Si pensava per l’addietro che questo fosse un poema consecrato alle favole e da cui per istatuto se ne dovesse sbandire il buon senso. […] Sì: quantunque Metastasio fosse privo di mille altri pregi, questo solo basterebbe a rendernelo la delizia dei cuori onesti e sensibili. […] Si direbbe che il di lui genio fosse la dea Clori dei Greci, che volando per l’aria spargeva nembi di rose ovunque passava. […] E pazienza se quest’amore fosse sempre la passione primaria, sulla quale poggiasse tutto il nodo della favola, e da cui ne dipendesse lo scioglimento, se fosse una passione abbastanza forte, seria, e terribile per rendersi teatrale. […] Deponga egli (io glielo prego) se venuto in mente gli fosse cotal sospetto.
L’Alexis, il Piayas, l’Autmoins, e qualunque fosse il nome che distingueva i loro indovini, o ciurmatori in altre parti d’America, erano tutti medici delle loro rispettive tribù nella stessa maniera che i Bulistos nell’Isola Ispaniola. […] Gli antichi rammentano ancora un mimografo nomato Filistione; ma Suida pretende che fosse stato contemporaneo di Socrate; ed Eusebio di Cesarea afferma che viveva trecento anni dopo, cioè a’ tempi di Augusto. […] Le Fevre) strana cosa che Eusebio si fosse ingannato; ma potrebbero parimente due diversi scrittori di mimi, l’uno coetaneo di Socrate, l’altro di Augusto, aver portato lo stesso nome. […] Pare che la Scinnide fosse anche saltazione comica usata anticamente da’ Frigii nella festa di Dionisio Sabazio.
L’Alexis, il Piayas, l’Autmoins, o qualunque fosse il nome che distingueva i loro indovini, o ciurmatori in altre parti d’America, erano tutti medici delle loro rispettive tribù nella stessa maniera che i Buhistos nell’isola Ispaniola. […] Gli antichi rammentano ancora un mimografo nomato Filistione; ma Suida pretende che fosse stato contemporaneo di Socrate, ed Eusebio di Cesarea afferma che viveva trecento anni dopo, cioè a’ tempi di Augusto. […] Le Fevre) strana cosa che Eusebio si fosse ingannato; ma potrebbero parimente due diversi scrittori di mimi, l’uno coetaneo di Socrate l’altro di Augusto, aver portato lo stesso nome. […] Pare che la Scinnide fosse anche saltazione comica usata anticamente da’ Frigj nella festa di Dionisio Sabazio.
V’Ha chi pone in dubbio, che il Cotta fosse l’autore del I atto della Celestina.
Alcuni pretesero che l’incendio fosse destato ad arte dall’ Angeleri, il quale fu subito carcerato : ma non avendo l’accusa fondamento di sorta, egli potè colla stessa sollecitudine essere rimesso in libertà.
E io credo si possa dedurne che questa, altra non fosse dall’ Antonia Isola detta Lavinia, sorella dell’Angiola, divenuta poi moglie di Antonio Torri, detto Lelio in comedia, che assieme a Lei formava il migliore ornamento della compagnia. ….
Allora per compensare l’artista del fiasco, fu messo in iscena l’Uomo prudente, che ebbe un ottimo successo e pel quale fu il D’Arbes proclamato l’attore più perfetto - dice Goldoni – che fosse allora sul teatro. […] ) come, rappresentato per la prima volta all’Accademia Reale di musica a Parigi il 5 dicembre 1749, il Zoroastro di Rameau con parole del nobile signor di Cahusac, sotto la direzione scenica del veneziano Pietro Algeri, Giacomo Casanova che viveva allora a Parigi, e che oltre quella del Faraone, aveva anche di sfuggita, la occupazione di scrittore, fosse dal grande successo dell’opera invogliato a tradurla in versi italiani e ridurla per le scene di Dresda.
E. non uol saper niente, si che non si pol far un opera che sia bona, ma non solo le opere anche le comedie ; l’altra sera appunto si fece ti tre finti turchi e recito il secondo Zanni nouo che andò così bene che tutti si partirno inanzi fornita ; dicendo che se si fariano di quelle ci daranno delle Pomate. dove che ardisco suplicarla il dar ordine à qualcheduno che regoli la compag.ª pchè ò bisogno di studiare è tirarmi inanzi non di star à spasso p. i capricci d’altri ; la Sig.ª Flaminia à dato una delle sue parte che ne faceva due à mia sorella addesso pare che la Sig.ª Ippolita con la colega fatta tra di loro abbiano disgusto è la uoriano far fare alla guercina basta doppo dificultà si sono contentati ma però di nouo lo suplico il scriverli che la facciano recitare è la lettera onorarssi d’inuiarla à me però diretta alla Comp.ª non dirò più per non incomodarla, solo che se segue così non occorre uenir a Ferara p. che so che se non fosse in riguardo alla protetione di V. […] Se potrà onorarmi di quel poco di fitto decorso mi farà fauore pagarlo al Signor Priori, appresso il quale deuo ualermi in breue di qualche somma, e così anco se non li fosse incomodo quello di pasqua prossima che gl’auguro felicissima e così pregare in Mio Nome l’Ill.
Comunque fosse, dice il Mercure de France, che gli applausi in quella riapparizione furon frenetici, e che, nonostante l’aumento del doppio nei prezzi, il teatro non potè contenere tutto il pubblico che avrebbe voluto assistervi. […] Il che starebbe a provare, o farebbe almeno supporre, che il racconto del Costantini non fosse altro che una spiritosa invenzione per iscagionarsi della colpa che gli veniva attribuita.
Pare ch’ ella fosse di rara bellezza ; e Alessandro Allori (il Bronzino giovine) le fece in Firenze un tal bellissimo ritratto, che ispirò al Cav. […] Che la Cecchini fosse una specie di demonio è omai fuor di dubbio : che l’ Andreini le avesse dato nel naso co’ suoi trionfi è molto probabile, tanto più che a questa, sposa onesta e fedelissima a suo marito (« per quanto addetta al servizio del Duca Vincenzo, non faceva parte del suo harem riservato…. » A. […] Quanto alla bellezza dell’Andreini, pare fosse davvero meravigliosa. […] Ammettiamo pure che ci fosse un po’di esagerazione e di maligna insinuazione per parte del Cecchini, il quale avendo da rivelare qualche segretuzzo di compagni o riferir pettegolezzi e scandali di compagnia, adopera quasi sempre paurose parole come queste : non volevo dir tanto ; ma mi affido ch’io lo dico a padrone che non lasciarà perder questa mia et penetrare facilmente il tutto. […] La tresca dunque durava, per lo meno, dal 1620, data della lettera del Cecchini, concernente gli scandali provocati dalla baldina, che altra non era che la Lidia Virginia Rotari, già moglie di Baldo Rotari, come abbiamo da una lettera (26 novembre 1612) al Duca di Mantova firmata da’comici tutti, fra cui Baldo Rotari, in nome di sua moglie ; alla quale fu dato il soprannome di baldina, dal nome del marito, o in antico per distinguerla dall’altra Lidia di Bagnacavallo, la comica famosissima de’confidenti, che di non molti anni l’aveva preceduta, o più tardi, in compagnia dell’Andreini, per meglio distinguere le due Virginie : io ritengo più probabile la seconda ipotesi. — Che anche la Rotari fosse attrice valente sappiamo dalle poesie varie pubblicate insieme alla Maddalena lasciva e penitente, azione drammatica dell’Andreini, nella quale recitando in Milano nel 1652 la parte della vecchia Marta, ottenne, come si direbbe oggi, uno strepitoso successo.
Pare che il Bachino fosse un innamorato co’ fiocchi, certo non ispregevole, se Pier Maria Cecchini lo proponeva per la sua compagnia al Duca di Mantova, e lo riteneva se non eguale, almeno di poco inferiore al grande Adriano, il Valerini (V.
Nelle commedie del Marivaux, come nel Jeu de l’amour et du hasard, essa è padrona e cameriera ; in altre commedie è semplicemente cameriera, o talvolta semplice contadina ingenua, o innocente pastorella, come in Arlequin poli par l’amour, la prima commedia che Marivaux diede agl’ Italiani. » A mostrare in che concetto fosse tenuta la Balletti, basti dare uno sguardo ai vari quadri di Watteau, Lancret, Pater, ispirati dalla Commedia Italiana, nei quali la Silvia è quasi sempre una delle eroine.
» Non si sa se Spezzaferro fosse ammogliato : ma nell’ Arlecchino, Re per caso (Scenario Biancolelli), avendo Spezzaferro domandato di essere governatore di una Piazza di frontiera, assicurando ch’egli la custodirebbe bene…. « Bravo !
Il quale pare stia a provare come regnasse un’antica ruggine fra loro per gelosia di mestiere, e come anche Costantini fosse d’indole piuttosto ribelle.
La fatica per giungere allo scopo non poteva fra i due attori aver paragone : e quantunque quella del Dondini fosse minima, pure riusciva più bella.
Non per tanto osserva il Baile che Giacomo Rilli nelle Notizie intorno agli uomini illustri dell’Accademia Fiorentina, non fa motto di quest’Aretufa, tuttochè così diligente si fosse mostrato in quanto concerne questo scrittore. […] Ma bisognerebbe prima d’ogni altra cosa far loro intendere che cosa fosse fra gli antichi orchestra, timele, melopea, tibie uguali, disuguali, destre, sinistre, serrane, e modo Frigio, Ipofrigio, Lidio, delle quali cose è forza che non abbiano veruna idea. […] Ed in ciò convenghiamo con lui; ma in quanto al canto ci attenghiamo all’eruditissimo Algarotti, il quale diceva ottimamente, se tacessero i trilli dove parlano le passioni, e la musica fosse scritta come si conviene, non vi sarebbe maggior disconvenienza, che uno morisse cantando, che recitando versi.
Rimarrebber pure escluse tutte quelle parti nelle quali fosse obbligata a vestirsi da uomo ; le beneficiate farebbe a sua scelta in principio, o fine delle Piazze, come credesse meglio pel suo interesse : dovrebbe conoscer l’elenco degli attori che componessero la Compagnia, prima di sottoscrivere il contratto ; e prima della riconferma, non dovrebber in esso farsi innovazioni, a sua insaputa. Il Direttore, qualunque fosse, non dovrebbe aver diritto d’imporle l’esecuzione della sua parte ; volendo ella eseguirla secondo gliela dettasse il suo modo di sentire. […] Lamartine stesso usci dal silenzio poetico, in cui sembrò essersi condannato, dettò per lei un’ ode, che la folla acclamò per due sere, riempiendo al colmo la sala Ventadour, Dumas padre, proprietario allora del giornale Il Moschettiere, prese le parti dell’attrice italiana, facendo uno strano parallelo tra lei e la Rachel, nel quale si sforzava di mostrare quanto più grande fosse la tragica straniera della tragica francese….
Quando si fosse trattato della qualità della Musica, avrebbe potuto distinguersi tra antica, e moderna; e allora coll’erudito M. […] Ma che male ciò sarebbe, sempreche l’Opera fosse buona in tutte le sue parti, ed equivalesse alla buona Commedia, e alla buona Tragedia? […] Ma quell’esempio autorizza il Canto teatrale assoluto, qualunque si fosse il Greco, e voi per conseguenza ragionate assai male, ed io fondatamente con quell’esempio imporrò silenzio a’ dozzinali ragionatori, e a’ Criticastri Oltramontani. […] E quale delle supposizioni necessarie nella Scenica si può meglio del Canto in certo modo occultare all’Uditorio, quando fosse usato con savia moderazione, e portato a quel punto di verità, che i Saggi richiedono? […] Esiste dunque per necessità nel Teatro questa tacita convenzione male impugnata; e la Drammatica ancora ne abbisogna, ad onta di quanto sinora si è travagliato per conferire all’illusione; e ridotta, se possibile fosse, a più manifesta imitazione del vero, e ad una approssimazione ad esso più immediata, vieppiù la produrrebbe.
Millet, ed a credere che Cecilio ben due volte nominato nel passo del biografo fosse stato l’ascoltatore dell’Andria. […] Se non fosse per lui, l’avrei sbrigata. […] Ed ei non sa chi fosse Il genitor della fanciulla? […] Lo cercate da me, come se a voi Non fosse noto. […] Non so come mai i gramatici che da varii passi degli antichi raccolsero le notizie appartenenti alla vita di Terenzio, abbiano francamente asserito che questa favola fosse tratta da una di Menandro.
Fu chiamato Cossa da Roma, onde sull’animo suo fosse viva la voce dell’entusiasmo che Milano tributava al poeta.
Quanto alla donna, pare ch’ella non fosse di troppo riserbo, se personaggi di rango e teste coronate profusero a favore di lei l’immensità de’ loro tesori, scialacquati poi da Silvio che sapeva estorcerglieli colle carezze più d’amante che di compagno.
Hiersera i comici nell’ultimo atto della comedia uenerono un pocho alle mani, cioè Triuelino e Ottauio dentro pero, e dicono che fosse Triuellino che dasse un pugno ad ottauio. che subito cio seguito Triuellino uenne fuori senza maschera e domandò perdonanza allo Ser.
Io dissi solamente che egli era stato degno della sua parte – se fosse valso meno, ne avrei parlato di più.
Figlio del precedente e di Clementina Cazzola, nacque il 1859 a Civitavecchia, donde, poche ore dopo, fu condotto per mare a Livorno, acciocchè non fosse suddito del Papa.
Di ogni suo temuto raziocinio ho fatto caso, enunciandolo distintamente, a costo tal volta di rendermi sazievole; e se per avventura alcuno me ne fosse fuggito, non ho certamente peccato per volontà, nè per meschino artificio ad oggetto di scansarne la forza. […] Il di lei Congiunto avrà immaginato che io meditassi un controbando, o una irruzione repentina, e che suo dover fosse il vegliare come buona sentinella in tempo di guerra per dar la voce a tempo, Ferte citi ferrum, date tela, scandite muros.
Au lieu de quantité de fleurs, Sur sa fosse versons des pleurs, Pour moy, tout de bon, j’en soûpire : J’en fais, tout franchement, l’aveu ; Nous pouvons bien pleurer, un peu, Celuy qui nous faizoit tant rire. […] Da questo momento non s’han più indizj della presenza di Marinetta a Parigi, il che fa credere ch’ ella fosse in quest’ ultimo viaggio condotta a Firenze, ove si stabilì separata dal marito, forse per incompatibilità de’ caratteri, essendo essa più tosto uggiosa, e venendo egli di dì in dì più avaro. […] Carlieri le 20 mila doppie di Spagna per il suo figlio, il quale partì sabato per il Cocchio d’Arqua, e benchè la Serenissima Granduchessa si fussi fatto dare 60 scudi che mi fece mandare acciò glie li dessi, come segui, questo gli ha spesi per accomodare i suoi affari e per vivere 20 giorni fuori di casa di suo padre, si che anco a questo è bisognato farli dare 20 doppie che mi ha promesso, subito arrivato a Firenze, in casa di sua madre non avesse sborsato la detta somma a Carlieri, di rimetterla, non vorrei fosse di già seguito. […] ………… Dalle quali parole, unite a quelle del Gherardi, possiam trarre argomento certo che il Fiorilli fosse assai più gran mimo, che grande attore. […] La rappresentazione di Scaramouche ermite data il 1667, ci dice a qual segno di libertà fosse arrivato il Teatro italiano.
Sia che il pubblico fosse pentito della propria ferocia, sia che sapesse l’affare della malattia, sia che mio padre non sapendo quella sera le norme altrui recitasse a modo suo e apparisse un attore diverso, fatto è che dopo la prima scena cominciarono gli applausi, gli applausi continuarono, e calata la tela mio padre si trovò fra le braccia di Ernesto, che era felice quanto lui, perchè Ernesto Rossi era buono. […] In questa rivalità certo mio padre in quel tempo avrebbe trovato molti ostacoli se tra Ernesto Rossi e Gattinelli non si fosse manifestata una incompatibilità di carattere molto favorevole per il giovane attore. […] Quel Duca D'Herrera, che noi giovani di Liceo, ricordo come fosse ora, somigliavamo nella truccatura del Rossi al Duca di Sermoneta !
Quivi fu l’estate del '59, e fece una delle solite recite, perchè fosse continuata la grande opera del Portico di S. […] Non mi par qui il caso di dover rilevare la stupida osservazione del giornalista, come se l’arte comica in Italia fosse responsabile dello sperpero dei danari, degli ori, degli argenti, e delle gemme, che un attore, favorito dalla sorte fino agli ottant’anni, fa in amori senili degni di ogni dileggio…. […] Che il Sacco fosse attore di grandissimo grido sì per le argute improvvisazioni, sì per la eleganza e rapidità dell’azione, è fuor di dubbio, chè troppi sono i testimonj e non sospetti come il Goldoni, che al Capitolo IV, T.
Lo Scipione in Cartagine dell’Abate Colomes merita un luogo distinto fra quelli del nostro tempo, ed io non avrei difficoltà di dir che fosse il primo, se alla semplicità della condotta, alla scelta e varietà nei metri, alla ricchezza lirica delle arie, e al merito di qualche scena degna di Metastasio avesse l’autore voluto congiugnere maggior rapidità nell’intreccio, più di calore nell’azione, e un più vivo contrasto negl’incidenti. […] Se fosse stato vero che Alessandro (com’egli pazzamente s’imaginava) era figliuolo di un nume, questo fatto solo m’obbligherebbe a crederlo anzi prosapia delle Furie infernali che germe di Giove. […] In primo luogo perché non da principio riflesso di virtù si suppone ivi che fosse spinto Alessandro, ma da macchinale furore eccitato in lui dai prestigi d’un musico e dalle istigazioni d’una cortigiana. […] «Non vorrei che il dramma fosse intieramente serio, perché vi vorrebbono troppe spese, né tampoco buffo del tutto, perché si confonderebbe colle opere dozzinali. […] Non vorrei nemmeno che l’argomento fosse tratto dalla storia; esso diverrebbe troppo serio, né sarebbe buono per altro che per comporre secondo le leggi di Aristotile, le quali nulla han che fare coll’opera: mi piacerebbe bensì che ci entrassero dentro dei cangiamenti di scena e delle macchine in quantità secondo il gusto de’ Francesi.
[4] Niuno crederebbe che la ricchezza appunto della nostra musica fosse quella che la rendesse meno patetica. […] Ciò serve a spiegare altresì in qual parte della musica greca fosse riposta la tanto da loro vantata qualità d’ispirar le virtù, e di correggere i vizi. […] Mille pruove di fatto mi fornirebbe la storia loro se il mio scopo fosse quello di far pompa d’erudizione121. […] Acciochè questa fosse atta a produrre ogni genere d’espressione farebbe di mestieri ch’ella potesse esprimere ogni e qualunque ritmo o durazione relativa di tempo atto a svegliare un muovimento nell’anima. […] Aristotile per il contrario pretende che fosse torbolenta e propria ad eccitar l’entusiasmo.
Io l’ho sentito negli ultimi anni della sua impresa ai Fiorentini, in quella Compagnia, nella quale faceva le sue prime armi Andrea Maggi al fianco di Don Michele Bozzo ; e si poteva benissimo da quegli splendidi resti arguire di quale inesauribile vena di comicità fosse dotato ne’più begli anni della begli anni della sua vita artistica.
Passato di Francia in Ispagna alla Corte di Filippo II, riferisce il Bartoli che non essendovi troppo bene inteso, mescolò, impratichitosi di quella lingua, alcune parole spagnuole al proprio dialetto bergamasco ; e molti ne inferirono ch’egli fosse di Bergamo, tanto più che nelle lettere facete di Cesare Rao, si trova un Lamento di Giovanni Ganassa, di lingua bergamasca ridotto nell’italiana toscana ; ma non è ben chiaro se si tratti della lingua materna di lui, o di quella, come a me par più probabile, della maschera ch’ei rappresentava.
Il carro era tirato da due pavoni tanto belli e tanto naturali, ch’io stesso non sapeva come fosse possibile, e pur gli avevo visti e fatti fare. […] Dovrebbe soltanto la pantomima aver luogo terminato che fosse il dramma, e se questo sarà troppo lugubre e tragico, il ballo che vi s’introduce potrebbe convenevolmente essere d’un genere diverso; dal che ne risulterebbero non pochi vantaggi. […] I poeti dal loro canto non potendo scuoter il giogo si vendicavano deridendolo, e tale fu al mio avviso il pensiero d’Eschilo allorché introduce nell’Eumenidi il coro delle furie che russavano ridicolamente, come tale può credersi ancora che fosse la fantasia d’Aristofane, allorché componeva i suoi cori d’uccelli, di vespe e di rane. […] Dopo aver fatto un a solo in aria affettatamente grave e posata dava un calce nel deretano al suo primo ministro, il quale lo trasmetteva ad un altro subalterno, e questi ad un terzo finché l’ultimo di tutti colpiva a imitazion del monarca col piede e col bastone un personaggio taciturno ed immobile che riceveva i colpi con una pazienza degna d’Epitteto senza scuotersi né vendicarsi con chi che fosse. […] Ciò è tanto vero, che la battaglia di Fingal collo spirito, benché rappresenti il più fiero e magnifico quadro che abbia mai prodotto l’epica poesia, diventerebbe nonostante sconcio e ridicolo trasferito che fosse alla drammatica.
Quindi s’immaginarono un Dio, il quale giacendo in umida grotta, e incoronato d’alga, e di giunchi da un’urna di cristallo versasse le acque, e una Napea ascosa dentro alla scorza degli alberi, che il nutritivo umor sospingendo verso l’estremità, fosse la cagion prossima della loro verzura e freschezza, e parimenti un Apollo si finsero, il quale, avendo la fronte cinta de’ raggi, guidasse colle briglie d’oro in mano il carro luminoso del giorno. […] [19] Cotali difficoltà fecero sì che il popolo, non vedendo alcuna relazione tra la favella ordinaria e la musicale, stimò che quest’ultima fosse un linguaggio illusorio, che poco avesse del naturale, destinato unicamente a piacere ai sensi. […] E basta esaminar i pezzi di musica corica, ovvero a più voci, che ne rimangono de’ cinquecentisti per veder quanto allor fosse imbarazzata e difficile pei vizi mentovati di sopra nemici della energia musicale, e contrari al fine di quella facoltà divina. […] Perciò gl’inventori s’avvisarono di slontanare il più che si potesse l’azione dalle circostanze dello spettatore, affinchè minor motivo vi fosse di ritrovarlo inverosimile.
Quest’operetta, assai bene immaginata e meglio condotta, ha per base l’amicizia che il papa e l’artista si eran giurata, e sopratutto la promessa di scriversi o di vedersi ogni due anni, qualunque fosse il loro destino. […] Dalla quale sconfinata bontà anche si volle dedurre, e credo calunniosamente, ch’egli fosse marito compiacente a segno da tollerar certo intrigo di Madama Carlin con l’Ambasciatore d’Olanda. […] Scapino vorrebbe portarlo in qualche luogo ove fosse sicuro ; ma s’imbatte nuovamente in Pantalone, il quale va a consegnarlo colle sue mani ad Arlecchino. […] Arlecchino che ha trovato il figlio di Celio nelle mani di un contadino, ha creduto che fosse il suo, e s’avanza accarezzandolo.
r Duca a comandarmi più tosto che io mi rimanghi di recitare, che il riunirmi con loro. le cagioni sono tante, e tali, che mi uergogno di fargliene riassunto, non che minuto. e mi creda per quella riuerenza che si deue, e ch’io osseruo al Serenissimo padrone : che se mio marito non fosse in’atto all’armi per la infermità della podagra, che sarebbe stato necessitato a perderci la uita, o farla perder ad’altrui ; poi che il loro fine, e stato d’oltraggiarmi nella riputazione, e danneggiarmi nell’utile ; e giornalmente con termini insofferibili, non cessano di prouocare l’altrui incredibile pacienza : e massime doppo che hanno riceute le lettere di V.
Abbiam veduto nell’ articolo precedente, com’ egli nel '600 fosse, se non il direttore della Compagnia che andò a Parigi, per lo meno il conduttore o amministratore….
Egli é vero che quelle voci potrebbero far sospettare alquanto, che la tragedia fosse stata tutta, come ora l’opera drammatica, dal principio fino al fine posta in musica; ma potriano con interpretazione forse più fondata aver due altri significati, in ciascun de’ quali sparisce ogn’idea di opera. […] Questa commedia poi, quantunque stata fosse dall’autore all’età di trent’anni ritoccata e divolgata come sua, e dedicata al marchese di Ferrara Leonello d’Este, uno de’ più dotti principi della sua età e de’ più splendidi mecenati della letteratura, fu da Aldo Manuzio il giovane pubblicata nel 1588 sotto il nome di Lepido comico poeta antico. […] «La rappresentazione de Menecmi (dice il Tiraboschi) o fosse per la novità della cosa, o per la magnificenza dello spettacolo, riscosse l’ammirazione di tutta l’Italia.»
) se davvero figurasse in quella Compagnia più tosto questo che quel comico, e se davvero ne fosse capo lo Scala, non essendovi di ciò prove di sorta. […] Ma d’altronde : come dubitare ch'ei fosse coi Gelosi al fianco d’Isabella Andreini, per la quale avea composto gli Scenarj che la misero più in voga, come La fortunata Isabella, La gelosa Isabella, La pazzia di Isabella, di cui era una parte principale egli medesimo ? […] Il Valeri (Un Palcoscenico del seicento, Roma, 1893) dall’errore del Quadrio e dall’essere stato il Cecchini valentissimo allievo dello Scala, trae la probabile ipotesi che la Cecchini fosse una figlia del maestro maritata allo scolare.
Millet, ed a credere che Cecilio ben due volte nominato nel passo del biografo fosse stato l’ascoltatore dell’Andria. […] Ed ei non sa chi fosse Il genitor della fanciulla? […] Lo cercate da me, come se a voi Non fosse noto. […] Non fosse noto. […] Non fosse noto.
Nel secolo XVI quella nazione avea una milizia la meglio disciplinata di tutta l’Europa, alla quale se si fosse rassomigliata l’odierna di Mustafà, il trionfarne avrebbe costato assai più al general Romanzow che ne ha riportata sì compiuta vittoria sotto gli auspici dell’immortal genio di Caterina II.
Non è a dirsi quanto la infanzia dell’egregia artista fosse fortunosa e travagliosa !
Massimo Trojano, quando appunto la commedia italiana pareva metter per opera di questi tre, intelligentissimi, radici solide e profonde nella Corte (si vuole che lo Scolari fosse uno Zanni perfetto), spirito bizzarro, irrequieto, indipendente, rimproverato da un collega in Landshut, il violinista italiano Battista Romano a cui doveva danaro, per la sua vita oziosa e sregolata, tócco nell’orgoglio, appostò un giorno l’odiato nemico, e lo freddò con un colpo di fucile.
S. et per queste parole fu datto ordine espresso che fosse carcerato.
Pianse, urlò, mise la contrada sossopra, e fece entrare una sentinella nel casino, come se trattato si fosse d’un omicidio.
Dal '25 si passa a una lettera del '35, in cui dopo di avere accennato a un nuovo sputo di sangue avuto il '29 a Padova, racconta come la passata quaresima (1734) tornando da Roma fosse caduto con tutto il calesse in mezzo a un fiume, e avesse dovuto restar due giorni in una casa di contadini per asciugarsi, dalla quale partì a cavallo, essendo il calesse infranto, con vento e neve così terribili, che credette morirsi per via.
Il Muratori da tai parole pretende ricavare che l’organo fosse molto tempo avanti conosciuto in Italia 20, e il Cavalier Tiraboschi coll’Abate Bettinelli strascinato da sì gran nome pronunzia anch’egli la medesima cosa. […] Si tiene anche per sicuro comunemente ch’ei fosse il primo a ritrovare la gamma, ovvero sia quella tavola, o scala, sulla quale s’impara a dar il lor nome, e a intuonar con giustezza i gradi della ottava per le sei note di musica “ut, re, mi, fa, sol, la” seguitando le diverse combinazioni in cui esse note possono collocarsi: ciò che s’appella propriamente solfeggiare; ma per testimonianza del medesimo Guido un siffatto metodo era stato di già inventato a’ suoi tempi26. […] Ivi si tosavano i capegli e si radeva la barba al prete che più si fosse distinto nella festa. […] Un Francese dottore in teologia giunse a sostenere in una pubblica tesi che la surriferita festa era non meno grata al nostro Signore di quello che fosse alla Madonna la festa della sua Concezione. […] [19] Un’altra si rappresentò in Milano, dove compariscono in iscena Annibale, San Giorgio e Gedeone, altercando insieme per sapere chi fosse il più bravo fra di loro.
O fosse che la riflession gli portasse a così interessante scoperta, o si lasciassero essi condurre da quell’intimo sentimento del bello che genera il gusto e che vien generato dall’istinto, o nascesse ciò dalla perpetua e inalterabile oscillazione, per cui le facoltà appartenenti alla immaginazione, e alla sensibilità passano dal pessimo stato al mediocre, e dal mediocre all’ottimo per ricader di bel nuovo nel pessimo; certo è che il cuore riacquistò i suoi diritti, che dai sensi gli erano stati ritolti, e che la musica da un puro accozzamento di suoni divenne un’arte imitativa capace di esprimere tutte le passioni e di rappresentare tutti gli oggetti. […] Egli insomma portò la melodia teatrale al maggior grado di eccellenza a cui sia stata finora portata, e se non ci fosse stato da troppo immatura morte rapito87 la quale gli proibì di potersi correggere di alcuni difetti annessi al genio ci avrebbe forse fatto vedere, che se la musica moderna non produce i maravigliosi effetti dell’antica, ciò non proviene dall’esser ella incapace di produrli, ma da mancanza delle nostre legislazioni, che non sanno convenevolmente applicarla. […] Il Rousseau, che fa menzione di lui nel suo Dizionario, dice in pruova della sua abilità: «che egli saliva e discendeva in un fiato solo due piene ottave con un trillo continuo, marcando tutti i gradi cromatici con tanta giustezza di voce, benché senz’accompagnamento, che se l’orchestra suonava all’improvviso quella nota dove ei si trovava, fosse bemolle, o fosse diesis, si sentiva al momento una conformità d’accordo che faceva stupir gli uditori» 89. […] [24] Se non che non si dee credere che il buon gusto musicale quale è stato finora descritto, fosse così universale quanto a prima vista apparisce. […] Pergolesi ha delle cose molto triviali, i principi di Jummella non furono conformi alla eccellenza cui giunse dappoi, Tartini pagò tributo al suo secolo infettando le sue prime sonate con quello stile di labirinto, in Corelli non tutte le opere uguagliano la quinta, né la melodia dell’immortal Farinelli fu la stessa nella età sua virile, che fosse stata nella sua giovinezza.
Ed in fatti la vivacità delle descrizioni de’ caratteri, e la maestria del pennello ne’ quadri de’ costumi, non permetteranno che tal libro perisca, e la gioventù potrebbe apprendervi a temere le funeste conseguenze degli amori illeciti, se il dolce veleno di questi non fosse dipinto con soverchia espressione e con tal naturalezza, che può renderlo anzi pernicioso che istruttivo. […] Io veggo però un altro possibile incomparabilmente più comune e naturale, cioè che il Nasarre ignorasse o dissimulasse la barbarie della penisola verso il principio del XVI secolo (alla quale non mai si derogherà nè per tre nè per quattro scrittori che altri potesse citare) e spacciasse un fatto passato solo dentro del suo cervello, cioè che ne fosse sbucciato un autore spagnuolo che usando nelle insipide sue commedie un latino barbaro ed un pessimo italiano, calato fosse ad insegnare a scrivere commedie a i maestri de’ Nebrissensi e de’ Barbosi, agl’Italiani, che, come osserva l’autore di questa eccellente storia teatrale, già possedevano le comiche produzioni de’ Trissini, degli Ariosti, de’ Machiavelli, de’ Bentivogli? […] In somma ha questa favola tali e tanti difetti, che mi parve di un altro autore, ancor quando ignorava che la prima fosse una semplice copia o traduzione, malgrado dell’uniformità che si scorge nello stile e nella versificazione di entrambe. Contuttociò il signor Linguet avrebbe ben potuto ravvisare almeno nella prima (fosse copia ovvero originale) una tragedia spagnuola, e la sorgente della Inès di m. […] Non può assicurarsi, che las cortes de la muerte fosse un auto sacramentale; perchè nella penisola di Spagna vi sono stati auti che furono rappresentazioni drammatiche senza essere allusive al Sacramento dell’Eucaristia, e ne abbiamo le pruove nelle già riferite del portoghese Gil Vicente; nè poi traile figure del carro de’ commedianti alcuna se ne mentova che a tal sacramento possa riferirsi. 2.
Anche la Cecaria e Luminaria di Autonio Epicuro può aversi in conto di una specie di pastorale, benchè di pastori non trattasse, e dall’autore fosse nominata tragicommedia. […] Monsignor Fontanini nel suo Aminta difeso crede che la prima edizione fosse quella del 1583 di Aldo, che fu la quarta a. […] L’esgesuita Saverio Bettinelli celebre poeta del secolo XVIII errò ancora nel credere che quella cena del 1529 fosse stata data da don Garcia essendo vicerè della Sicilia. […] La lingua castigliana riuscirà sempre più della francese nel trasportare le poesie italiane, perchè oltre all’essere assai ricca, ed al possedere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della francese, e credo che ne avrebbe ancora più, se più conosciuto e secondato si fosse dalla propria nazione nel disegno di arricchire, ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo, e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.
Riccoboni, che avea tradotto anche Tito Manlio tragedia del La Fosse, mostrò tra’ primi in Parigi colle sue giudiziose commedie che la scena comica italiana non si pasce di pure arlecchinate. […] Il celebre conte San Vitale primo tra’ uguali nel consesso vuole che non sia pregiudicato l’autore: il rispettabile marchese Prospero Manara stima che se ne informi il Real Infante: l’eruditissimo conte Rezzonico della Torre s’incarica d’istruirnelo; l’autore parte da Parma colla speranza almeno che sia la sua commedia per esser letta e giudicata come se non fosse stampata. […] = fu spedita al concorso dell’ anno passato, prima che uscisse alle stampe, quantunque per una strana combinazion d’accidenti non fosse poi esaminata; non ha creduto potersi dispensare dal farne la dovuta rappresentanza all’augusto Real Mecenate; il quale derogando al tempo e a qualunque contraria legge o costumanza si è degnato permetterne, anzi ordinarne l’ intempestivo scrutinio. […] Il Romano Antonio Canevari, architetto di Carlo III di memoria immortale, avendo veduto quest’edificio al di fuori, non voleva credere che fosse un teatro; e poicchè vi fu entrato, disse che questa sola opera bastava alla gloria del Vaccar o, avendo saputo rendere possibile l’ impossibile.
[5] Cade non per tanto da se medesima l’asserzione della massima parte degli scrittori francesi, i quali dicono che l’epoca delle prime poesie composte nella loro lingua volgare (comprendendo sotto questo nome anche la provenzale quantunque fosse differente dalla francese) debba fissarsi sul fine del secolo duodecimo. […] Però se un qualche Pindaro si fosse presentato nella piazza di Firenze col disegno di voler conciliare fra loro con un’oda i guelfi e i ghibellini, o se un Orfeo fosse venuto colla lira in mano in mezzo agli abitatori della moderna Roma per richiamare al loro spirito le spente idee di libertà e di gloria, il primo avrebbe fatta la figura di cantambanco o di giullare da piazza, e il secondo avrebbe corso rischio d’esser di nuovo messo a morte, ma non dalle baccanti. […] Siena ebbe la congrega de’ Rozzi, utile quanto fosse altra mai a’ progressi del teatro italiano non men che alla musica per gl’intermezzi di canto e di suono, che si frapponevano alle loro farse o commedie. […] Che da molte nazioni fosse conosciuto l’uso della rima non può negarsi se non da chi voglia negare che il sole è sull’orizzonte nel mezzo giorno. […] Il qual compendiatore ho buone ragioni di credere, che fosse il celebre Monsignor Giovanni Caramuel.
Siffatta usanza era incompatibile colle mutazioni della scena, e vi voleva appunto tutta la corruzione del gusto di que’ tempi per non riflettere che o cangiandosi la scena, rimaneva lo stesso coro stabile, e allora diveniva un assurdo, o si cangiava anche il coro insiem colla scena, e allora bisognava stiracchiar l’orditura del dramma acciò che vi fosse infine d’ogni atto una situazione la quale rendesse necessaria, o almen verosimile, l’esistenza del coro. […] Alcuni scrittori pretendono che quest’autore fosse il primo a volgere di tristo in lieto il fine della favola, ma il vero si è che l’usanza di finir lietamente i drammi è tanto antica in Italia quanto il dramma stesso. […] Il marchese Scipione Maffei nella Ninfa fida fece vedere che i talenti per la poesia tragica sono diversi dai talenti per la poesia musicale, imperocché niun crederebbe che l’autore di quella pastorale scritta senza interesse, senza dolcezza di stile e senza spirito teatrale fosse lo stesso che avea composto la bellissima Merope.
Riscosse molti encomii il di lui dramma intitolato Catena di Adone composto espressamente per una contesa insorta fra due cavalieri di gran riguardo Giovanni Giorgio Aldobrandini e Giovanni Domenico Lupi, per due famose cantatrici, ad oggetto di decidersi qual delle due fosse la più eccellente per soavità di voce e per arte di cantare. […] Egli desiderava che vi si fosse mentovata l’ inumana usanza, malgrado delle leggi introdotta, di mutilare i giovanetti cantori, investigando in qual tempo fossero stati ammessi sulle scene . […] Eranvi dunque in Grecia nel XII secolo musici castrati ma dal non trovarsene poscia fatta menzione può argomentarsi che fosse cessata si bella usanza di assottigliar la voce per l’ordine de’ cantori.
Prima di accennar qual fosse lo stato degli spettacoli scenici del secolo XVII in Alemagna, si vuol mentovare qualche sacra tragedia latina di alcun letterato di nome sparsa quà e là oltre le Alpi e i Pirenei.
Prima di accennar qual fosse lo stato degli spettacoli scenici del secolo XVII in Alemagna, si vuol notare qualche sacra tragedia latina di alcuni celebri letterati sparsa qua e la oltre le Alpi e i Pirenei.
E vuolsi che il mediocre successo fosse dovuto alla figura colossale dell’artista, che mal s’addiceva all’impercettibile teatrino della Commedia italiana.
Or mascherato fingevasi un Personaggio, or senza maschera altro ne rappresentava ; e nelle sue favole non introduceva visibilmente Donna alcuna, e neppure da femmina egli vestivasi, ma solo dentro la scena voleva, che la voce della Donna fosse sentita.
Degne di certo interesse a chi fosse dotato di molta pazienza, sono alcune poesie nelle quali egli dà la spiegazione dell’oroscopo.
Ciò si vede eziandio dal costume introdotto in que’ tempi assai frequente nelle carte musicali che ne rimangono, di nominar solamente il musico senza far menzion del poeta, come s’egli neppur fosse stato al mondo. […] Chi volesse sapere più alla distesa a quali strani ghiribizzi si conducessero in que’ tempi i musici vegga il libro XXII della dottissima benché prolissa opera di Pietro Cerone intitolata Maestro y Melopeo scritta in linguaggio spagnuolo quantunque l’autore fosse bergamasco. […] Non è vero che tutto fosse recitativo nel melodramma italiano avanti al Ciccognini. Non è vero ch’ei fosse il primo a inserirvi le anacreontiche stanze. […] L’Anfiparnaso venne poi in tal dimenticanza presso agl’Italiani che Appostolo Zeno, comecché in tal genere d’erudizione fosse versatissimo, confessa in una sua lettera al Muratori d’ignorarne persin l’esistenza. né il Muratori ebbe altra notizia che quella che ricavò dalla mentovata iscrizione.
L’Heregia dels Preyres è il titolo rimastoci di uno de’ dialoghi del Faidits, che si vuole che fosse una commedia da lui recitata in Italia stando al servizio del marchese Bonifacio da Monferrato. […] E benchè fosse conosciuto per istraniere, fu introdotto alla presenza del re, e cantò molti versi, e poscia esaminato il campo formò un piano di assalto, col quale tagliò a pezzi il nemico esercito. […] Ma sulle riferite parole non può assicurarsi che fosse rappresentazione animata dalle parole. […] Pretese il Bumaldi che Fabrizio da Bologna nel 1250 componesse volgari tragedie, ma ciò affermò, perchè nel libro di Dante della Volgare Eloquenza Fabrizio è chiamato poeta di stile tragico , la qual cosa, come ognun sa, in Dante significa stile sublime, nè indica che fosse autore di tragediea. […] Ma è questo appunto il fare di certi apologisti di ultima moda, combattere l’evidenza che gli molesta, con l’autorità di un nome solo, fosse poi anche quello, non che dell’erudito sig.
Non è già che sotto gl’ imperadori de’ tre primi secoli cessato fosse il gusto degli spettacoli scenici in Roma ed altrove. […] In Tebe di Egitto vuolsi che fosse un teatro, e che di là avesse Pilade tratte alcune novità che introdusse nell’arte pantomimica. […] Certo è però che il primo io non sono a dubitarne; e il dotto Scipione Maffei194 più cose (dice) alquanto difficultano il crederlo (del secolo XII) e tanto più, se ciò si fosse arguito dal solo carattere del codice, che è congettura molto fallace. […] Roubo nel trattato De la Construction des Théâtres impresso in Parigi nel 1777; e si vuole che fosse rappresentata in un teatrino privato costrutto in casa del medesimo Ausonio.
A questo avvertimento si aggiungono le note per le sinfonie e i mutamenti di scena a vista che dànno un’idea ben chiara di quanto l’Andreini fosse padrone degli effetti teatrali. […] Quanto alla recitazione, ammettiam pure dal contesto del lavoro e delle note stesse che vi fosse alcun che di convenzionale a declamazioni e a passi in cadenza ; ma io non sono alieno dal credere che tale specie di recitazione musicale dovesse assai più convenire al lavoro che una recitazione parlata ; quanto alla musica, il nome del Monteverdi è tale da non far dubitare del valore di essa ; e quanto all’allestimento scenico, si può esser certi come nulla vi avesse di esagerato nelle scene indicate dall’Andreini, le quali saranno state sfarzosamente e con ogni fedeltà eseguite. […] Basti prendere la scena della Florinda (pag. 121) o della Veneziana (pag. 123) di esso Andreini, o tutte le scene inventate e disegnate dal Callot sia pe ’l Solimano del Bonarelli, sia per altro (pagg. 131, 137) ; basti dare un’occhiata al libro dell’ Arte rappresentativa del Perrucci, o al quarto dialogo del De Somi, nel quale appunto, si tratta delle conditioni de gl’aparati et scene di tutte le sorti, et de gl’ ordini et diuersità de gl’ intermedij, per farsi un’idea ben chiara di quel che fosse l’allestimento scenico a’tempi dell’Andreini. […] Che che ne fosse, Giovanni Battista Andreini era un uomo di spirito e di lettere ; e sono d’ avviso che s’ egli avesse vissuto cinquant’ anni prima avrebbe calcata la strada degli altri, ed avremmo di lui qualche buona commedia ; ma egli era autore e comico : quindi non poteva scrivere che come gli autori del suo tempo scrivevano, e come lo consigliava il suo interesse. » Anche qui, come si vede chiaro, c’ è un po’ l’ odore di codino.
Qual dramma fosse stato cantato in quello del 1304 nol lasciarono scritto i mentovati storici. […] Tanto più che gl’inventori della poesia armonica introdussero in questa una nuova simmetria (ed è quella delle rime), procurando che l’ultimo tuono acuto de’ loro versi o fosse solo, o seguito da uno, o da due altri gravi, avesse le modificazioni medesime, vale a dire fosse composto delle medesime lettere in più versi. […] Io non vo’ negare che più dignitoso riuscirebbe il melodramma, se tutto in essi fosse recitativo, come furono tutti i melodrammi fino a’ primi anni del diciassettesimo secolo. […] Altri ha voluto64 che fosse un compendio del dramma. […] E se fosse stato anche più parco nelle repliche delle parole e nell’uso dagli stromenti, avrebbe fatta una musica teatrale totalmente secondo il mio cuore.
Flavio ho havuta, che se non fosse la sincerità della mia coscienza che mi accerta di essere innocente di quanto mi viene apposto non solo non ardirei di scriverli, ma confuso nel mio mancamento cercherei con la forza del merito di altri impetrare da V. […] A., essendo che non metterei in carta cosa che non fosse vera.
Enea si accosta a lei, perché almeno si esplori se dentro al cavallo vi fosse qualche agguato dei Greci.
Che se per le colpe de’ Cristiani la Provvidenza avesse loro duplicate le forze della mano e del senno, se da’ loro acquisti sorta fosse, invece di varj piccioli dominj una sola potente Monarchia, o al più due, forse il loro Regno durerebbe tranquillo e rispettato, e forse ad esempio di altre colte nazioni, cangerebbero oggetti, così riguardo alla Filosofia, rigettando la Peripatetica, come alla Poesia rifiutando i frivoli giuochetti meccanici della loro versificazione, e camminerebbero sulle tracce di Galileo e Newton, di Virgilio e di Omero, in cerca della Natura; e chi sa che non ne nascesse un Euripide Moro?
Io per me, a quanto cotesti sentenziar potessero intorno a’ drammi, preferirei sempre, e senza tema di fallare, l’unanime sentimento di un popolo che non fosse del tutto incolto, o nella crisi di una febbre passeggiera.
Madre di due pittori di grido, è assai probabile ch’ella fosse da uno di essi serbata ai posteri in una immagine che ne offerisse i tratti caratteristici, e soprattutto togliesse ogni dubbio sulla maggiore o minor sua bellezza, sulla quale i pareri furon diversi, come abbiam visto nell’anonimo critico tedesco, e come vediamo in Carlo Goldoni, che chiama la Zanetta (Mem.
Battista Costantini) furon da lui venduti ai varj librai di Parigi in ragione di trentadue soldi l’uno, dopo di averne bruciati due o tre fogli, e di aver fatto credere che tutta l’edizione ne fosse stata distrutta.
Il Mascherpa insomma serbò uniti il maggior tempo che potè i suoi scritturati, convinto che principal forza di una Compagnia fosse nell’ affiatamento.
Così, e assai bene, il mio Ugo De Amicis comincia uno studio sull’ arte della Reiter nell’interpretazione della prima : Credo che se Sardou fosse un autore italiano il pubblico direbbe ch'egli ha scritto la Madame Sans-Gêne per la signora Reiter, ch'egli ha svolto così largamente il carattere di Caterina perchè l’illustre attrice, presentandosi nei diversi aspetti di questo personaggio storico, potesse in una sola parte spiegare tutte le sue doti ; e credo che chiunque avesse letta la commedia prima di vederla rappresentata e avesse voluto distribuire idealmente i ruoli, avrebbe scritto a fianco del nome della protagonista : Virginia Reiter.
D’ altronde il giudizioso Sofocle avrebbe esposto agli occhi de’ Greci una inverisimilitudine sì manifesta, se il fatto non fosse sembrato comportabile per qualche circostanza allora nota ed oggi involta nel l’oscurità di tanti secoli, o se avesse creduto far cosa contraria al pensare de’ suoi compatriotti? […] Se tale fosse il sentimento di Laerzio, verrebbe contraddetto dalle favole che ci rimangono di questi due tragici. […] Ma quì non ardirei affermare di essersi cambiato il luogo, potendo nel vasto teatro greco ben concepirsi un luogo stabilmente composto di diversi membri, tra’ quali uno vene fosse fuor di mano nè da altri prima frequentato, ma pur visibile in tutta l’azione agli spettatori.
Egli a un bisogno le avrebbe trovate ancora nelle antiche Venazioni, ne’ Bovicidj, e, se non fosse Spagnuolo, le troverebbe nelle Feste de’ Tori sì care alla Nazione. […] Ma una tal mostruosità e qualche altra ancora, che ve ne fosse, può fare giustamente affermare esser questo il gusto Scenico nazionale in Italia? […] Tutto questo, non so perchè (certamente per qualche motivo apologetico), è dispiaciuto all’Apologista, il quale nè anche so con qual connessione d’idee vi si oppone con dire: “Non è possibile, che in quella Corte l’amore fosse tutto Platonico”. […] Basta dunque, perchè si sostenga l’osservazione del Signorelli, che l’amore delicato, passione inusitata sulle scene Greche, potè avere in Francia buono accoglimento per le disposizioni degli animi ad ascoltarlo; nè perciò vi era bisogno, che fosse ugualmente purificato in quella Corte.
A tale proposito avvertirò che non mancano vari esempli di vane acutezze anche in questo poeta, benché ne fosse più parco di Pietro suo fratello. […] Quasi che la figliuola di Jezabel fosse diversa da Atalia. […] Però molto ragionevolmente fu censurato lo Speroni che la frequentò nella Canace, né il Trissino è del tutto scusabile, benché in ciò fosse più parco e più guardingo. […] Se ciò solo fosse vero le persone di più chiaro intendimento non sarebbon capaci in simili incontri d’alcuna meraviglia, e però il carattere di Tazio non sarebbe per esse riuscito secondo il fine del poeta. […] Nello stesso 1738 il Salìo da parte sua si diceva convinto che il Paragone fosse stato scritto da uno svizzero o da un tragediografo italiano di scarsa fama.
Ma da una banda il maggior numero di coloro che hanno professata quest’arte l’han considerata non altramenti che s’ella fosse una cosa di puro istinto e d’abitudine, ned hanno rivolto l’ingegno loro se non se a considerare la sua parte grammaticale, di cui ci esposero soltanto gli elementi; dall’altra poi i filosofi a niente badarono fuorché alle varie combinazioni de’ suoni fra loro, cioè a dire alla sua parte scientifica. […] La grandezza e dignità dello spondeo, che Platone voleva che fosse consecrato ai canti religiosi, m’ha tornato in mente la sinfonia preliminare, e l’accompagnamento dei bassi del Juravit Dominus di Lalande, e l’apertura del suo Exurgat Deus, composizioni alla cui maestosa e sublime semplicità non potrebbero arrivare giammai li più studiati raffinamenti. […] L’anno 1751, alcuni musici ottennero dal re il permesso di formare un’Accademia di musica a Parigi, ma per quanto dilettosa ella si fosse, non essendo né diatonica, né cromatica, ned enarmonica, ma piuttosto un intreccio confuso di questi tre generi194, e ciò ch’è più, discorrendo questa per diversi modi in uno stesso soggetto, il presidente Dudrac e tali altri membri del Parlamento deputati all’esame di simile novità la riprovarono e la bandirono con particolare decreto. […] [9] Il maggior numero dei dotti che hanno penetrato più addentro in questa parte della musica, vuol concordemente che fosse sconosciuta agli antichi. […] E di fatti dolevami non poco che simil disegno non fosse stato conceputo da qualche uomo rispettabile per l’autorità sua nella repubblica delle lettere, o delle arti, e portava invidia alla pittura, per aver meritato che voi le consecraste le vostre fatiche e le cognizioni vostre.
É verseggiata in ottava-rima; ma é tragedia composta con arte e giudizio, qual si conveniva a que’ tempi luminosi; e non so donde si abbia ricavato il compilator del parnasso spagnuolo la rara scoverta che la tragedia del Carretto fosse stata una spezie di Dialogo allegorico153. […] Costui prima del 1735 non conobbe cosa veruna del teatro italiano, e ne avrebbe ignorato per sempre ancora quelle scarse mal digerite notizie che ne reca, se non si fosse immerso nel laborioso studio del Mercurio di Francia; e pur volle affibbiarsi, come dicesi, la giornea, e giudicare e condannare il Torrismondo. […] Ma la lingua castigliana é ricchissima, e ha non pochi giri ed espressioni simili a quelle dell’italiana, e non manca di qualche sorta di linguaggio poetico; e n’avrebbe ancor più, se fosse stato dalla propria nazione più conosciuto, e fecondato nel disegno d’arricchire e nobilitar la poesia castigliana, l’andaluzzo Herrera, buon poeta e felice imitator del Petrarca. Occupa (dice Apostolo Zeno) tra le più stimate pastorali il terzo luogo la Filli di Sciro del conte Guidubaldo Bonarelli che rapportiamo qui, benché fosse impressa ne’ primi anni del secolo seguente 1607 in Ferrara. […] Freron ne’ suoi giornali, quegli che per esser piccolo di statura, di cuore e di mente, venne da cotesto ingegnoso e acerrimo critico francese lepidamente chiamato le Poète Lilliputien, le Bébé de la Littérature, le garçon des Philosophes: «Avendo detto lo scrittore francese della vita di Regnard, che questo celebre commediografo avea letto e imitato i comici italiani, Monzù de la Harpe, autore di certi drammi, Warwik, Pharamond, Timoleon, Gustave, Melanie, e di alcuni altri opuscoli in prosa e in verso, produzioni tutte che non poterono sornotare un momento nell’onde di Lete, hassi creduto che la gloria del suo ingegnoso compatriota Regnard fosse stata compromessa con tale asserzione, e perciò ne ha sentito un sì vivo dolore che nel Mercurio di Francia di questo mese di marzo 1772, parlando delle commedie di Regnard, scocca colla solita sua prosuntuosa tracotanza contro l’italica nazione a lui tanto ignota, quanto la cinese, quella stravagante e bestial sentenza: «On peut remarquer que les Français, nation beaucoup plus réfléchissante que les Italiens et les Grecs (risum teneatis) sont les seuls qui aient établi la haute comédie sur une base de philosophie morale.
Il solo Roscio, che meritò l’ammirazione di tutta Roma e l’amicizia di Cicerone, benché fosse a tutti gli artisti superiore, bastò a farci comprendere quanto fosse l’arte sua conosciuta ed apprezzata universalmente. […] se palese mai Fosse tal fiamma ad uom vivente! […] E siccome il tipo dell’arte quello migliora della natura, niuno eroe ci hanno presentato gli artisti, che non fosse di una forma autorevole. […] Ed io non convengo con quelli, che pur sono molti, i quali, non avendo ben concepito il vero tipo della declamazione tragica, hanno creduto ch’ella fosse presso i francesi ordinariamente caricata ed assurda. […] Lo stesso Alfieri, per quanto si fosse lusingato di osservar questa legge, si vide pur suo malgrado necessitato a violarla.
Per convincersene vie più, si può riflettere che nel paragone di Eschilo ed Euripide fatto nelle Rane si discusse il loro merito intorno alla poesia e alla musica, ma niun motto fecesi del ballo; la qual cosa non si sarebbe omessa, se il ballo fosse stato il principale oggetto de’ greci drammi. […] Primieramente o egli ha voluto dire una cosa, e ne ha detto un’altra, o quel di nuovo sarà errore di stampa; altrimente introdurre di nuovo fa supporre che in altro tempo vi fosse stata in Grecia la commedia moderata prima dell’antica,il che dalla storia non appare.
Ed in fatti la vivacità delle descrizioni de’ caratteri, e la maestria del pennello ne’ quadri de’ costumi, non permetteranno che tal libro perisca, e la gioventù potrebbe apprendervi a temere le funeste conseguenze degli amori illeciti, se il dolce veleno di questi non fosse dipinto con maggior espressione e naturalezza del salutare antidoto dell’ammaestramento. […] Ma niuno indizio si ha che nel corso del XV secolo quelle farse spirituali avessero tolto per argomento l’Eucaristia, ed il titolo di atti sacramentali; imperciochè se ciò fosse avvenuto, il Nasarre tutto dedito ad avvilire il merito teatrale di Lope e di Calderon, non avrebbe tralasciato di notarlo. […] In somma ha questa favola tali e tanti difetti, che mi parve di un altro autore, ancor quando ignorava che la prima fosse una semplice copia e traduzione, malgrado dell’uniformità che si scorge nello stile e nella verisificazione di entrambe. […] Linguet avrebbe ben potuto ravvisare almeno nella prima (fosse copia o originale) una tragedia Spagnuola, e la sorgente della Inès di M. […] Non può assicurarsi che las cortes de la muerte fosse un auto sacramentale; perchè nella penisola di Spagna vi sono stati auti che furono rappresentazioni drammatiche senza essere allusive al sacramento dell’Eucaristia; nè poi tralle figure del carro de’ commedianti se ne mentova alcuna che a ciò possa riferirsi.
Così tutti san chi fu la Polvaro, la Bettini, la Cazzola, la Tessero, e chi è la Ristori, la Pezzana, la Duse, la Campi ; pochi assai chi fosse l’Angiolini o Pezzana, la Minardi, la Brizzi, la Guidone, e chi sia la Capranica, la Checchi, la Gualtieri, la Piatti.
La Pezzana scossa, come se fosse stata realmente colpita, ebbe una esplosione di collera, di passione e di lacrime vere, che trascinò il pubblico all’ entusiasmo.
E, fosse pur di Zanni, com’è a supporre, lo rappresentava col suo nome di casa o con un nome di teatro ?
I filosofi paghi di signoreggiare fra le altissime teorie del mondo delle astrazioni appena si degnano di scendere all’esame di alcune quistioni, dallo scioglimento delle quali risulta la perfezione delle arti di gusto: come se l’innocente e sicuro diletto che può ritrarsi da esse, sia un troppo picciolo frutto per l’uomo, la di cui vita è sì breve, e i piaceri sì scarsi, ocome se fosse un miglior uso de’ propri talenti, l’applicarli all’investigazione di certi oggetti, i quali la natura ha bastevolmente mostrato di non voler che si cerchino, o togliendoci affatto la possibilità di conoscerli, o rendendoci inutile la cognizione di essi dopo che si sono saputi. […] Io lontano dall’acconsentire al suo parere porto anzi opinione che ciò sia un pregio grandissimo, e maggiore ancor lo sarebbe se la declamazione poetica potesse nel canto intieramente trasfondersi cosicché la poesia fosse dalla musica inseparabile, come avvenne alla lingua greca nel suo principio. […] [17] Se fosse mio avviso il diffondermi su questa materia, molto ancora rimarrebbe adirsi intorno agli altri pregi dell’italiana favella, della evidenza delle sue frasi imitative, delle quali si trovano esempi maravigliosi negl’autori, della ricchezza determini cagionata dal gran numero di dialetti, che sono concorsi a formarla, della sua varietà nata appunto dalla ricchezza e moltiplicità delle sue forme, dell’abbondanza d’augmentativi e di diminutivi, che la rendono opportuna quelli per lo stile ditirambico, questi per l’anacreontico, e della pieghevolezza che in lei nasce dal concorso di queste e d’altre cause. […] Le donne inoltre, dalle quali ogni civile socievolezza dipende, avendo per cagioni che non sono di questo luogo acquistata una influenza su i moderni costumi che mai non ebbero appresso gli antichi, giovarono al medesimo fine eziandio ora per l’agio, e morbidezza di vivere, che ispira il loro commercio, onde s’addolcì la guerresca ferocia di que’ secoli barbari: ora per l’innato piacere che le trasporta verso gli oggetti che parlano alla immaginazione ed al cuore: ora per lo studio di molte posto nelle belle lettere, e nelle arti più gentili, dal che nacque il desiderio d’imitarle ne’ letterati avidi di procacciarsi con questo mezzo la loro grazia, o la loro protezione, massimamente nel Cinquecento, secolo illustre quanto fosse altro mai per le donne italiane: ora per le fiamme che svegliano esse nei petti degli uomini, onde questi rivolgonsi poi a cantare la bellezza, e gli amori, piegando alla soavità lo stile, e la poesia.
Diedero allora qualche passo nella poesia tragica La Fosse, Riouperoux, e La Grange-Chancel. […] La Fosse ne ravvivò il languore, e pieno com’era della lettura degli antichi Greci e Latini fe rappresentare ed imprimere nel 1696 Polissena sua prima tragedia applaudita e ripetuta, e non per tanto censurata con poco fondamento, contando anni quarantatre di sua età. […] Al contrario se il poeta spagnuolo non ebbe contezza della Marianna italiana del Dolce prodotta cento anni prima, è assai più verisimile che egli anzi tolto avesse quest’argomento da’ Francesi, e che si fosse approfittato o della Marianne di Hardy, rappresentata in Parigi nel 1610, o di quella di Tristan, che fece recitare e stampare la sua prima della favola del Calderòn.
Se mi fosse lecita una comparazione, direi che Ernesto Rossi, romantico per eccellenza, fu nell’arte dell’attore quel che fu Vittore Hugo nell’arte dello scrittore : ebbe forza e bellezza grandissime, ma, più volte, di seicento. […] Da qual parte fosse maggior lealtà di combattimento non saprei dire ; forse uguale in entrambi ; ma il Peracchi uscì di compagnia l’anno veniente, e il Rossi vi fu riconfermato per un triennio, assoluto e solo, con cento lire di aumento pel primo anno, e 1400 e una mezza serata per ciascheduno degli altri due, più un regalo di lire mille per una sol volta.
Tutto questo passare per quasi quarant’anni da un ruolo all’altro, da una compagnia all’altra con vertiginosa rapidità, specie ne'primi tempi, dice chiaro quanta fosse la duttilità del suo ingegno, la sua dedizione intera, incondizionata all’arte, pur di fare ; e senza aspirazioni, pur di far bene, a toccar cime elevate, alle quali egli si trovò direi quasi senza saperlo, per una conseguenza logica del suo gran merito. […] La sua tempra d’artista e il modo di comprendere e di estrinsecare l’obbiettivo e l’ideale artistico, erano in lui già così nettamente fissati, che no avrebber potuto mutare a un tratto, e a quella età, sotto l’influenza d’un’altra arte, per grande ch'ella si fosse.
Sulle tracce poi del l’Ifigenia in Tauri del medesimo tragico Greco compose il Rucellai un’ altra tragedia intitolata Oreste, dalla quale (se allora si fosse pubblicata) sarebbe rimasta oscurata la Rosmunda. […] L’autore sostenne per essa una gran contesa con varii letterati; e sebbene egli si fosse gagliardemente difeso, volle riformarla e toglierne fralle altre cose le rime e i versi di cinque sillabe, ed all’ombra da prima introdotta nel prologo sostituire il personaggio di Venere. […] Non si unirebbe in un solo se il titolo di essa fosse l’Orazio? […] E quando pure ciò fosse, per qual capriccio volle negarle a’ tempi del governo feodale, e della cavalleria notabili appunto pel vigoroso fermento delle perturbazioni più robuste? […] Imposi (ella dice) a Simandio che dicesse A Nino ch’egli omai fosse disposto A meco unirsi in matrimonio, e ch’oggi Voglio che insiem celebriam le nozze, E che a questo non sia risposta o scusa.
Pare accertato fosse capocomico e schiavone.
Sfogliando le sue lezioni di declamazione, guardando a quelle odiose figurine che le illustrano, pensando a quelle repliche immediate di narrazioni, e il tutto comparando al giudizio che ne dà il Righetti nel secondo volume del suo Teatro Italiano, e che qui riferisco, c’ è da credere che il Morrocchesi fosse un grandissimo artista di maniera.
Ne traggo alcuni per dar l’idea di che cosa fosse diventata la maschera di Brighella Cavicchio di Val Brembana, disceso dalla parte alta di Bergamo, furbo, ladro, raggiratore, rivale in amore di Arlecchino, intrigante, mezzano di matrimonj.
Meritò la di lui Polissena, che da Pietro di Calepio si preferisse nel confronto a quella del La Fosse pel piano meglio ragionato, pel costume più convenevole, e per l’arte di muovere la compassione. […] Tutto potrebbe passare, s’ella non fosse Penelope, se non fosse madre. […] se fosse ver ! […] Io direi ancora che i rimorsi di Timoleone non gli disconvengono, nè sono orribili a segno di mostrare che si fosse deturpato del più nefando delitto. […] Se ella allora con impeto da forsennata gettata si fosse avanti del padre, confessato avesse l’iniquo suo ardore, e punito in se stessa l’eccesso decretato dal fato, chi non l’avrebbe compianta ?
Oh Dio, se fosse ver..! […] Non è meno oziosa l’altra domanda, se sia vero che Gerbino morì in mare, perchè o nulla ne sa chi non era con lui, o nulla ne dirà chi fosse compagno di Gerbino. […] sa che quando Gerbino fosse un altro, il re lascerebbe impunito chi gli ha trucidate due schiere di soldati? […] Un legato fuori della scena che fosse così grossolano e puerile ne’ suoi raggiri, si manifesterebbe più atto alla zappa che a’ maneggi di stato. […] Ad ottenere un continuato concorso altro non manca al teatro di san Ferdinando se non che fosse collocato men lontano dagli altri teatri e dal centro della città e dalle vicinanze della Reggia.
Certo è però che il primo io non sono a dubitarne; e il dotto Scipione Maffeia, più cose , dice, alquanto difficultano il crederlo (del secolo XII) e tanto più se ciò si fosse arguito dal solo carattere del codice, che è congettura molto fallace. […] Roubo nel trattato de la Construction des Theatres impresso in Parigi nel 1777, quando noi pubblicammo la prima nostra Storia de’ Teatri in un sol volume; e si pretende che fosse stata rappresentata in un teatrine privato costrutto in casa del medesimo Ausonio.
III, XXI) – quanto egli fosse capace di sostenere i più sublimi caratteri e di esprimere le più veementi passioni. » Grande nella parte di Macmut nella trilogia Goldoniana La sposa persiana, Ircana in Iulfa e Ircana in Ispaan, fu grandissimo in quelle del Sacerdote ne' Baccanali e del Padre nell’Elena e Gerardo di Pindemonte. […] Ma è da credersi, che la frase a lui detta, se pure fu detta, quando salì sul palco, dopo ascoltato il Saul :« no g' avè rispeto gnanca de vostro pare » ebbe più un tuono di amorosa compiacenza, che di sciocco risentimento ; dacchè pare irrefragabilmente provato da chi lo avvicinò, che egli fosse d’indole buona e avesse un amore sviscerato per la famiglia (sposò il 1801 la valorosa attrice Luigia Bernaroli (V.), vedova Lancetti, da cui ebbe due figliuoli) ; e che la serenità dell’uomo e la coscienza dell’artista non mai venissero meno in lui, mostrandosi in ognun de'casi (o attore stipendiato, o socio, o capocomico solo), direttore eccellente e galantuomo rarissimo.
Monsignor Fontanini nel suo Aminta Difeso crede che la prima edizione fosse quella del 1583 d’Aldo, che fu la quarta132. […] Bettinelli errò ancora nel credere che questa cena del 1529 fosse stata data da Don Garzia essendo Vicerè di Sicilia. […] La lingua Castigliana riuscirà sempre più della Francese nel trasportare le poesie Italiane; perchè, oltre all’ essere assai ricca, ed all’avere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della Francese; e credo che n’avrebbe ancora in maggior copia, se più fosse stato pregiato e conosciuto e secondato dalla propria nazione nel disegno di arricchire ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.
Gli altri anni indi trascorsi ci apprestano nuovi materiali, e le posteriori mie osservazioni su ciò che narrai intorno all’epoche precedenti, mi suggeriscono nuovi, e, se io dritto estimo, non inutili miglioramenti, che vi rimetterò come vi accingerete a pubblicarne di mano in mano i sei volumi che lo compongono, trattando in guisa il vostro affare, che meglio far non mi saprei, se fosse unicamente mio.
A leggere tutti i sei volumi del Teatro di Evaristo Gherardi, ci si fa un’idea ben chiara di quel che fosse di amabile diavoleria il personaggio di Colombina nella Commedia italiana a Parigi.
S. mi gioua anche il credere che lei sia per superare ogni mal officio che fosse fatto contro la sua liberacione si che, e per la promessa fatta, et per la speranza ch’ io hò nella sua bontà ; ma più per l’Amor di Dio V.
Parve che la natura si fosse divertita a raccogliere in lui solo tutte le grandi qualità fisiche e intellettuali occorrenti a formare un grande artista.
Il rimprovero dello strafare fu mosso dalla critica inguantata, come s’è visto, anche a Luigi Vestri, il quale, artista eminentissimo, di una verità, e soprattutto di una semplicità sbalorditiva, pare fosse tuttavia conoscitore profondo di tutte le risorse del mestiere, alle quali, per acconciarsi alle esigenze di certi pubblici, ricorreva talora, non saprei dire se volentieri o a malincuore.
Aristotile però nella Poetica ci dice, che i Megaresi di Sicilia pretesero che Epicarmo fosse stato l’inventore della commedia regolare e che di non poco spazio preceduto fosse a Connida e a Magnete. […] Una donna lo rimprovera per questa nuova follìa; ma egli senza darle retta pronunzia alcuni versi tragici come se veramente fosse Elena. […] A quest’ultima cosa Bacco aggiugne che in fatti egli avea un’ intera notte vegliato, per sapere che mai fosse un Equigallo. […] Non v’è giustizia, dice il Torto; che se vi fosse, Giove che ha legato il padre, sarebbe stato punito. […] Essi domandavano, chi fosse quel Socrate?
Si direbbe che qualcheduna delle arie che si sentono accompagnate in simil guisa fosse un azzuffamento di due eserciti nemici in un campo di battaglia. […] Lo spettatore non può a meno di non riconoscere l’inganno, sentendo il cantante che rallenta all’improviso il corso della passione, che sospende e tronca il pendio naturale del periodo per dar luogo agli strumenti; dovechè il sano giudizio vorrebbe che il passaggio dal recitativo all’aria fosse naturalissimo e pressoché insensibile. […] Ognun crederebbe che il povero galantuomo uscito fosse di senno. […] E come se l’uditore non gli avesse intesi abbastanza, o si parlasse il linguaggio degli ottentoti, di cui la musica ne fosse il dizionario, bisogna che l’attore gliel’inculchi di nuovo ripigliando coll’ordin medesimo le parole. […] Se realmente non fosse di lui, io sono pronto a disdirmi.
Che poi sieno state composte avanti che l’Etruria fosse soggettata a’ romani, siccome pre pretenderebbe dare a credere il Dempstero nel libro III cap. 35 dell’Etruria Regale, é cosa incerta che non apparisce dal passo di Varrone; e l’avveduto e sagace abbate Tiraboschi oppone saviamente, che ancor sotto il dominio romano potevano gli Etruschi poetare nella loro lingua materna. […] Quantunque per la legge del dittator Publilio Filone la repubblica fosse stata dichiarata libera popolare, il popolo romano esercitava la somma potestà legislatrice quando ne’ comizi tributi, quando ne’ centuriati, e quando per bocca dell’intero senato. […] Ma coloro che leggeranno con riflessione quelle sei, ch’é compose in Roma sì delicatamente, stenteranno a credere che avesse potuto scrivere commedie a centinaia, senza supporre che fosse vissuto fino all’ultima vecchiaia in grecia, e che non si fosse curato di tornare in Roma, ove le sue fatiche erano sì ben premiate ed onorate. […] Sotto Augusto, il quale pur anche incominciò un Aiace, Ovidio fece una Medea, Quinto Varo, o Vario compose una eccellentissima tragedia intitolata il Tieste, che alcuni sospettarono, fosse veramente opera di Cassio Parmigiano86, e Aristio Fusco scrisse commedie togate. […] IV, V, XI) Il Tatari con maggior probabilità pretende, ch’ella fosse nelle vicinanze della città di Taranto, e che dalle ruine di essa sorgesse la terra delle grottaglie.
Ella in vece di lui trova in iscena Ataulfo, e vedendolo per le spalle gli parla come se fosse Sigerico, e gli rivela con molte parole tutti i suoi disegni. […] Solo vi ho sempre desiderato che la richiesta del Moro fosse preparata con più arte. […] È sicura in oltre che la salute della patria dipenda da Giugurta ancorchè fosse solo? […] Ma niuno de’ citati cronisti ci dice che Alfonso VIII vi fosse andato con gli altri. […] Sarebbe a desiderare che vi si fosse anche attenuto in certi passi.
Una donna lo rimprovera per questa nuova follia; ma egli senza darle retta pronunzia alcuni versi tragici come se veramente fosse Elena. […] A quest’ultima cosa Bacco aggingne che in fatti egli aveva un’intera notte vegliato, per sapere che mai fosse un Equigalto. […] Se ti fosse scritta una pena di cinque talenti, in che modo la scancelleresti? […] Non v’è giustizia, dice il Torto; che se vi fosse Giove che ha legato il padre, sarebbe stato punito. […] Essi domandavano chi fosse quel Socrate?
ann. 1473), tra’ sacerdoti pochi intendevano il latino, «pauci latine scirent, ventri gaulae servientes»; e se pur anche non gli fosse stato ignoto tutto ciò che col’autorità di vari scrittori narra il P. […] Non si ricordò che Bernardino Daniello fece imprimer la sua poetica nel 1536, cioé 26 anni prima che fosse conceputo Lope de Vega?
Fu questo poi vietato con un Senatoconsulto; ma sembra che il divieto fosse andato indi in disuso, trovandosi appresso trasgredito. […] Pisone il quale fu in procinto di essere acclamato imperadore e sostituito a Nerone, se la congiura di tanti illustri Romani non si fosse scoperta, soleva esercitarsi a rappresentar tragedieb.
Fu questo poi vietato con un Senatoconsulto; ma sembra che il divieto fosse andato in disuso, trovandosi appresso trasgredito. […] Pisone, il quale fu in procinto di essere acclamato imperadore e sostituito a Nerone, se la congiura di tanti illustri Romani non si fosse scoperta, soleva esercitarsi a rappresentar tragedie137.
Il Bevilacqua molto saviamente suppone che la cagione di tal mutamento di nome fosse tutta nel non aver voluto palesare quello vero della famiglia, per un pregiudizio, non interamente scomparso nemmeno oggi…. […] E se insieme con lor fosse Pompeo, fra i Greci Achille, & il suo figlio Pirro, ancor di Troja Ettòr quel Semideo. […] Chi pensi tu che fosse quell’altro che diè la vittoria a’Greci contro i Trojani, ammazzando di sua propria mano quasi tutti i figliuoli di Priamo, & in particolare il sforzatissimo Ettorre ? […] Per mostrare quello ch’era, o che avrebbe dovuto essere il Capitano, mi piace riportar qui le parole di Pier Maria Cecchini, altro comico valoroso di quel tempo : e così man mano andrò facendo citando a ogni suo luogo quelle altre parole concernenti altri tipi di commedia ; parole che dànno più che mai l’idea di quel che fosse a que’ tempi la scena italiana. […] Io ho udito in Pariggi stando a mensa con alcuni (non so s’ io dica strauaganti, o bestiali humori) auuezzi però alle più rabbiose guerre di Europa : Io con tanti cavalli, in tanti giorni, mi darebbe l’animo di prender il Castel di Milano, & poi passarne per Italia, debellare, distruggere, fare, dire ; & perchè uno de’suoi camerata manco furioso li disse ciò non poter essere, costui saltò di tauola, & con un senso rabbioso disse : hor hora ve lo vo a far vedere ; & così veloce partì, che se non mi fosse stato detto, ch’ egli era andato a dormire io gli voleuo raccomandar certe cose, ch’io ho in Ferrara : orsù, vno di quest’ huomini si può rappresentare, su le scene, & lasciar per gli hospitali quelli, che con un salto vanno all’ Impirio a cena con Giove.
I frammenti che se ne conservanoa, ci fanno desiderare che il tempo avesse distrutta l’Ottavia attribuita a Seneca, purchè ci fosse pervenuta la nomata tragedia di Ennio detta Scipione. […] Adunque col consenso di costui il denaro è consegnato a un altro servo additatogli come fosse Saurea. […] Tutto il mondo volea che il mio vicino Fosse d’Atene anzi di vita indegno, Per aver sovvertito e messo al fondo Il giovane Lesbonico. […] II, sc. 2) fa che Palestrione Greco lo chiami Poeta Barbaro , cioè non Greco ma Latino, la qual cosa non avrebbe potuto dire senza sconcio, se nato Nevio fosse nella Magna Grecia. […] Il luogo presso Taranto designato per Rudia si vuole che fosse la terra delle Grottaglie.
Direi, che meno di altri critici e precettori di poetica si fosse allontanato dalla mente di Cesare il prelodato signor Marmontel, il quale pose la forza comica ne’ gran tratti che sviluppano i caratteri, e vanno a cercare il vizio sino al fondo dell’anima ; se l’arte di cogliere questi grandi tratti fosse mancata a Terenzio. […] Pure se ciò fosse, di grazia potrebbe tale studio essere necessaria e vicina cagione di languidezza? […] Passa indi a discolparsi, se ad alcuno paresse esservi cosa men che onesta, benchè egli non creda che vi sia; ma quando pur vi fosse, dice, sarà in modo che queste donne potranno senza arrossire ascoltarla . […] Questo motto non riuscirebbe grazioso e vivace, se per la passata commedia non fosse nota la novella di Nicia. […] Egli era stato sorpreso dal bargello con una scala di seta sotto la di lei casa, e per salvarne la fama si era accusato di aver voluto andare a rubare in quella casa, tuttochè gentiluomo e ricco egli fosse.
Fosse a caso la mia descrizione condita di motti satirici, d’ironie pungenti, di dileggi, che indichino una depravazione di gusto?
Che sieno però state composte prima che l’Etruria fosse soggiogata da’ Romani, siccome pretenderebbe dare a credere Dempsteroa, è cosa incerta, nè apparisce dal passo di Varrone.
A dare una chiara idea di quel che fosse la Compagnia del Bellotti, ecco come furon distribuiti I Mariti di A.
Se ciò potesse non essere, se Edoardo Ferravilla fosse corporalmente immortale, i Massinelli, il Pànera, il Pastizza, e gli altri personaggi da lui generati, troverebbero il lor posto accanto ai Don Abbondj e alle Perpetue.
Messa nel collegio delle Orsoline di Verona, si vuole che fosse trovata in estasi dinanzi a una statua di sant’Orsola, alla quale recitava certe sue filastrocche.
Sembra poi da una lettera di certo Capello dell’ 8 dicembre al Duca di Modena, che fra le casse di Florindo ne fosse una di Finocchio, data in errore, e che non gli era possibile recuperare, perchè andata in mano d’altri.
Quando io fui grande mi sembrava che lei fosse mia figlia, ed è perciò che credo d’averla amata il doppio.
Anche la spezzatura della versificazione se non fosse quasi continua contribuirebbe molto a variare il numero e l’armonia. […] L’anima bella Osservato l’inditto Silenzio non si dolse; Con un gemito sol rispose all’empio Fremer del padre, e i moribondi lumi In lui rivolti, ed osservato quale Il sacerdote inaspettato fosse, Colla tenera man coprissi ’l volto Per non vederlo, e giacque. […] Quindi a ragione disse de i di lui talenti drammatici e dello stile Pier Jacopo Martelli: Se l’autore avesse ornato un pò meno, e si fosse alquanto astenuto da certe figure solamente a lirico convenienti, avrebbe dato che fare a’ Franzesi; ma usando un libero verso senza rima pensò che languito avria senza frase; per sollevarlo dalla viltà lo sviò dalla naturalezza, e diede in nojosa lunghezza, fiaccando il vigor degli affetti per altro vivissimi.
Or chi gli terrà dietro, fosse anche un Lope? […] Ma egli non vide, che se non si fosse trattato di azioni principali, il Montiano impropriamente avrebbe usato il termine di duplicità. […] Potrebbe il Lampillas dire che fosse tale nella Tragedia del Cueva?
Or quì il Signor Lampillas che de’ fatti fa poco conto, e si attiene alle amate sue congetture, dice così: “E vorrà il Signorelli darci ad intendere, che in quei tempi fosse sì delicato il gusto degl’Italiani avvezzi alle più ridicole arlecchinate, che dovessero schifare le nostre Commedie per la mancanza di regolarità?” […] Gran merito, se fosse vero! […] Almeno questa indecenza fosse compensata dall’artificio, e dalle comiche bellezze, come si vede in Aristofane.
Anche la spezzatura’ della versificazione se non fosse quasi continua, contribuirebbe molto a variare il numero e l’armonia. […] L’anima bella Osservato l’inditto Silenzio non si dolse; Con un gemito sol rispose all’empio Fremer del padre, e i moribondi lumi In lui rivolti, ed osservato quale Il sacerdote inaspettato fosse, Colla tenera man coprissi il volto Per non vederlo, e giacque. […] Quindi a ragione disse Pier Jacopo Martelli de i talenti drammatici e dello stile del Testi: Se l’autore avesse ornato un pò meno, e si fosse alquanto astenuto da certe figure solamente a lirico convenienti, avrebbe dato che fare a’ Franzesi; ma usando un libero verso senza rima pensò che languito avria senza frase; per sollevarlo dalla viltà lo sviò dalla naturalezza, e diede in nojosa lunghezza, fiaccando il vigor degli affetti per altro vivissimi.
L’Heregia dels Preyres è il titolo rimastoci di uno de’ dialoghi del Faidits, che si vuole che fosse una commedia da lui recitata in Italia stando al servigio del Marchese Bonifazio da Monferrato. […] Ma sulle riferite parole non può assicurarsi che fosse rappresentazione animata dalle parole. […] Ma è questo appunto il fare degli apologisti d’ultima moda, combattere l’evidenza che gli molesta, con un solo nome, fosse poi anche quello, non che dell’eccellente Denina, di un Sherlok, purchè dica male dell’Italia.
Quasi ella fosse ancor rozza e nell’infanzia, non si rifina di volerla tuttavia abbellire con nuovi ornamenti, d’immaginare nuovi arabeschi musicali, nuovi arzigogoli; e quasi fossimo nella infanzia noi medesimi, mutiamo a ogni momento pensieri e voglie rigettando noi oggi e quasi abborrendo quello di cui avevamo ieri tanta fantasia. […] Imperciocché se tacessero i trilli, dove parlano le passioni, e la musica fosse scritta come si conviene, non vi sarebbe maggior disconvenienza che uno morisse cantando, che recitando dei versi.
Avvegnaché la prima Accademia scientifica dei segreti della natura fosse stata formata in Napoli nel secolo XVI (come afferma il dotto abate Gimma nella sua Italia letterata pag. 479) dal chiarissimo Giambatista la Porta, fertile ed elevato Ingegno, pregio della scienze, e dell’arti liberali, onore d’Italia, non che del regno, pure fassene qui menzione, perché parecchi membri di essa col lor capo vissero nel XVII, e furono aggregati nell’Accademia de’ Lincei istituita in Roma l’anno 1603 dallo scienziato principe Federigo Cesi Duca d’Acquasparta, il quale «con raro immortale esempio», secondo che ci dice il signor abate Amaduzzi nel Discorso filosofico sul fine ed utilità dell’Accademie, «la sua casa e le sue sostanze per essa consecrò, e di museo, di biblioteca, e d’orto botanico generosamente la arricchì».
Aristotile però nella Poetica ci dice che i Megaresi di Sicilia pretesero che Epicarmo fosse stato l’inventore della commedia regolare, e che di non poco spazio preceduto avesse Connida e Magnete.
Bello e consolante esempio se non fosse così raro.
Bello e consolante esempio se non fosse così raro.
Sebbene il Beretta fosse già stato scritturato dal Duca, pare che non raggiungesse subito la compagnia, come avrebber desiderato i comici, e specialmente il Truffaldino Palma, che si raccomanda sul proposito a un ministro del Duca con la lettera seguente, tratta dagli Archivi de’ Gonzaga, e come l’altre gentilmente comunicatami dall’ egregio cav.
….. in voi è tanta l’abilità e l’eccellenza nell’arte, che non avete bisogno d’esser protetta : ….. state dunque certa che io godo della vostra gloria come se fosse cosa mia, e mi piace che abbiate nell’arte quel primo seggio che tenete nel mio core, e nei miei pensieri.
Quanto ai meriti personali e ai modi graziosi, il Campardon riferisce, colla scorta del Grimm, come l’inglese Tommaso Hales, chiamato comunemente d’Hèle in Francia, ove si fece conoscere come autore drammatico e fece rappresentare alla Comedia Italiana Le jugement de Midas, L'Amant jaloux, e Les événements imprevus, opere tutt’e tre musicate dal Grétry, si fosse pazzamente invaghito della Bianchi, a segno da morirne il 27 dicembre 1780, non avendo potuto indurla a rimanere a Parigi.
La tragedia è verseggiata in ottava rima ed ha qualche debolezza e varj difetti, ma non è però indegna di esser chiamata tragedia; nè so donde si ricavasse il compilatore del Parnasso Spagnuolo la rara scoverta che questa Sofonisba fosse stata una spezie di dialogo allegorico 82. […] Sulle tracce poi dell’Ifigenia in Tauri del medesimo tragico Greco compose l’altra sua tragedia intitolata Oreste, dalla quale (se allora si fosse pubblicata) sarebbe rimasta oscurata la Rosmunda. […] L’autore sostenne per essa una gran contesa con varj letterati; e sebbene si fosse gagliardamente difeso, volle riformarla e toglierne fralle altre cose le rime e i versi di cinque sillabe, ed all’ombra da prima introdotta nel prologo sostituire il personaggio di Venere. […] Non si unirebbe in un solo se il titolo di essa fosse l’ Orazio? […] E quando pure ciò fosse, per qual capriccio volle negarle a’ tempi del governo feudale e della cavalleria notabili appunto pel vigoroso fermento delle perturbazioni più robuste?
Direi che meno di altri critici e precettori di poetica si fosse allontanato dalla mente di Cesare il prelodato Sig. Marmontel, il quale pone la forza comica ne’ gran tratti che sviluppano i caratteri, e vanno a cercare il vizio sino al fondo dell’anima, se l’arte di cogliere questi gran tratti fosse mancata a Terenzio. […] Passa indi a discolparsi, se ad alcuno paresse esservi cosa men che onesta, benchè egli non creda che vi sia; ma quando pur vi fosse, sarà in modo detta, che queste donne potranno senza arrossire ascoltarla. […] Questo motto non riuscirebbe grazioso e vivace, se per la passata commedia non fosse nota la novella di Nicia. […] Egli era stato sorpreso dal bargello con una scala di seta sotto la di lei casa, e per salvarne la fama, si era accusato di aver voluto andare a rubare in quella casa, tuttochè gentiluomo e ricco egli fosse.
Ma che non nascesse nella Grecia d’oltramare, può dedursi dall’osservare che Salinatore di cui egli era schiavo, non militò se non contro gl’ Italiani e i Cartaginesi; e che appartenesse ai Greci delle Calabrie si argomenta con molta probabilità dall’essere stata questa la Grecia vinta in guerra e soggiogata da’ Romani pochi lustri prima che Andronico vi fosse condotto schiavo. Nè dubbiamente l’indica il citato Suetonio, sì perchè se egli fosse nato nella vera Grecia, impropriamente l’avrebbe lo Storico chiamato Semigreco, sì perchè così lo nominò, come abbiam detto, insieme con Ennio, il quale senza controversia nacque tra’ Greci del regno di Napoli. […] I frammenti che se ne conservano ancora49, ci fanno desiderare che il tempo avesse distrutta l’Ottavia attribuita a Seneca, purchè ci fosse pervenuta la tragedia di Ennio detta Scipione. […] Adunque col consenso di costui il danajo è consegnato a un altro servo additatogli come fosse Saurea. […] Tutto il mondo volea che il mio vicino Fosse d’Atene anzi di vita indegno, Per aver sovvertito e messo al fondo Il giovane Lesbonico.
[Intro.5] Protesta finalmente l’autore che quantunque non sappia aver detto cosa di cui la nostra santa religione possa offendersi, pure, se qualche parola gli fosse sfuggita delle usate per chi compone, intende di conservare sino alla morte sentimenti indubitati di vero cattolico. […] [1.98ED] Già vi era la metà a ciò destinata e così era meglio correr dovunque correvasi acciocché il silenzio non fosse parso in te invidia là dove non l’era, né poteva esserlo mai. […] [4.52ED] Tu rideresti adunque, ma non riderebbe già un cortigiano che mai letti versi non avesse, ma d’esquisita prosa espertissimo fosse, purché la donzella leggesse col punteggiamento dovuto alla distinzione de’ sentimenti; e solamente giudicheria delle frasi un po’ baldanzose e rilevate che quella prosa (e pur saria verso) non fosse candida e moderata di stile. […] [5.206ED] Io pure era di questa opinione allora che abbozzai la mia Poetica o fosse perché credei troppo al mio diletto Agatone, che tutto ciò ch’ei voleva mi dava a intendere; o fosse che, siccome esaltai tanto il suo dramma, volessi celebrare lui non epico ma solamente drammatico, coll’antepor la tragedia alla epopeia, malizia alla quale non sono arrivati i vostri interpreti, benché consapevoli, mercé del Fior d’Agatone lodato, di quell’affetto che a lui mi legava. [5.207ED] Ma se il mio libro compiuto Della tragedia, ch’io scrissi, fosse all’età vostra arrivato, avreste veduto mutata affatto una sì ingiusta sentenza. […] costasse: ‘constasse, fosse noto’.
L’imperadore se ne sdegnò, parendogli cosa di mal esempio, e comandò che l’autore ne fosse gastigato, ma egli ebbe tempo di fuggir via; e nel 1552 morì in Lausana170.
V’ ha chi pone in dubbio che il Cotta fosse l’autore dell’atto primo della Celestina.
Dice Goldoni : Questa commedia ebbe un bastante incontro, quantunque fosse fatta per averne uno maggiore ; ma Madama Bresciani, che di sua natura era capricciosa un poco ancor essa, credette di vedersi ella stessa rappresentata, e l’umor suo cattivo indeboli la buona riuscita della commedia.
A lui fu per tal modo concesso dai padovani di erigere un teatro in legno, presso il Caffè Pedrocchi, detto allora Teatro Duse, di cui metto qui la riproduzione dell’interessantissimo sipario, il quale, oltre al comprender Luigi Duse nel suo costume, e gli altri di famiglia, l’Alceste sopr’a tutti, in quello de’personaggi nella Figlia del reggimento, dà anche una idea ben chiara di quel che fosse codesto teatro popolare, composto di tutta una famiglia, che viveva patriarcalmente, come non si potrebbe dire, e nella più perfetta delle armonie.
No, perdio, che non mi dimentico che siete la regina congiunta in matrimonio col fratello del vostro primo marito; e al ciel piacesse che così non fosse. […] Ciò fatto e chiuso di nuovo il plico, lo ripose nel sito medesimo onde tratto l’avea, senza che il cambio si fosse conosciuto. […] Notate come il sangue di Cesare lo seguiva (cioè seguiva il maledetto acciajo di Bruto) come sforzandosi di uscire per sapere, se fosse possibile, che questo era Bruto.
Se la Spagna fosse stata da qualche Apologista animata a conservare l’antica inazione per i fondi commerciali, l’Agricoltura e le Manifatture, vi si vedrebbero ora tanti oggetti di stupore, e tanti motivi d’immortali applausi per il glorioso MONARCA che oggi la felicita? […] Si vuole, che Cadice nel tempo sopraccennato fosse stata fondata da’ Fenici Commercianti; si dice poi, che i Fenici venuti in Ispagna furono alcuni Cananei fuggiti dall’usurpatore Giosuè, poveri, raminghi, miserabili, secondo l’Iscrizione di una Colonna trovata in Tanger.
Il che non impedì ch’ella fosse grande in ogni carattere. […] Di scena in scena l’entusiasmo aumenta, circolano mormorii discreti, coi quali si propaga l’ammirazione collettiva, e l’atmosfera della sala è creata, la battaglia è vinta, ahi troppo presto pei miei gusti battaglieri, in tempo appunto perchè la bellezza di questa sala fosse completa e pura.
Anzi Plauto, nella sua commedia Miles gloriosus at. 2, sc. 2, fa che Palestrione greco personaggio lo chiami poeta barbaro, cioè non greco, ma latino, la qual cosa non avrebbe potuto dire senza sconcio, se Nevio nato fosse nella Magna Grecia.
Stimò il Negri che la Procri fosse parto di Ferrante Gonzaga; ma da’ registri delle lettere dell’Archivio segreto di Guastalla si rileva che si compose da Cesare.
Enrico Belli-Blanes non fu mai ciarlatano ; aborrì da ogni mezzo che non fosse legittimamente artistico per ottenere un successo.
La sola bella avventura della sua travagliatissima vita, in cui pare fosse guidato da un genio malefico.
Nella tragedia di Serse si desidera ancora, che vi fosse meglio osservato il decoro e l’uguaglianza de’ caratteri. […] Dopo questi soprallodati autori comici M. de la Chaussée, nato in Parigi nel 1691, e morto nel 1754, ha maneggiato un genere di commedia tenera nel pregiudizio alla moda, qual genere, se si fosse contenuto ne’ giusti limiti, sarebbe a’ giorni nostri senza giustizia proscritto dal giudizioso abate Sabatier de Castres nel suo Dizionario di Letteratura tom. […] Chi fosse vago di sapere quasi tutti i plagi commessi dal signor di Voltaire, dovrebbe dare una scorsa agli Anni letterari del di lui fiero antagonista M.
[6.5] A far sì che in un teatro, per grande ch’ei fosse, vi si potesse, ciò non ostante, comodamente udire, hanno ancora avvisato taluni che molto vi facesse la figura interna di esso teatro.
ADDIZIONE VI** Chi fosse Tirso Ymareta.
Agamennone nella scena quinta domanda a Taltibio, se abbia eseguiti i suoi ordini, quando pur co’ suoi occhi vede in quel luogo Briseida ed Achille; ed il servo, contro l’indole de’ Taltibii, disubbidiente dice che gli ha enunciati, ma non è passato oltre per compassione, e canta un’ aria al suo re di un tronco che cede alla forza, ma mostra colla resistenza il proprio dolore , sentenza che quando non fosse falsa, impertinente, ed inutile per la musica, sarebbe sempre insipidamente lirica e metafisica.
Quel Superiore era Teologo, ma non era addottrinato nelle scaltritezze mondane ; e cosi quei benedetti Dottori che hanno detto contro le Commedie, Dio sa se mai avevano veduto Commedie ; o se pur, ne videro alcuna che non fosse qualche Farsa, o qualche Zannata oscena, e che la stimassero Commedia : poichè vi è taluno che dice Commedia alle bagattelle che fanno i bambocci de’ Ciarlatani.
L’ Emanuel, a mio credere, ha trovato la via per la quale, nell’interesse dell’arte drammatica, sarebbe stato a desiderare che si fosse posto prima di ora.
Prima io mi sforzarei d’ hauer comedia che mi satisfacesse, con di quelle osseruationi, che dissi principalmente conuenirsi a tali poemi, e sopra tutto di bella prosa contesta, et che non fosse noiosa per molti soliloquij, o lunghi episodij, o dicerie impertinenti. per ciò ch’ io concorro nel parere di coloro, che hanno detto quella comedia esser perfetta, che leuandone una poca parte resti imperfetta. ma noua la comedia uorrei, se fosse possibile, o almeno poco nota, fuggendo più ch’ io potessi le stampate, quantunque piu belle. si per che ogni cosa noua piu piace ; et si per esser parer quasi comune, che le comedie, delle quali lo spettatore, hà notitia ; rieschino poco grate, per di molte cagioni, tra le quali, principale cred’io che sia questa : che douendo l’histrione ingegnarsi, et sforzarsi quanto piu può [come diremo] d’ingannar lo spettatore in tanto, che li paiano ueri i successi, che se gli rappresentano, sapendo l’ascoltante prima, quello che hà a dire et a fare il recitante, li par poi troppo aperta et sciocca menzogna, et la fauola perde di quel suo naturale, con che ella ha sempre da esser accompagnata, onde l’ uditore quasi schernito non solo uilipende lo spettacolo, ma disprezza anco se medesmo, che come fanciullo si sia lasciato condure, a udir, come si dice in prouerbio, la nouella de l’ oca. il che non auiene cosi delle comedie noue, per che quantunque l’huomo sappia da principio, hauer da udir cose non uere ; stando però atento alla nouita de i casi, par che ei si lasci ingannar da se medesimo a poco a poco, tanto che gl’ assembra di ueder in effetto, quei successi che se gl’ appresentano. se pero gl’ histrioni saranno bene essercitati, come gli si richiede. […] Io mi ricordo hauerne ueduti di quelli che ad una mala noua si sono impalliditi nel uiso, come se qualche gran sinistro ueramente gli fosse acaduto. […] Ne mi restarei di uestir un seruo, di ueluto, o di raso colorato, pur che l’habito del suo patrone, fosse con ricami, o con ori, cotanto sontuoso, che hauessero fra loro la debita proportione : ne mi condurei a uestire una fantesca d’ una gonellaccia sdruscita, ne un famiglio d’ un farsetto stracciato, ma anzi porrei a dosso a quella una bona Gamurra, Et a questo uno apariscente giacchetto ; accrescendo poi tanto di nobile al uestire de i lor patroni, che comportasse la leggiadria de gl’ habiti ne i serui.
Ma Elio Donato e Servio credettero che il Tieste fosse stato scritto da Virgilio, e dato alla moglie di Vario, la quale coltivava le lettere, e che di poi da costui si fosse pubblicata come propria. V’è chi sospettò che fosse opera di Cassio Severo Parmigiano, del quale parla Orazio nell’epistola ad Albio Tibullo115.
E per codesta nobiltà che con decreto di Vienna del 12 novembre 1614, firmato da Mattia e munito del sigillo imperiale, lo estolleva sopra al numero de’ Cittadini, ponendolo nella schiera de’ gentil’ huomini et pretendenti, come se di quattro Avi Paterni et Materni fosse nato nobile, e con tant’altre prerogative, tante noie ebbe a patire cagionate dalla invidia e sopr’ a tutto dalla incredulità, che risolse di pubblicar per intero il Decreto stesso, il quale si trova alla fine de’ Brevi Discorsi intorno alle Commedie. […] E donativi di ogni specie egli ebbe in ogni tempo e in ogni luogo da ogni Signore : la qual cosa sta a provare in che gran conto fosse tenuto l’artista.
Il ballo usavasi per medicina in certi mali, e si vuole che in questa sola occasione fosse stato osceno e indecente.
Il ballo usavasi per medicina in certi mali, e si vuole che in questa sola occasione fosse stato osceno e indecente.
Si dovè aspettare che il suo corpo fosse composto sotto terra, perchè al sincero dolore dell’arte si aggiungesse alta, se non sincera, la palinodìa delle rigide concittadine.
La gelosia invase il cuore del di lei marito, benchè ella fosse di condotta onestissima, e tanto lo predominò, che tentò di ucciderla ; e lo avrebbe fatto, se una combinazione non lo avesse impedito.
Se mi fosse lecito un paragone, direi che l’anima del sommo artista era un superbo corridore, passante di vittoria in vittoria, sorretto dalla man forte di un savio condottiero : la mente.
Ella trova in di lui vece Ataulfo, e vedendolo per le spalle gli parla come fosse Sigerico e gli rivela con molte parole tutti i suoi disegni. […] Solo vi ho sempre desiderato che la richiesta del Moro fosse preparata con più arte. […] Colomès con iscelta più felice in questa seconda tragedia ha data al teatro un’ Agnese non indegna degli sguardi degli eruditi, e la Spagna dovrebbe gloriarsene come la più regolare ed appassionata uscita da un suo figlio, e desiderare che fosse stata scritta in castigliano. […] Sarebbe a desiderare che vi si fosse anche attenuto in certi passi.
Il Riccoboni (che avea tradotto anche Tito Manlio tragedia del La Fosse) mostrò tra’ primi in Parigi colle sue composizioni che la scena comica Italiana non si pasce di pure arlecchinate. […] Nato in tal città il celebre avvocato Carlo Goldoni l’anno 1707, sembra che ben per tempo egli fosse tratto alla poesia, teatrale. […] Sembra che a toglier forza al falso argomento del Gozzi patrocinatore delle irregolarità, e stravaganze teatrali, uscita fosse da Bologna una nuova luce per richiamare il popolo alla buona commedia. […] La Clemenza di Tito nulla perderebbe quando anche fosse del Cinna una esatta imitazione. […] L’autore parte da Parma colla speranza almeno che sia la sua commedia per esser letta e giudicata come se non fosse stata stampata.
Ma essendo privi d’ogni principio di sana critica, senza cui non può farsi alcun progresso nella carriera del buon gusto, e stimando che il piacere del volgo fosse l’unica misura del bello, fecero invece di composizioni regolate un caos enorme, un guazzabuglio di sacro e di profano, di storico e di favoloso, di mitologia antica e di mitologia moderna, di vero e d’allegorico, di naturale e di fantastico tutto insieme raccolto a perpetua infamia dell’arte. […] I ghiribizzi della musica e della poesia si trasfusero nel canto eziandio, né poteva avvenire che la melodia fosse naturale, ove le note e le parole nulla significavano.
non gli dite mai Chi fosse il genitor. […] Ora cotal fine si distruggerebbe, se ciò che si vede, fosse in contradizione con ciò che si sente, se godendo l’orecchio della varietà successiva de’ suoni, l’occhio fosse condannato all’uniformità costante de’ medesimi oggetti, e se obbligassimo lo spettatore a sentire una musica di guerra negli appartamenti d’una fanciulla, o un’arietta d’amore in un campo di battaglia.
Ma Elio Donato e Servio credettero che il Tieste fosse atato scritto da Virgilio e dato alla moglie di Vario, la quale coltivava le lettere, e che di poi da costui si fosse come propria pubblicata, V’è chi sospettò che fosse opera di Cassio Severo Parmigiano, del quale parla Orazio nell’Epistola ad Albio Tibulloa.
Riscosse molti elogj il di lui dramma intitolato Catena di Adone composto espressamente per una contesa insorta fra due cavalieri di gran riguardo Giovanni Giorgio Aldobrandino e Giovanni Domenico Lupi intorno a due famose cantatrici, per sapere qual delle due fosse la più eccellente per soavità di voce e per arte di cantare. […] Egli desiderava che vi si fosse mentovata l’inumana usanza, malgrado delle leggi introdotta, di mutilare i giovanetti cantori, investigando in qual tempo fussero stati ammessi sulle scene. […] Eranvi dunque in Grecia nel duodecimo secolo musici castrati: ma dal non trovarsene poscia fatta menzione può argomentarsi che fosse cessata sì bella usanza di assottigliar la voce per l’ordine de’ cantori.
Notate come il sangue di Cesare lo seguiva (cioè seguiva il maledetto acciajo di Bruto) come sforzandosi di uscire, per sapere, se fosse possibile, che questo era Bruto.
Se di tutti i grandi della scena si avesser studi compagni, ci si farebbe una idea ben chiara di quel che fosse l’arte rappresentativa ne’vari periodi : ma sciaguratamente il libro del Bonazzi è unico.
Diedero allora qualche passo nella poesia tragica Riouperoux autore di un’ Ipermestra: La Fosse che della Venezia salvata di Otwai formò il suo Manlio Capitolino trasportando agli antichi Romani il fatto recente della congiura di Bedmar contro Venezia, e che compose anche una Polissena tragedia regolare: La Grange Chancel nato nel 1678 e morto nel 1758 che scrisse varie tragedie in istile trascurato e debole con viluppo romanzesco e tralle altre un Amasi rappresentato nel 1701, argomento della Merope trasportato nell’Egitto, in cui anche regna la molle galanteria28. […] Ma coloro che vedevano nel Maometto mille difetti mentre i Parigini si affollavano ad ascoltarlo, imputarongli singolarmente che fosse una pericolosa e scandalosa rappresentazione quella di uno scellerato felice e trionfante a spese della virtù disgraziata. […] Se Belloy per natura e per istudio fosse stato disposto alla tragedia, non avrebbe cercato di approfittarsi di questo tratto istorico proprio del coturno narrato da un suo nazionale?
E quando ancora tal carattere fosse stato capace di trattarli oggidì tragicamente, il critico non ha dritto di mostrar un altro cammino al poeta, se non allora che gli ha provato con principi incontrastabili ch’egli é andato errato in quello che ha scelto. […] Essa é arricchita di un racconto circostanziato della battaglia di Tarif e Rodrigo, in cui si vedono diverse vaghe imitazioni virgiliane, le quali fan desiderare che tal racconto fosse con maggior necessità attaccato all’azione della sorella di Pelagio.
Dimostrano qual si fosse la pretesa repubblica così il parlamento cassato da Cromwel con insolenza e villania, come l’altro da lui convocato, composto di suoi parziali, scelti fra ’l popolaccio nel 1653, chiamato per derisione di Barebonne, cioé osso spolpato, tra’ cui atti ridicoli e tirannici trovansi dichiarate inutili e d’istituzione pagana le scienze e l’università.
Ed in ciò converremo con lui; ma in quanto al canto ci attenghiamo all’eruditissimo Algarotti, il quale diceva giudiziosamente: Se tacessero i trilli dove parlano le passioni, e la musica fosse scritta come si conviene, non vi sarebbe maggior disconvenienza, che uno morisse cantando, che vecitando versi .
Meritò la di lui Polissena che da Pietro di Calepio si preferisse nel confronto a quella del La Fosse pel piano meglio ragionato, pel costume più conveniente, e per l’arte di muovere la compassione. […] E dove non sarebbe egli giunto con quell’anima sublime e sensibile che pur manifesta, se in vece di limitarsi a rassomigliar nelle sue azioni sacre l’elevatezza del profetico linguaggio scritturale, si fosse dedicato a tesserne altre di argomenti più atti ad eccitar la compassione e il terrore tragico, e a migliorar la sublimità di Cornelio spogliandola dalle gonfiezze, ed il patetico del Racine preservandolo dalla mollezza elegiaca? […] Ma se Dione fosse almeno ugualmente entrato in dubbio di Alcimene e di Callicrate, se si fosse assicurato di entrambi per attendere sulla congiura maggior luce dall’amico Eumene, non avrebbe egli mostrato costanza nel carattere e minorato il suo pericolo? […] Forse i caratteri equivoci di Guido, di Lanfranco ed anche di Marco, di tempo in tempo rallentano gli affetti; e un ambasciadore Genovese che viene a implorar mercè e ad intercedere a favor di Ugolino, par che lavori contro l’intento esacerbando l’animo di Nino con rimproveri e declamando quasi fosse a lui superiore.
Che se il cappello Chambergo di detta Guardia fu forse un poco più grande, ciò non vuol dire che fosse nuova invenzione e precedente soltanto a quello allacciato a tre punte venuto a coprire le teste spagnuole con Filippo V.
Se fosse quistione di scrivere per lo teatro, e non del teatro, l’uomo di gusto esser dovrebbe l’unico giudice, che se ne scegliesse, siccome quello, che avendo meglio d’ogni altro studiate le regole di piacere ad un pubblico illuminato, meglio d’ogni altro saprebbe additare que’ mezzi, che a così fatto fine conducono.
Vi pare, Signor Lampillas, che questo giudice, che si accorda col sentimento del Boileau, e diametralmente si oppone alla censura di Rapin, deciderebbe con imparzialità, se fosse Italiano?
E piacesse al cielo che fosse questa la sola ragione che sino a questi di tiene tanto lontani codesti freddi monodrammisti dal Pigmalione che pretendono imitare privi come sono d’ingegno!
Essi però ridevolmente hanno chiamati monodrammi questi componimenti scritti in prosa, benchè non favelli in essi un solo personaggio; e piacesse al cielo e fosse questa la sola cagione che tiene sino a questo dì tanto lontani questi ed altri freddi monodrammisti dal Pigmalione che cercano di copiare senza ingegno!
Confessiamo ingenuamente che ’l Cinna merita gli sguardi d’ogni gran poeta, e che la Clemenza di Tito nulla perderebbe quando anche ne fosse un’imitazione esatta222. […] Egli é nella drammatica maraviglioso, unico, incomparabile; lo dice tutta Europa, E lo direbbe ancor Affrica e ’l Mondo, s’egli fosse autore per tutte le nazioni.
Le stravaganze solo potrebbero produrre qualche diletto, qualora quest’uomo singolare non fosse freddo. […] Tralle commedie pubblicate nel corso della Repubblica Francese, e chiamate Repubblicane, si contano le Brigand par amour, Crevecoeur, e le Mariage du Capucin di Volmerange, il quale, al dir di Piniere autore della satira le Siecle, pare che fosse tutto occupato a stomacare gli ascoltatori, e a rivoltare incessantemente la natura.
La Fosse ne ravvivò il languore, e pieno com’era della lettura degli antichi Greci e Latini, nel 1696 se rappresentare ed imprimere la prima sua tragedia Polissena applaudita e ripetuta, e non per tanto censurata benchè con poco fondamento. […] L’arbitro della letteratura francese allora universalmente idolatrato ben conobbe quanto lontano si trovasse La Harpe da’ veri talenti tragici, e quanta fosse la sua arroganza prematura, e la smania magistrale che enunciava da lontano l’autore di tanti volumi precettivi di letteratura e di altre produzioni tragiche mal riuscite e di una traduzione infelice della Gerusalemme del gran Torquato. […] Se il Belloy per natura, e per istudio fosse stato disposto alla tragedia, non avrebbe cercato di approfittarsi di questo tratto istorico proprio del coturno narrato da un suo nazionale?
Trasportato dall’entusiasmo nella tragedia, colpisce con forza gli animi de’spettatori, che con pari forza gli contraccambiano applauso ; non meno vivace nella commedia, quest’attore non lascia mai di occupare, e chiamare a sè l’attenzione di chi lo guarda e l’ascolta ; e s’egli fosse talvolta più rattenuto nella violenza de’conati, lo scoppio degli affetti farebbe più impressione.
D’altronde il giudizioso Sofocle avrebbe esposto agli occhi de’ Greci una inverisimilitudine sì manifesta, se il fatto non fosse sembrato comportabile per qualche circostanza allora nota ed oggi involta nell’oscurità di tanti secoli? […] Mattei peritissimo nella Greca lingua e nel modo d’interpretarla, si fosse fatto ingannare dalla voce απιστα, quasi che Ecuba non credesse vero quel che avea sotto gli occhi. […] Se tale fosse il sentimento di Laerzio, verrebbe contraddetto dalle favole che ci rimangono di questi due tragici. […] Ma quì non ardirei affermare di essersi il luogo cambiato, potendo nel vasto teatro Greco ben concepirsi un luogo stabilmente composto di diversi membri, tra’ quali uno ve ne fosse fuor di mano nè da altri prima frequentato, ma pur visibile in tutta l’azione agli spettatori.
al buon volere fosse giunta la possa: Dante, Inf.
No, per Dio, che non mi dimentico che siete la regina congiunta in matrimonio col fratello del vostro primo marito; e al ciel piacesse che così non fosse.
Potrebbero, è vero, tali voci indicare che la tragedia tutta si fosse cantata, a somiglianza delle moderne opere in musica dal principio sino al fine.
Potrebbero, è vero, tali voci indicare che la tragedia tutta si fosse cantata, a somiglianza delle moderne opere in musica dal principio sino al fine.
Agamennone nella scena 5 domanda a Taltibio se abbia eseguiti i suoi ordini, quando pur vede Briseida ed Achille in quel luogo; ed il servo disubbidiente dice che gli ha enunciati, ma non è passato oltre per compassione, e canta un’ aria di un tronco che cede alla forza ma mostra colla resistenza il proprio dolore, sentenza che quando non fosse falsa, impertinente ed inutile per la musica, sarebbe sempre insipidamente lirica e metafisica.
Non crederei che il signor Saverio peritissimo nella greca lingua, e nel modo d’interpretarla, si fosse fatto ingannare dalla voce απιστα, quasi che Ecuba non credesse vero quel che avea sotto gli occhi. […] i posponeva Eschilo di lunga mano agli altri due, e fra questi affermava non potersi di leggieri decidere qual di essi fosse meglio riescito ne’ due differenti sentieri che corsero.
Al contrario chi fosse dell’umore di codesto Francese, ben potrebbe con maggior fondamento dubitare che simile disgrazia avvenisse in Francia per lo stile serio e grave che può accreditare appo gli incauti le loro rappresentazioni liriche ripiene delle stesse mostruosità che, a suo giudizio, alimentano l’ignoranza e gli errori popolari.
Gli abitanti di quella penisola per natura d’ingegno acre, vivo, perspicace ed atto ad ogni impresa, possedendo una lingua figlia generosa di bella madre, ricca, espressiva, maestosa, pieghevole, armoniosa, e nobile, doveano fuor di dubbio segnalarsi nelle amene lettere tosto che ne’ buoni esemplari additata lor si fosse quella forma del Bello che il Gusto inspira ed alimenta negli animi gentili. […] Non mi render gelosa; chè se finta Sì terribile è l’ira in regio petto, Pensa tu qual saria se fosse vera. […] Nell’atto I Erode tenta dissipare i timori di Marianna riguardo al mostro, e perchè non abbia a temere del pugnale, lo getta in mare, supponendo il poeta che Gerusalemme fosse città marittima.
Piacque molto al popolo d’Atene il personaggio di Anfiteo introdotto in questa commedia, perché gli sembrava essere insultato dall’alterigia di questo magisrato del Pritaneo, che quantunque povero fosse parlava spesso della sua genealogia, e vantavasi di essere disceso del sangue degli Dei.
Potè mai fare ch’egli non fosse sempre el poetilla La Cruz?
Le stravaganze solo potrebbero produrre qualche diletto, qualora quest’uomo singolare non fosse freddo.
Alla lettura di questo dramma orribile si crederebbe che l’autore fosse stato un uomo di una tetra immaginazione e di un carattere feroce.
Gli abitatori delle felici contrade di quella penisola dotati per natura d’ingegno acre, vivo, pespicace ed atto ad ogni impresa, e possedendo una lingua figlia generosa di bella madre, ricca, espressiva, maestosa, pieghevole, armoniosa e nobile, doveano fuor di dubbio segnalarsi nelle amene lettere, tosto che ne’ buoni esemplari fosse loro additata quella forma del Bello che il Gusto inspira ed alimenta negli animi gentili. […] Non mi render gelosa; che se finta Sì terribile è l’ira in regio petto, Pensa tu qual saria, se fosse vera.