Egli fu anche espertissimo del canto e del ballo ; e il Bartoli ci fa sapere come « alla stessa Maestà napolitana abbia pur egli fatto vedere un ballo spagnolo, che chiamasi il fandangh, eseguito da lui ad occhi bendati in mezzo a un numero d’ova, che movendosi ancora restavano illese, e non schiacciate da’piedi. » Fu anche autore di due azioni spettacolose, che non diede alle stampe : Il Naufragio felice, e I Prodigi d’amore ; e pubblicò un dramma per musica tratto dal Feudatario del Goldoni, e intitolato Le Gelosie villane.
Dice il Colomberti che « nulla potevasi vedere sulla scena di più grazioso.
Il 3 luglio 1608 il Delfino fu condotto per la prima volta alla Commedia Italiana, ove potè vedere con grande stupefazione quel famoso Cola, che pure mescolava alla sua recitazione de’salti ginnastici sin allora poco noti, e che i cronisti del tempo dicon essere stati sorprendenti.
Veramente ella non ha che vedere col nome di Pieri, essendo nata a Napoli il 1840 da Demetrio Cristiani e da Angiola Cavalli.
Stava quasi sempre guardata in letto, e quando talvolta sentivasi un po' sollevata, lasciavasi vedere in Teatro. […] E la prova abbiamo in quest’ ultima citazione, la quale ci mostra chiaro come la povera donna non trovasse come prima nel suo coraggio la forza di lottare col male, e nella quale a me par di vedere un pizzico di crudeltà nell’ animo del Goldoni.
Non vuol vedere la nostra prima commedia ?
I numi stessi erano creduti musici e ballerini, e niente v’era di più comune quanto il vedere le loro imagini o sculte o dipinte con in mano qualche strumento musicale, di cui veniva ad essi attribuita l’invenzione. […] Ora un “si dice” in un luogo, ed un dubbio così decisivo in un’altro fanno chiaramente vedere ch’io sono ben lontano dal voler pigliare partito in così fatta questione. […] Basti questo solo saggio di contraddizioni per far vedere, che il Sig. […] Il giornalista ha le sue cagioni segrete, onde bramare di vedere alquanto umiliati cotesti evirati. […] Saverio Mattei, e in ciò fa vedere la sua politica insidiosa.
La storia però ci fa vedere che non sia sì grande la loro rozzezza e barbarie. […] Le notti di quaresima della luna di ramazan si spendono a mangiare, fumare, prender caffè e sorbetti, sonare e vedere le burlette de’ pupi al lume delle lampadi, di che può vedersi il Viaggio al Levante del Tournefort.
Le scene violente ch'ella ebbe di continuo con lui per vedere la eredità paterna insidiata da ridicoli amori, resero incompatibile la sua dimora in Compagnia, sicchè, avanzando negli anni, determinò di togliersi col marito dalla professione.
Il nominato autore dell’opuscolo del Teatro osserva che la bocca del palco scenico eccessivamente angusta e molto lontana dalla scalinata nuoce al vedere, là dove si avrebbe potuto far più larga e più vicina agli spettatori e così parve anche a me allorchè vidi la prima volta quel gran teatro. […] Non pertanto per la medesima vastità (per cui ha potuto un tempo servire per una specie di naumachia, come dimostrano le antlie e i sifoni, per li quali ascendeva l’acqua per inondare l’orchestra) esso non è più in uso, e solo rimane esposto alla curiosità de’ viaggiatori ed incresce il vedere che sin dal 1779 quando io lo vidi, mostrava talmente i danni del tempo e dell’abbandono che non senza qualche ritegno si montava sulla scena per osservarsi minutamente.
Negli affetti di spavento o di mestizia servono essi ad eccitar in nostro aiuto l’altrui commiserazione facendo vedere, che ci sovrasta un qualche pericolo. […] La prima delle accennate osservazioni è diretta a far vedere di qual perfezione sarebber capaci fra noi le arti pantomimiche avendo mezzi più efficaci che non avevano essi per ben riuscirvi. […] Peggio per noi se cotesto sconsigliato ardimento ci costringe a non vedere se non mostri ed enimmi sul teatro pantomimico. […] «Ciò è lo stesso, diceva un uomo di spirito, che se un pittore dopo aver fornito un quadro mi presentasse nell’atto di mostrarmelo un paio d’occhiali per poterlo vedere». […] Coltiva una qualità comunissima all’umano spirito ch’è l’inerzia mentale, ovvero sia la cessazione di riflettere invitando lo spettatore a vedere senza obbligarlo a pensare.
Per esempio : recitando all’ improvviso è più facile impedire che il personaggio che entra in iscena s’ incontri con quello che esce, perchè parlando, ed aggiungendo parole sopra la materia, si può vedere quale scena sia occupata dal Personaggio, che sarà per uscire, e non entrare per quella ; ma per dove sarà vota. […] Gabbrielli Francesco e Onorati Ottavio) non che lo Scala, rassegnandosi a vedere lo sfascio della Compagnia ; chè senza tali personaggi essa sarebbe stata priva dell’ anima e dello spirito. […] mi ad ubbidire, ma altrimenti più tosto harebbono eletto di andare dispersi, perchè vedevono la loro manifesta rovina, mentre si disunissero et dovendo rovinare col dividersi, più tosto harebbono eletto di fare ogni vil mestiero che più recitare, e tutto hanno fondato, secondo me, sul vedere il buon guadagno che hanno fatto quest’ anno. […] S. che l’ ho voluto molto ben vedere e toccar con mano.
[4] Degnate non per tanto onorare dell’autorevol vostro suffragio codesto tenue saggio del mio zelo per gli studi voi, che siete solito d’accogliere con tanta benignità tutto ciò, che spetta l’avanzamento delle arti, e delle lettere; voi, che in una città maestra della religione e della politica sostenete con tanto decoro i diritti di un monarca cognito all’universo non meno per la sua pietà nella prima che per la sua prudenza nella seconda; voi, che collocato ih carica sì luminosa rarissimo esempio avete dato a’ vostri pari di sensibilità spargendo lagrime, e fiori sulla tomba d’un amico illustre; voi, finalmente, che nelle vostre sensate, profonde e per’ogni verso filosofiche riflessioni intorno alle opere di Mengs avete fatto vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e che il più’gran genio del nostro secolo nella pittura era ben degno d’avere per illustratore de’ suoi pensieri, e confidente uno degli spiriti più elevati della Spagna nella penetrazione e sagacità dell’ingegno come nella squisitezza del gusto.
Che abbia poi questi che vedere con Bernardino Lombardi, del quale il Belgrano non sarebbe alieno dal crederlo figlio o fratello, e suo successore nella maschera di Pedrolino, non mi riesce di capire.
Dal che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per lo più in una radice etimologicà, in un monumento ambiguo, in un paralogismo erudito, ciascuno ha creduto di vedere prima che altrove nelle antichità predilette Fenicie, Egizie, Greche, o Etrusche, le origini di tante cose che col soccorso della sola natura l’umana ragione disviluppata ha mostrate a tanti popoli. […] Cantano gli augelli, latrano i cani, perchè gli organi che servono al l’espulsione della voce facilitano loro l’imitazione di quelli della propria specie, i quali prima di ogni altro si avvezzarono a vedere.
Dal che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per lo più in una radice etimologica, in un monumento ambiguo, in un paralogismo erudito, ciascuno ha creduto di vedere prima che altrove nelle antichità predilette Fenicie, Egizie, Greche, o Etrusche, le origini di tante cose, che col soccorso della sola natura l’umana ragione disviluppata ha mostrate a tanti popoli. […] Cantano gli augelli, latrano i cani, perchè gli organi che servono all’espulsione della voce, facilitano loro l’imitazione di quelli della propria specie i quali prima di ogni altro si avvezzarono a vedere.
E in codesta perfezione di esecuzione tutto ha che vedere fuor che lo studio macchinale : il Ferravilla anzi, sotto certi rispetti, ha punti di contatto coi grandi nostri della commedia dell’arte. […] Non sarebbe anche qui il caso, a vedere il Ferravilla fuor della scena, con quell’aria d’uomo triste o almen d’uomo annojato, di consigliargli di andare un po’a sentire il Ferravilla ?
Quanto a me animato perfettamente da spirito repubblicano in punto di lettere ho sempre stimato, che la verità e la libertà debbano essere l’unica insegna di chi non vuol avvilire il rispettabile nome d’autore: ho creduto, che l’accondiscender ai pregiudizi divenga egualmente nuocevole agli avanzamenti del gusto di quella che lo sia ai’ progressi della morale il patteggiare coi vizi: ho pensato, che la verace stima verso una nazione non meno che verso le persone private non si manifesti con cerimoniosi e mentiti riguardi, figli per lo più dell’interesse, o della paura, ma col renderle senza invidia la giustizia che merita, e col dirle senza timore le verità di cui abbisognai ho giudicato, che siccome l’amico, che riprende, palesa più sincera affezione che non il cortigiano che adula, così più vantaggiosa opinione dimostra ad altrui chi capace il crede d’ascoltar ragione in causa propria che non faccia quell’altro, il quale tanto acciecato il suppone dall’amor proprio che non possa sostener a viso fermo l’aspetto della verità conosciuta: mi sono finalmente avvisato, che se il rispetto per un particolare mi sollecitava a usare di qualche parzialità, il rispetto vieppiù grande che deggio avere per il pubblico , mi vietava il farlo, facendomi vedere cotal parzialità biasimevole, e ingiusta. […] Basta legger soltanto di fuga i primi capitoli per vedere quanto ivi si largheggi di lodi colla Italia, come si preferiscano la musica e il melodramma italiano alla musica, e al melodramma degli altri popoli, in qual guisa si mettano, a coperto delle imputazioni degli oltramontani, ove si trovino poco fondate, e come si renda dappertutto giustizia al merito illustre de’ tanti suoi poeti e di tanti musici. […] Forse questa trascuratezza, e questo abbuiamento tornerà in maggior suo vantaggio, convenendo, secondo l’osservazione del gran Bacone di Verulamio, che non si tosto s’affrettino i filosofi a fissare i confini d’un’arte senza prima vedere le diverse forme, ch’essa può prendere dalle diverse combinazioni de’ tempi e delle circostanze; ma egli è vero altresì, che chiunque ne vorrà giudicare si troverà perplesso fra tante e sì contrarie opinioni, non avendo alla mano principi, onde avvalorar il proprio giudizio, Gl’Italiani, che hanno scritto fin’ora, non sono stati in ciò più felici. […] Il celebre Conte Algarotti ne schizzò un breve Saggio, nel quale col solito suo spirito e leggiadria di stile olezzante de’ più bei fiori della propria e della peregrina favella si trovano scritte riflessioni assai belle, che lo fanno vedere quell’uomo di gusto ch’egli era in così fatte materie.
Il modo di recitare del signor Bigottini non ha nulla che vedere con quello dell’attore ch’egli deve surrogare ; egli non ne ha nè la grazia, nè la finezza, nè la semplicità : tuttavia le sue metamorfosi sono ingegnose e variate ; e i suoi movimenti senza avere la flessibilità e la mollezza che caratterizzano ogni menomo gesto di Carlino, sono d’una esattezza e d’una rapidità singolari.
Egli è stato de’ primi a far vedere sopra le scene queste trasformazioni istantanee, che sorprendono per la velocità, e dilettano per gli adornamenti, di canzonette, di balli, di giochi, di facezie, ed altre cose ridicole ; spettacolo dilettevole, ma lontano dalla buona commedia.