Mise in iscena il 1765 una sua commedia, parte scritta, parte a soggetto, intitolata : Chi la fa l’aspetta, ossia I due fratelli veneziani perseguitati dalla calunnia e resi felici dalla magia, che « travagliata – dice Fr. […] Dopo di aver recitato la primavera del 1779 in Genova, recavasi col marito a Verona, scritturati da Maddalena Battaglia, quando, presso Voghera, datisi i cavalli del legno alla fuga, ella vinta dalla paura, balzò a terra, fratturandosi una gamba, e lasciando quivi dopo alcuni giorni la vita.
Il Fontanelli poi con lettera del 20 luglio 1691, impetrando soccorsi dal Duca pel pantalone Girolamo Gabrielli e la prima donna Antonia Torri, dice di questa : « La Lavinia anch'essa sta attendendo dalla solita benignità di V. […] Forse dalla Compagnia era uscito il Caccia, primo nell’ elenco, ed egli ne aveva assunto il nome e l’importanza. […] Egli aveva in compagnia la moglie, che recitava le prime donne a vicenda con la Torri, prima nell’elenco (e forse per ciò il Rechiari o spontaneamente o stimolato dalla moglie pensò bene di liberarsi di questa), e un figliuolo, Giorgio, che recitava i terzi amorosi, sotto nome di Ottavio.
[1.4] La verità si è che tanto co’ soggetti cavati dalla mitologia, quanto dalla storia, vanno quasi necessariamente congiunti di non piccioli inconvenienti. I soggetti cavati dalla mitologia, atteso il gran numero di macchine e di apparimenti che richiedono, metter sogliono il poeta a troppo ristretti termini, perché egli possa in un determinato tempo tessere e sviluppare una favola come si conviene, perché egli abbia campo di far giocare i caratteri e le passioni di ciascun personaggio; che è pur necessario nell’opera, la quale non è altro in sostanza che una tragedia recitata per musica. […] All’incontro, i soggetti cavati dalla storia non cosi bene si confanno con la musica, che in essi ha meno del verisimile. […] Ed egli è troppo difficile trovare balli e simili altri intrattenimenti, che ben si adattino con azioni tolte dalla storia. […] Gli argomenti ne sono semplici, cavati dalla più remota antichità, ma non troppo ricercati; in mezzo a scene appassionatissime vi han luogo splendidi conviti, magnifiche ambascerie, imbarchi, cori, combattimenti, incendi: e pare che ivi il regno dell’opera venga ad essere più ampio, per così dire, ed anche più legittimo che d’ordinario esser non suole.
Niun particolare abbiamo di lei, se non che quello – dice Riccoboni – di aver veduto ed esaminato alcuni scenarj firmati dalla mano di S. […] E sappiam che per quante richieste fatte da Luigi Riccoboni, essi divennero irreperibili, trafugati forse dalla galleria del Canonico Settala a Milano, ove Angelo Costantini, il celebre Mezzettino, assicurò di averli veduti in buon numero.
Lontano fatalmente dalla famiglia, a cui non può mai pienamente sostituirsi nessuna amicizia, anche se rara e quasi favolosa come fu quella che tra molte ti sapesti meritare, tu muori, o amico, con l’amarezza nel cuore e il pianto negli occhi ; tu che eri avvezzo a sentirti sonare dintorno il vasto riso dei popolosi teatri, suscitato dalla tua comicità arguta e gentille. […] Oh quanti che grandeggiano autorevolmente sulla scena del mondo, potrebbero invidiare il senno e il cuore di questo attore brillante, di questo Commediarolo, come si chiamava modestamente da sè, quando sentiva gli applausi degli amici rapiti dalla sua parola colta e vivace. […] « inebriarsi di sole a Napoli, » ha detto Dumas ; il Vesuvio, che io scorgo benissimo dalla mia finestra, mi sembra l’arciprete dei monti che con la cotta di neve incensa le stelle. […] Questo frutto è indicato, raccomandato anche dalla Scuola Salernitana.
Valentini Rosa, detta la Diana, fu moglie del precedente, e nacque – dice il Bartoli – in Polonia, « mentre la madre sua trattenevasi al servizio di quel monarca, da lui cotanto favorita, che donolle il suo proprio ritratto tempestato di gemme d’inestimabil valore. » Cresciuta in bellezza (vuolsi che dalla maestà di tutta la persona, e dalla ricchezza dei biondi capegli trasparisse la nobiltà del seme di cui dicevasi frutto), e divenuta artista preclara, si sposò a Giovanni Valentini, percorrendo con lui l’Italia, ammiratissima e per le doti fisiche, e per le artistiche.
Sappiamo dalla Corilla Olimpica dell’ Ademollo, ch'egli aveva cantato nel 1731 e 1742. […] Il Pertici accettò ; e licenziatosi dalla Corte di Parma, formò tal compagnia, che fu poi famosa. […] Entrata nella Società filodrammatica romana, fu subito assunta al grado di prima attrice, e ammirata e domandata dalla stessa Ristori. […] Passarono dalla Compagnia Ristori in quella Trivelli, ove la giovane e già forte artista rinnovò, o meglio, continuò i trionfi in ogni città.
Dalla precocità dello sviluppo, dalla giunonia opulenza delle forme fu sbalzata a poco più che tredici anni nel gran mondo dell’arte, sostenendovi al fianco della Pezzana, Stuarda, la parte di Elisabetta regina d’Inghilterra. […] Da allora non abbandonò più il ruolo delle prime attrici, che sostenne decorosamente nella Compagnia paterna, addestrata nell’arte dalla grande Pezzana, di cui volle imitare fin anco l’audacia, presentandosi al pubblico sotto le spoglie di Amleto.
Bartoli — intorno il 1655. » Recitava le parti di Capitano col nome di Capitan terremoto, suggeritogli dalla grande statura e dalla voce potente.
Figlia dei precedenti, fu una ottima prima attrice per le commedie goldoniane e le sentimentali del teatro francese, che al suo tempo inondavan le scene, tradotte dalla madre Gaetana. […] Datasi giovinetta alle fatiche di un ruolo primario, morì nel '58 a Torino, logorata dalla tisi, non ancor cinquantenne.
Suo padre lo destinò agli uffici delle finanze, ma appassionatissimo per l’arte comica, sordo a ogni rimostranza, dopo di avere recitato co’filodrammatici, comparve sulle scene di Lodi il 1798, come primo amoroso della Compagnia di Pietro Pianca, dalla quale passò in quella di Andrea Bianchi, sino al 1801. […] Tornato a’Fiorentini di Napoli, scritturatovi per tre anni dalla Società Prepiani, Tessari e Visetti, vi ridestò gli antichi entusiasmi ; ma dopo un anno dovette lasciare il teatro per una gravissima operazione chirurgica. […] Una versatilità prodigiosa, mercè che si accomoda ai caratteri i più opposti, una voce insinuante, ed a vicenda dolce, maschia, robusta, maneggiata nelle graduazioni con mirabile maestria ; un aspetto seducente, un portamento grazioso e nobilissimo, una tal verità nell’espressione delle passioni e nell’espansione degli affetti, fanno si che nessuno più di lui è stato padrone del cuore degli spettatori ; nessuno più di lui ha saputo, e sa agitarli, commoverli, straziarli ; ed ove avvenga che nel carattere da lui rappresentato s’incontrino scene comiche, il riso ch’ei promuove non è quello sganasciamento, a cui s’abbandona tanto facilmente e tanto volentieri la plebe per gli sconci e per le smorfie de’buffoni, ma quel riso eccitato nobilmente dalla naturalezza e dalla semplicità con cui sono espressi que’sali attici della commedia, che dilettando istruiscono : riso, che non va mai sino in obscuras humili sermone tabernas. […] Egli fu dotato dalla natura di tutti i doni necessarj per raggiungere la perfezione nell’arte della scena. […] De Marini, appena lo potè, prese il sistema di destinare un abito apposito ad ogni produzione, incominciando dalla parrucca alle scarpe, meno, s’intende, l’abito borghese, che, per questo non diferenziava che la testa.
Corrono altri sei anni dalla seconda alla terza giornata, in cui si tratta della dichiarazione che fa Semiramide di esser donna, della cessione dello scettro a Ninia dichiarandosene innamorata, e della morte che ne riceve. […] Questo re che non si è veduto ne’ primi quattro atti, comparisce nel V, ed il Coro apre la stanza ove dimorava Didone, e si vede questa regina trafitta dalla spada di Jarba, che ha la corona a’ piedi ed una lettera in mano. Jarba (che sembra venuto unicamente a leggere quel foglio, e a disporre l’esequie di Didone) comprende dalla lettera che la regina per mantenere eterna fede a Sicheo ha scelta la morte. […] Ciò è tanto più sconvenevole, quanto più Jarba, che viene in iscena sì tardi, si dimostra lontano dalla fierezza, dotato di un cuor nobile, compassionevole e religioso. […] Piano così assurdo verseggiato in istile tanto lontano dalla gravità e dalla correzione, a chi poteva parer tragedia perfetta se non all’ab.
I pregi della Duse, quelli che la elevaron dalla comune, eran nella compenetrabilità del tipo, nella minuziosità di osservazione di tutto quello che lo circondava, che lo faceva vivere e palpitare : non lo studio soltanto di quel che era in una parte, ma, e soprattutto, di quel che non c’era. La grandezza della Duse era tutta grandezza di analisi, che sfuggiva all’occhio e alla mente dello spettatore, perchè l’arte era sempre soccorsa dalla natura, e questa da quella…. Per modo che in questa fusione, generata dal più profondo e più sottile degli studi, egli non vedesse che una parte, quella della natura, viva, parlante, palpitante, dalla quale si trovava soggiogato, perchè sentiva di vivere, parlare e palpitare con lei. […] Mette bene il conto che io qui riferisca, a proposito della Cavalleria rusticana, le parole di Giulio Huret, apparse il 4 luglio ’97 nel Figaro, dopo la rappresentazione straordinaria della Porte Saint-Martin : Sin dalla prima scena, afferrati dalla espressione di dolore, dall’andatura disperatamente sfiaccolata di Santuzza, quelli delle poltrone applaudirono…. […] Quei tre o quattro Max proferiti dalla Duse nel più biricchino dei modi, valser bene per me tutti gli Armando di Margherita !
Nel ’59, assorbito dalla politica, fe’ ritorno a Lugo per concorrere col braccio e colla mente al trionfo della libertà. Il ’60 dirigeva una compagnia detta dell’Italia centrale, di cui principale ornamento era la figliuola Antonietta, avuta dalla moglie Amelia Prina di Brescia, che vediam con esso il ’62 e ’66 a Tolentino, e che andò poi sposa all’avvocato Polveroni. […] A queste, altre se n’aggiungon di minore importanza, una delle quali ricordo, rappresentata al Corea di Roma nel ’73 dalla Compagnia di Fanny Sadowski, diretta da Cesare Rossi, di cui faceva anch’io parte, e che non figura nell’ elenco di tutte le opere di lui, pubblicate in due volumi. […] Gli effetti di comicità che otteneva col solo aiuto dell’arte, non erano in nulla da meno di quelli spontaneamente conseguiti dagli attori privilegiati dalla natura ; e non è picciol vanto.
La Baccelli - dice il Bartoli - travagliò più di dieci anni in carattere di prima donna, finchè fu poi sostituita dalla Teodora Ricci, moglie del Bartoli stesso. […] Il Bartoli riporta i due seguenti sonetti : Per una Commedia nuova egregiamente rec itata dalla signora Rosa Brunelli, composta dal signor Onofrio Paganini, Capo della Truppa. […] Bello è il veder dalla scoppiata mina onde dovea venirle ingiusta morte scampo acquistar l’Etiope Regina.
In questa la poesia animata dalla espressione, abbellita dalla esecuzione e fregiata di quanto ha l’armonia di più seducente e di più energico prende tutti i caratteri del canto. […] Non si dee aggiugnere alcun abbellimento né dalla parte del suonatore né dalla parte del cantante ai semplici recitativi, come non s’inorpellano nella retorica l’esposizione d’una ragione o la narrativa d’un fatto; perocché nascendo l’interesse dalla chiara percezione di ciò che il produce, lo spettatore non potrebbe commuoversi in seguito se gli ornamenti gl’impedissero di prestar al filo dell’azione la dovuta attenzione. […] Vediamo almeno se si trovi un compenso nell’altro genere d’imitazione che nasce dalla convenienza delle parti elementari del canto coi tuoni della favella ordinaria. […] Lorenzo col solo oggetto di spiccarne un frutto tagliano gli alberi dalla radice. […] Ricavo il primo dalla maniera con cui gl’istrioni recitavano le tragedie.
Egregia nel Suicidio, come nelle Orfanelle, magnifica della persona, di volto piacente, benchè di collo un po’ corto, dalla voce e dai capelli d’oro, adorna di abiti e di gemme come una principessa, era una bella promessa di futura prima donna. […] Ma, dopo poco, ammalatasi, fu sostituita dalla Duse, amorosa della compagnia, la quale, spiegate allora eccezionali ed inattese attitudini, tolse di sana pianta il posto alla tornata.
Si condusse, per affari di commercio, in Pesaro, e colà addestrossi in filodrammatiche società assieme ai Conti Perticari, dei quali diventò l’amico ; e, sentito colà dalla Pellandi e dal Belli-Blanes, fu scritturato da essi pel 1813 come brillante assoluto. […] Ma sciagura volle che nell’estate del ’25 infermasse di petto a Firenze, ove in breve morì, compianto dalla moglie, dal figlio e da’ suoi scritturati che perdevano in lui un onesto amico.
Questa natural pendenza e viva brama di sapere, dalla cura e dallo studio d’indagare, chiamossi da’ Latini e poi da noi Curiosità, come quella che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guida al l’attività laboriosa della scienza. Scortato l’uomo da un affetto sì vivace e per indole osservatore non potè non avvedersi di alcuni barlumi e di certe faville mal distinte che nel giro delle cose vanno scappando fuori, e vengono a lui quasi spontaneamente dalla natura presentate. […] É noto dalla storia che le nazioni in se stesse ristrette esistono e fioriscono, e per molti secoli si guardano dal comunicare insieme, perchè quel timore che raccoglie gli uomini in società regna lungamente, e si conserva presso di esse, e le rende inospitali e inaccessibili, siccome furono per gran tempo gli Ebrei, gli Egizzi, gli Sciti, i Cinesi, i Messicani, i Moscoviti. […] L’uomo adunque si avvezza dalla prima età per senso più che per raziocinio a suggir quel dolore e quel male, e ad appetir quel piacere e quel bene. […] Essa s’ingegna di copiar gli uomini che parlano ed operano; è adunque di tutte le invenzioni quella che più naturalmente deriva dalla natura imitatrice del l’uomo; e non è meraviglia, ch’essa germogli e alligni in tante regioni come produzione naturale di ogni terreno.
Questa natural pendenza ed avidità di sapere dalla cura e dallo studio d’indagare chiamossi da’ latini e poi da noi curiosità, come quella che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guida all’attività laboriosa della scienza. Scortato l’uomo da un affetto sì vivo e per indole osservatore non potè non avvedersi di alcuni barlumi e di certe faville mal distinte che nel giro delle cose vanno scappando fuori, e vengono a lui quasi spontaneamente dalla natura presentate. […] È noto dalla storia che le nazioni in se stesse ristrette esistono e fioriscono e per molti secoli si guardano dal comunicare insieme, perchè quel timore che raccoglie gli uomini in società regna lungamente e si conserva presso di esse e le rende inospitali e inaccessibili, siccome furono per gran tempo gli Ebrei, gli Egizj, gli Sciti, i Cinesi, i Messicani, i Moscoviti. […] L’uomo adunque si avvezza dalla prima età per senso più che per raziocinio a fuggir quel dolore e quel male e ad appetir quel piacere e quel bene. […] Essa s’ingegna di copiar gli uomini che parlano ed operano; è adunque di tutte le invenzioni quella che più naturalmente deriva dalla natura imitatrice dell’uomo, e non è maraviglia, che essa germogli e alligni in tante regioni come produzione naturale di ogni terreno.