Per i 14,000 franchi contateci, come sono sicuro che l’esito sia di tutta soddisfazione per voi, per me e per gli artisti. Di questo sono moralmente convinto. […] E per le intellettuali : Le sue ispirazioni sono sublimi, ella trova nelle sue parti ciò che l’autore stesso non aveva indovinato, e le sviscera in ogni più tenue gradazione di tinte : con un sol gesto, con una occhiata ella dice assai più di un’altra con cento parole. […] E finalmente Vittoriano Sardou, venti anni dopo, ricordando l’antico entusiasmo, scriveva a un amico : Sono stato un de' più grandi ammiratori della Ristori. […] Scuola di Recitazione di Firenze che ho l’onore di dirigere ; e sono orgoglioso di poter qui legare in qualche modo il mio piccolo nome a quello di lei grandissimo e venerato.
Cominciando dagli Ebrei l’opera letteraria più antica sono i Cantici del loro legislatore Mosè. […] Gli anzinominati versi saliari Latini sono anteriori alla prosa usata la prima volta da Appio Cieco contro Pirro. […] …Ma conoscenza di dritti, osservazioni sul costume, raziocinio, artificio di lagnarsi impunemente, sagacità di ottenerlo per via di giuoco, sono idee di popoli gia in gran parte dirozzati, e per conseguenza può bene asserirsi che di tutti i generi poetici il teatrale è quello che singolarmente alligna nelle società già stabilite, e dove regna una competente coltura ecc.
Le sue languide tragedie, per avviso de’ medesimi Francesi, sono scritte in istile assai basso e ineguale, senza arte, senza azione, senza maneggio di teatro9. […] Donne violate, cortigiane, adultere, sono le principali persone delle sue favole. […] Io sono però d’avviso che essi appena ne trassero i nudi argomenti, che poi vestirono alla loro foggia.
I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non sono tradite dall’affettazione, benchè non mostrino di essere animate da que’ medesimi colori della natura che nella Troade e nella Medea enunciano la mano esperta di un valente pittore. […] Poetiche sono molte comparazioni ma sembrano assai improprie nel genere rappresentativo, quando sono lunghe e troppo circostanziate. […] Le riflessioni filosofiche di lui sono ricavate con molta cura da varie epistole di Seneca. […] Meritevoli di particolar lode sono eziandio le preghiere di Ercole nell’atto IV. […] Tali sono, Nunquam est ille miser, cui facile est mori.
VII) sono belle fole, e pretti sogni di Giove. […] Insigni ancora sono le sentenze da codesto nuovo legislatore di Poetica pronunciate contro l’Italica nazione in fatto di poesia. […] Si dee sapere, che fra gli altri ciarlatani, empirici ed istrioni, che a’ nostri giorni han fatto e fanno grandissima fortuna in Parigi, vi sono con carrozza ed equipaggio un certo Nicole, e un certo Nicolet, de’ quali il primo a forza di far correre avvisi stampati per guarire il mal francese, e ’l secondo a forza di rappresentar farse e buffonerie sopra i Baluardi e alle Fiere di San Germano, e di San Lorenzo, seppero così ben fare i fatti loro, che da molti anni sono padroni di varie terre, le quali hanno titolo di Signorie.
Sono da aggiungersi il figlio Gaetano e la nuora, e la figlia Marianna.
Non poche sono le parti che gli procacciaron le lodi dei pubblici i più colti, ma specialmente si notan quelle di Osvaldo negli Spettri di Ibsen, e di Prina nella Fine di secolo di Rovetta.
Antecedenti le sono la Ponti (V.) e l’Antonazzoni(V.), e posteriori l’Isola (V.) e la Torri (V.).
Fra i tanti versi ch'ella ispirò, metto qui il seguente SONETTO Sì, che maggior d’ogni Apollineo canto Sono, egregia Moretti, i pregi tuoi ; Per te non arte, ma natura i suoi Vivi affetti spiegar par ch'abbia vanto : Ben sanno quale a i cor formasti incanto Di Terme Il Conte, e i Veronesi Eroi ; Corrado e Clarendon san quel che puoi Se sciogli il freno a l’ira, a i vezzi, al pianto.
Fu buona prima attrice giovane al fianco di suo marito, poi, con lui capocomico, buona prima attrice, specie nelle più strampalate pochades, che sono il fondamento del suo repertorio.
Sono lieto di mettere qui il nome di Giuseppe Strini, mio caro compagno del tempo della Sadowsky (1873), il quale ebbe a sostenere dure lotte in arte, per la figura e soprattutto per il volto, poco in armonia col suo ruolo di amoroso ; dalle quali uscì vittorioso con la rara correttezza della sua dizione.
L’Anfitrione 198 e l’Avaro sono imitazioni di Plauto. I fratelli della Scuola de’ Mariti sono gli Adelfi di Terenzio. […] Quell’ingegno raro portò l’ opera francese, appena nata, all’eccellenza, e i di lui più pregevoli drammi sono Armida, Ati, Alceste, e Teseo. […] Ma l’opera italiana presente imita le cose sumministrate dalla natura, e gli eroi umani, dopo che vi si sono adoperati i Salvi, gli Stampiglia, gli Zeni, e i Metastasi. […] Ma le rappresentazioni arlecchinesche sono buffonerie conosciute per tali anco dalla plebe femminile, né vi é pericolo che producano in Italia tale effetto.
Compiange gl’infelici che sono quì capitati ignorando i costumi de’ Ciclopi. […] Patetiche ed eloquenti sono le preghiere di Ulisse, e se un Ciclope poteva intenerirsi, L’avrebbe conseguito. […] Francesco Patrizio coll’autorità di Demetrio Falereo e di Ateneo dimostra di aver Sifrone composto in versi; e versi in fatti sono i frammenti che si conservano de’ suoi Trofei Femminili e Virili. Il Mazzoni, il Vettori, il Beni, il Nisieli sono dell’avviso del Patrizio. […] L’Apolocyntosis di Seneca, ed il libro de Consolatione Philosophiae di Boezio sono ancora satire simili alle Varroniane.
E come potrà egli essere sensatamente composto e scritto, se quegli che dovrebbono ubbidire sono pur essi che dettan leggi e comandano? […] Al presente il teatro è in mano d’impresari che non altro cercano se non trar guadagno dalla curiosità e dall’ozio di pochi cittadini, non sanno il più delle volte ciò che fare si convenga, o atteso i mille rispetti che sono forzati di avere, nol possono mandare ad effetto.
Bancks e il dottor Solander, sono parimente di equivoco carattere. […] Nelle isole dette da Cook di Sandwich vi sono eziandio danze pantomimiche accompagnate da musica, le quali si approssimano più a quelle della Nuova-Zelanda che a quelle di O-Taiti o degli Amici.
Interessantissima è sopra ogni altra l’analisi ch’ egli fa delle varie parti, o ruoli (amoroso, primo uomo, padre, caratterista, parti brillanti, tiranno, servo sciocco e secondi caratteri, prima attrice, ingenua o amorosa, vecchia caratteristica, cameriera, madre), analisi ch’egli restringe poi in queste ultime parole : L’amante ingenuo dice all’oggetto più caro del suo cuore : – Sono innocente – colle voci di scusa, di raccomandazione, o di abbandono, e disperazione. […] Sono innumerevoli i modi relativi ad una brevissima frase per accennarla colla dovuta proprietà.
che sono il paradiso dei poveri comici. […] come narra la favola, Abelardo magro come descrive Rousseau, Romeo magro come lo dipinge Shakspeare, Iacopo Ortis non lasciò tempo al tempo di farlo ingrassare come narra Foscolo, e se il Petrarca era grasso gli è perchè era canonico e non corrisposto…. ci scommetterei, malgrado i suoi « Fiori fronde erbe antri onde ombre auri soavi » fra le quali ti mando a prender fresco e ti saluto e ti salutiamo, vi salutiamo e sono l’amico MENICO.
Esordì bambino nella Compagnia di suo padre, e così, egli stesso, mi descrive i suoi primi passi : « quella che non mi andava giù era la parte di uno dei figli nell’ Edipo Re : non potevo resistere allo strazio di vedere all’ ultimo atto mio padre senza occhi ; anzi, al Filodrammatico di Trieste, una sera, ho piantato tutti e me ne sono andato via di scena piangendo. […] Sono dunque trent’ anni di vita d’arte vissuta, in cui il trionfo non s’andò mai attenuando, per la modestia grande dell’uomo e dell’artista accoppiata a una volontà di ferro, e ad un rispetto di sè e del pubblico, direi incredibile.
Degne di certo interesse a chi fosse dotato di molta pazienza, sono alcune poesie nelle quali egli dà la spiegazione dell’oroscopo. […] Ai nomi di Costantini Giovan Battista e Gherardi Evaristo sono accennate alcune querele e dispute ch'egli ebbe, per le quali si ricorse perfino alle vie di fatto con la spada alla mano.
I titoli che ci rimangono delle di lui favole sono: Talatta nome di una meretrice secondo Ateneo, Thyestes, Bacchae, Melittae, Oniri. […] Tali sono Ermippo, Antifane, Eubolo, di cui Grozio rapporta qualche picciolo frammento della commedia intitolata Antiope; ed Esippo che scrisse una commedia detta Saffo; e Frinico comico più volte motteggiato da Aristofane, e che fiorì verso l’olimpiade LXXXVI. […] Ma le cose quì accennate e ciò che in appresso rapporteremo, sono tutt’altro che prediche, catechismi, ed esercizii spirituali.
ta Comp.ª, sopra della scena, che si auerebbe da esser fratelli, sono come nemici chi da un ochiata torta, chi ride dietro al altro, e tra l’altre ogn’un dice, scriverò al Sig. […] E. non uol saper niente, si che non si pol far un opera che sia bona, ma non solo le opere anche le comedie ; l’altra sera appunto si fece ti tre finti turchi e recito il secondo Zanni nouo che andò così bene che tutti si partirno inanzi fornita ; dicendo che se si fariano di quelle ci daranno delle Pomate. dove che ardisco suplicarla il dar ordine à qualcheduno che regoli la compag.ª pchè ò bisogno di studiare è tirarmi inanzi non di star à spasso p. i capricci d’altri ; la Sig.ª Flaminia à dato una delle sue parte che ne faceva due à mia sorella addesso pare che la Sig.ª Ippolita con la colega fatta tra di loro abbiano disgusto è la uoriano far fare alla guercina basta doppo dificultà si sono contentati ma però di nouo lo suplico il scriverli che la facciano recitare è la lettera onorarssi d’inuiarla à me però diretta alla Comp.ª non dirò più per non incomodarla, solo che se segue così non occorre uenir a Ferara p. che so che se non fosse in riguardo alla protetione di V. […] mo Dalla compitissima Sua sento le glorie fracesi, che già comincio a vedere che la fortuna, a cura ma questo poco m’importa, sono gl’otto scudi delle botte che mi danno fastidio, La pregho andare dal Signor Giuseppe Priori, cassiero del Monte, e dirli che mi fauorisca auuisarmi per qual causa non ha pagato una mia polizza d’una doppia dicendo non auer denari de miei, e farsi dare una notarella del nostro, conto, perche mi pare che tenghi assai più nelle mani, se pure a riscosso li denari dal Ebreo Rossi al quale uendei il Vino, auendo il suddetto Signor Priori acettato di riceuer lui il mio credito e darmene credito, che in tal caso corre la somma per conto suo, che per altro, io non avrei dato il Vino, oltre di che di Conto Vecchio ui è qualche bagatella senza questi che lo pregho prenderne Nota distinta accio possa regolarmi, e ne do carico a V.
Si, vostra io sono ; in questo suol nudrita, nei domestici esempi e più dai segni de’ vari effetti ch’ io leggeavi in volto, dell’ardua scola teatrale appresi le prime norme, e andai crescendo all’ arte che all’atteggiar della pieghevol voce gesto loquace accorda, e fida esprime opre, affetti, pensier, costumi e sensi. […] Lo preghiam, lo speriam : se i nostri voti vani non sono, un grazïoso assenso o il grato suon delle percosse palme deh ce lo attesti ; e i vacillanti spirti empia di forza, e di conforto i cori. […] Andato il Colomberti a visitarla nella sua villa di Avesa, riferisce ne’ suoi scritti inediti, come, alludendo alle memorie artistiche che adornavano il suo salotto, ella dicesse : « Sono memorie di oltre tomba, e mi ricorderanno a mia figlia e a’ miei nipoti. » E domandatole perchè non avesse in sua figlia lasciata di lei una ricordanza sulla scena, rispose : « E perchè ?
La quale infatti si recò a Milano, di dove il 3 di maggio Zanotti scrive al Graziani che non sa ancora se e quando dopo Pasqua si recherà a Brescia o a Verona, poichè non sono mai frequentate dalle Compagnie de' comici per qualche poco di tempo doppo Pasqua quelle Città, che dano il luogo scoperto per rappresentar comedie, come Brescia e Verona, perchè sarebbe un volontariamente perdersi col esporsi alle stravaganze de tempi, che per lo più riescono in simile stagione piovosi. […] Nel Viaggio di Francia (1664 e 1665) costumi e qualità di quei paesi – relazione di Sebastiano Locatelli, prete bolognese, tradotto sui manoscritti originali dell’Università di Bologna e della Biblioteca Comunale di Perugia, e arricchito di una introduzione e di note storico-critiche per opera di Adolfo Vautier, archivista paleografo di Parigi, sono alcuni passi interessantissimi che concernono l’attrice Eularia (V. in Supplemento) e il nostro Zanotti. […] Lasciò la pròfessione molt’ anni sono con buona grazia del Re, disse, per poter salvare l’anima sua, che teneva in dubbio se fosse mòrto in quell’Esercitio ; e venne a stare in Bologna, nel contado della quale era nato, nel Comune delle Caselle, e morì in età di circa ottant’ anni (data, come s’ è visto, erronea), e fu sepolto nella chiesa del Corpus Domini.
Gli animali poco all’apparenza importanti, i polipi marini, le vipere, le tarantole, le api, gl’ insetti, le farfalle, occuparono sovente ingegni sublimi, nè men degni sono de’ più distinti encomj i Rai, i Grew, i Levenoek, i Reamur, i Goedart, i Templey, i Bonnet, i Redi, i Valisnieri, i Serai, i Buffon, allorchè spaziano per l’ampiezza dell’universo, che quando minutamente indagano la storia particolare di esseri picciolissimi e talora co’ microscopii stessi appena percettibili. […] Ma sventuratamente sono i delitti posteriori a’ vizii, e questi menano gradatamente agli eccessi dopo di aver corrotto il costume. […] Pur sono moltissimi quelli che svolgono i libri de’ moralisti? […] Sono forse poche le parole comuni a queste due belle lingue sorelle? […] (*) Numerosissime sono fuor di dubbio le conoscenze acquistate per le matematiche; mais (dicevano gli Editori dell’Enciclopedia) lorsqu’aprés les avoir accumulées, on en fait le denombrement philosophique, on s’appercoit qu’on est en effet beaucoup moins riche qu’on ne croyoit l’être.
Io sono l’anima di tuo padre destinata per certo tempo a vagar di notte, e condannata al fuoco durante il giorno, affinchè le fiamme purifichino le colpe che commisi nel mondo . . . . . […] E’ questa la ragione Plautina, quelli sono cattivi i quali non sono buoni. […] Amlet, sono avvelenata . . . . […] Ognuno vede la popolarità di questa favola originata dalla varietà degli accidenti, ed alcune interessanti situazioni tragiche che vi sono come la scena dell’ombra con Amlet nell’atto I, e l’altra di Amlet colla madre nell’atto II. […] Pure le sue tragedie sono altrettanti mostri.
Sono molti anni, che ho rinunciato del tutto a scrivere per gl’Italiani, ma lo farò volentieri per il signor Coralli, se però mi sarà permesso di farlo, e conviene ch’io glie ne spieghi il mistero. […] Sono col più profondo rispetto di Vostra Eccellenza…. […] Il teatro rappresenta la montagna sulla quale è situata la casa d’Arlecchino ; gl’ingressi sono illuminati rusticamente ; i vicini ballano e cantano per festeggiare la sua sposa che ha lasciato il letto dopo il parto. […] Essi sono entrambi stupefatti dell’incontro : entrambi pretendono di aver tra le braccia il figlio legittimo, e pretende ciascuno che quello dell’altro sia un figlio supposto ; il che dà luogo ad una scena fra i due attori (lazzi). […] Tutti sono al colmo della gioja, e la commedia finisce.
Duranson è Don Geronimo della commedia, Mèlidor è il marito ingannato e guasto dall’usurajo trasformato in amico, ed Acelie è la savia consorte; e le convenzioni maneggiate con accorgimento, e la donna di piacere persuasa prudentemente la quale dà le armi per iscoprire vie più il nero carattere di Don Geronimo; e lo scioglimento, e la carica tolta al traviato e passata dal provvido Ministro ad un di lui tenero figliuolo, tutto appartiene al Francese, di cui per altro non si sono trasfuse nella commedia le grazie e le morali vedute.
Gli notifico poi come sono in Rimini con la Compagª che douerà farli seruitù qtoCarneuale, e dimani si darà principio alle Recite nel Teatro di qta Cità e spero che qti Cavalieri e Citadini nò si abandonerano poichè si mostrano assai uogliosi.
– Giuseppe Campioni : uno dei capi della compagnia de’ comici veneziani venuti mesi sono da Venezia a divertire colle loro applaudite fatiche la nobiltà di questa Metropoli e che ora ritornano a Venezia, colle loro famiglie, servitori, attrezzi teatrali e robbe di uso proprio.
Le ragioni significate, devon esser quelle della vecchiaia, che sono in una nuova lettera del Duca alla Regina, di cui il Baschet non riferisce che il seguente brano in francese.
Grisanti Agostino) ; che non contenti d’ haverci stancato le città la Compagnia del Duca di Parma aveva prima d’essi recitato a Verona trenta commedie) dove dovevamo andarci noi, cercono ancora di non lasciarci fare le nostre opere, che sono mie, in Venetia.
Una bella e graziosa figura, una voce flessibile e dolce, una pronunzia assai retta, un gesto nobilmente naturale, e un portamento spirante tutto brio, sono i bei vanti suoi.
Fu autore di un Teatro italiano, edito a Torino da Alliana e Paravia, in tre volumi, il primo dei quali comprende la Storia del Teatro italiano di Luigi Riccoboni, tradotta e ridotta, preceduta da alcuni cenni biografici di lui, il secondo lo Stato attuale del Teatro italiano, in cui sono notizie preziosissime di attori e attrici del suo tempo, e il terzo uno Studio sull’ arte della Declamazione teatrale.
Finalmente i suoi difetti medesimi sono diversi da quelli de’ lodati tragici. […] Alzira, Zamoro, Gusmano ed Alvaro sono personaggi che non si rassomigliano ne’ costumi, nelle debolezze e nella grandezza d’animo; ma sono ugualmente dipinti colla tragica espressione di Raffaello e col vivace colorito di Tiziano. […] Sono però squarci vigorosi i seguenti. […] Alcuni altri si sono rivolti alla Grecia come la Harpe, e M. […] Non sono mai fuggiti i Francesi?
E conclude : Nella Giulietta Monti ha la scena comica una delle attrici difficili a rinvenirsi, massime in questo tempo, in cui lo strafare, l’inverisimile, ed il violento, sono divenuti gl’idoli della massima parte degli autori, degli attori, e dell’udienza.
L’orrida Fellonia, l’ingiusto sdegno Nel suo sangue lasciò l’aspre memorie ; Sono vostre però le mie Vittorie, Or che del vostro amor mi rendon degno.
Dopo qualche anno di servizio, esordì nella suite du festin de Pierre, il 4 febbraio 1673, col nome e il costume di Pierrot, tipo di servo sciocco, che il Geratoni rappresentò con molto successo, e sempre come stipendiato, sino all’anno 1684, in cui fu ricevuto come attore socio, e recitò il Pierrot in francese nell’Arlequin empereur dans la lune, ove sono scene deliziose di una comicità irresistibile, specialmente tra Pierrot e il Dottore.
Il teatro e la casa sono le sue sole occupazioni ; e nella casa l’artista spesso e volentieri diventa lo scienziato : fotografo, proiezionista, meccanico, elettricista, e anche inventore.
Due in Parigi, & una a Monceaux, dove sono stata con la Compagnia à servire : la prima io le mostrai la lettera, che ’l S. […] L’esser e ’l non esser secondo alcuni star insieme non possono, il che io non affermo, perchè so ch’io son morta a i diletti e viva a i guai : ecco dunque ch’io son e non sono, e morta e viva. […] Anzi, ch’io sono l’istesso mal tempo per voi, poichè per me dite, che non havete mai buon tempo : noi sogliamo dire quando il cielo è coperto di nubi, ch’egli è mal tempo ; e voi mille volte m’avete detto che il mio viso è un cielo angusto, ma che le mia ciglia torve di sdegno son quelle nubi, che lo rendino fosco & oscuro ; l’oscurità cagiona mal tempo, dunque io sono il vostro mal tempo. […] Io mi ricordo hauerne ueduti di quelli che ad una mala noua si sono impalliditi nel uiso, come se qualche gran sinistro ueramente gli fosse acaduto. […] Ma queste cose in uero malagevolmente insegnar si possono, e sono al tutto impossibili da impararsi, se da la natura non si apprendono.
Gli affetti della Contessa combattuta da un eccessivo amore per l’avido Moro, e dalla tenerezza materna, sono bene espressi. […] Non vi sono più cadaveri umani, e si pensa a tirare a sorte tra’ vivi chi debba morire e servire d’alimento de’ superstiti. […] La maggior parte de’ personaggi introdotti, e segnatamente Haber e Barach, sono oziosi. […] Questi ordini quando si sono dati? queste marce quando si sono eseguite?
Due ben differenti aspetti, contraddittori all’apparenza, sogliono d’ordinario presentare a chi le esamina, quelle colte Nazioni che si sono rendute chiare per le cose operate o patite nella pace e nella guerra. […] L’argomento di questa tragedia, la quale conservasi manoscritta nella Biblioteca Estense138, sono le vicende del famoso generale Jacopo Piccinino, che l’anno 1464 fatto improvvisamente arrestare da Ferdinando re di Napoli, fu poscia per ordine dello stesso re ucciso139. […] Verso la fine di quello secolo, cioé nel 1492 Carlo Verardi da Cesena, arcidiacono nella sua patria, e cameriere e segretario de’ brevi di Paolo II, di Sisto IV, d’Innocenzo VIII, e di Alessandro VI, compose ancora due drammi, che furono stampati e fatti solennemente rappresentare in Roma dal sopraccennato Cardinal Riario; l’uno in prosa latina (trattone l’argomento e ’l prologo che sono in versi giambici) sull’espugnazione di Granata, fatta dal re Ferdinando il Cattolico; e l’altro intitolato Fernandus servatus, ideato dal Verardi all’occasione dell’attentato di un sicario contra la persona del medesimo re Ferdinando, e poi disteso in versi esametri da Marcellino suo nipote. […] I più antichi giuochi di carnovale che siensi conservati, sono della metà del secolo, e furono composti in Norimberga da Giovanni Rosenblut. […] E un nostro scrittore anche così: «Il favor de’ monarchi fa germogliare nello stato gli uomini illustri, ed accende l’anime grandi ad operar cose grandi: quelle sono le molle che fanno muovere gli umani talenti.»
I personaggi sono Enea, Priamo, Paride, Anchise, Iulo, Sinone, Pirro, Calcante, Cassandra, Ecuba, Creusa; e i cori sono di uomini e donne troiane, di Greci, di dei, altri amici ed altri nimici di Troia.
Molti componimenti Greci e Latini sono periti: ma tanti ne sono rimasti da provarci il loro studio in questo genere.
Torri) non figura che il marito, al quale sono assegnate di paga venti doble al mese. […] Leonora, come da una sua lettera che tengo può vedere, e l’ assicuro che gli sarà di gran sollievo nelli presenti bisogni, contento all’anima, se si degnerà lasciarmi comparire davanti la di lei serenissima persona sentirà l’ historia, dirò solo che sono stato dall’'83 sino all’'88 in Livorno nascosto.
Atreo, Tieste, Farasmane, Palamede sono dipinti con molto vigore. […] Finalmente i suoi difetti medesimi sono diversi da quelli de’ lodati tragici. […] Alzira, Zamoro, Gusmano ed Alvaro sono personaggi che non si rassomigliano ne’ costumi, nelle debolezze e nella grandezza d’animo; ma sono ugualmente dipinti colla tragica espressione di Raffaello e col vivace colorito di Tiziano. […] I Francesi negli andati secoli sono qualche volta fuggiti ancora. […] Vi sono per essi tre sedie nere su di uno strato nero ancora.
I concetti sono figli de’ costumi, e le stesse passioni generali dell’uomo si modificano esteriormente sul genio delle razze e famiglie diverse. […] In tutta la scena di Menelao e di Teucro trovo soltanto che quegli riprende nell’altro la soverchia baldanza, e questi di rimbalzo lo taccia di stoltezza; or dove sono gli obbrobrii esagerati? […] E ne sono sempre più maravigliato in leggendo poco dopo (nella pagina 218) che dalla Greca tragedia aveano i Francesi e gl’Italiani con felice successo preso ed unito insieme tutto il bello . […] Possono in pruova di ciò addursi mille memorie antiche istoriche e poetiche, delle quali gran parte sono poste in opera nell aureo libro de’ Principii di una Scienza Nuova del dottissimo Giambattista Vico da prima sì poco letto e di poi si poco compreso da chi l’ha pur saccheggiato e censurato alla cieca. […] Anche Euripide compose un’ Antigone, della quale si sono conservati alcuni pochi versi.
Alle qualità artistiche del Pilastri che lo fecer uno de' più pregiati comici del suo tempo andò congiunta una memoria prodigiosa : e Domenico Bruni nell’introduzione alle sue Fatiche Comiche dice di lui : Vi è stato un Leandro Pilastri, e dotto e grazioso, che della profondità della sua memoria ha fatto stupire ogn’uno, poichè in molti luoghi, ma particolarmente in Milano ha di tutte le famiglie illustri, in una occasione narrato l’armi, descritto i colori, detto i nomi e la origine col nominare quanti Castelli sono sotto quel Dominio, e le cose notabili che in quelle parti nascono ; ha fatto raccolta di sei e settecento nomi, e con epiloghi differenti di quelli mostrato la sicurezza della memoria sua.
Imperocché confondendosi spesso per cotal mezzo i suoni d’indole opposta, come sono il grave e l’acuto, non solo in due parti che cantassero ad una, ma anche in quattro, in sei, e in più insieme; sovente accadeva che la commozione che potea destarsi nell’animo da una serie di suoni, veniva incontanente distrutta da un’altra di contraria natura. […] La qual notizia comunicò poscia al cavalier Tiraboschi 62 e al Signorelli 63. scrittori così valenti si sono tutti ingannati per non aver voluto prendersi la briga di esaminare i fonti. […] i quali sono un’aria perfetta non meno in musica che in poesia. […] Pantalone, Arlecchino, Brighella, e il capitano Cardone spagnuolo sono fra gli altri i leggiadri personaggi. […] Non so, che alcun metafisico abbia data una spiegazion convenevole a questo fenomeno, ne io sono da tanto che speri di poterlo fare: abbiano, ciò nonostante, le seguenti conghietture il peso che meritano.
Le cagioni di cotal singolarità sono assai chiare. […] I suoi meriti principali sono d’aver migliorata l’arte del cantare, ampliata la stromentale, gittati i fondamenti del contrappunto, e agevolata la via a imparar presto la musica troppo per l’addietro spinosa e difficile. […] Non sarebbe inverosimile che gl’Italiani l’avesser trovata, sì perché non sembra probabile che avesser musica da tanto tempo senza conoscer quelle cose, che sono indispensabili a ben regolarla, come perché le invenzioni di Guido a quelle altre agevolmente conducono. […] [8] Gli spettacoli, siccome altro non sono stati giammai se non se l’espressione de’ pubblici costumi, così hanno dovuto in ogni secolo aggirarsi intorno ad argomenti conformi al genio ed al pensare attuale de’ popoli, per cui furono fatti. […] Tale sicuramente l’hanno creduta i più illustri filosofi d’ogni età, e tale la stimava il celebre Duclos allorché disse nel suo profondo e sensato libro delle considerazioni sopra i costumi: «Vi sono dei principi, che non dovrebber nemmeno mettersi in questione.
Tanti sono stati gli Apollodori, che l’erudito Scipione Tetti (infelice letterato napoletano condannato al remo come reo d’impietà per avere della divinità parlato con troppa imprudenza) ne compose un dotto trattato impresso in Roma nel 1555 insieme colla Biblioteca di Apollodoro tradotta in latino da Benedetto Egioa. […] Non sono però gl’intelligenti sempre d’accordo circa le favole intitolate Galatae, Ephebi, Lacaena, Icetes, Hecyra latinizzata da Terenzio, non sapendo a qual di loro esse si appartengano. […] Ma perchè le mirabili sue dipinture della vita civile e le preziose sue riflessioni filosofiche riferivansi a gara nelle migliori opere de’ sacri scrittori Cristiani, non che de’ più illustri filosofi gentili, se ne sono conservati molti versi. […] E questi come mai sono stati sconosciuti a’ Greci, a’ Latini, agl’Italiani, a’ Francesi ec, ed apparsi solo verso la fine del secolo XVIII come silfi al Mattei?
Già la tromba propagatrice delle umane vicende gli dà il nome di terribile, e le opere sue singolari di beneficare i poveri, e perseguire i scellerati, sono ammirate da tutti ; ma ciò non basta a toglierli la taccia di scellerato che gli empi suoi delitti hanno scolpita a caratteri di sangue nel libro eterno delle Leggi.
Vi sono ancora altri Comici obligati alla Serenissima Casa che stanno à dispositione del sig.
Di tutte queste commedie venti sole ci sono rimaste. […] Tutto va senza intoppi al suo scopo, tutto é animato dalla passione, e pochissimi sono i passi, ne’ quali ha parte la mente e non il cuore. […] Meritevoli di lode sono ancora le preghiere di Ercole nell’atto IV. […] Tali sono Nunquam et ille miser, cui facile est mori. […] Ma gli errori di tal sofista francese sui pantomimi e altre cose teatrali e non teatrali, sono molti e grandi.
Queste sono favole di cattivo esempio. […] I caratteri della ruffiana, della meretrice e de’ servi sono dipinti con franchezza. […] Tu superi me stesso che sono l’architetto di questa frode. […] Entrano nelle case rispettive dove sono stati mandati. […] Ed ecco succintamente mostrato qual sia Plauto nelle venti commedie che di lui ci sono rimase.
Compose intorno a trenta commedie, delle quali a noi sono soltanto pervenuti pochi frammenti. […] Ciò rilevasi da’ frammenti che se ne sono conservati, de’ quali alcuni ne riferii con mia traduzione nel tomo I delle Vicende della Coltura delle Sicilie.
Sono Impresario, soggiunse, ma deggio, in molte cose, da essa dipendere. […] Nel mondo comico gli uomini sono soggetti ai pregiudizj del sesso Donnesco, quando si tratta di età.
Oggi la Pezzana dà or qui or là rappresentazioni straordinarie, che sono pur sempre feste dell’ arte, dacchè i suoi sessant’ anni non han saputo infiacchirle la eccezionale fibra di acciaio. […] Nella recitazione di Giacinta Pezzana si sono potuti ritrovare gli atteggiamenti estetici più diversi.
Il teatro di Drury Lane soffrì anni sono un incendio che lo distrusse, e si tratta di riedificarlo.
Signori, voi potete essere certi della mia paura : le ragioni da cui è motivata vi son note ; esse sono assai solide ; e se non ne trovo altre che mi dieno animo, voi non avrete in me che un attore timido, e però noiosissimo.
Creò con assai plauso non poche parti, fra cui, quattr'anni or sono a Firenze quella di Baronessa nella Marcella di Sardou.
Nell’atto IV le scene e i monologhi di Trasilla e Pirindra sono al solito uniformi. […] La morte poi dell’appassionata Despina, del generoso Mustafà; della disperata regina sono rappresentate con tutte le circostanze atte a commuovere, e poche volte l’espressione travia e si scosta dalla gravità naturale che si richiede a tal genere di poesia. […] Le comparazioni sono giuste, ma troppo lunghe, troppo frequenti, troppo circostanziate pel genere drammatico. […] In fatti improprj per la tragedia sono i propositi che tengono Eurilla, Silvio e Rosalba; improprio è lo stile lirico in quasi tutto il dramma e singolarmente nelle scene di Ateste ed Arsinda ove il poeta trascorre senza freno alla maniera spagnuola. […] Ma sono molti oggi, non dico i Metastasii, ma i Caracci che hanno uguaglianza e bellezza di stile, armonia di versificazione, giudizio e fantasia feconda?
[commento_4.2] Eumenidi: nella tragedia Eumenidi di Eschilo, le Erinni o Eumenidi sono protagoniste nel primo epusodio della danza infernale contro Oreste, accusato di aver ucciso la madre. […] Nota alla nota d’autore n. 13: «Uno dei nostri grandi artisti, tale che chiunque abbia visto le sue opere non potrà sospettare di ignorare la bellezza della natura, ha rinunciato agli spettacoli che noi chiamiamo seri e che lui non nomina allo stesso modo; il modo ridicolo con cui sono vestiti dei ed eroi, con cui agiscono e parlano sconvolge tutte le idee che si era fatto; non vi ritrova quegli dei ed eroi ai quali il suo pennello conferisce tanta nobiltà e spirito e si è ridotto a ricrearsi con gli spettacoli farseschi, le cui scene burlesche prive di pretese non lasciano nella sua testa alcuna traccia nociva»; Jean Le Rond d’Alembert, De la liberté de la musique (1751), art. […] «Utinam dii inmortales fecissent, uti Licymnius revivisceret et corrigeret hanc amentiam» (Magari gli dei immortali potessero far sì che Licinio tornasse in vita e correggesse questa assurdità) [commento_5.4] Mennone: Mennone è un eroe della mitologia greca al quale fu dedicato un tempio a Tebe, in Egitto, lungo le rive del Nilo, dove sono conservati i resti di due statue gigantesche di arenaria, dinanzi al tempio di Amenhotep III. […] Bibbiena: i Galli Bibbiena sono una famiglia di scenografi e architetti originari del Casentino, attivi anche in Italia e in Europa tra il XVII e il XVIII secolo. […] Dal Pozzo: Girolamo Dal Pozzo (Verona, 1718-1800), architetto e pittore, progettò il teatro dell’Accademia Filarmonica di Verona; i disegni di cui parla Algarotti sono probabilmente conservati nella Biblioteca civica di Verona assieme a un trattato inedito Della forma delli teatri antichi, romano e greco.
L’orgoglio, l’ alteriggia, vizj composti di presunzione e di ferocia, sono quelli che rendono l’uomo disprezzante, duro, insensibile agli altrui mali; ma l’ ambizione non rare volte si copre di umanità e di dolcezza. […] Di grazia questi due prodigiosi principi dell’ eloquenza, si sono mai trovati in un caso simile? […] Adunque non è punto vero ciò che afferma il Sherlock, che in Inghilterra non vi è stata mai una sola voce contro Shakespear; non è punto vero che sono quivi tutti ciechi adoratori non meno delle bruttezze che delle bellezze di lui. […] Pure le sue tragedie sono altrettanti mostri.
La scrittura, di cui i punti più caratteristici sono i seguenti, è riferita intera dal Croce (op. cit.
Dice il Beltrame Barbieri : Morì dieci anni sono il Capitan Rinoceronte nostro compagno, e gli trovammo un asprissimo cilicio in letto : e pur recitava ogni giorno : par veramente che contrasti cilicio e comedia : penitenza e trastullo ; mortificazione e giocondità ; ma non è strano a tutti chè molti sanno benissimo che l’uomo può star allegro e anche far penitenza de’ suoi peccati…… E il Padre Ottonelli in quella parte della sua Cristiana moderazione del Teatro (Firenze, Bonardi, 1652) che tratta delle Ammonizioni a’ Recitanti : Voglio aggiungere intorno al nominato Capitano Rinoceronte quel poco che da un prudente e dotto padre spirituale, e teologo della compagnia di Gesù mi fu detto in Fiorenza l’anno 1645 a’ 25 di giugno ; e fu questo.
Che se ne’ principi primi dell’arte loro pur sono cosi disadatti e goffi, qual maraviglia se non giungono dipoi a quelle finezze ultime che l’arrivarvi è tanto difficile, e senza le quali non ci può essere nell’azione né dignità né verità? […] Pare che e’ si sien fitti nell’animo di non mentire per conto niuno, di non volere a niun patto darla ad intendere all’udienza; e se ella per caso gli avesse mai presi in iscambio di Achille o di Ciro, che sono da essi rappresentati sulle scene, fanno ogni lor potere di trarla d’inganno e di certificarla, come disse un bello umore, che essi pur sono in realtà il signor Petriccino, il signor Stoppanino, il signor Zolfanello.
ma Casa per Pantalone nel qual tempo ha conosciuto apertamente, et indubitatamente esser impossibile, esercitandola, il poter saluar l’anima sua, e sù questa certezza l’anno scorso haueua determinato di lasciar tal arte, e ritirarsi in un Monastero, e che sij il uero col Padre Guardiano de Zocolanti di Cento trattaua tal interesse ; ma perchè quelli che esercitano tal arte sono senz'anima, e pieni d’iniquità fecero che fu chiamato a recitare dal Ser. […] Pare che a Modena si fosse sparsa, molti anni prima, la notizia della sua morte, poichè abbiamo un brano di lettera del 1° gennaio 1735 in quell’Archivio di Stato, così concepito : « Il povero Riccoboni, che avevamo mandato all’altro mondo, vive sempre, e sempre bravo modenese. » Molte sono le opere di teatro ch'egli scrisse, ma tutte ohimè giacenti nell’ oblìo. […] Musard (Parigi, 1810), in cui sono aggiunti alle Parades des Boulevarts, alcuni Lazzis d’Arlequin, contés jadis À Lélio par le célèbre Carlin sur le théatre de la Comédie italienne (Coll.
O vi sono stati due Azampamber di varia fama ? […] » E più tardi : « Non sono mica stato tra’guitti, come te, io !
Banks e il Dottor Solander, sono parimente di equivoco carattere.
Perchè fosse in prigione, l’atto di matrimonio che tolgo dallo Ial non ce lo dice : A di sedici luglio, mille settecento ventiquattro, Alessandro Ciauarelli, e Maddalena Buonanni di nostra parocchia sono stati congiunti in legitimo matrimonio dentro la capella delle carceri, dette di S.
Recatasi col marito nella Compagnia Battaglia, rimase tuttavia, benchè in là con gli anni, quella celebre Corallina che fu nella sua fresca giovinezza, e le lodi — dice il Bartoli — che a lei si dànno in alcuni moderni romanzi sono degne di lei ; ma meglio sarebbero state in una storia vera, di quello che figurano in mezzo alle favole.
Sonetti, ed epigrafi e articoli di ogni specie s’ebbe dovunque ; e non sarà discaro a'lettori ch'io trascriva qui un epodo, offertole a Ravenna il 7 febbraio del 1877, mentre dilettava quel pubblico del Teatro Alighieri : epodo, il quale, se bene anonimo, sembra a me si levi, con altre poche, dalla schiera infinita di quelle poesie volgari di circostanza che sono la vergogna di chi le scrive e di chi le riceve.
ma a darme licenza che piccone non stia alla porta poi che questo carneuaile ma sasinato e se bufetto non parla e flaminio perche afato camerata con loro, ma questo non lo dico per la camerata, ma perche son stato a robato et de laltri compagni sono del mio umore pero scrino la mia uolunta el dotore non parla perche a meso el pitore in compagnia bufeto non parla per la camerata e perche uole il bologna suo compare il Cap.° non dice niente per amor di Girolomo suo seruo non ce altro che me otanio et pantalone che se lamentano poi che non siamo ariuati mai alla prima sera et tante e tante sere ni è stato magior popolo et paga alterata Consideri Vostra Altezza el tutto oltre che so da bona mano che e un ladro et molti compagni dicono che Vostra Altezza Ser.
Battista, ma certo recitante accademico : « Sono andati poi il Sig.
Ma tali aneddoti e la critica del giornaletto veneziano sono in aperta contraddizione col giudizio che ne dà il Colomberti, attore provetto, e del Vedova conoscitore esperto.
Nell’atto IV le scene e i monologhi di Trafilla e Pirindra sono al solito uniformi. […] Le comparazioni sono giuste, ma troppo lunghe, troppo frequenti, troppo circostanziate pel genero drammatico. […] In fatti improprii per la tragedia sono i propositi che tengono Eurilla, Silvio e Rosalba; improprio è lo stile lirico in quasi tutto il dramma e singolarmente nelle scene di Ateste ed Arsinda ove il poeta trascorre senza freno alla maniera spagnuola. […] Nobili sono i suoi sentimenti allorchè determina di morire, supponendo, che Augusto col pretesto di nozze voglia esporla in Roma al rossor del trionfo. […] Ma sono molti oggi, non dico i Metastasii, ma i Caracci che hanno uguaglianza e bellezza di stile, armonia di versificazione, giudizio e fecondità di fantasia?
Io sono più misero di voi, perchè ho la madre moribonda, e non ho da mantenerla.
Forse, con soli otto anni di distanza e con la stessa qualità di attore e capocomico, egli e il precedente Carpiari sono una persona sola ?
Nel cimitero di Mestre è una lapide di marmo nero, sulla quale sono scolpite in oro queste parole : A — Francesco Garzes — Emma e Bona — xiii aprile mdcccxcv. — La moglie e la figliuola.
ra Lucrezia sua Madre, mi sono volontieri e di buon animo risoluto di mostrare ad esse un attestato della mia munificenza à loro utile e vantaggio, con le ingionte Propositioni.
Noi sottoscritti Comici facciamo fede come sono uenute da Padoua tre lettere dirette a fichetto nostro compagno, scritte da Cauaglieri di colà, con le quali ci persuadono a non andare a recitare in quella Città, altrimenti scoreremo graui pericoli per essersi diuisa la Città nel prethendere, chi la nostra Compagnia, e chi quella della Sig.
Pur mercè a' Numi liberai lo sposo, il germano placai, contenta sono ; scevra d’ogni periglio avrò riposo.
Bartoli — d’una figura assai gentile, di sembianze geniali, e gli occhi suoi sono due vivi specchi in cui sulla scena conosconsi chiaramente gli affetti interni dell’animo, spiegando con essi valorosamente a meraviglia e il duolo e il gaudio e l’amore e lo sdegno.
Mirabili sono fin anco i trascorsi del poeta, voglio dire alcuni pensieri più studiati, i quali per altro non sono in sì gran numero come suppongono alcuni critici accigliati. […] Le bellezze dello stile nelle particolarità narrate, che i Francesi chiamano beautez de detail, sono tante nella seconda scena dell’atto II, che pur dovrebbe questa tutta ripetersì. […] Le querele di lei sono con tal vaghezza e verità espresse che non possono mancare di commuovere l’anime sensibili. […] Assai più degne di mentovarsi sono la Cintia di Carlo Noci capuano, e l’Amoroso Sdegno di Francesco Bracciolini pistojese, che ornarono l’ultimo lustro del secolo. […] Il primo rigoroso comando che riceve il finto Tirsi da Silvano è di partire da quelle selve, e le querele nel dovere lasciar quel luogo e la compagnia di Clizia sua amica, sono tenere e delicate.
Mirabili sono fin anco i trascorsi del poeta, voglio dire alcuni pensieri più studiati, i quali per altro non sono in sì gran numero come suppongono alcuni critici accigliati. […] Le bellezze dello stile nelle particolarità narrate, che i Francesi chiamano beautez de detail, sono tante nella seconda scena dell’atto II, che pur dovrebbe copiarsi tutta. […] Le di lei querele sono con tal vaghezza e verità espresse che non possono mancare di commuovere l’anime sensibili. […] Assai più degne di mentovarsi sono la Cintia di Carlo Noci Capuano, e l’Amoroso sdegno di Francesco Bracciolini Pistojese, che ornarono l’ultimo lustro del secolo. […] Il primo rigoroso comando che riceve il finto Tirsi da Silvano è di partire da quelle selve, e le sue querele nel dovere lasciar quel luoco e la compagnia di Clizia sua amica, sono tenere e delicate.
Dalla scarsa popolazione del vasto continente americano, dalla pressoché generale uniformità de’ costumi e de’ volti, e dal gran numero di picciole tribù tuttavia selvagge, che, poco più di due secoli e mezzo indietro, vi trovarono gli europei, dopo che seguendo le tracce immortali degli argonauti italiani, Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Sebastiano Cabotto, e Giovanni Verazzani, l’ebbero riconosciute, si deduce, non senza fondamento, che quelle terre da non gran tempo sono state popolate. […] Così le arti, i costumi, le maniere, le imitazioni, e fino il bestiame e le produzioni vegetabili, vi sono piuttosto avveniticce che naturali; né reca più maraviglia il vedervi abbarbicato quanto si conosce nell’antico continente.
. – E altre ne cita Luigi Borghi in una sua Dissertazione in difesa dell’Arte Comica, al De Marini dedicata, nella quale sono parole di entusiasmo per l’artista gigante. […] Una versatilità prodigiosa, mercè che si accomoda ai caratteri i più opposti, una voce insinuante, ed a vicenda dolce, maschia, robusta, maneggiata nelle graduazioni con mirabile maestria ; un aspetto seducente, un portamento grazioso e nobilissimo, una tal verità nell’espressione delle passioni e nell’espansione degli affetti, fanno si che nessuno più di lui è stato padrone del cuore degli spettatori ; nessuno più di lui ha saputo, e sa agitarli, commoverli, straziarli ; ed ove avvenga che nel carattere da lui rappresentato s’incontrino scene comiche, il riso ch’ei promuove non è quello sganasciamento, a cui s’abbandona tanto facilmente e tanto volentieri la plebe per gli sconci e per le smorfie de’buffoni, ma quel riso eccitato nobilmente dalla naturalezza e dalla semplicità con cui sono espressi que’sali attici della commedia, che dilettando istruiscono : riso, che non va mai sino in obscuras humili sermone tabernas.
Recitando egli a Pistoia l’estate del ’33 in società con Ferdinando Pelzet, fu pubblicato un opuscoletto di versi e prose, da cui trascelgo la seguente epigrafe, un po’ duretta se vogliamo, in onore di lui : i circhi, i ludi, i teatri in età feroci l’abbondanza della forza esaurivano in tempi codardi il sibaritico ozio molcevano in secoli emergenti dall’orror delle tenebre vita di contradizione mostravano oggi sono riepilogo di tutti gli errori dei tempi allora, ed ora a quei che si porgeano spettacolo del popolo plausi secondo natura de’tempi sinceri ma come noi, l’età future non danneranno dell’età volte la manifestazione di falsa vita, quando sapranno che prorompevamo in solenni encomii per te O LUIGI DOMENICONI che coll’eloquente gesto, colla parola informata da tutte gradazioni del sentimento incomparabilmente a mostrarci l’uomo emulo de’ più celebri scrittori svolgevi l’idee eterne del vero Lo spirito analitico, la coscienza ch’egli metteva in una parte, sapeva mettere anche nelle cose del capocomicato. […] Il 5 gennaio 1830 scrive da Firenze : mi sono state date 10 commedie da leggere.
Le stesse Nafissa vecchia ed Angelica cortigiana si può asserire che non sono come tutte quelle altre infinite cortigiane e vecchie della scena italiana. » Alla fine di essa è un suo sonetto, non brutto, al Pallavicino, che il Bartoli riferisce nel suo cenno : ma io preferisco metter qui una scena del Graziano (la 3ª dell’atto II), la quale ci darà meglio un’idea dello scrittore e dell’artista : III Pocointesta & Gratiano Poc. […] & sono decinoue miglia sonate in torre di Nona, & non ho finito ancho il primo sonno, & la patrona della sua serua mi manda, per ch'io parli col mio padrone : ma eccolo a fede mia, e nò burlo già, che volete voi da me ?
Il buon Prelato ascoltò le ragioni de'Comici : non mancauano li dua di portar Testi contro le Comedie, e non voleuano, che i Comici altercassero ragioni ; quasi volendo che l’autorità dell’habito potesse far autentica legge alle loro opinioni : ma l’amoreuole Superiore diceua, lasciateli dire, il douere è, ch'ogn’ vno dica la sua ragione ; ma perchè la cosa andaua in lungo, si trasportò il ragionarne all’altro giorno ; e così il giorno seguente all’hora deputata comparuero i Comici con l’autorità segnata ne' libri, e così fecero gl’altri che si trouarono inuitati, chi da vna parte, e chi dall’altra, oue che si contrastò vn pezzo, in vltimo il benedetto Cardinale decretò, che si potesse recitar Comedie nella sua diocesi, osseruando però il modo che scriue San Tomaso d’Aquino ; et impose à Comici che mostrassero i Scenarij delle loro comedie giorno per giorno al suo foro, e così ne furono dal detto Santo, e dal suo Reuerendissimo Signor Vicario molti sottoscritti, ma in breue i molti affari di quell’ Vffizio, fece tralasciar l’ordine, giurando i Comici, che non sarebbero stati gli altri suggetti meno honesti dei riueduti : il Braga (così chiamano il Pantalone di quella Compagnia) et il Pedrolino haueuano ancora (e non è molto) di quei suggetti, ò siano Scenarij di Comedie sottoscritti, e quelli segnati da San Carlo, si tengono custoditi, e nella Compagnia, oue hora sono vi è chi ne ha due, e li tiene à casa per non li smarrire. […] lv Sono il Tempio di Giano I bei vostr'occhi, i quali chiusi essendo M'apportan pace ; ma se questi aprendo Folgorate gli sguardi in me turbati, D'ira e di foco armati, Marte l’empio Furor scatena, e sferra, E la mia pace si rivolge in guerra.
Un carattere virtuoso ma intollerante, che si meraviglia di tutto e tutto condanna: che per non tradire il vero, a costo della politezza e senza necessità, si pregia di dire ad un cavaliere, il quale ha la debolezza di voler esser poeta, che i suoi versi sono cattivi: che in vece di compatire gli errori umani vuol perdere la rendita di quarantamila lire, per lasciare a’ posteri nel suo processo un testimonio di una sentenza ingiusta; un carattere, dico, siffatto, sebbene amabile e caro a’ buoni per la virtù che ne fa il fondo, ha pure il proprio ridicolo degno di esser corretto; ed il genio di Moliere seppe seguirlo alla pesta e riprenderlo comicamente. […] Il piano ed i versi del prologo, dell’atto I e delle due scene prime del II e del III, sono di Moliere; il rimanente si verseggiò da Pietro Cornelio, ad eccezione delle parole italiane e dei versi francesi da cantarsi che si scrissero da Quinault, e si posero in musica da Lulli. […] Certo è però che sono imitazioni di Plauto l’Anfitrione e l’Avaro, e che i fratelli della Scuola de’ mariti sono modellati sugli Adelfi di Terenzio. […] Il Cavaliere alla moda, il Cittadino di qualità, il Giardiniere galante, sono le sue commedie più pregevoli.
Similmente degni sono di rammentarsi i teatri di Taranto, di Crotone, di Reggio, e di altre città della Magna Grecia. Memorabili sopra tutti sono gli antichi teatri di Capua, di Nola di Pozzuoli, di Minturno, di Pesto, di Pompei, di Ercolano, di Napoli. […] Qual magnificenza qual concorso qual lusso quali profusioni per un semplice divertimento di una repubblica sì picciola in confronto di tanti poderosi stati moderni arricchiti dalle miniere Americane, ne’ quali sono pure cosi meschini e spregevoli i teatri! […] Non pertanto dove i costumi mancano di una pubblica scuola teatrale che ammaestri il popolo sotto gli occhi di un provvido governo: dove il teatro in cambio di essere scuola fomenta le laidezze le goffaggini le assurdità le bassezze i pregiudizii, e resta abbandonato dalla gente colta e di gusto: dove la poesia drammatica si trascura, si pospone alle farse informi, e si avvilisce per le declamazioni degl’imperiti, de’ pedanti orgogliosi e raggiratori, o de’ filosofi e matematici immaginarii: dove in somma si cade nell’eccesso contrario delle repubbliche Greche; ognuno vede che in un popolo così guasto si chiudono le cattedre di educazione e di morale che sono le ausiliatrici della legislazione.
La Gloria di colui che tutto muove, che riempie lo spazio immenso di Soli infiniti, intorno a’ quali altrettanti sistemi d’astri erranti con eterne invariabili leggi percorrono le loro orbite; è quella stessa che in sì picciol globo, com’è la nostra Terra, spiegò la sua potenza e si diffuse tanto nell’interna struttura organizzandone gli elementi, le fibre e gli strati, e rinserrando nell’ampio suo seno arcane sorgenti di fonti, di fiumi, di gemme, di metalli, di sali, di solfi, di piriti, quanto nell’aspetto esteriore di un maestoso disordine di rottami, i quali, agli occhi del profano, sembrano ruine, e pur sono armonici risultati di artificio creatore. […] Ma que’ versi profferiti o cantati altro alla fin fine non sono se non suono vano di parole incatenate e misurate, che sin dall’infanzia delle società si coltivarono anche da’ materiali Lapponi, da’ Negri, Indiani, Messicani, Irochesi, Caraibi ed Uroni. […] In Francia, dove tanto si studia e fiorisce la declamazione, gli attori per la maggior parte sono autori essi stessi, come già furono Moliere, la Place, Dancourt, Baron, e come oggi sono Piccard, Duval, la Molè e tanti altri.
Madrid ne ha due che appartengono al corpo amministrativo che rappresenta la Villa che tra noi si diceva Città, e dalle due strade ove essi sono dette del Principe, e della Cruz, chiamaronsi Coràl del Principe, Coràl de La Cruz. […] Entrambi sono un misto di antico edificio, e moderno per la scalinata anfiteatrale, e per gli palchetti che hanno. […] Se in castigliano ed in italiano questo primo saben significa che di questi partiti non si sono ancora aboliti i nomi, io vorrei che mi si rinfacciasse, dove abbia io detto il contrario. […] Huerta ignorando l’idioma in cui sono scritti i miei libri teatrali che pur voleva mordere, cadde ne’ riferiti strafalcioni sulle parole e sul sentimento che ne attaccò.
Ma s’io sono reo, mi raccolgo e riparo all’ombra della vostra grandezza stessa che ammetteste benignamente l’offerta; ed un ardir felice passa e si tollera più agevolmente in grazia del buon successo.
Favole sono queste di cattivo esempio. […] I caratteri della ruffiana, della meretrice e de’ servi sono dipinti con franchezza. […] Tu superi me stesso che sono l’architetto di questa frode. […] Entrano nelle case rispettive dove sono stati mandati. […] In genere di trappole servili è questa una delle più ingegnose e piacevoli di quante se ne sono esposte nella scena.
Tali sono i rottami delle sue Mura formate di grandi pietre squadrate levigate e connesse all’usanza de’ Toscani imitati poscia da’ Romani. […] Tali finalmente sono le reliquie de’ Portici, di un Atrio, e l’Anfiteatro a.
E queste sono le commedie spagnuole sfigurate più dagl’istrioni, come accenna Carlo Goldoni, le quali il Lampillas supponeva che fossero le altre soprannomate tradotte da’ letterati e purgate,come dicemmo, da’ difetti principali. E questi sono, e non altri i pasticci drammatici accennati dal Maffei, che il lodato Andres applicava per difetto di perizia nella storia teatrale, a tutto ciò che si compose in quel secolo pel teatro italiano.
chè la parola infame sul labbro è a pochi : e questi pochi or sono di te men degni. […] Credi : nè reo nè ingeneroso io sono Qual ti fui detto dal frequente vulgo, Misero d’opre e d’animo codardo. […] Una delle più accanite avversarie alla nuova professione fu la zia Eleonora, Marchesa Ippoliti di Gazzoldo, madre di Alessandro Arrivabene, uomo di alcuna coltura, e direttore a Mantova di quel Mincio, in cui apparver la prima volta, dopo la morte di Adelia, i versi del Prati accennanti a punto alla sospirosa e lagrimosa vita di lei, martire egregia in tramutar di stato, e che sono l’eco fedele, il commento lirico, dirò, delle intime confidenze dell’amica.
Le note però e gli ornamenti sono distribuiti con sobrietà, in maniera che senza toglier niente alla vaghezza dell’aria, non rimane questa sfigurata dal soverchio ingombro. […] Il primo compositore disuguale e fecondo presenta agli amatori del bello musicale eccellenti esemplari d’imitazione nei maestosi e patetici gravi lavorati in gran parte sull’esempio degli adagi del suo maestro, nelle sue brillanti variazioni e soprattutto nelle suonate a solo, le quali sono la più pregievol raccolta che ci resta della scuola corelliana. […] Quelle sono come il Pimmalione della favola allorché ritrae dal marmo la statua di Galatea, questo è simile al nume propizio che animò quella statua medesima e che ai sensi sottopose dell’artefice innamorato i soavi ondeggiamenti, i palpiti successivi, i tremoli sguardi, i sospir seducenti, i sorrisi ingenui, e le incantatrici parole indizi di vita trasfusa all’improvviso in quella pietra infeconda, e delizioso alimento alle speranze dell’amante. […] Sono note ad ognuno le calamitose vicende dalle.quali fu travagliato Metastasio nella sua gioventù dopo la morte del suo primo benefattore Gravina. […] Non so per tanto con qual ragione un riflessivo e interessante scrittore91 abbia chiamata vana e inutile quella gloria che ritraggono gl’Italiani dal vedere che la loro lingua, musica, e poesia sono superiori a quelle degli oltramontani.
Fra le prime il Des Boulmiers cita Les Caquets ; ma si sa dallo stesso autore che i primi due atti sono opera di sua moglie.
Dotati da una parte di facoltà moltiplici sì interne che esterne, e dall’altra collocati in circostanze, ove i mezzi di soddisfarle sono sì scarsi e dove i mali vengono sovente ad amareggiare i frali ed interrotti piaceri della loro vita, gli uomini non hanno altro supplemento che il desiderio vivo d’esser felici, e l’imaginazione che si finge i mezzi di divenirlo. […] A soddisfare siffatta inquietezza sono conducenti la mitologia e le favole. […] [14] Dalla osservazione di siffatti avvenimenti, e dalla voga che avea preso nel popolo quel maraviglioso tramandato dai settentrionali, nacquero i romanzi in verso e in prosa, i quali altro non sono stati in ogni secolo se non se la pittura de’ pubblici costumi. […] So che alcuni eruditi non si sgomentano del confronto ad onta dell’ignoranza in cui si trovano di quella favella divina, e so che fra gli altri il Varchi 67 e il Quadrio 68 si sono lasciati dal pedantismo e dalla farraginosa erudizione addormentar l’animo a segno d’asserire che l’esametro degli antichi era privo d’armonia paragonato coll’italiano d’undici sillabe. […] [NdA] Voltaire considerato generalmente e giustamente come l’oracolo di Delfo nelle materie di gusto, inveisce contro a questa fredda filosofia: «È insorta (dic’egli) fra noi una setta di persone dure, che si chiamano solide, di spiriti malinconici dicentisi giudiziosi perché sono privi d’imaginazione, d’uomini letterati, e nemici delle Lettere, che vorrebbero mandar in esiglio la bell’antichità, e la favola.»
Trattasi nel II atto de’ mali apparsi dopo la pace fatta , e gl’interlocutori sono un augure, il coro ed un messo che nulla dice di più degli altri. […] Che poi questa si cantasse tutta, come pretese il Menestrier, ovvero se ne cantassero i soli cori, come noi stimiamo, ambedue queste opinioni sono arbitrarie, ed hanno bisogno di nuova luce istorica. […] L’altro componimento intitolato Historia Baetica rappresenta l’evenimento dell’espugnazione di Granata, ed è scritto in prosa, eccetto l’argomento ed il prologo che sono in versi giambici. […] Che se di tutte queste cose volesse idearsi una scena stabile, non riuscirebbe difficile compartirvele; ma allora sorgerebbe un dubbio inevitabile, cioè, come mai ninfe e pastori scorrendo per ogni banda non si sono avveduti della via che mena all’inferno, e delle apparenze dell’atto IV? […] Questi sono errori dell’età giovenile, o di quegli ingegni vivaci che troppo a se fidando mettono giù i loro parti senza scelta e con precipitanza a somiglianza de’ verseggiatori estemporanei impazienti di lima.
Trattasi nel secondo de’ mali apparsi dopo la pace fatta, e gl’ interlocutori sono un augure, il coro ed un messo che nulla dice di più degli altri. […] Che poi questa si cantasse tutta, come pretese il Menestrier, ovvero se ne cantassero i soli cori, come noi stimiamo, ambedue queste opinioni sono arbitrarie, ed hanno bisogno di nuova luce istorica. […] L’altro componimento intitolato Historia Bætica rappresenta l’ evenimento dell’espugnazione di Granata, ed è scritto in prosa, eccetto l’ argomento ed il prologo che sono in versi giambici. […] Che se di tutte queste cose volesse idearsi una scena stabile, non riuscirebbe difficile il compartirvele; ma allora sorgerebbe un dubbio inevitabile, cioè, come mai ninfe e pastori scorrendo per ogni banda, non si sono avveduti della via che mena all’inferno e delle apparenze dell’atto IV? […] Questi sono errori dell’età giovanile, o di quegl’ ingegni vivaci che troppo a se fidando mettono giù i loro parti senza scelta e senza lima a somiglianza de’ verseggiatori estemporanei59.
Or dove sono le onze di carne divorate dall’augello nella parte più polputa del corpo ? […] Le leggi (egli dice nel libro XVIII, c. 2) di Gondebaldo per li Borgognoni sembrano assai giudiziose, quelle di Rotari e degli altri principi Longobardi le sorpassano di molto; ma le leggi de’ Visigoti, di Recesvindo, di Chindesvindo, di Egica, sono puerili, goffe, idiote: esse non conseguiscono il fine delle leggi, sono piene di tinte rettoriche, vote di senso, frivole nel fondo, e gigantesche nello stile. […] Le Longobarde poi sono anteposte a tutte. […] Lampillas, che non basta un poco di talento contenzioso misto ad un cieco patriotismo, nè il millantarsi di esser filosofo e critico di gusto, nè il declamare in ogni incontro, per entrare a parlar di cose che non si sono studiate bene nè punto nè poco. […] Le Vite de’ Poeti Provenzali da lui scritte e per la prima volta stampate in Lione l’anno 1575, sono piuttosto favolosi racconti che vere storie.
Le sue languide tragedie, per avviso de’ medesimi Francesi, sono scritte in istile assai basso ed ineguale, senza arte, senza azione, senza maneggio di teatro. […] Donne violate, cortigiane, adultere, sono le persone principali delle sue favole.
Il maraviglioso vi si vede gittato alla rinfusa senz’alcun discernimento, Giove, Amore, Berecintia, l’Aurora, Cefalo, Titone, l’oceano, il sole, la notte, i Tritoni e i segni del Zodiaco, sono gl’interlocutori, se non in quanto vengono interrotti dal coro dei cacciatori, i quali, benché siano mortali, non hanno perduto il privilegio d’intervenire alle più intime confidenze dei numi. […] Questi sono que’ d’Andrea Salvadori, il quale meglio d’ogni altro seppe dopo il Rinuccini far versi accomodati alla musica, alcuni del Conte Prospero Bonarelli, dell’Adimari, del Moniglia, il Trionfo d’Amore di Girolamo Preti, e pochi altri. […] Marco Meibomio critico di prima sfera fortemente il riprende di ciò, stendendo la sua accusa a tutta l’Italia, e «maravigliandosi (sono le sue parole) che non solo dal più celebre paese del mondo ma da uomo così famoso potessero venir fuori cotante inedie. […] Ma l’ingrossamento della voce, che succedeva in loro col crescer dell’età, e la difficoltà che si trovava nel conseguire, ch’eglino dassero al canto tutta quella espressione d’affetto, della quale non sono capaci gli anni più teneri, costrinsero i direttori degli spettacoli a prevalersi degli eunuchi. […] Dal qual morbo sono particolarmente attaccati gl’Italiani, i quali, credendo se stessi i Virimagni della facoltà, stimano il restante degli uomini altrettante pecore o tronchi.
Or dove sono le once di carne divorate dall’augello nella parte più polputa del corpo? […] Le leggi (egli dice nel libro XXVIII, c. 2) di Gondebaldo per li Borgognoni sembrano assai giudiziose, quelle di Rotari e degli altri principi Longobardi le sorpassano di molto; ma le leggi de’ Visigoti, di Recesvindo, di Chindesvindo, di Egica, sono puerili, goffe, idiote: esse non conseguiscono il fine delle leggi, sono piene di tinte rettoriche, vuote di senso, frivole nel fondo e gigantesche nello stile. […] Quest’ ultime, ad onta di quel bacio che ha posto in buon umore il Lampillas (vedasi il di lui tomo I pag. 27 e 28) sono da quel celebre Presidente riputate giudiziose, e preferite alle Visigote, che dall’ apologista di Barcellona (che è tutt’altro che un Montesquieu) vengono chiamate savissime. Le Longobarde poi sono anteposte a tutte. […] Lampillas, che non basta un poco di talento contenzioso misto ad un cieco patriotismo, nè il millantarsi di esser filosofo e critico di gusto, nè il declamare in ogni incontro, per entrare a parlar di cose che non si sono antecedentemente studiate bene.
Il piano ed i versi del prologo, dell’atto I, e delle due scene prime del II e del III sono di Moliere; il rimanente si verseggiò da Pietro Cornelio, ad eccezione delle parole italiane, e de’ versi francesi da cantarsi scritti da Quinault e posti in musica da Lulli. […] Ma è certo che sono imitazioni di Plauto l’Anfitrione e l’Avaro, e che i fratelli della Scuola de’ mariti sono modellati sugli Adelfi di Terenzio. […] Il Cavaliere alla moda, il Cittadino di qualità, il Giardiniere galante, sono le di lui commedie più pregevoli.
Quando rappresentava un vecchio innamorato, mostravasi tutto grazioso verso l’amata donna, e con persuasive eleganti facevale comprendere che le nozze co’vecchi sono le più felici per una giovane sposa.
Levandosi queste due parti — dice il Farnese nella citata lettera — che sono le principali e necessarissime nella mia Compagnia, venirebbero a rimaner inutili tutti gli altri miei comici……
Dal suo matrimonio con Giulia Checchi, egregia seconda donna e amorosa, passata a seconde nozze, e ancor vivente a Napoli, ebbe quattro gentili figliuole, esimie artiste, note col diminutivo affettuoso di Zoppettine, e un unico maschio : Elvira, vedova di Giuseppe Barsi, brillante, morto in America, e attrice della Compagnia Sichel e Soci ; Pia, moglie del brillante Arturo Falconi, tuttavia in arte ; Giannina, uscita dall’arte or sono otto anni, e maritata a Palermo con Giuseppe Ardizzoni, direttore comproprietario del Giornale di Sicilia ; e Cesare, già attore in Compagnia Benini, oggi secondo brillante in quella Mariani-Zampieri.
Sono esse scritte in un latino assai barbaro, e ripiene di apparizioni e incoerenze, La prima di esse é divisa in due parti, o atti, e s’intitola Gallicano, ch’é un pagano generale di Costantino, il quale va a combattere gli sciti, n’é vinto, é ricondotto da un angelo contra di essi, é vittorioso, si battezza, e fa voto di castità; e nella seconda parte l’imperadore non é più Costantino, ma Giuliano, dal quale Gallicano viene esiliato, e riporta la corona del martirio. Le altre cinque commedie di un atto solo sono intitolate, Dulcizio, Callimaco, Abramo Eremita, Pasnuzio, e la Fede, la Speranza, e la Carità.
Le commedie sono : la Rhodiana, l’Anconitana, la Piovana, la Vaccaria, la Moschetta e la Fiorina ; se bene il Calmo nella dedica della Rodiana che fa al Conte Ottaviano Vimercati, affermi questa commedia esser sua, così dicendo : e dia la colpa a’ maligni, che mi rubarono la Commedia Rhodiana, la quale fu recitata in Vinezia del 1540, e poi nella Città di Trevigi sotto il felice Reggimento del clarissimo M. […] Comunque sia, la Rodiana figura prima tra le commedie del Ruzzante (Vicenza, Giorgio Greco, 1584), e senza di essa non sarebbe la fama di lui attenuata, tanti sono i pregi onde abbondano le altre cinque, e le orazioni e i dialoghi rusticani.
E nove anni più tardi, nel 5° volume del Teatro applaudito, ove sono le Notizie storico-critiche sull’ Aristodemo, si conferma il giudizio con queste parole : « Ivi il valore del celebre Petronio Zanarini si manifestò eminentemente, sostenendo con tragica dignità il carattere di Aristodemo ». […] Nel 3° volume del Teatro applaudito sono per quella stagione e su quell’attore le seguenti parole : « Fu sempre eguale a sè stesso, e sempre grande tanto nel tragico, quanto nel comico, specialmente colla parte del Re nell’Adelasia in Italia, con quella di Benetto nello Sposo veneziano rapito, e coll’altra di protagonista nel Ladislao ».
Intanto, a titolo di curiosità, verrò pubblicando qui alcune delle poesie inedite in lode dei coniugi Andreini, che sono in un Codice Morbio, così descritto dall’egregio Dottore Puliti della Braidense di Milano : Mss. […] In genere le poesie non sono la più bella cosa di questo mondo : meschinissimi poi i sei sonetti probabilmente improvvisati sulle rime dell’ addio detto l’ultima sera dalla Virginia a un banchetto dato agli artisti dopo la recita a Vicenza. […] Versa dagl’occhi lagrimoso humore Vicenza tutta al tuo partire, è, rade Sono le penne, che di lei pietade Non mostrino, scrivendo il suo dolore. […] Florinda già da tre giorni fuggi et piangendo se n’andò in verso chiesa dove si faceva tenir per spiritata, et voleva mandar per una carozza per venirsene a Mantova, quando suo suocero con suo compare, et il Moiadé nostro portinaro corsero a rimediarvi et la fecero rimanere, di queste cose ce ne sono ogni giorno, et questa sgratiatuzza ride et gode sott’ occhio havendo ridotto questo negotio con una tal volpagine che l’istessa Florinda prega che lei non si disgusti acciochè il marito non li faccia qualche burla. dico signore che si tratta di cose concernenti alla vita e da queste che V. […] L’ 11 settembre del 1606 Pier Maria Cecchini cominciava una sua lettera da Milano al Duca con queste parole : Le stratageme et persecucioni che me vengono dalla Florinda et suo marito et i mali trattamenti loro sono così grandi che mi hano ormai ridotto a rovina e a precipicio.
Intanto uno scrittore di quelle contrade che volle anni sono filosofar a suo modo sulle nazioni, supponendo il teatro moderno, specialmente quello del suo paese, superiore all’antico, ne attribuisce l’ effetto alla libertà delle donne, e da questa fa discendere la gran varietà de’ caratteri.
La Spesa per vanità nel bisogno, ed il Giovane castigato sono due commedie Polacche lodate ne’ giornali.
Il Gozzi nel suo ditirambo pel Truffaldino Sacchi lo ricorda con onore ; e così di lui lasciò scritto Gianvito Manfredi nell’Attore in scena : Gaetano Casali, detto Silvio, non meno celebre che saggio ed onesto, il quale adempiedo a tutte le parti, che ad un saggio ed ottimo attore spettanti sono, tanto si distingue dagli altri nell’arte sua, che non cred’io che a’ suoi tempi tanto si distinguessero dagli altri gli attori antichi.
Lui stesso confessa che li sbiri l’assalirono per pigliarlo in Piazza, e che nel correre in detta speciaria, vedendosi seguire da essi sbiri pose mano alla spada contro di loro, ne voleva che lo pigliassero, e che voleva sapere prima d’ordine di chi lo volevano pigliare, sì che poi loro li dissero essere per ordine di Vostra Altezza Serenissima, onde si rese a detti Esecutori, che condussero prigione, che sono le formali della di lui confessione.
Le sue sono riproduzioni, realiste, a volte eccessive.
In lei merita una gran lode il suo buon volere che fa tutti i sforzi possibili per renderla capace della sua professione, ma la meschina non è nata per la medesima…… le dedica poi, sei anni più tardi, Il Teatro, nel quale sono a profusione le lodi per l’incomparabile artista.
Di lui scrive suo padre : I caratteri che, a mio credere, più gli si addicono sono i virili, gli energici : ai languidi, amorosi, sentimentali non sembrami inclinato.
Il monologo e i lamenti di Jerace sono stati meritamente comendati dal Marmontel. […] Vaghi armoniosi sono i versi che pronuncia: Plus j’observe ces lieux, et plus je les admire. […] Sono dunque le macchine spettacolo di un momento che non basta ad appagare l’uditorio.
Ma il loro svaporato cervellino mal sosterrebbe il travaglio di analizzar le dee che sono concorse alla formazione degli spettacoli teatrali. […] Non comprende che il fasto, le pompe, le gemme, onde si adornano gli attori, sono apparenze senza valore? […] Ma se non dee cantarsi quest’immagine piena di affetti attivi, tuttochè sappiasi che i Greci animarono colla musica tutta una tragedia, ci dica il signor Sulzer, quali cose sono da cantarsi senza offendere il buon senno, non dico in teatro, ma fuori ancora?
Il monologo e i lamenti di Jerace sono stati meritamente comendati da Marmontel21. […] Vaghi ed armoniosi sono i versi che dice: Plus j’observe ces lieux, & plus je les admire. […] Sono dunque le machine spettacolo di un momento che non basta ad appagare l’uditorio.
In Demi-monde, Amico delle Donne, Resa a discrezione, Tristi amori, sono scene e descrizioni e squarci che, detti da lui possono esser sempre citati come modelli di perfetta recitazione, benchè più volte la dizione si vada offuscando in un ingrassamento di note, che voglion taluni attribuire alla cupezza dei tipi nordici ch'egli da più anni interpreta con tanto fervore, e si potrebbe anche dire con gran preferenza sugli altri tipi. […] I maestri, nel senso di fabbricatori di artisti, non sono mai stati e non saranno mai, perchè l’ingegno e il sentimento non li dà l’uomo. […] A lui sono stati decretati a ogni nuova interpretazione gli onori del trionfo ; e il pubblico ricorda ancora, fra tanti, il godimento intellettuale provato, quando egli, al fianco di Eleonora Duse, apparve sotto le spoglie di Lucio Settala nella Gioconda e di Leonardo nella Città morta di Gabriele D'Annunzio.
., Modena, Soliani, 1665, in-12), nei quali sono particolarità curiose sulla schiera infinita degli Zanni e una conoscenza profonda dell’arte e della vita loro, starebbero a provare che non solo egli montò in banco, ma che nè men fu de’peggiori recitanti, di cui alcuni eran gente di moltissimi pregi nell’arte comica, che esercitavan non solo recitando, ma, come i grandi colleghi, suonando, cantando e ballando. […] E questi sono un niente ancora appetto ai tanti nominati nella genealogia di Zan Capella, che pubblico in fine. […] E qui dopo di avere con ogni particolarità parlato di Mastro Lione addottorato a Lizzasusina, del Cieco da Forlì, di Zan della Vigna, del Tamburino, del Napolitano, e di Mastro Paolo D’Arezzo e del Moretto da Bologna, e di Settecervelli colla sua cagnuola ammaestrata, e del Parmeggiano colla sua capra, e del Turco e del Giudeo e di tutte le loro scioccherie comiche, ciarlatanesche, acrobatiche, conclude : Or da ogni parte si vede la piazza piena di questi Ciurmadori, chi vende polvere da sgrossar le ventosità di dietro ; chi una ricetta da far andare i fagiuoli tutti fuor della pignatta alla Massara ; chi vende allume di feccia per stopini perpetui, chi l’olio de’filosofi, la quinta essenza da farsi ricchi, chi olio di tasso barbasso per le freddure, chi pomata di seno di castrone per le crepature, chi unguento da rogna per far buona memoria, chi sterco di gatta o di cane per cerotto da crepature ; chi paste di calcina da far morire i topi ; chi braghieri di ferro per coloro che sono rotti, chi specchi da accendere il fuoco posti incontro al sole ; chi occhiali fatti per vedere allo scuro ; chi fa veder mostri stupendi e orribili all’aspetto, chi mangia stoppa, getta fuori una fiamma, chi si percote le mani col grasso discolato, chi si lava il volto col piombo liquefatto, chi finge di tagliar il naso a uno con un cortello artificioso, chi si cava di bocca dieci braccia di cordella, chi fa trovare una carta all’improvviso in man di un altro, chi soffia in un bossolo e intinge il viso a qualche mascalzone, e chi gli fa mangiare dello sterco in cambio di un buon boccone. […] Sono in tutto 8 paginette di stampa in carattere corsivo, 12, senza luogo nè data, ma probabilmente sul ’600).
La Sposa per vanità nel bisogno, ed il Giovane castigato sono due commedie polacche lodate ne’ giornali.
Per 23 anni di seguito fui amministratore, segretario, attore ed amico di Ernesto Rossi attraverso a quasi tutto il mondo ; ed ora eccomi qui, rappresentante l’Accademia dei Filodrammatici e direttore di un teatro…… Quanto al teatro (il Filodrammatico di Milano) ch’ egli cominciò a dirigere nell’ ’85, sappiamo che la sua attività e la sua intelligenza si sono affaticate nervosamente, prepotentemente per dargli quel primato al quale aveva diritto, quello splendore a cui lo si era destinalo.
Di lui scrisse il Calissano in un opuscolo edito a Siena il 1876, nel quale sono messe in rilievo tutte le buone qualità dello scrittore, alcuna opera esaminando con coscienza di artista, quale ad esempio, la Moda, una delle migliori, se non la migliore di lui.
Il mistero del Re che ha da venire, l’Incarnazione e la Nascita, sono altre farse spirituali di quel tempo, nelle quali solevano intervenire or cento or settanta or cinquanta personaggi. […] Se ne contano sei così intitolati: 1 Giuoco di carnovale, 2 i Sette Padroni, 3 il Turco, nel quale il Soldano viene a Norimberga per pacificare i Cristiani, a cui un legato del Pontefice partecipa di aver commissione di caricarlo ben bene di villanie, 4 il Villano ed il Capro, il 5 tratta di tre persone che si sono salvate in una casa, ed il 6 contiene una dipintura della vita di due persone maritate.
Sono esse composte in un latino barbaro, e ripiene di apparizioni ed incoerenze. […] Certo è però che il primo io non sono a dubitarne; e il dotto Scipione Maffeia, più cose , dice, alquanto difficultano il crederlo (del secolo XII) e tanto più se ciò si fosse arguito dal solo carattere del codice, che è congettura molto fallace. […] Libere, delicate sono le amene lettere, ed amano di essere invitate con occhio cortese e volto gioviale.
Ma il loro svaporato cervellino mal sosterrebbe il travaglio di analizzar le idee che sono concorse alla formazione degli spettacoli teatrali. […] Non comprende che il fasto, le pompe, le gemme, onde si adornano gli attori, sono apparenze senza valore? […] Ma se non dee cantarsi quest’immagine piena di affetti attivi, tuttochè sappiasi che i Greci animarono colla musica tutta una tragedia, potrebbe dirci il signor Sulzer, quali cose sono da cantarsi senza offendere il buon senso, non dico in teatro, ma fuori ancora.
mo honorò hieri con la presenza sua la commedia della Flaminia, per essere sua vicina, con tutto che fosse invitato a quell’altra, che fu una pastorale bellissima, per quanto si dice, et si vidde Io a convertire in vacca, Giove e Giunone parlarono insieme : venne poi e spari la nebbia, Mercurio col sono adormentò Argo, et poi gli tagliò la testa, una Furia infernale fece venire in furia quella vacca, et infine fu di nuovo convertita in nimpha, et il padre ch’era un fiume, venne ancor lui, versando acqua, a fare la sua parte, et in un istante medesimo i pastori fecero le loro nozze et eccetera. […] etc. » E qui fa una lista de’ grandi comici, attori e autori, greci e romani ; i quali tutti, s’intende, sono zero appetto a lei : nè ai comici si ferma, chè, nemmeno Teocrito, Esiodo e Virgilio seppero esprimere tanto artificiosamente la vita e i costumi dei pastori……. […] Non merta la mia pena sofferta, e il mio tormento, una, di mille appena gioje che per voi sento, e, mercè vostra, ottegno oggi ch’io sono indegno.
Una lettera al celebre attor dialettale Giuseppe Moncalvo, meneghino, nella quale sono espressi i suoi intendimenti d’arte, e le vie da seguirsi ad arrestarne il precipitoso decadimento, riprodotta poi dal Bertolotti nel suo studio sul Moncalvo. […] – arte un cazzo : poveri saltimbanchi che vi facciamo i buffoni per strappar la vita ; ecco cosa sono i comici. – Mi fa da ridere quando parla dei Faigny e dei Doligny, e altri francesi : quei poveri infelici, dopo d’aver divertito il colto pubblico italiano, han dovuto far delle collette per tornare in Francia ; e qui si son mangiati gli abiti, i bijoux, le camicie, e fin le unghie. […] Bi stolfi, al quale porse il saluto della patria Enrico Panzacchi, e sul quale sono incise queste degne parole di A.
come le sue spalle sono strette ? […] – disse a sè stesso – convengo di tutto, signor Rossi, lascerò le parti brillanti, farò il generico, il caratterista, il promiscuo e il tragico, ma non mi dica che io sono sproporzionato. […] Cesare Rossi, disimpegnò benissimo le parti tutte, che io lo preferii sempre più nel serio che nel ridicolo : perchè nel comico ebbe la disgrazia di imitare Gattinelli : e le copie sono sempre peggiori degli originali : nel serio…. lo guidai io, e non volli che mi imitasse, ma che mi studiasse…..
Che il Sacco fosse attore di grandissimo grido sì per le argute improvvisazioni, sì per la eleganza e rapidità dell’azione, è fuor di dubbio, chè troppi sono i testimonj e non sospetti come il Goldoni, che al Capitolo IV, T. […] Garrik in Inghilterra, Preville in Francia, e Sacchi in Italia : e nella Prefazione al Servitore di due padroni, Scenario, ossia Commedia a Soggetto, composta il 1745, mentre era a Pisa fra le cure Legali, dice di lui : I sali del Truffaldino, le facezie, le vivezze sono cose che riescono più saporite, quando prodotte sono sul fatto dalla prontezza di spirito, dell’occasione, del brio.
Moliere, secondo che riferisce M. d’Arnaud, avea trovato un di quegli uomini originali, i cui tratti sono caricati; si attaccò a quest’uomo, si pose con lui in carrozzino, l’ accompagnò sino a Lione, e non l’abbandonò, finchè non l’ebbe studiato in tutte le gradazioni di ridicolo che componevano questo personaggio.
Lo rimpiangerai…. ma io già non credo che tu voglia davvero voltargli le spalle : sospetto bensì che tu tiri il roccolo per farti esibir maggior paga da X e poi dire con tuono flebile a Domeniconi : Papà mio, mi piange il cuore, ma vedi, mi offrono 500 di più ; io sono pover’uomo, crescimi tu i 500 ed io resto con te fino alla morte.
Veramente il Goldoni non accenna in alcun modo a’vestiti teatrali de’comici, che sono, nel quadro, una licenza ingiustificabile.
Il ’58 aveva stampato a Brescia un progetto per la fondazione di un Istituto drammatico nazionale in Torino, in cui sono molte cose buone, e soprattutto pratiche.
Il repertorio dunque della Compagnia fu a iniziativa sua de' più varj, sapendo egli con buon discernimento alternar le commedie, coi citati drammi, e colle tragedie : e di tal discernimento accoppiato a una operosità senza pari, egli potè godersi i frutti nella vecchiaja. « Vive il Lapy tuttavia (1782) – scrive il Bartoli – in buona prosperità, ed ha la consolazione di vedere la sua famiglia incamminata ad un auge, per cui anche dopo la di lui morte rimarrà al mondo una degnissima ricordanza degli onorati meriti suoi. » In una lettera che si conserva autografa nella biblioteca di Verona, e che trovasi pubblicata nel catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca stessa, il Lapy dà ragguaglio da Venezia il 22 ottobre del 1770 a Domenico Rosa-Morando del successo ottenuto colla sua tragedia La Andromaca, già replicatasi quattro sere, e reclama aggiunte e modificazioni per le nuove repliche da farsi quando la quantità delle genti che presentemente sono in Villeggiatura si saranno restituite in Venezia.
Ma perchè circa otto giorni sono io li ho fatto intendere per la massaia che si trovi da vivere, che non voglio ch' egli viva de mio, mena rovina et parla di ricorso al Alt.ª Sua, et di più per haverli fatto sapere che quella casa è mia, poi che io ne pago il fitto (come mostrarò) et che se ne proveda d’una, tratta alla peggio sua moglie, con farli quella mala compagnia che S.
Impugnar Brandi 5, maneggiar Bandiere Qual’altra nuova Amazone gentile, Sono d’Eularia sol care maniere.
Le tragedie che se ne sono conservate, s’intitolano: Prometeo al Caucaso, le Supplici, i Sette Capi al l’assedio di Tebe, Agamennone, le Coefore, l’Eumenidi, e i Persi. […] Io non mi sono proposto in quest’opera di copiar ciecamente gli altrui giudizj (che sarebbe una infruttuosa improba fatica) ma bensì di communicare co’ miei leggitori l’effetto che in me fanno le antiche e le moderne produzioni drammatiche. […] Esse per lui altre non sono che feste teatrali di ballo serio preparate da alcune patetiche declamazioni .
Le reliquie indicate per suo parere sono opera de’ bassi tempi, come si rileva dal lavoro troppo minuto di alquante basi di colonne colà rimaste. […] Ma i Caligoli sono come le fiere addimesticate, che non mai si spogliano di tutta la nativa ferità, e quando meno si attende, la riprendono.
I caratteri sono ben sostenuti, e quello singolarmente della finta Megilla ha una nobiltà che incanta. […] Le altre due sono di Cesare Gonzaga II principe di Molfetta morto nel 1632 in Vienna di età ancor fresca.
I caratteri vi sono ben sostenuti, e quello singolarmente della finta Megilla ha una nobiltà che incanta. […] Le altre due sono di Don Cesare Gonzaga II principe di Molfetta morto nel 1632 in Vienna di età ancor fresca.
… Le profondità degli studj sono il più spesso, rispetto agli artisti di teatro, nella immaginazione dello spettatore ; e gli attori, in genere, che ne senton solleticata la propria vanità, a coltivarla, e ad afforzar quella immaginazione, discuton volentieri di malattie e di ospedali che non han mai visto, di notti vegliate su libri, di cui non sanno nè meno il frontespizio, di pensieri riposti dell’autore in una parola della lingua originale, di cui non conoscono l’alfabeto. […] Di mezzo alle parole di gran lode, altre, naturalmente, se ne levan di incredulità e di scherno da coloro, e per buona sorte sono i pochi, che a questa del Goldoni voglion contrapporre (che c’entra ?)
Sono veramente ammirato della splendida forma del tuo Bacco, e specialmente della poesia per la grotta di Pozzuoli, piena di sentimento e di grazia. […] Ma poi ripenso che tutte coteste mie nuove bellezze sono trovate d’ un poeta di fantasia, di sentimento e di molta coltura, che dell’ arte del declamare fa un’estetica pensata e imaginosa.
Si avvicinano bensì alle teatrali alcune farse sacre de’ primi anni di questo secolo che si trovano mentovate nella storia di Francia, ma che si sono ignorate dall’anonimo Francese, che nel 1780 cominciò a pubblicare in Lione una collezione del Teatro Francese.
Si avvicinano bensì alle teatrali alcune farse sacre de’ primi anni di questo secolo che si trovano mentovate nella storia di Francia, ma che si sono ignorate dall’anonimo Francese che nel 1780 cominciò a pubblicare in Lione una collezione del Teatro Francese.
Se colle loro personalità eminenti, Modena, Salvini e Rossi dànno il marchio ad un’epoca nella storia del teatro italiano, Ciotti appartiene alla plejade eletta di quei ferventi, studiosi cultori dell’arte, che sono i più efficaci strumenti del gusto del pubblico.
Egli ha sentito tutte le lor cure, e l’ultime parole da lui proferite sono state di riconoscenza.
Curioso ne è il poscritto : e perchè ui sono molte porte nel suddetto Teatro e necessario che siano chiuse molte di lorro.
Non ispregevole pastorale, non certo delle peggiori, è codesta Fiammella, in cui, oltre alla felicità dell’orditura, alla maestria della condotta, al fantastico di certe scene, sono versi abbastanza garbati come i seguenti che tolgo dalla scena undecima dell’atto quarto.
E però, non volendo Visentini uscire dal suo metodo di recitazione naturale, pensò Riccoboni di mettere al principio dell’heureuse surprise una delle tante scene di notte che vi sono, in cui Arlecchino, chiamato da Lelio, si finge talmente preso dal sonno che, senza profferir verbo, or scivola a terra, or gli cade fra le braccia.
Molte volte negli ultimi anni della mia dimora in Madrid si lasciavano gli entremeses, e seguiva all’atto la sola tonadilla; oggi dicesi che si sono tralasciati affatto. […] Non ha egli seguito certi mercenarj traduttori, i quali, per piaggiare a lor profitto la nazione, traducono infedelmente Garcilaso, Villega ed altri, per mostrarli più corretti e più belli che non sono.
I suoi Peri, Corsi, Monteverde, Soriano, Giovannelli erano allora quel che oggi sono Piccinni, Gluck, Sacchini, Cimarosa, Guglielmi, Paisielli. […] Vuolsi però osservare che le accennate feste del Testi sono snervate, senza azione e tessute di parti che possono sopprimersi senza che il componimento ne perisca, la qual cosa è la più sicura prova dell’imperfezione di un dramma. […] Gli eunuchi si sono perpetuati, e ad onta della ragione e del buon senno non solo nella China, nella Turchia e nella Persia, dall’abjezione della schiavitù più umiliante passano a’ posti ragguardevoli non solo nella decadenza dell’Impero molti di essi divennero consoli e generali, come i Narseti, i Rufini, gli Eutropii: ma noi, noi stessi gli ascoltiamo gorgheggiare nelle chiese, e rappresentar da Alessandro e da Cesare ne’ nostri teatri.
» Molte sono le opere ch'egli diede al teatro, vuoi solo vuoi in società con Davesnes, Niveau, Laffichard, Dominique, Riccoboni figlio, ecc. ; ma quella che par gli dèsse maggior grido fu una traduzione, o meglio, una trascrizione in versi francesi del Sansone, tragedia italiana in prosa di Luigi Riccoboni, che l’aveva recitata con grande successo la prima volta il 28 febbrajo 1717, sostenendovi la parte principale.
Ma i Caligoli sono come le fiere addimesticate, che mai non si spogliano di tutta la nativa ferità, e quando meno si attende, la riprendono. […] Sono esse composte in un latino assai barbaro, e ripiene d’incoerenze ed apparizioni. […] Certo è però che il primo io non sono a dubitarne; e il dotto Scipione Maffei194 più cose (dice) alquanto difficultano il crederlo (del secolo XII) e tanto più, se ciò si fosse arguito dal solo carattere del codice, che è congettura molto fallace. […] Libere e delicate sono le amene lettere, ed amano di essere invitate con occhio cortese e con volto gioviale.
Nel libretto delle Rime varie sono le maggiori notizie della sua vita. […] Monsignor, io sono un, che sempre in comedia s’innamora : Ma così Dio della sua grazia il dono mi conceda benigno come mai non sento al cor d’Amor tempesta o tuono.
Questi sono, a dir vero, abbozzi di poesie teatrali, anzi che vere tragedie e commedie, Ma non é nondimeno picciola lode l’avere pur cominciato, aprendo così la strada a’ valorosi poeti, che venner poscia; e anche che in quello, come in quasi ogni altro genere di letteratura, non si può contrastare all’Italia il vanto di essere stata maestra di tutte l’altre nazioni.»
Intanto uno scrittore di quelle contrade che volle anni sono filosofare a suo modo sulle nazioni, supponendo il teatro moderno, specialmente quello del suo paese, superiore all’antico, ne attribuisce l’effetto alla libertà delle donne, e da questa fa discendere la gran varietà de’ caratteri.
che l’oro ti dichiari la guerra, tu allora, novello stoico, appagati degli applausi…. ma tu sogghigni, e mi dici che gli applausi sono una moneta in commercio non ricevuta…. ebbene recita allora le trentatrè disgrasie di Meneghino….
Nel suo riso squillante è una giocondità viva e sincera, nel suo pianto sono solchi profondi di dolore, strazi di anime, a cui si avvince la folla dominata.
Gli artisti sono : Enea, primo attore, che con la moglie Eugenia Polzi, prima attrice, continua la Ditta paterna ; Enrico, prima attore brillante in Compagnia Tessero e in altre, assieme alla moglie Virginia Razzoli, poi, ritiratosi dall’arte, ragioniere a Genova ; Cesare, attore stimato, che fu in Compagnia d’ Irma Gramatica, e in altre ; Adele, prima attrice nella Compagnia paterna, si ritirò dall’arte, per riunirsi a' suoi vecchi.
Le storie ragionate che per mano della filosofia si conducono per le varie specie poetiche, e singolarmente teatrali, non sono dettate per appagar soltanto una sterile curiosità: ma racchiudono in se mai sempre una Poetica a ciascuna corrispondente, ed una Scelta de’ più cospicui esempli de’ progressi e delle cadute che vi si fecero in diverse epoche; la qual cosa per lo suo peggio veder non seppe nella mia Storia teatrale certo picciolo autore di un tumultuario Discorso accompagnato ad un Pausania meschina tragedia obbliata ed estinta nel nascere.
Dunque cedete a me ne la disputa : io verdadiera sono e voi mendace, benchè maggior di spirto e molto acuta.
Il Croce, nel quarto punto dell’appendice, oltre a' titoli delle parti, ond’è composto, riferisce alcuni brani di un codice dal titolo : La pazzia di Flaminio nel presupposto tradimento di Cintia – a 15 maggio 1680, ove sono soliloqui, parlate e dialoghi, relativi tutti alla parte di Flaminio.
Similmente degni di ricordarsi sono i teatri della Magna Grecia, come il Capuano, il Nolano, il Puzzolano, e quelli di Minturno, di Pompei, di Ercolano e di Napoli158. […] Non per tanto dove i costumi mancano di una pubblica scuola teatrale che ammaestri il popolo sotto gli occhi di un provvido governo: dove il teatro, in cambio di essere scuola, fomenta le laidezze, le goffaggini, le assurdità, le bassezze, i pregiudizj, e resta abbandonato dalla gente colta e di buon gusto: dove la poesia drammatica si trascura, si pospone alle farse informi, e si avvilisce per le declamazioni degl’ imperiti, de’ pedanti orgogliosi e raggiratori, o de’ filosofi e matematici immaginarj: dove in somma si cade nell’eccesso contrario delle repubbliche Greche, ognuno vede che in un popolo così guasto si chiudono le cattedre di educazione e di morale che sono le ausiliatrici della legislazione.
Io sarò intrepido, sarò forte contro all’invidia e alla tua inimicizia, e mi lagnerò sol quando mi farai vedere che questa sia cessata ; sono avvezzo a vedermi trattar male, e sconoscere gli affetti del mio cuore, ma ho tanta superbia, tanto orgoglio, e forza per calpestare la serpe che mi morde. E più giù : Sarò docile, mansueto, e piuttosto che venir teco un’ altra volta in parole mi assoggetterò anche quando tu il credessi a fare il Trovarobe ; non posso più continuare, sono talmente arrabbiato, che mi trema la mano, la bile si converte in pianto, in pianto perchè non posso ora sfogarmi quanto desidera lo sdegno.
Sono dunque da riferirsi a quel tempo il teatro di Urbino, in cui si ammirarono le invenzioni del Genga esaltate dal Serlio degli alberi fatti di finissima seta, prima che la prospettiva avesse insegnato in qualunque occorrenza a mostrare i rilievi a forza di ombre e di punti ben presi.
Una manifesta decadenza osservava, sono alquanti anni, nel teatro di Londra il dottissimo ab.
E di questa sorta ve n’ha centinaja, mescolati, s’intende, delle solite baggianate ampollose, comuni un po' a tutte le maschere, che pajono, e sono, il sugo spremuto dalle similitudini strampalate di tutto il '600.
Non v’ha nemico più temuto dagl’impostori letterarj, politici e morali, quanto un buon teatro; per la qual cosa essi adopreranno sempre gli ultimi loro sforzi per avvilirne l’occupazione, temendo di esser su di esso scherniti, suo principal oggetto essendo il separar l’oro dall’alchimia, la maschera dalla realità, i veri utili scrittori da que’ larghi promettitori eterni di opere che non si producono, i quali sono gl’insetti divoratori della messe che dovrebbe alimentar la povertà meritevole, la modesta filosofia, la virtù infelice che dà riputazione fin anco a’ paesi corrotti, la quale mentre riscuote un apparente rispetto, vien lasciata languire nell’indigenza.
Le notizie che abbiamo di lei sono così intimamente legate a quelle del marito e degli Andreini, e di tutti i componenti le compagnie in cui ella militò, che al nome di questi rimando il lettore.
Bisogna conoscerlo personalmente, battere, dirò così, al suo cuore, e farglielo aprire, senza soggezione : su cento parole ottanta sono per Goldoni.
Or perché quella spinta industrioso é comune a tutti gli uomini e la natura da per tutto risponde a colui che ben l’interroga, é chiaro a chi diritto mira, che pochissime sono le arti che se un primo popolo inventore passarono ad altri, ed all’incontro moltissime quelle che la sola natura, madre e maestra universale va comunicando a’ vari abitatori della terra.
di lui, che non ha capito un’acca, è una graziosa trovata ; quando la prima donna, ormai sulla quarantina, dice al Maester Pastizza di aver ventun anno, quel io ne ho dodici di lui è una graziosa trovata ; quando, detto al servitore di togliersi di testa il cappello, el sur Pedrin si sente rispondere : « ma anche lei ha il cappello in capo, » quella sua replica : « ma io sono il padrone, ignorante vigliacco » è una graziosa trovata ;….
A questo erami dunque la tua maravigliosa arte serbata, questo voleva il mio destin, che tutto l’amaro e il dolce, in che passai la vita, « quand’era in parte altr'uom da quel ch'i' sono ; » tutto m’avesse a ribollir nel petto, e traboccarmi in lagrime dagli occhi ; e me da me diviso, e in te pendente confondermi con teco ?
Le frasi degl’interlocutori sono accompagnate sempre da una sua occhiata, da un suo sogghigno, da una sua interiezione, da un suo atto qualsiasi di protesta, di assenso, di dubbio ; e quei rapidi cenni si sovrappongono a tutte le parole di quegl’interlocutori.
La maschera dunque presso gli antichi servì per occultare il volto dell’attore, per imitare quello del personaggio rappresentato e per ajutar la voce; nè mai nelle tragedie e commedie si adoperò per eccitare il riso colla stravaganza, come s’intonò parecchi anni sono dalle scene, e per le stampe dall’abate Pietro Chiari in Venezia, ed in altre città Italiane.
La maschera adunque presso gli antichi servì per occultare il volto dell’ attore, per imitare quello del personaggio rappresentato, e per ajutar la voce; nè mai nelle tragedie e commedie si adoperò per eccitare il riso colla stravaganza, come s’intonò parecchi anni sono dalle scene e per le stampe in prosa e in versi martelliani dall’Ab.
Bisogna aver paura che il gusto languisca. » A lui rispose l’Andolfati con lettera pubblicata per le stampe nel 1792, nella quale sono le stesse lagnanze, le stesse ragioni di oggidì : cita il caso frequente di commedie magnificate dagli attori e alla rappresentazione cadute per non più rialzarsi ; rimette in ballo la questione delle repliche, e raffronta, al solito, la Francia coll’Italia, annoverando i vantaggi di quella e le condizioni poco liete di questa ; e infine gli dà con molta sottigliezza una stoccata non lieve con le seguenti parole che riproduco testualmente : « Voi mi avete gentilmente prescelto per esporre con la mia compagnia qualche vostra produzione, che sarà certamente conforme alle rispettabili leggi, che vi compiaceste accennarmi : tutta l’ attività de’ miei attori, qualunque ella si sia, verrà impiegata per l’ esecuzione la più scrupolosa, avvalorata dall’ istruttiva vostra comunicativa ; desidero che corrisponda l’esito alle vostre ed alle mie brame : — a voi, per non aver saputo offendere il gusto del pubblico — per prender maggior vigore a perfezionarlo — e acciò non si tema che egli languisca — a me, per aver potuto sotto la vostra scorta contribuire a sì desiderabili conseguenze.
«Egli é certo (dice un filosofo dell’ultimo settentrione) che in ogni paese i progressi delle scienze si sono aumentati a misura della felicità nazionale.
Si dee anche considerare, che l’intelletto dell’uomo non avendo se non se una misura fissa e molto stretta di quello che si può sapere, perde da una parte quanto acquistai dall’altra; e perciò dice assai bene il dottissimo conte Lorenzo Magalotti «che il capitale del sapere sia stato appresso a poco sempre l’istesso in tutti i tempi, e che la differenza sia consista nell’essersi in un secolo saputo più di una cosa in uno più di un’altra, come quel magazzino che oggi é pieno di spezierie, domani di tele, quell’altro di lana, e va discorrendo; ma di tutte quelle mercanzie non ve n’é mai più di quello che importano i corpi e il credito di quella casa di negozio, che lo tiene in affitto… Bisogna poi ricordarsi, che quello che noi sappiamo adesso, si sapeva tremil’anni fa, e ch’é della Filosofia, come delle mode, che non sono mode, perché comincino a usare adesso, ma perché é un pezzo che non erano usate».
Le irregolarità sono manifeste, ancor quando voglia supporvisi qualche lacuna.
Le irregolarità sono manifeste, ancor quando voglia supporvisi qualche laçuna.
In una lettera della Regina Anna al Duca di Mantova del 6 marzo, sono lodi particolari del Martinelli, e in altra di Maria, la Regina Madre, raccomandandolo per la prioria di San Ruffino, a favore di un ecclesiastico suo parente.
Il mistero del Re che ha da venire, l’Incoronazione e la Nascita, sono altre farse spirituali di quel tempo, nelle quali solevano intervenirvi or cento, or settanta, or cinquanta personaggi.
Sono nel '78 a Firenze e al principio del '79 a Venezia.
Nel '43 in Compagnia Bon e Berlaffa appare su la scena con la veste e il dialetto di Pasquino nelle Donne curiose di Goldoni ; dopo pochi mesi vince la prova con Gustavo Modena, recitando il racconto di Egisto nella Merope di Alfieri ; e gli sono affidate tutte le parti di primo attore giovine.
Carlo Cosenza ; L'Odio ereditario pur di Cosenza ; Dev'esser uno e sono quattro, traduzione di Filippo Casari ; Gli Eredi della WaisenThurn del Teatro Imperiale di Vienna ; Il Benefattore e l’ Orfana di Nota ; Il Medico e la Morte ; La Bottega del Caffè di Goldoni ; La Serva amorosa di Goldoni ; Filippo di Scribe ; Malvina di Scribe ; La famiglia Riquebourg di Scribe ; La Leggitrice e il Cieco ; Don Desiderio del Giraud ; Il Poeta fanatico di Goldoni.