Urlava quand’ era minaccioso, e parlava sberleffando con una voce crepata, quando pretendeva d’intenerire.
Eccone l’ultimo passo : Quando dico una cosa io, è quella, ed in fatto di equitazione, credo di aver voce in capitolo. […] Una vena inesauribile di comicità sapeva congiungere, come niun altro mai, a una singolare elettezza di modi : a una inflessione di voce, a un movimento del capo, a una occhiata, scoppiavan risa convulse ; ma il pubblico era sempre in faccia a uno specchio di vera eleganza….
E più largamente il Colomberti : La naturale sensibilità, il nobile gestire, l’espressione del volto, e più di tutto il suono armonioso della voce donavano alla Carlotta un fascino che dominò per quasi trent’ anni tutti i pubblici d’Italia. […] Chi sa comporre quello sguardo, accomodar quel labbro, emettere quel suono di voce in una scena d’ironia al pari di lei ?
Pare fosse attore di molto grido, se, dovendo credere a Monsignor Borghini, il grande erudito cinquecentista, le composizioni dell’Araldo (Giovan Batista dell’ottonajo) a leggerle non valgon nulla ; e in bocca al Burlachia parver miracoli, e dilettavano ancora i belli ingegni, non che gl’idioti ; per l’ajuto de’gesti, della voce, della pronunzia.
Egli stesso racconta che la soggezione e l’emozione lo paralizzarono per modo, che la sua voce non arrivò a’suonatori di orchestra.
Di fisionomia dolce ed aperta, di figura maestosa ed elegante, di voce forte e soavissima, non tardò molto ad abbandonar la stabile Compagnia napoletana per entrare in una delle nomadi di primissimo ordine.
E aggiunge che, dotato di buonissima voce e di simpatica figura, sapeva, specialmente nelle Arene, destar fanatismo : e al Mausoleo d’Augusto (Corea) di Roma, fu posta una lapide che ricordasse ai frequentatori i favolosi incassi dell’ estate del 1859.
Colomberti, contemporaneo, lo chiama un « ottimo Padre Nobile, riuscito ugualmente bravo nei tre generi di recitazione, » e Luigi Aliprandi, contemporaneo e scritturato, dice di lui largamente ch'ebbe figura possente, ma voce alquanto aspra, e modi risoluti e austeri, da farlo credere di una severità grandissima ; mentre, in realtà, era l’uomo più mite e indulgente del mondo.
Dal verbo μιμὲομαι imitor, ricavasi la voce Mimo; e quello che appartiene a tutte le arti d’immaginazione, non che alla poesia drammatica, siccome bene avvertì Giulio Cesare Scaligeroa, divenne poi nome particolare di un picciol dramma, e quindi di una specie di attori. […] Si confuse intanto la voce Mimo, e dinotava ora un dramma così detto, ora un attore buffonesco. […] Allora questa classe ad altro non attese che ad animare con vivace energica rappresentazione la poesia, usando di una musica semplice moderata, la quale contenendo la voce nell’armonico sistema de’ toni produceva una melodia regolata nel salir dal grave all’acuto o nel calar dall’acuto al grave, che artificiosamente imitava il parlar naturale. […] Ma i movimenti ginnastici del saltatore, il quale era nel tempo stesso cantorea, bentosto ingrossavano il fiato, e ne rendevano debole la voce; per la qual cosa convenne dividere tutti gl’individui del Coro in istrioni musici dediti al solo canto e in istrioni ballerini destinati alla danza.
Dal verbo μιμέομαι imitor, ricavasi la voce Mimo; e quello che appartiene a tutte le arti d’ immaginazione, non che alla poesia drammatica, siccome bene avvertì Giulio Cesare Scaligero131, divenne poi nome particolare di un picciol dramma, e quindi di una specie di attori. […] Si confuse intanto la voce mimo, e quando dinotava un dramma così chiamato, e quando un attore buffonesco. […] Allora questa classe ad altro non attese che ad animare con vivace energica rappresentazione la poesia, usando di una musica semplice moderata, la quale contenendo la voce nell’armonico sistema de’ tuoni produceva un’ armonia regolata nel salir dal grave all’acuto o nel calar dall’acuto al grave, che imitava artificiosamente il parlar naturale. […] Ma i movimenti ginnastici del saltatore il quale era nel tempo stesso cantore136, bentosto ingrossavano il fiato, e ne rendevano debole la voce; per la qual cosa convenne dividere tutti gl’ individui del coro in istrioni musici dediti al solo canto e in istrioni ballerini destinati alla danza.
Quanto al fine si è già veduto nel volume I che gli antichi avendo bisogno per la vastità de’ loro teatri di accrescere la voce, e di avvicinare il personaggio al numerosissimo uditorio, vi provvidero colle maschere.
Quanto al fine si è già veduto nel volume I che gli antichi avendo bisogno per la vastità de’ loro teatri di accrescere la voce e di avvicinare il personaggio al numerosissimo uditorio, vi provvidero colle maschere.
Fu anche danzatrice, musicista e schermitrice pregiata, secondo lo stesso Bartoli ; sebbene dalle memorie del Goldoni si rilevi come al proposito della rappresentazione dell’Assemblea letteraria, la sua voce fosse falsa, la sua maniera monotona, e la sua fisionomia smorfiosa.
Dotato di prestante figura, d’ ingegno eletto, di bella voce, Giovanni Andolfati, figlio del precedente, diventò in poco tempo amoroso e primo uomo de’ migliori.
Dopo gli anni, che chiameremo di noviziato, ma che furono anni di vita artisticamente vissuta, nei quali la prima attrice giovane colla intelligenza svegliata, colla voce insinuante, colla dizione limpida e piana, era diventata l’idolo del pubblico, passò prima attrice assoluta nella Compagnia di Cesare Rossi, osteggiata dai più, che vedevano in lei nelle grazie del viso, la eterna ingenua, ma accompagnata dall’incoraggiamento dei pochi, che vedevan nella gagliardìa della sua mente, e della sua volontà, nello sviluppo ognor crescente delle sue attitudini, una giovane forza che sarebbe arrivata in breve agli alti gradi dell’arte.
Vuolsi ch'ella avesse una voce magnifica di soprano, e che una sera di agosto del 1825, mentre ella cantava un notturno, accompagnata al piano dal maestro Vignozzi, passando di là il Guerrazzi e il Bini, il primo, colpito da tanto accento drammatico, sclamasse : « Per Iddio, quella ragazza dovrebbe far l’ attrice. » Fu profeta, perchè pochi anni dopo, Carolina Santoni fu una illustrazione dell’arte drammatica.
Et ideo la Città fu chiamata Bologna, quasi Bonus logos, cioè buon parlare, dalla parola Latina bonus, a, um, che significa buono, e dalla voce Greca Logos, che vuol dire il parlare. […] E però questa sera (nobilissimi Signori Bolognesi) pregato da’ miei compagni à farui il Prologo d’vna bella Comedia, che hanno in animo di recitare, in quel cambio hò voluto dirui, quanto per cagion vostra m’ è avvenuto, e quanto in servitio vostro hò operato ; se vi pare, che meum labor sit dignum mercedem suam, fate silentio, che io per hora altro non chieggo, e voi in tal modo confermerete esser vero, che in Bologna non ha luogo l’ignoranza, l’ingratitudine, ma la vera cognitione e ricognitione de’ buoni, e di chi merita, come si caua dalla voce Bononia diuisa in sillabe, Bo, bonorum, no, notitia, ni, nimis, a, amabilis. Ma se per lo contrario (che non credo) ci denegherete la solita attentione, anch’ io cantando la Palinodia, a Gentil’ huomini, e virtuosi dirò che si sono troppo auari de’ lor beni, e fauori, pur cauandolo dalla voce istessa Bononia, Bo, bonorum, no, nobis, ni, nimis, a, auari, & à certi plebeuzzi, ignorantelli, se ce ne sono, pregherò il meritato fine all’ opere loro, dicendo, Bo, il boja, no, non, ni, nieghi, a, appiccargli.
A questa domanda si alza il D’Arbes dalla sedia, batte la mano sulla sua pancia, e in tuono di voce misto di fierezza e buffoneria : D’A. […] Altra voce sotterranea.
Luigi Aliprandi fu artista forte, dotato di rara intelligenza, di voce simpatica, sonora, potente.
Un amico di suo figlio, il Casanova, che la conobbe nel 1751, ne fece un ritratto evidente con pochi tratti di penna : dopo di avere parlato del fisico (non era nè bella, nè brutta, ma aveva un non so che, che saltava subito agli occhi, e affascinava), dopo di avere parlato delle sue maniere gentili, dello spirito fine e abbondante, concludeva : …. non s’è potuto trovare sin qui un’attrice che ne prenda il posto, poichè è poco men che impossibile trovare un’attrice la quale riunisca in sè tutte le doti ond’era ornata la Silvia nell’arte difficile del teatro : azione, voce, spìrito, fisonomia, portamento, e una grande conoscenza del cuore umano.
Quest’onorato galantuomo, provveduto d’intelligenza e di capacità nel mestiere, di bella statura e di buona voce, parlando bene e con una pronunzia avvantaggiosa e grata, non ha mai avuto buona disposizione per la parte dell’amoroso.
Da un altro canto esclama Burattino, che par che il boja gli dia la corda, col sacco indosso da facchino, col berettino in testa che pare un mariuolo, chiama l’udienza ad alta voce, il popolo s’appropinqua, la plebe s’urta, i gentiluomini si fanno innanzi, e a pena egli ha finito il prologo assai ridicoloso e spassevole, che s’entra in una strana narrativa del padrone, che stroppia le braccia, che stenta gli animi, che ruina dal mondo quanti uditori gli han fatto corona intorno ; e se quello co’gesti piacevoli, co’motti scioccamente arguti, colle parole all’altrui orecchie saporite, con l’invenzioni ridicolose, con quel collo da impiccato, con quel mostaccio da furbo, con quella voce da scimiotto, con quegli atti da furfante s’acquista un mirabile concorso ; questi collo sgarbato modo di dire, con la pronuncia bolognese, col parlar da melenso, con la narrazione da barbotta, collo sfoderar fuori di proposito i privilegi del suo dottorato, col mostrar senza garbo le patenti lunghe di signori, col farsi protomedico senza scienza, all’ultimo perde tutta l’udienza, e resta un mastro Grillo a mezzo della piazza. […] Fornita questa istoria, Gradello fa una squaquarata di voce e di canto molto sonora ; ovvero finge l’orbo col cagnuolo in mano in luogo di tiorba, e poi si comincia l’invenzione delle bolle di Macalesso che dura due ore, onde gli uditori stomacati, si partono beffando lo sciocco cerretano, che sta pur saldo su le tre gazzette delle grosse, e delle piccole due soldi, protestando al cielo ed alla terra di non volere calare se non quando l’udienza parte senza dir buona sera, nè tor commiato d’alcuna sorte. […] Torino, Paravia, 1826) : A Giovanni Boccomini fu genorosa natura ; di bella figura, di voce sonora, di avvenente aspetto ; quasi sempre applaudito, soventi volte encomiato, oltre le qualità fisiche possiede un tatto giusto e perfetta cognizione degli spettatori con che ha a fare.
Fu chiamato Cossa da Roma, onde sull’animo suo fosse viva la voce dell’entusiasmo che Milano tributava al poeta.
Era nella voce del Ceresa e nella dizione un fascino potente : forse nella rappresentazione della commedia moderna si sarebbe potuto notare, a rigor di termini, una tal quale volgarità di persona e di volto ;… ma qualsiasi menda rimaneva assorbita da quella dizione limpida e pura, soave nel sentimento, gagliarda nella passione, ma sempre vera, incomparabilmente vera.
Come artista, era bravo senza essere ottimo ; era bello, aveva una voce armoniosa, incantava la sua figura statuaria.
Dalle quali si può capire a che grado di pieghevolezza egli era pervenuto collo studio, colla riflessione, coll’ arte, nonostante l’aspetto non bello, e la voce asprissima.
La Locandiera, Il Ludro, La gerla di Papà Martin, L'inquisizione di Spagna, L'Ajo nell’ imbarazzo, Il Barbiere di Gheldria e altro ; e il Tommaseo disse di Papadopoli che con un cenno rendeva un carattere, con una modulaziane di voce avviava una scena.
Il Casanova, trovatolo del '60 mutato in commediante, così ne scrisse : Vidi Pertici con piacere : essendo vecchio e non potendo più cantare, recitava la commedia e da buon comico, il che è raro, dacchè i cantanti, maschi e femmine, confidando nella durata della lor voce, trascuran l’arte della scena.
Io lo ricordo giovinetto a Torino, quando a notte alta per le vie ci ripeteva i brani più salienti delle interpretazioni paterne : nelle modulazioni musicali della voce la imitazione era tal volta perfetta.
Scritturatosi quale secondo amoroso, ebbe subito campo di mostrare le sue forti attitudini, non discompagnate da ottime qualità fisiche e da una bellissima voce. […] Il metallo della voce, rispondente a ogni corda del sentimento, sapeva toccar l’anima, non pur degli uditori, ma degli artisti in scena con lei. […] La passione era quasi sempre fra le nubi ; la voce dell’attrice la significava abbandonandosi a declamazioni deliziose come una melodia, poi a un dato momento quell’incanto ideale si risolveva in un particolare di verità viva e potente, quasi cruda. […] Nelle intonazioni della sua voce, nel gesto, nel muover degli occhi parea rivivere quella sensiblerie delicata e un tantino leziosa che era la forma obbligata dell’epoca e che il Taine ci ha così stupendamente risuscitata nella sua storia del Vecchio regime. […] Molte volte, come nel gesto, o nella voce, ti vien fatto di trovar parole e frasi già dette ne’Frutti delle moderne Comedie, e non saprei dire se questi sieno un rifacimento in ristretto di quelli per la stampa, o se quelli sieno una parafrasi di questi pronta per una nuova edizione.
Pellisier per l’ arte di rappresentare, e mad. le More per l’eccellenza della voce. […] Supplirono essi co’ cartelloni, ne’ quali scriveano in prosa ciò che non si poteva dir colla voce, ma in fine questo spettacolo fu totalmente abolito.
Attore insigne in ogni genere di parti, ma più specialmente in quelle di padre nobile e tiranno tragico per le quali si aggiungevano all’intelligenza superiore la imponente e proporzionata persona, la robusta e pieghevole voce, nacque a Mori nel Tirolo italiano da poveri montanari il 1773. […] Dice il Leoni ch' « egli tutto possedeva tranne la perfetta voce. Studente ancora, il brutto morbo, figliastro dell’amore, corrodendogli le cartilagini nasali deformò il suo volto, ch'era nobilissimo, e alquanto fessa rese la voce che avea potente e bella, ond’era necessario abituarvisi.
Chè tal è il porgere di Adamo Alberti, quale gl’Italiani (non parlo di quelli che si tagliano i pensieri alla francese) han sempre voluto che sia : quale la benigna natura glie lo ha largito, dotandolo di una voce scorrevolissima e sonora, d’un volto grazioso ed espressivo, d’un gesto pronto e vivace, d’un movimento libero e securo ; quale glie lo han raccomandato a prova nel suo tirocinio teatrale i due suoi maestri, cioè il proprio genitore, comico distinto a que’tempi, ed il celebre Francesco Augusto Bon, autore ed attore reputatissimo ; e quale finalmente più conveniva allo stile di Goldoni, su le cui commedie si è per dir così modellato sin dalla età sua prima.
Nella Galleria de' più rinomati attori drammatici italiani, da cui ho tolto il presente ritratto, è uno scritto di Tommaso Locatelli, il quale dice di lui : Il Lombardi è dotato dalla natura di alta e bella persona, d’una corretta e chiara pronunzia, e di una voce forte e soave, atta in singoiar modo a piegarsi a tutte le infinite varietà di quegli affetti, ch'ei vuole esprimere, e che sa cosi mirabilmente trasfondere negli animi de' suoi uditori.
Gli vietavano i confini del Regno Lombardo-Veneto il coraggio civile e la bella fiamma d’affetto ed intelligenza con cui egli alzava la sua voce a far più bello il grido della libertà e della indipendenza nazionali che usciva dai nostri Poeti, e che il di 8 dello scorso febbrajo metteva all’ ordine del giorno.
Nel secondo raccogliendo gli accenti precisi della voce umana in qualunque situazione dell’anima, prende a rappresentarli con esattezza tessendone, se occorre, una lunga azione. […] L’altra sorte si è quando chi balla, non contentandosi del piacer materiale della danza, prende ad eseguire un intiero soggetto favoloso, storico od allegorico esprimendo coi passi figurati de’ piedi, coi vari atteggiamenti del corpo e delle braccia, e coi tratti animati della fisionomia tutta la serie di situazioni che somministra l’argomento nello stesso modo che la esprime colla voce il cantore. […] [4] Noi ignoriamo fino a qual grado di energia potrebbe condursi un siffatto strumento, ma havvi ogni apparenza di credere che se gli uomini non avessero sviluppato giammai l’organo della voce, né inventata l’arte della parola, l’idioma de’ gesti perfezionato dal bisogno, e avvivato dalle passioni avrebbe potuto comodamente supplire all’uno e all’altra. […] Ogni sentimento del cuore umano, ogni slancio di passione ha, come dice Cicerone, i suoi tratti corrispondenti nel volto, nella voce, e nell’atteggiamento167. […] Né si contentò egli di letterarie specolazioni, ma volle ancora mettere in pratica quanto colla voce e colla penna insegnava agli altri.
Parlano (segue il Martelli) gli attori francesi a voce bassa borbottando quando compariscono dal fondo della scena, e declamano più sonoramente quando si accostano al proscenio. […] Si situano , aggiugne l’istesso Martelli) mostrando il profilo all’uditorio, e la voce va in un angolo del teatro. […] Io gl’intesi profferire gouufre per goufre, forse per esprimere colla pronunzia il significato di questa voce. […] Discendendo però all’appassionato la sua voce diviene falsa e rincresce all’orecchio. […] Delicatezza di espressione, sensibilità dignitosa, facilità di azione, continenza inimitabile nel presentarsi in iscena, grazia che tutte ne condisce le posizioni ed i caratteri che imita, facilità di dire, dolcezza di voce e di sguardi senza stento ed artificio ricercato; tutti in somma possiede i pregi che la rendono un’ attrice senza pari.
) dice di lui : …..egli seppe compensare collo studio indefesso certe manchevolezze ch’aveva da natura ; come a dire una voce ranca, una fisonomia accigliata e ribelle alla giocondità, così necessaria al ruolo di caratterista.
Magro quanto il diginno, con una faccia secca, e intagiuta, affettando una voce sottile, e camminando come le anitre che menano sempre la coda, non ci volle di più, perchè il Popolo gli battesse le mani.
Nè men sommo fu nelle parti promiscue come nel Benefattore e l’Orfana, nel Chirurgo e il Vicerè, nel Filippo, nella Malvina, nella Leggitrice, e soprattutto nel Papà Goriot, lottando col difetto della voce aspra e chioccia, e vincendo gloriosamente, sì da farsi dire l’emulo e il successore degno del grande Vestri.
La voce era piuttosto rauca, ma nel calor della recitazione si faceva forte e pastosa. […] Dante il padre degl’Itali concenti salutavan con voce alta e canora, Clio par che altera Macchiavel rammenti, Di Galileo la tomba Urania adora.
Vitruvio ci fa sapere che in essi soltanto desideravansi que’ vasi di rame che rendevano la voce più sonora, e che questi non istimaronsi necessarii, perchè i tavolati a un di presse so facevano l’effetto medesimo de’ vasi.
Vitruvio ci fa sapere che in essi soltanto desideravansi que’ vasi di rame che rendevano la voce più sonora, e che questi non istimaronsi necessarii, perchè i tavolati a un di presso facevano l’effetto medesimo de’ vasi.
Ha voce, figura, e piace nelle parti anche più antipatiche.
Quanto a' suoi pregi artistici, par ch' Ella ne avesse parecchi, e in ogni sorta di composizione, come accenna il Boldri in una sua canzone a pag. 80 : ……… Ancor le menti a volo trarrai nell’altro polo, e formando la voce or benigna, or feroce e mutando te stessa in Cavaliero, in amante, in guerriero, in Pastorella, in Dama, in Serva, ed in Regina, farai degli altrui cor dolce rapina.
Magnifica di figura e di voce, ricca d’intelligenza, parlatrice elegante, piena di cuore verso i suoi compagni, era una specie di Ristori d’allora.
Vi si accomodarono i Musici Cantori, e i Compositori: quelli potevano in esse sfoggiare coll’agilità della voce senza curarsi della verità richiesta dal Dramma; questi risparmiavano la maggior parte del travaglio, che loro costato avrebbe l’animare con giuste espressioni musicali i recitativi a seconda degli affetti, e di questi Recitativi disbrigandosi in una notte o due, e dando alle parti subalterne, per dir così, a cantare un minuetto, o una barcarola di poca fatica, riserbavano le delicatezze della loro arte per una mezza dozzina di Arie principali da fare spiccare il portamento della voce nel Cantabile del Tenore, del primo Soprano, e della prima Donna. […] Essi credettero, che il comporre pel Teatro fosse lo stesso, che scrivere per le Chiese, per le Accademie, per le Camere private, e tutta la cura posero a soddisfare i più celebri Cantori, i Bernacchi, i Nicolini, i Farinelli, i Cafarelli, gli Egizielli, i Manzoli, i quali attendevano ad accreditarsi per Musici squisiti colle più fine difficoltose arditezze felicemente superate colla loro voce. […] “Conoscendo” (dice il Gravina1) “i primi autori della Vita Civile, che la soavità del Canto rapiva dolcemente i cuori umani . . . . racchiusero gl’insegnamenti in verso, cioè in discorso armonioso, e l’armonia del verso accoppiarono con l’armonia ed ordinazione della voce, che Musica appellarono”. […] Forse che le inflessioni della voce non nascono dalle commozioni degli affetti? […] Vocis mutationes totidem sunt, quot animorum, qui maxime voce moventur; est enim in dicendo Cantus obscurior.
Imperocché egli è necessario allora non considerare il gran numero di que’ corpi sonori, di quegli esseri fisici della natura che si rappresentgno cogli sgomenti e non colla voce. […] Lo sono i tuoni variati e distinti o per la loro gravità ed acutezza, o per la loro lentezza e velocità, essendo certo che un uniforme e per qualunque circostanza non mai alterato grado di voce non potrebbe divenir oggetto d’imitazione per la musica. […] L’accento della loro voce più sfogato e vivace, e in conseguenza più musicale. […] «Ho la buona sorte di avere un primo uomo dotato di voce snodatissima e leggiera, onde converrà aprirgli campo acciocché brilli al suo talento. […] Sarà poi mio pensiero far che il maestro vi adatti sopra una musica sfoggiata e pomposa, e affinchè spicchi di vantaggio la di lui abilità, faremo nascere una tenzone musicale fra la voce del cantante e un qualche strumento con botte, e risposte da una parte e dall’altra, che sarà proprio una delizia.
Incontinente ascolto una voce che dolcemente mi comanda di arrestarmi. Era la voce di mio padre… Misera me! […] Nell’istante ch’io mi volgo verso dove veniva la voce, il piè mi manca, vacillo, son presso a precipitare nel fondo dell’abisso, ma mi sento trattenere da uno che pareva che mi rassomigliasse.
Incontinente ascolto una voce che dolcemente mi comanda di arrestarmi. Era la voce di mio padre . . . […] Nell’istante ch’io mi volgo verso dove veniva la voce, il piè mi manca, vacillo, son presso a precipitare nel fondo dell’abisso, ma mi fento trattenere da uno che pareva mi rassomigliasse.
E di vero, quand’anche sensatamente scritto e composto fosse un dramma, come verrà egli eseguito dipoi, se non è per niente ascoltata la voce dei capi?
Accompagnavano la voce con movimenti di mani che portavano vezzosamente verso il volto e il petto, lanciando un piede innanzi, indi ritirandolo con grazia, mentre l’altro piede rimaneva immobile.
Vedi anche Suida nella voce τετραλογια.
Suoi pregi veggio nella divina voce : » e qui si tacque.
« Alto e ben fatto, – dice il Dizionario dei teatri, – egli aveva la voce un po' sorda, e sembrava patir gran pena, allorchè aveva da dire un brano un po' lungo.
Lasciamo stare i Greci, de’ quali non avrà egli certamente preteso parlare; perchè tra questi non vi fu schiera di commedianti, nella quale non entrassero gli stessi poeti, confondendosi gli uni negli altri nel libero popolo Ateniese sempre che gli autori non mancavano, come Sofocle, di voce e di disposizioni naturali proprie per comparire sul pulpito.
Alle attitudini per la scena congiungeva la Medebach – dice il Bartoli – una figura leggiadra, un volto tutto spirante grazia, e una voce dolcissima e chiara.
La sua voce metallica, estesa, capace delle melodie più soavi e più aspre e forti, afferra l’anima di chi ascolta.
Nel secondo si parlerà de’ suoni e degli accenti della voce umana considerati come la materia elementare d’ogni espressione nella musica, nella poesia, nella storia, e nella eloquenza, ovvero sia ragionamento metafisico intorno alla origine delle lingue in quanto sono il fondamento dell’armonia, della melodia e dell’imitazione. […] Nella medesima guisa l’uso che si fa dei verbi ansiliari essere e avere mettendoli avanti a tutti i tempi della voce passiva dei verbi, e a molti della voce attiva induce non so qual imbarazzo nella sintassi che nuoce alla trasposizione, al numero, e all’armonia, perché mentre l’italiano si vede costretto a dire in tre parole “io aveva fatto”, gli antichi si sbrigavano con una sola “feceram”; e mentre costoro aggiungendo, o soltanto cangiando l’ultima lettera facevano divenir passiva la voce attiva come in “amor, amabar”: egli non può far un passo senza chiamar in aiuto un’altro verbo dicendo “sono amato, era amato”. […] L’aria sola è quella che fa conoscere in tutta la sua estensione l’abilità d’un compositore, e d’un cantante; perocché lo stile e la voce nel recitativo sono assoggettate ad una certa regolarità, e precisione, onde uscire non ponno senza violar troppo apertamente i dritti dell’orecchio; laddove l’aria, dove lentamente si sviluppa il motivo musicale, dove il tuono dominante viene condotto per più modulazioni differenti, e dove la melodia fa pompa di tutte le sue squisitezze fe più atta a rallegrare colla varietà de’ suoi disegni, e colla leggiadria del suo canto, che non il recitativo.
Con un cenno ei rendeva un carattere ; con una modulazione di voce avvivava una scena. […] La sua voce era chiara, aggradevole, risonante ; se non che nelle più alte commozioni degli affetti forse con troppa forza tuonava ; ma altri che il Vestri avria potuto in quel punto rattenere la foga delle passioni, egli non già, che troppo sentiva altamente.
Commuove il poeta or direttamente scoprendo negli oggetti quelle circostanze, che hanno più immediata relazione con noi, e che ridestano per conseguenza il nostro interesse, giacché niuna viva affezione può nascere nell’animo nostro verso un oggetto, il quale indifferente del tutto ci sia: ora indirettamente muovendo col ritmo, e colla cadenza poetica, colla inflessione, e coll’accento naturale della voce quelle fibre intime, all’azione delle quali è, per così dire, attaccato il sentimento. […] È de’ regnanti Mal sicuro custode l’altrui timore…» sebbene la musica non ne renda il senso, poiché in essi nulla si trova d’immaginativo né d’affettuoso, può nonostante accrescer colla melodia naturale maggior forza alle varie posature e modulazioni della voce. […] Siffatti personaggi, usando per lo più d’un tuono di voce uniforme e composto, non fanno spiccar nella favella loro quella chiarezza e forza d’accento, quella varietà d’inflessioni, che sono l’anima della musica imitativa. […] Nel recitativo semplice adunque, che declamazion musicale piuttosto che canto dee propriamente chiamarsi, giacché della musica altro non s’adopra che il Basso, che serve di quando in quando a sostenere la voce, né si scorre se non rade volte per intervalli perfettamente armonici: hanno il lor luogo i personaggi subalterni, che noi abbiamo supposto finora inutili al canto. […] Siffatta incertezza, e l’alternativo passaggio da un movimento in un altro diverso è quello che forma il recitativo obbligato, lo stile del quale dee conseguentemente essere vibrato, e interciso, che mostri nell’andamento suo la sospensione di chi parla, e il turbamento, e che lasci alla musica strumentale l’incombenza di esprimere negli intervalli della voce ciò che tace il cantante.
[3.21ED] Ora un tal piacere, che ci vien cagionato da’ veri soliloqui sol per metà, ci vien dato interamente anzi doppiamente da’ finti: interamente perché non solo imitiamo i soliloqui che in luoghi solitari talora i più passionati a se medesimi proferiscono, ma riduciamo anche in voce l’altra metà che essi pensano e non pronunziano. […] [3.24ED] Rimane ora il dubbio se sia in facoltà del poeta il cangiare in voce il pensamento di un personaggio, allora che l’introduce solo a discorrere; e per me credo che questa sia una di quelle libertà che dal teatro vengano liberalmente permesse. […] [5.72ED] I castrati, oltre l’essere di voce agile e bella, si scelgano ancora di graziosa e non disgraziata presenza. […] [5.137ED] Le canzonette sono o semplici o composte. [5.138ED] Semplici direm quelle che a voce sola; composte quelle che a due o che a più voci si cantano. [5.139ED] Quelle a due voci nomineremo duetti; quelle a più voci si chiamino cori. […] [commento_2.69ED] rozzi: l’aggettivo avverte della prospettiva storico-progressista cui aderisce M. che pone l’antichità classica non sotto il segno, graviniano e di derivazione platonica, di una maggiore prossimità all’ideale, ma sotto quello del ‘primitivo’; spiccare… voce: far distinguere la loro voce sul frastuono prodotto nel retroscena.
Fiorirono tra gli antichi scozzesi ed irlandesi di origine celtica moltissimi cantori appellati parimente bardi, nel cui ordine sembra che avessero luogo ancor le donne per quello che apparisce dal poema d’Ossian, intitolato I Canti di Selma: ……………… Vedi con esso I gran figli del canto, Ullin canuto, E Rino il maestoso, e ’l dolce Alpino Dall’armonica voce, e di Minona Il soave lamento3 Lino, Orfeo, Museo, Omero, ec. finirono in Grecia prima che scrivessero in prosa Cadmo ed Ecateo Milesi, e Ferecide Siro, maestro di Pitagora.
Mentre esse ballano, il brutto musico ripete questa parola con una vivacità continua, rinforzando per gradi la voce, e stringendo il tempo del suono in maniera ch’egli palesa il proprio entusiasmo con visacci e strane convulsioni: e le ballerine si agitano con un’agilità sorprendente, la quale accoppiata al desiderio di piacere e agli odori, de’ quali son tutte asperse e profumate le fa grondar di sudore e rimaner dopo il ballo pressoché fuor di se.
Assai di lui più chiaro in tal commedia fu Alesside di Turio zio o patrocinatore di Menandro, potendosi interpretare dell’una e dell’altra guisa la voce πατρος presso Suida.
Aveva una voce imbrogliata ed oscura, e pareva che le sue parole uscissero dall’esofago d’uno che mangiasse.
Ah di sì ria partenza quanto il dolor sia atroce Dicalo il nostro pianto, che nol sa dir la voce.
A volte ha il passo lento della Bernhardt : pare strascichi a stento su la scena quel suo corpicino snello, vaporoso ; a volte ricorda in una smorzatura di voce la Désclée. […] … La mia salute progredisce, e il petto non mi duole – non sento più quell’arsura, che mi troncava la voce e la parola recitando. […] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img104.jpg] Fin che a ’l tradito che pur cerca oblio ne ’l segreto de ’l genio, a ’l saggio, a ’l buono, a l’uom che parla ne la notte a Dio, una voce comanda, alta, possente : — Non più per la rea femina perdono : uccidila, lo devi.
Bettinelli, dicendo degli odierni attori musicali, Tremula increspan gorgheggiando, e al vento Vibran la voce non viril, per cui Fatto musico Ettor musico Achille Fa di battaglia e d’armonia duello, E cantando s’azzuffa e muor cantando. […] Ma una pastorella che colle parole pianga l’amante morto o lontano, e colla voce vada scorrendo pe’ tuoni musicali, è ugualmente sciocca, secondo M.
Egli adduce in lode di Shakespear l’unanime consenso degl’ Inglesi d’indole per altro tanto, al suo dire, singolari che difficilmente se ne trovano due che si somiglino; ed afferma che in Inghilterra in quasi duecento anni non v’è stata una sola voce contro di Shakespear. […] Adunque non è punto vero ciò che afferma il Sherlock, che in Inghilterra non vi è stata mai una sola voce contro Shakespear; non è punto vero che sono quivi tutti ciechi adoratori non meno delle bruttezze che delle bellezze di lui.
Non vi fu più chi superasse il Demarini per virile bellezza, per potenza di voce, e per miracolose particolarità d’organismo. […] Il Vestri, senza tante parrucche, dava un’acconciata alle poche ciocche de’suoi capelli, e usciva dalle quinte con fisonomia, con voce, con modi talmente ottemperati al suo personaggio, ch’ei poteva rappresentare tutta quanta la umanità, e nelle parti promiscue, ove la natura umana è dipinta come è realmente, faceva piangere e ridere al tempo stesso, come ebbe a dire anche il Byron.
Essa è italiana, italianissima : forse voce napoletana, ma usata toscanamente.
Quando il soldato era stanco di quella posa, faceva un lieve movimento con le dita della mano sinistra, ed il caporale ordinava a bassa voce : – Passo indietro !
La sua voce era rauca, e mal atta a colorire tenere espressioni, imponente, terribile nell’espansione di violenti affetti ; il suo portamento, il suo gesto erano nobili, e dignitosi, nè perdevano della loro dignità, e della loro nobiltà, che quando voleva dipingere gli oggetti fisici con gesti di contraffazione.
Nella Comedia è necessaria la proportione del luogo, e la proportionalità del Caso ; la egualità delle persone, maggiore, o minore ; e l’inegualità delle cose ; ella è formata di regole, di quella del trè nel Comico che deue hauere, bella presenza, voce soaue, e buona memoria.
Il Gozzi dice : Atanagio Zannoni, che sostiene con rara abilità il personaggio del Brighella tra le maschere nella Truppa Sacchi, rappresentava cotesto vecchio con quella perfetta imitazione nel vestito, nella voce, negl’intercalari, nel gesto, e nella positura, che suol far sempre ne' Teatri un grand’effetto con indicibile applauso.
[11] Nè contento di questo il Galilei tanto vi si affaticò coll’ingegno, che trovò nuova maniera di cantar melodìe ad una voce sola, poiché sebbene avanti a lui scusasse di farle coll’accompagnamento degli strumenti, esse altro non erano che volgari cantilene intuonate da gente idiota senz’arte o grazia: nel qual modo pose sotto le note quello squarcio sublime e patetico di Dante, ove parla del Conte Ugolino, che incomincia «La bocca sollevò dal fiero pasto», e in seguito le lamentazioni di Geremia, che grande applauso trovarono allora presso agl’intendenti. […] Lo studio delle cose antiche fece loro conoscere che quella sorte di voce, che da’ Greci e Latini al cantar fu assegnata, da essi appellata “diastematica” quasi trattenuta e sospesa, potesse in parte affrettarsi, e prender temperato corsa tra i movimenti del canto sospesi e lenti, e quelli della favella ordinaria più spediti e veloci, avvicinandosi il più che si potesse all’altra sorte di voce propria del ragionar famigliare, che gli antichi “continuata” appellavano. […] Osservarono infine que’ modi e quegli accenti particolari che gli uomini nel rallegrarsi, nel dolersi, nell’adirarsi, e nelle altre passioni adoprano comunemente, a misura de’ quali conobbero che dovea farsi movere il basso or più or meno secondo che richiedeva la lor lentezza o velocità, e tenersi fermo fra le false e buone proporzioni, finché passando per varie note la voce di chi ragiona, arrivasse a quel punto dove il parlar ordinario intuonandosi apre la via a nuovo concento.
Deh se ascolti la voce della natura, non voler soffrire che il talamo reale di Danimarca sia il letto dell’infamia e dell’incesto. […] Amlet rimane riflettendo al potere della rappresentazione, per cui un attore ancor suo malgrado maneggia gli affetti, trasforma il volto, piagne, affievolisce la voce, e tutto si compone ad esprimere la passione per commuovere. […] Egli adduce in lode di Shakespear l’unanime consenso degl’Inglesi, d’indole per altro tanto, al suo dire, singolare che difficilmente se ne trovano due che si somigliano ; ed afferma che in Inghilterra in quasi duecento anni non vi è stata una sola voce contro di Shakespear . […] Adunque non è punto vero ciò che afferma il signor Martino, che in Inghilterra non vi è stata mai una voce sola contro Shakespear; non è punto vero che quivi sono tutti ciechi adoratori non meno delle bruttezze, che delle bellezze di lui.
Ne incresce che tra’ nominati stranieri critici dell’opera vada ad arrollarsi da se stesso il chiarissimo esgesuita Bettinelli, dicendo degli odierni attori musicali, Tremula increspan gorgheggiando e al vento Vibran la voce non viril, per cui Fatto musico Ettor musico Achille Fa di battaglia e d’armonia duello, E cantando s’azzuffa e muor cantando. […] Ma una pastorella che colle parole pianga l’amante morto o lontano e colla voce vada scorrendo pe’ tuoni musicali, è ugualmente sciocca, secondo m.
Diventava pallida a qualche avviso strano che le era dato, di vermiglio colore tingea le guancie alle nove liete, nel timore avea si bene accomodata la voce, e nell’ardir medesimamente, che i nostri cuori or timidi, or arditi facea ; aggirava gli animi come le parea ; se d’odio, di sdegno o de’suoi contrarj parlava, accompagnava le parole con gesti si appassionati al soggetto, che più esprimeva col gesto solo, che gli altri con le parole. […] … « Ha recitato in Roma, in Fiorenza, in Siena, in Lucca, in Milano, in Brescia, in Verona, in Vicenza, in Padova, in Venezia, in Ferrara, in Mantova, in Parma, in Piacenza, in Pavia, in Cremona e in altre città, nelle quali tutte è rimaso il nome delle sue virtù impresso nelle umane menti, e i dolci accenti della sua voce risuonano ancora nell’orecchie di ciascuno….
., 490-91) la sua comica Compagnia « in quel grado medesimo che ella ebbe l’onore di servire per più di due anni la Maestà Fedelis.ª del Re di Portogallo e sua Reale Famiglia », assicurando « ch'essa compagnia era molto migliorata, e che i soggetti comici ridicoli che la componevano, capaci eran di divertire qualunque Principe Cattolico, anche severamente educato. » Ma la voce della Compagnia Lombarda a Napoli era infondata, e Sacco rimase a Venezia. […] Al Thimig fu dato da un erudito di Dresda, che ci scrisse sotto : Arlequin bei den Sächsischen Kömedianten im Jahr 1723, e disse a voce a esso Thimig trattarsi assai probabilmente del famoso Sacchi. 1723 ?
Le porte onde si entra in teatro, sono laterali e non dirimpetto alla scena, la qual cosa produce il doppio vantaggio di non indebolire la voce, e di non togliere il miglior luogo da godere la rappresentazione. […] Ma nel tempo stesso le voci e le delicatezze musicali non incontrano ne’ riferiti festoni la necessaria elasticità e resistenza che la rimandi e diffonda, e la prodigiosa quantità de’ torchi dell’illuminazione del palco e della platea consuma tant’aria, e tanta ne rarefà che si minora e s’ indebolisce la causa del suono e della voce; e quindi si perde grandissima parte delle più squisite inflessioni armoniche. I difetti notati ne’ più gran teatri moderni mostrano la difficoltà della soluzione del problema, far un teatro che compiutamente soddisfaccia a i due sostanziali oggetti, comoda veduta e conservazione della voce nell’interiore del teatro.
Era di figura slanciata e graziosa, e di fisionomia simpatica ; ma aveva la voce un po’aspra.
Disfatto dalla malattia di cuore, impotente quasi a muoversi dal letto di morte, con uno sforzo supremo un giorno levò il capo, e si diede a sciamare con voce rotta dal pianto : « perdono !
Quel riso della bocca e degli occhi, quella voce squillante, quei ciao e complimenti, e ostregheta tutti suoi, quella pancia, quelle gambette, che ricordano un po'il delizioso buffo barilotto del San Carlino, formano un tale insieme di giocondità, che non è possibile vederlo e udirlo, senza lasciarsi andare alla più matta risata.
Circa poi all’espressioni indecenti e a’ sacri detti applicati profanamente, il Signor Lampillas farà stupire ogni lettore, che per qualcheduno, che potrà trovarsene in Ariosto, alzi così rigidamente la voce, quando ne’ due passati secoli in tante migliaja di Commedie Spagnuole i Graziosi fondano in ciò la principale ricchezza de’ loro sali. […] Ma con tutto che la sonora voce della ragione parli in simil guisa al Signorelli, egli risolve abbandonarsi del tutto alla perspicacia e allo zelo rischiarato del Signor Lampillas.
Stimava il lodato valoroso antiquario che la voce Maccus appartenesse alla lingua osca, la qual cosa non sembra improbabile; ma è pur certo che la greca voce μακκαειν, delirare, e L’altra μακκοαω, far l’indiano, usata da Aristosane ne’ Cavalieri, corrispondono alla goffaggine e alla stolidità del Macco degli Atellanarii.
I quali nel pronunciarsi con certa cantilena e con espressivo atteggiamento diedero la vita anche alla pronunziazione, che è la prima musica della natura, e poi alla musica stessa artificiale; da che l’uomo solingo posto in mezzo alla silenziosa amenità della campagna sentesi sensibilmente invitato e rapito a mandar fuori di se i versi e a modular la propria voce per incantar dolcemente i sensi di chi l’ascolta; prendendone l’esempio dal concorde suono del grato mormorar de’ ruscelli, del susurrar dell’aure leggiere, del frascheggiar de’ teneri frondosi virgulti, e del lieve aleggiare e del gorgheggiar soave de’ canori augelletti. […] Cleone perseguitato negli Equiti fu contraffatto e rappresentato dal medesimo Aristofane; se non rappresentò Sofocle, ne fu cagione il difetto della sua voce.
Stimava il lodato valoroso antiquario che la voce maccus appartenesse alla lingua Osca, la qual cosa non sembra improbabile; ma è pur certo che la Greca voce μακκαειν, delirare, e l’altra μακκοαω, far l’ indiano, usata da Aristofane ne’ Cavalieri, corrispondono alla goffaggine e alla stolidità del macco degli Atellanarii.
Mettevano gridi, insolentivano, imponevano di ritirarsi a qualche Attore non accetto, o di un partito contrario, altercavano fra loro ad alta voce senza verun riguardo per gli altri concorrenti, qual proteggendo uno de’ Teatri, e quale l’altro.
Cantano gli augelli, latrano i cani, perché gli organi che servono all’espulsione della voce, facilitano loro l’imitazione di quelli della propria specie che si avvezzano a veder prima d’ogni altro.
Cantano gli augelli, latrano i cani, perchè gli organi che servono al l’espulsione della voce facilitano loro l’imitazione di quelli della propria specie, i quali prima di ogni altro si avvezzarono a vedere.
Cantano gli augelli, latrano i cani, perchè gli organi che servono all’espulsione della voce, facilitano loro l’imitazione di quelli della propria specie i quali prima di ogni altro si avvezzarono a vedere.
Vedi con esso I gran figli del canto Ullin canuto, E Rino il maestoso, e il dolce Alpino Dall’armonica voce, e di Minona Il soave lamento 19.
La IX del III contiene un bel giuoco di teatro: Cleone da una parte anima Valerio a comparire uno stordito, un dissenato, e dall’altra sotto voce rileva con Geronte tutte le di lui sciocchezze e impertinenze; Valerio s’industria per riuscire a screditar se stesso; Geronte s’impazienta, freme, si pente, risolve di rompere ogni trattato. […] «Parlano (dice ancora il Martelli) gli attori francesi a voce bassa borbottando quando compariscono dal fondo della scena, e declamano più sonoramente quando si accostano al proscenio». […] «Si situano male (prosiegue) mostrando il profilo all’uditorio, e la voce va in un angolo del teatro». […] Dorat) coperti di ridicolo i nostri attori ossessi, i quali caricano tutto, e non sanno parlare se non per convulsioni, i quali ci fanno patire per gli loro strani sforzi di voce e pel dilaceramento del loro pettoetc.».
Viene anche Terma, e più fina, a dispetto della notte e della mascherata di Olvia e senza udirne la voce, la raffigura e la rimprovera. […] Aluro non distingue la voce della propria innamorata da quella di Terma, due persone a lui sì note? […] Megara lo riconosce subito alla voce, quando gli altri suoi parenti e seguaci di orecchio più duro non hanno saputo distinguere le voci delle di lui sorelle. […] Nel poema si concepisce ma non si pronunzia la voce traidores, e con ciò si lascia luogo alla preghiera: nella tragedia l’ingiuria è scoccata e la correzione giunge tardi. […] Tale ci sembra la voce sparsa ad arte dal falso Alvaro della finta morte del re, per leggere nell’animo del principe, e per assicurarsi che Agnese sia da lui amata.
Tra gli antichi Scozzesi ed Irlandesi di origine Celtica siorirono moltissimi cantori appellati parimente Bardi, nel cui ordine sembra che avessero luogo ancor le donne perquello che apparisce dal poema di Ossian intitolati Canti di selma: Vedi con esso I gran figli del canto Ullin canuto, E Rino il maestoso, e il dolce Alpino Dal l’armonica voce, e di Minona Il soave lamentoa.
Una delle più famose di tal genere fu L’Avvocato Patelin che piacque di tal modo che la voce patelin di nome proprio di uomo divenne indi appellativo per significare adulatore, e produsse le voci patelinage, pateliner ec.
Una delle più famose di tal genere fu l’Avvocato Patelin, che piacque di tal modo, che la voce patelin di nome proprio di uomo divenne indi appellativo per significare adulatore, e produsse le voci patelinage, pateliner &c.
Parlano (segue il Martelli) gli attori Francesi a voce bassa borbottando, quando compariscono dal fondo della scena, e declamano più sonoramente quando si accostano al proscenio. […] Si situano (aggiugne) mostrando il profilo all’uditorio, e la voce va in un angolo del teatro. […] Dorat scrive ancora: “Io avrei coperti di ridicolo i nostri attori ossessi, i quali caricano tutto, e non sanno parlare se non per convulsioni, e fanno patir chi gli ascolta per gli strani loro sforzi di voce e pel dilaceramento del loro petto”.
Lasciamo stare i Greci, de’ quali non avrà egli certamente preteso parlare, perchè tra questi non vi fu schiera di commedianti, nella quale non entrassero gli stessi poeti, confondendosi gli uni negli altri nel libero popolo ateniese, quando gli autori non mancavano, come Sofocle, di voce e di abilità per rappresentare.
E del figlio talor la voce io sento In un profondo baratro caduto Da se medesmo, ed io con tanta fretta Spingo le incaute mani a dargli aita Che il ricopro di sassi e di ruine.
Leggonsi però prima cinque versi narrativi, cioè detti dal poeta, e non da qualche attore, per li quali l’azione si vede trasportata ad un luogo diverso: Sic fatus imâ parte recessit domus Petens latebras, luce et exclusa caput Tellure pronum sternit in faciem cadens: Tunditque solidam dentibus frendens humum, Patremque saevâ voce Luciferum ciet.
Questa commedia è ben condotta; ma il suo argomento che consiste in un cavaliere dissoluto, che per ingannare i mariti di Londra fa correr voce di essere stato in una malattia fatto eunuco da’ cerusici; i di lui progressi con tal salvocondotto; Lady Fidget che nell’atto IV esce fuori col catino di porcellana guadagnato; le azioni e i discorsi dell’atto V: tutto ciò, dico, convince che la commedia inglese punto non cede in oscenità alla greca commedia antica, e talvolta la sorpassa.
Mentre esse ballano, il brutto musico ripete questa parola con una vivacità continua, rinforzando per gradi la voce e stringendo il tempo del suono in maniera che egli palesa il proprio entusiasmo con visacci e strane convulsioni, e le ballerine muovonsi con una maravigliosa agilità, la quale accoppiata al desiderio di piacere e agli odori de’ quali tutte sono esse sparse e profumate, le fa grondare di sudore e rimanere dopo il ballo pressochè fuori di se.
Leggonsi però prima cinque versi narrativi, cioè detti dal poeta, e non da qualche attore; per li quali l’ azione si vede trasportata ad un luogo diverso: Sic fatus imâ parte recessit domus Petens latebras, luce & exclusa caput Tellure pronum sternit in faciem cadens: Tunditque solidam dentibus frendens humum, Patremque sæva voce Luciferum ciet.
Questa commedia è ben condotta, ma il suo argomento che consiste in un cavaliere dissoluto che per ingannare i mariti di Londra fa correr voce di essere stato in una malattia fatto eunuco da’ cerusici, i di lui progressi con tal pretesto, Lady Fidget che nell’atto IV esce col catino di porcellana che ha guadagnato, l’azione ed i discorsi dell’atto V, tutto ciò, dico, punto non cede in oscenità alla greca commedia antica, e talvolta la sorpassa (Nota V).
Fu anche voce comune che la chiusura del Teatro italiano nel 1697 (ritratta dal Watteau in uno splendido quadro che riproduco dalla superba incisione originale del Jacob), dopo la quale egli dovette andarsene in Germania, si dovesse alle allusioni mordaci da lui fatte alla Maintenon nella rappresentazione della Fausse Prude ; dopo le quali, il signor D’ Argenson, luogotenente generale di polizia, il 4 maggio 1697, accompagnato da gran numero di commissarj, si recò alle 11 del mattino al Teatro dell’ Hôtel de Bourgogne, e fece apporre i suggelli su tutte le porte, non solo di strada, ma dei camerini degli attori, ai quali fu vietato di presentarsi per continuar gli spettacoli, non giudicando più Sua Maestà opportuno di ritenerli a’ suoi servigi.
Secondo la tradizione, il Del Buono avrebbe accolto l’idea della sua maschera dalla viva voce del basso popolo fiorentino, chiassoso, arguto, spensierato nella sua miseria, rigido conservatore del vernacolo, dacchè la sua casa situata in faccia alla via di Merignano, che sboccava allora in via Gora, mettevalo con lui in immediato contatto.
Si, vostra io sono ; in questo suol nudrita, nei domestici esempi e più dai segni de’ vari effetti ch’ io leggeavi in volto, dell’ardua scola teatrale appresi le prime norme, e andai crescendo all’ arte che all’atteggiar della pieghevol voce gesto loquace accorda, e fida esprime opre, affetti, pensier, costumi e sensi.
Da un omaggio agli attori della Compagnia Pelzet e Domeniconi, per le recite dell’estate 1833 a Pistoja, tolgo la seguente epigrafe : a più splendida onoranza di maddalena pelzet tragica maravigliosa comica inarrivabile singolare commovitrice d’affetti per portamento e nobile gesto commendevole ; in matilde bentivoglio gelosa amante ; nella gismonda di contrarie passioni pittrice : nell’ester d’engaddi fedele e magnanima con bello esempio insegnò alle spose anteporre l’onore alla vita un ammiratore di tanto merito pubbliche gratulazioni e festivi applausi affettuosissimo porge DI GIUSEPPE MATTEI Quand’io pendo dal tuo labbro gentile, e il suon de'detti tuoi mi scende al core, sia che del vizio alla licenza vile ti faccian scudo la virtù, l’onore, sia che di fida sposa e figlia umile, o di tenera madre immenso amore t’infiammi il petto, o che cangiando stile arda tu d’ira e di crudel furore ; in estasi dolcissima rapito oltre l’usato il mio pensier veloce al Ciel s’estolle, e dopo averti udito muto io resto, nè so dir se potria bearmi il cor, più della tua, la voce di Melpomene stessa e di Talia.
Esordì a Torino e subito fu riconosciuto attore di rari pregi ; talchè, addentratosi ognor più nello studio, riuscì in breve il più valoroso artista del suo tempo a giudizio d’uomini competenti, quali Francesco Gritti, che afferma « nelle parti dignitose e gravi, e ne' caratteri spiranti grandezza e pieni di fuoco, lui rendersi certamente impareggiabile » e Carlo Gozzi che lo chiama « il miglior comico che abbia oggi l’Italia, » e Francesco Bartoli che gli dedica nelle sue Notizie più pagine dell’usata iperbolica magniloquenza. « Una magistrale intelligenza – dice – una bella voce sonora, un personale nobile e grandioso, un’ anima sensibile ed una espressiva naturale ma sostenuta, formano in lui que'tratti armonici e varj, co'quali sa egli così ben piacere e dilettare a segno di strappare dalle mani e dalle labbra degli uditori i più sonori applausi. » Nel Padre di famiglia di Diderot, nel Gustavo Wasa di Piron, nella Principessa filosofa e nel Moro dal corpo bianco di Carlo Gozzi, nel Radamisto di Crebillon, nel Filottete (di De la Harpe ?)
Olvia viene parlando sola a voce alta, e l’ode lo spettatore e Giugurta che dice, Olvia es, i su espada me asegura. Viene anche Terma, e più fina, a dispetto della notte, e della mascherata, e senza udirne la voce, raffigura Olvia e la rimprovera. […] E poi Aluro non sa distinguere la voce della sua innamorata da quella di Terma, due persone a lui sì note? […] Megara lo riconosce subito alla voce, quando poco prima i suoi parenti e seguaci di orecchio più duro non hanno saputo distinguere le voci delle sue sorelle. […] Nel poema si concepisce, ma non si pronuncia la voce traidores, e con ciò si lascia luogo alla preghiera; nella tragedia l’ingiuria è scoccata, e la correzione giugne fuor di tempo.
Io non so come varj nazionali ed a voce ed in iscritto poterono di tali feste attribuir l’invenzione al Calderon47, quando non s’ ignora che tante Lope ne compose48. […] Si vuole avvertire che il Voltaire, il Bettinelli, gli Enciclopedisti, ed altri Francesi ed Italiani danno erroneamente a questo poeta il nome di Lopez, voce che in Ispagna esprime un cognome in numero plurale, come Ramirez, Rodriguez, Lopez, quasi de’ Ramiri, de’ Rodrighi, de’ Lopi. Ma nel Vega la voce Lope è nome, ed è singolare. […] Lampillas, ed alzò poi sì bruscamente la voce dopo che l’autore della Storia de’ Teatri disse addio a quel caro suo soggiorno di circa diciotto anni. […] Non ho più voce!
Il Garzoni (Piazza Universale, Venezia, Somasco, m.d.xcv, pag. 737) dice di lei : « La gratiosa Isabella, decoro delle scene, ornamento de’ theatri, spettacolo superbo non meno di virtù che di bellezza, ha illustrato ancora lei questa professione, in modo, che mentre il mondo durerà, mentre staranno i secoli, mentre hauranno vita gli ordini e i tempi, ogni voce, ogni lingua, ogni grido, risuonerà il celebre nome d’Isabella. […] Ma chi sa, data questa base di pazzia, a quali spropositi letterari, storici, mitologici e a quali stranezze di espressione e di gesto e di voce si sarà lasciata l’attrice. […] DI GABRIELLO CHIABRERA Nel giorno, che sublime in bassi manti Isabella imitava alto furore ; e stolta con angelici sembianti ebbe dal senno altrui gloria maggiore ; Allor saggia tra ’l suon, saggia tra i canti, non mosse piè che non sorgesse Amore, nè voce apri, che non creasse amanti, nè riso fè, che non beasse un core. […] Et se io, poniam caso, hauessi a far recitare un ombra in una tragedia, cercarei una voce squillante per natura, o almeno atta con un falsetto tremante, far quello che si richiede in tale rappresentatione. […] Il progresso dell’arte esteriore, se così posso dire, ossia di tuttociò che concerne il gesto, la voce, la dizione ; quel progresso che fa spesso proferire un discorso eterno colle spalle voltate al pubblico, e tutto d’un fiato, rapido, precipitoso, ruzzolato, che il pubblico non arriva mai ad afferrare ; quel progresso che fa del palcoscenico, nel nome santo della verità, e a scapito dell’arte e del buon senso, una stanza a quattro pareti, senza tener conto quasi mai che per una di esse, il boccascena, gli spettatori han diritto dai palchi e dalla platea di vedere e udire quel che accade lassù ; quel progresso, dico, ha vita da poco più che trent’ anni.
Ella gli dice con voce bassa, non tute ipse . . . . Ma Davo con alta voce e con volto che esclude ogni sospetto d’intelligenza, l’interrompe dicendo, concede ad dexteram. […] Non si accorse quell’erudito ch’ egli distruggeva il disegno del poeta, Più volte e Plauto e Terenzio hanno in una scena usato questo colore di dire alcuna cosa a voce alta ed altre con poca voce. […] Questa è la voce di Mirrina, dice Panfilo; nullus sum . . . . perii. […] Ma questa voce poteva anche col tempo essere divenuta nome proprio di donna, come pur son fra noi Gemma, Margherita, Preziosa &c.; ed allora il latino Plotium sarebbe nel teatro antico un nome proprio femminile diminutivo ugualmente che Glycerium, Phronesium, Phanium.
Il di lei Congiunto avrà immaginato che io meditassi un controbando, o una irruzione repentina, e che suo dover fosse il vegliare come buona sentinella in tempo di guerra per dar la voce a tempo, Ferte citi ferrum, date tela, scandite muros.
Incontinente ascolto una voce che con dolcezza mi comandada di arrestarmi. Era la voce di mio padre… Misera me! […] Nell’istante ch’io mi volgo verso dove veniva sulla voce, il pié mi manca, vacillo, son presso a precipitar nel fondo del abisso, ma mi sento trattenere da uno che pareva, mi rassomigliasse.
Io non so come varii nazionali a voce ed in iscritto poterono di tali feste attribuir l’invenzione al Calderòn a, quando non s’ignora che tante Lope ne compose a. […] Si vuole avvertire che il Voltaire, il Bettinelli, gli Enciclopedisti, ed altri Francesi ed Italiani danno erroneamente a questo poeta il nome di Lopez” voce che in Ispagna esprime un cognome in numero plurale, come Ramirez, Rodriguez, Fernandez, Lopez, de’ Rumiri, de’ Rodrighi, de’ Fernandi, de’ Lopi. Ma nell’autore Vega la voce Lope è nome proprio singolare. […] Quattro anni in circa ebbe egli dunque presente il Signorelli, e tacque sempre ancor mentre se ne leggeva in Madrid il Discorso Storico-critico scritto per illuminar sulle materie teatrali il Lampillas; ed alzò poi sì bruscamente la voce dopo che l’autore della Storia de’ Teatri disse addio a quel caro suo soggiorno di circa diciotto anni. […] Non ho più voce!
Nel qual caso noi lo consigliamo a premettere per l’avvenire ad ogni sua critica un picciolo dizionario che fissi la significazione arbitraria dei termini adoperati da lui, e ciò per risparmiare le quistioni di voce e per guadagnar tempo prezioso a tutti e in particolar modo a’ giornalisti che devono parlar d’ogni cosa. […] «Né giova dire che la voce acuta, per esempio, come estremo più intenso, essendo la dominante, si sentirà distintamente a confronto delle altre voci, e però potrà produrre il suo effetto. […] E nel caso che s’accordasse la proposizione non si può almeno di non negare che nascerà necessariamente una tal distrazione tra la voce principale e le aggiunte, che impedirà quella totale attenzione senza cui è impossibile ottener l’intento di commuovere.» […] Essi infatti non hanno mai fatti ritornelli e passaggi dove non andavano, non hanno mai coperta la voce colla troppa affluenza degli strumenti, non hanno ecc.» […] Ma ciò che ho detto io, e che il Manfredini non vorrebbe che si dicesse, si è che dall’uso troppo frequente di esse comparazioni è risultato il troppo affollamento degli strumenti, e per conseguenza il prossimo pericolo d’affogar la voce del cantore.
Levasi appresso Mnesiloco e contraffacendo la voce femminile e usando de’ tuoni acuti sottentra ad aringare a favore di Euripide; e mostra quante e quante altre cose ha taciuto quel tragico, le quali poteva pubblicare in isvantaggio e disonore delle donne. […] Questa adunque è la ragione , ripiglia Strepsiade, per cui udendo la loro voce io mi sento una voglia di volar su, di dir cose sottili, disputar del fummo, attaccarmi alle paroluzze, seminare equivoci e contraddire. […] Animo; nulla a te manca di ciò che può rendertelo benevolo; hai la voce chioccia e spiacevole, sei cattivo, sei plebeo, e gli oracoli ti favoriscono. […] Essi si dicevano sicofanti, cioè denunziatori di fichi, e la voce derivava da συκη ficus, e φαινω, indico, non essendo anticamente permesso di portar fichi fuori dell’Attica. Da prima dunque sicofanti erano i delatori de’ contrabbandisti di fichi, e poi questa voce divenne più generale, e comprese tutte le spezie di accusatori e calunniatori spregevoli, In seguito i furbi mercenarii tutti introdotti nelle commedie per aggirare e trappolare chiamaronsi sicofanti.
[commento_2.5] obbligato: accompagnato; alla voce si uniscono più strumenti o l’intera orchestra. […] Nota alla nota d’autore n. 10: «Dobbiamo considerare che gli antichi attribuivano alla musica un significato più ampio di quello odierno: poiché la poesia e la danza (o il movimento aggraziato) furono poi considerate parti della musica, quando la musica arrivò ad una certa perfezione… Quello che ora chiamiamo musica è quello che essi chiamavano armonia, che era solo una parte della loro musica (costituita da parole, versi, voce, melodia, strumento e recitazione) e non dobbiamo aspettarci che lo stesso effetto derivi da una parte come dall’intero»; John Wallis, «A Letter of Dr.
Deh se ascolti la voce della natura, non voler soffrire, che il talamo reale di Danimarca sia il letto dell’infamia e dell’incesto. […] Amlet resta riflettendo al potere della rappresentazione, per cui un attore a suo grado dirige gli affetti, trasforma il volto, piagne, affievolisce la voce, e si compone ad esprimere la passione per commuovere.
Se fra le cose possibili la voce sparsasi fosse vera, io mi reputerei fortunato di poterle offerire il posto di Iª attrice assoluta dandole carta bianca per fissare l’onorario e stabilire le convenienze per tre anni. […] La sua voce corrispondeva a tutte le vibrazioni della sua anima.
Mentre esse ballano, il brutto musico ripete questa parola con una vivacità continua rinsorzando per gradi la voce e stringendo il tempo del suono in maniera che egli palesa il proprio entusiasmo con visacci e strane convulsioni, e le ballerine muovonsi con una maravigliosa agilità, la quale accoppiata al desiderio di piacere e agli odori de’ quali tutte sono esse sparse e profumate, le fa grondare di sudore e rimanere dopo il ballo pressochè fuori di se.
Indi con fioca voce Non so se pur dicesti, Ben venga Clori.
Indi con fioca voce Non so se pur dicesti, Ben venga Clori.
Poscia che questa voce. […] Non crederei che il signor Saverio peritissimo nella greca lingua, e nel modo d’interpretarla, si fosse fatto ingannare dalla voce απιστα, quasi che Ecuba non credesse vero quel che avea sotto gli occhi. Sa egli bene che questa voce qui manifesta l’enorme, atroce, stupenda serie di disgrazie che l’opprime. […] In fatti quella città marittima della Tracia era popolata di gente stupida e grossolana per testimonianza di Cicerone, Giovenale e Marziale, sebbene di tempo in tempo non avesse mancato di produrre diversi uomini illustri, quali senza dubbio furono Protagora, Democrito, Anassagora, Ecateo storico, Niceneto poeta ed altri mentovati da Stefano Bizantino alla voce Άβδηρα e da Pietro Bayle nel Dizionario Critico.
Fiorirono intorno al medesimo periodo tralle attrici dell’opera madama Pellisier unicamente per la rappresentazione, e madama le More per l’eccellenza della voce. […] Allora essi si avvisarono di supplirvi con certi cartelloni, ne’ quali scrivevano in prosa ciò che non potevano profferir con la voce; ma simile spettacolo al fine venne totalmente abolito, e si riprodusse l’opera comica che dal 1724 durò sino al 1745, dopo di che alla Fiera si rappresentarono soltanto pantomimi.
Questa è adunque la ragione, ripiglia Strepsiade, per cui udendo la loro voce io mi sento una voglia di volar su, di dir cose sottili, disputar del fumo, attaccarmi alle paroluzze, seminare equivoci, e contraddire. […] Animo; nulla a te manca di ciò che può rendertelo benevolo; hai la voce chioccia e spiacevole, sei cattivo, sei plebeo, e gli oracoli ti favoriscono. […] All’udir questa voce melatissima Di gioja vi traballano le natiche. […] Assai di lui più chiaro in tal commedia fu Alesside di Turio zio o patrocinatore di Menandro, potendosi interpretare dell’una e dell’ altra guisa la voce πατρως presso Suida. […] Essi si dicevano sicofanti, cioè denunziatori de’ fichi, e la voce derivava da συκον, ficus, e φαινω, indico, non essendo anticamente permesso di portar fichi fuori dell’Attica.
Chi é fatto soltanto per appagar l’esteriore de’ sensi, incantato dalla magnificenza delle decorazioni e dalla sveltezza delle danze, dalla lusinghiera musica e da una tenera pieghevole voce, nulla cerca più oltre.
… » E la dolorosa sentenza ebbe origine da una velatura ch’egli recava nella voce dai primi anni ; velatura che andò poi coll’esercizio attenuandosi, fino a permettergli da un buon trentennio di sputar, non sangue, ma polmoni, rinnovantisi ogni sera, sotto le spoglie de’ molti e svariati personaggi del gran repertorio.
Gli operatori eseguiscono con tale entusiasmo le loro diverse occupazioni, sono cosi bizzarri i loro gesti, il viso, la voce, e così bene accomodati alle loro varie espressioni, che gli Europei durano fatica a credere che sia una scena immaginaria, e non la vedono senza ribrezzo ed orrore.
Gli operatori eseguiscono con tale entusiasmo le loro diverse parti, sono così bizzarri i loro gesti, il viso, la voce, e così bene accomodati alle loro varie espressioni, che gli Europei durano fatica a credere che sia una scena immaginaria, e non la vedono senza ribrezzo ed orrore.
Si sa dal Bartoli, suo contemporaneo, ch’ella aveva una graziosa figura, una retta pronunzia, una voce flessibile, ed affettuosa, che penetrava e invadeva l’animo degli attenti spettatori…… La dolcezza della fisonomia e degli espressivi e significanti suoi sguardi, or dimostranti allegrezza, ora dolore, ora un affetto intenso ed amoroso, erano in lei quei doni a pochissime Comiche dalla natura e più dall’arte concessi.
Oltre al noto epitaffio di Francesco Loredano, Giace sepolto in questa tomba oscura, Scappin, che fu buffon tra i commedianti, Or par che morto ancor egli si vanti Di far ridere i vermi in sepoltura, abbiamo i due seguenti sonetti, senza nome di autore, inediti, nel manoscritto Morbio, descritto al nome di Andreini-Ramponi Virginia : PER LA MORTE DI SCAPPINO COMICO Proteo costui ben fù, che ’n mille forme Su le scene variò voce, e sembiante, Hor seruo scaltro, ed or lasciuo amante, Edippo, hor Dauo, et hor Mostro difforme.
Ma che Osci non poterono prendere il proprio nome dalla parola osceno, chiaro apparisce ancora agli occhi degli eruditi che ragionano, dal sapersi che tali popoli da prima chiamaronsi Opici (parola che si allontana di molto da osceno) ovvero dalla voce οφις secondo alcuni, o da un accorciamento di Etiopici secondo altri; e che in appresso i Romani pronunziando male il vocabolo Opici lo corruppero in Opsci, in Obsci, e finalmente in Osci b. […] Bel bello (replica Mercurio) Madama la Notte, che di voi stessa corre voce che sapete in tanti climi diversi essere la fida conservatrice di mille dilettosi intrighi; ed io credo che in tal materia fra noi due si giostri con armi uguali.» […] Onagos chiamavasi la favola del Greco Demofilo dalla voce όνος, asino, la quale Plauto imitò e nomino Asinaria. […] Narreran la cosa Di tua figlia a svantaggio i tuoi nemici, Non attendendo al ver, bensi alla voce. […] Nella voce Osci: Qui Osce et Vosce fabulantur, nam Latine nesciunt.
Ebbe ancora l’accortezza di scerre argomenti adattati al talento e alla disposizione de’ suoi attori, giacchè egli per mancanza di voce non potè rappresentare, come facevano gli altri poeti, i quali per lo più recitavano nelle proprie favole. […] Mattei peritissimo nella Greca lingua e nel modo d’interpretarla, si fosse fatto ingannare dalla voce απιστα, quasi che Ecuba non credesse vero quel che avea sotto gli occhi. Sa egli bene che questa voce quì manifesta l’enorme, atroce, stupenda serie di disgrazie che l’opprime. […] In fatti questa città marittima della Tracia era popolata da gente stupida e grossolana per testimonianza di Cicerone, Giovenale e Marziale, sebbene di tempo in tempo avesse prodotti non pochi uomini illustri, come Protagora, Democrito, Anassagora, Ecateo lo storico, Niceneto il poeta, ed altri, de’ quali vedasi Stefano Bizantino alla voce Ἅβδηρα, e il Dizionario Critico di Pietro Bayle. […] Vedi anche Suida nella voce τετραλογια.
Ma l’ingrossamento della voce, che succedeva in loro col crescer dell’età, e la difficoltà che si trovava nel conseguire, ch’eglino dassero al canto tutta quella espressione d’affetto, della quale non sono capaci gli anni più teneri, costrinsero i direttori degli spettacoli a prevalersi degli eunuchi. La relazione sconosciuta, ma da tutti gli anatomici avverata, che passa tra gli organi della generazione, e que’ della voce, impedisce in colpco, cui vien proibito lo sviluppo ulteriore del sesso che s’ingrossino i ligamenri della gola per la minor copia di umori che vi concorre, gli rende più atti a vibrarsi, e conseguentemente a eseguire le menome graduazioni del canto, assottiglia l’orifizio della glottide, e la dispone a formar i tuoni acuti meglio degli altri.
Ma i movimenti ginnastici del saltatore, il quale era nell’istesso tempo cantore54, bentosto ne ingrossavano il fiato, e ne rendevano inutile la voce; per la qual cosa bisognò dividere gl’individui del coro in istrioni-musici che coltivassero il solo canto, e in istrioni-ballerini dedicati unicamente alla danza. […] Fra gli altri il famoso scultore Fidia sa in questa commedia morso velenosamente sulla sua probità per la voce che correva in Atene, di non aver impiegato nella statua di Pallade tutto l’oro sumministratogli dalla Repubblica.
Pure a’cenni il pover’uomo (poichè dove una donna grida, bisogna farsi intendere a’cenni, essendovi debole ogni voce) la pregò di tacere.
Grande, nobile, di bellezza commovente e appassionata, con due occhi che parlano, un sorriso di perle, un gesto d’imperatrice, incede come potrebber Pallade o Giunone, e la sua voce è una musica piena di soavità, o di forza, secondo il sentimento che la domina.
Sdegna il magnanimo di sottoporvisi: Publio prega: il Popolo è inesorabile: si ascolta una voce in aria che comanda ad Orazio di ubbidire. […] Allor gravosa Ella rispose con languida voce. […] Disse e nel volto diventò di neve, E volendo seguir, di voce in voce Singhiozzò, chiuse i lumi, e spirò l’alma.
Bel bello (replica Mercurio) Madama la Notte, che di voi stessa corre voce che sapete in tanti climi diversi essere la fida conservatrice di mille dilettosi intrighi; ed io credo che in tal materia fra noi due si giostri con armi uguali”. […] Onagos chiamavasi la favola del Greco Demofilo dalla voce όνος, asino, la quale Plauto imitò e nominò Asinaria. […] Narreran la cosa Di tua figlia a svantaggio i tuoi nemici, Non attendendo al ver, bensì alla voce. […] Nella voce Osci: Qui Osce & Volsee fabulantur, nam Latine nesciunt.
Esse accompagnavano la voce co’ movimenti delle mani che portavano vezzosamente verso il volto, ed al petto, slanciando nel tempo stesso un piede innanzi e ritirandolo indi a poco a poco con grazia e restando l’altro piede immobile.
Ma invano alzarono la voce Villegas, Antonio Lopez, Cascales, e nel secolo seguente Luzàn, Mayàns, Nasarre, e Montiano contra più di dodicimila componimenti drammatici, lavorati sul medesimo conio, i quali ogni dì compariscono sulle scene spagnuole.
Egli sosteneva il ruolo di amoroso, che con quella voce e con quel naso, non era proprio fatto per conciliargli la benevolenza del pubblico.
Da ciò si vede che il canto costituiva la principal parte della musica russa e che gli strumenti non servivano ad altro che a sostenere la voce.
Ma i moderni alla voce opera aggiungono un’idea complicata e circostanziata per modo che la diversificano, non che dalle cose soprannomate, ma dagli stessi componimenti drammatici greci e latini, a ’quali, assai s’avvicina141.
Vincenzo avesse detto ciò nel tempo che io ancora dimorava in Madrid, gli avrei mostrato facilmente che s’ingannava anche in questo, e che la voce Chamberga potè forse usarsi in proposito di detta Guardia; ma il cappello slacciato, rotondo, e non à tres picos, era stato adoperato dagli Spagnuoli ancor prima dell’epoca di Carlo II.
E da Ferrara a tal uopo avevan chiamato Tommaso Bambasio, del quale voglio che tu sappia, e se la mia voce può giungere creduta ai posteri, sappiano anch’essi che in tutto lo Stato veneto egli è riguardato come un tempo Roscio fu in Roma, ed è a me caro ed amico, quanto fu questi a Cicerone.
Ella gli dice avoce bassa, non tute ipse … Ma Davo con alta voce e con volto che esclude ogni sospetto d’intelligenza, l’interrompe dicendo, concede ad dexteram . […] Più volte e Plauto e Terenzio hanno in una scena usato questo colore di dire alcuna cosa a voce alta, ed altra con voce bassa, e furtivamente. […] Questa è la voce di Mirrina, dice Pamfilo; nullus sum… perii .
Cotal rinforzamento unito alla più lunga dimora della voce sulle rispettive sillabe, che ne era una conseguenza, fece rallentar tutti i’ tuoni, frapporre più lungo intervallo tra i passaggi non meno di sillaba a sillaba che di suono a suono, e alterar così la durata de’ tempi tanto nella poesia quanto nella musica. […] Si dice, per esempio, che Guido fosse il primo a inventar le righe, e a collocarvi sopra i punti, affinchè colla diversa posizione di questi s’indicassero gli alzamenti e gli abbassamenti della voce; ma ciò si niega a ragione dal Kirchero nella Musurgia, poiché oltre il parlar Guido nel suo Micrologo di essi punti e righe, come di cose note e non mai inventate da lui, egli è certo che si trovano csempi dell’uno e dell’altro fin dai secoli nono e decimo,23 Si pretende ch’egli aggiugnendo al diagramma, ovvero sia scala musicale degli antichi, che costava di quindici corde, la senaria maggiore, abbia accresciuta di cinque corde di più la scala musicale, ed ampliato per consequenza il sistema.
A me pare che ciò addivenuto sia, perché «chi poco considera (secondo che dice il proverbio), presto parla e presto scrive», e perché i francesi facendo sempre da suffisants (voce caratteristica che manca alla nostra lingua) hanno, come glielo va rimproverando con somma ragione il presidente di Montesquieu nelle Lettere Persiane, «la fureur d’écrire avant que de penser, et de juger avant que de connaitre», per servirmi delle parole di M. d’Alembert. […] Ma una pastorella che colle parole piange l’amante morto o lontano, e va colla voce scorrendo pe’ tuoni musicali, é ugualmente sciocca, secondo M.
Più di leon feroce Darà dall’alto Dio la sua voce: E della terra L’estremo lito Del suo ruggito Risuonerà: In sacco, e ceneri Grida urli, e gemiti Date, o pastori: Il giorno è questo Nero, e funesto, Che ovili, e pascoli Vi struggerà.»
Ancor con mesta infausta voce Mi appelli?
Or quella chiamasi sensibilità, la quale poco solleva la voce in petto di quel Dotto.
È ben noto che in una di queste un vecchio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia, voce della natura onde siamo avvertiti che il pubblico polito, se la pedanteria non lo corrompe, sa giudicar dritto de’ componimenti teatrali.
Ma la voce gentil che or trista, or lieta, allettando l’udito, il core impiaga, della facondia è inaccessibil meta : e fra i portenti è meraviglia vaga il tuo furor, ch’ ogni pensiero accheta ; la tua follia, ch’ ogni desire appaga.
Le porte onde si entra in teatro, sono laterali, e non dirimpetto alla scena, la qual cosa produce il doppio vantaggio di non indebolire la voce, e di non togliere il miglior sito da godere la rappresentazione. […] Verso gli ultimi anni del passato secolo si tolsero questi ostacoli al corso della voce, ed ai cristalli, alle dorature e a’ festoni indicati si sostituì la pittura fattavi dal toscano Domenico Chelli. […] I difetti notati ne’ più grandi teatri moderni mostrano la difficoltà della soluzione del problema, far un teatro che compiutamente soddisfaccia a i due sostanziali oggetti, veder comodamente e conservar la voce nell’interiore del teatro. […] E quando pur tal voce potesse indicare l’arricciarsi de’ capegli, il sollevarsi de’ capegli per l’orrore, sempre sarà miglior vocabolo l’ arricciarsi in poesia, perchè particolareggia, là dove l’avvolgere azione inderminata rende l’idea troppo generale. […] Nè poco contribuì all’ invidiabile riuscita l’arrivo in Napoli della giovani esimia cantatrice Margherita Chabrand, che ha continuato più anni ad essere la delizia di questo pubblico, e lo scopo de’ plausi generali per la rarità della voce e per la felicità e delicatezza dell’ espressione che le presta l’intelligenza che possiede de’ prodigi della melodia.
Cotal diversità fra la musica profana e la sacra dee, secondo il mio avviso, ritrarsi dal costume usato in chiesa di cantar a più voci, ciascuna delle quali cantando a modo suo, era più facile che degenerasse in confusione e in abuso, laddove le canzonette profane figlie dell’istinto e del sentimento, e cantate per lo più da una sola voce potevano più a lungo conservare la loro semplicità primitiva. […] Quel medesimo istinto che porta gli uomini ad esprimere coi particolari movimenti del corpo l’allegrezza dell’animo, onde ebbe origine il Ballo, gli porta eziandio ad accompagnar i propri gesti con certe particolari inflessioni di voce, onde ebbe origine il canto. […] «Questi sono (dice, parlando de’ Fiaminghi) i veri maestri della musica, e quelli che l’hanno restaurata e ridotta a perfezione, perché l’anno tanto propria, naturale, che uomini e donne cantan naturalmente a misura con grandissima grazia e melodia, onde avendo poi congiunta l’arte alla natura fanno e di voce e di tutti gli strumenti quella pruova ed harmonia, che si vede ed ode, talché se ne truova sempre per tutte le corti de’ principi Cristiani.
«Tutto l’esercito (dicesi dell’esecuzione di Avogadro in una lettera istorica su di Gastonea ), chiedeva ad alta voce il supplizio di lui, e del figliuolo… Invano per fuggir l’ignominiosa morte èssi rappresentavano di esser nati sudditi de’ Veneziani….Si ascoltò la politica, e non la giustizia.» […] Montcassin, e che aspetti tu ad abbandonare una dimora indegna, dove il solo interesse è quello della nobiltà, dove la voce dell’orgoglio copre la voce del sangue, dove la tua fiamma è un delitto, e la mia un’ingiuria?
Ebbe ancora l’accortezza di scerre argomenti adattati al talento e alla disposizione de’ suoi attori, giacchè egli per mancanza di voce non potè rappresentare, come facevano gli altri poeti, i quali per lo più recitavano nelle proprie favole.
È ben noto che in una di queste un vecchio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia , voce della natura onde siamo avvertiti, che il pubblico polito, se la pedanteria non lo corrompe, sa giudicar dritto de’ componimenti teatrali.
Ma recitando le comedie poi a gli atti, a’ modi, a’ gesti ed alla voce gli altri strion restavan tutti buoi.
Noi abbiamo veduto che non fu se non assai tardi che s’incominciarono a intavolar le melodie ad una voce sola, le uniche che potevano contribuire a dirozzare la musica e a facilitar la sua applicazione alla poesia.
Ma i moderni alla voce opera aggiungono una idea complicata e talmente circostanziata che la diversificano, non che dalle cose accennate, dagli stessi pezzi drammatici de’ Greci e de’ Latini, a’ quali pur si avvicina.
Ma i moderni alla voce operæ aggiungono un’ idea complicata e talmento circostanziata che la diversificano, non che dalle cose accennate, dagli stessi pezzi drammatici de’ Greci e de’ Latini, a’ quali pur s’avvicina.
S’egli avesse parlato nel tempo che io ancora dimorava in Madrid, gli avrei mostrato facilmente che s’ ingannava anche in questo, e che la voce chambergo potè nascere dalla detta Guardia, ma non già il cappello slacciato, perchè prima di tal Guardia il cappello degli Spagnuoli non fu miga à tres picos, come quello introdotto in Ispagna colla venuta di Filippo V &c.
Lo stesso Grimm, che della Commedia Italiana si mostrò sì poco tenero, ebbe parole di calda ammirazione per lo spirito che il Bertinazzi sapeva mettere ne’suoi gesti, nella sua fisonomia, nelle inflessioni della sua voce.
— La lettura ad alta voce.
Sdegna il magnanimo di sottoporvisi: Publio prega: il popolo è inesorabile: si ascolta una voce in aria che comanda ad Orazio di ubbidire. […] Allor gravosa Ella rispose con languida voce: Dunque viver dovea d’altrui che vostra, E da voi rifiutata? […] Disse, e nel volto diventò di neve, E volendo seguir, di voce in vece Singhiozzò, chiuse gli occhi e spirò l’ alma.
Si maraviglia de’ fregi donneschi sparsi per la stanza; si avvede del suo pugnale che era rimasto in potere dell’imperadore; ode la voce di lui e quella di Marianna; sente tutta la sua gelosia; imbatte in Ottaviano; l’affronta; Marianna per separargli smorza il lume. […] Primieramente la prima voce da prendersi nella favola del Calderòn è sempre il principio di un verso, e non già di un periodo terminato. […] L’espressione originale è fondata sul doppio senso che hanno nell’idioma castigliano le parole Zelo e Zelos, significando zelo la prima, e gelosia la seconda senza bisogno di cangiar voce.
Il Tetrarca viene col disegno di tentar di parlare a Marianna; si maraviglia de’ fregi donneschi sparsi per la stanza; si avvede del suo pugnale che era rimasto in potere dell’imperadore; ode la di lui voce e quella di Marianna; sente tutta la sua gelosia; imbatte in Ottaviano, l’ affronta; Marianna per separargli smorza il lume; Erode perde la spada, impugna il pugnale, incontra Marianna, l’ammazza, e poi si getta in mare. […] Primieramente la prima voce da prendersi nella favola di Calderon è sempre il principio di un verso e non già di un periodo terminato. […] L’ espressione originale è fondata sul doppio senso che hanno nell’ idioma Castigliano le parole zelo e zelos, significando zelo la prima e gelosia la seconda senza bisogno di cangiar voce.
O seguir bisogna la fama, la voce comune, o fingere in modo che ad essa non disdicano le cose immaginate; esse debbono al possibile avvicinarsi alla Verità, non avendo il favoleggiatore diritto ad esser creduto in qualunque suo capriccio.
Saprete in oltre, che quest’impeto di Lope rassomiglia a quello degl’Improvvisatori, che sono innumerabili, soprattutto in Italia, e che la di loro voce finisce, come quella de’ Cigni, colla vita, nè passano mai da verseggiatori a Poeti.
Queste delicatezze di passione, che i Francesi esprimono con la voce sentiment, non furono rare in quella Corte; ma per la questione non occorre di più esemplificare.
Il significato proprio della voce sainete esprime ciò che noi diciamo condimento.
Ebbe ancora l’accortezza di scegliere argomenti adattati al talento e alla disposizione de’ suoi attori giacché egli per mancanza di voce non poté rappresentare, come faceano gli altri poeti, i quali per lo più recitavano nelle proprie favole. […] L’espressione dunque d’Ifigenia non dee tradursi letteralmente per l’istessa misura de’ versi, ma sì bene per lo medesimo lamento, e così fece il Dolce: Madre, misera madre, Posciaché questa voce Di misero e infelice Ad ambedue conviene, ec.
Cfr. la voce «Francesco Algarotti» in Dizionario biografico degli Italiani, a cura di E.
Generalmente si dissero in latino barbaro Ministelli, che poscia si chiamarono in italiano da Giovanni Villani Ministrieri e da Matteo Villani Minestrieri, derivando dalla voce provenzale Mnestrels.
Il luglio del ’59 gl’ Italiani se ne tornarono in Italia ; e sparsasi la voce che Scaramuccia si fosse annegato traversando il Rodano, Loret nella Musa dell’ 11 ottobre, stesso anno, annunciò così il triste avvenimento : O Vous Bourgeois et Courtizans Qui faites cas des Gens plaizans, O Tous amateurs du Théatre, Dont, moy-mesme, suis idolâtre, Sanglotez, pleurez, soupirez, Pestez, criez et murmurez, Transportez d’une humeur chagrine, Plombez de coups vôtre poitrine, Devenez mornes et rêveux, Arachez-vous barbe et cheveux, Egratignez-vous le vizage, De tout plaizir, perdez l’uzage, Acuzez hautement le sort, Le fameux Scaramouche est mort, Luy, que l’on estimoit l’unique En sa profession Comique, Qui contre-faizoit par son Art, Si bien le triste et le gaillard, Si bien le fou, si bien le sage, (Bref, tout diférent personnage) Qu’on peut dire, avec vérité, Que sa rare ingénüité En la science Théatrale, N’avoit point, au Monde, d’égale.
Nel settimo capo l’autore affronta l’annosa questione della versificazione, unendo la propria voce al coro di quegli autori italiani — praticamente tutti, fuorché il Martello — che avevano condannato l’alessandrino francese a causa della monotonia, della lunghezza del verso e soprattutto della rima. […] Il costoro sbaglio è nato, per mio avviso, dalla contrapposizione di queste parole del testo μὴ διὰ μοχθερίαν, ἀλλὰ δι᾽ ἁμαρτίαν μεγάλην 14: ma la voce μοχθερία non significa già la malizia d’un delitto, ma l’abito vizioso: perciocché secondo il sistema della morale aristotelica, un sol atto, ancorché pravo non rende l’uomo d’ordinario malvagio. […] Non è senza molta accelerazione di tempo nell’Ezzelino del Baruffaldi la giunta di Beatrice e de’ sei compagni, i quali, intanto che Amabilia dice sei versi, si fingono chiamati da Tiso che va sino nel fondo della torre, ove prima s’era detto che per le tante e tortuose vie appena poteva giungere la voce e quindi vengono come se fossero al limitare della porta. […] Nelle traduzioni verbali, quali d’ordinario son quelle della Sacra Scrittura, si vede agevolmente la superiorità delle prime lingue, massimamente della greca, la quale racchiude sovente in una voce tai sensi che in niuna si ponno esporre se non con molte parole. […] Onde conoscendo eglino che la soavità del canto rapiva dolcemente i cuori umani, e che ’l discorso da certe leggi misurato portava più agevolmente per via degli orecchi dentro l’animo la medicina delle passioni, racchiusero gl’insegnamenti in verso, cioè in discorso armonioso, e l’armonia del verso accoppiarono con l’armonia ed ordinazione della voce, che musica appellarono», Gian Vincenzo Gravina, «Della tragedia», in Id., Scritti critici e teorici, a cura di Amedeo Quondam, Bari, Laterza, 1973, p. 507).
Fiamme, catene, e morte Ne minaciò feroce Alla terribil voce Betulia impallidì. […] Da essa deriva che gli attori parlino ad alta voce, se la intendano e siano intesi dagli uditori senza che il terzo, che è presente, se ne accorga pure d’un solo accento.
Ma qual esser debbe l’eccellenza della tragedia Italiana, se tutto un Voltaire, per contrabbilanciar la voce universale e screditarla, ha dovuto ricorrere a un’astuzia sì vergognosa degna degli antichi Davi, la quale scopre in lui il letterato invidioso, e ne fa svanir l’uomo onesto210?
La Nutrice ne ascolta la voce, e facendo un’ apostrofe alla propria vecchiaja (cessas thalamis inferre gradus, tarda senectus) le va incontro, e cominciano le nenie a due.
Polinice non soffre i suoi torti, ma ama la germana, ama e venera la madre, e nell’istesso fratello non abborre che l’ingiustizia e la mala fede; sente in somma la voce della magnanimità in mezzo all’ ira. […] Elettra va parlando sola e voce alta nella scena 2 del I, ed è intesa da Pilade ed Oreste.
La Nutrice ne ascolta la voce e facendo un’ apostofo alla propria vecchiaja ( cessas thalamis inferre gradum, tarda senectus) le va incontro, e cominciano le nenie a due.
Piace, & è di molto diletto questa nobilissima parte quando vien però leggiadramente trattata da personaggio habile di vita, gratioso di gesto, intonante di voce, vestito bizzaro, e tutto composto di strauaganze, il quale poi si eserciti in parole, benche di lor natura impossibili, tuttauia credibili da chi abbandona la mente nel vasto delle glorie come sarebbe il dire : « Quando che il Turco seppe il mio arriuo al Campo sotto Buda, non osò mai di uscir dalle tende entro le quali non si teneua meno sicuro sin tanto, ch’egli non seppe ch’io haueua lasciato la mia spada in Vienna per farli un fodro della pelle di Suliman Sultan.
Un vestito trasforma a tal segno la voce, il volto, l’andamento di un padre agli occhi d’una figlia? […] E quando pur tal voce potesse indicare l’arricciarsi de’ capegli per l’orrore, sempre è miglior vocabolo l’arricciarsi specialmente in poesia perchè particolareggia i là dove l’avvolgere, azione più indeterminata, rende vaga e generale l’idea. […] O dunque il ribrezzarsi del Calsabigi è voce inusitata e di nuovo conio, o male usata.
“Tutto l’esercito (dicesi dell’ esecuzione dell’Avogadro in una Lettera istorica su di Gastone44) chiedeva ad alta voce il supplicio di lui e del figliuolo . . .
Ottavia senza cagione ancora comparisce di nuovo a lamentarsi della fortuna; la Nutrice ascolta la di lei voce, e apostrofando la propria vecchiaia, Cessas thalamis inferre gradus.
Necro (diss’ei con spavente vol voce) Or odi quel che ancora a Fulvio ho detto: Non mettete mai più quà dentro il piede, Ch’io non vi lascerò riposar mai Giorno ne notte, ch’io son quì sepolto, E starvi mi conviene eternamente.
Negro (disse ei con spaventevol voce.