Pier Maria Cecchini aveva proposto con lettera del 1612 da Venezia al Duca di Mantova di mandarlo a Parigi, ove poi non andò, pei raggiri di Tristano Martinelli che vi andò in sua vece il 1613.
Stefano Davari, direttore dell’Archivio storico Gonzaga di Mantova, dalle quali si vede chiaro come l’Allori fosse non solo attore, ma anche autore e direttore della Compagnia, per ragione forse della Francesca, l’Ortensia, che in una lettera del Truffaldino, Carlo Palma, è chiamata buona comica, e indicata al Ministro del Duca di Mantova, per giudicare dei meriti di un capitano da scritturarsi, certo Federico Beretta. L’Ortensia era, senza dubbio, la moglie dell’Allori, giacchè per la putta sempre ricordata si vede chiaro doversi intendere la figliuola Settimia, maritata, della quale è cenno nella lettera di lui riprodotta autograficamente. […] mo Padrone di una lettera di raccomandatione al S. […] mo Starò qui in Venetia sin venerdì pross.º venturo per sapere dove deve la compagnia deve principiare, et a qual parte deve incaminarsi, come nella sua mi accenna, giacchè la mia putta sta assai bene et è in stato di potersi mettere in viaggio, la prego dunque a portarmene l’avviso aciò possa parteciparlo ad Oratio e pantalone che qui si ritrovano, et doppo partirmi subito per bologna, dove per miei interessi mi converrà trattenere al mancho otto giorni, non ho che agiungere se non supplicarla di novo per lettera di Ferrara per la Gabella, et augurando insieme con la mia putta a V.
Beccarina…… Il Bertolotti a pag. 115 della sua Musica in Mantova, riporta un brano di lettera del Farnese da Piacenza al Duca di Mantova in data 12 aprile 1688, in cui ringrazia per la Beccarina gionta qua in tempo di portarsi a recitare nell’opera che dovrà farsi fra poco a Piacienza.
Troviam prima un Bartolomeo citato dall’Andreini nella sua lettera del 1609 al Duca di Mantova da Torino (V. le lettere di comici italiani, pubblicate per le nozze Martini-Benzoni dal D’Ancona), che altri non dovrebb’essere che il Bongiovanni stesso, forse non ancora scritturato per le parti di Graziano ; forse Graziano a vicenda (un per le parti italiane, un per quelle dialettali) con Messer Aniello Soldano facente parte di quella compagnia, noto col nome teatrale di Dottor Spaccastrummolo napoletano.
Di lei non abbiamo che la seguente lettera, comunicatami dall’egregio Davari dell’ Archivio di Mantova : 1690. 31 mag.° – Bologna (ad un ministro del Duca) Ill.
La lettera con cui il Nobili chiede la licenza di dedica, trovasi nell’ Archivio di Modena e ha in calce : Imprimatur – Inquisitor Mutina Carolus Barberius.
Altra lettera abbiamo di tre giorni dopo, in cui ringrazia de' passaporti, e raccomanda con molto belle parole Federico Beretta che fa le parti di Capitano Spagnuolo, pubblicata al nome di questo comico (V.).
Come abbiam visto al nome del padre, egli desiderò di entrare al servizio del Duca di Mantova, al quale fu raccomandato dal Cardinal Caetani con lettera da Roma in data 12 aprile del 1611. […] Messer Battistino suo marito starà come ci vien scritto fuori di compagnia, ne sarà ammesso in qual si voglia benchè minimo negozio, da che potesse pretendere più di quello che nella lettera del Sig. […] Il gennaio del 1627 Francesco Gabbrielli era a Ferrara, come si vede da questa lettera del 6, senza indirizzo, ma scritta ad Antonio Costantini, segretario del Duca di Mantova, la quale io traggo inedita dall’archivio dei Gonzaga e pubblico intera, per le notizie importanti che ci dà di alcuni comici : Ill. […] S. se questa mia non è stata lettera, ma un processo, tutta via mi scusi, essendo che quello che ho fatto, ho fatto per bene e per avisare S. […] Sin hora non ho havuto alcuna lettera del S.
A. per non ritrovarsi Capellino Comico in Mantua essendo a recitare a Milano…. » e che apparteneva alla Compagnia del Farnese di Parma, di cui era principale ornamento, come abbiam dal seguente brano di lettera tuttavia inedita scritta da Bartolommeo Manzoli al Duca di Modena il 4 giugno 1655 : « Non è stato possibile di conseguire in alcun modo che il sig.
È lodato nel libretto della Scena illustrata, dove nella lettera dedicatoria così di lui si ragiona.
Una lettera dell’attore Beltramo a Icilio Polese così descrive la morte eroica del povero amico, noto in tutta l’arte per la soavità dell’indole : Il mattino che precedette la sua morte si ritirò in casa, accomodò la sua cameretta cambiando posizione al letto ed al comodino, si vesti da garibaldino, mise le sue decorazioni sul guanciale accanto al revolver, sfoderò la spada e la mise in croce col fodero ai piedi del letto, si coricò, e si sparò un colpo al cuore con una rivoltella a due colpi con tanta sicurezza e precisione che restò fulminato.
O vi dirò. il messo, che mi fù portato dalla lettera, dicea cosi. Per vn presente ti lauerai il viso, come voglio, che tu pigli co tre pesci in porto, e vn passo in mezo il Teuere co 'l dissegno d’vna tetta vecchia, & che tu metta vna buona cura alle cose del hamingo, accio resti sano, & teghi l’acqua, & ch'io venissi col subito per vna cossa ch'importa. si che intendete il presente. la lettera no me la diede ; il viso me lo lauai ; i tre pesci eccolli, il passo in mezo il Teuere lo farò, se voi pagate la spesa del ritorno ; il disegno della tetta vecchia non se ne troua ; il Fiamingo, perchè non è stitico, non volse la cura ; ne li diedi l’acqua, perchè li piaceua più il Vino : il subbio eccolo. che ve ne pare ? […] & se non mi credete ecco la lettera.
A questo comico è fatto cenno nella lettera seguente che tolgo dall’ Archivio di Stato di Modena : Ser.
L'ultima notizia sua si ha in una lettera del 16 gennaio 1832, ch'egli scrive da Messina all’attore Stefano Riolo, incaricandolo di formargli una compagnia per l’Arena ch'egli ebbe il superiore permesso d’innalzare in quella città, alla Marina.
Fu detto Goldoncino per essere stato alcun tempo copista di Carlo Goldoni il quale con lettera del 17 marzo 1759 da Roma (V.
mo L’allegrezza che mi ha apportato la sua cara lettera, per vedere ch’ella tien di me memoria, ben che sua minima nell’operatione, ma nell’affetto riuerente serua maggiore, vien mitigata oltre modo dal quasi accertarmi ch’ella non ritorni in Ferrara p. q.º Carnev. […] ma quasi smarriti, et io più di loro trauagliata. li scrissi jeri che sabbato prossimo faremo i 7 infanti dell’ara con machina nel prologo dell’Aurora, ma doppo la mia lettera vennero in mia casa gl’ Ill.
Vale la pena ch' io dia qui intera la lettera che Don Giovanni scrisse da Venezia il 21 marzo 1620 a Ercole Marliani, nella quale son notizie di grande interesse intorno alla Compagnia de' Confidenti : Ill. […] ma, ma domandandogli poi, che buon vento lo spingeva in costà, mentre si assettavano i bariletti, mi mostrò una lettera di V. […] S. che al ritorno di Monferrato del detto Scala, con la lettera di S. […] A. ho fatto alla cortigiana ; et più tosto volevo tacermi che scriver cosa di poco gusto, nondimeno perchè la lettera di V. […] Da questa lettera di ringraziamento, che esso Scala inviò al Duca non appena giunto a Venezia, vien fuori un nuovo personaggio, la Livia, che parrebbe, all’ascendente che esercita su lui, una moglie in calzoni.
Egli entrò, si può dir, nella vita vissuta con una lieta avventura, ch’egli così ci racconta : Il giorno della partenza per Napoli si presentò una vecchierella dicendoci piangendo che da 3 anni non aveva notizie di un figlio che stava in Sicilia, comico, e pregandoci di ricercarlo e fargli pervenire una sua lettera. Mio padre le fece conoscere l’impossibilità di eseguire la sua commissione, e non volle accettare la lettera. La povera madre piangeva, ed io, commosso, presi la lettera e promisi fare tutto il possibile per recapitarla. […] Lo ringraziai e lo pregai di dirci il suo nome : « Io sono Francesco Voller, comico, » mi rispose. « Ed io ho una lettera di sua madre da consegnarle ; » e glie la diedi.
Ma il Bentivogli non diè troppo peso alle promesse dell’ Andreazzo, e chiuse la sua lettera al Donati, in cui dava relazione delle trattative per la scrittura dell’ Andreazzo, con queste parole : « Sappia bene V.
Comico di Sua Altezza serenissima il Duca di Modena recitava le parti di amoroso, come ci apprende la seguente lettera di non lieve interesse del comico Lolli (Dottore Brentino), che traggo dall’Archivio di Stato di Modena : Carissimo Sig.
Agocchi Giovan Paolo, o Gioanpaulo dalli Agochij, detto Dottor Gratiano Scarpazon : così egli si sottoscrive in una lettera indirizzata da Roma al Duca di Mantova il dì 13 di novembre 1593, nella quale egli racconta come, perseguitato da un parente, fosse stato, senz’essere esaminato, due anni in prigione, poi lasciato in libertà, per la qual cosa si raccomanda al Duca di mandargli, o fargli avere qualche soccorso di danaro, acciò possa partire da Roma e fermarsi alcun po’a Bologna sua patria, per poi, di là, recarsi a Mantova a spasso a S.
Firmò anch'egli la lettera al Duca di Mantova in data 12 maggio 1621, in cui protestava pei mali disegni dell’arlecchino Martinelli di smembrar la compagnia, privandola del Capitano (Garavini), a cui avrebbe sostituito Matamoros e suo figlio (S. e G.
A richiesta del Duca di Modena, rispose accettando di far parte della di lui Compagnia, di cui eran principale ornamento i Calderoni Silvio e Flaminia, con lettera da Roma del 19 aprile 1679, nella quale si lagna acerbamente del malo trattamento de' capocomici verso di lui, che non sa nè dove spedire la condotta, nè chi la riceverà, nè in che piazze andrà, nè come sia composta la Compagnia, e che soprattutto s’è visto, con suo danno e rossore, metter fuori una seconda donna già scritturata d’accordo con lui, certa Angiola Paffi : « danno, hauendo seco un antico, e non poco concerto (cosa mendicata, e ricercata da ogni Moroso), e rossore per esser tenuto un parabolano, et un falso ; e dopo essermi consumato in Venetia ad aspettare la certezza et unione di questa donna, si ritratta al presente ciò che si deve per debito, essendo stata accettata e corrisposta da tutti. » E si raccomanda al Duca di ordinare che i comici gli scrivano, perchè egli possa con loro più apertamente discorrere. « Alla Paffi – conclude – in cuscienza et appresso Dio et al mondo non si deve mancare. »
.), mentre sappiam dalla lettera scritta da lui insieme al dottore Savorini essere stato nella Compagnia almeno dalla primavera.
La lettera è del Cardinal legato di Bologna al Granduca di Toscana. […] Il Loret non parla che di Béatrix, e la lettera del Cardinal legato non nomina che la Beatrice.
Come gli andasse la piazza di Napoli sappiamo dalla seguente lettera, che la moglie scrisse al Duca, l’anno dopo che furon tornati da quel disastroso viaggio. […] , e Narici – Orazio), mosser lagnanza al Duca di Modena con lettera da Lodi del 16 xbre ’87, invocando la grazia di recarsi alla Piazza stabilita.
Abbiam di lei la lettera seguente, tolta a quell’ Archivio di Stato, l’ eroe della quale è certo quel Domenico Antonio Parrino (V.), comico e istoriografo napoletano, che in quel tempo appunto era al servizio del Duca di Modena. […] Ma ecco la lettera : Alt.
Così ne riferiva il Robinet nella sua lettera in versi del 5 gennaio ’75 : Il faut bien dire aussi deux mots, d’arlequin Berger de Lemnos.
Lolli Eustacchio), indirizzò una lettera a un Segretario del Duca, sottoscritta Angiola lig.
Il signor De Bastide indirizzò all’Andolfati, mentre dirigeva il Cocomero, una lettera, nella quale si discutevan queste tre leggi per un direttor di teatro : « 1. […] Bisogna aver paura che il gusto languisca. » A lui rispose l’Andolfati con lettera pubblicata per le stampe nel 1792, nella quale sono le stesse lagnanze, le stesse ragioni di oggidì : cita il caso frequente di commedie magnificate dagli attori e alla rappresentazione cadute per non più rialzarsi ; rimette in ballo la questione delle repliche, e raffronta, al solito, la Francia coll’Italia, annoverando i vantaggi di quella e le condizioni poco liete di questa ; e infine gli dà con molta sottigliezza una stoccata non lieve con le seguenti parole che riproduco testualmente : « Voi mi avete gentilmente prescelto per esporre con la mia compagnia qualche vostra produzione, che sarà certamente conforme alle rispettabili leggi, che vi compiaceste accennarmi : tutta l’ attività de’ miei attori, qualunque ella si sia, verrà impiegata per l’ esecuzione la più scrupolosa, avvalorata dall’ istruttiva vostra comunicativa ; desidero che corrisponda l’esito alle vostre ed alle mie brame : — a voi, per non aver saputo offendere il gusto del pubblico — per prender maggior vigore a perfezionarlo — e acciò non si tema che egli languisca — a me, per aver potuto sotto la vostra scorta contribuire a sì desiderabili conseguenze. […] Quanto all’anno 1788 segnato dal Croce, qualcosa rimane a verificare, poichè l’Andolfati stesso nella citata lettera in risposta al signor De Bastide colla data del ’92, dice : « ….
Sappiamo infatti da una lettera di Gaspare Pieri a Francesco Bigliotti, che Raimondi, toccatogli il '56 alcun tempo di servizio militare, dovette abbandonar la Compagnia.
Il carnovale del 1690 si trovava a Roma, d’onde scrisse una lunga lettera al Duca, perchè richiesto di andare a Bologna con la compagnia, gli fosse mandato il danaro bisognevole pel viaggio dispendioso (V.
(Vedi la sua lettera a D.
Troviamo il Romagnesi a Mantova l’aprile del '55, come da una sua lettera al Duca di Modena del 5, con la quale lo ringrazia dell’invito di recarsi colà a recitare : poi nulla sappiamo più fino all’anno 1667, in cui egli apparve sulle scene del Teatro italiano, sostituendovi il secondo amoroso Valerio Bendinelli ; indi, abbandonato il primo amoroso Ottavio Costantini il teatro nel 1688, e partito per l’ Italia, predendone egli il posto. […] A tal proposito scrisse una lettera a Carlo Pevrault, controllore della Casa Colbert, chiedendo un passaporto per Roma, Venezia, Genova, Ferrara, Bologna, Padova, e una sovvenzione in danaro, per far fronte alle spese, facendo osservare che pel viaggio in due sole città, Bologna e Venezia, Ottavio avea sempre avuto 200 scudi.
Il Goldoni si schermì ancora, ma dovè poi cedere alle più che gentili insistenze del D’Arbes (gli aveva messo, come acconto, nella scatola da tabacco alcuni ducati d’oro) ; e chiestogli per lettera se la commedia doveva essere col Pantalone in maschera o a viso scoperto, ebbe questa risposta, che delinea ancor più la comicità e, diciam pure, furberia di quel bel tipo che ci pare di vedere e di sentir discorrere, e che chiameremmo a base di birignao. Ecco il brano della lettera riportato dal Goldoni : Avrò dunque una commedia del Goldoni ? […] La lettera con cui fu inviato il sonetto, ed il sonetto medesimo, li trascrivo da Francesco Bartoli.
Il 1762 il Sacco passò al Sant’Angelo, e un anno dopo fu trattato dal Duca di Duras per la Comedia italiana di Parigi ; ma non vi si recò altrimenti, forse, a parer del Goldoni, per ragione d’interesse, volendo egli essere di punto in bianco ricevuto a parte (V. lettera di Goldoni al Marchese Albergati in fogli sparsi raccolti dallo Spinelli, pag. 119). […] Il maggio del '65 fu nuovamente ventilato il disegno di farlo andare a Parigi col mezzo del Goldoni, per incarico dell’intendente primario degli spettacoli M. de la Ferté (V. lettera s. c.), ma egli nè anche 'sta volta vi andò. […] La sera dopo egli era al teatro in Mantova ; e lo Spinelli riferisce questo brano di lettera di Luigi Galafassi a suo padre Consigliere ducale : L'Imperatore disse che a Modena la Commedia era ottima, e quell’arlecchino molto vivace e bravo, e che una sua facezia gli sarebbe sempre stata impressa, ma che non voleua dirla. […] Ma più ancor ne fa fede Giuseppe Baretti, non veramente sospetto di poca sincerità come potrebbe essere creduto il Gratarol per le sue relazioni con la Compagnia Sacco e il Conte Gozzi, in una sua lettera da Venezia del 14 aprile 1764 a Don Francesco Carcano, al quale raccomanda vivamente il Sacco che doveva recarsi giusto allora a Milano. […] Io l’ho chiamato Sacco, attenendomi alla lettera che il Croce riferisce, sottoscritta Antonio Sacco capo comico.
In una lettera del Coccino al Duca del 18 febbraio '50 da Venezia, e nella sottoscrizione della Compagnia, in data 15 aprile 1651 da Bologna (V.
Forse figlia dei precedenti e sorella di Antonio Torri detto Lelio, fu attrice al servizio del Duca di Modena per la parte musicale, come si rileva da una sua curiosissima lettera al Duca stesso da Bologna, in data 2 giugno 1683 in cui si lagnava che certo signor Francesco Desiderij suo famigliare facesse da padrone assoluto con lei e la madre (il padre era già morto) senza aver riguardo alcuno alla lor povertà, vantandone autorità da Sua Altezza.
Come attore fu molto ammirato da’ varj pubblici ; e in un frammento di lettera sul carnevale di Roma dell’anno 1815, pubblicato nella Biblioteca teatrale (Roma, Puccinelli, 1815) e firmato Wencislao, è detto di lui : Bella e graziosa figura, sentimento, nobiltà, e scelta educazione riunisconsi nel Bonfio per formarne un eccellente amoroso.
La poca importanza che si dà alle scarsissime notizie di lui, parmi in aperta contraddizione colle tante incisioni, specialmente del Watteau, che riproducono i nostri comici a Parigi, nelle quali Pierrot occupa sempre un de’primi posti, quando non sia il primo addirittura, come nel quadro de’Comici italiani dello stesso Watteau, che riproduco nella testata della lettera G, in cui egli è segnato a dito non so se qual capocomico o principale artista della compagnia, diritto in sul mezzo della scena, a cui fan cerchio tutti i colleghi ne’lor varj costumi.
Piemontese, del Moncenisio, nato il 1640 circa, fu comico al servizio di Ferdinando Carlo per diciassette anni, e richiesto il 1685 dalla Maestà Cristianissima di Francia, Le fu concesso con lettera dello stesso Principe datata di Mantova il 14 marzo, nella quale era il più ampio ben servito che dir si potesse.
Tornò all’ordine de'cappuccini, e da una sua lettera a un Facchini di Ferrara, in data del 2 febbraio 1771, firmata Fra Gian Fedele d’Alessandria, studente cappuccino indegno, e pubblicata per intero da Fr.
La Pelzet in una lettera a Niccolini del 27 luglio 1843 da Bologna accenna alla rovina di Verniano (sic), per opera della prosopopea della Iob, la sua prima attrice.
Con lettera del 12 agosto '37 domandava a Ferdinando Pelzet, scadendogli una cambiale, il prestito di otto scudi. « Gli affari – scriveva – poco favorevoli del mio Capocomico, mi pongono nel caso di non poter soddisfare al contratto impegno. » Ma non ho potuto sapere il nome di quel capocomico.
Ma il Fiorilli non si fermò lungo tempo in Francia, secondo appare da una lettera inedita dell’Archivio modenese, in data di Firenze 26 maggio 1655, colla quale il Gran Duca di Toscana raccomanda vivamente al Duca di Modena il comico Scaramuccia che fa ritorno in Francia. […] A dare un saggio della scrittura fiorilliana, metto qui la lettera con cui egli annunzia la sua andata in Italia, e precisamente a Firenze, in casa sua, comunicatami dal cav. […] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img136.jpg] 27 agosto 1685. – Tiberio Fiorilli ha tanto fatto che gli è riuscito avere una lettera di chacet dal Re per cavare la sua douna dal Refugio e l’ ha messa, d’ordine però della medesima lettera, in uno dei conventi di Chalot ; ma perchè è un poco lontana per lui, che li cominciano a pesare le gambe, è andato a trovare la Granduchessa alla quale disse un mondo di bene di detta donna, e perchè lei medesima l’ aveva vista quando era al Refugio, e che la Superiora del luogo le aveva detto molto bene della medesima, li promesse di farla cavare dal Convento di Chalot, e farla mettere in uno di Parigi ; non so come li riuscirà, perchè il Re non ne vorrà essere importunato ogni tre giorni, e perchè dice per tutto Parigi che è il suo figlio che l’ ha fatta levare e rinserrare, e che ha scritto al Granduca contro di lui, e va facendo leggere la lettera di V. […] Mi disse che vuole scrivere una lettera a S. […] – Di Scaramuccia non m’informo più di nulla e non lo voglio dintorno ; mi manda qualche lettera che piglio perchè le credo di servizio del suo sig.
Ho amato quella Celia che dissi, ma l’alterezza di questa balordella (benchè adesso il suo amore mi prometta e mi preghi) mi ha di maniera contro di lei alterato, che ad ogni mio potere mi sono disposto, aborrendo le sue nozze, di conseguire una giovine che alberga in quella casa il cui nome è Lauinia, figlia d’un mercante honorato, e non disuguale a me di parentado, alla quale risolvo di scrivere una lettera, e farne voi il portatore, sì come sarete a lei il primo palesatore delle mie affettioni. […] Ma fermandoui nella conoscenza di dovermi ubidire, acchetateui ; io vado a scrivere ; uoi per portare la lettera uenite da qui a poco a pigliarla. […] E quando, vinto dalla umile e calda intercessione di Flaminio Scala, il direttore, scrisse di continuar la protezione a’comici con patto di fraterna concordia, il Bruni che a detta dell’Antonazzoni aveva più volte affermato voler fare d’ogni erba fascio, ove dovesse restare in compagnia, e che sembra fosse stato davvero la pietra dello scandalo, mandò pel primo a Don Giovanni colla seguente lettera le sue giustificazioni e le sue proteste di obbedienza e di reverenza. […] E. mi viene notificata per la lettera scritta alla Compagnia, torno di nuovo a promettere che Sig.
In una lettera del 1764 da Parigi a Stefano Sciugliaga, il Goldoni, alludendo alla distribuzione delle tre Zelinde, e precisamente a Tognina, la cameriera di Barbara, dice che se la Catrolli non volesse fare la seconda serva che è nella seconda e nella terza commedia, « si potrebbe far supplire ad una ballerina, o alla figlia della signora Rosa. »
Da una lettera di Drusiano Martinelli (V.), capocomico e attore non comune, fratello di Tristano, il celebre arlecchino (V.), indirizzata al Duca di Mantova per offerirgli in carnevale la propria Compagnia, e sottoscritta Drusiano Martinelli, marito di M.ª Angelica, il D’Ancona (op. cit.
Nella lettera del Goldoni allo Sciugliaga (carteggio, 205) riguardante la distribuzion delle parti nella Trilogia di Lindoro, sono alcune particolarità che toccan la Catroli.
In una lettera del 1612 dell’arlecchino Martinelli al Cardinal Gonzaga è detto : che la ne faci avere Zanfarina….
.), al nome del quale è pure la riproduzione di una lettera inedita ove si discorre del Garavini.
Per quante ricerche fatte, non mi è riuscito di aver notizia su questo comico, tranne la lettera seguente, che traggo dall’Archivio di Modena : Ser.
tanto amico del nostro Gio: Vincenzo Gravina, nella lettera scrittane a monsignor Zondadaria. […] Così racconta Asinio Pollione nella lettera 32 inserita nel VII libro delle Famigliari di Cicerone. […] Vedasi intorno a questo teatro la lettera 8 del tomo IV del Viage de España di don Antonio Ponz segretario dell’Accademia di San Ferdinando in Madrid.
Attore per le parti di Zanni col nome di Zaccagnino, al servizio del Duca di Modena, a cui scrive la curiosa lettera seguente per ottenere la grazia di poter mutare il portinajo del teatro.
» Nè egli solo era al servizio del Marchese di Mantova, ma tutta la famiglia sua, che prendeva parte con lui alle rappresentazioni, come si rileva da un passo della lettera che Johannes De Gonzaga (sic) scrive il 25 gennaio 1495 a Isabella d’Este, sorella di Alfonso I e moglie di F.
Questo a giustificazione dell’aver messo qui e non alla lettera M le notizie di questo comico.
Cloud, in data 10 agosto 1688 (otto giorni dopo la morte di suo marito), la lettera seguente che trovo trascritta e seguita dalla traduzione francese nel citato Manoscritto del Gueullette, e che ritengo tuttavia inedita : Molto oss.
A questo comico è accennato nella seguente lettera interessantissima al Duca di Modena che traggo da quell’ Archivio di Stato.
Curiosa è la lettera, gentilmente comunicatami dal cavaliere Azzolini, che qui trascrivo fedelmente.
La rappresentò (si dice nella lettera premessavi) messer Sebastiano Clarignano da Montefalco. […] Di un’ altra pastorale inedita fa anche menzione il Manfredi composta dal conte Alfonso Fontanelli, la quale , dice nella lettera 364, intendo essere un miracolo di quest’arte . […] Vedi la lettera del Manfredi scritta al conte di Villachiara. […] Vedi la lettera 241 scritta alla signora Campiglia, la 256 al sig. […] Nella lettera 301 a casal-di-Monferrato.
A quel sua già favorita attrice, il Maffei, forse punto sul vivo, diede in ismanie, tanto che il Martelli nella sua lettera di pentimento, scrisse : …. tolga Dio, che io abbia nè meno per ombra avuta questa intenzione. […] Come chiusura dell’articolo, do l’ultima parte della lettera che la Flaminia scriveva all’abate Conti ; interessantissima, perchè concernente il modo di recitare la tragedia dei francesi al paragone di quello degl’italiani : M.
Qui metto solamente una lettera di lei al Ser. […] Il libretto consta di 72 pagine ; e contiene, oltre a una lettera dedicatoria dell’Alzato al Brivio, e ad un sonetto allo stesso del signor Antonio Biagnaggoni, 109 poesie (madrigali, canzoni, sonetti) tutte — dice l’Alzato — compositioni di honorati Cavalieri, & d’altri virtuosi spiriti concorsi alla lode di meritevole soggetto, quale è appunto la Sig.
Le dedicatorie che precedon l’opere sue a stampa ci dànno indicazioni precise di data : L’Amor giusto, Egloga pastorale in napolitana e toscana lingua, fu stampato il 1605 da Pandolfo Malatesta a Milano, e dedicato al Conte Antonio Litta con lettera in data del 3 agosto. […] Nessuna coppia accenna nella lettera all’altra, come non punto si accennò mai a un grado di parentela fra Beatrice, la moglie di Giovan Battista, e Tiberio Scaramuccia, quando si trovaron insieme a Parigi col Locatelli.
Altra lettera del Bianchi fu pubblicata dal D’Ancona. […] Le Cento | e quindici | conclusioni | in ottava rima | del Plusquamperfetto | Dottor Gratiano Partesana da | Francolin Comico Geloso, | & altre manifatture, & Compositioni | nella sua buona lingua (s. d. nè l.), comprendono : una ottava alli lettori sotto il presente ritratto ; una lettera dedicatoria all’illustrissimo, et eccellentiss. signor Don Virginio Orsino Duca di Bracciano, ecc., e 23 ottave di conclusioni : a queste si aggiungono 10 ottave per gli Utroni, e le Quattro Stagioni. […] come opera di Giulio Cesare Croce ; ma è un errore evidente ; poichè la lettera dedicatoria in data del 1587 è sottoscritta da Lodouico Bianchi da Bologna. […] Bene : con questi nomi noi ci troviam di fronte a quel Tommaso Bambagi, per l’appunto Ferrarese, del quale scrive il Petrarca nella lettera a Pietro da Bologna Retore, descrivendogli le feste e gli spettacoli, ch’ ebber luogo in Venezia per la vittoria di Creta.
La dedica non è del Biancolelli, ma di Petronio Ruinetti, che par l’editore, il quale fa anche precedere all’opera una lettera dedicatoria al detto Facini.
Dal Conte Malaguzzi dell’Archivio di Stato di Modena mi vien comunicato il seguente brano di lettera, indirizzata da Alfonso Paolucci Alo Ill.
Ma farei peccato veramente se osassi defraudare i lettori di questo gioiello di lettera ch'ella mi scrisse or son pochi mesi, la quale rispecchia tutta la benignità della sua natura, e con essa tutta la geniale semplicità dell’arte sua : Nata…. nel '52…. brrrr ! […] « Non abbastanza, cara macia » dirà certo con me il lettore, che al finir della lettera s’è vista sparire l’imagine viva di lei, saltellante, birichina, arguta, senza fronzoli, e senza affettazione.
Aveva esordito come semplice dilettante il 1583, regnando a Mantova Guglielmo Gonzaga ; ce lo apprende egli stesso in questa lettera del 30 marzo 1622 pubblicata in parte dal Baschet. […] Lo troviamo sul finir del 1595 a Firenze, come appare da questa sua lettera, diretta allo jll. […] … E come se ne doleva col Duca nella lettera che qui diamo riprodotta autograficamente. […] Però, nella interessantissima lettera dello Scappino Gabbrielli (V.), mentre si sparla unicamente dell’arte di Lavinia, di Cintio, di Ortensio, di Mezzettino per metterli in disgrazia del Duca, venuto a parlar di Cecchini « Frittellino — dice — è buono da farsi odiare non solo da comici, ma da tutto il popolo, e lo vediamo con isperienza, poichè se volle compagni bisogna vadi per forza de prencipi, o che li pagi ; lasso il voler tirare più parte degli altri. […] In una lettera da Mantova (15 gennaio 1611) del Cecchini sono i ringraziamenti a Cosimo II per una medaglia con catena, portante il nome e il ritratto di esso Granduca, e per una pomposissima veste di che la Serenissima Arciduchessa si è compiacciuta di ornar la moglie Flaminia.
Oltre la lettera dedicatoria, il Montini diresse ad essi il seguente SONETTO Del Felsineo Leon regger il freno, Librar con giusta lance e premj e pene, Donar a' Patrj Figli ore serene, Renderli in pace fortunati appieno : Nudrir quasi in bel Ciel sul picciol Reno Lucide stelle di saver ripiene, Fra' magnanimi Eroi fruir quel bene, Premio della virtù, che non vien meno : Poggiar di gloria all’ultimo confine, Opre son vostre, il cui alato suono, Vola alle regïoni alte, e divine.
Alle quali osservazioni il Bigottini rispose con lettera del 22 febbraio 1777, in cui pur accettando l’osservazione del giuoco della bandiera ch’egli poi soppresse, rigettava, discutendole, quelle concernenti la maschera.
Formerà le lodi di questo eccellente comico la lettera dedicatoria in quarta Rima Veneziana, che Antonio Franceschini (V.), detto Argante, volle presentargli in occasione di dare alle stampe la Tragicommedia col titolo : La clemenza nella vendetta, in altri luoghi da noi mentovata ; e come si disse sotto l’articolo del prenominato Franceschini.
Levandosi queste due parti — dice il Farnese nella citata lettera — che sono le principali e necessarissime nella mia Compagnia, venirebbero a rimaner inutili tutti gli altri miei comici……
Tornava scritturato pel '56, attore e direttore, con Astolfi, e nella lettera al Righetti dianzi accennata, scriveva : « non voglio più dolori di testa, nei più begli anni della mia carriera : questo è il momento di farmi pagar bene, ed infatti me ne sono prevalso : se Astolfi mi ha voluto pel '56, ha dovuto darmi lire settemila, e cinque mezze serate. » Ma l’ Astolfi morì, e il Pieri fu d’ allora in poi capocomico fino alla morte (a Genova, il 3 marzo 1866), e per di più senza dolori di testa.
Batta Niccolini ha parole atroci per lei in una lettera a Maddalena Pelzet, forse più da considerarsi come sfoghi di autore contro la Compagnia Domeniconi che gli preferiva il Giacometti, e sfoghi d’autore che voleva ingrazionirsi ognor più l’interpetre e l’amica.
Sin dall’infanzia gli amici di Luigi solevano dire che suo figlio sarebbe divenuto o un grande ingegno, o un grande zuccone : frase ch'egli andava poi spesso ripetendo, ma pare che da giovine Gaetano desse molto filo da torcere al povero padre che non sapeva come porre un rimedio alle scelleratezze di lui (vedi al nome di Luigi la lettera autografa), nelle quali forse era il germe dell’esquilibrio mentale.
Questo re che non si è veduto ne’ primi quattro atti, comparisce nel V, ed il Coro apre la stanza ove dimorava Didone, e si vede questa regina trafitta dalla spada di Jarba, che ha la corona a’ piedi ed una lettera in mano. Jarba (che sembra venuto unicamente a leggere quel foglio, e a disporre l’esequie di Didone) comprende dalla lettera che la regina per mantenere eterna fede a Sicheo ha scelta la morte.
Manuel Martì, dotto amico del Gravina, nella lettera che ne scrisse a monsignor Zondadari. […] Vedasi intorno a questo teatro la lettera VIII del tomo IV del meritamente ben accolto Viage d’España del signor D.
Sebbene il Beretta fosse già stato scritturato dal Duca, pare che non raggiungesse subito la compagnia, come avrebber desiderato i comici, e specialmente il Truffaldino Palma, che si raccomanda sul proposito a un ministro del Duca con la lettera seguente, tratta dagli Archivi de’ Gonzaga, e come l’altre gentilmente comunicatami dall’ egregio cav. […] Batta, detto Pantalone, che in una lettera allo stesso ministro tocca del Beretta ; la scrittura del quale, dice, non sa come possa conciliarsi con quella di suo figlio Virginio, che gli raccomanda vivamente.
E chiude così la stessa lettera : Non temete ch' io venga ad annoiarvi quando passerete per Firenze : ma per la rara abilità della signora Maddalena Pelzet attrice sarà sempre pieno di ammirazione il suo dev.mo servo G. […] Il Colomberti, per un esempio, suo direttore, di cui la Pelzet in una lettera al Niccolini del 27 luglio '43 da Bologna, dice ogni male possibile, perchè, essendo inabile a recitar la tragedia, la vuol bandita dal repertorio, e lascia lei, scritturata prima attrice tragica, inoperosa, lasciò scritto ch'ella « fu una delle migliori attrici della sua epoca, abilissima in ogni genere di rappresentazioni tragiche, drammatiche e comiche.
Il carnovale la Compagnia era in Parma, dove si fecero i più magri affari ; e da Parma passò a Roma, d’onde fu inviata una lettera al Duca il 27 febbrajo, sottoscritta dallo Zanotti, da Marco Napolioni e da Carlo Cantù (V.), perchè interponesse i suoi buoni offici presso certo Messer Gio. […] L'agosto del '55 egli era a Genova, come si rileva dalla lettera inviata a Modena al Conte Cimicelli (V.
La rappresentò (si dice nella lettera premessavi) M. […] Quando nel teatro Olimpico di Vicenza si rappresentò l’Edipo del Giustiniani, il coro (dice in una lettera Filippo Pigafetta) era formato di quindici persone sette per parte, ed il capo loro nel mezzo, il qual coro in piacevol parlare ed armonia adempì l’ufficio suo. […] Di un’ altra pastorale inedita fa anche menzione il Manfredi composta dal conte Alfonso Fontanelli, la quale (dice nella lettera 364) intendo esser un miracolo di quest’arte. […] Vedi la lettera del Manfredi scritta al Conte di Villachiara. […] Vedi la lettera 241 scritta alla signora Campiglia, la 256 al sig.
Il fratello di Madama Baccherini essendo ancora a Venezia, viene da me ; lo veggo addolorato, e senza poter pronunziare parola, mi dà da leggere una lettera venuta da Genova, e sua sorella era morta.
La lettera è pubblicata per intero dal Campardon.
Nella parte del padre del Bugiardo di Goldoni : a quella famosa lettura della lettera : non faceva ridere e piangere ad un tempo ?
Lo troviamo il 1681 a Venezia, donde a un segretario del Duca, che voleva la Compagnia a Ferrara, manda la lettera seguente, che traggo inedita dalla mia raccolta : Ill.
Algarotti riprende una delle argomentazioni ampiamente utilizzate da Metastasio nell’Estratto dell’arte poetica (inedito all’epoca, ma di un trattato sulla poetica di Aristotele Metastasio comincia a parlare proprio in una lettera ad Algarotti del 17479), dove il poeta cesareo sosteneva la derivazione dell’opera in musica dalla tragedia. […] Ma questa lettera diverrebbe facilmente una cicalata, per poco ch’io secondassi la mia propensione22. […] Il primo è la Lettre sur le méchanisme de l’opéra italien, pubblicata con l’indicazione di Napoli, ma in realtà uscita a Parigi28; il problema della paternità della lettera, attribuita al diplomatico Josse de Villeneuve o a Giacomo Durazzo o addirittura in tempi recenti a Calzabigi non è mai stato del tutto risolto29. La lettera prende spunto proprio dalla Dissertazione di Calzabigi, pubblicata anche a puntate nel «Journal étranger»30, e riconosce la necessità di una riforma dell’opera che agisca nel concreto, nelle scelte tematiche (con risultati affini a quelli di Algarotti), nella revisione del rapporto tra aria e recitativo, nella drammaturgia tratta anche dai modelli francesi. Un altro contributo che risale a questi anni sono i saggi scritti in forma di lettera inviata dal cantante e letterato Vincenzo Martinelli Al Signor conte di Buckinghamshire, in particolare Sulla origine delle opere in musica e Sopra la ragione del canto e sua composizione 31.
A evitare conflitti o semplici malumori fra' due artisti, fu convenuta la seguente divisione di repertorio, da loro e dal direttore Domenico Righetti accettata e sottoscritta : Parti di spettanza del signor Rossi Parti di spettanza del signor Peracchi Caterina Howard Avviso alle mogli Cittadino di Gand Arturo Cola di Rienzo Bruno filatore Calunnia Bastardo di Carlo V Conte Hermann Battaglia di donne Clotilde di Valery Don Cesare di Bazan Duello al tempo di Richelieu Duchessa e Paggio È pazza Dramma in famiglia Francesca da Rimini (Lanciotto) Elemosina d’un napoleon d’oro Fornaretto Guanto e Ventaglio Foscari Innamorati Luisa Strozzi Mac Allan Maria Stuarda Maria Giovanna Marchese Ciabattino Presto o tardi Proscritto Ricco e povero Riccardo D'Harlington Ruy Blas Segreto Fortuna in prigione Signora di S.t Tropez Tutrice Stifelius Sorella del Cieco Tre passioni Mentre il Peracchi, come s’è visto al suo nome, scongiurava il Righetti perchè lo sciogliesse dal contratto, per non trovarsi con Ernesto Rossi che gli aveva mancato di fede, il Rossi in data 17 settembre 1851, scongiurava il Righetti allo stesso intento : ….. io ora vengo quasi ginocchioni a pregarti, a supplicarti per quanto hai di più sacro e caro su questa Terra, tanto pel mio interesse e per la mia quiete, quanto pel tuo riposo, a volere presentare questa lettera alla nobile Direzione, fare conoscere l’immensi danni che potrebbero avvenire tenendo due primi attori, non più amici fra loro, ma bensì accaniti nemici, il poco studio delle parti, le continue dispute, l’odio implacabile nel piacere più l’uno che l’altro, e forse, forse tante e tante altre dimostrazioni, che arrecherebbero anche l’intiero disgusto del Pubblico…. […] … Ma pare che il Righetti gli scrivesse al proposito di tali minaccie una lettera di buon inchiostro, perchè Rossi, il 12 ottobre '51, da Mantova, venuto a più miti consigli, gli dichiara che la loro amicizia non deve venir meno per sì piccola bazzecola, e, naturalmente, non si parla mai più di scioglimento. Ma il Righetti non se ne contenta troppo, e torna all’assalto con una fiera lettera, che suggerisce al Rossi uno squarcio da personaggio di dramma lagrimoso : …..
Vale la pena ch’ io metta qui alcune parole che tolgo da una sua lettera, e che concernon l’andata in scena appunto della commedia Cossiana.
Di un’altra Diana trovo notizia nella lettera dell’Archivio di Stato di Modena, che qui riproduco : Ser.mo Sig.re Cugino Oss.mo Bramoso d’incontrare in ogni opportunità le soddisfattioni di Vostra Altezza, hò dato ordine alla Diana Auerara di portarsi à recitare in conformità di quelli dell’ Altezza Vostra, la qual pregando uiuamente à porgermi frequenti occasioni di seruirla, come ne sarò sempre ansioso, mi raffermo con tutto l’animo Di V.
A dare un’idea dell’animo suo buono, metto qui un brano di lettera, scritta a me quest’anno : Nel lavorare non mirai mai a scopi d’ambizione o di lucro.
Ma questa non è che un’ipotesi ; e anzi, il Robinet, citando il nuovo Pantalone, nella sua lettera in versi dell’8 marzo 1670, dice : tous les acteurs de cette troupe, qui maintenant ont vent en poupe, compris leur nouveau Pantalon, rouge, ma foi, jusqu’au talon, y font a l’envi des merveilles.
Era questo teatro capace di circa novemila persone, secondo il calcolo fattone dal dotto Decano di Alicante Don Manuel Martì tanto amico del nostro Gravina, nella lettera scrittane a Monsignor Zondadari. […] E forse era una spezie di mimo il componimento di questo Paolo intitolato Delirus mentovato nella lettera XI che è in prosa: Ergo nisi Delirus tuus in re tenui non tenuiter elaboratus opuscula mea, quæ promi studueras, retardasset ecc. […] Così racconta Asinio Pollione nella lettera 32 inserita nel VII libro delle Famigliari di Cicerone. […] Vedasi intorno a questo teatro la lettera VIII del tomo IV del Viage de España di Don Antonio Ponz Segretario dell’Accademia di San Ferdinando in Madrid. […] Vedasi la lettera 107 scritta da Alcuino all’Ab. di Corbè Adelardo e riterita dal P.
Il De Fornaris vi pubblicò, coi tipi di Abel Angelier, l’Angelica, commedia in cinque atti in prosa, dedicata all’Illustrissimo et Eccellentissimo Signore il Signor Duca di Giojosa, della quale ecco l’istoria che traggo dalla lettera dedicatoria.
Nel gennaio del ’70 vediamo il Ganassa prender parte alle nozze di Lucrezia d’Este in Ferrara, come è detto in questo brano di lettera riferito dal Solerti : con le confetture vi comparve Zanni Ganassa, e con un cinto in mano assai piacevolmente rintuzzò e fece cagliare un certo Ernandicco Spagnuolo…… Si recò la prima volta a Parigi nel 1571 colla sua compagnia, secondo un documento del 15 settembre pubblicato dal Baschet, ma pare non vi recitasse, per un divieto del Parlamento, non ostante le Lettere Patenti del Re di cui egli era munito.
» e più sotto : « restando adunque, voglio darne avviso alla mia Regina, alla mia Imperatrice, et alla Monarchessa delle donne belle e virtuose ; scriverolle una bellissima lettera ; e perchè la signora Isabella è donna strasordinaria, voglio ancora scriverle una lettera strasordinaria. […] Un’altra lettera nello stesso Archivio ho trovato, che ritengo pure inedita, e che mi pare valga la pena di trascrivere, così per le nuove cose ivi discorse, come per una riprova dell’interesse che le LL. […] S. che da che Le mandai la lettera scritta dalla Regina a sua Altezza Ser. […] Due in Parigi, & una a Monceaux, dove sono stata con la Compagnia à servire : la prima io le mostrai la lettera, che ’l S. […] Prima della sua partenza da Parigi, il poeta Isaac Du Ryer (Le tems perdu, pag. 65) le presentò a nome del pubblico la seguente lettera in versi per invitarla a restare.
Orazio legge; è una lettera di Amlet che dice: “Orazio, come avrai letta questa lettera, dirigerai gli uomini che te la recano, al re, pel quale ho dato loro un altro plico. […] Gli stessi che ti hanno consegnata la lettera, ti condurranno da me. […] Al dì seguente avvenne il combattimento navale già additato nella lettera scritta ad Orazio.
La lettera diciottesima, per esempio, nella quale Carlino descrive al papa il suo debutto, e la ventesima, in cui parla della sua celebrità, e dell’esser diventato di moda, tanto che le belle signore davano il nome di Carlino a’ piccoli cani che tenevan sotto ’l braccio, o in tasca, sono veramente belle. […] Ecco una lettera che il Goldoni scrive da Parigi l’8 di novembre 1774 al marchese Francesco Albergati Capacelli, al proposito dell’Arlecchino Coralli, e che tolgo dai Fogli sparsi del Goldoni raccolti da A. […] Adunque non potendo apprezzar come si conviene l’opere sue, non mi resta che far conoscere la sua rara modestia, pubblicando la lettera seguente ch’egli ha indirizzata al signor di Meslé. […] Quanto alla lettera indirizzata al signor Di Meslé per aver da lui una traduzione francese dell’estratto dell’ Amor paterno, puoi vederla nella citata opera del Masi : è la xxxiv della raccolta.
Con questa lettera obbligatoria in via commerciale da valere come un rogito del notaro dottor Bellini, rinunzio per me ed eredi, in favore dell’egregio artista Amilcare Belotti, ad ogni e qualunque direzione di dilettanti drammatici, nata e nascitura nell’ Orbe terraqueo illuminato dal sole e dalla luna ; assoggettandomi in caso di mancanza alla mia obbligazione, a rifondere il valsente delle penali pagate e da pagarsi dal capocomico Domeniconi, più i danari spesi e da spendersi dal sullodato capocomico in viaggi d’andare e venire colla sua nomade Compagnia.
Il 13 aprile 1672 l’Angela scriveva da Parma al Marchese Ippolito Bentivoglio a Ferrara la lettera seguente comunicatami gentilmente dal cav.
Il repertorio dunque della Compagnia fu a iniziativa sua de' più varj, sapendo egli con buon discernimento alternar le commedie, coi citati drammi, e colle tragedie : e di tal discernimento accoppiato a una operosità senza pari, egli potè godersi i frutti nella vecchiaja. « Vive il Lapy tuttavia (1782) – scrive il Bartoli – in buona prosperità, ed ha la consolazione di vedere la sua famiglia incamminata ad un auge, per cui anche dopo la di lui morte rimarrà al mondo una degnissima ricordanza degli onorati meriti suoi. » In una lettera che si conserva autografa nella biblioteca di Verona, e che trovasi pubblicata nel catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca stessa, il Lapy dà ragguaglio da Venezia il 22 ottobre del 1770 a Domenico Rosa-Morando del successo ottenuto colla sua tragedia La Andromaca, già replicatasi quattro sere, e reclama aggiunte e modificazioni per le nuove repliche da farsi quando la quantità delle genti che presentemente sono in Villeggiatura si saranno restituite in Venezia.
In una lettera a un Segretario, non so bene di qual Duca, se di Mantova o di Modena, inviata di suo pugno da Livorno il 26 giugno 1660, e sottoscritta anche dal Pantalone Giovanni Gaggi (V.
A titolo di curiosità metto qui la lettera seguente all’attore Ferri (V.), che debbo alla gentilezza del sig. cav.
Precede una lettera dedicatoria dell’Antonazzoni, e un indice degli autori, tra' quali si notano il famoso Cintio Fidenzi, Comico Acceso, e il non men famoso Capitano Spaventa Francesco Andreini, dei Gelosi.
sta bene : non dimenticherò l’indirizzo della sua ditta, quando avrò bisogno de'suoi prodotti. » E di un altro giovine autore, pallido, mingherlino, dal volto triste e spaurito, seminascosto dietro una quinta, a cui la Vitaliani spontaneamente si volse, incoraggiandolo con dolci parole ; e promettendogli di leggere la commedia, che prese con gentile violenza, pose con grazia squisitamente signorile la sua piccola mano nella mano tremante dell’incognito drammaturgo ; e, accomiatatolo, si volse alla Tartufari dicendo : « Umile con gli umili, superba coi superbi : tale è il mio motto. » E di questa sua bontà anche fa fede sua madre, in una lettera a me diretta del '900, in cui dice : « L'Italia è una buona figlia, amorosa ; essa viene spesso a trovarci, e si trova beata e felice quando rimane qualche giorno fra le braccia di sua madre che adora, e dei suoi fratelli e sorelle. » E parlando poi la Tartufari della vasta e solida coltura, di cui la egregia attrice non fa alcuna pompa, intesala un mattino discorrere nel Duomo di Siena dei tempi torbidi e poetici dei comuni con parola sobria, ma colorita e precisa, « Dove trova il tempo lei d’imparare tante cose ?
» Meglio non avrei potuto cominciar le note sul forte artista che con questa lettera, la quale dice chiaro nella sua concisione, nella sua modestia, non discompagnata da una certa alterezza, l’indole dell’uomo. […] A testimoniar dell’ingegno e degl’intendimenti artistici di Giovanni Emanuel, del suo metodo di studio, de’ suoi timori, della sua forza, della sua perseveranza, della sua alterezza, e soprattutto della sua sincerità, ecco alcuni brani di una sua lettera del 12 gennaio ’87, indirizzata al Direttore del Fieramosca di Firenze, a proposito appunto della interpretazione nuova e inattesa dell’ Otello, che generò discussioni e polemiche non più udite, e, direi quasi, non più visti accapigliamenti.
Ripetutasi la commedia a Firenze l’anno successivo, lo Scala ne annunziava con una lettera il grande successo a Don Giovanni. […] Dalle quali lettere, congiunte a tutte le altre di comici, e non son poche, si vede chiaro come essi non abbiano pensato a importunare l’Altezza Impresaria, o chi per essa, se non che per battere cassa, o narrar pettegolezzi di retroscena, o invocar la protezione a figliuoli, od altro di simil genere : e mai una lettera che accenni all’arte loro, mai la notizia di un successo o di un fiasco, mai un giudizio, sia pure per gelosia, sul modo di recitare del tale attore o della tale attrice ; nulla in somma di ciò che avrebbe potuto gettare e con tanto interesse un po’di luce in questo buio della nostra scena d’una volta. Come parte integrante dell’articolo che concerne l’Antonazzoni, metto qui sotto gli occhi del lettore alcuni brani di una pastorale di lei tuttavia inedita, che verremo al proposito della recitazione esaminando, e la riproduzione fedele della lettera dedicatoria a Giambattista Ferrari.
Del suo valore artistico discorre largamente Angelo Brofferio nella introduzione ai Primi Erudimenti dell’Arte drammatica (Torino, 1845), pregevolissima operetta di Gaetano Bazzi, dedicata con soavissima lettera al cognato, e valoroso artista, Domenico Righetti.
XXIX) dice del Camerani : « Quest’uomo molto attivo, pieno d’intelligenza e di probità, incaricato di commissioni spinose, sa conciliar così bene gl’interessi della Società e quelli dei particolari, ch’egli è il mezzano delle contese, l’arbitro delle riconciliazioni, e l’amico di tutti. » E queste qualità trovo confermate nella lettera seguente, non mai pubblicata, che debbo alla cortesia di Luigi Azzolini.
E a dar prova luminosa della vivacità e festività dell’indole sua e del suo ingegno, festività e vivacità che trasmetteva poi da la scena in tutto il pubblico, a lui prodigo sempre delle più affettuose dimostrazioni, riferisco parte della gaja lettera che scrisse da Napoli ad un amico, Antonio Fiacchi, il 20 aprile del….
Il domani una lettera di Quinault gli annunziò il suo arrivo, e infatti alle quattro del giorno stesso egli fu in Basilea, e rivolse le sue prime cure all’abbigliamento del suo nuovo compagno d’arte, che, condotto subito a Strasburgo, vi esordì in capo a qualche giorno con molto successo.
Signor Marchese, non procuri questo per l’amor d’iddio, mancano personaggi ; domandi à tutti i Comedianti, come siano impertinenti questi due : ma caro padrone, non palesi questa lettera ad’altro che al Ser. […] Iacomo o Iacopo Antonio Fidenzi era dunque il direttore della compagnia ; e il male accennato nella seconda lettera, che lo fe’andare a Padova, doveva certo esser quello degli occhi, di cui discorre in una delle sue poesie (pag. 70), nella quale sono anche i segni della più profonda gratitudine verso i suoi generosi Padroni.
Una parentesi : Che i Gonzaga fossero appassionatissimi pel teatro è fuor di dubbio ; ma è anche certo che la loro grande passione non andava discompagnata dall’ambizione di avere in tal materia la supremazia ; nè da questa lettera, giacente nell’Archivio di Modena, della quale non è riuscito ad alcuno finora trovar conferma nelle carte dell’Archivio Mantovano, nè dalle prigionie patite dal Parrino e da tanti, alla liberazion de'quali s’occuparon patrizj e potentati in vano, nè dalla cacciata da Mantova degli stessi Gelosi il '79, ci sarebbe certo da dirli stinchi di santo. Pubblico la lettera intera, perchè mi pare uno de' più strani e interessanti documenti del nostro teatro.
Andrea Calmo veneziano morto l’anno 1571 fu attore ed autore molto esperto, ed applaudito, come sappiamo da una lettera del Parabosco.
Di tutte le opere del Calmo, una lettera, quella scritta al padre domenicano Medici per avere un proemio al Travaglia, è scritta in italiano e senza sensi riposti ; a questa si aggiungon brani qua e là, specie nelle egloghe.
In fine a lei si volge, e si determina ad invitare con una breve lettera i congiurati a Londra, mostrandosi risoluto a dar la morte alla regina. […] Legge il servo per curiosità la lettera scritta dal conte a Bianca. […] Ecco tradotta la lettera che le scrive, la quale spira tutta la gentilezza di Don Luca. […] Pensa ad impedirgliene il possesso ancor dopo che egli sarà morto, ed in una lettera ordina la di lei morte, e la manda a Tolomeo. Per un intrigo amoroso di una damigella questa lettera passa nelle mani della stessa Marianna, che con somma maraviglia e dolore ne legge il contenuto.
[2] Altro non resta dunque per compiere l’intrapreso lavoro che il parlare dei mezzi imaginati da alcuni celebri autori per ricondurre la musica e la poesia drammatica al grado di perfezione, del quale la filosofia le credè capaci; perlochè m’è sembrato opportuno l’inserir per intiero una lettera del Sig. […] Essendo la suddetta lettera divenuta rarissima anche in Francia ho creduto di non poter meglio terminare l’opera mia intorno al teatro musicale che dandola tradotta a’ lettori italiani, e corredata con alcune mie note a maggior illustrazione dell’argomento. […] E a fine di procedere col miglior metodo che per me si potrà nella lettera che mi dò l’onore d’indirizzarvi, io mi farò imprima a scomporre la musica, e ne esaminerò in seguito separatamente le parti principali cioè il ritmo, la melodia, e l’armonia. […] L’articolo “il, la, lo”, che si premette a tutti i casi della declinazione di qualunque nome, le danno un certo andamento pesante e tardo; la desinenza costante d’ogni nome nella medesima lettera per tutti i casi della sua inflessione la rende troppo uniforme, e le toglie una cagione feconda di varietà e di precisione, essendo manifesto che più facile e pieghevole non meno pel genere eroico che pel lirico sarà quella lingua che col solo cangiar terminazione esprima in una parola il diverso caso della sua inflessione che non l’altra, la quale conservando sempre la terminazione medesima abbia bisogno di due parole per esprimerlo. […] Nella medesima guisa l’uso che si fa dei verbi ansiliari essere e avere mettendoli avanti a tutti i tempi della voce passiva dei verbi, e a molti della voce attiva induce non so qual imbarazzo nella sintassi che nuoce alla trasposizione, al numero, e all’armonia, perché mentre l’italiano si vede costretto a dire in tre parole “io aveva fatto”, gli antichi si sbrigavano con una sola “feceram”; e mentre costoro aggiungendo, o soltanto cangiando l’ultima lettera facevano divenir passiva la voce attiva come in “amor, amabar”: egli non può far un passo senza chiamar in aiuto un’altro verbo dicendo “sono amato, era amato”.
Pare che egli recitasse, ancor giovinetto, nella Compagnia del celebre Tabarrini a Vienna, quando per invito di Luigi XIV, con lettera del 5 luglio 1661 al Duca di Parma, fu mandato a Parigi.
Una lettera intima della celebre Pellandi scritta all’Internari da Verona il 1° novembre del ’39, comincia così : La sera che mandai al Bonsaver la mia per unire alla sua, ricevetti la scatola benedetta e sospirata, non posso esprimerti il contento.
L’autore non oltrepassava l’anno diciottesimo di sua età, quando lo scrisse in tempo di due giorni (com’egli accenna in una lettera a Carlo canale) intra continui tumulti a requisizione del reverendissimo cardinale Mantuano Francesco Gonzaga , in occasione che questi da Bologna ove risedea Legato, portossi a Mantova sua patria, ove era Vescovo nel 1472, come col Bettinelli asserisce il lodato padre Affò, o almeno prima del 1483, nel quale anno morì il Cardinale, come osserva Girolamo Tiraboschi. […] Ma quest’uomo insigne in una sua cortesissima lettera scrittami a Genova ne’ 19 di lug’io del 1779 si compiacque avvertirmi di aver egli letto in quel Codice Veranensis in vece di Vezanensis,siccome dee leggersi per quel che appare da una lettera del medesimo Laudivio scritta al cardinal Jacopo Ammanati, la quale trovasi impressa tra quelle del medesimo cardinale nel 1506 in Milano.
L’autore non oltrepassava l’anno diciottesimo di sua età, quando la scrisse in tempo di due giorni (com’ egli accenna in una lettera a Carlo Canale) intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano Francesco Gonzaga, in occasione che questi da Bologna, ove risedea Legato, portossi a Mantova sua patria, ov’era vescovo, nel 1472, come col Bettinelli stabilisce il lodato P. […] Ma questo insigne istorico in una sua cortesissima lettera scrittami a Genova ne’ 19 di luglio del 1779 si compiacque avvertirmi di aver egli letto in quel codice Veranensis in vece di Vezanensis, siccome dee leggersi per quel che si vede in una lettera del medesimo Laudivio scritta al cardinale Jacopo Ammanati, la quale trovasi impressa tra quelle del medesimo cardinale nel 1506 in Milano.
E la via del cuore la trovò infatti : chè il 28 del '52 la Ristori gli scriveva da Roma : « Nei nostri cuori fece gran senso la Sua lettera, ed in modo speciale nel mio, chè cresciuta, allevata, ed iniziata nell’arte da cotesta Regia Compagnia, me la figuravo un’istituzione imperibile, ed andrei superba di contribuire all’esistenza di questa, come una figlia riconoscente a quella della propria madre. » Ma l’onorario annuo portò, ultima concessione, a 20,000 franchi, che le furon dal Righetti accordati assieme a quanto d’altro chiedeva, in alcun punto solamente e lievemente modificato. […] Ella più che ogni altro può in ciò giovarci, e mandarci qualche lettera che presenti mio marito, per ora, e quindi ma alle distinte e ragguardevoli famiglie sue conoscenti, raccomandando onorare di loro appoggio quest’esperimento drammatico italiano, pel quale colà si porta mio marito (Giuliano dei Marchesi Capranica, Marchese Del Grillo)….
In fine a lei si volge, e si determina ad invitare con una breve lettera i congiurati a Londra, mostrandosi risoluto a dar la morte alla regina. […] Legge il servo per curiosità la lettera scritta dal conte a Bianca; scopre il di lei delitto e l’innocenza del padrone, e la porta alla regina. […] Pensa ad impedirgliene il possesso ancor dopo che egli sarà morto, ed in una lettera ordina la di lei morte, e la manda a Tolomeo. Per un intrigo amoroso di una damigella questa lettera passa nelle mani della stessa Marianna che con somma maraviglia e dolore ne legge il contenuto. […] È notabile la situazione di Marianna dopo la lettura della lettera.
Othello s’inganna con un fazzoletto, Orosmane con una lettera; l’uno e l’altro ammazza la sposa e poi si uccide. […] La lettera di Nino moribondo a Fradate non dice altro se non che: io muojo avvelenato, e soggiugne ma criminelle èpouse senza addurne nè indizio nè prova. […] «A questo spettacolo (dicesi in fine della lettera) il duca di Nemours che sentiva commuoversi, e credeva necessario il rigore, fe un segno, e le due teste caddero a’ piedi suoi. […] Feu m. de la Motte (diceva Voltaire in una lettera a m. […] Vedi un frammento di una di lui lettera sulla considerazione che si dee à Letterati.
Ecco come ne pervenne a me la notizia in una lettera di un amico Spagnuolo de’ 22 agosto 1786: Muy Señor mio = El dia catorze del presente vi representar en el Coliseo del Principe su comedia de vm.
Chiudo questo articolo con la lettera ch’ egli scrisse da Faenza al figliuolo Angelo, in Montagnana, il 24 luglio del ’45, cinque giorni prima di mettersi in quel viaggio che gli costò così tragicamente la vita.
In una lettera da Bologna della Pelzet a Niccolini del 27 luglio 1843, sono queste parole : « Poi è venuta la Job, la quale dopo aver rovinato Verniano colla sua pros…… (prosopopea), cerca d’insinuarsi verso Coltellini per farmi onta e spauracchio. » E più oltre : « Anche la Job prima donna comica, vil…… (vilissima) creatura, ha scelto una tragedia per sua beneficiata. » Ma non è da prestar troppa fede ai pettegoli risentimenti di una artista che si trova tra compagni inesorabili e crudelmente accaniti contro la sua poca abilità ; sono sue parole.
mo Del 1590 abbiamo questa lettera da Roma comunicatami da Angelo Solerti, autore con Domenico Lanza del Teatro Ferrarese nella seconda metà del secolo xvi : Ser.
Nella lettera al conte Giuseppe Alcaini che prelude ai Motti della prima edizione (Venezia, 1787) egli dice : « Nella mia vecchiezza, fatta più grave dalle disgrazie che l’accompagnano, ho il conforto di sentirmi per le vie commiserato, e di udire universalmente esagerato il dispiacere dello scioglimento della nostra Compagnia comica (quella del Sacco) un tempo tanto favorita da quest’ inclita Metropoli di concorso alla nostra Commedia improvvisa dell’Arte ».
Gli stessi che ti hanno consegnata la lettera, ti condurranno da me. […] Aggiugne che egli scrisse in nome del re di Danimarca al re d’Inghilterra di far, per quiete comune, morire immediatamente i due messaggi, e sugellò la lettera col sigillo del padre che seco avea, sul quale erasi formato quello che usava il re presente. […] Il dì seguente avvenne il combattimento navale già accennato nella lettera scritta ad Orazio. […] Ciò (dice Pietro Bayle) si riferisce da Balsac sul testimonio di Camden in una lettera de’ 25 di Giugno 1634 scritta al conte di Execester.
Diderot267; e non senza ragione M. de Voltaire si lagna nella lettera all’imperador della China, che oggi in Francia Le tragique étonné de sa metamorphose, Fatigué de rimer, ne va parler qu’en prose. […] «Si, pour être philosophe, (scrivea con somma ragione Gian Giacomo Rousseau contro de’ moderni filosofi parigini in una lettera a M.
Ed era forse una specie di mimo il componimento di questo Paolo intitolato Delirus mentovato nella lettera XI che è in prosa: Ergo nisi Delirus tuus in re tenui non tenuiter elaboratus, opuscula mea, quae promi studueras, retardasset etc. […] Vedasi la lettera 107 scritta da Alcuino all’abate di Corbè Adelardo, che viene riferita dal Mabillon nel tomo II degli Annali Benedettini libro XXVI, num. 13.
(*) Montesquieu non apprezzava che i drammatici, e gli chiamava (nella lettera 137 delle Persiane) i poeti per eccellenza e i signori e maestri delle passioni. […] Bettinelli o confuse o volle che si consondesse la mia storia colla lettera premessavi dall’ erudito Ab.
Nel 1567 a Mantova recitavan due compagnie, una colla Flaminia e l’altra colla Vincenza ; chi lodava questa, chi quella : c’era gran fermento nel pubblico, e il Rogna, citato dal D’Ancona, in una lettera del 6 luglio ne parla assai chiaramente, descrivendo con particolari interessantissimi l’allestimento scenico delle due compagnie. […] Poi la lettera di dedica « al Molto magnifico Signor, il Signor Antonio Prioli, mio Padron singolarissimo, » poi un non brutto sonetto al medesimo, nuova dedica del libricciuolo, poi finalmente l’orazione funebre, che non è altro che un cumulo di lodi sperticate, racchiuse in 19 paginette, ben compatte, in cui l’iperbole raggiunge il massimo grado.
Antonio Ponz1: “Alla lettera del Martì non unisco la stampa del Teatro come difettosa, non essendo nè pianta nè alzato, ma un ammasso di cose nel modo che se la figurò chi non era Professore; ed in suo luogo può sostituirsi una pianta del Teatro di Marcello molto simile a questo di Morviedro.”
Con un ingegno naturale, reso più grande da un perfetto corso di studj, era naturale che emergesse subito nella Tragedia classica ; ed infatti fu il primo a declamare il Cajo Gracco del Monti, e con tal fanatismo ne fu retribuito dal pubblico, che l’autore ne lo ringraziò con una sua lettera.
E interessantissima è la lettera del 29 aprile 1830 che egli scrive da Roma, ragguagliando il Benci e dell’Itinerario dell’anno e della Censura teatrale ecclesiastica….
Non è che i Francesi non avessero anche avanti notizia di qualche spezie di rappresentazioni musicali, poiché senza risalire fino a’ provenzali, che furono i primi a introdurle in Italia, sappiamo ancora che erano conosciute fin dai tempi di Francesco I, il quale fece venir da Firenze parecchi uomini celebri in questo genere, annoverandosi tra loro corte il più distinto un certo Messer Alberto chiamato dall’Aretino in una lettera scrittagli nel 6 di luglio del 1538: «lume dell’arte, che l’ha fatto sì caro alla sua Maestà e al mondo». […] Da una lettera di Don Angelo Grillo scritta a Giulio Caccini si rileva che «la nuova musica drammatica inventata dal Peri era dalle corti de’ principi italiani passata a quelle di Spagna e di Francia», lo che, essendo certo, proverebbe che l’opera in musica fosse stata trapiantata fra gli Spagnuoli quasi subito dopo la sua invenzione.
Arse l’Italia d’un grand’incendio di guerra in diversi suoi paesi nel secolo XV, ma le contese de’ pisani co’ fiorentini, de’ veneziani co’ duchi di Milano, degli angioini cogli aragonesi, non impedirono l’alto favore, la generosa protezione, e la magnanima liberalità e munificenza de’ nostri principi, ministri, generali, e grandi verso le lettere, scienze ed arti tutte, e verso i coltivatori di esse133, non la fervida e quasi generale applicazione di ogni uomo di lettera ad apprender profondatamente le due più famose lingue de’ dotti, non l’universale entusiasmo di quanti a quel tempo eruditi viveano, di andare da per tutto, anche in lontane regioni ricercando e disotterrando i codici greci e latini134, non l’ardente premura di moltiplicarli colle copie, confrontarli, correggerli, interpretarli, tradurli, comentarli, non il raccorre da ogni banda diplomi, medaglie, cammei, iscrizioni, statue ed altri antichi monumenti, non lo stabilimento di varie accademie, non la fondazione dì altre università, non l’istituzione di nuove cattedre, non l’aprimento di pubbliche biblioteche e di teatri, non la rapida e maravigliosa moltiplicazione delle stamperie per le città e sin anco per le più ignote contrade d’Italia, non il promovimento dello studio della platonica filosofia per mezzo di Giorgio Gemisto Pletone, e singolarmente di Marsiglio Ficino e di Giovanni Pico della Mirandola in Firenze, e del cardinal Bessarione in Roma, non il risorgimento dell’epopea italiana e i progressi dell’arte drammatica, non il felice coltivamento dell’eloquenza e della poesia latina, e di ogni altro genere di erudizione, precipuamente per le cure, l’ingegno e ’l buon gusto del degretario e vonsigliere de’ nostri re aragonesi Giovanni Pontano135, e del precettore di Leone X Agnolo Poliziano, e del nostro Regnicolo Giulio Pomponio Leto, non impedirono in somma l’acquisto e ’l dilatamento delle piacevoli ed utili cognizioni letterarie e scientifiche, né l’attività e ’l progresso dello spirito umano136. […] Non oltrepassava l’autore, per quanto credesi da taluni, l’anno diciottesimo della sua età quando la compose in tempo di duo giorni, come egli stesso dice in una sua lettera a Carlo Canale, «intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano» Francesco Gonzaga in occasione che questi da Bologna, ove risiedeva legato, portossi a Matova sua patria, ove era vescovo, nel 1472, siccome con il dotto abate Bettinelli stabilisce il chiaro padre Ireneo Affò di Buffeto minor osservante, che nell’anno scorso ha fatto a onore e beneficio della letteratura italiana stampare in Venezia appresso Giovanni Vitto l’Orfeo, tragedia di Messer Angiolo Poliziano tratta per la prima volta da due vetusti codici ed alla sua integrità e perfezione ridotta ed illustrata 143.
Questa favola fu rappresentata in Roma a’ tempi di Leone X, che la richiese all’autore, il quale nel rimettergliela l’accompagnò con una lettera de’ 16 gennajo del 1520. […] Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo, io l’ho veduta, io le ho parlato, ella ha parlato a me, e mi ha data questa lettera e quest’anello che vi porto. […] Oh dio, questo è l’anello con che la sposai, e questa è sua lettera. […] E questa lettera? […] Ma la bella lettera poi spira tutto il patetico della tenerezza sfortunata di un cuor sensibile che offeso si querela senza lasciar di amare.
Questa favola fu rappresentata in Roma a’ tempi di Leone X, che la richiese all’autore, il quale nel rimettergliela l’accompagnò con una lettera de’ 16 di gennajo del 1520. […] Oh dio, questo è l’anello con che la sposai, e questa è sua lettera. […] E questa lettera? […] Ma la bella lettera poi spira tutto il patetico della tenerezza sfortunata di un cuor sensibile che offeso si querela senza lasciar d’ amare. […] Andrea Calmo Veneziano morto l’anno 1571, fu attore ed autore molto esperto ed applaudito, come ci fa a sapere in una lettera il Parabosco.
Dell’Edipo dell’Anguillara impresso e rappresentato in Padova nel 1556 parla in una lettera citata dal Tiraboschi Girolamo Negri, ma con disprezzo dando all’Anguillara il nome di poeta plebeo . […] Nella lettera 19a indirizzata a Gabriello Bambasi altro parmigiano accademico Innominato dice che pubblichi le sue tragedie la Lucrezia e l’Alidoro. […] Nella lettera premessa al Teatro Spagnuolo indirizzata all’Accademia Spagnuola. […] Vedi la lettera 145 scritta da Nanci a’ 25 di maggio del 1591. […] L’accurato moderno scrittore della di lui vita l’erudito abate Serassi cita in tal proposito una lettera del Tasso a Licino, ed un’ altra a Cristofano Tasso, le quali trovansi nel volume IX delle di lui Opere, l’una alla p. 270, l’altra alla 145.
Soprattutto è mirabile e veramente tragico quello di Radamisto nella tragedia che ne porta il nome: il suo Pirro è più grande ancora del Pirro della storia: grande, feroce, malvagio, ambizioso e politico profondo si manifesta maestrevolmente il suo Catilina, benchè non a torto da Federigo II re di Prussia in una lettera scritta a Voltaire nel febbrajo del 1749 venga tutta la tragedia ripresa per trovarvisi sfigurata la repubblica Romana ed il carattere di Catone e di Cicerone: Atreo, Tieste, Farasmane, Palamede sono dipinti con tutto il vigore. […] Un eccesso di amore forma l’azione dell’una e dell’ altra, la gelosia ne costituisce il nodo, ed un equivoco appresta ad entrambe lo scioglimento; Otello s’inganna con un fazzoletto, Orosmane con una lettera; l’uno e l’altro ammazza la sposa e poi si uccide. […] La lettera di Nino moribondo a Fradate, non dice altro se non che io muojo avvelenato, e soggiugne ma criminelle epouse senza addurne indizio nè pruova. […] Feu M. de la Motte (diceva Voltaire in una lettera a M. […] V. un frammento di una di lui lettera sulla considerazione che si dee a’ letterati.
A un giovane autore che pare le si mostrasse in una lettera pien di amarezze rispondeva : Che benedetto ragazzo che siete ! […] Se poi la smontatura che traspare dalla vostra lettera, è dovuta ad altre cause — forse troppo intime — « benedetto ragazzo che siete » con tutto il bene bono che vi voglio mi permetto di dorlotarvi con queste parole : fate quello che credete sia un dovere di fare e lasciate fare al tempo.
Niccolini al Teatro Nuovo di Firenze, e la prima volta, pur del Niccolini, l’Edipo nel Bosco delle Eumenidi alla Pergola di Firenze il 17 marzo del 1823 ; rappresentazioni che dovetter colle repliche fruttar non poco al Blanes, se il Niccolini, in una lettera all’amica Angelica Palli a Livorno, scagionandosi dell’accusa che l’Internari gli aveva mossa di voler guadagnare sulla recita della Matilde, riportava questa parte del battibecco colla valorosa artista.
Commedia di Aristofane, volgarizzata in prosa, con prologo in versi e lettera di A.
Solimano per tali insinuazioni, e per una falsa lettera dell’indegno Rusteno, crede traditore il figlio, e a se lo chiama. […] Il carattere di Aristodemo ottimo per conseguire il fine della tragedia esprime un eroe, che non lascia di ricordarsi di esser padre, senza aver bisogno come Agamennone di ricorrere all’astuzia della lettera per salvar la figliuola allorchè si pente di averla tirata al campo colle finte nozze.
Il contratto durò dall’otto aprile al sette giugno, e fu poi rinnovato per altri due mesi col corrispettivo di dugento lire mensili : ma il termine del secondo contratto non fu compiuto, poichè pare che la Compagnia tornasse in Italia sul finire del luglio, come si può vedere da una lettera della Regina a sua nipote la Duchessa di Lorena, concernente appunto Lelio e Florinda. […] La stessa data ha la lettera dedicatoria, e il Milton venne in Italia sul’38….
La qual poesia fu inviata da Venezia il 26 gennaio del’46 alla madre dell’Adelia, accompagnata dalla seguente lettera : Signora Marchesa, Ho voluto io stesso mandarle questi versi che mi uscirono spontanei dal core dopo aver conosciuto e apprezzato il nobile ingegno, e l’animo elevato della Contessina Adelia.
Il 26 ottobre 1612, Tristano Martinelli scriveva da Firenze al Cardinal Ferdinando Gonzaga, mandando una lettera di Maria de’ Medici, nella quale era il desiderio di mettere assieme una compagnia di comici tra cui figurava il nostro Fabbri.
Ludovico Martelli illustre poeta Fiorentino morto in Salerno nell’acerba età di anni ventotto, secondo il Crescimbeni nel 1533, e secondo il Rolli ed altri con più probabilità mancato in Napoli nel 1527, parlandosi di lui come già morto in una lettera di Claudio Tolomei scritta a’ sette di aprile del 153188, compose una tragedia impressa indi colle altre sue opere in Firenze nel 1548, ed oggi registrata nel tomo III del Teatro Italiano antico stampato in Livorno sotto la data di Londra nel 1787, nella quale si allontanò dagli argomenti greci, seguendo in ciò piuttosto il Trissino che il Rucellai. […] Dell’Edipo dell’Anguillara impresso e rappresentato in Padova nel 1556 parla in una lettera citata dal Tiraboschi Girolamo Negri, ma con disprezzo dando all’Anguillara il nome di poeta plebeo. […] Dell’Alessio tragedia di Vincenzo Giusti censurata parimente dall’Ingegnieri parlasi nella lettera 31 scritta a Udine ad Erasmo di Valvasone, e nella 161 scritta all’istesso Giusti; e se ne favella ancora insieme coll’ Eraclea tragedia di Livio Pagello pur criticata dall’ Ingegnieri. […] Nella lettera premessa al Teatro Spagnuolo indirizzata all’Accademia Spagnuola. […] Serassi cita in tal proposito una lettera del Tasso a Licino ed un’ altra al Signor Cristofano Tasso che trovansi nel vol.
Solimano per tali insinuazioni, e per una falsa lettera dell’indegno Rusteno, crede traditore il figlio, e a se lo chiama. […] Il carattere di Aristodemo ottimo per conseguire il fine della tragedia esprime un eroe che non lascia di ricordarsi di esser padre, senza aver bisogno come Agamennone di ricorrere all’astuzia della lettera per salvar la figliuola, allorchè si pente di averla tirata al campo colle finte nozze.
Il carattere di Bartolo portato a tutto sapere e a tutto dire non dovrebbe permettergli di tacer come fa in tutta la commedia l’importante secreto della finta lettera posta di soppiatto in tasca di don Eugenio, che egli non ignora sin dall’atto I. […] Una lettera del finto barone astringe la vedova a ravvedersi.
., dedicata al Conte Ercole Pepoli, che consta di 13 pagine di stampa, compreso il frontespizio, la lettera dedicatoria e una breve prefazione ai lettori, riportata da Francesco Bartoli nelle sue notizie.
«Mal venga (diceva il Frugoni in una lettera scritta a ragguardevole personaggio bolognese) ai drammi musicali ed a chi primiero li pose sopra i nostri teatri a far perdere il cervello ai poeti, a far guadagnare enormi somme ai castrati, a rovinar la poesia, ad effemminare la musica, guastare i costumi. […] Circa l’Alceste è ben nota la critica fatta da Gian Giacomo Rousseau nella lettera intorno alla musica di Gluck indirizzata all’Inglese Burney: critica che gli uomini di buon senso troveranno assai giudiziosa se vorranno riflettere alla monotonia che vi regna dappertutto, alla poca varietà negli affetti e nelle situazioni, all’interesse che va scemando di atto in atto invece di crescere, al poco felice scioglimento della catastrofe, e alla inverosimiglianza di alcuni incidenti. […] Però non ostanti i suoi talenti poetici, nonostante la dovuta stima ch’esige il Signor de’ Calsabigi per lo studio posto nelle cose teatrali di cui ci porge egli eccellenti saggi non meno nella citata dissertazione che nella sua lettera al Conte Vittorio Alfieri; bisogna pur accordare esser egli uno de’ principali corruttori del moderno musicale teatro.
Tramezzino prete maestro di Lucrezina reca a Prosperino una di lei lettera amorosa, che egli mostra a suo padre Settimio. […] Torna Tramezzino, e dice che Settimio ed il figlio sono già lontani molte miglia fuori di Genova, e consegua ad Agostino una lettera di Settimio. […] Il Metastasio in una lettera che gli scrisse, n’encomia lo stile come robusto e lusinghiero, la ricchezza de’ pensieri, la vivacità delle immagini. […] Nel fine del dramma si trova impresso un estratto di una lettera dall’autore attribuita al signor Herbert, cui è dedicato. […] In una lettera scritta da Vienna nel 1759 a m.
Montesquieu non apprezzava che i drammatici, e gli chiamava (nella lettera 137 del’e Persiane) i poeti per eccellenza e i signori e maestri delle passioni .
Ciò (dice Pietro Baile) viene riferito da Balsac sul testimonio di Camden in una lettera de’ 25 di giugno 1634 scritta al conte di Execester.
A questa indole indiavolata accenna anche il Modena in una sua lettera a lui del 22 giugno ’57 (Epistolario, Roma, 1888) : …. vi vedo imbrogliato male andando a Faenza.
Il sig. conte Pepoli che lo segue e ne adora le vestigia, ha pubblicato nel 1789 il suo Meleagro accompagnato da una lettera sul melodramma serio ad un uomo ragionevole, il quale nè anche parmi che abbia presentate sulle scene le nuove vesti delle antiche furie, de’ numi infernali, delle ombre e delle parche, corteggio perpetuo delle tragedie musicali mitologiche. […] In una lettera scritta da Vienna nel 1759 a m.
Tutti costoro venivano compresi sotto il nome generico di Mnestrels, i quali in Italiano, secondo che ha osservato il Redi in una lettera a Carlo Dati, furono da Giovanni Villani chiamati Ministrieri, e da Matteo Villani Minestrieri, e da qualche altro scrittore Ministelli dal latino barbaro Ministellus.
Una lettera al celebre attor dialettale Giuseppe Moncalvo, meneghino, nella quale sono espressi i suoi intendimenti d’arte, e le vie da seguirsi ad arrestarne il precipitoso decadimento, riprodotta poi dal Bertolotti nel suo studio sul Moncalvo.
Shakespear sembra aver preparata la materia della Zaira colla tragedia di Othello, mentre un eccesso di amore forma l’azione dell’una e dell’altra tragedia, la gelosia ne costituisce il nodo, e un equivoco appresta ad entrambe lo scioglimento; Othello s’inganna con un fazzoletto, Orosmane con una lettera; Otello ammazza la moglie, e poi disingannato si uccide, e Orosmane fa lo stesso. […] Lo scioglimento del Méchant avviene felicemente senza violenza, e senza sforzo per mezzo d’una lettera di propria mano di Cleone.
L’impasse linguistica, candidamente confessata in una lettera a Ubertino Landi del giugno 1714 («Io vorrei essere a Parigi ora che mi riesce un po’ il ciangottare25»), inoltre, proietta ombre lunghe sull’effettiva possibilità di interagire con i letterati francesi conosciuti al Café du Pont-Neuf26 o nella soffitta di Fontenelle27. […] Nella stessa lettera francese a Conti, Martello si diffonde anche sulle critiche che paventa dal fronte interno, ovvero da Gravina di cui annuncia al corrispondente la prossima uscita del Della tragedia: L’abbè Gravina sortirà d’abord avec un traitè sur la tragedie, e peut estre il me peignera fort bien, mais il scait que Je le craigne moin que les françois, et il va a exciter ma plume a quelque plaisenterie qui le renderà autant ridicule q’il le merite. […] [2.116ED] Arriva Teseo, ed è certo che arriva in istrada, mentre maravigliandosi di non avere l’usato festivo incontro della consorte, fa aprir le porte della sua reggia e vede la moglie morta con una lettera in mano; entra e sovra vi piange; e ciò è fuor di dubbio che avviene dentro alle stanze. […] [commento_1.140ED] l’altra… bellissima: nell’Ifigenia in Tauride di Euripide l’agnizione è doppia, in quanto comporta dapprima il riconoscimento di Ifigenia da parte di Oreste, avvenuto grazie alla lettera che Ifigenia consegna al fratello; poi quello di Oreste da parte di Ifigenia, e cfr. […] In una lettera databile al 1717 a G.
La diede indi alla luce per la stamperia reale di Parma nel 1791 preceduta da una lettera di Ranieri di Calsabigi. […] Non ripeterò quanto dissi in quella lettera sulla tragedia del Pepoli(a). […] Agide dedicata con lettera curiosa a Carlo I d’Inghilterra nel 1786 ha pregi secondo me degni del genere. […] Una evidentissima pruova fralle altre ei ne diede nella lettera che scrisse prendendo il nome di m. […] Nella lettera che scrisse all’ Autore.
La traduzione Latina alla lettera spiega l’infinito ἀλύειν per jactari, spaziare agitata.
Eugenio innamorato meno nojoso, che ostenta sempre una morale avvelenata da un’ aria d’importanza e precettiva: che egli non dovrebbe continuare nè a moralizzare nè a corteggiar Pepita promessa ad un altro, a cui il padre ha già contati diecimila scudi per le gioje: che Pepita in tali circostanze non dovrebbe nell’atto II innoltrarsi in una lunga e seria conferenza deliberativa col medesimo e con la Zia: che il carattere di Bartolo portato a tutto sapere e tutto dire non dovrebbe permettergli di tacer come fa in tutta la commedia l’ importante secreto della finta lettera posta di soppiatto in tasca di D.
La diede indi alla luce per la stamperia parmense nel 1791 preceduta da una lettera del fu Ranieri di Calsabigi. […] Vi si premette una lettera del dotto Melchiorre Cesarotti del 1791, il quale si occupa con varie riflessioni a giustificarne lo scioglimento finale, ed il genere di morte degli amanti sotto le ruine del loro carcere. […] Agide dedicata con curiosa lettera a Carlo I d’Inghilterra nel 1786, ha pregi degni del genere. […] In una lettera del sig. conte scrittami a’ 26 di ottobre del 1796 condiscendendo cortesemente alla mia richiesta mi rimise una nota degli altri suoi Oratorii e di altre produzioni sceniche. […] Si vede impresso nel fine del dramma un estratto di una lettera che l’autore attribuisce al signore d’Herbert, cui è dedicato.
«Tengo per fermo (trascriviamo ancora qui un dotto squarcio d’un’aurea lettera dell’eruditissimo signor Vespasiano) esser difficilissimo che l’Italia possa avere coll’andar del tempo un secondo Metastasio (così il Cielo ne conservi lungamente il primo). […] Grimm, intitolata Le petit Prophéte de Boehmisch Broda, e la famosa lettera di Gian-Giacomo Rousseau sulla musica francese.
Ancora più alla lettera deve essere presa la storia sacra, ed in questo senso vanno lette le veementi accuse lanciate dal bergamasco nei confronti delle tragedie di Duché, il quale, nell’Absalon e nel Jonathas, aveva modificato il racconto biblico per rendere più virtuosi i protagonisti e gli antagonisti più crudeli. […] Il Bodmer era interessato ad ottenere dal Calepio alcune informazioni circa i trattati italiani di retorica ed eloquenza, dal momento che intendeva avviare la scrittura di una Retorica che si soffermasse in particolare sull’evoluzione del concetto di «gusto»; nella lunga lettera del 7 gennaio 1729 (Pietro Calepio, Lettere a J. […] Nel merito di questa lettera egli rispondeva anche ad un altro desiderio del Bodmer, il quale chiedeva notizie circa le recenti tragedie pubblicate nella penisola, citando Gravina e Martello — precisando tuttavia che «né l’uno né l’altro ha soddisfatto la buona aspettazione del pubblico» —, ma raccomandando la lettura di Caraccio, Lazzarini, Maffei, Recanati, Marchese, Pansuti, Baruffaldi e Zanotti. […] L’opera viene quindi stampata, sebbene anonima, come già era accaduto, per scrupolo del Calepio, con la lettera sui costumi italiani, e l’identità dell’autore sarà definitivamente palesato soltanto nel 1738, con la pubblicazione della recensione del Paragone da parte del Maffei nelle Osservazioni letterarie. […] Proprio la volontà di rispondere al d’Aubignac sembra dare nuova linfa ai progetti apologetici di Corneille, il quale, nell’agosto del 1660, confessa per lettera all’abate Michel de Pure, erudito, traduttore e drammaturgo: «Je suis à la fin d’un travail fort pénible sur une matière fort délicate.
Maneggiata poi con gran delicatezza e giudizio è la bellissima riconoscenza per mezzo della lettera che Ifigenia pensa di mandare in Grecia ad Oreste. […] Ma questo dubbio corrisponde al senso ed alla lettera del l’originale?
Del risultato ebbe notizia in Madrid dalla seguente lettera: “Accertata la Real Deputazione, che la Commedia di V.S.
Allor questa s’ascolta con un profondo silenzio, poi con istrepitose e fanatiche esclamazioni di “bravo evviva” accompagnate di battimenti di mano replicate cento volte; indi si torna all’antico dissipamento che ti par quasi di sentire come si lagnava Orazio dei teatri di Roma, il vento che rimuggia per entro alle boscaglie del Gargano o i fremiti del mar di Toscana109, Gian Jacopo Rousseau nella sua celebre lettera sulla musica francese vorrebbe far l’onore agl’Italiani di non credere che così avvenga ne’ loro teatri, ed attribuisce simili effetti che si veggono costantemente in Parigi, all’indole soporifera e monotona della musica francese. […] «Ἰλιὼ δʹ αὐτε προσεενπε φιλομμειδὴς Ἀφροδίτη» [14] Se vuol esprimere in questo verso «Ἠῖονες βοόωσιν ἐρευγομένης ἁλὸς ἔξω» il muggito del mare allorché percuote con impeto le rive, ei replica più volte la lettera “o” la più sonora di tutte e la più rappresentativa nel caso presente.
Da una lettera del celebre viaggiatore Pietro della Valle a Lelio Guidiccione scritta nel 1640 si vede ch’erano di già comunissimi sulle scene italiane a quel tempo.
Lampillas per mostrare che gl’ Italiani erano a que’ tempi ignoranti e barbari nella lingua latina, adduce uno squarcio di una lettera di Adriano I pieno di solecismi stampato dal Mabillon.
Lo scioglimento del Méchant avviene senza sforzo per mezzo di una lettera del medesimo Cleone.
Lo spiritoso ed elegante autore del discorso intorno al poema lirico non ha riflettuto essere incompatibile colla natura del nostro canto sminuzzato acuto squisito e sottile l’azione violenta che richiede la danza, mettersi i polmoni e la glottide dei cantanti nell’atto d’eseguire l’arie in una posizione che verrebbe alterata necessariamente dal ballo o affatto distrutta, trovarsi nella poesia molte idee astratte, molte relazioni puramente riflessive e mentali che non potrebbono in verun conto eseguirsi dal ballerino, contener la musica strumentale mille artifizi, mille pitture degli oggetti esterni che non possono essere rappresentate coi piedi, dover non per tanto l’imitazione della natura riuscir imperfetta oscura ed equivoca, essere finalmente nel presente nostro sistema la simultanea riunione del ballo e del canto in una sola persona una caricatura non minore di quella che sarebbe il prevalersi d’una traduzione ebraica per facilitare l’intelligenza d’una lettera scritta in latino. […] Nella Calandra del Cardinale Dovizio Bibbiena, la prima commedia in prosa recitata in Italia furono eseguiti quattro balli bellissimi, dei quali eccone la descrizione come la trovo in una lettera di Baldassare Castiglione inserita nella raccolta dell’Atanagi all’anno 1565.
Che tra l’autore de I Promessi Sposi e il Salfi ci sia stato almeno un incontro è certificato da una lettera spedita dal Manzoni al Fauriel, datata 17 ottobre 1820, in cui egli porge i propri saluti a vari frequentatori del circolo della Condorcet, tra cui il Salfi61. […] A partire da una lettera del 1816 rivolta dal Guinguené a Salfi, sappiamo che il trattato era già in cantiere: Et vous, mon cher Monsieur, dites moi donc d’où en sont votre santé, vos grands et vos petits travaux, votre première tragédie, peut être votre seconde, et le traité sur la Déclamation, et tout le reste85. Una lettera del 29 gennaio 1835, riportata all’interno di Vita e opere di Francesco Saverio Salfi di Carlo Nardi, attesta di uno scambio tra Angelo Maria Renzi e Francesco Salfi Junior in cui si fa menzione del trattato. […] Vi è inoltre premessa una lettera rivolta «Al benevolo lettore», in cui si sottolinea l’importanza dell’arte della declamazione non solo per chi eserciti la professione di attore.
L’Anfiparnaso venne poi in tal dimenticanza presso agl’Italiani che Appostolo Zeno, comecché in tal genere d’erudizione fosse versatissimo, confessa in una sua lettera al Muratori d’ignorarne persin l’esistenza. né il Muratori ebbe altra notizia che quella che ricavò dalla mentovata iscrizione.
Piacevole e ben condotto é il colpo di teatro dell’atto IV della lettera di Constant cambiata da Lovemore, e ne risulta l’equivoco grazioso della VII scena.
Lampillas per mostrare che gl’Italiani erano a que’ tempi ignoranti e barbari nella lingua latina, adduce uno squarcio di una lettera di Adriano I pieno di solecismi stampato dal Mabillon.
Se il dotto Gravina avesse mirato da questo punto di vista la commedia italiana del cinquecento, non avrebbe senza veruna riserba avanzato nella lettera al Maffei, che i nostri comici son di gran lunga inferiori ai latini.
Lo scioglimento del Mèchant avviene senza sforzo per mezzo di una lettera del medesimo Cleone.
Maneggiata poi con gran delicatezza e giudizio è la bellissima riconoscenza per mezzo della lettera che Ifigenia pensa di mandare in Grecia ad Oreste. […] Ma questo dubbio corrisponde al senso ed alla lettera dell’originale?
Se si disamina con giusta critica niente v’ha di più stravagante a sentirsi, come ben riflette il marchese di San Lamberto nella sua bella lettera francese intorno al dramma intitolato l’Onfale, che due o tre personaggi, che parlano alla volta, e si confondono, dicendo le medesime parole, senza curarsi l’uno di quanto risponde quell’altro: ciò è contrario egualmente alla urbanità di chi parla, che alla sofferenza di chi ascolta, e però si sbandiscono a ragione dalla tragedia, dove hassi tanto riguardo al decoro.
Il capitolo è preceduto da una lettera dedicatoria al detto Serenissimo Prencipe, che non è davvero il migliore esempio di stile epistolare, e consta di 265 versi sdruccioli mediocrissimi per concetto, per forma, per…. tutto.
V’ha de’ zerbinotti (diceva il celebre Diodoro Delfico nella XVI lettera sugli Epigrammi) poco doviziosi, che provvedonsi, o prendono a nolo un abito, cioè un’ opera, cui danno il loro nome, e credonsi gran signori in Parnasso.
Si rileva da una lettera dell’autore al sig.
Questa dubitazione non é contraria al senso e alla lettera dell’originale, in cui non dubitativamente, ma con enfasi Ecuba afferma che vede una strage inopinata, sorprendente, tutta nuova?
Si rileva da una lettera dell’autore scritta al sig.
[Sez.III.3.3.9] «Quando presi (così egli nella lettera dedicatoria a S. […] Il giudizio non benevolo di Planelli, che insiste sulla convenzionalità e il manierismo dei suoi eccezionali gorgheggi, è contraddetto dalle lodi che molti le riservarono; tuttavia non la ammirò Mozart, il quale in una lettera al padre del febbraio 1778 diede giudizi severi sulle qualità artistiche della Gabrielli (è vero che Mozart poté
Così almeno la intendeva il gran Metastasio, il quale in una lettera diretta al Signor Mattei napoletano si lagna vivamente di cotale abuso: «Qualunque sia, ei dice, cotesto mio povero dramma non crescerà certamente di merito fra le mani de’ presenti cantori ridotti per colpa loro a servir d’intermezzo ai ballerini, che avendo usurpata l’arte di rappresentare gli affetti e le azioni umane meritamente hanno acquistata l’attenzione del popolo, che hanno gli altri meritamente perduta; perché contenti di aver grattato le orecchie con una sonatina di gola nelle loro arte, il più delle volte noiose, lasciano il peso a chi balla d’impegnar la mente e il cuore degli spettatori.»
Sebbene l’Aulularia non ci sia pervenuta intera, è stata pur tradotta nel secolo XV da Paride Ceresara, per quel che apparisce da una lettera di Lodovico Eletto Mantovano de’ 22 di giugno del 150162.
Sebbene l’Aulularia non ci sia pervenuta intera, pur si tradusse nel secolo XV da Paride Ceresara, per quel che apparisce da una lettera di Lodovico Eletto Mantovano de’ 22 di giugno del 1501a.
Se il Manfredini avesse (siccome il pregai espressamente per lettera) compilato l’estratto della mia opera sull’edizion veneta anziché sulla bolognese, il secondo tomo della quale fui costretto per motivi che non sono di questo luogo a non riconoscere per mio, avrebbe ora risparmiato questa frivola riprensione.