A’ più di loro non è mai caduto in pensiero quanto sarebbe prima di ogni altra cosa necessario che imparassero a ben pronunziare la propria lingua, a bene articolare, a farsi intendere e a non iscambiare, come è lor vezzo, un vocabolo con l’altro. […] Oltre il gesto, che è tutto proprio dell’attore, certe sospensioni, certe piccole pause, il calcar più in un luogo che in un altro già non si possono scrivere; dipendono in tutto anch’esse dalla intelligenza sua propria. […] [3.4] Lo sceneggiare che chiamasi muto è altresì una parte della recitazione, che dipende in tutto dalla propria intelligenza dell’attore; ed esso è, per l’illusione teatrale, tanto importante, quanto importa il non vedere una causa rimanersi inoperosa e senza effetto. […] Per cento rapsodisti di luoghi comuni, o d’infarcitori di ciò che meno conviene, ne riesce a gran fatica un solo che con la dottrina riunisca il gusto, con l’eleganza la naturalezza, e in cui la propria discrezione imbrigli la fantasia. […] [3.8] Instruiti che fossero i nostri virtuosi nella propria lingua, esercitati nell’azione, fondati nella musica, e sopra ogni cosa tenuti a freno da’ buoni maestri, che vieta il credere non rimettesse quella maniera di cantare che si sente nell’anima, non risorgessero i Sifaci, i Buzzoleni, i Cortona, la cui memoria non è già col suono della loro voce trapassata ed ispenta?
Passò poi a Venezia a far conoscere la propria abilità nel teatro Grimani a S.
Bartoli come valoroso brighella del secolo xviii, noto per una commedia di sua invenzione, intitolata : Arme e bagaglio, « in cui intorno alla sua propria persona aveva tutto il bisogno onde apprestare una mensa lautamente imbandita ».
Tornato in famiglia, sostenne per alcun tempo lo stesso ruolo nella Compagnia dei fratelli, passando poi primo attore assoluto, ora in una società formata col Pompili, ora in Compagnia propria.
Di costoro par che i Vicerè spagnuoli si servissero a fare scriver filippiche, avvisi e altro, a sostegno del Governo di Spagna e in difesa dell’opera propria.
Fu brillante, ma non brillò mai di luce propria.
Nubile ancora nel 1781 viveva « lietamente – dice il Bartoli – presso il suo genitore, e dirigendo più che con femminile ingegno i domestici affari della propria famiglia ».
Perduto ogni suo avere, indebitato sino alla punta de’capelli, dovè smettere ogni altra speculazione, passando dalla compagnia propria a società di maggiore o minor conto, in sino a che, vecchio omai, e senza più una via a guadagnarsi onoratamente il pane, ricoverato dal genero Giuseppe Guagni, morì a Firenze verso il 1850.
Fu celebre ne’teatri di Venezia ; passò a Dresda al servizio dell’Elettore ; ed ivi anch’oggi dimorando (1782), con generosa pensione va passando tranquillamente la propria vecchiezza.
Nel’75 diventò conduttore e direttore di una Compagnia propria, della quale fu anche il primo attore sino al’91.
Il Medoni fu il 1829 a fianco del gran Vestri, della Marchionni, del Boccomini, del Righetti nella Compagnia Reale Sarda ; ma condusse quasi sempre compagnia propria.
Per indagare a qual fine essa si adoperasse, gioverà qui recare ciò che leggesi nel trattato de Theatro del Bulengerob Ecco quello che riferisce coll’autorità dello Scoliaste di Aristofane. « I Villani oltraggiati da’ cittadini anticamente venivano di notte nel villaggio ove dimorava l’offensore e pubblicavano la propria ingiuria ed il di lui nome. […] Questa che alla prima satireggiava i personaggi viventi, come Cleone, Lamaco, Demostene, Nicia, Socrate, per farli riconoscere dall’uditorio, oltre al nominarli, ne imitava esattamente i volti e gli abbigliamenti, marcandoli, per così dire, con ferro rovente alla presenza di un popolo fiero e geloso della propria libertà. […] Per sicurezza adunque della propria vita sacrificarono la verità dell’imitazione, facendo dagli artefici formar le maschere capricciose e stravaganti per fuggire il pericolo che alcuna per disgrazia riescisse simile al volto di qualche principea.
Prima attrice il 1830 della propria Compagnia, diretta dal marito Pietro Vedova.
Trigueros osserva in questa favola le regole delle unità, si attiene scrupolosamente alla pratica moderna di non mai lasciar vota la scena, e si vale di una locuzione propria della mediocrità de’ personaggi imitati. […] Cresce nel IV il movimento pel festivo e lauto apparecchio delle nozze, e per la protezione che Basilio implora da Don Chisciotte, raccontandogli il vero della propria disperazione misto col finto soccorso del Mago e del presagio di lui, che dispone lo scioglimento condotto con verisimilitudine e con espressioni confacenti allo stato di Basilio ed al concertato disegno. […] Il poetastro attende l’esito di una commedia che ha data al teatro, e col prezzo di essa promessogli nel caso che la commedia piaccia al pubblico, e col fruttato dell’impressione, si lusinga di ammobigliare la casa per la sorella, pagare i debiti dello sposo, e sostentar la propria famiglia. […] La locuzione è propria e naturale, l’azione semplice condotta felicemente, lo scioglimento fa onore all’umanità.
Essa fu di bella presenza e di graziosa avvenenza fornita, quindi è che i pregi suoi naturali uniti ai meriti della propria virtù la resero piacevolissimo spettacolo sui teatri…. !!
Luca di Venezia, ove trovavasi sin dal 1735 prima in Compagnia Franceschini, poi in Compagnia propria.
Andò in Lisbona con sua madre Chiara, comica anch'essa, nella Compagnia di Onofrio Paganini, del quale sposò il figliuolo Francesco, restando sempre con lui, principale ornamento della propria compagnia.
II, pag. 239) alla novella gioventù « perchè collo studio e colle osservazioni trascurate dalla maggior parte dei loro predecessori, facciano rivivere e perpetuino sulla scena italiana il senno di Pianca Paganini, la dignità di Petronio Zanerini, le grazie comiche d’Asprucci, e la versatilità sorprendente di Demarini, la verità di Pertica, la pura dizione di Vestri, e rigettando la chimera delle tradizioni, recitino colla propria anima, e abbiano per norma i precetti dell’arte, e per modello la natura. » Lo troviamo gli anni comici 1795-96-97, brillante nella Compagnia del truffaldino Luigi Perelli, al fianco del famoso Zanerini, e dell’Angela Bruni : poi, l’anno 1797-98, in quella di Carlo Battaglia e compagni con Salvatore Fabbrichesi, e nel 1800-1801 in quella di Angelo Venier e compagni, in cui recita per la prima volta le parti di caratterista : è anche la prima volta che il giornale dei teatri di Venezia si occupa di lui
Tiranno in Compagnia Donati il 1820 colla moglie Teresa madre nobile, idem nella sua propria in società con Morelli.