Non sono queste due quistioni distinte? […] Le Tragedie Spagnuole, siano regolate o difettose, unendo quelle de’ due secoli trascorsi, non parmi che arrivino alle due dozzine, e in esse tutta si contiene la tragica mercatanzia, nè fuori di queste altre ne additano gli Eruditi nazionali che non si allucinano. […] Sono queste: La Honra de Dido restaurada, e la Destruicion de Constantinopla, che si dicono impresse nel Romanzero di Gabriel Gasso; l’Absalon di Giovanni Malara; una Ifigenia rappresentata nel Teatro de la Cruz; il Martirio di San Lorenzo Tragedia Latina rappresentata nel 1571. da’ Seminaristi dell’Escoriale avanti Filippo II., una Tragedia di Euripide tradotta da Boscan, Dido y Eneas di D.
Di lei non abbiamo altre notizie che queste lasciateci dal Goldoni nelle sue memorie, che riproduco fedelmente per non sciuparle : …. la mia predilezione per le Cameriere mi fece fissare sulla signora Baccherini, ch’ era stata in quell’ impiego alla sorella di Sacchi sostituita. […] O avevano caratteri falsi, o costumi caricati, o linguaggi balbuzienti, od illusioni difettose ; e questo doveva succedere ; perchè, affin ch’una donna sostenga bene tutte queste metamorfosi, converrebbe veramente che avesse in sè quella magìa che nell’opera le si suppone.
ma, di due parole in iscritto, acciò queste gl’habbino à servir per riparo in caso che qualch'uno lo volesse violentare ad altro impegno…. »
La Didone del Dolce è da lui dedicata al senatore Tiepolo con queste parole : « avendo il padre mio questo carnevale passato (1546), aperto in Venezia la strada ad altrui di avvezzar le orecchie, corrotte per tanti anni dai giuochi inetti di certi moderni comici, alla gravità tragica, ed essendo io stato il primo che, secondo la debolezza de’miei teneri anni, sotto abito di Ascanio rappresentai la Didone di messer Lodovico Dolce, ecc. » A lui virtuoso fanciullo dedicò poi il Dolce la sua commedia Il Capitano (Venezia, Giolito, 1545).
A queste chiacchiere seguiron nuove scene tormentose, finite poi, al solito, con proteste di fiducia da un lato, di fedeltà dall’altro. […] E le cagioni eran queste : il padre vecchio, la madre aggravatissima, e i figliuoli piccoli. […] A queste parole il Cantù rispose da Parigi in data 4 febbraio 1646, una lettera piena di amarezza, colla quale nullameno assentiva a lasciar l’adorata consorte in Italia.
Abbiamo di lui in Francesco Bartoli queste pochissime parole : « fu un grazioso Pulcinella, che recitò per molti anni con applauso ne’Teatri di Napoli. […] E le parole su per giù eran sempre queste : che, cioè, nella Cantina lo spettacolo era svariato e morale più assai che non promettessero i volgari cartelli d’un casotto plebeo, che accoglieva sbarazzini e facinorosi, e non offriva se non commedie rimpinzate di turpitudini.
Non ho potuto trovare altre notizie che queste brevissime che trascrivo dall’attore Bartoli.
Ha forse il Velazquez additate almeno queste Città? […] Osservi però il Signor Lampillas queste parole del Martì: “Sul portico si vedeano altre quattro scalinate, ed è difficile indovinare a qual ordine di persone fossero destinate; imperciocchè i Senatori occupavano l’Orchestra, gli Equiti le prime quattordici scalinate, e il Popolo il rimanente. […] Aggiunga ancora a queste cose l’Apologista ciò che scrive D.
Desumo queste notizie dal Bartoli, dal quale anche si apprende come il Brandi scrivesse alcuni sonetti faceti intorno ad una burrasca sofferta da un Comico rinomato nel mar d’amore.
Ma il Bentivogli non diè troppo peso alle promesse dell’ Andreazzo, e chiuse la sua lettera al Donati, in cui dava relazione delle trattative per la scrittura dell’ Andreazzo, con queste parole : « Sappia bene V.
Le stranezze dell’opera in musica accompagnata da tutti gli allettamenti della vista e dell’udito fecero sempre più intorno alla metà del secolo comparire insipide e fredde le rappresentazioni regolari tragiche e comiche e queste si videro in un tempo stesso abbandonate dagli attori accademici e dagl’istrioni e commedianti pubblici. […] E queste sono le commedie spagnuole sfigurate più dagl’istrioni, come accenna Carlo Goldoni, le quali il Lampillas supponeva che fossero le altre soprannomate tradotte da’ letterati e purgate,come dicemmo, da’ difetti principali. […] Ma queste cose toglievano di giorno in giorno il credito al teatro istrionico, senza impedirne la desolazione.
E qui fa un’analisi minuziosa e interessante dell’interpretazione, in cui la Carlotta si mostrò più che in altre artista di genio ; alla quale fa seguir quella della Mirra, che ne fu la creazione più maravigliosa, approdando alle stesse conclusioni, e terminando poi con queste parole : « la nostra Marchionni ha dei difetti : e chi non ne ha ? […] Giovanni Prati dettò il seguente sonetto : Visitando la tomba di sua madre Sì ; vidi anch'io quell’urna e quelle forme sculte nel marmo, e che tu piangi estinte : E volto a quella che là dentro dorme, e per aura miglior l’ali ha sospinte, sclamai : « Beata, che traesti l’orme da queste zolle in vanità dipinte, dove s’indraca un popolo difforme, che troppo ha l’alme nella creta avvinte. Beata ancor, che dietro te lasciasti una che piange in queste basse rive, come cosa mortai più non la tocchi.
Tra quelle eran da notarsi più specialmente la Serva amorosa, la Serva vendicativa, la Locandiera e altre del Goldoni : in queste, così in dialetto come in italiano, dotata di una rara spontaneità di eloquio, non solamente secondava mirabilmente le maschere e gli attori serj, ma spesso con una replica, con un monosillabo, con una occhiata, rubava loro l’applauso, dacchè Maddalena Gallina seppe di ogni piccolissima parte creare un tipo.
Si soleva dir nell’arte ch’egli possedeva lo scatolino delle voci : passava di continuo dalle note di basso profondissimo a quelle di soprano acuto, e da queste a quelle, talune proferendo col naso, altre con la gola, e tutte poi accompagnando con gesti inqualificabili, inguistificabili, ma, forse perchè spontanei e originali, ridicolissimi.
Toltosi dalla professione, correva le strade di Palermo chiedendo del suo fallo perdono con queste parole : Vi chiedo scusa del cattivo esempio che v' ho dato, e m’accuso d’essere stato un furfante ; ma più furfanti siete stati voi altri portandovi così vogliosi ad ascoltarmi.
Egli altro non faceva che cambiar la perrucca, avendola, a norma del personaggio che esprimeva, una nera, una bigia (e queste rotonde), e l’altra alla francese colla borsa appiccata. […] Si hanno di lui diciassette comedie, di cui la maggior parte rappresentate con successo : tra queste i tre gemelli veneziani.
Veggonsi queste in diversi libretti pubblicate colle stampe, e trovansi vendibili al negozio Cambiagi nella Stamperia Gran Ducale. […] 11 giugno 1778 Sien maritate, vedove o ragazze, cercan tutte scovar le altrui freddure, e van per le Botteghe e per le Piazze anche in Zendale a far triste figure ; son sì curiose queste donne pazze, che se l’ Uscio era pieno di fessure, purchè a ciascuna ne toccasse alcuno avrian pagati i Buchi un Zecchin l’uno.
A queste persone principali s’aggiungono un Famelico parasito e un Salvatico, e le maschere Bergamino, Pantalone, Graziano, che fan le maggiori buffonate del mondo ; poi figure allegoriche e soprannaturali : Eco, Tempo, Pazienza, Speranza, Aletto, Tisifone, Megera, Mercurio, Proteo, Giove, Plutone, Nettuno, che servono a empir di fantastico il quadro. […] Accetta un dono tale e queste membra.
Il signor De Bastide indirizzò all’Andolfati, mentre dirigeva il Cocomero, una lettera, nella quale si discutevan queste tre leggi per un direttor di teatro : « 1. […] Pietro, son queste del tuo ingegno l’opre. […] Essa prelude al suo articolo con queste parole : « il giovane attore che compose questa rappresentazione merita i nostri elogi e gl’ incoraggiamenti del Pubblico, il quale avvezzo ad applaudire a’ suoi non ordinarj talenti nell’ arte del declamare, potrà, s’ egli non si stanca d’ impiegarli eziandio nello scrivere, dovergli dei drammi, pei quali anche il Teatro italiano conti un autore fra’ suoi attori.