Moglie del precedente, e figlia di Luigi e Antonietta Robotti, cominciò a recitare nella Compagnia reale sarda coi parenti, poi in quella ch'egli avea formata in società con suo padre.
Il '41 e '42 ebbe Compagnia in società con Giardini e Belatti, e vi recitò le parti di Tiranno e Padre.
Capocomico il 1833 in società con Luigi Romagnoli, sosteneva sempre le parti di padre nobile, insieme alla moglie, madre nobile.
Condusse poi varie compagnie in società con altri, e finalmente entrò in quella primaria di Antonio Raftopulo, dalla quale si allontanò il 1830 per ridursi nella sua Volterra, ove morì nel 1845.
Nel 1831 ebbe Compagnia in società con Giovanni Falchetti, nella quale figuravan elementi assai più che mediocri, quali la Falchetti prima donna, la Buzzi madre, il Carrani primo attore, il Tessero tiranno, il Pellizza caratterista, Luigi Robotti, Cesare Fabbri, ecc. ecc.
., ed ora è a Bologna assieme alla moglie), col quale, prima in società con Ettore Dondini e Giovanni Contini, poi capocomico solo, fu nelle principali città d’Italia, attrice applaudita, specialmente in repertorio di genere forte, che comprendeva le Stuarde, Antoniette, Messaline, Cleopatre, ecc. ecc.
Unitosi il ’27 in matrimonio colla figliuola minore del Dorati, Alamanna, formò con lui società, passando dal ruolo di brillante in quello di caratterista e promiscuo, ch’egli sostenne con tanta arte e con tanto favore del pubblico da entrare il ’36 con Luigi Domeniconi e restarvi sino al’ 40 colla moglie servetta, per andar poi nella Compagnia di Carlo Re ad assumere il posto di secondo caratterista al fianco del gran Luigi Vestri ; morto il Vestri, Giuseppe Guagni lo sostituì decorosamente.
Scioltosi dalla società, ma rimasto in compagnia come scritturato, ne uscì dopo undici anni per passare in quella di Belloni e Meraviglia, nella quale stette quattr’anni. Fu per un triennio primo attore con Romualdo Mascherpa ; formò con Ferdinando Pelzet una società che durò tre anni ; tornò col Mascherpa il 1835. […] Recitando egli a Pistoia l’estate del ’33 in società con Ferdinando Pelzet, fu pubblicato un opuscoletto di versi e prose, da cui trascelgo la seguente epigrafe, un po’ duretta se vogliamo, in onore di lui : i circhi, i ludi, i teatri in età feroci l’abbondanza della forza esaurivano in tempi codardi il sibaritico ozio molcevano in secoli emergenti dall’orror delle tenebre vita di contradizione mostravano oggi sono riepilogo di tutti gli errori dei tempi allora, ed ora a quei che si porgeano spettacolo del popolo plausi secondo natura de’tempi sinceri ma come noi, l’età future non danneranno dell’età volte la manifestazione di falsa vita, quando sapranno che prorompevamo in solenni encomii per te O LUIGI DOMENICONI che coll’eloquente gesto, colla parola informata da tutte gradazioni del sentimento incomparabilmente a mostrarci l’uomo emulo de’ più celebri scrittori svolgevi l’idee eterne del vero Lo spirito analitico, la coscienza ch’egli metteva in una parte, sapeva mettere anche nelle cose del capocomicato.
Smessa il Pezzana la compagnia, Contini entrò a far parte della società Ettore Dondini e Giuseppe Galletti.
Fu scritturato, capocomico, or solo ora in società, ed anche impresario d’opere !
Fu con Antonio e Adelaide Morelli, genitori di Alamanno, poi in società con Minzoni, con Ninfa Priuli, con Prosperi e Gandini.
Formò una società con l’artista Solmi, che durò con raro accordo ventidue anni, e in cui acquistaron fama Luigi Gattinelli, Amalia Pieri, Albina Pasqualini, Vincenzo Gandolfi e Cesare Dondini.
Formò il 1847 con suo cognato Valentino Bassi una società, in cui la moglie fu assunta al grado di prima donna assoluta, ed egli, infelicemente, a quello di generico primario.
In Pekin e Costantinopoli, in Parigi e Firenze si pretende cogli spettacoli scenici correggere e divertire la società mediante un’ imitazione della natura rappresentata con verisimiglianza, adoperandovi le molle della compassione e del ridicolo. […] Ma la storia pronta a diradar ogni nebbia, gli avvertisce che le facili farse romanzesche e i mostri scenici non allettano che l’ultimo volgo, e dopo una vita efimera corrono a precipitarsi nell’abisso dell’obblìo; dovechè il Misantropo e l’Atalia ed i componimenti che ad essi si appressano, non solo sforzano alla per fine il pubblico a vergognarsi del primo giudizio, ma ricreano la parte più pura e illuminata della società che sono i dotti, e passano indi a’ posteri insieme con quelli che furono scritti ne la caverna di Salamina.
Il ’30-’31 egli era per la stagione di autunno e carnevale in uno de’teatri di Roma, in società con Giacomo Job ; poi, preso parte ai moti di quell’anno, fu guardia nazionale a Bologna, volontario dragone ad Ancona sotto il generale Zucchi, compagno d’ armi del conte Giuseppe Mastai a Sinigaglia, poi…. […] Tornato in Italia, diresse la compagnia che formò in società con Ernesto Rossi, con cui fu l’anno seguente, il ’57, a Vienna.
Venutagli a mancar la voce, dovè abbandonar l’arte come attore, ma dedicandovisi con tutte le sue forze come capocomico, in società prima col Giardini, poi col Pezzana, poi col Marchi ; poi solo colla figlia Emilia prima attrice.
Bellotti-Bon Luigia, moglie del precedente, e figlia di Teresa Ristori (attrice rinomatissima tra ’l finire dello scorso e’l principiar di questo secolo e nonna della celebre Adelaide, educata all’arte e alle lettere da Antonio Simon Sograffi, divenne ancor giovanissima la prima donna della Compagnia che suo marito aveva formato in società con Giacomo Modena.
Perduto ogni suo avere, indebitato sino alla punta de’capelli, dovè smettere ogni altra speculazione, passando dalla compagnia propria a società di maggiore o minor conto, in sino a che, vecchio omai, e senza più una via a guadagnarsi onoratamente il pane, ricoverato dal genero Giuseppe Guagni, morì a Firenze verso il 1850.
Ritiratosi il Lipparini dalla scena, il Feoli formò con Gaetano Vestri una società ch’ebbe sorte infelice.
Si condusse, per affari di commercio, in Pesaro, e colà addestrossi in filodrammatiche società assieme ai Conti Perticari, dei quali diventò l’amico ; e, sentito colà dalla Pellandi e dal Belli-Blanes, fu scritturato da essi pel 1813 come brillante assoluto.
La fine e pur frivola società di Corte bavarese, e soprattutti il giovine Max Emanuel, si stancò presto di quelle rozze rappresentazioni : la riapparizione di Treu e compagni sul teatro di Corte a Monaco ebbe per resultato la chiamata di comici stranieri : e questa volta furono italiani, venuti da Venezia sullo scorcio del 1689, e capitanati da Giovanni Nanini, che rappresentava in commedia la maschera del Dottore.
Scrisse alcune commedie con buon successo ora solo, ora in società con Panard.
Balzò di punto in bianco dai silenzi del chiostro alle lusinghe della scena, in cui passò di compagnia in compagnia sostenendo parti or di paggetto, or di amorosa, or di seconda donna, sinchè il 1811 fu scritturata prima attrice dal capocomico Lorenzo Pani, sino al '14 ; nel quale anno appunto, essendo a spasso in Firenze gli artisti Antonio Belloni, Ferdinando Meraviglia, Carlo Calamai e Luigi Domeniconi, formarono con Elisabetta Marchionni una società, di cui fu prima donna assoluta la diciassettenne Carlotta, la quale esordì al piccolo teatro della Piazza Vecchia nella Pamela nubile del Goldoni. – Narra il Colomberti che la società iniziò il corso delle sue recite, non solamente senza alcun corredo di scena, ma senza fin anco il libro della commedia che fu per buona ventura trovato sur un banchetto. […] Ma dove ella è grande, è più grande di tutte. » La società con tanta modestia e direi meglio povertà costituita, andò innanzi dodici anni tra l’ammirazione e l’applauso di ogni pubblico, esempio unico di artistica fratellanza.
Fu capocomico in società col cognato Luigi Preda, il noto meneghino ; e nel 1856 se ne separò per formare una compagnia italiana di primo ordine, in cui affidò al figliuolo Domenico le parti di brillante assoluto.
Da lui stesso fu scritturata qual prima attrice assoluta nella Compagnia ch’egli formò in società con Gaspare Pieri, e sappiamo che insieme a lui recitò al Cocomero di Firenze le Ultime ore di Camoens di L.
Dal Nardelli passò con Voller e Bellati in società, che durò parecchi anni, dopo la quale formò solo una compagnia (1844) che gli procacciò lauti guadagni.
Fu il '93 prima attrice giovine con Andrea Maggi, poi con Leigheb-Andò ; passò quindi, prima attrice, con Ermete Zacconi, e con Cesare Rossi, dal quale ultimo si allontanò per diventar la prima attrice assoluta della Compagnia formata da suo padre in società prima con Achille Vitti (1899), poscia con altri sotto la direzione del Garavaglia (1901).
Dopo una società con Beltramo e Della Guardia, formò Compagnia da solo, recitandovi le parti di primo attore, e passando a quelle di prima attrice la moglie Gemma Braconey, sposata il 1 marzo 1891, una dilettante essa pure, che aveva esordito in arte con Ermete Novelli.
Da capocomico solo passò a essere conduttore in società, con non so quale attore, ma di Compagnia secondaria : finchè, travagliato dalla sorte contraria e dagli anni, si ridusse a Sassuolo, ove morì verso il 1860. – In Compagnia Rafstopulo egli aveva sposato Adelaide, figlia della celebre Teresa Angelini (V.), che gli sopravvisse.
Fu capocomico de' più rinomati, ora solo, ora in società (V.
Fatta più grandicella, e formata il padre società or col Subotich, noto arlecchino, or con Luigi Zerri, padre di Enrichetta e di Antonio, e in ultimo con Antonio Scremin, alla declamazione delle poesie succederon le ombre palpabili e le rappresentazioni improvvisate sulle tavole di una cantina, con biglietto d’ingresso a 20 e a 10 centesimi, e magari in commestibili, come alle recite del Capitan Fracassa nel mirabile studio di Teofilo Gauthier. […] Smessa il Morolin compagnia nell’ ’82, per tre anni Carlo Borisi formò società con Zago e Gallina.
Studiò legge, e senza aver appartenuto ad alcuna società filodrammatica, mostrò sin da piccolo amore grandissimo al teatro di prosa, nel quale esordì come autore, facendo rappresentar di giorno al Malibran per beneficiata del primo amoroso della Compagnia Zocchi e Bonivento un suo lavoro in cinque atti, intitolato Antonio Dal Ponte, fondatore del Ponte di Rialto, sotto il Doge Pasquale Cicogna, ch' ebbe l’ onore di due repliche. […] Il primo anno fece società con Francesco Coltellini, da cui essendogli pervenute alla resa dei conti cinque o seimila lire di guadagno, oltre a quel tanto da vivere che s’ era assegnato giornalmente per sè e la moglie, si sciolse amichevolmente, e diventò capocomico solo, mettendo subito piede al primo teatro di prosa di Milano (ora Manzoni) il settembre, e all’Arena Nazionale di Firenze la primavera.
Nei trent’anni di vita artistica, il Brunetti ne passò dodici direttore di Compagnia e capocomico in società con Luigi Pezzana ; e fu il primo a scritturar la Eleonora Duse affatto sconosciuta per gli anni ’75-’76 con l’Adelina Marchi prima attrice.
Tornò col Pani il '23, fece società il '24 con Nicola Vedova, e divenne poi conduttore di Compagnia egli stesso, che tenne fino alla sua morte.
Sposò dopo alcuni anni Caterina, e fu assieme a lei prima con Gaetano Asprucci, poi in società con Luigi Vestri per gli anni 1817-18-19-20, ove passò al ruolo di padre.
Fece l’ ’86 società con Adelaide Tessero ; passò l’ ’87 al Teatro Manzoni di Roma con Dominici, Rosa e Della Guardia ; fu l’ ’88 con Marazzi e Morelli, l’ ’89 con Francesco Pasta, col quale andò per la prima volta in America, e il ’90 formò con Ettore Paladini una Compagnia Sociale, di cui egli era l’amministratore, e di cui fece parte, scritturata, la Tina Di Lorenzo.
Il 17 maggio del ’90 si unì in matrimonio col brillante fiorentino Virgilio Talli, e con lui si trovò per due anni capocomica in società col Paladini.
Scioltasi da Zaccone, e unitasi in società con l’attore Lotti, piena di fede e di coraggio, superbamente bella, esuberante di vita, vòlto l’animo e il pensiero a orizzonti migliori, salpò per l’America, il sogno dorato de’comici, dove, giunta a Pernambuco, cadde fulminata dalla febbre gialla che la strappò in brev’ora all’adorazione de’ suoi.
Uscito dalla compagnia, ne formò una in società con Angiolo Gattinelli, scritturandovi il Taddei, col nome e colla direzione del quale potè passar tra quelle di prim’ordine.
Scritturata da Gaetano Nardelli, vi si perfezionò a segno da divenir nel ’39, quand’egli smesse di condur compagnia, e già sposa da due anni dell’attore brillante Antonio Giardini, la prima attrice assoluta di una società che il marito aveva formata con Voller e Bellati, e in cui fu scritturato come poeta Paolo Giacometti.
Infatti un contemporaneo, il Gueullette, dice che Sticotti era un grand’uomo assai ben fatto, di viso tondo e piatto, e di fisonomia piacevole ; di umore gajo al sommo, e amabilissimo in società.
È questo, senza dubbio, il più gran momento della sua vita artistica : momento fuggevole, pur troppo, chè, ammalatosi il Leigheb, la Compagnia si sciolse, e Tovagliari formò società con Enrico Reinach e con poca fortuna.
Volle poi formar Compagnia, e s’unì in società (1855-56) con Vestri, uno dei cognati.
Si diede per due anni agli studi musicali in Mantova colla famosa Lotti, sotto la direzione del maestro Antoldi ; studi, i quali ella dovette abbandonare quando più le arrideva l’avvenire, per la decisa avversione che i parenti avevano al teatro ; ma i quali furono a lei di non poca utilità nell’arte comica, giacchè trovo ne’giornali del tempo, come essendo l’autunno del ’54 serva nella Compagnia diretta da Luigi Robotti, in società con Gaetano Vestri, a vicenda con Carlotta Diligenti, ella cantando al Gerbino di Torino in una commediola di Federigo Robotti figlio della celebre Antonietta, riportasse un compiuto trionfo.
Terminato il contratto col Petrelli, si scritturarono il 1806, lui come primo amoroso e lei come serva, con Velfranch, col quale stetter due anni : poi dal 1808 al 1811 con Antonio Previtali, il 1812 con Rigoli in Dalmazia, il 1813 e ’14 con la società Consoli, Zuccato e Pellizza, il 1815 con Giacomo Dorati, poi con altri molti.
Fu in seguito con Bellotti, poi formò società, e nell’ '84-'85 assunse il posto di primo attore, che lasciò l’ '86 per quello di generico primario, sostenuto sempre con assai decoro in varie compagnie delle più accreditate.
.) ; morta la quale, passò a seconde nozze con Giovanna Stefani, che diventò il fortunato sostegno della Compagnia del marito, omai capocomico di grido ora solo, ora in società con Caterina Venier e con altri.
Fu di nuovo e per un triennio con Salvini, poi di nuovo capocomico con varia fortuna ; poi, venuta in nome di attrice assai promettente sua figlia Giannina, si adattò a' ruoli secondari pur di non separarsi da lei ; e dopo alcune buone scritture, tornò a condur Compagnia, lei prima attrice assoluta, ora solo, ed ora in società.
Dotato della ragione, dono divino della suprema sapienza, epli è dalla natura formato per la società, alla quale inevitabilmente vien tratto dal bisogno di sussistere agiatamente. […] E se la geometria, più che per le utili verità che insegna, si rende commendabile per l’attitudine che somministra agl’ ingegni tutti per bene e coerentemente ragionare, essa e tutte le scienze esatte contribuiranno sempre colla loro giustezza a formare i gran legislatori morali e politici tanto per ciò che l’una società debbe all’altra, quanto per quello che debbonsi mutuamente gl’ individui di ciascuna: ma esse non saranno mai nè più pregevoli nè più necessarie a conoscersi delle leggi che immediatamente gli uomini governano. […] Ed in fatti se a conservar la tranquillità di ogni stato bastar potesse il castigare o prevenire i delitti che lo sconcertano, l’armata sapienza delle leggi è quella che presta alle società l’opportuno soccorso per atterrire o distruggere i colpevoli e per minorar la somma dei delitti, a’ quali trascorrono gli uomini abbandonati a’ proprii appetiti e alle passioni eccessive. […] Noi siamo persuasi più dall’esempio di tanti e tanti veri filosofi e grand’uomini che ne ragionano con sommo vantaggio 5 che dagli schiamazzi delle cicale letterarie che declamano contro di essa senza aver mai saputo che cosa è l’ uomo, che società, e che coltura generale delle nazioni. […] A me basterebbe che le mie vigilie o almeno i principi additati in questi primi fogli intorno all’ utilità e all’eccellenza della drammatica ottenessero il frutto d’ insinuare la necessità che hanno le società culte di preparare agli stranieri un buon teatro, che, in vece di essere un seminario di schifezze e di basse buffonerie, presenti una dilettevole polita scuola di educazione.
Metto fra i comici anche il nome di questo scrittóre ben noto, nato a Venezia nel 1756 dal Conte Casimiro, napoletano, e da Angiola Olivati, veneziana, perchè, già vedovo della comica Monti, « che in quell’epoca – scrive Iacopo Ferretti – in cui era di moda recitare il verso tragico cadenzato, come i sonetti si recitavano dai novizii di Parnaso, era una rediviva figlia di Roscio, » fatta società colla insigne comica Marta Colleoni, si diede anche all’arte del recitare, nella quale riuscì mediocremente ; « fu discretissimo – dice lo stesso biografo – e non apparve più sulle scene. » Visse col De Marini, collo Zuccato, col Fabbrichesi, col Vestris e col Blanes, e ne fu poeta.
Si unirono in società il 1803 con Angiolo Venier e si recarono a Venezia prima al San Giovan Grisostomo, poi al San Benedetto, dove Luigia rinnovò i trionfi della prima volta.
Continuò la Teresa a tenere la compagnia con decoro e fortuna : ma avanzando nell’ età, e passando dal ruolo di prima donna a quello di madre nobile e caratteristica, il quale sostenne con egual plauso, si unì in società per gli anni 1811-12-13 col bravo primo attore Bartolommeo Zuccato e col bravo caratterista Ferdinando Pellizza.
Il ’98 fece società, per un triennio, con Luigi Raspantini e Irma Grammatica.
Innamoratosi poi della Gaetana Andolfati, e ottenutala in moglie, si unì prima in società col padre di lei, poi condusse da solo una compagnia, colla quale percorse trionfalmente l’Italia, lasciando alla sua morte, che fu nel 1818, più di centomila franchi di eredità, e la fama di gran capocomico.
Il 23 dicembre del 1880 fu inaugurata al Goldoni di Venezia una lapide in ricordo di lei colla seguente iscrizione : a marianna moro-lin che del veneto dialetto quantunque non suo sentì le grazie e sulle scene col cuore e coll’arte inimitabilmente lo espresse la società filodrammatica carlo goldoni in segno di affettuoso ricordo pose Ella morì a Verona la notte del 19 giugno '79, quasi improvvisamente.
La Toffoloni si trovava l’aprile del '23 al Giglio di Lucca, in società colla Venier, a fianco del primo attore Giacomo Bon Martini, acclamatissima.
Tiranno in Compagnia Donati il 1820 colla moglie Teresa madre nobile, idem nella sua propria in società con Morelli.
Nato a Roma il 4 febbraio 1859 da parenti non comici, e datosi, giovanetto, al recitare in società filodrammatiche, si scritturò l’ '83 con Bellotti-Bon, per la cui morte non ebbe luogo il contratto, esordendo invece quello stesso anno come generico con Alessandro Salvini ed Ettore Paladini, e passando subito l’ '84 al ruolo di secondo e primo caratterista sotto il Salvini : ruolo che non abbandonò mai più, e che sostenne lodevolmente in compagnie egregie, quali dell’Emanuel, del Morelli, Maggi, Rossi, De Sanctis, Teatro d’Arte, Rasi, Della Guardia, Pieri-Severi, nella quale ultima si trova oggi (1904).
L'auge della sua vita artistica fu quand’egli ebbe Compagnia in società con Gaspare Lavaggi, nella quale potè mostrar liberamente tutte le sue qualità di artista, interpretrando con molta intelligenza e con molto successo Luigi XI, La Gerla di Papà Martin, Don Marzio, e specialmente L'Aulularia di Plauto, in cui fu riconosciuto, anche dai più severi, artista sommo.
In Pekin e Costantinopoli, in Parigi e Firenze si pretende cogli spettacoli scenici correggere e divertir la società mediante un’imitazione della natura rappresentata verisimilmente adoperandovi le molle della compassione e del ridicolo. […] Ma la storia pronta a diradar ogni nebbia, gli avvertisce, che le facili farse romanzesche e i mostri scenici non allettano che ’l volgo imperito e dopo una vita efimera corrono a precipitarsi nell’abisso dell’obblio; doveché gli ottimi componimenti, come il Misantropo e l’Atalia non solo sforzano alla perfine l’uditorio a vergognarsi del primo giudizio, ma ricreano la parte più pura e illuminata delle società, che sono dotti272, e passano indi a’ posteri insieme con quelli che furono scritti nella caverna di Salamina.
Sposò in quel torno Maria vedova Buccinieri, già servetta di buon nome, e formò la quaresima del 1818 una buona società col primo attore Luigi Velli, di cui facevan parte comici egregi, quali : il Vismara, il Dones, lo Zuanetti, il Baraldo, la celebre Polvaro, ecc. […] Sostituì il Talli nel '96 con Sichel e Tovagliari, e fu il '97-'98 con Paladini e la Mariani, da cui si tolse, per entrarvi poi il '900, dopo di essere stato un anno in società con Sichel e Zoppetti.
Nel 1804 recitò al Teatro Gottardi di Vercelli, poi, l’autunno, a Magenta, formando l’anno dopo una compagnia regolare in società con G. […] Richiamato dal padre a Milano, ove gli fu permesso di alternar l’arte della scena con la professione paterna, istituì filodrammatiche società, di cui egli era esperto direttore, recitandovi con successo parti di tragedie alfieriane, quali di Filippo, di Agamennone, di Egisto, ecc.
Quivi tornò a far l’orefice per campar la vita, esercitandosi la sera in una società di dilettanti a recitar le parti di amoroso in italiano. […] Toltosi dal Ferravilla, pensò di mettere su una Compagnia milanese in società con Davide Carnaghi, la quale avrebbe dovuto camminar su le orme della famosa del Toselli e di quella veneziana del Benini : una Compagnia insomma, che ai Massinelli, Panera, Incioda contrapponesse la vera e sana commedia, originale o tradotta, con dialetto e ambiente milanesi.
., poi di nuovo capocomico in società, or con Pareti, marito della prima donna Elvira Glech, or con Drago, la Lugo e Sichel, ed ora con Cartoni e Udina. Ma essendo la paga divenuta un mito (tanto correva – scrive lo Zoli – che non c’era modo mai di raggiungerla), determinò il buon uomo di non più scritturarsi, nè più unirsi ad altri in società, ma condur solo una modesta azienda, di cui egli e la famiglia, otto o dieci persone, formavan la più gran parte.
Figlio di un suggeritore, lo vediamo per la prima volta nel 1820 generico della Compagnia Andolfatti ; generico nel 1827 della Compagnia di Romualdo Mascherpa, di cui era primo attore Luigi Domeniconi ; servitore giocoso (sic) nel 1836 della Compagnia di Luigi Taddei ; poi caratterista e promiscuo, e capocomico in società colla Sadowski nel 1853-54.
Carico di famiglia, e ormai non più giovane, determinò di darsi alla scena, esordendo qual caratterista nella Compagnia ch'egli stesso formò in società con Gaetano Colomberti e Luigi Bergamaschi, e diventando in pochissimi anni de'più valenti.
Nel medesimo ruolo, applaudito e stimato come un de'più egregi artisti del suo tempo, si scritturò il '60 con la Società Stacchini, Civili e Woller, il '61-'62 con Tommaso Salvini, il '63 con Domeniconi, il '64-'65-'66 con Morelli, il '67 con Alessandro Salvini, il '68-'69 al Fondo di Napoli con Fanny Sadowsky, il '70-'71-'72 con Giacinta Pezzana in società, dal '73 all’ '81 ancora con Morelli, prima a fianco di Virginia Marini, poi di Adelaide Tessero, e fu con esso due volte nell’America del Sud.
Di bella persona, di volto piacente, di voce magnifica, d’ingegno non comune, riuscì in breve un egregio primo attor giovine ; e dopo di essere stato alcun tempo nelle Compagnie Dorati e Righetti passò in quella di Fabbrichesi, allo stipendio della Corte di Napoli, diventandone il 1824 primo attore assoluto e capocomico in società con Prepiani e Tessari, fino al 1838, in cui, condotta nella novena di settembre la moglie a Macerata, sua patria, fuor dal clima di Napoli, e da una vita ordinata, fu colpito prima da febbre, poi da paralisi nervosa, che lo impedì nella parola.
Fu al fianco di Eleonora Duse lungo tempo, come primo attore, per passare poi capocomico, qual’è tuttavia, in società con Claudio Leigheb, il rinomato brillante
Fece, dopo la scrittura col Dorati, società con Giacomo Modena ; ma còlto da improvvisa infiammazione cerebrale in Venezia, vi morì in pochissimo tempo, a soli trentasette anni.
Dopo di aver fatto parte delle primarie compagnie Taddei, Righetti e Bazzi, ne formò una egli stesso in società con Pietro Solmi e Giovanni Pisenti, colla quale si trovava il 1820 al S.
Fece parte della Reale di Napoli, e dopo una società con Gaetano Nardelli, fe’ compagnia da solo.
Percorse dal '45 al '50 il napoletano e la Sicilia con una società, di cui egli era capo.
V’ha però chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce di Aristotile e dì Quintiliano, e mentovar dove bene stia que’ sagaci e graziosi attori, i quali seppero sulle scene delle più colte nazioni ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che rappresentar nella società gli originali di que’ medesimi oggetti rìdevoli mascherati da uomini d’alto affare e da filosofi e metafisici senza logica, e da poeti che non intendono nè rima nè ragione, e da pedanti pieni di stomachevole orgoglio e voti di ogni valore. […] Sanno ben essi di non doversi il Buon Teatro considerar come semplice passatempo, ma sì bene come saggio espediente sugerito dalla filosofia per diffondere, per la via del diletto, la coltura e la virtù e la morale nella società, e per secondar le vedute de’ legislatori; di che mi occupai ne’ miei Elementi di Poesia Drammatica impressi in Milano.
Formò il 1830 società con Luigi Ghirlanda, che fu poi sostituito da Giovanni Boccomini fino al '35. […] Andata lei con Romualdo Mascherpa, e andato il Boccomini con Angelo Rosa, Nardelli si ritirò a Verona, ove comprò il teatrino dell’ Accademia, e de' vigneti in Valpolesella ; non tardando poi a formare una società per un triennio con Carlo Re, proprietario dell’antico teatro di questo nome in Milano, e con un caffettiere presso San Carlo, per nome Gottardi, i quali, saputa la provata esperienza di lui, gli affidaron la direzione dell’azienda.
Cominciò ad acquistar fama nella società formata pel 1851 dalla celebre Carolina Internari, in cui sosteneva il ruolo di prima donna e prima amorosa.
Formò compagnia a Napoli per due anni, con scrittura firmata il 5 luglio del 1575, in società con Mario, alias Lepido, De Thomase di Siena, Iacop’Antonio De Ferrariis di Napoli, Alfonso Cortese di Napoli, e Francesco Viviani di Lucca.
Fu con Moncalvo, Verniano, Ferri ; coll’Adelaide Fabbri, e più volte capocomico in società.
Fu in Sicilia con Piddo, Colombo, il celebre Pasquino, e Francesco Lombardi ; poi, il ’41 a Roma in società col Canova, e colla Vergano prima attrice. Il ’44, lasciata il Canova l’arte, la compagnia si formò in società con Livini e Majeroni. […] Fu il ’50 con Majeroni, la Rosa e Branchi ; e il ’53 formò società con Francesco Paladini e sua moglie Clotilde, la celebre servetta.
Sposò verso il ’90 Francesca Pontevichi, prima attrice, colla quale formò compagnia prima in società, poi solo. […] Essi progettarono di stabilirsi in società ed accettare la riduzione del sussidio governativo.
Fu in società, o solo, sempre alla testa di compagnie di second’ordine, che sfasciava e rimetteva assieme da un momento all’altro, senza preoccupazioni di sorta.
Il 5 settembre del 1739 Alessandro Ciavarelli esordì alla Commedia italiana colla maschera di Scapino nello Scenario italiano, La Cameriera, già rappresentato il 1616 allo stesso teatro sotto il titolo di Arlecchino, marito della moglie del suo padrone, ovvero la Cameriera nobile ; e tanto vi piacque, dice il D’Origny, per la energia, l’intelligenza e la precisione, che non si fu punto in forse di accettarlo in società.
Nata a Milano il 1824, seguì il padre nell’arte, quand’egli già filodrammatico, abbandonato l’impiego si unì in società con Antonio Ristori, padre di Adelaide.
Primo caratterista e capocomico in società con Angelo Rosa, recitava al Teatro D’Angennes di Torino il carnevale 1819-20.
Cessata la società Tessari e Soci a’Fiorentini di Napoli nel 1840, cominciò un’epoca nuova per quel teatro colla Compagnia Prepiani, Monti ed Alberti.
Formò, il ’46, società con la Fusarini e Marchi, della quale discorre largamente Ernesto Rossi nelle sue Memorie (vol.
Si unì poi in società con Francesco Ciarli, che abbandonò ben presto, per entrar nella Compagnia di Giuseppe Moncalvo prima, poi in quella di Francesco Sterni qual padre e tiranno.
Divenuta sposa di Ernesto Della Guardia, attore brillante di buon nome, esordì qual prima attrice assoluta in America ; e tale si trova ora, dopo egregie prove e là e qui, in società con l’artista De Sanctis, col quale andrà l’anno venturo a far parte della compagnia stabile della città di Torino.
Lasciò gli studi d’ingegneria pei conti correnti della Banca Anglo-italiana, e questi, (’70-’71), per le parti di amoroso e generico in Compagnia di Cesare Vitaliani, passando poi, primo attor giovine, il ’71-’72 con Augusto e Florido Bertini, il ’72-’73 con Peracchi, il ’73-74 con Achille Dondini, il ’74-’75 con Ajudi e Benelli prima, poi con Dondini e Galletti sino al ’77-’78, nel quale anno formò compagnia in società con Ettore Dondini.
Bartoli lo dice « Uomo di molto ingegno, che non solo in Teatro, ma al Tavolino ancora mostrar sapeva uno spiritoso talento. » Non ebbe alcuno mai in società, e cumulò denari quanti volle : ma proprio al momento, in cui credè la sua sorte assicurata per sempre cominciò a esser da essa perseguitato, e con siffatta costanza, che in capo a pochi anni fu ridotto in miseria.
Ebbe il '25 compagnia in società con Filippo Zinelli, padre nobile, la di cui moglie Sofia Eloisa n’ era la prima attrice, e certo Pietro Simoni il primo attore.
Passò il '28 in società con Giacomo e Gustavo Modena fino al '31, poi col solo Giacomo, quando Gustavo partì da Bologna coi volontari per Rimini, fino a tutto il '32.
Non di meno v’ha chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce di Aristotile, di Plutarco, di Tullio, di Quintiliano, e mentovar dove stia bene que’ graziosi sagaci attori, i quali seppero sulle più culte scene ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che accreditarsi nelle società come originali di que’ medesimi ridicoli mascherati da uomini di alto affare, come filosofi senza logica, come pedanti pieni di stomachevole orgoglio e voti di ogni valore e dottrina, e come pigmei in somma, la cui pelle distesa a forza di puro vento per via di replicati argomenti si gonfia e gli fa per qualche istante parer gigantoni. […] Sanno essi pur troppo di non doversi il buon teatro considerar come semplice passatempo, ma come industre espediente suggerito dalla filosofia per seminar nelle società dilettando, la coltura, la virtù, la morale, e per secondar le provvide vedute de’ legislatori.
Restò con Moro-Lin fino a che (giugno dell’ '83) per la morte della celebrata attrice Marianna Moro-Lin, la Compagnia si sciolse, e ne formò subito una egli stesso in società con Borisi diretta da Giacinto Gallina, e amministrata dal fratello Enrico, della quale eran bell’ornamento, oltre che Zago e Borisi, la Zanon-Paladini, la Fabbri-Gallina, la Foscari ; e la quale esordì con clamoroso successo il 2 settembre a Feltre, e andò trionfalmente fino al febbrajo dell’ '87 ; in cui, nella sera di congedo, dopo gran numero di chiamate alla Compagnia, egli dovette andar solo a ricever le acclamazioni della folla al colmo dell’entusiasmo. Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina.
Fece poi società con Gian Paolo Calloud, Amilcare Bellotti e Cesare Vitaliani, creando la Compagnia Romana, ch’ebbe vita sino al ’72.
Fu poi dal '37 al '40 con Romualdo Mascherpa, il '40-'41 con Luigi Vestri, il '42-'43 di nuovo col Mascherpa sino al '46, il '47 con Cipro e Soci, poi in società con Vincenzo Gandolfi.
Passò il '73 con Giuseppe Lapy al Sant’Angelo di Venezia, e il '74 formò società con Francesco Majani, che mise allora la maschera del Brighella, e con Antonio Camerani.
Siccome non va nella società esempio più pericoloso per la virtù che il favore dichiarato per un immeritevole: così non v’ ha nelle lettere più dannoso spettacolo che il trionfo della stravaganza. Il mal gusto prosperoso perverte i deboli e gli conquista, mentre il vero buon gusto ramingo va mendicando ricetto fra pochi sconosciuto dalla moltitudine nella stessa guisa che un uomo probo e pieno di non dubbio merito fimane confuso tralla plebe in una società corrotta, dove tutti gli sguardi e gli applausi e le decorazioni e le ricchezze si attira la malvagità ingorda e l’impostura luminosa.
Fu l’anno seguente con Romualdo Mascherpa, poi di nuovo colla società Colomberti, nella quale, come abbiam detto, sposò Alessandro Monti.
Si fece poi capocomico, ora solo, ora in società col brillante Cesare Marchi, col quale stette sino al 1859 (la moglie era morta nel '51).
Quando questi condusse nel 1824 la Compagnia nell’Italia Centrale, il Tessari ne uscì, per rientrarvi poi l’anno dopo, diventandone a' Fiorentini, il proprietario fino all’anno 1839, in società con Prepiani e Visetti (V)., stipendiato dalla Corte.
Da Napoli, il 28 novembre 1837, Pietro Monti propone alla Bettini di far parte della Compagnia dei Fiorentini per l’anno 1840 ; e soggiunge che la società si compone di esso lui, del cognato Adamo Alberti e di Prepiani socio di Tessari. […] Queste notizie erano sulla Compagnia dei Fiorentini, nella quale era andato pure il Domeniconi mandando così a monte la società col Gottardi. […] Ora vien fuori Francesco Paladini da Ravenna il 25 agosto, dicendo che è in trattative di far società con Domeniconi, e quindi spera che la Bettini cui si dirige, accetti d’andare con essi. […] Se gli artisti conoscessero il vero loro interesse, dovrebbero unirsi in società e quindi operando a loro senno, dar la legge a questi miserabili speculatori senza senno nè mezzi e fare il loro interesse. […] Mi stà tuttora presente la felice società della Marchionni, Meraviglia e Calamari, dessi andarono d’accordo e fecero il loro interesse.
Dopo tre anni, in società con Carlo Zammarini, diresse e condusse la Compagnia, essendosene ritirato il Morelli per recarsi a dirigere la Filodrammatica di Milano : poi si scritturò con la moglie prima attrice nella Compagnia triestina, condotta e diretta da Luigi Bellotti Bon.
Fu cinque anni con Bellotti-Bon, poi, in società, nell’America del Sud, poi con Francesco Pasta, col quale non potè compiere il triennio di contratto, perchè scritturata, mediante forte penale, nella Compagnia Nazionale di Roma per cinque anni.
Pel futuro triennio, a cominciare dal ’900, si è unita con Talli e Calabresi in società, durante la quale giova credere ch’ella non sarà più una speranza e una promessa, ma una realtà.
Ma ad attuare il nuovo disegno s’interponeva un ostacolo non facilmente sormontabile : suo marito, da cui non si sarebbe mai separata, era sul punto di ottenere un appalto governativo, in società con amici, che gli assicurava un ottimo resultato : forse, dopo un triennio, l’utile di dieci mila scudi. […] A render tutto ciò meno difficile, mio marito pensa partire per Parigi il 20 0 25 corrente, e, corredato di lettere commendatizie, interessare l’alta società a frequentare le rappresentazioni italiane, e proteggere questo esperimento. […] Ebbe amicizie di Sovrani ; ridonò alla società e alla patria un povero soldato condannato a morte ; visse, nei momenti più burrascosi della patria nostra, gagliardamente italiana.
Ma rifattala poi l’anno seguente in società con Carlo Romagnoli, egli ritornò sotto la vecchia bandiera.
Il '76 formò società con Adelaide Tessero che sciolse l’ '81, al suo ritorno dall’America, per farsi di bel nuovo capocomico solo, scritturando l’ '82 la coppia Lavaggi, l’ '83 Cesarina Ruta, l’ '84 Emilia Aliprandi-Pieri.
In fatti in questo ruolo esordì il '47 colla Fusarini, passando poi socio con Lottini il '48 e '49, a fianco della Nardi prima attrice e della Cazzola amorosa, con cui si trovò, sciolta la società, nella Compagnia di Antonio Giardini.
Formò società fino all’ '88 con Raspantini, facendosi poi da solo capocomico con avversa fortuna ; tanto che il padre dovè corrergli in ajuto ; ma col patto ch'egli avrebbe lasciato l’arte per sempre.
Il Biancolelli scrisse grandissimo numero di produzioni in verso e in prosa, con e senza musica, ora solo, ora in società con Legrand, Riccoboni padre e figlio, e Romagnesi, così per l’Opéra comique, come pei teatri di provincia e pel Teatro italiano.
Nel di lui Teatro di società si osservano varie scene eccellenti. […] Dee però notarsi in questa bella dipintura che il malvagio è troppo abbellito dallo spirito che gli presta il poeta per renderlo simile agli originali francesi e a’ malvagi che brillano nelle società polite. […] In fatti il Mèchant com’è dipinto in tal commedia, trova in quella nazione ed in altre ancora una folla di malvagi di società che gli rassomigliano. […] Quivi per segni convenuti si fanno rientrare ne’ diritti e nelle cognizioni del resto della società quegli sventurati privi di due sensi necessarii per comunicare gli oggetti esteriori all’immaginazione. […] Come attore nelle proprie favole rappresenta felicemente alcuni caratteri originali tratti al vivo dalla società; ma avea cominciato a rappresentar le parti de’ Crispini negli antichi repertorii.
accadde un’avventura che interruppe tutto il diletto della società.
Rimase con la Internari due anni ancora, poi passò il '33-'34 nella società Domeniconi e Pelzet, pella quale fu pubblicato a Pistoja un opuscolo di versi, tra cui scelgo il seguente SONETTO al merito singolare del caratterista Signor LUIGI TADDEI Or che nube di duol par che si stenda di giovinezza sul celeste fiore, nè più il sorriso d’innocente amore nè più lieta l’avvivi altra vicenda ; bello di gloria e amor dritto è che splenda il raro ingegno che fa scorrer l’ore inavvedute e care anche al dolore con semplice e gentile arte stupenda.
Fermando gli squardi su quest’essere debole e meschino, gettato nello stato primitivo anteriore alle società famigliari, non che alle civili, ravviseremo in esso le pietre di Deucalione e d’Anfione, le piante animate e le fiere ammansite dalla lira d’Orfeo, gli armati surti da’ solchi di Cadmo, e le dure roveri di Virgilio: e lo vedremo in seguito progenitore di spietati ladroni, di Procrusti, di Licaoni, di Litiersi, di Cacchi, di Gerioni, di Antifati cannibali, d’immani Polifemi e di Patagoni cresciuti innanzi senno nelle proprie immondezze. […] Ma que’ versi profferiti o cantati altro alla fin fine non sono se non suono vano di parole incatenate e misurate, che sin dall’infanzia delle società si coltivarono anche da’ materiali Lapponi, da’ Negri, Indiani, Messicani, Irochesi, Caraibi ed Uroni. […] Chi avrebbe mai a que’ tempi potuto immaginare che l’uomo non contento delle omeriche ricchezze inventerebbe in seguito qualche genere poetico più utile e più dilettevole alle società?
Il 26 febbraio 1760 fu già ricevuto in società con tre quarti di parte, e l’11 marzo 1765 con parte intera.
» Molte sono le opere ch'egli diede al teatro, vuoi solo vuoi in società con Davesnes, Niveau, Laffichard, Dominique, Riccoboni figlio, ecc. ; ma quella che par gli dèsse maggior grido fu una traduzione, o meglio, una trascrizione in versi francesi del Sansone, tragedia italiana in prosa di Luigi Riccoboni, che l’aveva recitata con grande successo la prima volta il 28 febbrajo 1717, sostenendovi la parte principale.
Formò società coll’Assunta Perotti pel 1822-23-24, ma se ne sciolse per mancanza di buon accordo. […] Nel ’29 era trovarobe con la società Vedova e Colomberti, e il ’30 con quella Internari e Paladini.
Gli spettacoli destinati al ristoro della società dopo la fatica, furono un bisogno conosciuto dalla nuova città più tardi di quello di assicurare contro gli attentati domestici e stranieri la propria sussistenza per mezzo della religione, della polizia e delle armi.
Fu poi con Gustavo Modena, con Ernesto Rossi e Gian Paolo Calloud ; poi con Lipparini ; poi con Zammarini e Marchi in società.
Toltosi dalla società il Tessari, colpito d’apoplessia il Visetti, l’impresa venne assunta da Prepiani, Monti e Alberti, assumendo il nostro artista per la prima volta il ruolo di primo attore assoluto, che sostenne con clamorosi successi fino al '49, nel quale anno fu colto da alienazione mentale, che lo condusse in breve tempo a morte.
Nella scena nona vi si trova un satirico ritratto della città di Londra che ne dà poco vantaggiosa idea, ma che è il ritratto di più d’una società culta. […] É una viva imitazione e un ritratto naturale de’ più scellerati della società, essendone gl’ interlocutori spioni, traditori, ladroni di campagna e di città, bagasce le più impudenti, che abbracciando un loro amante lo disarmano e lo consegnano alla giustizia. […] Una società di marina destinata a fornire a’ poveri giovanetti i mezzi di fargli venire a Londra da ogni parte per apprendere il mestiere di marinajo per uso de’ vascelli di guerra, vi fu stabilita verso la metà del secolo. […] In una delle rappresentazioni di Drury-Lane si raccolsero intorno a 271 lire sterline per la società. Per mostrar poi al pubblico il nobil frutto delle di lei cure e del patriotismo che univa gl’ Inglesi a mantenere un’ opera così utile, si schierarono sul teatro 75 giovanetti, de’ quali niuno oltrepassava gli anni 18, e 40 uomini provetti vestiti tutti dalla società.
Questa istoria ci si presenta ad ogni passo nelle opere de’ più veridici scrittori dell’antichità, e punto non ripugna al l’ordinata serie delle umane idee, le quali vanno destandosi a proporzione che si maneggia l’arte, e che la società avanza nella coltura.
Molte commedie egli scrisse pe’l teatro francese, e solo, e in società col Du Fresny.
Nella scena nona si trova un satirico ritratto della città di Londra che ne dà poco vantaggiosa idea, ma che è il ritratto di più di una società culta. […] È una viva imitazione, e un ritratto naturale de’ più scellerati della società, essendone gl’interlocutori spioni, traditori, ladroni di campagna e di città, bagasce le più impudenti, che abbracciando un loro amante lo disarmano, e lo consegnano alla forza pubblica. […] Una società di marina destinata a fornire a’ poveri giovanetti i mezzi di fargli venire a Londra da ogni parte per apprendere il mestiere di marinajo per uso de’ vascelli di guerra, vi fu stabilita verso la mettà del passato secolo. […] Gl’impressarii prestarono gratuitamente la sala, e gli attori lasciarono in beneficio della società le loro porzioni. […] Per mostrar poi al pubblico il nobil frutto delle di lei cure e del patriotismo che univa gl’Inglesi a mantenere un’ opera così utile, si schierarono sul teatro 75 giovanetti, de’ quali niuno oltrepassava gli anni diciotto, e quaranta uomini provetti vestiti tutti dalla società.
E’ noto dalla storia che le nazioni in se stesse ristrette esistono e fioriscono, e per molti secoli ripugnano a comunicare insieme, perché quel timore che raccoglie gli uomini in società, regna lungamente, e si conserva presso di esse, e le rende inospitali ed inaccessibili, siccome furono per gran pezza gli ebrei, gli egizi, gli sciti, i cinesi, i messicani, i moscoviti ecc.
É noto dalla storia che le nazioni in se stesse ristrette esistono e fioriscono, e per molti secoli si guardano dal comunicare insieme, perchè quel timore che raccoglie gli uomini in società regna lungamente, e si conserva presso di esse, e le rende inospitali e inaccessibili, siccome furono per gran tempo gli Ebrei, gli Egizzi, gli Sciti, i Cinesi, i Messicani, i Moscoviti.
Gli spettacoli destinati al ristoro della società dopo la fatica, furono un bisogno conosciuto dalla nuova città più tardi di quello di assicurare contro gli attentati domestici e stranieri la propria sussistenza per mezzo della religione, della polizia e delle armi, Perciò quando l’Etruria sfoggiava contante arti e con voluttuosi spettacoli, e quando la Grecia produceva copiosamente filosofi poeti e oratori insigni e risplendeva pe’ suoi teatri, Roma innalzava il Campidoglio, edificava templi, strade, aquidotti, prendeva dall’aratro i dittatori, agguerriva la gioventù; batteva i Fidenati e i Vei, scacciava i Galli, trionfava de’ Sanniti, preparava i materiali per fabbricar le catene all’Etruria, alla Grecia, e ad una gran parte del nostro emisfero.
È noto dalla storia che le nazioni in se stesse ristrette esistono e fioriscono e per molti secoli si guardano dal comunicare insieme, perchè quel timore che raccoglie gli uomini in società regna lungamente e si conserva presso di esse e le rende inospitali e inaccessibili, siccome furono per gran tempo gli Ebrei, gli Egizj, gli Sciti, i Cinesi, i Messicani, i Moscoviti.
Ebbe alcun tempo società con lo Sbodio e il Giraud, poi fu scritturato assieme a tutta la Compagnia dal Capitani.
Castilhon, che il teatro moderno, e particolarmente il francese, sia superiore a quello de’ greci e de’ romani a cagione «della libertà delle donne nella società, la quale ha somministrato al teatro tanta varietà di caratteri». […] Dunque lo spirito che influisce al miglioramento della poesia drammatica, é da codesto sedicente filosofo senza verun fondamento attribuito alla libertà delle donne nella società. Chi poi gli ha detto che le donne in Grecia e in Italia erano talmente allontanate dalla società che non se ne potevano ricavar caratteri per la scena?
Vi si dipinge un malvagio pieno di spirito di cui veggonsi nelle società culte molti originali, che sotto di un esteriore polito nascondono il cuore più nero e l’empietà più raffinata. […] Dee però notarsi in questa bella dipintura che il malvagio è troppo abbellito dallo spirito che gli presta il poeta per renderlo simile agli originali Francesi e a’ malvagi che brillano nelle società polite. […] La contessa di Genlis ha composti due Teatri, l’uno per l’educazione della gioventù, e l’altro di società, ne’ quali si pregiano la Buona Madre, la Rosiera, le Generose Nemiche, il Magistrato.
[3] Il politico, osservando unicamente gli oggetti per la relazione che hanno colla civile economia e coi fini dello stato, lo riguarda come un luogo atto a far circolar il danaro dei privati e a render più brillante il soggiorno d’una capitale; come un nuovo ramo di commercio, ove si dà più voga alle arti di lusso pella gara che accendesi scambievolmente di primeggiare negli abbigliamenti e pel maggior concorso de’ forastieri chiamati dalla bellezza dello spettacolo; come un ricovero all’inquieta effervescenza di tanti oziosi, i quali in altra guisa distratti potrebbono alla società divenire nocivi, impiegando contro di essa non meno i propri divertimenti che le proprie occupazioni; come un mezzo termine infine opportuno a dileguar i bisbigli de’ malcontenti, o a impedire le ragunanze sempre di torbidezza feconde e di pericolo. […] Su questi materiali, e su altri che mi procacciai altronde colla diligenza, scortato ovunque dal giudizio di persone intelligenti nei vari e moltiplici rami di che mi convien ragionare, giunsi a distendere la presente storia di quel brillante spettacolo sì caro all’Italia, il quale pel complesso di tutti i piaceri dello spirito, della immaginazione, del cuore, della vista e dell’udito combinati insieme ad agitar l’animo dell’uomo e sorprenderlo, è senza dubbio il maggiore sforzo delle belle arti congiunte, e il diletto più perfezionato, che da esse attender possa la politica società.
La dipintura di un giovane educato con moine e carezze senza verun freno da una madre debole e compiacente, e cresciuto senza virtù e abbandonato alla leggerezza e al libertinaggio, dovè interessare per gli effemminati sbalorditi originali di tal dipintura, i quali abbondano nelle società culte e numerose. […] Ma coloro che in tutta la mia dimora in Madrid dal settembre del 1765 alla fine del 1783 fornirono di tramezzi le patrie scene, non seppero mai dar sì bel passo, 1 perchè non si avvisarono d’imparar l’ arte di scegliere i tratti nella società più generali, allontanandosi dalle personalità, per formarne pitture istruttive, 2 perchè non hanno dato pruova di saper formare un quadro che rappresenti un’ azione compiuta; 3 perchè hanno mostrato d’ignorar la guisa di fissar l’altrui attenzione su di un solo carattere principale che trionfi fra molti, ed hanno esposto p.e. una sala di conversazione composta di varj originali con ugual quantità di lume, e dopo avergli fatto successivamente cicalare quanto basti per la durata del tramezzo, conchiudono perchè vogliono, non perchè debbono, con una tonadilla.
Ma essa anche può ammettersi in grazia della varietà, e per servire al diletto e all’istruzione della parte più numerosa della società, e a produrre il bel piacere delle lagrime; specialmente quando non si distragga lo spettatore con tratti troppo famigliari ed atti ad alienarlo dall’impressione del dolore e della pietà.
E qui aggiunge con molti particolari che il lettore vedrà trascritti al nome di Pietro Cotta, come essendosi questo imbattuto nel Calderoni, a lui si unisse in società, e con lui rialzasse a poco a poco il teatro, espurgandolo da tutto ciò che vi era allora di equivoco, di osceno, di immorale.
Formò poi società con Belli-Blanes per un altro triennio, sempre ammirata, festeggiata, acclamata.
Formò società il triennio seguente con Luigi Domeniconi, poi andò a riposare un anno a Firenze, per non abbandonar lo sposo, colpito da fiera malattia.
Havvi almeno venti case private solo in Parigi dove varie società particolari rappresentano tragedie e commedie e certe favole novelle composte per tali brigate espressamente.
Continuò nell’ 87-’88 nella Compagnia in società con Cesare Vitaliani e Angelo Vestri ; fu poi scritturata assieme al marito nella Compagnia di Ernesto Rossi, e finalmente in quella diretta da Virginia Marini.
; poi, anche senza tali documenti, è noto il costume francese di chiamar la moglie col nome del marito, specialmente nella società alta : serva come un esempio La Principessa Giorgio del figlio Dumas. […] La natura lo aveva dotato di grazie inimitabili : la sua figura, i suoi gesti, i suoi movimenti prevenivano in suo favore : le sue maniere ed il suo talento lo facevano ammirar su la scena, e prediligere nella società.
Essa però può anche ammettersi in grazia della varietà, e per servire al diletto e all’istruzione della parte più numerosa della società; specialmente quando non distragga lo spettatore con tratti troppo famigliari ed atti ad alienarlo dall’impressione del dolore e della pietà.
Le avventure delle persone eroiche chiamano sempre l’attenzione delle nazioni intere; dove che negli avvenimenti de’ cittadini prendono parte solo i particolari; quindi é che la tragedia detta cittadina, sì cara ai francesi di questi ultimi tempi, riesce meglio su’ piccioli teatri delle società private che sui pubblici. […] Gresset dipingeva mirabilmente un malvagio spiritoso, che sotto un esteriore polito nasconde il cuor più nero e l’empietà più raffinata, carattere poetico che mostra in un individuo la malvagità di un grandissimo numero di persone che compongono le società culte240 Tale é il suo Méchant, commedia di carattere ammirabile, verseggiata eccellentemente, e rappresentata la prima volta nel 1740. […] Poteva ben lasciar questo e l’altro di dramma al Fabricante di Londra, all’Umanità, all’Indigente, e simili componimenti anfibi, ne quali per altro spicca uno spirito d’umanità e di virtù, che dovrebbe, invece delle grossolane buffonerie e laidezze, riempiere per tal modo tutto il teatro, che non potesse lasciar di riflettere sugli animi degli spettatori, e diffondersi per la società.
Morto il Garzes, diventò socia dello stesso Pasta, con cui stette sei anni ; dopo di che, ritiratosi il Pasta dalle scene, si unì in società con Flavio Andò (’97) col quale si trova tuttavia.
Le commedie dell’alta società, le parti che richiedono alterezza di contegno e finezza d’ironia, erano da lei rappresentate con tal verità e con tal brio, che la donna faceva quasi sempre dimenticare in lei l’attrice.
Si recò il ’24 col capocomico Mario Internari a Napoli, ove rimase fino al ’29 colla nuova società de’Fiorentini, Tessari, Prepiani e Visetti.
L’esempio degli antichi Greci e Romani, che escluse le vollero costantemente; il rischio, cui si espone la loro virtù esercitando una professione, ove per un orribile ma universal pregiudizio, non ha alcun vantaggio il pudore, ove tanti ne ha la licenza; l’ascendente che prendono esse sugli animi dello spettatore non meno contrario al fine del teatro, che pericoloso al buon ordine della società; la mollezza degli affetti, che ispirano coi loro atteggiamenti espressivi di già troppo avvalorata colla seduzione naturale della bellezza e del sesso; lo spirito di dissipamento che spargono fra giovani scapoli, i cattivi effetti del quale si risentono in tutti gli ordini dello stato politico, sembrano legittimar il divieto ad esse pur fatto sul principio delle drammatiche rappresentazioni in Italia di comparir sul teatro. Ma dall’altra parte i disordini forse maggiori che nascevano dal sostituir invece loro giovinastri venali e sfacciati, ai quali, dopo aver avvilito il proprio sesso coi femminili abbigliamenti, non era troppo difficile il passaggio ad avvilir la natura eziandio; la influenza grande nella società, e maggiore in teatro, che i nostri sistemi di governo permettono alle donne, dal che nasce, che essendo elleno la parte più numerosa e la più pregiata degli spettacoli, cui vuolsi ad ogni modo compiacere, amano di vedere chi rappresenti al vivo in sul teatro i donneschi diritti; l’amore, il quale per cagioni che non sono di questo luogo, è divenuto il carattere dominante del moderno teatro e che non può debitamente esprimersi, né convien che si esprima da altri oggetti, che da quelli fatti dal ciclo per ispirarlo; la ristrettezza de’ nostri teatri picciolissimi a paragon degli antichi, dove la distanza che passa tra gli attori e gli spettatori è tale, che i personaggi non possono agevolmente prendersi in iscambio, e dove troppo è difficile il mantener l’illusione; altre cause insomma facili a scoprirsi dal lettore filosofo costrinsero alla perfine i saggi regolatori delle cose pubbliche ad ammetter le donne sulle scene.
La dipintura di un giovane educato con moine e carezze senza verun freno da una madre debole e compiacente, e cresciuto senza virtù e abbandonato alla leggerezza e al libertinaggio, dovè interessare pel vivo ritratto degli effeminati sbalorditi originali, i quali abbondano nelle società culte e numerose. […] In prima perchè non si avvisarono d’apprendere l’arte di scegliere i tratti nelle società più generali, allontanandosi dalle personalità, per formarne pitture istruttive.
Ciascuno da se può discernere che queste idee della nuova commedia Greca passate da’ Latini a noi, in forza di governo e di costumi furono ed esser doveano posteriori alla commedia di Aristofane; e se tanti critici pedanti condannano i poeti comici allegorici chiamandoli marrani, maremmani, auzini, e notandone gli artificii come sconcezze; ciò avviene perchè non seppero nelle loro fantastiche Poetiche giammai distinguere tempi, generi e costituzioni, nè seguire con ordine la marcia, per così dire, dell’umano ingegno e delle diverse società civili nel loro nascere e progredire.
Se i Greci, non avvisandosi di eccitar nelle loro tragedie altri movimenti che il terrore e la pietà, ebbero pure un teatro sì patetico, sì variato e sì ricco, con più ragione dovrebbero averlo i moderni, i quali avendo adottato un sistema drammatico più dilatato perché più conforme al presente stato politico della società, non si sono limitati alla rappresentazione di quelle due sole passioni, ma hanno con felicissimo evento fatto sentir sulle scene l’ammirazione, la pietà, la tenerezza, l’amicizia, la gloria, l’amor coniugale, l’amor figliale, l’amor della patria con più altri affetti consimili sconosciuti nella maggior parte dei componimenti di Esalilo, di Sofocle, e di Euripide. […] I soggetti che vi s’introducono formano la classe più numerosa della società. […] Il teatro non ha altra poetica che quella delle usanze, e poiché queste vogliono che deva ognor comparir sulle scene un martuffo con un visaccio da luna piena, con una boccaccia non differente da quella de’ leoni che si mettono avanti alla porta d’un gran palazzo, con un parruccone convenzionale, e con un abbigliamento che non ha presso alla civile società né originale né modello; poiché è deciso che cotal personaggio ridicolo abbia ad essere ognora un padre balocco, od un marito sempre geloso e sempre beffato, od un vecchio avaro che si lascia abbindolare dal primo che gli sa destramente piantar le carote, poiché il costume comanda che per tariffa scenica devano mostrarsi in teatro ora un Olandese col cappello alla quakera che sembri muoversi colle fila di ferro a guisa di burattino, ora un Francese incipriato e donnaiuolo che abbia nelle vene una buona dose d’argento vivo, ora un goffo tedesco che non parli d’altro che della sciabla e della fiasca, ora un Don Quisciotte spagnuolo che cammini a compasso come figura geometrica, pieno di falsi puntigli, ed abbigliato alla foggia di due secoli addietro, poiché insomma tutto ha da essere stravagante, esagerato, eccessivo e fuori di natura, voi mi farete la grazia d’accomodarvi mandando al diavolo quanti precettori v’ammonissero in contrario.
Con tutto ciò, per quanto gli eunuchi venissero perseguitati dalle leggi, avviliti negli esercizj più immondi, spregiati nella società, scherniti dagli scrittori amici dell’ umanità86, non mai si giunse ad estirpare quest’abuso inumano, ch’empie la terra di mostri imbelli, schifosi e detestabili. […] Siccome non v’ha nella società esempio più pericoloso per la virtù che il favore dichiarato per un immeritevole: così non v’ha nelle lettere più dannoso spettacolo che il trionfo della stravaganza. Il mal gusto prosperoso perverte i deboli e gli conquista, mentre il vero gusto ramingo va mendicando ricetto da pochi sconosciuto dalla moltitudine; come l’uomo probo e pieno di non dubbio merito rimane confuso tralla plebe in una società corrotta, dove tutti gli sguardi e gli applausi si attira l’impostura che sa farsi un partito ed il vizio luminoso.
La dedica quindi è già un segnale di una diversa destinazione e orchestrazione dello scritto, che si colloca all’interno di un dibattito più ampio sull’organizzazione degli spettacoli teatrali, sul loro ruolo e responsabilità nella società contemporanea, un tema presente fin dalla Introduzione che precede il primo paragrafo dedicato come sempre al Libretto. […] Il Saggio, da discorso in parte tecnico relativo agli equilibri tra le arti, diventa molto di più un trattato sull’organizzazione teatrale e sulla funzione del teatro nella società contemporanea.
Studiando egli la natura mancò di giudizio nell’ imitarne ciò che nelle società si riprenderebbe.
Per mafia e per camorra, fra capi-comici e autori, fra autori e giornalisti, fra giornalisti ed attori, fra attori e frequentatori di caffè si formò una tenera compagnia di mutuo soccorso, una ditta cointeressata, una società in accomandita, una vera congregazione di teatrale carità.
Tornò in Italia, festeggiatissimo ; riposò un anno, poi si scritturò attore-direttore per un biennio con Cesare Dondini ('62-'63), al fianco, prima di Anna Pedretti, poi ('63-'64) di Giacinta Pezzana ; poi formò società con Giuseppe Trivelli, nella quale percepiva una paga annua fissa, e la metà degli utili.
[5] C’è non per tanto l’eloquenza de’ gesti, come c’è l’eloquenza de’ suoni, e la maniera di render efficace quanto si può la pantomima (della quale sola e non delle altre spezie di ballo si farà discorso nel presente capitolo) sarebbe quella d’applicarla all’esercizio delle passioni utili alla società, o ai motivi che interessano generalmente il cuore umano; posciachè i mezzi in apparenza più triviali possono fra le mani d’un legislatore filosofo divenire molle possenti di rinforzo nel governo degli stati, e nella politica. […] La cagione si è perché la materia primitiva de’ gesti su cui s’esercita l’imitazion pantomima, essendo di già molto scarsa nella natura, è divenuta scarsissima nella società, cosicché si rende assai diffìcile, per non dire impossibile, il tessere un’azione di qualche durata che condotta sia colla necessaria chiarezza, e che interessi per la novità. Che l’idioma de’ gesti deva essere scarso nella natura apparisce da ciò che accompagnandosi ogni concetto mentale dell’uomo espresso al di fuori con due segni il gesto cioè, e la voce; ciascuno d’essi segni dee perder molto della sua influenzi a misura che prevale e si perfeziona quell’altro; dimodochè ove l’arte della parola è molto in uso, ed ovunque sia stata ad un cetto grado di raffinamento condotta, ivi l’espressione del gesto è più rara e meno efficace, come all’opposto dove il costume o le circostanze o la necessità diminuiscono il vicendevol commercio della voce, il linguaggio de’ gesti diviene più comune e più energico, siccome accade ne’ fanciulli, ne’ muti presso alle nazioni selvaggie, e in quegli stati altresì della politica società dove l’educazione o il rispetto, la convenienza o il timore impongono freno all’ardente e talvolta troppo pericoloso desiderio di spiegar con parole i propri sentimenti. Ora i progressi della società e il successivo sviluppo della cultura ci hanno messi appunto nel primo caso.
Questa moderna foggia di comporre, che diverte il volgo e la gente ben nata, l’idiota e ’l savio, farà presto dimenticare gli antichi drammi spropositati, com’é avvenuto in altre colte società. […] Ma gli odierni scrittori di tali sainetti par che non siano per ora in istato di convertirli in vere commedie, perché 1. non istudiano per apprendere a sceglier le dipinture più generali nella società e renderle più istruttive e degne d’attenzione; 2. non sanno formare un quadro che dimostri un’azione compiuta; 3. ignorano l’arte di fissar l’attenzione su di un solo carattere principale, e farlo trionfare per bene imprimerlo nella fantasia degli spettatori, ma mettono in vista in ogni sainetto moltissimi caratteri in un mucchio con ugual quantità di lume, e come pare loro di averli fatti parlar quanto basta, conchiudono con una tonadilla, la quale suol essere qualche racconto comico in musica cantato dalle loro mime con sale e grazia nazionale.
Formò dopo un anno, e per un triennio, una fortunata società col padre e la celebre Carlotta Polvaro ; e abbiam d’allora, al Giglio di Lucca (15 maggio 1830), un programma particolareggiato di una rappresentazione straordinaria di spettacolo straordinario con colpi di scena e scenari straordinari del solito pittore della compagnia sig.
Infatti questo idolatrato eroe, non so se per superbia di vedersi arricchito, ovvero per timor di spacciare le sue buffonerie senza il costumato prezzo delli dieci quattrini, fa moltissimo il prezioso nella società, e ne riesce alquanto sciapito.
Non era dunque L’esercizio del rappresentare quello che disonorava gli attori in Roma, ma si bene la loro condizione di servi accoppiata alla vita dissoluta che menavano; là dove gli Atellani liberi e morigerati sino a certo tempo, godevano della stima della società e delle prerogative di cittadini.
Non era dunque l’esercizio del rappresentare quello che disonorava gli attori in Roma, ma sì bene la loro condizione di servi accoppiata alla vita dissoluta che menavano; là dove gli Atellani liberi, e morigerati sino a certo tempo, godevano della stima della società e delle prerogative di cittadini.
La conobbe ancora mirabilmente M. de Voltaire, il quale alla intelligenza scientifica accoppiava la vivacità della fantasia e l’energia de’ sensi, cose singolarmente richieste a sentire, e conoscere se altri sente le passioni e nella società e nel teatro.
Contuttociò, per quanto gli eunuchi venissero perseguitati dalle leggi, avviliti negli esercizii più immondi, spregiati nelle società, scherniti dagli scrittori amici dell’umanità b, non mai si giunse ad estirpare quest’abuso inumano, ch’empie la terra di mostri imbelli schifosi detestabili.
Non pertanto si accolse in Berlino con trasporto di piacere, e con quegli applausi che nelle società che conservano qualche idea di libertà spirante, tributerà sempre il patriotismo a chi ne fomenta l’amore.
Non pertanto si accolse in Berlino con trasporto di piacere, e con quegli applausi che nelle società che conservano qualche idea di libertà spirante, tributerà sempre il patriotismo a chi ne insinua e ne fomenta l’amore.
Volendo Richardson far il vero ritratto degli uomini, quai si trovano frequentemente nell’odierna società, dipinse nell’Amante di Clarice un mostro di perfìdia tanto più pericoloso quanto che si suppone fornito di gran penetrazione di spirito, e d’altre qualità abbaglianti, che fanno quasi obbliare le sue detestabili scelleraggini.
Ma questo gran tragico studiando la natura mancò di giudizio nell’imitare ciò che nelle società si riprenderebbe.
» Falloppa persuaso dalle ragioni di Torchio scrive il paragrafo seguente : E arrivato in questa città un gran letterato… possiede varie cognizioni, e particolarmente diverse scienze utili all’umana società. […] La Capricciosa confusa parimente in cinque atti si scrisse per una particolar società di dilettanti. […] Vedrà gatti in famiglia, Serpenti in società, ragni in amore, Studii profondi e varii Di noi naturalisti Che siam della natura i segretarii. […] In Pekin e Costantinopoli, in Parigi e Firenze si pretende con gli spettacoli scenici correggere e divertire la società mediante una imitaziòne della natura rappresentata con verisimiglianza a doperandovi le molle della compassione e del ridicolo. […] I perturbatori delle società, i facinorosi, i bacchettoni sempre occultamentel velenosi, non si educano ne’ teatri.
Havvi almeno venti case private di teatro solo in Parigi, dove varie società particolari rappresentano tragedie, commedie, e segnatamente alcune favole composte per tali brigate espressamente.
Falloppa persuaso scrive il seguente paragrafo: È arrivato in questa città un gran letterato . . . . possiede varie cognizioni, e particolarmente diverse scienze utili all’umana società; nel foglio venturo si darà notizia delle sue opere stampate e da stamparsi, che faranno grande onore alla Letteratura Italiana.
E voi con tanta innocenza vi fate uscir di bocca a quei tempi, quasi parlaste della infanzia di qualche società di Pastori e Cacciatori?
Ma tutto ne imitò di mano in mano, a misura che andava prendendo forma; e gli spettacoli destinati al ristoro della società dopo la fatica, furono un bisogno conosciuto dalla nuova città più tardi di quello di assicurare la propria sussistenza contro gli attentati domestici e stranieri colla religione, colla polizia, e colle armi. […] Non era dunque l’esercizio di rappresentare, quello che disonorava gli attori in Roma, ma sì bene la loro condizione di schiavi, accoppiata alla vita dissoluta che menavano, là dove gli atellani liberi e morigerati godevano la stima della società e le prerogative di cittadini; benché gl’istrioni schiavi ancora, quando viveano onestamente e spiccavano per abilità, erano onorati dell’amistà de’ migliori uomini di Roma, come avvenne al famoso Esopo e al dotto Rosaio amicissimo di Cicerone.
La sua maniera d’imitare è così indeterminata e generica, i sagrifizi che ci costrigne a fare nella poesia e nella declamazion naturale sono tanti sì replicati e sì grandi i segni esteriori delle passioni che servono di materia al linguaggio musicale sono così poco energici e così ambigui a cagione di quel contegno, di quella tinta di falsità, o di riserba che hanno sparso sopra di noi i sistemi d’educazione, e i successivi progressi della cultura o piuttosto del corrompimento nella società, i punti insomma dov’ella può afferrare gli oggetti sono sì oscuri e sì rari che la musica non ci offrirebbe verun compenso, né meriterebbe gli omaggi delle persone di gusto se l’arte d’illeggiadrire le cose, e per conseguenza una discreta licenza negli ornamenti non supplisce in lei alle altre mancanze. […] La proporzione fra le membra, la dilicatezza dei tratti, la bocca, le braccia, le mani, ciascuna parte insomma ha degli originali nella società che servono, a così dire, di puntelli al comun paragone, come l’hanno parimenti, e assai spesso, i caratteri di Climene, di Alceste, di Filinto, di Trissotino, di Vadio, e gli altri che si trovano in quella inimitabil commedia.
Ma questo gran tragico inglese studiando la natura mancò di giudizio nell’imitar ciò che in società si riprenderebbe.
Imperocchè i nostri autori comici erano per lo più persone nobili e ragguardevoli nella civile società, o almeno non furono schiavi come la maggior parte de’ Latini. […] Altro non aggiungeremo intorno alle commedie dell’Ariosto, se non che egli è sì ingegnosamente regolare e semplice nell’economia delle favole, sì vivace grazioso e piacevole, sì alle occorrenze patetico e delicato ne’ caratteri e negli affetti, sì elegante e naturale nello stile, e con tanta aggiustatezza e verità dialogizza senza aggiungnere una parola che non venga al proposito; che stimo che mai non termineranno con lode la comica carriera que’ giovani che allo studio dell’uomo e della società, per la quale vogliono dipingere, e alla ragionata lettura de’ frammenti di Menandro e delle favole di Terenzio e di Plauto, non accoppino principalmente quella dell’Ariosto.
Ma non fu già timida e circospetta quanto la latina; imperciocchè i nostri autori comici erano per lo più persone nobili e ragguardevoli nella civile società, o almeno non furono schiavi come la maggior parte de’ Latini. […] Altro non aggiugneremo intorno alle commedie dell’Ariosto, se non che egli è sì in gegnosamente regolare e semplice nell’economia delle favole, sì vivace, grazioso e piacevole, sì alle occorrenze patetico e delicato ne’ caratteri e negli affetti, sì elegante e naturale nello stile, e con tanta aggiustatezza e verità dialogizza senza aggiugnere una parola che non venga al proposito, che stimo, che mai non termineranno con lode la comica carriera que’ giovani, che allo studio dell’uomo e della società, per la quale vogliono dipingere, e alla ragionata lettura de’ frammenti di Menandro, e delle favole di Terenzio e di Plauto, non accoppino principalmente quella dell’Ariosto114.
Nel quinto si parlerà a lungo delle cause estrinseche che possono accrescere, diminuire alterare, o variar l’espressione, dove partitamente si esporrà l’influenza del clima sul gusto, quali religioni debbano essere favorevoli, quali contrarie al progresso delle arti d’imitazione, come giovino e come nuocano i diversi sistemi di morale, e di legislazione, e in quanto contribuiscano le opinioni pubbliche, lo spirito di conquista, lo spirito filosofico, lo spirito di società, l’ascendente delle donne, il commercio, ed il lusso.
La commedia italiana di tal tempo non pervenne all’insolenza della greca antica per la costituzione de’ governi italiani, ben differente dall’ateniese; ma non fu timida e circospetta quanto la latina, essendo stati i nostri autori comici persone nobili e ragguardevoli nella società, e non già schiavi, come la maggior parte de’ latini.
Il buon gusto e la filosofia debbono tutto sagrificare a questi due fini, e siccome gli uomini radunati in società rinunziarono alla metà de’ suoi diritti per conservar illusa l’altra metà, così il poeta purché conservi ed accresca i dilicati piaceri del cuore, e della immaginazione, purché dia campo alla musica d’ottener compiutamente il suo fine, non dee imbarazzarsi gran fatto dei cicalecci dei critici, che gli si oppongono.
Il frutto morale dunque di questa tragedia è manifesto essere il prevenire gl’ incauti contro l’illusione della superstizione; e per conseguenza la di lei erappresentanza lungi dall’ essere scandalosa pericolosa, diviene istruttiva ed utile alla società.
Ragionare sull’attore vuol dire infatti riflettere sul personaggio da lui interpretato, sul corpo tramite il quale mette in scena le passioni, sul suo ruolo di educatore all’interno della società. […] Come fa notare Paul Hazard, è con la fondazione di una società drammatica all’interno della sala del collegio Longoni che il teatro repubblicano viene esportato in Italia22. […] Essa può fornire indicazioni utili a chi si deve muovere nella società civile, «la quale ben si può riguardare come un vasto teatro87». […] L’interlocutrice del Riccoboni figlio era un’anonima dama coinvolta dallo spirito di generica teatromania che dominava la società francese di allora: Signora, il gusto che avete per la commedia è divenuto in voi una passione poiché, non potendovi limitare al piacere di vederla rappresentare sui teatri pubblici, la vostra più grande soddisfazione è di rappresentarla voi stessa97.
Rousseau e tutti i nostri migliori filosofi non hanno insegnatodipiù investigando il principio delle società e dell’economia politica. […] Ciascuno da se può discernere che queste idee della nuova commedia Greca passate da’ Latini a noi, in forza di governo e di costumi furono ed esser doveano posteriori alla commedia di Aristofane; e se tanti critici pedanti condannano i comici allegorici antichi chiamandoli marrani, maremmani, auzzini, e notandone gli artifizj come sconcezze, ciò avviene perchè non seppero nelle loro fantastiche poetiche giammai distinguere tempi, generi e costituzioni, nè seguire con ordine la marcia, per così dire, dell’umano ingegno e delle diverse società civili.
Questa storia ci si presenta ad ogni passo negli scrittori più veridici e giudiziosi dell’antichità, e punto non ripugna alla serie delle idee umane, le quali vanno destandosi a proporzione che si maneggia l’arte, e la società si avanza nella coltura.
Il frutto morale dunque di questa tragedia è manifesto essere di prevenire gl’incauti contro l’illusione della superstizione; e per conseguenza la di lei rappresentazione lungi dell’essere scandalosa e pericolosa, diviene istruttiva ed utile alla società, malgrado della prosperità di uno scellerato.
Ma essa che è la speranza delle belle arti, rompa oramai que’ ceppi pedanteschi, e si avvezzi a studiare la natura, a consultare il proprio cuore, a ritrarre la società, a ridere sul viso degli orgogliosi pedagoghi ascoltando i consigli suggeriti dal buongusto.
Ma essa che è la speranza delle belle arti, rompa oramai que’ ceppi pedanteschi, e si avvezzi a studiare la natura, a consultare il proprio cuore, a ritrarre la società, a ridere sul viso degli orgogliosi pedagoghi, ascoltando i consigli del buon gusto.
L’indirizzò al Teatro Patriotico di quella città ; ma nè da quella società nè da’ commedianti si è mai voluto rappresentare. […] Questo argomento non era da scegliersi mai, perchè mai non cadrà in pensiero in una società culta di esporsi in teatro un ardore sì criminoso.
Non più i principi d’una morale dolce e sublime qual è quella insegnataci dalla religione cristiana, non l’abolimento dell’anarchia feodale, non lo stabilimento di governi più regolari, non la saviezza e la forza delle leggi che imbrigliarono l’impetuosità dell’interesse personale, non la comunicazione fra tutte le parti del globo procurata per mezzo della navigazione, non lo scambievole commercio fra il vecchio e il nuovo continente, non le ricchezze e il lusso che indi ne derivarono, non lo spirito di società il quale avvicinando l’uno all’altro i due sessi ne tempera la ferocia e ne ringentilisce lo spirito, non più il progresso della filosofia e dei lumi sono a’ nostri tempi le cagioni che hanno “umanizzata gran parte del mondo”, ma la musica fu la meravigliosa operatrice di cosìffatti prodigi.
Rousseau ed i filosofi migliori non hanno insegnato di più investigando il principio delle società e dell’economia politica.
Questa istoria ci si presenta ad ogni passo nelle opere de’ più veridici scrittori dell’antichità, e punto non ripugna all’ordinata serie delle umane idee, le quali vanno destandosi a proporzione che si maneggia l’arte, e la società avanza nella coltura.
Dal che si può comprendere quanto importante sia la cognizione di queste facultà, e che essa costituisce una delle più utili e insieme più dilettevoli parti dell’umano sapere, mercecché tutti i vantaggi e i piaceri (e sono pure grandissimi) che reca egli uomini la società dipendono dall’arte di propagare in altrui i propri sentimenti. […] Lino, Orfeo, Cadmo, Anfione, da’ quali erano stati invitati ad abbandonare una vita brutale, che in compagnia delle fiere aveano fin allora menata, e a godere sotto la protezion delle leggi le dolcezze della civile società, di quella si erano serviti ad umanare, diciam così, quegli animi ferini.
Vedrà gatti in famiglia, Serpenti in società, ragni in amore, Studj profondi e varj Di noi naturalisti Che siam della natura i segretarj.