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10. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » p. 1043

Annunzia al Grisanti che non potendo avere il carnovale di Roma, procurerà in ogni modo di ottenergli quello di Venezia, e raccomanda la pace in compagnia (il Grisanti con lettera delli 28 maggio gli aveva scritto di certi dissapori), minacciando di castigare i perturbatori alla forma che meritano. […] Prego Idio che mi sortisca come spero, che in hordine à quello gli ho promesso, ne uedrà effetti douuti al suo gran merito.

11. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 129

Figlio di un ciabattino di Udine, dove nacque verso il 1780, fu allevato nel mestiere del padre, morto il quale, vagando di paese in paese, or questo or quello frecciando, s’ imbattè in una piccola compagnia di comici che lo accolsero in qualità di socio, e da cui fu licenziato, dopo la prima sua comparsa in pubblico. […] Dalla Compagnia del Perotti, passò in quella di Antonio Raftopulo col ruolo di secondo caratterista, poi in altra secondaria con quello di primo assoluto ; e tanto crebbe in rinomanza collo studio indefesso, col ferreo volere, e colle chiarissime attitudini, che il Perotti lo richiamò e lo tenne con sè fino alla sua morte, accaduta nel 1820.

12. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Dell’uso delle antiche Maschere. » pp. 290-297

Il timore adunque e la necessità di occultarsi suggerirono il pensiere di alterar colla feccia il sembiante; e gli attori conformaronsi a questa usanza per celare il proprio volto e dare a credere di esser quello del personaggio rappresentato. […] Cessò di poi nella commedia nuova il fine di rassomigliare i personaggi satireggiati, e restò solo quello di coprire gli attori, trovandosi già il popolo assuefatto a vederli sempre coperti. […] E di questa naturale imitazione della maschera approfittandosi Nerone, si compiacque allorchè cantava di fare nelle maschere ritrarre il proprio volto e quello di Sabina e di altre dame, come leggesi nelle opere di Suetonio e di Sifilino. […] Nè poi questa maschera di tutto il capo rimase inutile allorchè si costruirono i teatri chiusi, come quelli di Corinto e di Atene fatti a spese di Erode Attico, e gli altri de’ Romani; perchè in quel tempo ancora l’uditorio rimaneva allo scoperto, e que’ teatri erano così vasti e magnifici che potevano agiatamente contenere qual venti, qual trenta e quale quarantamila persone, per non parlare di quello di M. […] La maschera adunque presso gli antichi servì per occultare il volto dell’ attore, per imitare quello del personaggio rappresentato, e per ajutar la voce; nè mai nelle tragedie e commedie si adoperò per eccitare il riso colla stravaganza, come s’intonò parecchi anni sono dalle scene e per le stampe in prosa e in versi martelliani dall’Ab.

13. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 15-16

), e tal’altra con quello teatrale ; e questo di Angelica fu anche nome teatrale, come vediamo nell’elenco della Compagnia di Lelio (Luigi Riccoboni) chiamata da Filippo d’Orléans nel 1716, nella quale le parti di Angelica furon sostenute dalla Foulquier, soprannominata Catinon. Comunque sia, l’Angelica nostra era la colonna della Compagnia dei Comici Uniti, quando nel 1580 si unì a Bergamo per qualche giorno con quella dei Gelosi ; nella quale occasione Cristoforo Corbelli dettò il seguente MADRIALE Non più col foco de i sospir sperate, nè con quello d’amore, voi, cui tutt’arde in strano incendio il core, far, ch’Angelica un poco senta ne le sue fiamme il vostro foco : che, com’aspide chiude sordo agl’incanti le sue orecchie crude.

14. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 75-76

Figlia di Cesare e Carlotta Marchi, artisti drammatici, quello brillante, questa prima attrice giovine, poi prima attrice e madre, nacque a Verona del 1846. […] Del repertorio di Achille Torelli, e specialmente di Fragilità che fu scritta per lei, fu a'bei tempi antiqui interpetre eccellente, unica : in quello di Dumas figlio, Francillon, Moglie di Claudio, Diana di Lys, non ebbe rivali, fuorchè Eleonora Duse.

15. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378

Il signor Coralli mi ha recato il di Lei pregiatissimo foglio, e da quello, e dal precedente di cui V. […] Ciò basta presso di me per qualificarlo ed impegnarmi a far per lui tutto quello che da me potesse dipendere. […] Essi sono entrambi stupefatti dell’incontro : entrambi pretendono di aver tra le braccia il figlio legittimo, e pretende ciascuno che quello dell’altro sia un figlio supposto ; il che dà luogo ad una scena fra i due attori (lazzi). […] Scapino che è al giorno dell’intrico, scioglie il bandolo della matassa, dicendo che quello che ha Celio è suo, e ridà a Camilla e ad Arlecchino quello ch’egli ha loro involato. […] Si conosceva che qualche scena era stata fatta da un autore, ma l’insieme dell’opera da uno scolaro…… Il suo errore principale, per esempio, era quello dell’inverisimiglianza : questa vi si ravvisa in tutti i punti.

16. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VIII. Teatri materiali. » pp. 213-236

Madrid ha quattro teatri, cioè quello della corte nel Ritiro, l’altro de los Cañòs del Peràl, e i due nazionali detti Coràl del Principe, e Coràl de la Cruz. […] La sua forma è circolare alla foggia moderna con platea, e con palehi comodi e nobili, e quello del re sommamente magnifico fu arricchito di belle dipinture dall’Amiconi pittore veneziano assai caro a Ferdinando VI. […] Si sa solo che quello della Cruz più difettoso dell’altro, e posto in una strada meno ampia, fu il primo a costruirsi. […] Los Chorizos erano i parteggiani del teatro della Croce; i Polacchi di quello del Principe. […] Che se il cappello Chambergo di detta Guardia fu forse un poco più grande, ciò non vuol dire che fosse nuova invenzione e precedente soltanto a quello allacciato a tre punte venuto a coprire le teste spagnuole con Filippo V.

17. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1027-1028

Da quello di San Simone passò a un altro teatrino di via Castelfidardo, ove conobbe Edoardo Giraud che le insegnò a leggere ed a scrivere, poi finalmente al Teatro Milanese del quale fu una vera colonna fino al giorno della sua morte, avvenuta per sincope, a Firenze, sulle scale di casa mentre tornava a mezzanotte dall’Arena Nazionale. […] Per parecchio tempo anzi essa fu appunto nella primitiva compagnia quello che è il Ferravilla nella sua : il personaggio più atteso, più gustato, più applaudito della produzione.

18. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della maniera del cantare e del recitare »

A tutt’altro han l’animo, attendono ad ogni altra cosa, fuorchè a quello che pur dovrebbono. […] Pensano in contrario che tutta la scienza stia nello isquartar la voce, in un saltellar continuo di nota in nota, non in isceglier quello che vi ha di migliore, ma in eseguire ciò che vi ha di più straordinario e difficile. Lo studio delle maggiori difficoltà della musica dee senza dubbio farsi anch’esso da’ giovani cantori, perché la voce divenga in ogni occasione ubbidiente, perché si dirompa a far quello che pare al di là di sua portata, che pare infattibile. […] Ma lo starsi sempre in sul difficile è contra l’intendimento dell’arte; egli è un far divenir fine quello ch’essa adopera soltanto come un mezzo. […] Laddove gran torto noi avremmo, se mai credessimo di potere con un mezzo solo ottener quello che ha da esser il risultato di molti49.

19. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Venetia, 23 di marzo 1675. » pp. 351-354

Il personaggio di Ruzzante non ha carattere speciale : egli è quello che capita : talora soldato pauroso arieggia il Capitano ; talora servo, talora innamorato, talora marito…. […] Non posso, gentilissima Madonna, fare ch’io in quello che servirò quella Magnifica Madonna per la cui generosità sarò riscattato non dica che il padre mio doi figliuoli ebbe senza più, ed egli è il vero che la madre noi d’un medesimo parto avendo partorito passò di questa vita ; per il che dall’avo materno nostro, fummo fino alli sette anni allevati, di poi, per odio di nostri parenti a noi portato, e per fuggire le insidie loro a noi nella vita tese, fummo disgiunti : quello che di mio fratello avvenisse non potei mai risapere ; io in abito di donna fino alli diciotto anni stei rinchiuso in un monasterio di monache, ove, in cambio delle lettere, allo ago, alla rocca ed al fuso diedi opera, e prima imparai a tirar in filo il lino e la lana, di poi a comporre e tessere le tele, e di poi con l’ago di seta di varj colori trapungerle e ricamarle d’oro e d’argento, ed in quelle dipingere e colorire figure di uomini, di animali, di arbori, di paesi, di fontane, di boschi…. ed in breve, quello che faria con un pennello un dotto dipintore, io con l’ago, con la seta tinta di varj colori farò. […] Piacendovi adunque uno di noi, piglierete quello che più vi piace, ch’ io non ho a dire altro, alli effetti rimettendomi.

20. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 588

ma a darne tal licenza poi che non lo fo per meterli un altro portinaro ma solo quello che la Compagnia comanda poi che uengo per seruire e non per comandare la suplico di subita risposta e con tal fine li bacio vmilmente la sacra Veste di roma el dì 16 genaro 1647. […] Venuto frescamente Don Vincenzo Spinelli, Principe di Tarsia a Napoli dal suo Stato, cominciò ancor lui a vagheggiar la Lavinia, che volle mascherarsi da Zaccagnino, non bastandolo quello che aveva speso in Calabria a buffoni, comedie, cacciatori, conviti, musica continua, cavalcatori, maestri di scrima, ecc.

21. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VI. Teatro Materiale. » pp. 243-247

L’immaginazione de’ romanzieri la più fertile non avrebbe potuto ideare un teatro più magnifico di quello di Emilio Scauro quando fu creato edile. […] Nella stessa regione del Circo Flaminio, ove era questo teatro Pompeano, se ne vedevano tre altri, cioè il teatro nominato Lapideo, quello detto di Cornelio Balbo, e l’altro eretto da Augusto sotto il nome di Marcello, il quale era il più picciolo di tutti non potendo contenere che ventiduemila spettatori151. […] Merita di leggersi quello che dall’eruditissimo Canonico Mazzocchi nella descrizione del Teatro Campano c. 6, nota 72 e 73, è stato scritto intorno all’errore di Giusto Lipsio, il quale fondato in un passo di Calfurnio nell’ecloga VII confuse le donne colla plebe pullata.

22. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 301-303

Pasquali) : …. il cambiamento più rimarcabile fu quello della Bastona madre nella Bastona figlia, moglie di Girolamo Foccheri, comica eccellente quanto sua madre ; ma che oltre l’avvantaggio dell’ età aveva quello di una maniera più nobile di recitare. […] Ecco quello che concerne la Bastona.

23. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Firenze, 3 settembre 1841. » pp. 473-475

Ma gettati gli occhi sul volume, e accortasi dell’errore, aggiunse : veggo che mi sono ingannata, ma per il di lei genio, il solo nome che gli si compete è quello di Augusto. […] ) il nome del Bon sarebbe stato quello di Augusto, al quale poi fu aggiunto quello paterno(?)

24. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Havvene sul teatro antico e moderno un carattere interessante al par di quello di Tito? […] [25] Ma quello che forma il suo carattere dominante, quello che il rende la delizia delle anime sensibili, quello che esige principalmente l’universale riconoscenza dei lettori per le lagrime, che ha cavate loro dagli occhi, si è l’arte di muovere gli affetti. […] Il riflesso sulle caducità umane, che riducono talvolta una gran principessa ad uno stato peggior di quello d una schiava. […] Dal che avvenne quello, che suole quando s’abbandona un sistema, cioè che per lo più si prende il partito opposto. […] Ma quello non è l’unico abbaglio di quello storico romanziere; è bensì da maravigliarsi che Rollino abbia adottata una simil favola senz’altro esame, non dovendo egli ignorare che la religione de’ maghi contava fra suoi dogmi quello di escludere i simolacri degli dei non ammettendo altra imagine visibile della divinità fuorché il sole e il fuoco.

25. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »

Vero è che senz’essa non avrebbe ricevuto la musica quegli aumenti che ricevuto ha; ma egli è anche vero che ha traboccato per essa in quello scadimento di cui si dolgono i migliori. […] E non meno che avvenga nelle fogge de’ vestiti e delle cuffie, in composizioni eziandio fatte per imitar la natura e quello che sta sempre di un modo, va del continuo variando la moda. […] Ma ora che le due gemelle, poesia e musica, vanno disgiunte, qual maraviglia se avendo uno a colorire quello che ha disegnato un altro, i colori sieno bensì vaghi, ma vengano sformati i contorni? […] Di somma semplicità rispetto a quello che sono al dì d’oggi si può affermare che fossero da principio. […] Tanto più che ne sono bene spesso cosi affollate le nostre orchestre, che avviene in esse come in un naviglio, che la gran moltitudine delle mani, in luogo che giovi al governo di quello, gli è al contrario d’impedimento.

26. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 116-117

Partito quello stesso anno e quello stesso mese il Goldoni per Parigi, cessaron le gare poetiche ; e il Medebach per alcun tempo continuò a condur Compagnia con relativa fortuna. […] Sollievo effimero codesto ; dappoichè concesso ingiustamente il teatro alla stessa Battaglia, il Medebach, rassegnato, si rifugiò a quello di San Cassiano, dove le sorti non furon delle più prospere.

27. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

L’accento patetico della lingua non essendo altro che il linguaggio naturale delle passioni nei vari loro caratteri, è quello che serve di fondamento alla imitazion musicale principalmente nel canto. […] Dovrebbe dar maggior lume e risalto all’idioma imitativo degli strumenti ora con lunghe pause e marcate che aprano largo campo all’azione di essi, ora con quei segni inarticolati che sono la favella dell’anima, e che mostrano la superiorità di un attore che sente e conosce non solo quello che dice, ma quello ancora che deve tacersi. […] Lo scopo del canto drammatico è quello di rappresentar le passioni, le quali non si manifestano nell’uomo col suono dell’oboè, né del violino. […] [43] Dicendo quello che dovrebber fare i cantori, ho detto appunto quello ch’essi non fanno. […] [52] Ecco l’universale ma puerile sofisma, il quale ridotto in massima dalla ignoranza e avvalorato da uno spezioso pregiudizio, è quello che cagiona l’esterminio di tutte le belle arti.

28. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — [Dedica] »

Il gusto che percepisce, confronta ed analizza i rapporti; la critica che ci rende sensibili alle bellezze e ai difetti e che, indicando gli errori altrui, ci premunisce contro alle inavvertenze proprie, sono non men necessari ai progressi dell’umano spirito di quello che lo siano gli slanci del genio sempre coraggioso, ma talvolta poco avveduto. […] [4] Degnate non per tanto onorare dell’autorevol vostro suffragio codesto tenue saggio del mio zelo per gli studi voi, che siete solito d’accogliere con tanta benignità tutto ciò, che spetta l’avanzamento delle arti, e delle lettere; voi, che in una città maestra della religione e della politica sostenete con tanto decoro i diritti di un monarca cognito all’universo non meno per la sua pietà nella prima che per la sua prudenza nella seconda; voi, che collocato ih carica sì luminosa rarissimo esempio avete dato a’ vostri pari di sensibilità spargendo lagrime, e fiori sulla tomba d’un amico illustre; voi, finalmente, che nelle vostre sensate, profonde e per’ogni verso filosofiche riflessioni intorno alle opere di Mengs avete fatto vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e che il più’gran genio del nostro secolo nella pittura era ben degno d’avere per illustratore de’ suoi pensieri, e confidente uno degli spiriti più elevati della Spagna nella penetrazione e sagacità dell’ingegno come nella squisitezza del gusto.

29. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XII. Confronto Apologetico della Opera Italiana, e della Commedia Spagnuola. » pp. 149-181

quello che è, o quello che fu, e che può tornare ad essere? […] E non per tanto quello che egli dice, non è quello che voi vorreste, che dicesse. […] Ma che bado io a dimostrare quello, che senza accorgersene stà confessando il medesimo Apologista? […] Non è ugualmente Canto quello de’ nostri Recitativi e quello delle Arie, quello di un’ Aria cantabile, e quella di un Minuetto? […] Ma come non vi accorgete, che portate in prova quello, che si controverte?

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