipitazione. […] Claudio Errico di Voisenon scrittore ingegnoso che vedeva con pena il teatro francese troppo allontanato dalle tracce di Moliere, compose il Ritorno dell’ombra di Moliere buona commedia recitata con ottima riuscita, indi i Matrimonj uguali, e la Cochetta fissata lodate da’ nazionali. […] Di questo genere sono le seguenti: l’Oracolo impressa nel 1740, in cui intervengono tre personaggi, cioè una Fata, Alcindoro di lei figlio e Lucinda il cui carattere è un leggiadro tessuto di vezzi: le Grazie rappresentata nel 1744 ed impressa l’anno che seguì, il cui soggetto si trasse dall’ode III di Anacreonte di amore immollato dalla pioggia, e dalla XXX dell’istesso amore annodato con una catena di fiori dalle Muse secondo Anacreonte, o dalle Grazie secondo la vaga cantata del Metastasio recitata in Vienna nel 1735: gli Uomini vivace azione drammatica allegorica rappresentata nel 1753, in cui intervengono Mercurio, Prometeo, la Follia e le Statue animate dal fuoco celeste, le quali formano alcuni pantomimi allusivi a i caratteri e alle passioni degli uomini.
Essi non erano lontani dalla struttura e dalle decorazioni del teatro de’ ballerini da corda della fiera di san Germano. […] Al Capo medesimo, pag. 30, lin. 9, dopo le parole, vi si occupò con applauso, si tolgano le nove linee che seguono dalle parole, Nell’inverno in cui sino a sulla scena questo argomento, e si scriva la presente addizione. […] Al Capo V, pag. 76, lin. 26., dopo le parole, si desidera forza, calore ed eleganza, si tolgano le cinque linee che seguono in detta pagina, e le nove della pag. 77 dalle parole diedero allora fino a regna la molle galanteria, e si scriva come segue. […] Al medesimo Capo VI, pag. 142, che è la 126 per la seconda volta, alla lin. 23 dopo le parole lontane dalle tinte lugubri delle rappresentazioni, si dica come segue.
Ma i moderni alla voce opera aggiungono una idea complicata e talmente circostanziata che la diversificano, non che dalle cose accennate, dagli stessi pezzi drammatici de’ Greci e de’ Latini, a’ quali pur si avvicina. […] Ciò che solo con certezza si deduce dalle di lui parole, si è, che quel componimento fu una tragedia. […] I sospiri di Aristeo, i lamenti delle Driadi, il pianto di Orfeo, cose che passano negli atti precedenti, e l’ammazzamento del poeta amante eseguito nel V dalle Baccanti, esiggono un’apparenza diversa da quella dell’atto IV. […] Nel V potè tornare la mutazione de’ primi tre atti, accennandovisi eziandio il monte, questo monte gira intorno , ovvero cangiarsi il teatro in una foresta su questo monte destinata dalle Baccanti alla celebrazione de’ loro riti.
Ma i moderni alla voce operæ aggiungono un’ idea complicata e talmento circostanziata che la diversificano, non che dalle cose accennate, dagli stessi pezzi drammatici de’ Greci e de’ Latini, a’ quali pur s’avvicina. […] Ciò che solo con certezza si deduce dalle di lui parole, si è, che quel componimento fu una tragedia. […] I sospiri d’Aristeo, i lamenti delle Driadi, il pianto d’Orfeo, cose che passano negli atti precedenti, e l’ammazzamento del poeta amante eseguito nel quinto dalle Baccanti, esigono un’ apparenza diversa da quella dell’atto IV. […] Nel V potè tornare la mutazione de’ primi tre atti, accennandovisi eziandio il monte, questo monte gira intorno, ovvero cangiarsi il teatro in una foresta su questo monte destinata dalle Baccanti alla celebrazione de’ loro riti.
Quella che le veniva dalle parti che recitava svogliatamente, quasi addormentatamente ; massa inerte, aspettante, come s’è detto, il soffio vitale. […] Odette, Amore senza stima, la Locandiera, Cavalleria rusticana, Fedora, Casa di bambola, Casa paterna, la Signora dalle Camelie, d’indole così disparata, ebber tutte, e molte di esse hanno ancora la più gagliarda e più vera delle interpretazioni. […] … E il 19 dello stesso mese, a proposito della Signora dalle Camelie : Quello che in genere è ammirevole nella signora Duse è il concetto che ella si va formando sempre nuovo delle parti che ella rappresenta ; è la maniera sempre nuova di esecuzione ; è l’odio manifesto a tuttociò che può farle acquistare una lode bugiarda, momentanea. […] Ma quanta soavità di poesia fortemente sentita e semplicemente resa, in questi altri brani che traggo come quelli dalle lettere al Fiacchi !!
Angela D’Orso sostenendo con molta bravura la parte d’un Capitano Generale in una commedia da lei rappresentata in Verona, mosse il Marchese Giovanni Malaspina Accademico Filarmonico a lodarla con un Sonetto, che qui trascriveremo tolto dalle sue Rime impresse in Verona per i Merli l’anno 1653.
Dalle notiziole del Bartoli fornitegli da Agostino Fiorilli, sappiamo ch’egli « era un comico, che unir sapeva alla prontezza delle parole l’argutezza de’sali ; e giocava meravigliosamente delle scene insieme col Pulcinella.
Francesco Bartoli difende con grande calore il Lapy dalle accuse ingiuriose del Piazza….
È noto che scena deriva da Σκεας umbra, per quell’ombra che formavano i rami e le fronde soprapposte ai tabernacoli, o alle tende fatte di tela, di lana, o di pelli per difendere gli attori dal Sole e dalle piogge prima che essi fossero ammessi a rappresentare in città. […] Neottolemo stabilito in Macedonia, mentre Filippo si accingeva alla spedizione meditata contro la Persia, e celebrava le nozze di Cleopatra di lui figliuola con Alessandro re de’ Molossi, rappresentò un suo componimento intitolato Cinira, di cui Diodoro Siculo ci ha conservato un frammento notabile, tradotto o imitato dal chiarissimo Cesarottia E per finirla in grande stima era Satiro celebre attore al quale secondo il racconto di Plutarco dovè Demostene tutto il vantaggio che ricavò dalle sue aringhe, avendo da lui appreso ad animarle con azione vivace e con tuono decente e alle cose accomodato. […] Qual magnificenza qual concorso qual lusso quali profusioni per un semplice divertimento di una repubblica sì picciola in confronto di tanti poderosi stati moderni arricchiti dalle miniere Americane, ne’ quali sono pure cosi meschini e spregevoli i teatri!
Bartoli nell’introduzione a’suoi Scenarj, dalle quali si può vedere con quanta dimestichezza solesse usar col Granduca. […] Terribil orinal, per Tribunale, Amerigo frega la groppa all’Asino, per dir : l’America, l’Africa, l’Europa e l’Asia, e così si cavava la risata dal nome storpio, che da’ Greci si chiama paranomasia : ma perchè si conobbe far il Dottore da troppo semplice e balordo, si è disusato, restando questi scherzi al servo sciocco, di cui possono esser più proprj, lasciando al Dottor Graziano la Dottrina soda ed erudita, ma accompagnata dalle dicerie lunghissime. […] Anzi dalle parole del Petrarca il Napoli Signorelli desume anche la frequenza di rappresentazioni teatrali nel secolo xiv, chiedendo : Se non avesse questo ferrarese dati in Italia continui saggi della sua eccellenza in tale esercizio, l’avrebbe il Petrarca paragonato a Roscio ?
E con tali dubbietà, anzi con tali non dubbie ignoranze vogliono venire a competenza in un punto, che dipende dalle date? […] Noti ancora la Spagna e l’Italia, che l’istesso Apologista, il quale toglie a’ due Pellegrini del Tansillo il titolo di Dramma, che pure ha un’ azione che l’allontana dalle Ecloghe, l’istesso Apologista, dico, chiama coraggiosamente Dramma l’Albanio, in cui non v’ha operazione alcuna compiuta, nel che è posta l’essenza del Dramma, come è chiaro dalla stessa voce1.
Tutto ciò si deduce agevolmente dalle storie particolari di ogni teatro. […] Sacontala è una principessa allevata da un Eremita in un boschetto sacro, la quale dovendo andare a nozze nella corte di un re, prende congedo dall’Eremita chiamato Cano, dalle pastorelle sue compagne, ed anche da un arbuscello, da una gazella e da un caprio.
Bizanzio ebbe pure un gran teatro, il quale col resto della città su rovinato dalle truppe di Severoa. […] Cosi la vera drammatica senza perfezionarsi nel Lazio fu distrutta dalle depravazioni mimiche, ed il teatro divenne lo scopo delle invettive de’ Cirilli, de’ Basilii, degli Agostini e de’ Lattanzii.
E’ scoperto dalle ninfe d’Arcadia per la ripugnanza ch’egli ha di bagnarsi seco loro. […] Egli che ebbe la scuola del padre, non peccò nello stile; fu dolce, facile e piano, guardandosi dall’ampollosità e dalle arditezze delle metafore.
Mnesiloco suocero di Euripide si consiglia con lui e va cercando il modo di difenderlo dalle donne irritate, le quali nel celebrarsi le feste accennate debbono giudicarlo. […] Il suocero di Euripide non so come si sviluppa e si distriga dalle donne che lo custodiscono, e strappata dalle braccia di una di esse una bambina tenta di fuggire. […] Noi dalle nuvole sederemo al pari di Giove, e vi saremo propizj, dandovi salute, felicità, pace, vita, riso, gioventù, ricchezza. […] Forzato dalle di lui importunità Cremilo gli narra la risposta dell’oracolo; indi prega il cieco a volergli dire chi egli fia. […] Noi (rispondono i villani) cerchiamo di far del bene con isbandirti dalle nostre terre.
Ecco il brano ch’egli riporta dalle memorie mss. del Ghiselli : È da sapersi che due sere prima che questi istrioni terminassero le loro comedie furono gettati sul Teatro sonetti in biasimo della Beatrice, una delle recitanti, dalli Cavalieri parziali dell’ Eularia altra comica.
… Ella nacque e crebbe in un guittume di nuova specie : non in quel guittume generato dall’inerzia, dalla sudicieria, dalla mancanza di ogni senso d’arte (e questo può trovarsi in artisti di prim’ ordine) ; ma in quello generato dalle avversità e dall’ambiente.
Parecchie dame adottavano le mode francesi dopo averle viste in teatro da lei, e la mandavano a interrogare dalle loro sarte, per non esserle inferiori almeno da questo lato.
Il signor Eugenio Lombardi, direttore del Teatro Manzoni, ci diceva che allora gli capitavano dalle provincie vicine vaglia e lettere raccomandate di smaniosi che si assicuravano i posti per le repliche — fenomeno che non s’è più ripetuto.
In esso volume, oltre alle commedie recitate in Firenze, figurano : L’amor semplice – Il Molière – L’amor non può celarsi – L’erede universale – L’orfana fuggitiva – La vedova spiritosa – L’ Eugenia – La finta pazza – Gl’impostori onorati – La contadina tradita – Torquato Tasso – Il disertor tedesco – Pamela fanciulla – Pamela maritata – La fiera delle fate – I due avari – Il Conte di Valtron – La moglie saggia – La caccia d’ Enrico IV – Il vecchio collerico – Gli eroi inglesi – Le glorie della religione di Malta – L’inferno aperto a favore d’ Arlecchino – Arlecchino custode dei pazzi – Geneval – Colombina spirito folletto – La felicità nata dalle sventure – La Reginella – Il padre fanatico – La Calzolaia – La presa di Belgrado – Il disertor fortunato.
Datosi poi alla fuga, perseguitato, ricercato dalle genti del Duca, non sappiam più che sia di lui accaduto….
A poco, a poco, e dalle vicine gondole, e da quegli che passavano si formò un semicircolo intorno alla sedia, sulla quale era seduto il suddetto, che tutti salutava, e sorrideva a tutti.
Di taluna di esse (del Padre Prodigo di Dumas figlio) affidò la direzione a Paolo Ferrari, il quale, traeva tale gagliardìa dalla disciplinatezza, dalla sommissione, dal volere di noi giovani, che a volte restava in teatro a dirigere dalle dieci di mattina alle quattro di sera.
Clarice Tartufari in un opuscoletto del Biondo di Palermo così la difende : ……tale origine rimane cosi avviluppata nel velo dell’esagerazione e così contorta dalle molteplici aggiunte della fantasia, che essa finisce per confondersi con la menzogna.
La seconda, perché pochi essendo i principi veri sui quali s’appoggia e dipendendo in parte dalle nozioni di certe idee oscure di sua natura non ancor definite né da tutti universalmente accettate, non può far di meno che non divenga arbitraria e vaga nelle sue conseguenze. […] [12] Le ricerche analitiche fatte finora sull’opera seria potrebbero ricevere una illustrazione maggiore dalle pruove di fatto s’io volessi imbrattar la mia penna col racconto delle innumerabili scipite produzioni che disonorano oggidì la scena italiana. […] Veggasi quanto su tal proposito s’è detto nel tomo primo di quest’opera, dove si parlò delle qualità che deggiono avere lo stile e la lingua per rendersi musicali, e dalle ragioni ivi allegate si conoscerà essere manifestamente false e insussistenti le teorie d’alcuni moderni italiani che vorrebbero trasferire alla poesia accompagnata dai suoni le leggi medesime di stile che voglionsi per le poesie non inservienti alla musica. […] In primo luogo perché non da principio riflesso di virtù si suppone ivi che fosse spinto Alessandro, ma da macchinale furore eccitato in lui dai prestigi d’un musico e dalle istigazioni d’una cortigiana. […] Lo è per il terzo a motivo della ricchezza delle modulazioni che scaturisce dalle stesse sorgenti, e dal non vedersi obbligato ad alterar la natura almeno fino al grado che s’altera e si sfigura nell’opera seria.
Molto meno debbe egli appoggiarsi nell’abbondanza de’ difetti de’ Tragici Latini e nella, scarsezza di sublimità; perchè se dalle ultime favole moderne si risalga sino ai Cori di Bacco prodotti in Icaria, dir non sapremmo quante tragedie ostentar si potrebbero come perfette, grandiloquenti ed’ esenti di ogni taccia. […] L’una situazione e l’altra deriva con naturalezza dalle loro ben dipinte grandi passioni che perturbano ed interessano alternativamente per l’uno e per l’altro personaggio, ed attaccano chi ascolta all’azione intera. […] Cicerone e Quintiliano ed altri Romani intelligenti non rimasero nauseati nè dalla Medea di Ennio, nè da quella di Ovidio, nè dalle due di Pacuvio e di Azzio, nè probabilmente da questa di Seneca. […] Se gli svelle dalle radici, e la mano non è sazia di lacerare fin anche le loro sedi, e temendo (dove giunge il delirio del poeta!) […] Degno è pur di leggersi quanto aggiugne Tieste un tempo scellerato, ma che nella tragedia si enuncia pentito e corretto dalle sventure, e bramoso della vita privata.
Con tutto ciò, per quanto gli eunuchi venissero perseguitati dalle leggi, avviliti negli esercizj più immondi, spregiati nella società, scherniti dagli scrittori amici dell’ umanità86, non mai si giunse ad estirpare quest’abuso inumano, ch’empie la terra di mostri imbelli, schifosi e detestabili. […] Ma chi sa quando l’Italia si purgherà da tal macchia colla gloria di bandir dalle sue scene la nojosa uniformità recatavi dagl’ invincibili pregiudizj di tali attori che oggidì ne scema il diletto? […] Che se tanto può attendersi dallo studio delle donne, quali vantaggi maggiori ne presentano le voci de’ castrati perchè non abbiano a sbandirsi dalle scene italiche? […] Raffaello Tauro Bitontino allora produsse dal 1651 al 1690 le Ingelosite speranze, la Contessa di Barcellona, il Fingere per vincere, l’Isabella, o la Donna più costante, la Falsa Astrologia, traduzioni alterate dalle commedie del Calderon e di altri Spagnuoli. […] Gli eunuchi fra’ Romani furono servi addetti alla cura de’ letti, come accenna Apulejo, e per tal uso venivano per vanità e per lusso ricercati fin anco dalle meretrici, a quel che vedesi in Terenzio da cui un eunuco è chiamato monstrum hominis.
Per il che supponendo che il lettore non si sia per anco dimenticato di quanto si è detto nel capitolo primo di quest’opera circa le leggi che distinguono il melodramma dalle altre produzioni teatrali, passerò a ragionare paratamente dello stile, della orditura, della filosofia e dell’affetto che spiccano a meraviglia negli scritti del celebre allievo del Gravina. […] Atene avealo ignominiosamente bandito dalle sue mura. […] All’opposto le sentenze di Metastasio sono opportunissime, tratte sempre dalle circostanze o dalla passione. […] Se i tuoi occhi sono inondati dalle lagrime; se senti palpitarti in petto il cuore; se i singhiozzi soffocano il tuo respiro, prendi il Metastasio, e lavora. […] La scena rappresenta una bipartita che si forma dalle ruine di un antico ippodromo, già ricoperte in gran parte di edera, di spini, e d’altre piante selvagge.
Ma tali nei vengono compensati dalla bellezza dello stile e dalle situazioni interessanti ben condotte. […] Il re, irritato per le reticenze de i due e commosso dalle di lei preghiere, rimane sospeso. […] E perchè manda il sangue Dalle peste narici ? […] Per salvarlo dalle catene e da una morte ignominiosa Cornelia sua madre dà a Cajo un ferro, che se ne vale per morir libero. […] Perduto dalle Jettere, dagli amici e dall’Italia nella prima metà dell’anno 1814.
Discorso preliminare premesso alla prima edizione [1] Il teatro considerato come un pubblico spettacolo introdotto, o permesso dalle leggi in una nazione può considerarsi in tanti aspetti differenti quante sono le classi degli spettatori, che vi concorrono. […] Forse questa trascuratezza, e questo abbuiamento tornerà in maggior suo vantaggio, convenendo, secondo l’osservazione del gran Bacone di Verulamio, che non si tosto s’affrettino i filosofi a fissare i confini d’un’arte senza prima vedere le diverse forme, ch’essa può prendere dalle diverse combinazioni de’ tempi e delle circostanze; ma egli è vero altresì, che chiunque ne vorrà giudicare si troverà perplesso fra tante e sì contrarie opinioni, non avendo alla mano principi, onde avvalorar il proprio giudizio, Gl’Italiani, che hanno scritto fin’ora, non sono stati in ciò più felici. […] Nel primo, derivando dagl’intimi fonti della filosofia la natura del melodramma, si cercherà di rintracciare independentemente da ogni autorità, e da ogni esempio le vere leggi di questo componimento, e i limiti inalterabili, onde vien separato dalle altre produzioni teatrali.
Tosto dunque uscirono i comici dalle commediole e dagli amori della figliuola del ferrajo, e passarono a’ personaggi alti e a’ principi, i quali posti in circostanze pericolose e tragiche trassero seco loro la confusione de’ generi. […] Fa dunque torto, ripeto, alla veracità ed onestà non meno che all’erudizione di un uomo di lettere, la vana jattanzia aggiunta a questa istoriella gratuita del Nasarre, cioè che il Naarro insegnò agl’ Italiani a scrivere commedie, e che essi poco profitto trassero dalle di lui lezioni. […] Ma poste da banda le visioni del Nasarre41, riconoscansi i primi avanzamenti del teatro Spagnuolo dalle fatiche del prelodato Cervantes. […] Seguì Cervantes a lavorare sul medesimo piano, per quel che appare non solo dalle ultime otto commedie ch’egli produsse, ma da qualche titolo delle prime perdute, come la Destruicion de Numancia, la Batalla Naval, la Jerusalèn. […] Potrebbero gli atti sacramentali metter capo nelle mascherate e rappresentazioni e farse introdotte nelle Chiese Spagnuole, come altrove, dalle quali vennero indi escluse da’ concilj e dagli sforzi de’ pontefici.
E il Beltrame Nicolò Barbieri nel Capo VII della sua Supplica : Fra’ moderni del mio tempo, la Signora Isabella Andreini comica celebre per le opere sue che sono alle stampe, fu dalle lettere del Grand’Enrico quarto Re di Francia honorata con mansione amorevolissima, et decente ad ogni gentildonna. […] Dalle Rime – Edizione di Milano, Bordone, 1601. […] Dalle Lettere – Edizione di Venezia, Zaltieri, 1607. […] (Dalle Maschere e Buffoni di Maurizio Sand). […] Ma per che ogni nouita piu piace assai, riesce molto piaceuole spettacolo ueder in scena habiti barbari, et astratti dalle nostre usanze, et quindi auiene che riescono per lo piu cosi uaghe le comedie uestite alla greca.
Che che di lui motteggi Aristofane nelle Tesmoforie, è certo che Aristotile nella Poetica celebra la tragedia di Agatone intitolata Αιθος, il Fiore, nella quale i nomi e le cose erano tutte inventate dal poeta, e non già tratte dalla storia o dalle favolea.
Egli ha composte dieci o dodici tragedie tratte dalle storie nazionali recitate in Pietroburgo ed in Mosca con molto applauso; ed i compatriotti ne esaltano la versificazione e la regolarità.
La giudicatura cadde nelle mani di uomini senza lettere, i quali non di rado venivano dalle parti astretti a provar coll’armi la propria integrità e la giustizia della sentenza profferita, per la qual cosa in essi richiede vasi più forza di corpo che di mente. […] L’Italia governata da’ pontefici Romani e in gran parte dagl’imperadori Greci, per consenso degli stessi Oltramontani, prima di ogni altro popolo emerse dalle ombre. […] Ma sulle riferite parole non può assicurarsi che fosse rappresentazione animata dalle parole. […] I codici stessi delle leggi pubblicate dalle nazioni (dice il celebre Guglielmo Robertson nell’Introduzione alla Storia di Carlo V) lasciarono di avere qualche autorità, cedendo il luogo a certe costumanze vaghe e bizzarre. […] Poteva egli convincersi dei disordini del foro spagnuolo nella compilazione meno antica intitolata Fuero Real fatta da Alfonso IX, e veder nel prologo gli sconcerti de’ secoli ch’egli voleva illuminati dalle leggi di Alarico.
quell’eleganza che dopo tanti secoli conserva l’istessa forza imperiosa fu gli animi de’ posteri più lontani dalle latine contrade80? […] Non capit regnum duos col rimanente aggiunto da Tieste un tempo scellerato, che nella tragedia comparisce pentito, e corretto dalle sventure, e bramoso della vita privata, riflessioni filosofiche tratte con molta cura da varie epistole di Seneca. […] Gli attori atellani erano cittadini romani, e ne conservavano i diritti, perché non lanciavano di servir nelle legioni, e non erano rimossi dalle loro tribù92. […] IV, V, XI) Il Tatari con maggior probabilità pretende, ch’ella fosse nelle vicinanze della città di Taranto, e che dalle ruine di essa sorgesse la terra delle grottaglie. […] Ma se tu prendi a paragonarle cogli originali greci, da cui furono tratte, e ogni cosa di seguito e diligentemente tra lor confronti, cominciano le latine pur troppo a cadere di pregio e a svanire al paragone; così sono esse oscurate dalle commedie greche, cui in vano cercarono di emulare».
S’industriò di adoperare, secondo la greca maniera, la varietà de’ metri, ed elevare al possibile lo sdrucciolo, pretendendo farlo passare per giambo tragico; ma questo sforzo inutile non fu tollerato dalle orecchie italiane. […] Quest’ultimo ha formata ancora dalle Troadi e dall’Ecuba di Euripide una tragedia intitolata le Disgrazie di Ecuba, la cui sola lettura fa fremer di compassione e terrore, con tanta energia vi si maneggiano gli affetti. […] Molti critici hanno asserito che la maggior parte delle favole metastasiane viene dalle francesi, perché non seppero che la maggior parte delle francesi si trasse dalle italiane. […] Augusto é clemente la prima volta stanco dalle famose proscrizioni, e la clemenza é la nota caratteristica della vita di Tito, delizia del genere umano; caratteri, come ognun vede, ch’esigono un colorito differente Emilia innamorata di Cinna intraprende lo sconvolgimento dello stato contro a un benefattor suo per vendicar la morte d’un padre; nel che si trova qualche aria di romanzo, perché l’affetto filiale narrato non scuote tanto lo spettatore, quanto i benefici attuali di Augusto, e la di lei passione per Cinna esposta agli sguardi. […] Al contrario Sesto incomparabilmente più patetico é combattuto dalla conoscenza delle virtù eroiche di Tito, dall’amicizia da lui oltraggiata, dalla spaventosa immagine del tradimento senza veruna discolpa, dalle virtù, a cui non ha del tutto rinunziato, e dalla debolezza per Vitellia che lo tiranneggia.
Lo stile è facile, ricco di concetti giusti, puro e lontano dalle arditezze che nell’avanzarsi del secolo si posero in moda. […] Ortenzio Scamacca fecondo gesuita Siciliano dal 1632 al 1651 pubblicò quaranta tragedie sacre, morali ed imitate dalle greche, le quali hanno meritato le lodi degli eruditi per la regolarità e pel decoro tragico che sostengono, benchè vi si noti molta languidezza nell’azione ed il dialogo soverchio prolisso. […] La riconoscenza nel Solimano avviene per l’arrivo improvviso di Aidina e Alicola indipendentemente da’ primi fatti; là dove nell’Aristodemo la venuta di Licisco ha tutta la dipendenza dalle cose riferite sin dall’atto primo. […] Fiorirono entrambi nel colmo della corruttela del gusto, entrambi se ne preservarono intatti, resistendo al vortice che tutti rapiva gl’ ingegni, entrambi possono considerarsi come i precursori della buona tragedia, che seppero astenersi da’ lirici ornamenti de’ tragici del secolo XVI e dalle arditezze de’ letterati del XVII.
Quand’era a’ Fiorentini di Napoli, nel ’65, Alessandro Dumas figlio, recatosi dopo la rappresentazione della Signora dalle Camelie, sul palcoscenico, disse alla Cazzola : « Io mi inginocchio dinanzi a voi. La Nazione Francese sarebbe orgogliosa di avere una tanta artista ; ed io sarei ben fortunato se avessi nel mio paese un’interprete come voi…. » Nè solo nella interpretazione della Signora dalle Camelie, ma in quelle ancora del Cuore ed Arte, dell’Adriana Lecouvreur, della Pamela, della Gabbriella, dell’Elisabetta, della Battaglia di donne, della Piccarda Donati, dei Gelosi fortunati, della Pia de’ Tolomei, e di cento altre opere o tragico-romantiche o drammatiche o comiche, non ebbe chi la uguagliasse, nè chi le si accostasse. […] Nella Piccarda Donati era seducente : nella Vita color di rosa era meravigliosa ; nella Dama dalle Camelie era ammaliatrice ; nella tragedia Saffo, del Marenco, era immensa ; nella Pia de’ Tolomei era sublime ! […] Chi la ricorderà nella Vita color di rosa, nella Donna in seconde nozze di Giacometti, e nella Signora dalle Camelie ?
Una parentesi : Che i Gonzaga fossero appassionatissimi pel teatro è fuor di dubbio ; ma è anche certo che la loro grande passione non andava discompagnata dall’ambizione di avere in tal materia la supremazia ; nè da questa lettera, giacente nell’Archivio di Modena, della quale non è riuscito ad alcuno finora trovar conferma nelle carte dell’Archivio Mantovano, nè dalle prigionie patite dal Parrino e da tanti, alla liberazion de'quali s’occuparon patrizj e potentati in vano, nè dalla cacciata da Mantova degli stessi Gelosi il '79, ci sarebbe certo da dirli stinchi di santo. […] Dalle speciali attitudini de' varj artisti si diedero al Pantalone altri caratteri, che altri poi ne generarono di ogni specie.
Al di là dalle Alpi i soli provenzali scriveano in tal periodo componimenti, che rassomigliavano ai teatrali, ma lontani assai dall’imitar gli antichi., Non trovavasi tra’ provenzali né un Mussato, né un Petrarca, né un Vergerio.
Egli in somma é sì vario e sì vasto, che non fa un tutto se non all’occhio fino della storia che lo contempla tranquillamente, dall’alto d’una collina; e quei viaggiatori e criticastri di corta vista, scempi o impazienti, i quali si sono occupati sol di una parte di esso, e dalle loro scarse osservazioni han di poi tratto vanamente certi aforismi generali, che tengon per principio incontrastabili, in ogni tempo faranno pietà a chi ragiona.
Generalmente i pubblici commedianti andavano per l’Italia rappresentando certe commedie chiamate dell’Arte per distinguerle dalle erudite recitate nelle accademie e case particolari da attori nobili civili istruiti per proprio diletto ed esercizio.
Egli compose dieci o dodici tragedie tratte dalle storie nazionali recitate in Pietroburgo ed in Mosca con molto applauso.
L’andata in iscena colla Maria Giovanna segnò l’ultimo gran trionfo dell’artista ; chè recatasi di là a Forlì, fu quivi raggiunta dal Bargellini che la tolse per sempre dalle scene per condurla all’altare.
L'amore pe'l teatro gli si andò sviluppando a grado a grado, e, quando il suo ufficio gliel comportava, stava inchiodato alle quinte, pendendo dalle labbra degli artisti, e specialmente del suo padrone.
[5] Come avessero un fedecommesso ne’ gesti che si trasmettesse per retaggio dal maestro al discepolo, così vedrete usarsi da loro in ogni e qualunque circostanza certe maniere di muover le braccia, il collo e le mani, dalle quali non si diparton giammai. […] [20] La musica non differisce punto dalle altre arti rappresentative. […] Dove questa fermata si fa non alla fine d’un periodo o d’una parola, come vorrebbe il buon senso e il richiederebbe l’inflessione patetica, ma in mezzo ad una parola o su una vocale staccata dalle altre? […] Cose tutte che non ponno provenire da una serie indeterminata di suoni, ma dalla determinazione bensì che ricevono essi suoni dalle parole, le quali, facendo vedere la dipendenza in cui sono gli uni dalle altre, eccitano le stesse idee e i movimenti stessi ch’ecciterebbe la presenza degli oggetti rappresentati. […] Dalle quali parole si scorge che ci dovevano esser gli eunuchi avanti al tempo in cui visse quel legislatore.
Ho avuto a crepar dalle risa leggendo il Monitorio e le lettere crescimbeniane al march. […] [5.81ED] Ma a buon conto que’ sentimenti erano facili, lisci e distesi quel solo e non più che richiedevan le note, che forse in quel tal sito egli credé necessarie alla musical simetria; né mai la musica al verso, ma questo a quella serviva, e serviva piuttosto come volontario che come schiavo; e però vorrei mediocremente poeta il componitore, e questo sarebbe il meglio per l’opera, imperocché potrebbe egli ordirsi in mente e tesser poi sulle carte tutta la tela musicale dal principio alla fine del dramma; e visto primieramente dove la forza, dove la tenerezza, dove i recitativi, dove l’arie più convenissero: dove il soprano, dove il basso, dove il contralto o il tenore per la legatura ed intrecciamento di una perfetta armonia dovessero fare maggior figura, vi adatterebbe appresso gli avvenimenti o tolti dalle favole greche o affatto affatto dal suo capriccio inventati qualunque si fossero, e le parole ed i versi facili, andanti e sonori, e caverebbe dalle bocche e dalle borse degli uditori non meno i ‘viva’ che la moneta. […] [5.205ED] Le corte abilità s’ingegnano di comparir vaste a forza di magnificare quel poco che dalle loro operazioni si può esiggere. […] [commento_3.7ED] sceneggiamento: divisione in scene, marcate dalle entrate ed uscite degli attori. […] [commento_4.55ED] essenziale armonia: ‘la prosodia non è dettata dalle parole che lo compongono, ma da regole esterne’.
Francesco Patrizio conta sino a venti favole di Nevio che tutte trasportò dalle Greche, e tra esse nomina Trifalo. […] Qual frutto si è ricavato dalle loro fatiche? […] Afferma non aver egli altra cura che lo crucia, se non quella di riscattare dalle mani di un Ruffiano una bella schiava che egli ama. […] Quello della Rudia che oggi ne conserva il nome, trovasi sei miglia distante dalle montuose città di Oira e Ceglie, e diciassette in circa da Brindisi. […] Illustrò separatamente dalle altre questa favola Andrea Wilchio nel 1604.
Vedesi in una gran piazza il real palagio di Edipo: alla porta di esso si osserva un altare, innanzi al quale si prostra un coro di vecchi e di fanciulli: si rileva dalle parole che in lontananza dovea vedersi il popolo afflitto radunato intorno ai due tempi di Pallade e al l’altare di Apollo. […] Mattei, intendiamoci bene, gl’Italiani hanno da’ Greci preso con felice successo tutto il bello , o hanno tratto dalle loro miniere tutto il piombo e lasciato l’oro ? […] Se tale fosse il sentimento di Laerzio, verrebbe contraddetto dalle favole che ci rimangono di questi due tragici.
Da un canto della piazza tu vedi il nostro galante Fortunato insieme con Frittata cacar carote e trattener la brigata ogni sera dalle ventidue sino alle ventiquattro ore di giorno, finger novelle, trovare istorie, formar dialoghi, far caleselle, cantar all’improvviso, corucciarsi insieme, far la pace, morir dalle risa, alterarsi di nuovo, urtarsi in sul banco, far questione insieme, e finalmente buttar fuora i bussoli e venire al quamquam delle gazzette (moneta venesiana da dieci centesimi) che voglion carpire con queste loro gentilissime e garbatissime chiacchiere. […] Tutti gli autori nostri, Alfieri, Metastasio, Goldoni, Nota, Bon, Sograffi, ebbero in lui un valoroso interprete : e quando l’Italia fu inondata circa il 1830 dalle traduzioni del Teatro di Scribe, l’esecuzione del Filippo, della Malvina, del Povero Giacomo mostrò a qual grado di perfezione egli seppe giungere coll’arte sua.
Ma questo punto dell’azione vien raffreddato dalle pedanterie del poeta. […] A lui appartiene la commedia delle imprese de’ Pizarri, in cui corre dalle Spagne al Perù con somma leggerezza. […] Sono, è vero, i suoi ritratti per lo più manierati e poco somiglianti agli originali che ci presenta la natura; ma non si allontanano molto dalle opinioni dominanti a’ giorni suoi. […] Era questa una bella moralità da insinuarsi dalle scene? […] Nedarò una mia traduzione, e ne’ passi dove i tratti patetici vengono traditi dalle false espressioni, non sostituirò ad esse i miei pensieri, ma le trascriverò a piè di pagina.
Lo stile è facile, ricco di concetti giusti, puro e lontano dalle arditezze, che nell’avvanzarsi del secolo si posero in moda. […] Ortenzio Scamacca fecondo gesuita siciliano dal 1632 al 1651 pubblicò quaranta tragedie sacre, morali ed imitate dalle greche. […] La riconoscenza nel Solimano avviene per l’arrivo improvviso di Aidina e Alicola indipendentemente da’ primi fatti; là dove nell’Aristodemo la venuta dì Licisco ha tutta la dipendenza dalle cose riferite sin dall’atto primo. […] Fiorirono entrambi nel colmo della corruttela del gusto, entrambi se ne preservarono intatti, resistendo al vortice che tutti rapiva gl’ingegni, entrambi possono considerarsi come i precursori della buona tragedia riprodotta, che seppero astenersi da lirici ornamenti de’ tragici del secolo XVI e dalle arditezze de’ letterati del XVII.
Palissot, scritta con istile comico, e con libertà aristofanesca, e imitata in parte dalle Donne Letterate di Molière. […] Vuol egli tener per commedie viziose tutte quelle che si allontanano dalle farse e dalle commedie basse? […] Ciò per altro potrebbe essere giustificato dalle circostanze de’ pensieri e dell’espressioni, sempre che si avesse cura, senza inoltrarla, di non far patire chi ascolta. […] Da quarant’anni in circa il comico si é andato sempre più allontanando dalle commedie francesi, e per sterilità d’ingegno vi é stato sustituito il patetico e l’orrido.
Quando trasformato in Toro haueuo impregnato la bella Europa, tornando di Creta passai per doue oggi è Bologna, & alloggiato da vn mio pouero amico, che staua in una piccola casetta su la riva del Reno, a cena gli raccontai il caso seguito ; e nel partirmi feci miracolosamente nascere in quel luogo vna Città, per ricompensa, facendone Signore quel mio ospite ; & in memoria, che sotto forma di Toro, o Boue haueuo goduto la donna amata, nominai la nuova Città Bononia, dalle parole Bos, che vuol dir Bue, Non, che significa non, & Jam, che s’espone già ; cioè Bos non jam ; per mostrare, che non era già vn Bue, ma Gioue quello che portò via Europa. […] Apollo perche restasse memoria dell’amor suo fece fabricare in quel luogo vna Città, e la chiamò Felsina, dalle parole, che seguitando Dafne diceua, fel sinas, fel sinas ; cioè, o Ninfa, sinas, lascia, dal verbo sinos, is, che stà per lasciare, e fel, che vuol dire fiele, e si piglia per l’amarezza, e crudeltà in amore.
Ma si venne al 1799, e al Vestri toccò la sorte di tanti giovani, forse, nella fiamma di amor della patria, un po' troppo audaci : di essere cioè insultato e percosso dalla popolaglia, e chiuso nelle carceri del Bargello, dalle quali uscito dopo breve tempo, nauseato di siffatte inique persecuzioni, abbandonò Firenze e la Toscana, senza sapere ove il suo buon genio lo guidasse. […] Quando una misera compagnia si trovava vicina alla sua, si volgeva a lui per soccorso ; ed egli, se il suo dovere glie lo consentiva, accorreva subito, e con una recita la sollevava lì per lì dalle abituali ristrettezze.
Le due passioni principali, ossia amore e odio, sono fatte discendere dalle due sensazioni di piacere e dispiacere. […] Viene poi toccata la questione dei confidenti che molti, tra cui Alfieri, volevano bandire dalle scene. […] Anche all’interno di uno stesso carattere le mutazioni sono frequenti, dettate dalle circostanze, dalle passioni del momento, dagli individui con cui si entra in contatto. […] Ma qualunque sia la classificazione che si voglia adottare, niuna dovrebbe prescindere dalle seguenti considerazioni. […] Insomma dalle prime parti insino alle ultime, v’ha una gradazione relativa, che debbono tutti religiosamente osservare.
Tutto ciò si deduce agevolmente dalle storie particolari di ogni teatro.
Tali cose discordano dalle narrazioni di Suida e di Ateneo
Differiscono tanto le moderne favole sceniche di Costantinopoli dalle antiche, quanto da Atene il borgo di Setina.
A ogni modo, ella continuò a recitare a Parigi sino all’anno del suo ritiro dalle scene, che fu il 1683.
Dalle sfere ignote (ove certo signoreggi, come quaggiù nella memoria dei mortali) rivolgi a me un raggio della divina luce di tua sovrana intelligenza.
Il Salomon soleva intrammezzare con chiacchierate ricche di spirito e di…. salacità la vendita degli specifici di Mondor, talvolta in dialogo, sia col padrone, sia colla moglie Francischina, e talvolta solo ; facendo sopr'a tutto sbellicar dalle risa colle trasformazioni del suo cappello di feltro bigio a punta, al quale, nelle opere son dedicati due discorsi : De l’antiquité du chappeau de Tabarin, des tenans, aboutissans et despendances, e Les fantaisies plaisantes et facetieuses du chappeau à Tabarin.
A sei anni, trovandosi la madre in Napoli colla Compagnia di Salvatore Fabbrichesi, fu messa in uno de’ primi educandati francesi, dal quale, morto il padre, uscì a tredici anni, per entrare a sostener le parti di amorosa nella Compagnia Reale di Napoli diretta dal Fabbrichesi stesso, di cui facevan parte Giuseppe De Marini e Luigi Vestri, attori massimi del lor tempo, che, affezionatisi alla fanciulla ben promettente di sè, l’avviarono, e l’addestrarono a quell’arte in cui non ebber rivali, e in cui ella, recitando a Padova colla Compagnia, provocò il seguente articolo che traggo dalle Varietà teatrali del ’24 (Venezia, Rizzi) : Bettini figlia…. giovinetta di 15 anni, di leggiadra figura, di volto avvenente, di bei modi, non iscarsa di grazie, e solo da un anno al drammatico esercizio educata, ella supera sè medesima, e porge altissime speranze di pareggiare ben presto le decantate prime attrici, che l’han preceduta. […] Le prime 4 commedie e le prime 4 tragedie a tua scelta ed oltre de’ riposi che dà la piazza, uno d’obbligo alla settimana…… L’11 aprile 1838 il Gottardi da Torino torna alla carica, ed, autorizzato anche dal suo futuro socio Domeniconi, le propone il posto di Iª attrice assoluta dalla quaresima del 1840, l’onorario di 12 mila lire austriache divise in tante mezze mesate anticipate, ed il compenso di mezza serata per piazza ad uso comico. – Dispensa dalle recite doppie – una recita per settimana di tutta vostra scelta. […] Io pure se Dio mi darà forza e salute ho ferma intenzione di ritirarmi dalle scene dopo altri cinque anni, ma prima di far ciò desidero ardentemente (per quanto il mio scarso ingegno lo permetterà) cooperare con que’ pochi ottimi artisti drammatici che abbiamo in Italia (dai quali cerco imparare e le massime e l’arte) onde formare un buon gusto generale in tutta Italia che va purtroppo scadendo colpa la noncuranza in che si tengono le cose vere e naturali, le finitezze, le sfumature dell’arte come noi le chiamiamo, per applaudire soltanto alle esagerazioni, contrarie il più delle volte al buon senso.
— Storia di Perugia dalle origini al 1860. […] Verona, Sebastiano e Giovanni dalle Donne fratelli, 1578. […] Verona, Bastian dalle Donne et Giovanni fratelli, 1570 ?
Albumasar irritato per le reticenze de i due, e commosso dalle di lei preghiere, rimane sospeso. […] L’erudito conte della Torre Cesare Gaetani nato nel 1718 nell’età di anni 78 in cui si trova non ha tuttavia tolto congedo dalle muse sceniche. […] Dalle radici immote Par che l’orbe vacilli! […] La fazione opposta inclina agli Arabi, ed è spalleggiata dalle milizie di Adallano principe moro, cui Elvira ha segretamente data fede di sposa. […] Odorico nella 5 scena dalle sue logge si accinge all’armi.
Non sa il Sherlock quanti aspetti diversi prenda l’eloquenza dagli oggetti e dalle circostanze? […] Gli uomini e le donne civili nè parlano nè operano diversamente dalle genti del contado.
… » tonava lui con un crescendo, che ci faceva venire la pelle d’oca, e alzava il bastone (classico avanzo anch’esso del palcoscenico) ; ma la cosa finiva li…… Le opere che al Bonazzi assicuraron fama di scrittore egregio furono due : il Gustavo Modena e l’arte sua, e la Storia di Perugia dalle origini al 1860 (Perugia, 1879), per la quale, dopo la pubblicazione del primo volume, fu a voti unanimi eletto socio straordinario della Deputazione bolognese di storia patria. […] Il Vestri, senza tante parrucche, dava un’acconciata alle poche ciocche de’suoi capelli, e usciva dalle quinte con fisonomia, con voce, con modi talmente ottemperati al suo personaggio, ch’ei poteva rappresentare tutta quanta la umanità, e nelle parti promiscue, ove la natura umana è dipinta come è realmente, faceva piangere e ridere al tempo stesso, come ebbe a dire anche il Byron.
L'amor della scena fu più forte di ogni contrario proponimento ; e un bel giorno, poco avanti il carnovale del 1846, di nascosto del babbo, ma col tacito consenso del nonno e della mamma, partì da Livorno per andare a raggiungere a Foiano una compagnietta delle infime, alle cui recite si soleva dare come biglietto d’ingresso frutta, salsiccie, e vino ; e in cui la paga degli attori variava dalle due alle quattro crazie al giorno. […] Le donne eran rappresentate dalle signore Matilde Pompili-Trivelli, Elvira Pasquali, Augusta Giansana, Angela Botteghini, Luigia Vestri, ecc., ecc., e gli uomini dai signori Leopoldo Orlandini, Luciano Cuniberti, Giacomo Brizzi, Giuseppe Trivelli, Leopoldo Vestri, Filippo Parducci, Carlo Perrucchetti, ecc., ecc.
Il conte vuol riferire che entrò nel giardino, trovò una dama mascherata che si bagnava, cui fu tirato un colpo di pistola, e che la difese dalle spade degli assalitori, e ne ricevè una banda. […] A lui appartiene la commedia delle imprese de’ Pizarri in cui corre dalle Spagne al Perù con somma leggerezza. […] Sono, è vero, i suoi ritratti per lo più manierati e poco rassomiglianti agli originali che ci presenta la natura; ma non si allontanano molto dalle opinioni dominanti a’ giorni suoi. […] Ne darò una mia traduzione, e ne’ passi dove i tratti patetici vengono traditi dalle false espressioni, non sostituirò ad esse i miei pensieri, ma le trascriverò in margine. […] Verisimilmente l’autore ne tolse l’argomento dalle favole di Moreto, o dell’ Anonimo o di Matos.
Il Fabbrichesi fu il primo a stabilire che i comici pensasser da sè a tutte le spese di vestiario (prima d’allora non dovevan provvedersi per gli abiti in costume che del così detto basso vestiario, cioè scarpe, calze, parrucche, spade, ecc.) e a quelle di viaggio ; ma tale aggravio fu compensato dalle nuove paghe salite a cifre non più sognate : mentre il gran Zenerini trent’anni addietro, e al tempo della sua maggior gloria, non aveva potuto ottenere che uno zecchino veneto al giorno, il De Marini ne aveva 601 all’anno, il Blanes 600, Pertica 450, e Bettini 400.
E metto qui ancora il seguente, non citato dal Bartoli, che tolgo dalle Rime di Pace Pasini, edite a Vicenza nel 1642, per gli eredi di Francesco Grossi : Sopra Celia Comica Scioglier la lingua, & annodare i cori, melar le labra, e amareggiar gli affetti, piagare i seni e non aprire i petti, strugger la speme et animar gli amori ; Scoprir la neve e suscitar gli ardori, nutrire angoscie e partorir diletti, influir tema e implacidir gli aspetti, sono in Celia d’amor forze e stupori.
Nullameno l’amore della drammatica prevalse in lui ; e i primi applausi tributatigli nelle sale dell’aristocrazia e dalle platee di teatrini privati, gli fecer prendere la risoluzione di darsi tutto alla scena, ove in breve conseguì, collo studio in ispecie delle tragedie di Alfieri, fama di attore insuperato e insuperabile.
L'Archivio di Stato di Modena conserva alcune lettere di Coviello, il quale, per non essere da meno dei suoi compagni, batte cassa con supplicazioni di ogni specie ; ora (Brescia, 4 agosto 1690) allegando in ragione che il suo esercito è in rovina per non aver potuto fare in diciassette giorni che sei comedie, che fruttarono di parte lire dieci e soldi otto ; ora (Reggio, 20 novembre 1690) che li Massari del ghetto vogliono semignare l’elettione, per la carica dei letti nel Castello, e sospira una gratia che può liberarlo dalle mani del Ebraismo.
Se voi fate una tela lugubre di persone private che ecciti il terrore, producete la tragedia domestica o cittadina: se a tal favola frammischiate alcuni tratti comici, cadete nella sempre riprensibile alleanza del pianto e del riso della commedia lagrimante che distrugge l’unità dell’interesse contro l’oggetto del poeta: se le comiche dipinture non contrastano con situazioni terribili, ma servono a dar moto a’ dilicati interessi famigliari ed a quel patetico che nasce dalle amorose debolezze combattute dagli eventi; voi spogliate la commedia lagrimante de’ suoi difetti, e la cangiate in una lodevole commedia tenera. […] Cristofaro Bartolommeo Fagan nato in Parigi nel 1702 e morto nel 1755 dotato di facilità e di naturalezza nel genere comico, ma dalle strettezze obligato a scriver troppo, mostra nelle sue favole l’effetto della precipitazione. […] Claudio Errico Voisenon scrittore ingegnoso che vedeva con pena il teatro francese allontanato dalle tracce di Moliere, compose il Ritorno dell’ombra di Moliere buona commedia recitata con ottima riuscita, indi i Matrimoni uguali, e la Civettuola (coquette) fissata lodate da’ nazionali, e dagli esteri ragionevoli. […] Amore annodato con una catena di fiori dalle Muse secondo l’istesso Greco, o dalle Grazie secondo la vaga cantata del Metastasio recitata in Vienna nel 1735: gli Uomini vivace azione drammatica allegorica rappresentata nel 1753, in cui intervengono Mercurio, Prometeo, la Follia e le Statue animate dal fuoco celeste, le quali formano alcuni pantomimi allusivi ai caratteri, e alle passioni degli uomini.
Ciò ne suggerisce un giusto raziocinio sostenuto dalle antichissime tradizioni e dalla storia, che che ne abbiano pensato in contrario Ludovico Castelvetro nella Poetica, Le Batteux e l’autore dell’articolo Prose nel Dizionario dell’Enciclopedia. […] Sacontala è una principessa allevata da un eremita in un sacro boschetto, la quale, dovendo andare a nozze alla corte di un gran re, prende congedo dall’eremita chiamato Cano, dalle pecorelle sue compagne, ed anche da un albuscello, da una gazella e da un caprio.
E sebbene l’istesso lodato Casiri aggiunga che parlerebbe a suo luogo di una o due commedie Arabe, tuttavolta scartabellando la mentovata Biblioteca io non trovai un solo componimento drammatico, non dico de’ secoli de’ quali ora si favella, ma nè anche de’ seguenti sino all’intera espulsione de’ Mori dalle Spagne. […] E quale orrore non doveano destare ne’ Padri Cristiani, ne’ Cirilli, ne’ Crisostomi, ne’ Basilii, ne’ Cipriani, ne’ Lattanzii, negli Agostini, quelle detestabili rappresentazioni di nefandi stupri, che Marsiglia gentile, ma non corrotta, escluse dalle sue scenea?
Si recò a quindici anni a Verona, per impararvi il mestiere di sartore ; ma innamoratosi del teatro, entrò in una piccola compagnia, in cui dalle ultime parti potè salir ben presto a quelle di prima importanza, quali di padre e di tiranno ; e con tal successo, che in capo a pochi anni lo vediam già nello stesso ruolo in Compagnia del vecchio Zanerini, di cui potè seguire, senza servilità, la vecchia scuola, e di Maddalena Battaglia (1795-96), destando a Venezia, al San Gio. […] Invano si reclamava dalle gazzette più autorevoli un monumento al grande artista e al gran cittadino….
Oltrechè in molte migliaja di commedie recitate della medesima nazione, a riserba di qualche dozzina di esse, si trovano frequentemente alcune strofe o canzonette cantate in coro dalle damigelle di qualche principessa, nell’impressione delle quali se si avesse voluto conservare il nome del maestro, avrebbe potuto notarsi con ogni proprietà, vi fece la musica (p. e.) […] È bellissimo il racconto di Aminta poichè ha liberata Silvia dalle mani del Satiro. […] Uscì parimente in quell’anno dalle stampe del veneziano Domenico Imberti l’Andromeda tragicommedia boschereccia di Diomisso Guazzoni cremonese, dove interviene un Erbenio mago, oltre a Cupido trasformato in ninfa, i quali empiono la favola di prodigii.
L’Opera francese fondata dal Lulli e dal Quinault, che tira dal fondo dell’immaginazione e dall’allegoria e dalle favole un ammasso di prodigi e di stravaganze, nel secolo XVIII non calcò miglior sentiero. […] Egli non seppe osservare che le arlecchinate e pulcinellate italiane si hanno in conto di prette buffonerie ancor dalle contadine e fantesche, nè vi è pericolo che possano dentro le Alpi alimentar l’ignoranza. […] Non incresce tanto in tal componimento un buon numero d’incoerenze, ed il piano mal congegnato, quanto il pessimo esempio che ne risulta per chi v’assiste, per cui meriterebbe d’escludersi dalle scene mal grado della riuscita che ebbe sul teatro dell’Opera comica della strada Favart.
Oltrechè in molte migliaja di commedie recitate della medesima nazione, a riserba di qualche dozzina di esse, si trovano frequentemente alcune strofe o canzonette cantate in coro dalle damigelle di qualche principessa, nell’impressione delle quali, se si avesse voluto conservare il nome del maestro, avrebbe potuto notarsi con ogni proprietà, vi fece la musica il maestro N, benchè esse si sieno rappresentate, e si rappresentino attualmente col solo canto naturale della favella. […] È bellissimo il racconto di Aminta poichè ha liberata Silvia dalle mani del Satiro. […] Uscì parimente in quell’anno dalle stampe del Veneziano Domenico Imberti l’Andromeda tragicommedia boschereccia di Diomisso Guazzoni Cremonese, dove interviene un Erbenio mago, oltre a Cupido trasformato in ninfa, i quali empiono la favola di prodigj.
Ma gl’instruiti sanno che il mio racconto è verace, e autenticato dalle prove, da’ passi degli Autori, e dagli Scritti stessi de’ riferiti Drammatici (che quì non si tratta di Drammi immaginarj come quelli del Vasco Dias, nè delle Mille Tragedie del Malara conservate nella Biblioteca della Luna); e i mal instruiti aveano bisogno di chi glielo dicesse.
Forse il piacere prodotto in questa festa da’ balli, dal canto, e dalle maschere, fece nascere il disegno di formar di tali cose un tutto e un’imitazione più ragionata.
Le fu offerto allora di entrare alla Commedia Francese, ma ella non accettò e si ritirò per sempre dalle scene.
Queste bellezze parziali, alloppiando in particolar modo gli orecchi dell’uditore, hanno fatto sì ch’ei cerca di gustarle separatamente dalle altre, e che non ritrova nella melodia vocale un compiuto diletto se non gli perviene ai sensi accompagnata dal colorito forte degli strumenti. […] Certo è ch’egli farebbe schiamazzar dalle risa tutta l’udienza se accingersi volesse all’impegno di esprimer colla sua voce tai cose. […] Come fanno appunto quelle donne, le quali, veggendo dalle ingiurie del tempo sfrondarsi a poco a poco sulle loro guancie le fresche rose e vivaci che rallumavano i desideri dell’amante, cercano pure nelle studiate maniere e nella licenza de’ voluttuosi atteggiamenti un riparo al successivo mancare delle loro attrattive. […] [19] Un altro svantaggio ancora mi sembra proprio dell’odierna musica strumentale, ed è l’aver ristretto di soverchio il numero delle modificazioni sonore escludendo dalle orchestre più sorta di strumenti, che sarebbero acconci a produrre a rinvigorir l’espressione. […] La sconcezza in questo genere è arrivata a segno che in un’opera veduta da me dovendo salir sopra un naviglio il primo uomo e cantar prima una cavatina, la nave, che veniva spinta dalle onde, ha dovuto fermarsi, come s’avesse udito e cognizione, attendendo che finissero que’ noiosi arzigogoli.
Laddove i poemi epici sarebbon mancanti di cosa essenziale, se fossero privi di quella che nasce dalle altre cose. […] Che se s’ammise sotto il nome della tragedia ogni sorta di fatti illustri indistintamente, non aveva essa ricevuta ancora dalle regole la spezial forma. […] Infatti qual altro è quello che nasce dalle bugie del suo mentitore ch’egli reca per esempio della sua praticata dottrina? […] L’Aristodemo fu sopra tutte difformato dalle liriche inezie. […] La buona morale distingue l’offesa volontaria del dritto naturale, dalle operazioni casuali.
Quando pensai a distendere una Storia Critica de’ Teatri a vantaggio della gioventù, credei a ciò conducente renderle, prima di ogni altra cosa, più famigliari i Drammi Greci, e Latini, che per la mollezza del tempo corrente, e per essersi essi allontanati dalle nostre usanze, venivano negligentati. […] E molto più perchè osservava, che la gioventù Italiana per simili idee sparse fra noi da varj anni, a gloria del Teatro Francese, cadeva nell’idolatria di esso; e consecrava indifferentemente ogni produzione scenica della Senna senza distinguere le smilze dalle robuste piante, le caduche dall’eterne, e quindi mi parve necessario aprirle cammino, apprestarle un lume, perchè potesse sceverarle, e mi convenne alquanto particolareggiare.
Ma i moderni alla voce opera aggiungono un’idea complicata e circostanziata per modo che la diversificano, non che dalle cose soprannomate, ma dagli stessi componimenti drammatici greci e latini, a ’quali, assai s’avvicina141. […] Ciò che solo con certezza si deduce dalle parole di Sulpizio, si é che quel componimento fu una tragedia.
Cervantes le tenne per buone, e noi dovremmo convenir con lui, a giudicarne dalle cose da lui ragionate nel Don Quixote con tanto senno intorno alle commedie; ma quest’argomento perde ogni vigore, quando dall’l’altra parte si riflette, che Cervantes medesimo il quale ragionò si bene, lodò come eccellenti alcune tragedie che la posterità ha trovate strane e difettose. […] Anzi Lope pressato dalle critiche di Manuel de Villegas, di Miguél Cervantes, di Leonardo de Argensola, di Antonio Lope de Vega, e di altri moltissimi nazionali contemporanei, i quali mormoravano della mostruosità delle di lui commedie, e obbligato dall’Accademia Spagnuola a giustificarsi, imprese a farlo col suo discorso in versi intitolato, El Arte Nuevo de hacer Comédias en este tiempo, nel quale, invece di far «riflessioni piene del sugo d’Aristotile e d’Orazio», si studiò di accomodare i precetti alle proprie commedie applaudite dal volgo dell’età sua, nel comporre le quali, per non udire i clamori di Plauto e di Terenzio, afferma egli stesso che gli tenea chiusi con sei chiavi.
Notissima è la stima particolare che Cicerone avea del tragedo Esopo e del dotto Roscio, come appare dalle Lettere di lui. […] I Pantomimi coltivati in Roma poterono derivare dalla tacita gesticolazione di Livio Andronico o dalle antiche danze Orientali e Greche surriferite, nè se ne può ragionevolmente attribuire la prima invenzione a Batillo e Pilade famosi istrioni ballerini del tempo di Augusto.
Notissima è la stima particolare che Cicerone avea del tragedo Esopo e del dotto Roscio, come appare dalle di lui Lettere. […] I Pantomimi coltivati in Roma poterono derivare dalla tacita gesticolazione di Livio Andronico o dalle antiche danze Orientali e Greche surriferite; nè se ne può ragione-volmente attribuire la prima invenzione a Batillo e Pilade famosi istrioni ballerini del tempo di Augusto.
Dovrei bensì additare l’arte del poeta nella rivoluzione apportata all’azione dalle notizie rilevate opportunamente, e l’interesse che va graduatamente crescendo col disordine che mena allo scioglimento; ma tali cose meglio si sentono nella lettura continuata che nel racconto. […] In alcune circostanze le immagini ritratte dal vivo par che si scostino dalle caricature de’ nostri giorni; ma chi non sa che di tutta la poesia, la comica è la più soggetta ad alterazioni per le maniere e pe’ costumi? […] In questa guisa nelle commedie Italiane del cinquecento parlano gl’innamorati con tutto il calore de’ Panfili o de’ Cherei Terenziani, e ben lontani dalle sottigliezze metafisiche degli Spagnuoli, e dalle tirate, e da’ tratti spiritosi de’ Francesi. […] Se questo celebre Segretario Fiorentino ignorò il latino linguaggio, come si è preteso, certamente ciò non apparisce nè dalle sue riflessioni politiche sulle storie di Tito Livio, nè dall’imitazione della Casina di Plauto, nè da questa traduzione dell’Andria di Terenzio. […] Il discorso d’Ermino ingannato dalle apparenze nella quinta scena dell’atto IV è proprio naturale vivace ed elegante.
Dovrei bensì additare l’arte del poeta nella rivoluzione apportata all’azione dalle notizie rilevate opportunamente, e l’interesse che va gradatamente crescendo col disordine che mena allo scioglimento; ma tali cose meglio si sentono nella lettura continuata che nel racconto. […] In alcune circostanze le immagini ritratte al vivo par che si scostino dalle caricature de’ nostri giorni; ma chi non sa che di tutta la poesia, la comica è la più soggetta ad alterazioni per le maniere e i costumi? […] In questa guisa nelle commedie Italiane del cinquecento parlano gl’ innamorati con tutto il calore de’ Panfili o de’ Cherei Terenziani, e ben lontani dalle sottigliezze metafisiche degli Spagnuoli, e dalle tirate e da’ tratti spiritosi de’ Francesi. […] Se questo celebre segretario Fiorentino ignorò il latino linguaggio, come si è preteso, certamente ciò non apparisce nè dalle sue riflessioni politiche sulla storia di Tito Livio, nè da questa traduzione dell’Andria. […] Il discorso di Ermino ingannato dalle apparenze nella quinta scena dell’atto IV, è proprio, naturale, vivace ed elegante.
[1.3] Non istette lungo tempo l’opera a uscire dai palagi e dalle corti per mostrarsi al pubblico ne’ teatri da prezzo, dove la bellezza e novità della cosa facea correre in frotta la gente.
Quello però che è più notabile, e di maggiore importanza, per mio avviso, è il caso di un veloce incendio, nel quale non so come la calca intanata in que’ meschini Corridoj interiori, e in quelle angustie de’ varj spartimenti, potrebbe liberarsi prontamente dal rimanere divorata dalle fiamme, o soffogata dal fumo.
Paolo Mantegazza gli dedicò l’Almanacco igienico popolare del 1895 con parole di caldissima lode, dalle quali per gentil concessione di lui riferisco le seguenti : ……………….
Nell’Archivio di Modena giacciono, tra l’altre, inedite alcune lettere di lui, o lui concernenti, dalle quali possiamo avere qualche notizia sicura sull’arte sua e sulla sua vita di comico.
Mancava alla gloria di Roma vincitrice quella coltura dell’ingegno che dalle nazioni allontana la barbarie e ingentilisce i costumi, e toccò a questa prima vinta Grecia il vanto di erudirla e abbellirla colle lettere. […] Il Patrici conta fino a venti favole di Nevio che tutte trasportò dalle Greche, e tra esse nomina il Trifalo. […] Una tempesta fracassa la nave, separa il ruffiano dalle sue donne e privo di tutto lo respinge alla spiaggia. […] Qual frutto si è ricavato dalle loro fatiche? […] Afferma non aver egli altra cura che lo crucii se non quella di riscattare dalle mani di un ruffiano una bella schiava ch’ egli ama.
Così tormentato dalle innocenti richieste materne rimanendo solo riflette con libertà sull’avventura della moglie e sul proprio stato. […] I personaggi sono tutti buoni; non di quella bontà immaginaria della scuole morali, nè dell’eroica che ha luogo nelle tragedie, ma di quella civile bontà che ci allontana dalle colpe senza preservarci dalle debolezze. […] Terenzio a questo aggiunse gli amori di Clitifone con Bacchide, e l’artifizio del servo nel cavar danaro dalle mani del vecchio Cremete. […] Finge poi di accordarsi a prender Fannia egli stesso per moglie, per uccellare il vecchio e per trarne trenta mine ovvero trecento scudi da dare a Fedria per liberare dalle mani del ruffiano la sua diletta sonatrice di cetera. […] Demea ignorando le passioni, il pensare e la vita del figlio da lui educato, lo crede dedito interamente alle cose rusticali e lontano dalle solite debolezze giovanili, e si occupa solo nel pensiero della vita menata da Eschino, e ne censura e riprende il fratello Mizione.
Prima di passare alla melodia permettete, o Signore, ch’io ragioni un poco de’ modi della musica antica, che non differivano dalle nostre modulazioni. […] Io farò che tutto ciò comparisca più evidente per mezzo di esempi; e siccome non parlo a prima giunta che della sola melodia francese: così li traggo dalle opere de’ nostri più rinomati autori. […] Il quarto tratterà del patetico delle arti, cioè dell’influenza delle passioni sulla espressione e sul gusto, e delle differenti vie prese dalle arti per eccitarle, dove si dimostrerà che il diletto che ci arrecano i diversi generi e gli stili diversi nella pittura, nella scoltura, nella musica, nella poesia, nell’eloquenza, e nella storia nasce da queste due uniche sorgenti amor del piacere, e fuga del dolore. […] Tutta l’opera oltre la chiarezza alla quale si cercherà di ridurre gli spinosi, ed astrusi principi della espressione e del buon gusto, sarà fregiata di moltissimi esempi tratti dalle opere de’ più accreditati oratori poeti, musici, e storici delle antiche lingue, e delle principali moderne; cosicché i lettori di già iniziati negli studi filosofici potranno avere una spezie di logica filosofica fondata sulla teoria e sulla pratica, onde accertatamente giudicare in siffatte materie.
E forse tante Dame, ed altre Donne di una classe meno elevata ancora dotate di gusto, e di natural raziocinio aggiustato, delle quali potrei addurre copiosi esempj somministratimi dalle Spagne, della Francia, dall’Italia &c. non meritano di segregarsi dal volgo ignobile e idiota, senza che si ascrivano a quel rigido malinconico branco di Savj Solitarj? […] Dalle rappresentazioni soprammodo sciocche, tronche, mostruose, insulse, che oggi vanno portando di paese in paese in Ispagna los Comicos de la Legua, si dee argomentare della Poesia Scenica Spagnuola? […] Oggi la gravità della sua Polizia vi produce l’effetto stesso; si abbandonano gli spettacoli scenici nelle mani di particolari Impressarj, che cercano di tirare il volgo e la folla per uscire dalle spese, e si tollerano dal Governo in que’ giorni di allegria universale, purchè non ledano il buon costume; ma punto non si bada al miglioramento di essi in quanto all’arte ed al gusto, come addiviene in tante altre Provincie Italiane.
La vittoria li dichiarò per gli comici, se non si riguardi ad altro che al merito dell’invenzione, e al piacer che produce la novità degli argomenti; imperciocché i tragici traevano i propri dalle favole di Omero e dalla mitologia assai ben nota; e i comici che provvedeansi nella propria immaginazione, presentavano uno spettacolo tutto nuovo. […] Il coro é fatto dalle rane, una di cui scena molto corta ha dato il titolo alla commedia. […] La rappresentazione continuò a mescolarsi in entrambi gli esercizi; perocché tutto ha bisogno d’espressione; ma nel canto ch’é animato dalle parole, ebbe minor parte che nel ballo, il quale privo del soccorso della poesia, tutto cercò nella rappresentazione.
È il Napoli-Signorelli preteso scrittore antispagnuolo, che con dispendio se gli ha fatti venire dalle Spagne per rendere loro giustizia; e se gli apologisti ne faranno per ventura menzione nelle ristampe de’ loro libri, non ne saranno obbligati che alla Storia de’ Teatri in sei volumi, ed alle Addizioni che vi feci nel 1798. […] Ad onta delle critiche alcuni amatori come chiamansi in Francia, o affezionati come si dicono in Ispagna, vollero recitarla in case particolari, dalle quali passò a rappresentarsi in Cadice nel pubblico teatro mutilata e deformata. […] In prima perchè non si avvisarono d’apprendere l’arte di scegliere i tratti nelle società più generali, allontanandosi dalle personalità, per formarne pitture istruttive.
E ad ottenere tal loro intendimento l’uscir bene spesso dalle righe, prodigalizzare i passaggi, ripeter le parole senza fine e intralciarle a loro piacimento, sono i tre principalissimi mezzi ch’ei mettono in opera. […] Con che si persuade, oltre all’aver dato alle parole quel sentimento che si conviene, di aver anche condito la composizione sua di varietà; ma noi diremo piuttosto che egli l’ha guasta con una dissonanza di espressione da non potersi in niun modo comportare da chi ha fior di ragione; chè già non si ha da esprimere il senso delle particolari parole, ma il senso che contiene il tutto insieme di esse, e la varietà ha da nascere dalle modificazioni diverse del medesimo soggetto, non da cose che al soggetto si appiccino e sieno ad esso straniere o repugnanti.
Venere tirata dalle colombe seguitava gli affumicati cavalli di Plutone, e il palazzo del sole serviva di anticamera poetica alle grotte di Nettuno. […] Come il gran segreto delle belle arti è quello di presentar gli oggetti in maniera che la fantasia non finisca dove finiscono i sensi, ma che resti pur sempre qualche cosa da immaginare allo spettatore allorché l’occhio più non vede e l’orecchio non sente, così il discostarsi talvolta dalle prospettive che corrono al punto di mezzo, che sono, per così dire, il termine della potenza visiva e della immaginativa, fu lo stesso che aprire una carriera immensa alla immaginazione industriosa e inquieta di coloro che guardano da lontano le scene.
Spinto Ulisse da una tempesta in Sicilia non lungi dalla spelonca del Ciclope Polifemo, per salvarsi dalle di lui mani, dopo che ha perduti alcuni compagni, lo sbalordisce e L’addormenta con dargli a bere del vino generoso, L’accieca, e fugge con tutto il Coro de’ Satiri, i quali intervengono nella favola con Sileno, Ulisse e Polifemo. […] La rappresentazione continuò a serpeggiare per entrambi gli esercizii, perchè tutto richiedeva espressione; ma nel canto animato dalle parole con alcuni movimenti regolati, quale è quella de’ cori tragici o comici, ebbe minor parte che nel ballo figurato così propriamente detto, il quale privo delle parole tutto cercò dall’azione.
Spinto Ulisse da una tempesta in Sicilia non lungi dalla spelonca del Ciclope Polifemo, per salvarsi dalle di lui mani, dopo che ha perduto alcuni compagni, lo sbalordisce e addormenta col dargli a bere del vino generoso, l’ accieca, e fugge con tutto il coro de’ Satiri, i quali intervengono nella favola con Sileno, Ulisse e Polifemo. […] La rappresentazione continuò a serpeggiare per entrambi gli esercizj, perchè tutto abbisognava di espressione; ma nel canto animato dalle parole con alcuni movimenti regolati, qual è quella de’ cori tragici o comici, ebbe minor parte che nel ballo figurato così propriamente detto, il quale privo delle parole tutto cercò dall’azione.
Cornelio seguendo l’esempio di Pietro trasportarono, come dicemmo, diverse favole spagnuole al lor teatro, purgandole per lo più dalle principali irregolarità, ma sovente sfigurandole e convertendo in bassezze scurrili le grazie originali10. […] Andres nel III tomo della sua opera su di ogni letteratura le favole francesi ricavate dalle spagnuole afferma che il Convitato di pietra di Moliere è tutto spagnuolo, ed in ciò parmi che s’inganni.
L’arte, la condotta e la forza comica dell’azione, l’energia e la vivacità del colorito de’ caratteri tratti bellamente dal vero, una grata sospensione, una piacevolezza non fredda, non insipida, non istentata, ma spiritosa, naturale, salsa, obbligano gl’imparziali a distinguere le commedie del Machiavelli dalle intere biblioteche teatrali, ed a collocarle tralle ottime del teatro italiano di quel secolo.
Un altro momentaneo soccorso trassero dalle favole spagnuole piene d’avvenimenti notturni, di duelli, ratti, nascondigli, e raggiri, facendole tradurre e rassettare al loro dono.
Tutto ciò si deduce agevolmente dalle storie particolari di ogni teatro.
Beaumarchais ha composte altre due commedie lontane dalle tinte lugubri delle rappresentazioni, cioè il Barbiere di Siviglia, e la Giornata pazza ovvero il Matrimonio di Figaro.
Recitava il 1675 le parti di Capitano Spagnuolo, come si è potuto vedere dalle lettere di Francesco Allori detto Valerio, che ne faceva richiesta a un ministro del Duca di Mantova per la compagnia, della quale egli era direttore, e sua moglie Francesca, Ortensia, prima donna.
Poichè l’opera Sua, come si può già conchiudere dalle dispense pubblicate, è magnifica, è una vera miniera di materiale interessante e degno di fede, come può produrre soltanto la ricerca infaticabile conscia dello scopo e (come traspare da ogni linea), entusiastica.
» Dalle qui unite lettere, esistenti nel R.
Internari) ; ma più ancora in un libretto di poesie a Carolina Internari, impresso in Roma il 2 di maggio del 1818, la prima delle quali è del Ferretti, e diretta Ad Anna Fiorilli Pellandi Se ancor sovra le cento ali leggera Dalle bionde del Tebro acque sonanti Remigando ver te Fama non giunse Da che il socco ridevole calzato Nel giovinetto piede, e il sanguinoso Coturno Sofocléo, novella apparve Carolina la tua figlia d’ amore Orme a stampar su le Romulee scene, Arduo certame, che dal verde Eliso Tornando a ber con vivi occhi la luee Temerebbero ancor Roscio ed Esopo, Mentre su questi candidi papiri Della tua figlia a delibar le sacre Non vendevoli laudi impazïente Si sbramerà la vivida pupilla ; Certo di vena in vena a poco a poco Scender ti sentirai soavemente Il tuo core a tentar gioia materna.
Se di tragedie intenda di favellare quest’ultimo nell’ode che a lui indirizza116, Pollione ebbe anche il merito di uscire da’ soliti argomenti tratti da Omero e dalle favole Greche, ed esporre con nobile intrepidezza sul teatro di Roma la civile querela di Cesare, e Pompeo, ed il giogo imposto dal vincitore a tutta la terra, fuorchè al gran cuore di Catone, Et cuncta terrarum subacta Præter atrocem animum Catonis 117. […] Se gli svelle dalle radici, e la mano non si sazia di lacerare fin anche le loro sedi, e temendo (dove giugne il delirio del poeta!) […] Ma l’autor latino che d’altro non va in traccia che di declamare, prende a tale oggetto i punti principali dell’argomento l’un dopo l’altro, senza tesserne un viluppo verisimile insieme ed artificioso, come fa Sofocle, che con siffatta industria sin dalle prime scene si concilia l’altrui attenzione; e senza imitar la delicatezza di Euripide, che nulla trascura per ben dipignere gl’ interni movimenti del cuore umano, e riuscire in tal guisa a commovere, perturbare e disporre gli animi agli orribili evenimenti. […] Degno è pur di leggersi quanto aggiugne Tieste un tempo scellerato, ma che nella tragedia si enuncia pentito e corretto dalle sventure, e bramoso della vita privata.
Così tormentato dalle innocenti richieste materne rimanendo solo riflette con libertà sul l’avventura della moglie e sul proprio stato. […] I personaggi sono tutti buoni; non di quella bontà immaginaria delle scuole morali, nè dell’eroica che ha luogo nelle tragedie, ma di quella civile bontà, che ci allontana dalle colpe senza preservarci dalle debolezze. […] Terenzio a questo aggiunse gli amori di Clitifone con Bacchide, e l’artifizio del servo nel cavar danaro dalle mani del vecchio Cremete. […] Finge poi di accordarsi a prender Fannia egli stesso per moglie, per uccellare il vecchio e per trarne trenta mine ovvero trecento scudi da dare a Fannia per liberare dalle mani del ruffiano la sua diletta sonatrice di cetera. […] Demea ignorando le passioni, il modo di pensare e la vita del figlio da lui educato, lo erede dedito interamente alle cose rusticali e lontano dalle solite debolezze giovanili, e si occupa solo nel pensiero della vita menata da Eschino, e ne censura e riprende suo fratello Mizione.
Adunque il piacer patetico, che viene dalle belle arti, è necessariamente congiunto coll’illusione, cioè colla credenza che gli oggetti presentati sieno veri e non già finti da quelle. […] E poiché l’estetico delle arie in questo dramma ha più bisogno d’attenzione che non quello de’ recitativi, dalle arie cominceremo. […] [Sez.II.6.0.2] Ma non è questo precetto tratto dalla natura del dramma, o dalle regole del verisimile. […] Non una volta è avvenuto, che in un improvviso movimento, per la scarsezza delle porte della platea, gli spettatori sieno restati miseramente calpestati o divorati dalle fiamme. […] La voce degli attori già è bastantemente occupata dal crasso ambiente del teatro, dalle tele delle scene, dagli abiti degli spettatori, per non dovere offenderla di vantaggio con altri argomenti.
Boisrobert, Scarron, Desmaret, Tommaso Cornelio seguendo l’esempio di Pietro trasportarono, come dicemmo, diverse favole spagnuole al lor teatro, purgandole per lo più dalle principali irregolarità, ma sovente sfigurandole e convertendo in bassezze scurrili le grazie originalia. […] Numerando Giovanni Andres nel tomo III della sua opera su di ogni letteratura le favole francesi tratte dalle spagnuole, affermache il Convitato di pietra di Moliere è tutto spagnuolo, ed in ciò parmi che s’inganni.
Facendosi allusione al nome Anna della regina e al grado di maresciallo del favorito, dicevasi nella farsa che un maniscalco (che in Francia parimente si chiama maréchal) avea voluto ferrare un asino (in francese âne), e ne avea ricevuto un calcio molto impetuoso, onde era stato rovesciato e fatto precipitar giù dalle mura167.
Stefano Davari, direttore dell’Archivio storico Gonzaga di Mantova, dalle quali si vede chiaro come l’Allori fosse non solo attore, ma anche autore e direttore della Compagnia, per ragione forse della Francesca, l’Ortensia, che in una lettera del Truffaldino, Carlo Palma, è chiamata buona comica, e indicata al Ministro del Duca di Mantova, per giudicare dei meriti di un capitano da scritturarsi, certo Federico Beretta.
Il povero Goldoni che nonostante la sua infinita serenità d’animo, dovè patire tutte le noje prodotte dalle eterne guerricciuole di palcoscenico, determinò un bel giorno, a soddisfar la Bresciani, e più ancora a darle una buona lezione, di formare una commedia nella quale l’attrice non avesse a temer confronti : e scrisse la Donna sola, che piacque molto alla Bresciani e che fu da lei, se ben capita la satira, mirabilmente recitata nel carnevale del 1757.
Dalle virtù della Signora Eularia comica illustre, un tal mosso a far versi alcuni ne sputò de’ così tersi, che parver d’ un Toscan nato in Canaria.
Creò, trascorso qualche anno, il Giacometto, giovialone veneziano, che egli incarnò stupendamente facendo smascellar dalle risa il pubblico, di cui egli era ormai il beniamino.
Come l’Andreini restasse addolorato per la morte d’Isabella, sappiamo dalle varie prefazioni alle opere sue. […] Ma se dalle scene è sparito il Capitano, è restato lo spagnuolo. […] E colui che liberò dalle ingorde fauci della smisurata Balena la bella Andromeda ? […] Piace, & è di molto diletto questa nobilissima parte quando vien però leggiadramente trattata da personaggio habile di vita, gratioso di gesto, intonante di voce, vestito bizzaro, e tutto composto di strauaganze, il quale poi si eserciti in parole, benche di lor natura impossibili, tuttauia credibili da chi abbandona la mente nel vasto delle glorie come sarebbe il dire : « Quando che il Turco seppe il mio arriuo al Campo sotto Buda, non osò mai di uscir dalle tende entro le quali non si teneua meno sicuro sin tanto, ch’egli non seppe ch’io haueua lasciato la mia spada in Vienna per farli un fodro della pelle di Suliman Sultan.
Egli che ebbe la scuola del padre, non peccò nello stile, fu dolce facile piano, guardandosi dall’ampollosità e dalle arditezze delle metafore.
Beaumarchais ha composte altre due commedie lontane dalle tinte lugubri delle rappresentazioni, cioè il Barbiere di Siviglia, e la Giornata pazza, ovvero il Matrimonio di Figaro.
Tuttavia nessuno, come il Novelli, anche tra italiani, dalle altissime cime della tragedia potè scendere alle più basse della pochade, passando pel dramma moderno in tutte le sue svariatissime forme esprimenti le più calde passioni, e destando le più disparate commozioni in chi lo vede e ascolta.
E forse allora sogna i trionfi della scena, una filarata di teste che pendono commosse dalle sue labbra, un’eletta d’ anime gentili che la parola alata dell’artista e del poeta agitano soavemente, e il plauso che giunge caro, aspettato, desiderato, e l’effetto studiato e conseguito in quel dato momento, in quel punto preciso in cui si voleva e si attendeva, e il mormorio approvatore, e quella calda e vivace corrente di simpatia che lega il pubblico agli interpreti sapienti….
Pietro Cornelio nato in Roano nel 1606, il quale sin dal 1625 colla sua Melite cominciò a prendere superiorità su i contemporanei, e le cui prime sette commedie, benchè sì difettose, promettevano un ingegno non volgare che giva formandosi, prese in prima a purgar la scena nazionale dalle indecenze, indi ad ammettere la contrastata regolarità, e a cercar la nobiltà nello stile co’ precetti e col proprio esempio. […] Adunque (dirà taluno) bandiremo l’amore dalle tragedie?
Ma il Conte di Calepio critico non volgare oppone non senza apparenza di ragione, che essendo Zaira uccisa appunto quando abbracciando la religione de’ suoi maggiori è disposta a rinunziare alla felicità che attendeva dalle sue nozze, sembra che la di lei morte non possa concepirsi come castìgo della sua passione. […] In secondo luogo manca di certa nota di terribile che simili apparizioni ricevono dalla solitudine e dalle tenebre che l’accreditano presso il volgo, e contribuiscono a far nascere o ad aumentare i rimorsi de’ colpevoli di grandi delitti. […] Non furono più felici nè Coriolano, in cui di più si notano gli accidenti accumolati in un dì senza verisimiglianza, nè Filottete publicata nel 1786 imitata dalla tragedia di Sofocle, quasi volendo rivenire dalle passate stranezze sulle orme de’ Greci, i quali pur si pretende da’ belli-spiriti di essere usciti di moda. Colardeau altro giovane morto dopo i due suoi saggi tragici Astarbe e Calisto, fu preceduto dalle sue tragedie. […] Contarini dice, io gli farò svanire; venite nel bel mezzo della notte nell’antica cappella del mio palazzo; riceverete coll’usata sacra cerimonia Bianca dalle mani di suo padre.
Il celebre Hennino Medico Tedesco riferisce che nella China si mette a una certa distanza dagli Attori un Coro di Musica, che regola da lungi le variazioni delle loro voci, e che, quantunque non si sentisse ciò che dicono, pure fa sì, che l’ascoltatore a forza di quel suono sia commosso dalle passioni, ch’essi vogliono destare.
Ma perchè i documenti sono portati da’ comici, questi dalle sentenze miniate d’oro e conteste di credito non gl’accettano : disgratia della parte debole !
Come artista, raccoglie senza dubbio l’eredità del Salvini e di Ernesto Rossi, scomparsi dalle scene italiane per recarsi in traccia d’allori e di quattrini all’estero.
I drammi degli antichi avevano per oggetto il dilettare e l’istruire: ma l’istruzione procurata dal governo e diretta dalle leggi aveva uno scopo religioso, politico, e legislativo, del che si vedevano in pratica gli effetti; presso a noi l’istruzione lasciata in balia del poeta è sempre subordinata al semplice, e mero divertimento. […] Onde non si può dire con buona ragione che la detta separazione abbia ad esse pregiudicato, poiché sono libere ed esistono da se stesse; e sebbene unite abbiano più forza, ne hanno anche molta essendo separate, come lo dimostrano le belle opere che esistono di filosofia di legislazione, di poesia, e di musica strumentale ch’è la vera essenza della musica; mentre il diletto che reca la musica vocale può derivare ancora dalle parole, se non in tutto almeno in parte; ma quando una musica strumentale giunge a toccare, bisogna dire che tutto il merito è della sola musica; sebbene però questa non può commovere se non dipinge o esprime qualche cosa; onde ancor da sé sola è un linguaggio e una specie di pittura, e di poesia.» […] Che vuol dire che se Gluk, Paisello, e Mazzoni metteranno sotto le note le stesse parole dalle mani del primo verrà fuori per lo più un lavoro esatto, ragionato e pieno di forza, da quelle del secondo una composizione vaga, ricca, e brillante, e da quelle del terzo probabilmente una cosa mediocre, o cattiva? […] Ad onta però della magistrale decisione del Manfredini, ci permetta parlando di qualunqne de’ suddetti scrittori che noi gli susurriamo rispettosamente all’orecchio «malo cum Platone errare, quam cum… bene sentire» e ci permetta altresì di mettergli sotto gli occhi le seguenti parole tratte dalle opere d’uno di quei “pregiudicati” e “invidiosi”, le quali potranno forse servire di correttivo alla ridicola baldanza di più d’uno dei moderni maestri. […] Gli esempi che ho recato in mezzo (e de’ quali secondo il costume non fa parola l’estrattista, quantunque gli aprissero un bel campo di farsi onore difendendoli) non sono cavati dalla ciurma, ma dalle opere di compositori stimabili.
Noi vedremo nell’analisi che ne faremo, che questa elevazione di sentimenti è denigrata dalle basse espressioni di Sempronio e Siface, e che i freddi amori di sei personaggi che gelano l’azione principale, non permettono che col medesimo enciclopedista si creda il Catone di Adisson la pièce plus belle qui soit sur aucun thèâtre . […] Marzia ingannata dalle vesti crede che l’ucciso sia Giuba, il quale stando da parte dalle di lei querele comprende di essere amato.
Forse il piacere prodotto in questa festa dal ballo, dal canto e dalle maschere, suggerì il disegno di formare di tali cose un tutto e una imitazione più ragionata.
Forse il piacere prodotto in questa festa dal ballo, dal canto e dalle maschere, suggerì il disegno di formare di tali cose un tutto e una imitazione più ragionata.
Passò quindi nel ’51 madre e caratteristica in Compagnia di Cesare Dondini ; poi in quella del fratello Ettore sino al ’73, in cui, pervenuta all’età di settantasei anni, si ritirò dalle scene, cessando di vivere due anni dopo.
Leandro che da me hà riceuuto l’educatione, commosso da gli entusiasmi dell’ambizione, mi detrae la fama, e doue può mi conculca : tralascio i dispiaceri hauti dalle sue smarciassate, minacciamenti fondati, sù quello ch’io non uoglio scrivere.
Sarebbesi ciò tollerato sulle scene Ateniesi, nelle quali ebbero luogo le contese piuttosto comiche che tragiche delle Baccanti, di Jone, di Alceste; ma dalle latine tragedie in poi si sono rigettate come impertinenti. […] Ammirasi in quest’atto il racconto della pioggia d’oro penetrata nella torre pieno d’eleganza e di vaghezza, che viene così preparato dalle commozioni di Danae che vuol parlarne alla Nutrice: Nutrix, age, mea nutrix, Perii! […] Tali cose traggonsi dalle tenebre de’ secoli rozzi quando vogliono scoprirsi i principj delle arti; ma quando queste già vanno altere di grandi artisti, lasciansi nella propria oscurità gli operarj volgari. […] Al fine Beleso nulla sperando dalle armi della ragione ricorre a quelle del suo ministero, e la minaccia per parte degli dei, benchè senza perder di vista il rispetto dovuto come vassallo alla sua sovrana. La regina intanto si è fra se appigliata all’esecrabile partito di quietarlo dissimulando; e mostrandosi commossa dalle sacre sue minacce invia Simandio a Nino e Imetra a Dirce perchè gliela conduca coi figliuoli, affettando di voler veder tutti, a tutti perdonare, e con festa degna di sì gran re rinnovare le loro nozze.
Pietro Cornelio nato in Roano nel 1606 il quale sin dal 1625 colla sua Melite cominciò a prendere superiorità su i contemporanei, e le cui sette commedie prime, benchè sì difettose, promettevano un ingegno non volgare che giva formandosi: prese in prima a purgar la scena nazionale dalle indecenze, indi ad ammettere la contrastatà regolarità, e a cercar la nobiltà nello stile co’ precetti e col proprio esempio. […] Adunque (in tal proposito può dirsi da taluno) bandiremo l’amore dalle tragedie?
Può aggiugnersi che essa al pari dello scudo di Ubaldo ci dipigne e rappresenta quali veramente siamo, per avvertirci delle discordanze de’ nostri ritratti dalle bellezze della sapienza e della virtù.
Dalle mani de’ letterati passavano a quelle del musico, il quale non le ammetteva se non dopo l’esame ch’egli ne faceva parola per parolaa, e talora ne risecava la mettà, nè contro del suo decreto si concedeva appellazione.
Questa saggia e colta popolazione lucchese tanto conoscitrice dei vantaggi che dalle sceniche Produzioni ne derivano, quanto magnanima per incoraggiare nei loro tentativi gli attori che si accingono ad eseguirle, anima l’umile Compagnia, condotta e diretta da Luigi Rosa e Pasquale Tranquilli, ad intraprendere un corso ben regolato di Recite nel corrente Carnevale.
Ma il conte di Calepio critico non volgare oppone non senza apparenza di ragione, che essendo Zaira uccisa appunto quando abbracciando la religione de’ suoi maggiori è disposta a rinunziare alla felicità che attendeva dalle sue nozze, sembra che la di lei morte non possa concepirsi come castigo della sua passione. […] II Manca di certa nota di terribile che simili apparizioni ricevono dalla solitudine e dalle tenebre che l’accreditano presso il volgo, e contribuiscono a far nascere o ad aumentare i rimorsi degli scellerati. […] Non furono più felici nè Coriolano in cui anche si notano gli accidenti accumulati in un giorno senza verisimiglianza, nè il Filottete pubblicata nel 1786 imitata dalla tragedia di Sofocle quasi rivenendo dalle passate stranezze sulle orme de’ Greci che si vogliono usciti di moda.
Per non dir nulla delle tante difficili inezie onde la musica era allor caricata, da paragonarsi agli anagrammi, logogrifi, acrostici, paranomasie, equivoci, e simili sciocchezze ch’erano in voga presso a’ poeti nel secolo scorso: come sarebbe a dire di far cantare una o più parti delle composizioni musicali attorno alle imprese o armi di qualche personaggio, ovvero su per le dita delle mani, o sopra uno specchio: o facendo tacer le note, e cantar le pause, o cantando qualche volta senza linee sulle parole, e indicando il valor delle note con alcune ziffere stravaganti, o inventate a capriccio, o tolte dalle figure simboliche degli egizi, con più altre fantasie chiamate da essi “enimmi del canto” con vocabolo assai bene appropriato, delle quali ho veduto non pochi esempi. […] Angelo Grillo scrisse a sua richiesta i Pietosi affetti, e il Conte di Vernio compose l’intermezzo mentovato di sopra. né tralasciò di concorrer anch’egli poetando al medesimo fine, di che può far testimonianza la seguente canzonetta, ch’io qui ho voluto trascrivere dalle carte musicali dove si trova, a fine di render più noto a’ suoi nazionali codesto valentuomo ignorato in oggi dai poeti e dai musici, ma che merita un luogo distinto fra gli uni e fra gli altri: «Udite, udite, amanti, Udite, o fere erranti, O Cielo!
Non sa il Sherlock quanti aspetti diversi prenda l’eloquenza dagli oggetti e dalle circostanze? […] Gli uomini e le donne civili nè parlano nè operano diversamente dalle genti del contado.
In oltre la necessità di soddisfar l’occhio, e l’amor natural del maraviglioso introdusse ne’ teatri e fa sussistere le decorazioni; ma un ingegno illuminato dal Dio del buon gusto, qual’é il Metastasio, ha saputo profonderle nella Nitteti, destinata pel teatro del ritiro di Madrid, ricorrendo al tesoro della natura, doveché i poeti musicali francesi le hanno cercate nel miracoloso e nelle trasformazioni istrioniche; e i nostri poetastri incapaci di vagliar il grano e separarne le paglie, di distinguer un francese dall’altro, e l’Ifigenia dai Silfi e dalle Barbe turchine, van dietro ai loro errori.
Può aggiugnersi che essa al pari dello scudo di Ubaldo ci dipigne quali veramente siamo, per avvertirci delle discordanze de’ nostri ritratti dalle bellezze della sapienza.
Mio padre andò in teatro sicuro di non uscire vivo dalle mani del pubblico.
Visto poi che recitata da altri la Commedia non sortiva il medesimo successo, s’indusse a scriverla tutta, « non già, — aggiunge con gentile riserbo, — per obbligar quelli che sosterranno il carattere di Truffaldino a dir per l’appunto le parole sue quando di meglio ne sappian dire, ma per dichiarare la sua intenzione, e per una strada assai dritta condurli al fine. » E conchiude pregando chi reciterà quella parte, di volere in caso di aggiunte astenersi « dalle parole sconcie, da'lazzi sporchi…. » E qui forse intende di muover velatamente rimprovero al Sacco stesso, che in materia di sconcezze su la scena pare non avesse troppi scrupoli.
Da una lettera di Don Angelo Grillo scritta a Giulio Caccini si rileva che «la nuova musica drammatica inventata dal Peri era dalle corti de’ principi italiani passata a quelle di Spagna e di Francia», lo che, essendo certo, proverebbe che l’opera in musica fosse stata trapiantata fra gli Spagnuoli quasi subito dopo la sua invenzione.
I pellegrini, che spinti dalla divozione erano andati a visitar i luoghi ove nacque e morì il comun Redentore, a San Giacomo di Galizia, alla Madonna di Puy e tali altri santuari, cominciarono i primi nel ritorno loro a farsi sentire or soli, or molti insieme cantando sulle pubbliche strade cogli abiti coperti di conchiglie, di medaglie e di croci la Passione del nostro Signore, le gesta di Maria Vergine, di San Lazzaro, degli Apostoli, ed altri argomenti sacri tratti dalla Divina Scrittura, o dalle Leggende de’ Santi. […] Sapevano essi dalla pubblica tradizione, che la natura loro non liberava gli dei né i Semidei dagli affetti perversi, e dalle inclinazioni, onde vien tante volte l’umana debolezza agitata e sconvolta, cosicché potevano prender interesse nelle vicende loro, come noi lo prendiamo nelle sciagure di Zenobia, e di Mitridate. né troppo era strano anche il deriderli sulle scene, come vediamo pur qualche volta aver fatto Aristofane.
Il duca Alfonso d’Este, per farle rappresentare, fece alzare un teatro stabile secondo l’architettura diretta dallo stesso poeta; e furono eseguite a maraviglia, essendosi l’istesso Ariosto occupato a dirigerne la rappresentazione, e vi sostenne la parte del prologo, secondo che, ricavali dalle seguenti parole di Gabriele Ariosto, il quale terminò la commedia della Scolastica rimasta imperfetta per la morte di Lodovico avvenuta nel 1533. […] L’Ariosto prese per esemplari le commedie latine nella forma e disposizione del dramma; ma non ebbe bisogno di trar da esse o dalle greche gli argomenti; ond’é che venne a superar i latini per invenzione e conseguentemente per vivacità.
Seguono nell’atto IV gli amori soliti; Sempronio mascherato viene a rapir Marzia, dicendo La lepre è al covo, l’ho fin quì tracciata; si batte con Giuba ed è ucciso; Marzia ingannata dagli abiti crede che l’ ucciso sia Giuba, il quale stando da parte dalle sue querele intende di essere amato. […] Rilevasi dalle cose esposte che non ebbe torto il giudizioso conte di Calepio in censurar nel Catone le figure troppo poetiche che ne guastano qualche volta la gravità e verità dello stile, la peripezia malamente sospesa con intempestive scene di persone subalterne, i freddi intrighi d’amore, e più altri difetti dell’arte rappresentativa.
Ma coloro che in tutta la mia dimora in Madrid dal settembre del 1765 alla fine del 1783 fornirono di tramezzi le patrie scene, non seppero mai dar sì bel passo, 1 perchè non si avvisarono d’imparar l’ arte di scegliere i tratti nella società più generali, allontanandosi dalle personalità, per formarne pitture istruttive, 2 perchè non hanno dato pruova di saper formare un quadro che rappresenti un’ azione compiuta; 3 perchè hanno mostrato d’ignorar la guisa di fissar l’altrui attenzione su di un solo carattere principale che trionfi fra molti, ed hanno esposto p.e. una sala di conversazione composta di varj originali con ugual quantità di lume, e dopo avergli fatto successivamente cicalare quanto basti per la durata del tramezzo, conchiudono perchè vogliono, non perchè debbono, con una tonadilla.
Tali cose traggonsi dalle tenebre de’ secoli rozzi quando vogliono scoprirsi i principii delle arti; ma quando queste già vanno altere di grandi artisti, lasciansi nella propria oscurità gli operarii volgari. […] Al fine Beleso nulla sperando dalle armi della ragione, ricorre a quelle del suo ministero, e la minaccia per parte degli dei, benchè senza perder di vista il rispetto dovuto come vassallo alla sovrana. La regina intanto si è fra se appigliata all’esecrabile partito di quietarlo dissimulando, e mostrandosi commossa dalle sacre sue minacce invia Simandio a Nino, e Imetra a Dirce perchè gliela conduca co’ figliuoli, affettando di voler veder tutti, a tutti perdonare, e con festa degna di sì gran re rinnovare le loro nozze.
Prima che facci questo strabalzo il trottolante mio cuore, vi supplico cum totam coradellam meam, di farmi avere il vostro ritratto, acciò possa a quello fissare gli occhi con attenzione sviscerata, senza batter palpebra, che ciò facendo (come ne son certo) precipiterà dalle pupille qualche lagrimetta, la quale rinfrescherà alquanto il mio ardore.
Dalle quali parole, più che di vergogna, pare che il Riccoboni traesse una conseguenza di orgoglio per la pieghevolezza dell’indole e dell’ingegno de’comici italiani.
. — Che anche la Rotari fosse attrice valente sappiamo dalle poesie varie pubblicate insieme alla Maddalena lasciva e penitente, azione drammatica dell’Andreini, nella quale recitando in Milano nel 1652 la parte della vecchia Marta, ottenne, come si direbbe oggi, uno strepitoso successo.