Chiamato a Mantova dal Duca il 1599, non potè recarvisi per malattia della suocera e sua ; ma vi si recò il 4 aprile del 1600, nel qual giorno, secondo che abbiamo dal Bertolotti, giunse in casa di Tristano Martinelli, arlecchino, sovrintendente di tutti i comici dello Stato mantovano, passando poi all’Albergo della Luna, ov’ erano l’Austoni e Antonio (?). […] Ma in qual tempo la Compagnia di Molière cominciò a trovarsi mescolata con quella degl’ italiani, recitando alternativamente nella sala stessa del Petit-Bourbon ?
In qual maniera ? […] Oh qual Madre ! […] Ed io qual padre ! […] e qual tesoro di filosofia non vi profondono. […] Ma qual mondo giva a perire se le sue nozze non si conchiudono a momenti ?
e qual prevedo, ahi lasso! […] qual tuo delitto o nume avverso Così ti opprime? […] Che riconoscenza poi mirabilmente condotta per tutte le circostanze nell’atto IV e di qual tragica catastrofe produttrice! […] Ma qual è mai l’artifizio di Elettra? […] L’altra favola Endimione citata da Giulio Polluce non si sa a qual de’ due appartenga.
Come può mai paragonarsi una cosa evidente, qual è la nostra musica, con una che non si vede, qual è la musica greca, che ora esiste solamente nella testa orgogliosa degli eruditi, e che realmente non sappiamo cosa ella si fosse?» […] Ma qual è quella cosa ottima che non degeneri, se se ne abusa? […] Con qual logica con qual erudizione ci pruova che tutto ciò altro non sia che un “discorrere in aria”? […] Ora qual è lo sbaglio da me commesso? […] Mi vorrebbe inoltre costringere a venir alle prese con un letterato di tanto polso, qual è il Signore D.
Dubita la regina: non sa qual de’ due sia il reo e quale il suo liberatore. […] Nell’atto del Guevara si vede alla prima la dipintura naturale di un teatro Spagnuolo qual era a quei tempi. […] Deificato da alcuni fu trattato da altri qual mostro e corruttore del teatro. […] Di qual barbaro mai, di qual selvaggio Tanta infamia si udì? […] Ma qual vantaggio o diletto apporterebbe un catalogo di favole per lo più mancanti d’arte, di gusto e di giudizio?
la qual lapida verisimilmente appartenne ad Ansano. […] Si è già riferito a qual segno godesse il favore del re Archelao e dell’amicizia di Socrate il celebre Euripide. […] Qual magnificenza qual concorso qual lusso quali profusioni per un semplice divertimento di una repubblica sì picciola in confronto di tanti poderosi stati moderni arricchiti dalle miniere Americane, ne’ quali sono pure cosi meschini e spregevoli i teatri!
E qual risalto non avrebbe ciò dato al mio racconto? […] E qual ragione adduce di ciò? […] Non era certamente à tres picos il cappello che usarono i Goti in Ispagna, in Francia ed in Italia, la qual cosa quando non potesse altronde dedursi, si vedrebbe da ritratti di tali popoli fatti nella mezzana età e nell’infima, e copiati sulle scene Europee. […] Or qual prò da simile infruttuosa reimpressione non meno all’istruzione della gioventù spagnuola che al disinganno degli esteri male istruiti?
all’Antiquario di prima fila qual si manifesta in varj argomenti, e singolarmente nel favellar del Teatro Siracusano, in cui toccògli la sorte di ravvisare prima di ogni altro la greca iscrizione marmorea della Regina Filistide?
La qual lettera concorderebbe col sonetto, che per la calligrafia e per lo stile pare preluda al ’600.
Sposò il comico Zanerini, poi in seconde nozze il maestro di musica Baccelli, sotto il qual nome fu già collocata in questo dizionario (V.).
Fratello minore dei precedenti, cominciò a recitar con Gaetano in Compagnia Nardelli, qual semplice generico, l’ anno 1837.
De’ figliuoli di Cesare rimaso in Vita il solo Michelagnolo, attese alla pittura, ma con poco profitto, perciocchè poco curandosi del Padre, e del Zio, si diede con una brigata di Amici a rappresentar Commedie all’ Improviso, facendo per altro egregiamente la parte del Pulcinella, avendola fin dalla fanciullezza appresa dal famoso Andrea Calcese, altrimenti detto Andrea Ciuccio, e poscia da Ciccio Baldo, che fu Maestro di Mattia Barra, il qual Ciccio Baldo gli regalò una maschera di Pulcinella, ch’era stata del mentovato Andrea.
La seconda è che la poesia fatta per accoppiarsi colla musica, debbe rivestirsi delle qualità, che questa richiede, e rigettarne tutte le altre: circostanza che tanto più divien necessaria quanto la lingua è men musicale, poiché qual cosa imiterebbe la musica in un linguaggio privo d’accento, se la poesia non le somministrasse né sentimenti, né immagini? […] Limpido ruscelletto, Se ti rincontri in lei Dille, che pianto sei, Ma non le dir qual ciglio Crescer ti fe’ così.» […] Qual vaghezza di contrasti, qual ricchezza non si cresce alla poesia? […] Ma, poiché essi sono talvolta necessari allo sviluppo degli avvenimenti, qual luogo deggiono ottenere precisamente nel melodramma? […] Havvi un’altra situazione d’animo più veemente e concitata, dove i primi impeti delle passioni si spiegano, quando l’anima, ondeggiando in un tumulto d’affetti contrari, sentesi tormentata dalle proprie dubbiezze senza però sapere a qual partito piegare.
da qual sottrarmi ? […] qual fulmine per lei ! […] Di qual mano ? […] Ma qual mezzo vi adopra ? […] Ed a qual Bruto vuol che si rassomigli ?
Noi vediamo la musica sortir bambina in Europa da mezzo al culto ecclesiastico, crescer fanciulla ne’ monisteri che la promossero, pigliare stabile consistenza e vigore colla invenzion delle note, abbellirsi insieme e corrompersi coll’uso del contrappunto, senza che sappiamo qual influenza avesser gli arabi in cotai cangiamenti. […] Più non vò discovrir qual donna sia; Che per le proprietà sue conosciute, Chi non merta salute Non speri mai d’aver sua compagnia.» […] Ma mi dica di grazia, in qual parte del mio libro ha egli trovata cotal asserzione? In qual tomo, in qual capitolo, in qual pagina, in qual riga ho detto che Federico traesse l’amore verso la poesia, e la protezione dei poeti dal Conte di Tolosa? […] Il qual compendiatore ho buone ragioni di credere, che fosse il celebre Monsignor Giovanni Caramuel.
Possono in ciò essergli di grande aiuto la lettura dei libri, la conversazione degli uomini addottrinati nelle antichità; ma a qual altri dovrà egli aver ricorso piuttosto che al poeta, all’autor medesimo dell’opera, il quale ha concepito in mente ogni cosa, e niente ha d’aver lasciato indietro di tutto quello che può meglio abbellire e render verisimile l’azione che egli ha tolto a rappresentare ? […] In effetto qual cosa vi ha egli di più grandioso e severo, lasciando stare le piramidi, di quegli avanzi del palagio di Mennone che torreggiano tuttavia lungo il Nilo, e della Tebe dalle cento porte, che, mercè l’opera dell’accurato Nordeno, sono ora di pubblica ragione? Nelle forme di essi e ne’ sobri ornamenti che ricevono da’ colossi e dalle sfingi onde sono accompagnati, spicca singolarmente la maniera terribile e, se vogliamo cosi chiamarla, michelagnolesca, la qual potrebbe anche talvolta con buonissimo effetto mostrarsi sugli teatri.
Qual è dunque la croce, onde si mesta tu se’talvolta, che pietà n’avrebbe qual più infelice nella polve crebbe nè da quel loco osa levar la testa ? […] ma lo cerchi a quell’Arte, in cui s’onora qual con affetto e con virtù l’abbraccia ; leva, Adelia gentil, leva la faccia verso al tuo Cielo ! […] La qual poesia fu inviata da Venezia il 26 gennaio del’46 alla madre dell’Adelia, accompagnata dalla seguente lettera : Signora Marchesa, Ho voluto io stesso mandarle questi versi che mi uscirono spontanei dal core dopo aver conosciuto e apprezzato il nobile ingegno, e l’animo elevato della Contessina Adelia.
Bartoli insieme alla proposta, adoperando le stesse parole a ogni fin di verso : Tu, che godi felice i lauri e l’onda, che di Parnasso i lieti Campi irriga qual desir nuovo la tua mente instiga di far prima in virtù chi t’è seconda ? […] Atterra il Tempo, e fura Ogni machina eccelsa ; in mezo à l’acque Quante ne son, ch’à dirne i come, e i quandi Fora tedio maggior, che trar dal cigno Opra d’ Astro maligno Contr’ Ilio, sia influenza, o fato, o sorte, Che ’l tutto adduce a inevitabil morte Vostra fede non è qual era in prima, Ch’ora s’avalla ogni elevata cima. […] Sigismondo ben tu, ch’ultimo fine Rimaso se’ di mie speranze incerte Scherzi : ma non giamai qual tua sorella ; Cui freschissime rose in calde brine Date dal ciel, divine Fean sue sembianze ; e non vegg’io chi merte A par di lei in sua innocenza bella.
Dubita la regina; non sa qual de’ due sia il reo, e quale il suo liberatore. […] Nell’atto del Guevara si vede alla prima la dipintura naturale di un teatro spagnuolo qual era a que’ tempi. […] Deificato da alcuni fu trattato da altri qual mostro e corruttore del teatro. […] Di qual barbaro mai, di qual selvagio Tanta infamia si udì? […] Ma qual vantaggio o diletto apporterebbe un catalogo di favole per lo più mancanti d’arte, di gusto e di giudizio?
Nato a Torino da famiglia agiata, passò dal collegio di San Francesco di Paola, ove compiè il corso ginnasiale, al ministero delle finanze, qual volontario.
Fu il '60 con Adelaide Ristori a Parigi, a Londra, in America qual promiscuo e caratterista, poi di nuovo capocomico, poi, finalmente, direttore di una delle tre Compagnie di Luigi Bellotti-Bon.
Ah qual luce . . .! […] qual fulmine per lei! […] qual nuovo movimento ne risulta all’azione? […] Ma Filinto sa forse che il re ignora tuttavia qual d’essi due sia Gerbino? […] In qual maniera?
Se v’ha cosa mirabile nelle belle arti questa è il vedere in qual guisa la spiacevolezza medesima delle dissonanze contribuisca all’armonia. […] Chi violetta, o rosa Per far ghirlanda al crine Togliea dal prato, e dall’acute spine, E qual, posando il fianco Sulla fiorita sponda, Dolce cantava al mormorar dell’onda. […] La qual notizia comunicò poscia al cavalier Tiraboschi 62 e al Signorelli 63. scrittori così valenti si sono tutti ingannati per non aver voluto prendersi la briga di esaminare i fonti. […] S’ignora dove e in qual anno si recitasse. […] Si parla in castigliano, in bolognese, in italiano, e persino in ebraico: lascio pensare qual armonico guazzabuglio risultar ne debba da tutto ciò.
Celestina poi, anima di tutta l’ azione, muore uccisa nell’atto dodicesimo, per la qual cosa ne’ seguenti nove atti l’azione sensibilmente cade e si raffredda. […] Alla qual cosa conferì appunto quell’essersi sottratto alle regole del verisimile. […] Ma qual era il teatro Spagnuolo prima di Lope? […] Ed in qual cosa è fondata? […] Ma se non si sa quando egli scrisse le sue tragedie, qual fondamento ha l’ asserzione del sig.
Infatti qual espressione di melodia può cavarsi dalla invocazione che fa l’Aurora all’Amore? […] O qual mezzo di farsi amare da un cuor ritroso è mai quello di addurre per motivo, che se Cefalo non le risponde nell’affetto: «Il Sol sia senza scorta, L’aria non avrà lume, La terra inferma perirà gelata?» […] Dico probabilmente, poiché sebbene la surriferita bolla nulla indichi di ciò (riguardando soltanto l’abuso introdottovisi, di congiungersi gli eunuchi in matrimonio colle donne) non apparisce per qual altro motivo si potessero permettere. […] La qual permissione tanto più divenne necessaria nel dramma quanto che non ci era maniera di supplire per altro verso alla dolcezza delle voci loro così acconcie ad esprimere e comunicare gli affetti, primo e principale scopo del canto. […] Dal qual morbo sono particolarmente attaccati gl’Italiani, i quali, credendo se stessi i Virimagni della facoltà, stimano il restante degli uomini altrettante pecore o tronchi.
Sentasi in qual guisa parla un coro di seguaci di Plutone nell’Alceste: «Tout mortel doit ici paraître. […] Della qual disposizione dovuta forse più alle cause accidentali, che a positivo disegno di migliorar il melodramma approfittandosi i begl’ingegni d’Italia, ben presto porsero mano alla riforma della poesia. […] Sentasi qual grandiosità di sentimenti metta egli in bocca a Sisara allorché, promettendo la salvezza al solo Abner, minaccia all’intiero popolo d’Israele totale eccidio. […] Per esempio nell’Andromaca, allorché si vede ridotto Ulisse all’estremo di doverne scegliere tra due fanciulli che gli vengono presentati avanti per condannar l’uno di essi alla morte, e ch’egli ignora quale tra loro ne sia il proprio figliuolo, e quale il figliuolo d’Andromaca, sentasi con qual energia s’esprime la madre che si trova presente alla fatale scelta, e che appieno comprende la scaltrezza e la crudeltà d’Ulisse.
Ma il Coro L’avverte che vanno uscendo: Da qual parte? […] In qual guisa egli maneggiasse questi argomenti tragici scostandosi dalla tragedia senza cadere nella commedia, non si divisa da que’ pochi frammenti che se ne adducono. […] Ma i movimenti ginnastici del saltatore, il quale era nel tempo stesso cantorea, bentosto ingrossavano il fiato, e ne rendevano debole la voce; per la qual cosa convenne dividere tutti gl’individui del Coro in istrioni musici dediti al solo canto e in istrioni ballerini destinati alla danza. […] Fino a cinque maschere soleva cangiare un solo Pantomimo per contraffare tutti i personaggi di una favola; la qual cosa avendo osservata uno straniere, quest’abile danzatore c’inganna , esclamò, poicchè avendo un sol corpo, mostra di aver più anime .
Ma per qual pregio particolare vennero in simil guisa privilegiate e conservate ancora dopo che la scena Latina ammise drammi migliori? […] qual gente? qual città? […] Ed ecco succintamente mostrato qual sia Plauto nelle venti commedie che di lui ci sono rimase. […] Fin da’ tempi di Varrone mal si distinsero le commedie genuine di Plauto, la qual cosa l’incitò a comporre un opuscolo per isceverarle.
Nell’istante medesimo esco qual forsennato, vado non sapendo dove, e mi trovo in casa, senza neppure aver veduto la strada da me fatta.
Bartoli, che riferisce anche il seguente sonetto di anonimo : Spiegar col labbro in misurati accenti i diletti d’amore, oppur le pene, qual fra le gioje, o tra gl’infausti eventi un tenerello cor prova e sostiene, te veggiam, Margherita, assai contenti, quando saggia affatichi in sulle scene ; e sì n’ alletti, che ciascun pur senti te innalzar fra le bionde Dee Camene.
Mosso dal suo voler, l’altrui s’aggira ; e mentre a’ moti suoi rapisce i cori, qual celeste sirena ogn’un l’ammira.
qual dardo che dall’arco sortì, corre, e s’invola, e porta omai senza sentirne orrore tutta con sè di questo cor la pace.
A questa continuata modificazione del principal tipo, Sciosciamocca deve forse la continuata ammirazione del pubblico, che sin dalla prima apparita al San Carlino rinnovato, lo compensò di tante miserie, di tante lagrime versate, sì da fargli scrivere nelle sue nuove Memorie (Napoli, 1899) : « Dopo tutto, l’essere riuscito a far tanto ridere…. gli altri, dava anche a me il diritto di ridere un poco. » E di qual riso !
Ma, per compenso, qual forza d’intuizione !
Perché un inveterato costume vuole che in ogni opera devano comparir sul teatro due donne e talvolta anche tré, della metà delle quali non sapendo che farsi il poeta perché inutili affatto all’intreccio, né qual occupazione dar loro, bisogna pure che pensi a trovar un paio d’amanti coi quali si vezzeggino a vicenda insipidamente. […] [19] Un colto spagnuolo, che con esempio non facile a rinvenirsi ha avuto il coraggio d’intraprendere in lingua non sua uno de’ più difficili lavori della ragione poetica qual è la tragedia, ha parimenti voluto sperimentare le sue forze pubblicando un dramma musicale. […] Sapete qual carattere devono avere le due prime parti. Al terz’uomo, ovvero sia al tenore, darete carattere sostenuto di padre, di vecchio, di geloso, di mercante Olandese, o di qual più vi aggradi. […] Essi non devono confondersi tra i Bavi o i Mevi, ma qual distanza fra loro e gli Aristofani o i Terenzi?
Non entro quì ad esaminare a qual delle due debbasi la preminenza. […] Or qual maraviglia che uno spettacolo, in cui poteva trionfare l’eccellenza di tanti valorosi artefici, venisse nelle prime città Italiane a gara accolto e coltivato? […] Vuolsi però osservare che le accennate feste del Testi sono snervate, senza azione, e tessute di parti che possono supprimersi senza che il componimento ne perisca, la qual cosa è la più sicura prova dell’imperfezione di un dramma. […] Non incresca al lettore di udire con qual trasporto favelli di questa Leonora un intelligente di musica che l’ avea più volte ascoltata. […] Molti altri teatri si eressero nel medesimo secolo, e quasi ogni città n’ ebbe uno qual più qual meno magnifico a proporzione, tutte volendo partecipare del piacere di uno spettacolo pomposo come l’opera in musica.
Ma qual tempo è corso dal consiglio di marciare al racconto del coro? […] Luigi Riccoboni nella storia del teatro Italiano vorrebbe riferire alla fine di questo secolo la Floriana commedia scritta in terzarima mista ad altre maniere di versi, stampata nel 1523; ma non apparisce su qual fondamento l’asserisca.
Ma qual tempo è corso dal consiglio di marciare al racconto del coro? […] Luigi Riccoboni nella storia del teatro Italiano vorrebbe riferire alla fine di questo secolo la Floriana commedia scritta in terza rima mista ad altre maniere di versi, e stampata nel 1523: ma non apparisce su qual fondamento l’asserisca.
Or qual pro dal rappresentare queste atrocità non comuni? […] Gli affetti di Eugenia son dilicati, e sebbene eccedano alquanto passando oltre de’ limiti concessi alla commedia tenera, non hanno però la nota abbastanza furiosa qual si richiede nella tragedia.
Dopo il qual tempo ritornò in Italia, e precisamente a Mantova, come abbiamo da una lettera dell’Elettore al Duca ; a cui raccomanda nel lor ritorno la coppia D’Orsi, e da una nota che ci fa sapere come « i loro abiti da commedianti furono spediti a Mantova in 29 casse. […] mo Dalla compitissima Sua sento le glorie fracesi, che già comincio a vedere che la fortuna, a cura ma questo poco m’importa, sono gl’otto scudi delle botte che mi danno fastidio, La pregho andare dal Signor Giuseppe Priori, cassiero del Monte, e dirli che mi fauorisca auuisarmi per qual causa non ha pagato una mia polizza d’una doppia dicendo non auer denari de miei, e farsi dare una notarella del nostro, conto, perche mi pare che tenghi assai più nelle mani, se pure a riscosso li denari dal Ebreo Rossi al quale uendei il Vino, auendo il suddetto Signor Priori acettato di riceuer lui il mio credito e darmene credito, che in tal caso corre la somma per conto suo, che per altro, io non avrei dato il Vino, oltre di che di Conto Vecchio ui è qualche bagatella senza questi che lo pregho prenderne Nota distinta accio possa regolarmi, e ne do carico a V.
Il Del Buono viaggiò colla compagnia e fe’fortuna…… A qual fonte sia stata attinta la interessante notizia dell’anonimo articolista non saprei dire. […] E l’incisione che io riproduco (V. pag. 747), a qual tempo appartiene ?
A Padova, non è ben precisato nè in quale anno, nè con qual compagnia (secondo il Mazzoni nel ’90 con quella del Menichelli, ma forse più tardi col Pellandi), preluse a un corso di rappresentazioni, recitando i seguenti versi dettati per lei da Melchior Cesarotti. […] O generoso popolo d’Antenòr, tu sol tu puoi la tua speme avverar : se tutti i frutti, quali ei si sian, dell’arte mia son opra del tuo favor, se un tal favore è figlio d’ una felice illusïon cortese del tuo bel cor, tu me la serba, e forse tal ti parrò qual mi fingesti.
— La si fece esordire dopo tutti gli altri artisti nuovi, come una generica, per lasciare che il pubblico accettasse qual vera prima attrice la Pieri-Alberti ; la si tenne inoperosa per molte sere ; le si fecero rappresentare varie parti nuove per lei e vecchie per il pubblico, non la si circondava dei migliori attori ; si trascuravano alcuni accessorj della scena ; le si faceva calare il sipario prima del tempo ; gli amici dell’ Impresa non l’applaudivano per non perdere l’ingresso di favore…. […] DI LUIGI FORTI, COMICO Di fresche rose e gigli è il tuo bel viso ornato, t’ha la madre d’amore il crine inanellato ; son d’alabastro i denti, candido il sen qual neve ; son di rubin le labbra, il piede in danza lieve.
Il tuo dolore da qual sorgente mai, dimmi, sen viene ? Qual è l’affanno che ti stringe il core, qual sventura a te fia cagion di pene ?
E me beata, che dal tuo bel lume qual la terra dal sol, virtute apprendo involandomi teco al tempo edace. […] Quel sì pregiato FIORE, In qual giardino hai colto, Quando facesti il uolto Di FLORINDA gentil, o dolce Amore ? Dimmi qual sì bel arco, Anzi amoroso artiglio, Ponesti al nero ciglio, Che prende l’alme e i cori in mezzo al uarco ? […] tà dell’ Imperatrice (alla qual servitù è un anno che serve con le commedie) che in grazia di V. […] tà d’un anno intero, ottenga la supplicata grazia, la qual tutta ridondando a gloria dell’ A.
qual gente? qual città? […] In qual moderno teatro si soffrirebbe senza bisbigliare lo spettacolo di un padre mentecatto che seconda a tal segno le debolezze di un figliuolo? […] Parmi di avere succintamente dimostrato qual sia Plauto nelle venti commedie che di lui ci rimangono. […] Fin da’ tempi di Varrone mal si distinsero le commedie genuine di Plauto, la qual cosa lo mosse a comporre un opuscolo per isceverarle.
Non è paurosa e supplichevole da principio; e con subito cambiamento non apparisce da ultimo tutt’altra, come la rappresenta Euripide, per la qual disuguaglianza e anomalia di costume egli vien tassato da Aristotile nella Poetica 61.
Ryer compose una tragedia di Lucrezia senza avvertire a qual segno sia indecente sulle scene simile argomento.
Fatta Cesare Dondini compagnia con Gaspare Pieri, Bertini vi fu scritturato qual primo attor giovine.
Non entro quì ad esaminare a qual delle due commedie debbasi la preminenza. […] È questa una bella dipintura di caratteri qual si richiede dalle persone di gusto e qual si è eseguita poi in Francia nel Pregiudizio alla moda.
Appartiene ancora al Rinuccini la Mascherata dell’ingrate balletto eseguito in occasione del matrimonio del principe di Mantova, nella qual città fu impresso in quarto l’anno 1608. […] Quale ancor volgare leggitore, scorrendo un’ opera del Poeta Cesareo, invece di seguir la traccia dell’azione e degli affetti, si ferma a considerare in qual vocale, in quale a, in qual e formarono i loro gorgheggi e le volate la Gabrieli e il Pacchiarotti?
Però gli spettacoli nel loro nascere, ovunque si formano dipersè, e non per pura imitazione degli altri (nel qual caso la faccenda procede altrimenti) impresero a trattar argomenti propri della religione di quel dato paese, come cel dimostra l’esempio di molti popoli selvaggi, degli Scandinavi, de’ Messicani, de’ Peruviani, de’ Chinesi, e de’ Greci principalmente. […] Ognun sà che i primi poeti greci furono insiem sacerdoti, e che eglino medesimi recitavano al popolo i loro componimenti, il qual costume durò sul teatro costantemente fino ai tempi di Sofocle, il primo fra i tragici antichi che cominciasse ad abbandonarlo. […] Lascio pensare qual influenza dovesse avere tanta, e sì universale ignoranza sulla formazione degli spettacoli. […] Ove le passioni avevano in cielo la loro difesa, e le arti il loro modello, ben si vede qual entusiasmo dovea accendersi in terra per coltivar queste, e ingentilir quelle favoreggiato poi dagli usi politici, e ravvivato dalla possente influenza della bellezza, principio comune delle une e delle altre. […] Disputa con lui sull’astinenza, e sull’Incarnazione, sul qual proposito il diavolo cita San Tommaso ed Averroe.
Le comprese il Dolce, e seguì l’originale, traducendole in versi più piccioli; la qual cosa, con pace del calabrese Mattei, fa vedere che gl’interpreti de’ tragici Greci compresero il loro artificio per ciò che la musica riguarda. […] Veggasi quello del l’atto primo, in cui le schiave Trojane sollecite del loro destino vanno immaginando in qual parte toccherà loro in sorte di essere trasportatea. […] Oltre a molti altri tratti patetici, vi si trovano varie allusioni alle Greche antichità e tradizioni, la qual cosa, come altrove accennammo, di rado si trascurò dai Greci tragici per mostrare l’antichità remota delle loro leggi ed origini e de’ loro costumi a gloria della nazione.. […] Luciano nell’opuscolo intitolato In qual modo debba comporsi l’istoria, così ne racconta l’origine. […] i posponeva Eschilo di lunga mano agli altri due, e fra questi affermava non potersi di leggieri decidere qual di essi fosse meglio riescito ne’ due differenti sentieri che corsero.
Qual cangiamento, eterno Dio, qual nuovo Sorprendente linguaggio! […] E da qual classe di Napolitani il tolse? […] E qual parte ebbe questo Scipione della storia moderna nelle furbesche trame uscite dal capo di Belloy? Di qual diritto poi questo picciolo scarabocchiatore di carta osò nel suo garbuglio tragico trattare il pontefice Giulio II colla maggiore indegnità, come mostro, come carnefice? […] Noi non contiamo tra’ difetti di questa tragedia l’introduzione di un personaggio sì scellerato qual è l’ Arabo Profeta impostore.
Di Giacomo, lo troviamo (1739) primo amoroso in una Compagnia che rappresentava commedie burlesche in un giardino fuori Porta Capuana, detto il Giardeniello ; della qual Compagnia faceva parte il Pulcinella Domenicantonio di Fiore, che, senza dubbio, coll’arte sua e co’suoi ammaestramenti fece prender più tardi al Barese la risoluzione di mettere anch’esso la maschera del pulcinella.
Passato dalla Compagnia Pezzana qual primo attore assoluto in quella della Sadowski, diretta da Cesare Rossi con la Campi prima attrice, potè sviluppar maggiormente il suo genio artistico, e mostrar quanto alto egli avrebbe potuto salire.
Preso d’amore per Antonietta Robotti, formosissima donna e valentissima attrice della Compagnia Reale Sarda, si diè a seguirla per quasi due anni, finchè ammalatosi quel primo amoroso, Pietro Boccomini, egli, che s’era già acquistata fama tra'filodrammatici di artista promettentissimo, fu scritturato qual primo amoroso a vicenda col Boccomini, passando poi per la morte di Giovanni Battista Gottardi, al posto di primo attore che sostenne con molto onore al fianco di artisti egregi, quali la Robotti e la Romagnoli, il Gattinelli, il Domeniconi, il Dondini.
Ma in tal proposito sa qual è il vero punto della nostra discordanza? […] Volumetto, ed il mio presente Discorso, qual di noi due sappia più utilmente amare.
Anche sta il fatto che mentre il nome di Eularia sarebbe, nei comici conosciuti del xvi, xvii e xviii secolo, una rarità qual nome di battesimo, diverrebbe assai comune qual nome di teatro.
e con qual franchezza! […] — [1.94ED] — E qual fu questa conversazione — io diceva — in cui la prima volta mi ravvisasti? […] [2.43ED] E qual utile verrebbe per ciò alla repubblica ed a’ costumi dalla tragedia, abborrendo allora il popolo da’ teatri come gli schiavi dalla galea? […] — [5.34ED] — Hai divisato prudentemente — io rispondeva — dicendo ‘la maggior parte’, nella qual cosa teco io convengo. […] [6.5ED] In qual ragione di cose non hai tu vantàti e non vanti ingegni maravigliosi, artefici esimi?
Ecco in qual guisa vi si deridono le contraddizioni degli umani desiderj secondo la nostra traduzione: Strana oltremodo a voi la razza umana Forse non sembra, che di opposti voti Solo si pasce? […] Non si può concepir con qual misura Gli sottoposi il foco! […] Porticum restituit Gradus fecit, la qual lapida verisimilmente appartenne ad Ansano1.
« Si vestiva, finita la favola, in abito lugubre e nero, rappresentando la istessa tragedia, e cantava alcune stanze che succintamente del Poema tutto contenevano il soggetto, ed era come di quello un argomento ; e cosi, data la licenza al popolo, e finito il canto, si sentiva un alto grido, un manifesto applauso che andava sin alle stelle, e le genti stupite ed immobili non sapeano da qual luogo partirsi. […] Qual Esopo, qual Roscio …. etc. […] Qualor cortese in aprir gli occhi sei, le belle labra ove hanno Amore, e Gioco più caro seggio, e scopri a poco a poco perle, qual non han gl’Indi, o i Nabatei.
Con qual Compagnia era dunque l’Amorevoli ?
Gran numero di scrittori e nostri e forestieri si occupò della origine della sua persona e del suo nome : in taluni prevalse l’idea che la maschera fosse invenzione moderna ; in altri, specie dopo la scoperta del famoso Macco dell’ Esquilino, ma non ho ancora capito bene con qual fondamento, che fosse discendente in linea retta dal Mimus albus della farsa atellana, come l’arlecchino dal Mimus centunculus ; quelli fecer derivare il nome or da Puccio d’ Aniello, or da Paolo Cinelli, or da pulcino, pulecino, puleciniello ; questi, or da Πολλή ϰιησις (molto movimento), or da Πόλις città, e ϰἔνός o in forma jonica ϰεινός, vuoto, sciocco, come se si dicesse buffone della città.
Senza ciò qual commedia piacerà mai? […] qual convenienza, qual regola in questo si trasgredi ce? […] Ma qual pro da questo? […] Strepsiade domanda in qual modo possa venirne a capo. […] Egli vituperava con vigore tutti i vizj dell’amministrazione: or qual carriera più vasta, qual più nobile, più sublime scopo?
la qual cosa è tratta dalla Medea di Euripide. […] una res superest mihi, Odium tui; la qual cosa vedesi dal Metastasio emulata: . . . . . . . […] qual motivo aveva Edipo di abbandonarli al loro furore? […] Dall’altra parte non solo non è, come diceva il dotto Brumoy, la più stravagante di tutte (perchè qual più stravagante dell’Ercole Eteo dallo stesso critico attribuita all’autore dell’Agamennone?) […] Ab qual funesta Confusion di opposti nomi è questa!
Vediamo però in qual maniera il Signor Lampillas risarcisca l’omissione del Signorelli in onore della Letteratura patria. […] Il primo è che egli non ha riflettuto, che tra un Poeta Cristiano e i Tragici Gentili in sì fatte cose non corre uguaglianza veruna; perchè se questi introducevano i loro Numi sulla Scena, ciò facevano per essere essa fondata sulla Religione, pel qual motivo nelle loro utili e necessarie Apologie si scagliarono contro gli spettacoli Scenici i Tertulliani, gli Arnobj, i Lattanzj, i Cipriani, i Giustini Martiri. […] In somma bisogna che essi trovino corrispondenza tralle immagini apportate dalle parole del Poeta, e tra quelle che conservano nella fantasia; dalla qual comparazione risulta il loro diletto e la loro istruzione. […] Che se poi dovesse esaminarsi quali di queste tre principali azioni sia la più degna e propria per una Tragedia, io subito sceglierei l’ultima della morte di Adulze, personaggio veramente tragico, e più di ogni altro interessante (salva la Religione che ci attacca ad Isabella), il qual personaggio ci fa mirare come cosa già dimenticata la morte dell’Eroina Cristiana, e quella di Alboacen. […] Oltre a ciò discolperà l’Apologista l’inutile apparizione dello spirito d’Isabella, che viene a recitare un Sonetto caudato, per dire che qual Fenice dalle fiamme è risorta per gire al Cielo, e domandare all’Uditorio il Plaudite?
Vi sono poi certe farfacce buffonesche che costano poco e fanno talvolta gran romore sulla scena, dalla qual cosa potrebbero gl’ inesperti dedurre una falsa conseguenza (e la deducono in fatti e ne fanno pompa) e fuggir la fatica necessaria per mettersi in istato di scrivere componimenti simili all’Atalia e al Misantropo, perchè non furono questi la prima volta ricevuti favorevolmente dagli spettatori.
In una lettera a un Segretario, non so bene di qual Duca, se di Mantova o di Modena, inviata di suo pugno da Livorno il 26 giugno 1660, e sottoscritta anche dal Pantalone Giovanni Gaggi (V.
Mi sono ben fatto promettere da ciascuno in particolare, che sempre, che per qual si voglia accidente si disunischino, ogni uno di loro farà quel ch' io vorrò. […] ia trattenuti costì gli faccia per strano dare orecchie, et dare qualche ordine in queste materie, nel qual caso poi, per dirgliela confidentemente, io non mi curo punto di rompere una Compag. […] Questi e Quegli uno sono ; ma qual s’avanzi stai dubbioso intanto, di Flavio il pregio, o di Flaminio il vanto.
Or qual pro dal rappresentare queste atrocità non comuni? […] Gli affetti di Eugenia son delicati, e sebbene eccedano alquanto passando oltre de’ limiti concessi alla commedia tenera, non hanno però la nota abbastanza furiosa qual si richiede nella tragedia.
Per la qual cosa possiamo fare osservare che il gesuita Rapin diede al Moliere una lode immaginaria, allorchè affermò che fu questo celebre autore comico francese il primo a far ridere con ritratti di nobili, uscendo da servi, parassiti, raggiratori e trasoni. […] Ma giova osservare in qual maniera si esprima in questa favola un innamorato. […] Se non è questa la forza (vis) comica da Cesare desiderata in Terenzio, e qual sarà mai? […] La Virginia che il secondo Bernardo Accolti fece sulla sua serva, dal Fontanini è collocata tralle commedie in prosa, ma si scrisse in versi e per la maggior parte in ottava rima, la qual cosa osservò prima il Zeno. […] Incomincia con questi versi che adduco per esempio: E’ mi conviene ogni mese come or venir a rendere I miei conti di villa a Simone, il qual sempre dubita.
La drammatica di questi moderni signori della grecia non é certamente qual era a’ tempi di Socrate.
Ella era assoluta Padrona del Teatro, e quando parlava, sapeva ben in qual modo incominciare e finire il discorso con intero compiacimento di chi l’ascoltava.
Al qual sonetto faccio seguire una ode, pubblicata in foglio volante, e gentilmente comunicatami dal signor Pietro Pieri di Roma.
Esordì qual primo attor giovine, a diciotto anni, in Compagnia Domeniconi, al fianco di Amalia Fumagalli, Alessandro Salvini, Amilcare Bellotti, Gian Paolo Calloud, e a ventun anni, uscito di Compagnia Salvini per un ripicco, Francesco Ciotti fu assunto al grado di primo attore assoluto, e iniziò, si può dire, il nuovo ruolo con una stupenda creazione al Teatro Re di Milano del protagonista nella Satira e Parini di Paolo Ferrari.
Antonio Collalto, che dopo di avere riscossi lunghi applausi in Italia, passato è a Parigi, dove presentemente è stimato ed applaudito qual merita.
Della qual cosa egli e alcuni di compagnia (Gabrielli – Pantalone, Milanta – Dottore, Marchi – (?)
S’aggiunse a questa più giusta cadenza secondo il gusto lulliano, furono risecati i soverchi artifizi, si fecer camminare con maggior precisione e calore il movimento e la misura, e le aperture di molte opere italiane si lavorarono alla francese, il qual costume durò per più di vent’anni di qua dai monti fino al principio del secolo presente, checché ne dicano in contrario gli Italiani facili ad essere smentiti colla pruova delle carte musicali di que’ tempi. […] Se per lo contrario le parti producono tutte un solo e medesimo canto, in qual guisa s’otterrà l’armonia, che è una combinazione equitemporanea di più modulazioni diverse? […] È opinione avverata dalla esperienza e confessata dagli oltramontani eziandio, che il ridente cielo dell’Italia comunichi a gli strumenti una non so qual dilicatezza, che non si ritrova sotto gli altri climi di Europa. […] Non so per tanto con qual ragione un riflessivo e interessante scrittore91 abbia chiamata vana e inutile quella gloria che ritraggono gl’Italiani dal vedere che la loro lingua, musica, e poesia sono superiori a quelle degli oltramontani. […] Questa increscevol pompa di armonica perizia, questa gotica usanza d’indovinelli e di logogrifi musicali: questa musica gradita agli occhi e crudel per gli orecchi, piena d’armonia e di romore, e vuota di gusto e di melodia, fatta secondo le regole, seppur le regole hanno l’atrocità di permettere di far cose spiacevoli, fredde, imbrogliate, senz’espressione, senza canto, senza leggiadria, qual altro pregio veramente aver può che quel di abbagliar gli eruditi, e di uccider per la fatica il compositore, e êr la noia i dormigliosi ascoltanti?»
Servono esse talora a creare di novelli sentimenti, e delle imagini novelle, nel qual caso sono da commendarsi assaissimo. […] Voi sapete fino a qual segno la tennero in considerazione. […] Onde può rilevarsi a qual segno monti a nostri compositori il fare uno studio serio e profondo non solo delle differenti proprietà de movimenti e de’ modi, ma ancora di quelli de’ suoni; studio che gli antichi aveano molto a cuore, e che caldamente raccomandavano ai principianti, come la parte della musica la più utile all’eloquenza e in cui mostrerò a qual grado di perfezione essi salirono. […] Nella medesima guisa l’uso che si fa dei verbi ansiliari essere e avere mettendoli avanti a tutti i tempi della voce passiva dei verbi, e a molti della voce attiva induce non so qual imbarazzo nella sintassi che nuoce alla trasposizione, al numero, e all’armonia, perché mentre l’italiano si vede costretto a dire in tre parole “io aveva fatto”, gli antichi si sbrigavano con una sola “feceram”; e mentre costoro aggiungendo, o soltanto cangiando l’ultima lettera facevano divenir passiva la voce attiva come in “amor, amabar”: egli non può far un passo senza chiamar in aiuto un’altro verbo dicendo “sono amato, era amato”. […] Con qual verità si suppone che gli uditori nel sentir parlare il poeta abbiano di comune consenso a prorompere nei canti propri d’un coro concertato?
Girolamo Gigli Sanese ingegnoso e brillante letterato sin da’ primi anni del secolo consacrò qualche ozio alla poesia comica, insegnando in qual maniera potevano recarsi in italiano le comiche bellezze de’ migliori Francesi, e nel 1704 pubblicò in Venezia i Litiganti, ossia il Giudice impazzito franca ed elegante versione de’ Plaideurs di Racine, e nel 1711 impresse in Roma in tre atti il suo Don Pilone imitata anzi che tradotta dal Tartuffe di Moliere. […] I Greci non cadevano in tale inverisimiglianza pel coro fisso; ma Liveri privo di simil presidio introduceva i suoi personaggi a favellare senza rendere le strade solitarie, la qual cosa dee osservarsi nella lettura di esse colla descrizione della scena. […] Le porte onde si entra in teatro, sono laterali e non dirimpetto alla scena, la qual cosa produce il doppio vantaggio di non indebolire la voce, e di non togliere il miglior luogo da godere la rappresentazione. […] Ill. acciocchè si compiaccia significarmi per qual mezzo desidera, le sia trasmessa la Medaglia, quando però non si risolvesse di venire a riceverla dalle mani stesse del Real Protettore, come ne la invito da parte dell’ Accademia; la quale compensa per qualche modo il dispiacere di non avere per cinque anni potuto assegnare il premio, col vederne finalmente decorato un soggetto di tanta capacità, e per altre produzioni del teatro sì benemerito”.
qual nuovo Sorprendente linguaggio! […] Nino l’accusa e vuol vendetta ed invita il figlio alla sua tomba; or questi dee saper qual sarà la vittima. […] E da qual classe di Napoletani il tolse? […] E qual parte ebbe questo Scipione della storia moderna nelle furbesche trame uscite dal capo del Belloy? […] E qual vantaggio ne ricava il teatro?
Il che avverrà ogni qual volta che non si ragguagli al tiro della moschetteria la linea di difesa, ovveramente la lunghezza della cortina, che è come il modulo delle altre parti della fortificazione. […] La qual cosa non può farsi, ch’e’ non mostrino il fianco e non voltino anche le spalle a buona parte dell’udienza, e non seguano tali altri inconvenienti, che ciò che si era preso per un compenso diviene una sconciatura grandissima.
No solamente me precisaba hallar un Protector que fuese grande, respectable y elevado por su sangre à la Clase mas distinguida del Estado: fino que se preciase de merecer el nombre de valedor de las Buenas-Lettras y de la Poesia, especialmente Representativa, paraque pudiese dignarse examinar y talvez defender una Obra como la mia, en la qual se trata de lo que principalmente manifiesta el grado de cultura en que se hallan las Naciones, esto es de la Poesia Drammatica, de la misma Filosofia Moral agradable, y fin sobrecejo puesta en accion. […] Non mancherà per avventura chi altrimenti ne pensi; ma qual é quell’opera senza verun difetto?
Partendomi da Vercelli mia patria l’anno 1596, mi accompagnai con un mont’inbanco sopranominato il Monferino, e passando per Augusta, o sia Aosta, città del Serenissimo di Savoja, questo Monferino chiese licenza di montar in banco al Superiore ; ma perchè non era in uso il montar in banco in quei paesi, il Superiore non sapea come deliberarne : però quello mandò da un Superiore spirituale, il qual negò la licenza collericamente, dicendo che non voleva ammettere le Negromanzie in quei paesi : il Monferino stupefatto, gli disse (come era vero) che non sapeva manco leggere, non che saper di Negromanzia : il Superiore gl’impose che non altercasse con parole ; che egli ben sapeva come si fa, e che in Italia aveva veduto ciarlatani prender una picciola pallotta in una mano, e farla passar dall’altra ; che un picciolo piombo entra da un occhio, e per l’altro salga, tener il fuoco involto nella stoppa buona pezza in bocca, e farlo uscir in tante faville, passarsi con un coltello un braccio, e sanarsi per incantesimi subito, ed altre cose del Demonio ; e non voleva che il Monferino parlasse, e da sè scacciollo, minacciandolo di carcere. […] La qual descrizione non concorderebbe con una vecchia litografia di Delpech, in cui i capelli sono raccolti in una specie di reticella rossa alla brava, la barba e i baffi son bianchissimi, il viso scoperto, la borsa in cuoio giallo, le scarpe nere, e l’orlatura e i bottoni dell’abito turchini.
Ma ora che le due gemelle, poesia e musica, vanno disgiunte, qual maraviglia se avendo uno a colorire quello che ha disegnato un altro, i colori sieno bensì vaghi, ma vengano sformati i contorni? […] E qual diversità, per altro, non si dovrebbe egli trovare tra una sinfonia ed un’altra? […] Qual calore e qual vita non viene a ricevere infatti un recitativo, se là dove si esalta la passione sia rinforzato dall’orchestra, se ogni sorta d’arme assalga il cuore ad un tempo e la fantasia?
Il loro studio consiste nel verificar appuntino le date, nel sapere il numero e i titoli delle produzioni d’un autore, per quanti mesi ei le ritenne chiuse nello scrigno, quanti manoscritti se ne facessero, in qual anno e da quale stampatore vedessero la pubblica luce, quante edizioni siano state fatte finora. […] Ei solo, penetrando più addentro nello spirito delle regole, sa fino a qual punto debbano esse incatenar il genio, e quando questo possa legittimamente spezzarne i legami: sa stabilir i confini tra l’autorità e la ragione, tra l’arbitrario e l’intrinseco: sa perdonar i difetti in grazia delle virtù, e misurar il pregio delle virtù per l’effetto, che ne producono. […] Basta legger soltanto di fuga i primi capitoli per vedere quanto ivi si largheggi di lodi colla Italia, come si preferiscano la musica e il melodramma italiano alla musica, e al melodramma degli altri popoli, in qual guisa si mettano, a coperto delle imputazioni degli oltramontani, ove si trovino poco fondate, e come si renda dappertutto giustizia al merito illustre de’ tanti suoi poeti e di tanti musici.
ah qual consolazione, qual terribil sollievo per Sara! […] Mi si permetta qui una osservazione: In Italia a qual maestro di musica eccellente si è fatto altrettanto?
ah qual consolazione, qual terribil sollievo per Sara! […] In Italia a qual maestro di musica eccellente si è fatto altrettanto?
Sì che ten vai, Lo so: va pur, te lo consiglio io stessa, Vanne crudel: se hai tu valor bastante Per eseguirlo, anch’io, se pria non l’ebbi, Tanto or ne avrò per affrettar co’ prieghi L’infausto istante: Gio: Ah che non sai qual pena . . . […] Dopo un sì fido amor, dopo tant’anni, Dopo tante speranze, ecco qual premio Ci preparò la sorte! […] Se pasa un rato De paseo, otro de juego, Quattro amigos, el teatro, Algun baile, la tertulia, Tal qual partida de campo; Y uno gasta alegramente Lo poco que Dios le ha dado.
I Selvaggi di Ulietea, anzi di ogni contrada e di ogni tempo, non oltrepassando i balli e i pantomimi accompagnati dal canto, danno a divedere al filosofo investigatore in qual distanza dalla coltura essi trovinsi.
Prima di accennar qual fosse lo stato degli spettacoli scenici del secolo XVII in Alemagna, si vuol mentovare qualche sacra tragedia latina di alcun letterato di nome sparsa quà e là oltre le Alpi e i Pirenei.
Prima di accennar qual fosse lo stato degli spettacoli scenici del secolo XVII in Alemagna, si vuol notare qualche sacra tragedia latina di alcuni celebri letterati sparsa qua e la oltre le Alpi e i Pirenei.
Ma il successo non essendo stato qual era da sperare, dopo non molte recite, egli fu ancora in Provincia, a Bordeaux, a Bruxelles, a Cambrai, donde restituitosi a Parigi, fu accolto nella Compagnia dei Nuovi Comici italiani.
Ah, qual consolazione, qual terribil sollievo per Sara! […] Gluck, che in Francia é stato ultimamente onorato d’una statua (In Italia a qual maestro di musica si é fatto altrettanto? […] E in qual componimento drammatico si richiede tanta rapidità d’azione e conoscenza di teatro, come nella farsa? […] Le donne di ogni ceto divise dagli uomini, coperte delle loro mantillas, seggono, tutte unite in un gran palchetto dirimpetto alla scena, il qual si chiama cazuella e congiunge i due archi della sopranominata grada.
Per la qual cosa, al fine scoperto, fu scacciato di casa. […] E avutone il permesso, si diè a fare ogni specie di smorfie piacevoli, sicchè il Delfino prima si chetò come sorpreso, poi cominciò a ridere, e rider tanto che la sua smodata ilarità lasciò alcune traccie poco piacevoli…. sulle mani e sul vestito di Scaramuccia ; la qual cosa fe’ smascellar dalle risa la Regina e le Dame e i Gentiluomini di Corte presenti al fatto. […] Adesso che la Granduchessa ha le mani in questo negozio e che lo protegge, non ci posso far altro che fare dare qualche bussata per la Cinzia5 e la più vera è che la faccia maritare, perchè il vecchio è capace di fare qual si sia bestialità, e poi egli è innamorato e tanto basti. […] La rappresentazione di Scaramouche ermite data il 1667, ci dice a qual segno di libertà fosse arrivato il Teatro italiano. Scaramuccia, di notte, in abito di cappuccino, dava a più riprese la scalata alla finestra di una donna ; e ogni qual volta ei ripeteva il giuoco, soleva dire : « questo per mortificar la carne.
Lo spettatore avrà certamente desiderato in quel punto l’arrivo di Annibale, ed egli in fatti sopravviene, e le donne vogliono che dichiari qual di esse egli ami. […] Lo stile in generale è nobile, naturale e vivace, benchè non manchi di varj tratti lirici lontani dal vero e dal naturale sulla morte del valoroso innocente Mustafà condannato da Solimano re de’ Turchi suo padre per gli artificj di Rusteno e della regina, la quale con tale ammazzamento si lusinga di salvare il proprio figlio Selino e serbarlo all’impero; ma sventuratamente questo caro suo Selino si nasconde appunto nel da lei abborrito Mustafà; per la qual cosa ella disperata si avvelena. […] Tale è il discorso del finto Atlante nell’atto III, Dunque con forte destra, tale la confusione di Ruggiero, In qual antro mi celo; ma non è tale una spezie di molle elegia recitata da Alcina coll’ intercalare, Se Ruggiero è partito, Alcina è morta 64. […] Ma con qual arte?
Traducendo ed imitando le Fenisse sembra aver voluto dopo quindici secoli mostrare l’autore, in qual maniera avrebbe dovuto Seneca o qual altro sia stato l’autore della Tebaide, recare nella lingua del Lazio, senza i difetti di stile che gli s’imputano, le Fenisse di Euripide.
Non bene apparisce in qual maniera avesse l’autore ideato il luogo dell’azione per rendere in tanta distanza verisimili tali conferenze, e specialmente tutto l’atto III. […] L’autore fa nascere per incidente un contrasto fra loro, e Garcia rimprovera a Manrique varj tradimenti fatti da i Lara e da i Castro, la qual cosa non essendo di pura necessità pel suo argomento, gli fu imputata ad astio o ad altra occulta cagione. […] Non so per qual ragione non aggiunse anche per Affrica, giacchè da una loa composta dal Sig. […] Dovea dire l’ argomento, perchè qual bellezza greca vi ha egli trasportata in vantaggio del moderno teatro? […] Don Pedro de la Huerta, in non so qual sua operetta ultimamente mandata a stampare in Madrid, abbia trattato il Signorelli con tutta l’animosità e l’asprezza fraterna.
Finalmente tra’ Greci e tra’ Romani, quando tutti i libri soggiaciuti fossero a un incendio generale, rimanevano sempre in piedi tanti parlanti testimonj di tali studj nelle rovine de’ loro Teatri: ma in Ispagna in poco più di tre Secoli, benchè di altri Arabici edificj trovinsi oggi molti avanzi considerevoli, per qual fatalità non è rimasta pietra di verun Teatro Moro-Ispano?
In tanta differenza di gusti qual maraviglia, che gli accompagnamenti e gli ornati d’architettura né anco sieno uniformi, e che fra’ bei pezzi corinti e fra’ sodi frammenti toscani veggasi qualche duro colonnato ed arco gotico?
Ryer compose una tragedia di Lucrezia avvertire a qual segno sia indecente sulla scene simile argomento.
Etrusco, secondo Livio, è lo stesso vocabolo Hister da’ Romani poi convertito in Histrio, ed usato in vece di Ludio per l’attore scenico, nel qual senso si è continuato ad usare in molte lingue volgari Europee.
Sappiamo dalle memorie di Giacomo, che la vedova si unì il 1736 a una compagnia di artisti chiamata a Pietroburgo alla Corte dell’Imperatrice Anna Ivanovna, lasciando i figliuoli a Venezia, ov’era già di ritorno il 1737, nel qual anno si scritturò nella compagnia di attori e cantanti italiani formata allora per la Corte polacco-sassone da Andrea Bertoldi, il Pantalone (V.), coll’aiuto dell’ambasciatore sassone Conte di Vixio.
A. mi dà una carità convenevole, volere andare a trovare la sacra M. della Regina sua sorella, e portarli un santo Ritratto qual dovevo portare alla felice memoria dell’ Imper.
In fatti la gloria principale dell’Ariosto e di tanti altri comici Italiani, de’ quali ragioneremo, è questa appunto di aver migliorati gli argomenti degli antichi, e di averne poi tratti tanti e tanti altri dalla propria fantasia; la qual cosa gli rende superiori a’ Latini per invenzione, ed in conseguenza per vivacità. […] Per la qual cosa possiamo fare osservare che il gesuita Rapin diede al Moliere una lode immaginaria, allorchè affermò che fu questo celebre Francese il primo a far ridere con ritratti di nobili, uscendo da’ servi, parassiti, raggiratori e trasoni. […] Ma giova osservare in qual maniera si esprima in questa favola un innamorato. […] Se non è questa la forza (vis) comica da Cesare desiderata in Terenzio, e qual sarà mai? […] In qual di esse ha trovato quella sognata mescolanza di dialetti, quei gesti di scimia, quella tremenda e pericolosa gelosia e vendetta Italiana?
Che riconoscenza poi mirabilmente condotta per tutte le circostanze nel l’atto quarto, e di qual veramente tragica catastrofe produttrice! […] Tutti i Cori del l’Edipo esprimono al vivo la sublimità dello stile di Sofocle, e si veggono mirabilmente accomodati alle particolarità del l’azione, nella qual cosa Sofocle riescì più di ogni altro tragico, Qualche altro frammento di quello del l’atto primo della versione elegante del lodato Giustiniani mostrerà alla gioventù studiosa l’arte di Sofocle ne’ canti de’ cori. […] Se fossero stati semplici individui accresciuti uno per volta, ne seguirebbe che Eschilo non avesse introdotti nelle sue favole che due soli attori, oltre del Coro, la qual cosa, come si è detto, sarebbe smentita da quelle che ce ne rimangono; perocchè nel solo Prometeo alla prima scena intervengono la Forza, la Violenza, Vulcano e Prometeo, cioè quattro personaggi.
E con qual fondamento istorico dite che la Drammatica Italiana fu solo una servile imitazione degli Antichi? […] Tra gli altri meriti contratti dal Vega, dal Calderòn, e da’ loro seguaci col moderno Teatro novera il Signor Lampillas (p. 196.) l’onestà che v’introdussero: “La nuova Commedia bandì dal Teatro i bagordi de’ giovani colle meretrici, e agl’infami personaggi delle ruffiane e mezzani sostituì persone civili e nobili: in maniera che se non comparve la detta Commedia in sembianza di una veneranda Matrona, dovette almeno stimarsi qual gentil Dama in confronto di una sfacciata meretrice”. […] Per la qual cosa, mio Signor Lampillas, non piacemi (benchè ciò nè me, nè l’Italia tocchi poco, nè punto), che tanta pompa facciate dell’abbondanza di Lope, e della felicità di schiccherare in uno o due giorni una Commedia. […] Voi già saprete come Orazio3 dava la berta a quel Crispino, che lo disfidava a vedere a prova qual de’ due facesse più versi in un tempo prefisso; saprete che nell’Epistola a’ Pisoni consigliava, . . . . .
Lo spettatore avrà certamente desiderato in quel punto l’arrivo di Annibale, ed egli in fatti sopravviene, e le donne vogliono che dichiari qual di esse egli ami. […] Sventuratamente però questo caro suo Selino si nasconde appunto in Mustafà da lei abborrito; per la qual cosa ella disperata si avvelena. […] Tal mi sembra il discorso del finto Atlante nell’atto III, Dunque con forte destra ; tale la confusione di Rugiero In qual antro mi celo ; ma non è tale una specie di molle elegia recitata da Alcina coll’intercalare, Se Rugiero è partito, Alcina è morta a. […] Ma con qual arte?
Se pasa un rato De paseo, otro de juego, Quattro amigos, al teatro, Algun baile, la tertulia, Tal qual partida de campo; Y uno gasta alegramente Lo poco que Dios le ha dado. […] Chechesia però di tutto ciò la favola merita lode per la regolarità, per lo stile conveniente al genere de’ caratteri di Pepita, di Ambrosia, di Gonzalo e del marchese, nel qual personaggio con molta grazia si mette in ridicolo il raguettismo di coloro che sconciano il proprio linguaggio castigliano con vocaboli e maniere francesi, del cui carattere in Italia diede l’esempio Scipione Maffei nel suo Raguet, ed in Ispagna il riputato Isla, autore del Fray Gerundio. […] Ah che non sai qual pena… Isabella Eh sì, quanto io ti debba io non ignoro, So… parti, fuggi, lasciami morire. […] Dopo un sì fido amor, dopo tanti anni, Dopo tante speranze ecco qual premio Mi preparò la sorte!
Le Batteux, est le divin de l’Epopée mis, en spectacle, e ognun vede qual più vasto paese può essa scorrere senza errore. […] Ma qual Canto ebbe egli in mira? […] Da ciò potete inferire, come lo Spirito di Nazionalità vi ha offuscata la vista, per la qual cosa avete perduta la traccia del vero, e vi siete attaccato alle ombre. […] Ecco da ciò che voi presumete qual conseguenza ne scende: Che l’antico Canto degli Episodj, per essere meno figurato di quello de’ Cori, non era Canto. […] E qual è, Signor Lampillas, questa idea, che voi chiamate Disconforme dal vero?
La qual Commedia fu recitata con tanta meraviglia, in particolare dal valore ed eloquenza d’Isabella, che ognuno di lei restò stupefatto. […] D’ogni gloria maggior scena fastosa, fatti giardin d’un sempiterno alloro, giardiniera bellissima Gelosa, o qual di ricca statua alto lauoro fa colonna poggiar ambizïosa, di’ : base fui d’ un simulacro d’oro. […] Ma a questa corporale eloquenza [quantunque sia parte importantissima , talmente che è chiamata da molti l’ anima de l’ oratione, la qual consiste nella degnita de i mouimenti del capo, del uolto, degli occhi, e delle mani, e di tutto il corpo] non si potendo assegnare regola particolare, dirò solo, generalmente parlando, che il recitante dee sempre portar la persona suelta, Et le membra sciolte, et non annodate et intere. […] Oltra di questa, io me ne soglio fare un’ altra molto utile, et necessaria ; doue noto tutte le scene per ordine, co i nomi de suoi personaggi, et con il segno della casa, o della strada, di onde hanno ad uscire, et a qual desinenza, co ’l principio anco de le lor parole ; accio che con questa norma, possi chi n’ haurà cura, porre tutti i recitanti sempre a tempo al lor loco. […] Ma per che par che si usi a tempi nostri da destinguerle [pero che i moderni le ordiscono di piu lunghi soggetti] diremo dimane qual sorte d’intermedij son giudicati piu lor conuenirsi, Et insieme anco parlaremo de gl’ interualli de poemi pastorali, poi che per hoggi si è detto assai : et in uero mi conuiene essere a far proua di alluminar la scena della nostra comedia, per ueder che non gli manchi cosa alcuna, et però con uostra licenza farò fine al mio ragionamento, se però non uoleste uenir anco uoi, a ueder questa proua.
[6] Tra il fracasso dell’armonia, tra i tanti suoni accavallati l’uno sopra l’altro, tra i milioni di note, che richieggono il numero e la varietà delle parti, qual è il cantore la cui voce possa spiccare? […] Se così felicemente riesce nella musica sacra qual dubbio vi può essere che non riesca talvolta nella musica drammatica136? […] A qual fine quelle fastidiosissime ripetizioni? […] La malignità farà vedere un non so qual tuono d’ironia che indicherà la segreta compiacenza che ha del danno altrui. […] Poche sono le arie musicali moderne, alle quali (restando la composizione qual era) non possono adattarsi parole di sentimento perfettamente contrario.
Con qual fondamento diremo ancora che fossero Tragedie le favole accennate dal Barbadillo?
Questo Frinico di Melanta fu il poeta che rappresentando la mentovata tragedia preso da non so qual timore, ovvero da orrore naturale, non potè proseguire, ed il popolo lo fe ritirare dalla scenab.
I della sua opera su di ogni Letteratura pone Anassandride tra’ poeti tragici Agatocle, Aristarco, Tegeate, e Carcino, la qual cosa non parmi che altri dica.
E il tuo nome, o Signor, l’onde Tirrene rendan sempre immortal, qual per costume rend’io gli Eroi sull’erudite Scene.
Lo vediamo il '66 in Compagnia di Pietro Rossi ; poi, allontanatosi per alcun tempo dal teatro, bibliotecario del Senatore Davia a Bologna, poi di nuovo attore, recitando in varie compagnie, ma con poca fortuna, a cagione della sua austerità e taciturnità, a proposito della quale il Bartoli racconta che « andando un giorno a desinare con Andrea Patriarchi, non fu mai sentito pronunziare una parola durante tutto il tempo della tavola, e col solo saluto da quella casa partì. » Fu anche a Palermo, e quivi stette alcun tempo col Nobile Spaccaforni, qual segretario.
Secondo poi il Sand, Tabarino sarebbe stato lo Zanni della Compagnia che si recò in Francia il '70, condotta da Alberto Ganassa ; ma non ci dice, al solito, a qual fonte abbia attinta la notizia.
A lui, a lui; vedetelo . . . . qual pallida luce esce da lui! […] La regina viene a dire che Ofelia tratta dalla sua follia si è affogata nel fiume vicino, la qual cosa vie più accende la furia di Laerte. […] La qual notizia rilevasi dall’edizione fattasene in Valenza nel 1529.
Qual diletto poi, e qual maraviglia non si prova alla risposta di Curiazio, Je vous connois encore, & c’est ce qui me tue! […] L’una è che da Augusto vien Cinna troppo avvilito con dirgli: “tu faresti pietà anche a chi invidia la tua fortuna, Si je t’abbandonnois à ton peu de merite; per la qual cosa non ebbe torto quel maresciallo de la Feuillade, che ciò udendo esclamò; oimè! […] Ciò si deduce non senza fondamento dall’edizione della Primera Parte de Comedias de don Pedro Calderon de la Barca raccolte da don Joseph suo fratello, e impresse in Madrid per Maria Quiñones nel medesimo anno 1636, non trovandosi tralle dodici che vi si leggono la favola dal Tetrarca nominato; la qual cosa sarebbe stata una omissione somma, avendo tal componimento prodotto su quelle scene un grande effetto.
Gentile e singolar coppia di fratelli questa dei Berti, i quali, avendo cominciato a recitar da bimbi in compagniette di provincia, in cui peregrinarono sino all’ ’85, si scritturarono in quella italo-veneta di Benini-Sambo, lei come generica giovine, lui come amoroso e mammo, passando poi sempre uniti, modesti e perseveranti, rispettosi dell’arte e di sè, l’ ’87-88 con Marchetti, l’ ’88-89 con Maggi, dall’ ’89 al ’94 con Marini, e dal ’94 a tutt’oggi con Pasta, col quale resteran tutto il triennio, lei qual seconda donna di spalla, lui quale primo attor giovine. […] Tutto sta nel sapere qual sia il vero figlio di Arlecchino. […] Della qual cosa molto si dolse il Goldoni, che trovò modo di rincarar la dose de’rimproveri agli attori, i quali, recitando a braccia, o a soggetto, parlano qualche volta stortamente e a rovescio, guastando scene e facendo andar commedie intere a rotoli.
Sangaride Io fremo; il mio timor deh rassicura, Ati, per qual sventura Morir tu dei? […] Lulli finalmente serviva di scorta alla poesia del Quinault, avendogli mostrato in qual guisa debba il poeta recidere il superfluo e render semplici e facili i proprii soggetti per accomodargli alla scena musicale.
Io fremo; il mio timor deh rassicura, Ati, per qual sventura Morir tu dei? […] Lulli finalmente serviva di scorta alla poesia di Quinault, avendogli mostrato in qual guisa debba il poeta recidere il superfluo e render semplici e facili i proprj soggetti per accomodarli alla scena musicale.
Chiedete un po'a Ermete Zacconi qual metodo segua nello studio di una parte, e vi risponderà a un di presso così : « letto un lavoro che mi piaccia, esso resta nella mia mente, e mi segue costante come la larva del sole nella pupilla ; e, pur continuando l’opera mia consueta, provando altri lavori già vecchi, ragionando di cose estranee, passeggiando, mangiando, l’imagine della nuova commedia letta, e ch'io desidero di rappresentare, non esce mai dalla mia mente, e a poco a poco si disegna più chiara e decisa. […] Quando sento di possedere il quadro e le singole parti, allora comincio le prove ; e man mano che queste si svolgono, mi rendo conto degli errori nei quali posso essere caduto, vedo con maggior precisione in qual giusta luce debba essere posto ciascun personaggio.
Recatasi la Compagnia d’Isabella a Ferrara per farvi il carnevale, accadde che un de’suoi comici fosse colà ucciso ; per la qual cosa fu anch’essa cogli altri imprigionata.
Ma qual degna mercè l’itala terra Diede al suo Roscio,14 che a l’ingenue De la bella natura alfin rendendo [norme L’arte che dal clamor nome prendea, E le leggi cangiate onde costretta Aveala il vulgo letterato e i molti Ampollosi istrioni15 a cui la sagra Fiamma del genio non ardeva in petto, D’Adria il Terenzio e il Sofocle astigiano E quant’ altri ha poeti estrania scena Multiforme abbellia ?
Appartiene ancora al Rinuccini la Mascherata delle Ingrate balletto eseguito in occasione del matrimonio del principe di Mantova, nella qual città fu inpresso in quarto l’anno 1608. […] Quale ancor volgare leggitore, scorrendo un’opera del Romano Poeta Cesareo, in vece di seguir la traccia dell’azione e degli affetti, si ferma a considerare in qual vocale, in quale a o in quale e formarono i loro gorgheggi e le volate la Bandi o il Pacchiarotti?
Quando nel teatro Olimpico di Vicenza si rappresentò l’Edipo del Giustiniani, il coro (dice in una lettera Filippo Pigafetta) era formato di quindici persone sette per parte ed il capo loro nel mezzo, il qual coro in piacevol parlare ed armonia adempì l’uffizio suo . […] Di questi medesimi tramezzi crede il Fontanini che si servissero quelli che rappresentarono l’Aminta in Firenze per ordine del gran duca coll’accompagnamento delle macchine e prospective di Bernardo Buontalenti; la qual cosa riuscì con tal magnificenza ed applauso, che spinse il medesimo Torquato a recarsi di secreto in Firenze per conoscere il Buontalenti; ed avendolo appena salutato e haciato in fronte, se ne partì subito involandosi agli onori che gli preparava quel principe a. […] Ma quel sospirar delle piante, che potrebbe parer soverchio, con qual graziosa ironia non vien distrutto dalla disdegnosa Silvia!
Quando nel teatro Olimpico di Vicenza si rappresentò l’Edipo del Giustiniani, il coro (dice in una lettera Filippo Pigafetta) era formato di quindici persone sette per parte, ed il capo loro nel mezzo, il qual coro in piacevol parlare ed armonia adempì l’ufficio suo. […] Di questi medesimi intermezzi crede il Fontanini che si servissero quelli che rappresentarono l’Aminta in Firenze per ordine del Granduca coll’ accompagnamento delle macchine e prospettive di Bernardo Buontalenti; la qual cosa riuscì con tal magnificenza ed applauso, che spinse il medesimo Torquato a portarsi di secreto a Firenze per conoscere il Buontalenti, ed avendolo appena salutato e baciato in fronte, se ne partì subito involandosi agli onori che gli preparava il Granduca135. […] Ma quel sospirar delle piante, che potrebbe parer soverchio, con qual graziosa ironia non vien distrutto dalla disdegnosa Silvia!
Tn sa dir al to concet, zuè la tua vpilation, tu vuo dir Mad. la qual parland cun mi vuol vnfrir l’infurnad parol, che te ne par, nonella qsi ?
MADRIGALI v Or ch'altro scampo al mio martir non trouo, Spero che il Tempo mi darà salute, Voi della giouentute Priuando e me d’affanni, E spiegarà l’insegne fra poch'anni Nel vostro vago volto, Al qual tosto che tolto Haurà le rose fresche, e matutine, Torrà fors’anco a me del cor le spine.
E a qual altro oggetto avrebbe egli recate in lingua latina tante ricchezze greche? […] Si narra nell’atto V l’intrepida morte di Polissena, e ’l precipizio d’Astianatte, al qual racconto Andromaca si ricorda delle crudeltà esercitate in Colco, degli sciti erranti, degl’Ircani, degli altari di Busiride, de’ cavalli di Diomede. […] qual motivo avea Edipo d’abbandonarli al lor furore? […] Ah, qual funesta Confusion d’opposti nomi é questa! […] Ma gli atellani rispettati dal popolo, come ingenui, si esenzionarono da tale oltraggio, per lo qual privilegio chiamaronsi propriamente personati 93, come quelli che giammai deponevano la maschera.
Fu stampata per la prima volta in Venezia nel 1558, e il Domenichi la tradusse in Italiano, spacciandola qual cosa sua. […] Secondariamente si può aggiugnere, che Sulpizio avrà voluto dinotar coll’agere il rappresentar nudamente la tragedia, e col cantare il cantarne con vera musica ciò che va cantato, cioé i cori, qual cosa si direbbe acconciamente con latina proprietà agere et cantare tragoediam senza convertirla in melodramma moderno.
Andreini Francesco) che recitava le parti di dottore in quella Compagnia de’Gelosi, di cui tutte le parti erano singolari, col nome di Dottor Gratiano Partesana da Francolino, a differenza del Bagliani che aveva preso quello di Forbizone da Francolino, sotto il qual nome G. […] Per rappresentare adunque (secondo il mio senso) questo così gratioso personaggio direi che quello il qual si dispone di portarlo in iscena, si formasse ben prima nell’ idea un tal huomo il quale voglia esser moderno al dispetto dell’antichitá, & che a tempo isguainasse fuori sentenze propositate quanto alla materia ; ma sgangherate quanto all’espressura, il condimento delle quali fosse vna lingua Bolognese in quella forma, ch’ella viene essercitata da chi si crede, che non si possa dir meglio, & poi di quando in quando lasciarsi (con qualche sobrietà) vscir di bocca di quelle parole secondo loro più scielte ; ma secondo il vero le più ridicole, che si ascoltino ; come sarebbe a dire.
Per la qual cosa si distinsero da prima le parti più notevoli del discorso e così via via le meno sino alle più semplici e inseparabili. […] Per la qual cosa i nostri movimenti ed i nostri gesti si possono riferire direttamente o agli altri o a noi medesimi. […] Ma prima di determinarci, specialmente se da più obbietti e da impressioni differenti o contrarie siamo ad un tempo fortemente agitati, qual interno contrasto non proviamo, e qual incertezza non dobbiamo vincere? […] Or qual è questo bello? […] Da questa analisi risulterà qual sia il bello proprio di ciascuna arte, o qual sia l’obbietto, il carattere e il grado dell’espressione complessiva, che ciascuna arte vuole imitare, e specialmente la declamazione.
Or Giasone provvede alla sua salvezza promettendo di sposar la figlia di Creonte, e Medea rimane sola la vittima dello stato; per la qual cosa obbligata ad abbandonar tosto Corinto ottiene a stento la dilazione di un solo giorno. […] E perchè totalmente scoppi la tenerezza materna, cerca atterrirla: Tibi gratulandum est, misera, quod nato cares, Quem mors manebat saeva, praecipitem datum È turre, lapsis sola quae muris manet; alla qual cosa Andromaca sbigottisce: Reliquit animus, membra quatiuntur, labant, Torpetque vinctus frigido sanguis gelu. […] una res superest mihi, Odium tui; la qual cosa vedesi da Metastasio emulata, … Sola mi avanza (E il miglior mi restò) la mia costanza. […] qual motivo aveva Edipo di abbandonarli al loro furore? […] Ah qual funesta Confusion di opposti nomi è questa!
Ecco le parole del Belli riportate dal Bevilacqua : « L’uno (Francesco Andreini) è de’ Cerrachi di Pistoja, hora detti dal Gallo : nella qual casata vive il molto illustre Signor Cavaliere Gallo, e l’Eccell.° Signor Dottore suo fratello ; et l’altra (Isabella) è de’ Canali da Venetia, già figlia del Signor Paolo Canali ; sì come l’autore, in conformità del vero, un giorno a pieno farà intendere, e la cagione perchè fin ad hora si sieno chiamati degli Andreini…. […] Poteva pur mio padre mettermi a qualche altro mestiero, nel qual credo che avrei fatto miglior profitto, e senza tanto travaglio, poichè chi ha arte ha parte in questo mondo, soleva dire Farfanicchio mio compagno. […] Tu musa, ai grandi amica alma Calliope, prestami il tuo favore, acciò che i ritimi, habbiano qual che forza in questo genere. […] O fortuna inconstante, o corso variabile, o speranze di vetro, o sorte nemica a’ miei desiderj : qual cuore di durissima selce, saldo alle più dure lagrime non verserà per gli occhi duo vivi fonti d’amarissimo pianto ? […] Canzonetta nuova nella qual – s’itende come la lascia, & – l’abandona – DISPESATA DAL CAPITAN SPATEGA. – In Bologn. per gli Er. del Cocchi co.
Ora se l’uomo per natura si occupa continuamente a dipingersi le cose che lo circondano, in lui stesso si rinviene il principio di ogni imitazione, che è il perno, su cui volgesi la poesia; per la qual cosa Aristotile nella Poetica chiamava l’uomo animale attissimo ad imitare che impara per rassomiglianza.
Etrusco, secondo Livio, è il vocabolo hister da’ Romani convertito in histrio ed usato in vece di ludio per l’attore scenico, nel qual senso si è continuato ad usare in varie lingue volgari Europee.
Ora se l’uomo per natura si occupa continuamente a dipingersi le cose che lo circondano, in lui stesso si rinviene il principio di ogni imitazione, che è il perno, su cui volgesi la poesia; per la qual cosa Aristotile nella Poetica chiamava l’uomo animale attissimo a imitare che impara per rassomiglianza.
Pur consideri pietosamente la Paternità Sua Molto Reu.ª, qual sia il mio stato infelice.
Trovavasi un dì Caligola presso ad una statua di Giove col suo Apelle, e gli venne il capriccio di domandargli, fra Giove e lui qual de’ due gli sembrasse più maestoso. […] E non trovandovi nè anche salva la decenza e la morale, perchè le buone tragedie o commedie aveano ceduto alle leggerezze e agli adulterii delle mimiche rappresentazioni, gli zelanti Cristiani concepirono del teatro le più sozze idee, e scagliarono le più amare invettive contro gli spettacoli e gli attori scenici, sotto la qual denominazione compresero soltanto gl’ infami mimi e pantomimi e le impudentissime mime, cantatrici e ballerine. […] I Selvaggi d’Ulietea, anzi d’ogni contrada e d’ogni tempo, non oltrepassando i balli o pantomimi accompagnati dal canto, danno a divedere al filosofo investigatore in qual distanza dalla coltura essi ritrovinsi.
Oltracciò da qual necessità obbligata Semiramide entra nel Mausoleo? […] Dopo questi soprallodati autori comici M. de la Chaussée, nato in Parigi nel 1691, e morto nel 1754, ha maneggiato un genere di commedia tenera nel pregiudizio alla moda, qual genere, se si fosse contenuto ne’ giusti limiti, sarebbe a’ giorni nostri senza giustizia proscritto dal giudizioso abate Sabatier de Castres nel suo Dizionario di Letteratura tom. […] É ben vago il pronome Elle posto prima di aver nominato Sofia; ed a qual altra penserebbe Saint-Albin? […] E quindi nacque una commedia che partecipava della francese e dell’italiana istrionica; nel qual genere tra’ francesi si sono contraddistinti i signori Autreau, Le Grand, Fuselier, Boyssi, Marivaux, e sopra tutti il delicato Saint-Foix, il fecondo e ingegnoso Favart, e ’l grazioso e spiritosissimo abate de Voisenon, e tra gl’Italiani Domenico, Romagnesi, e Riccoboni.
È costui un abate che unisce in matrimonio certo Guglielmo di picciola levatura ad una giovane da lui stesso amata, cui dà il nome di sua cugina, e finalmente gli scopre il secreto: J’aime ta femme, et avec elle Je me couche le plus souvent; Or je veux que doresnavant J’y puisse sans souci coucher; alla qual cosa il buon Guglielmo risponde: Je ne vous y veux empecher.
E’ costui un Abate che unisce in matrimonio certo Guglielmo di picciola levatura ad una giovane da lui stesso amata cui dà il nome di sua cugina, e finalmente gli scopre il secreto: J’aime ta femme, & avec elle Je me couche le plus souvent; Or je veux que doresnavant J’y puisse sans souci coucher; alla qual cosa il buon Guglielmo risponde: Je ne vous y veux empecher.
Ma il leggitore sarà curioso di sapere, su qual fondamento colui ciò affermato avesse.
Ognun vede qual sorta di dramma poteva a que’ tempi aspettarsi.
La giudicatura cadde nelle mani d’uomini senza lettere, i quali non di rado venivano dalle parti obbligati a provar coll’armi la propria integrità e la giustizia della sentenza data, per la qual cosa richiedevasi in essi più forza di corpo che di mente.
Per la qual cosa non ebbe torto il signor di Voltaire in asserire, che questa singolare e troppo ardita commedia tratta dalla Scuola delle Donne di Moliere, se volete non è scuola di buoni costumi, ma sì bene di spirito e di buon comico.
Nel 1528 diede la sua prima commedia in cui ciascun personaggio parlava un differente linguaggio : la qual cosa dovette recar molto piacere agli ascoltatori delle varie regioni che voller d’allora in poi – scrive il Sand – rappresentato sulla scena il proprio tipo….
il seguente sonetto che riferisco dal Bartoli : No, che non sa qual su gli umani affetti abbia possanza amor, chi te non vede co i vezzi a lato, e i teneri amoretti mover d’Alcide in sulle scene il piede.
Non bene apparisce in qual maniera avesse l’autore ideato il luogo dell’azione per rendere in tanta distanza quanta esser dovea tra un campo che assedia ed una piazza assediata, verisimili tali conferenze, e specialmente tutto l’atto III. […] Ma egli stesso no se ha hecho bien cargo di ciò che io dissi e ripeto, cioè che esse converrebbero a’ Numantini, usate a tempo e parcamente , la qual cosa tradotta in volgare significa che esse sono proprie di un popolo irritato contro Roma, ma non dovrebbero occupare il luogo dell’azione essenza del dramma; non risentire l’affettazione ma derivare naturalmente dalle situazioni, e non essere, come sono quasi tutte, una pretta borra intempestiva. […] Nel poema Rachele vuol dire che ferendola essi macchiano i loro acciari col sangue di una femmina; nella tragedia si chiama obbrobriosa l’azione di armarsi contro di lei, ritrattando così la correzione; e rinfacciando loro la ribellione, la qual cosa rende inutile la preghiera. […] Ma qual pro reca alla nazione una collezione che non è nè ragionata, nè completa, nè scelta? […] Non so per qual ragione non aggiunse anche per Affrica, giacchè da una loa composta dall’istesso Huerta in Oràn mentre dimorava in quel presidio, vi si rappresentò la Rachele dagli uffiziali della guarnigione.
La prima modificazione è quella che forma le lettere vocali, e consiste nella maggiore o minore apertura della bocca nel proferir certi suoni, rimanendo le labbra, la lingua, e i denti in una situazione fissa e permanente senza toccarsi insieme: dalla qual permanenza ne siegue, che il riposo della voce ne’ detti suoni non meno die gli alzamenti, e gli abbassamenti di essa, possono essere più o meno durevoli, secondo che più o meno dura l’espirazione dell’aria, che esce dai polmoni. […] Il qual vantaggio non può avere la lingua francese, dove tutte le parole si pronunziano coll’accento sull’ultima sillaba; ond’è che i cantanti per rendere men monotono il recitativo loro, e più gradevole all’orecchio, si veggono costretti a discostarlo dal naturale, caricandolo di falsi ornamenti. […] Potrebbe ancora farsi vedere in qual guisa sappia essa congiungere l’ordine colla vivacità e colla chiarezza la forza, imbrigliare l’immaginazione senza rallentarne la possa, accomodarsi a tutte le inflessioni, e a tuti gli stili, conservando, ciò nonostante, l’indole sua propria, e nativa: quanto vaglia a esprimer tutte le passioni, e a dipinger tutti gli oggetti, e come divenghi lo strumento egualmente dallo spirito della fantasia, e degli affetti.
[4] Noi ignoriamo fino a qual grado di energia potrebbe condursi un siffatto strumento, ma havvi ogni apparenza di credere che se gli uomini non avessero sviluppato giammai l’organo della voce, né inventata l’arte della parola, l’idioma de’ gesti perfezionato dal bisogno, e avvivato dalle passioni avrebbe potuto comodamente supplire all’uno e all’altra. […] La prima delle accennate osservazioni è diretta a far vedere di qual perfezione sarebber capaci fra noi le arti pantomimiche avendo mezzi più efficaci che non avevano essi per ben riuscirvi. […] La seconda in quanto viene applicata al melodramma o come parte costitutiva di esso e coll’azione intimamente connessa, o come facendo classe di per sé qual semplice intermezzo frapposto tra atto ed atto. […] Ma lasciando cotal impegno (più utile e di maggior conseguenza che non si crede comunemente) ad altri scrittori più profondi, passiamo a disaminare qual uso possa farsi della danza nel melodramma. […] Sotto la direzione del secondo s’udirono per la prima volta l’arie dette di prestezza, perché in esse il movimento divenne più vivo e la cadenza più marcata, dalla qual novità commossi secondo il solito gli adoratori del rancidume si diedero tosto a gridare che la musica si corrompeva, e che il buon gusto andava in rovina.
Molto meno una locuzione bassa o mediocre, qual si permette alle Commedie, poteva essere l’oggetto dell’imitazione del nostro Poeta.
Egli seppe valersi, non si sa per qual modo, d’un gran numero d’argomenti tratti dagli autori greci e latini, ch’egli non potea leggere, non essendosi allora tradotti ancora nell’idioma tedesco.
Rappresentano ancora le parodie de’ componimenti recitati nella Commedia Francese e nel Teatro Lirico, la qual cosa unita al concorso che ingelosiva gli altri commedianti, fu cagione della proibizione a quelli della fiera di dare tali rappresentazioni.
mo Starò qui in Venetia sin venerdì pross.º venturo per sapere dove deve la compagnia deve principiare, et a qual parte deve incaminarsi, come nella sua mi accenna, giacchè la mia putta sta assai bene et è in stato di potersi mettere in viaggio, la prego dunque a portarmene l’avviso aciò possa parteciparlo ad Oratio e pantalone che qui si ritrovano, et doppo partirmi subito per bologna, dove per miei interessi mi converrà trattenere al mancho otto giorni, non ho che agiungere se non supplicarla di novo per lettera di Ferrara per la Gabella, et augurando insieme con la mia putta a V.
Della qual cosa tanto si mostrò grata la somma artista che gli diè promessa di andar ella stessa ad inaugurar le recite.
Si riprodusse la Carolina coll’Irrequieta, nella qual parte piacque infinitamente. […] Domeniconi da Napoli il 26 novembre ’41, tanto per cambiare, insiste per scritturarla qual prima attrice in una delle due compagnie che sta formando : e l’11 dicembre 1841 Corrado Vergnano da Parma canta la stessa solfa.
Che se ne’ principi primi dell’arte loro pur sono cosi disadatti e goffi, qual maraviglia se non giungono dipoi a quelle finezze ultime che l’arrivarvi è tanto difficile, e senza le quali non ci può essere nell’azione né dignità né verità?
Anzi Plauto, nella sua commedia Miles gloriosus at. 2, sc. 2, fa che Palestrione greco personaggio lo chiami poeta barbaro, cioè non greco, ma latino, la qual cosa non avrebbe potuto dire senza sconcio, se Nevio nato fosse nella Magna Grecia.
Per qual ragione l’Apologista esclude il Cefalo, e l’Orfeo del XV. secolo?
Trovavasi un dì Caligola presso ad una statua di Giove col suo Apelle, e gli venne il capriccio di domandargli, qual de’ due fra Giove e lui gli sembrasse più maestoso.
Ella così conchiude: Per me non v’è conforto Per te non v’è tormento, Che qual tu pur ti se’ perfido e crudo, E forza, oimè!
Ella così conchiude: Per me non v’è conforto, Per te non v’è tormento, Che qual tu pur ti se’ perfido e crudo, E’ forza, oimè, ch’io t’ami; Io t’amo, e se per altro Non t’è caro il mio amor, caro ti sia Perchè il mio amor sarà la morte mia.
Fu con Giuseppe Moncalvo, il famoso Meneghino, o Beltramino, e più grandicello con Giorgio Duse, zio della celebre Eleonora : ma la sua vita artistica, può dirsi datare dal ’62, nel qual anno entrò come secondo amoroso e generico giovine in Compagnia di Luigi Bellotti-Bon, attore brillante insuperato e insuperato direttore.
Fino a qual grado ha egli esercitata la pazienza nelle discipline degli studj per fondere il comico e il drammatico in modo da far piangere e ridere il pubblico in su lo stesso punto, con una perfetta musicalità d’inflessione, con un atto, con uno sguardo ?
ma Casa per Pantalone nel qual tempo ha conosciuto apertamente, et indubitatamente esser impossibile, esercitandola, il poter saluar l’anima sua, e sù questa certezza l’anno scorso haueua determinato di lasciar tal arte, e ritirarsi in un Monastero, e che sij il uero col Padre Guardiano de Zocolanti di Cento trattaua tal interesse ; ma perchè quelli che esercitano tal arte sono senz'anima, e pieni d’iniquità fecero che fu chiamato a recitare dal Ser.
Ora aggiungerò qual regola s’hanno comunemente proposta nella imitazione de’ tragici costumi. […] Infatti qual altro è quello che nasce dalle bugie del suo mentitore ch’egli reca per esempio della sua praticata dottrina? […] Al qual proposito mi sovviene esser parimenti biasimevoli alcuni per una ostentazione vana d’erudizione. […] E se cadesse innocentemente nel suo pericolo qual utile recarebbe il terrore del medesimo? […] Ma qual ricreazione può mai compararsi a quella di una Commedia, e Tragedia ben fatta?
Nella recitazione alle Logge di Firenze (il gennaio del ’93) della Pamela nubile in memoria del primo centenario della morte di Carlo Goldoni, con Tommaso Salvini Bonfil, ella, fedele interprete degli intendimenti artistici di un tanto maestro, mostrò a qual grado di perfezione si possa salire.
Pieno com’era della greca erudizione, non trovò difficile di far retrocedere i Leggitori più dozzine di secoli; ma qual pro? […] Ma qual esser debbe l’eccellenza della tragedia Italiana, se tutto un Voltaire, per contrabbilanciar la voce universale e screditarla, ha dovuto ricorrere a un’astuzia sì vergognosa degna degli antichi Davi, la quale scopre in lui il letterato invidioso, e ne fa svanir l’uomo onesto210? […] Ma per instruzione della Gioventù, e per far giustizia al vero, osserviamo in qual maniera si son condotti quelli due grand’Ingegni, maneggiando in generi diversi due umili congiure e due perdoni tramandatici dalla Storia.
Sappi : come tra i fiori è la rosa sol bella, cosi ancor d’ ogni fiore ella è più frale : Ma qual rosa più vaga e porporata è della vita umana ? […] E benchè agli occhi altrui t’ assembri esser celata, sappi, misera, sappi, che non t’ ascondi al gran saver di Dio, il qual con occhio terno e sempre desto, vigila, mira, e vede ; e non pur che pareti e tetti, i monti penetra, passa il mar, giunge a gli abissi, verissima del Ciel perpetua Lince.
Ryer compose una tragedia di Lucrezia, non conoscendosi allora in Francia a qual segno sia indecente e intollerabile sulle Scene quest’argomento. […] Io non so per qual gotica stranezza di gusto i critici pedanti rendono problematiche le verità più manifeste.
Di qual forza si ueste il mio corpo per sostenere lo sforzo di tanta sventura ?
Adunque senza tener conto veruno della rigidezza affettata di alcuni sedicenti coltivatori de’ severi studii, i quali sdegnano tutto ciò che non è algebra, nè delle meschine rimostranze di qualche bonzo o fachiro, nè delle insolenze di alcuni immaginarii ministri di non so qual filosofia arcana, e molto meno apprezzando le ciance insidiose smaltite fra i bicchieri delle tavole grandi da certi ridevoli pedantacci che ostentano per unico lor vanto l’essersi procacciati varii diplomi accademici, noi avremo sempre in pregio così amena filosofia in azione, di cui gli additati impostori ignorano il valore e la prestanza.
Finalmente con abbondantissime lagrime trasse fuori il corpo di Cesare nudo, scoprendo la veste sua piena di sangue e stracciata dal ferro; dal qual lugubre e lamentevole spettacolo il popol tutto fu commosso a piagnere.
… E nondimeno, quand’egli vive lontano dall’arte nella quale egli vede le più alte idealità cedere il posto a la camorra signoreggiante, quanta dolcezza, quanta soavità…. e più ancora qual finezza di forma ; laddove, nello scoppio dell’iracondia le parole gli escono di bocca come sono sono, e s’inseguono e s’incalzano senza che il pensiero della lima tenti di arrestarle.
Da qual parte fosse maggior lealtà di combattimento non saprei dire ; forse uguale in entrambi ; ma il Peracchi uscì di compagnia l’anno veniente, e il Rossi vi fu riconfermato per un triennio, assoluto e solo, con cento lire di aumento pel primo anno, e 1400 e una mezza serata per ciascheduno degli altri due, più un regalo di lire mille per una sol volta.
A lui, a lui; vedetelo… qual pallida luce esce da lui! […] La regina annunzia che Ofelia tratta dalla sua follia si è affogata nel vicino fiume; la qual cosa vie più accende la furia di Laerte.
E non trovandovi nè anche salva la decenza e la morale, perchè le buone tragedie e commedie aveano ceduto alle leggerezze e agli adulterii delle mimiche rappresentazioni, gli zelanti Cristiani concepirono del teatro le più sozze idee, e scagliarono le più amare invettive contro gli spettacoli e gli attori scenici, sotto la qual denominazione compresero soltanto gl’infami mimi e pantomimi, e le impudentissime mime, cantatrici e ballerine.
Adunque senza tener conto veruno della rigidezza affettata di alcuni sedicenti coltivatori de’ severi studii, i quali sdegnano tutto ciò che non è algebra, nè delle meschine rimostranze di qualche bonzo o fakir, nè delle insolenze di alcuni immaginarj ministri di non so qual filosofia arcana, e molto meno apprezzando le ciancie insidiose smaltite fra i bicchieri delle gran tavole da certi ridevoli pedanti che ostentano per unico lor vanto l’ essersi procacciati varii diplomi accademici, noi avremo sempre in pregio così amena filosofia in azione, di cui gli additati impostori ignorano il valore e la prestanza.
Lo stesso Muratori, negli Annali d’Italia all’anno 1036 parlando delle famose nozze di Bonifazio marchese di Toscana con Beatrice di Lorena, dice coll’ autorità del celebre Donizione citato qual testimonio di vista che “per tre mesi nel luogo di Marego sul Mantovano si tenne corte bandita.
Io ho seguitato fino a pochi mesi addietro a spendere e spandere per decorare le produzioni con una esattezza di costumi e con uno sfarzo ignoto fino ai nostri giorni ; e qual è la città che me ne ha tenuto conto ?
Egli si scatena contra di lui come il primo corruttor del Teatro; però la corruzione suppone uno stato di sanità e perfezione anteriore; ma qual era il Teatro Spagnuolo prima di Lope?
Ecco in qual guisa espresse Metastasio sì gran sentimento nella mutazione del suo Catone: Ecco soggiace Di Cesare all’arbitrio il mondo intero. […] Egli spira qual visse grande e virtuoso prima della libertà.
Questo gran sentimento non isfuggi al Metastasio; ed ecco in qual guisa l’espresse nella mutazione dell’ultimo atto del suo Catone: Ecco soggiace Di Cesare all’arbitrio il Mondo intero. […] Egli spira qual visse grande e virtuoso prima della libertà.
Il solo Luigi XVI ne giudicò in Versailles più favorevolmente de’ suoi cortigiani, la qual cosa manifesta il buon gusto di questo monarca e la stima che faceva di Moliere.
ri mei che me facessero far la pace il qual S.
Perchè poi non potrebbe dirsi che Sulpizio avesse voluto dinotar coll’agere il rappresentar nudamente la tragedia, e col cantare il cantarne con vera musica ciò che và cantato, cioè i cori, la qual cosa direbbesi acconciamente e con latina proprietà agere et cantare tragoediam, senza convertirla in melodramma moderno?
Perchè poi non potrebbe dirsi che Sulpizio avesse voluto dinotar coll’ agere il rappresentar nudamente la tragedia, e col cantare il cantarne con vera musica ciò che va cantato, cioè i cori, la qual cosa direbbesi acconciamente e con latina proprietà agere & cantare tragœdiam, senza convertirla in melodramma moderno?
Oh…. nella scena colla sorella, che a lei confessa il proprio amore per Max…, qual deliziosa, ineffabile musicalità di toni !
— Traduzione dal francese della Dichiaratione del Re Christianissimo pubblicata nel Parlamento nel qual S.
Riuscì un poco più col Regolo nel 1773, in cui imitò l’Attilio Regolo del Metastasio, e in ricompensa il censurò; al qual travaglio volendo noi mostrarci grati abbiamo fatto menzione della sua tragedia per conservarne almeno il titolo.
Fu un poco più felice il Regolo nel 1773, in cui imitò l’Attilio Regolo del Metastasio, e in ricompensa il censurò; al qual lavoro volendo noi mostrarci grati abbiamo mentovata la sua tragedia, perchè se ne conservi almeno il titolo.