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9. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

E perchè tale divenisse, convenne immaginarsi una nuova specie di poesia rappresentativa, la quale avesse certe e proprie leggi che la rendessero in varie cose differente dalla tragedia, dalla pastorale e dalla commedia. […] Al contrario io penso che la poesia e la musica sieno nate gemelle. […] La musica dunque fu sempre compagna della poesia. […] Da certi pensatori oltramontani in questo secolo chiamato filosofico si è tentato di annientar la poesia a forza di analizzarla e ridurla a un certo preteso vero che gli fa inviluppare in un continuo ragionar fallace. […] Non vi sarebbe altro rimedio che limitar la musica a i semplici concerti, e più non pensare a congiungerla colla poesia, seguendo i Greci, i Cinesi, i Latini, gl’ Italiani, in somma tutti i popoli culti o selvaggi.

10. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

Della qual disposizione dovuta forse più alle cause accidentali, che a positivo disegno di migliorar il melodramma approfittandosi i begl’ingegni d’Italia, ben presto porsero mano alla riforma della poesia. […] Il Capece lavorò alcuni dove si scorge poesia più fluida e musicale con ispeditezia d’intreccio. […] Il marchese Scipione Maffei nella Ninfa fida fece vedere che i talenti per la poesia tragica sono diversi dai talenti per la poesia musicale, imperocché niun crederebbe che l’autore di quella pastorale scritta senza interesse, senza dolcezza di stile e senza spirito teatrale fosse lo stesso che avea composto la bellissima Merope. […] [13] La scerta italiana non era per anco avvezza a sentir una poesia cotanto severa e robusta. […] [17] Insiem colla poesia ne ricevette anche particolari accrescimenti la prospettiva teatrale.

11. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LETTERA dell’autore all’editore. » pp. -

I veri filosofi, i veri letterati ben sanno la prestanza e l’utilità di un genere di poesia, onde si attende la pubblica educazione, siccome credo di aver dìmostrato nel discorso seguente premesso a questa mia storia. […] Sanno in oltre che la poesia rappresentativa suppone talento grande, cuor sensibile, e studio moltiplice, requisiti indispensabili al poeta teatrale che agogna al l’importante gloria di pubblico educatore. […] Roma stessa vantò un Lelio e uno Scipione Affricano come coadjutori di Terenzio, un Cornelio Silla dittatore, il gran Germanico, e Cajo Claudio imperadore scrittori di commedie; Giulio Cesare, Cesare Augusto, Tito Vespasiano, e Mecenate e Vario e Ovidio e Lucano e Stazio e Seneca che coltivarono la tragedia, e Orezio Flacco che si fe ammirare non meno come grande emulo di Pindaro, che come critico incomparabile di teatral poesia. […] Al risorgimento delle lettere, rinascendo il credito della teatral poesia, la coltivarono uomini gravissimi e decorati. […] L’Italia conta i cardinali Bibiena, Delfino, Pallavicini tra gli scrittori drammatici, e San Carlo Borromeo che di propria mano correggeva le rappresentazioni de’ commedianti; il nobile Bentivoglio, i tre grandi epici Trissino, Ariosto, Torquato Tasso, il bravo istorico e politico sommo Machiavelli, e Salviati e Secchi ed il patrizio veneto Antonio Conti, e il duca Annibale Marchese, e Scipione Maffei, e Bernardino Rota, ed Angelo di Costanzo, e il duca Gaetani di Sermoneta, e cento altri personaggi chiari per nascita e letteratura e per gradi, intenti a promuovere co’ loro lavori gli avanzamenti della teatral poesia.

12. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

E perchè tale divenisse, convenne immaginarsi una nuova specie di poesia rappresentativa, la quale avesse certe e proprie leggi che in varie cose la rendessero differente dalla tragedia e dalla commedia. […] Io per altro penso, che la poesia e la musica sieno nate gemelle. […] La musica dunque fu sempre compagna della poesia. […] Da certi pensatori oltramontani in questo secolo chiamato filosofico si è tentato di annientar la poesia a forza di analizzarla, e ridurla a un certo preteso vero che gli fa inviluppare in un continuo ragionar fallace. […] Non vi sarebbe altro rimedio che limitar la musica a i semplici concerti, e più non pensare a congiungerla colla poesia, seguendo i Greci, i Cinesi, i Latini, gl’Italiani, in somma tutti i popoli culti o selvaggi.

13. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO II. Spettacoli teatrali in Alemagna. » pp. 13-20

Anche Tommaso Naogeorgus nato in Straubinge nella Baviera l’anno 1511 e morto verso il 1578, il quale intendeva il greco ed avea tradotto varie opere di Plutarco, di Dione Crisostomo e del Sinesio, volle adoperare la scenica poesia per contese di religione. […] Aurelio Giorgi Bertòla non si prefisse di ripetere così da lungi i passi scenici degli Alemanni, quando nel discorso premesso alla traduzione degl’ Idilj di Gesner promise un Saggio Storico critico sulla poesia Alemanna, che dovea abbracciare il tempo scorso da Opitz sino a’ nostri giorni. Uscita poi la Storia Critica de’ Teatri nel 1777, in cui si parlava di poesia Alemanna e di teatro prima di Opitz, egli nel pubblicare l’anno 1779 l’Idea della poesia Alemanna, dilatando il suo piano prese a risalire dugento anni indietro. […] Anzi per essersi forse voluto circoscrivere alla sola poesia scritta nell’idioma tedesco, manca alla sua Idea quanto gli Alemanni scrissero in latino pel teatro, che io nella prima mia Storia registrai, e che ora con nuove giunte riproduco.

14. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

E la nostra musica non s’accompagna altresì colla poesia? […] A. ad asserire che noi ignoriamo la quantità sillabica nella poesia; che non sappiamo p. e. quale sia la sillaba più lunga della parola “spoglie”; che il maestro abbandona il valor della poesia per badare al valor delle note ecc. ma tutto questo è falso stante che il bravo compositore conosce benissimo la quantità e la qualità delle sillabe nella poesia sa che la parola “spoglie” è di due e non di tre sillabe, come ei la crede, e sa ancora adattar le note al valor della poesia[…] Fino i ragazzi che imparano i primi rudimenti della rettorica sanno che la nostra poesia non ha quantità sillabica, e che questa era propria soltanto dei versi greci e latini, e in generale dei versi appartenenti alla poesia chiamata metrica, i quali si regolavano col numero e varietà dei piedi, e colla lunghezza e brevità delle sillabe; all’opposto dei versi appartenenti alla poesia detta armonica come la nostra, i quali badano soltanto al numero delle sillabe e all’acutezza e gravità degli accenti. […] La musica può regnar sola, ma non vuole, e sanno benissimo i bravi maestri che dessa ha sempre più efficacia ed espressione quand’è unita alla poesia[…] [100] La questione non consiste nel decidere se abbiamo ora una buona poesia, od una buona musica, se per tali cose s’intende qualche pezzo di buona poesia e qualche pezzo di buona musica.

15. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

Confesso però ch’io debbo l’idea della mia opera, e i migliori mezzi onde sarà eseguita allo studio per me fatto della loro musica e in un della poesia loro. […] Allorché noi sappiamo indubitatamente che la musica loro era rigorosamente soggetta alla quantità, d’altro non abbiam d’uopo che di por niente al meccanismo della loro poesia per fissare insieme l’importante e vera forza di tal termine. […] Del resto, perché la poesia italiana è dotata d’un’arditezza maggiore, perché ha più di spirito e di brio che non la nostra, perché abbonda di tuoni più felici fa d’uopo perciò avvilire la poesia francese? […] Io fo qualche motto in appresso del mezzo principale, onde si valeva la poesia antica a compiere la sua imitazione. […] Tali altri fondano l’essenza della poesia nelll entusiasmo, ma (parliamo di buona fede) l’entusiasmo è egli mai il carattere esclusivo della poesia?

16. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Paralello della poesia e musica moderne con quelle dei Greci. […] La poesia non ebbe più quel perfetto combaciamento che aveva dianzi avuto colla musica, né questa colle affezioni dell’animo. […] Non così accadeva nella poesia musicale degli antichi, la quale era eguale alla nostra nel primo pregio, e superiore assai nel secondo. […] La qual cosa non osserva da noi, poiché ignorandosi nella nostra poesia la quantità sillabica, e badando per la formazione del verso al solo numero di esse sillabe, la misura musicale fa tutto da sé, e poche volte va d’accordo colla poesia. […] [NdA] Dissertazione sulla poesia degli Ebrei e dei Greci, c. 9.

17. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO III. Teatro Olandese: Danese: Suedese: Polacco. » pp. 253-256

Non solo egli invitò ne’ suoi dominj Schlegel e Klopstock ed altri chiari letterati, ma fondò un’ accademia per fomentar la poesia scenica tedesca, facendovi esaminare i drammi presentati e coronando i buoni approvati. […] Incoraggita da’ proprj sovrani la Suezia con più ardore si è nella nostra età dedicata alla poesia scenica, ed ha eretto in Stokolm da non molti anni un teatro non inferiore agli altri dell’Alemagna. […] La nazione allora gli diede il nome di padre della poesia suedese per la tragedia di Brunhilde soggetto ricavato dall’antica storia del settentrione73.

18. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

Abbandono quasi totale della poesia musicale. […] [4] Ecco appunto lo stato in cui presentemente si trova la poesia italiana. […] [5] Tra i generi però della poesia niuno v’ha più vilipeso e negletto che il dramma musicale. […] Di quello per la regola generale che la poesia non può fare una convenevol figura nel melodramma, ove preponderi qualcheduna delle sue compagne, cioè l’armonia o la decorazione. […] Il piano adottato dal Calsabigi sembra essere non di fare che la poesia somministri da se stessa i colpi di scena e le situazioni, ma di far che le situazioni e i colpi di scena si tirino dietro la poesia.

19. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO II. Teatro Olandese: Danese: Suedese: Polacco. » pp. 32-37

Egli non solo invitò ne’ suoi dominii Schlegel e Klopstock, ed altri chiari letterati, ma fondò un’ accademia per fomentar la poesia scenica tedesca, facendovi esaminare i drammi presentati, e coronando i buoni approvati. […] La Suezia incoraggita da’ proprii sovrani si è con più ardore nell’inoltrarsi il secolo XVIII dedicata alla poesia scenica, e circa il 1780 ha innalzato in Stokolm un teatro non inferiore agli altri d’Alemagna. […] La nazione allora gli diede il nome di padre della poesia suedese per la tragedia di Brunhilde soggetto ricavato dall’antica storia del settentrionea.

20. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo II. In quali cose si rassomigli ogni teatro. » pp. 8-13

Una catena d’idee, uniformi fece spuntar la poesia rappresentativa in tanti paesi che non comunicavano insieme; e ’l concorso di altre simili idee sopravvenute a moltissime società pur senza bisogno d’esempio, le condusse a produrre alcuni fatti comuni a tutti i teatri. […] Perciò s’incontra da per tutto la poesia coltivata prima della filososia, e l’esercizio di verseggiare anteriore allo scrivere in prosa. […] La poesia che dipinge, abbisogna d’immagini che rappresentano le cose, la cui storia dalla prima età si va imprimendo nella fantasia. […] Ed é questo il quarto fatto rimarchevole che troveremo avverato in tutti i teatri europei; e dall’analogia delle idee siamo portati a conchiudere, che troveremmo l’istesso parimente presto gli orientali e presso il peruviano, se gli storici e i viaggiatori, da’ quali soltanto possiamo instruirci della legislazione e poesia di tali regioni, si fossero avvisati di riguardarli nell’istesso punto di vista che qui presentiamo.

21. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

Ma gli ornamenti e le figure epiche e liriche, come niuno più ignora, riescono troppo impertinenti nella poesia tragica. […] Ingegno raro tutte in se raccolse le più rilevanti doti della poesia tragica, il tenero, il patetico, il terribile, il grande, il sublime. […] A ciò che chiamasi poesia fra’ Greci ed Italiani, trovasi ne’ drammi francesi sostituito certo parlar poetico particolare. […] I Greci che nella poesia ravvisarono l’amore per l’aspetto del piacer de’ sensi, non l’ammisero nella tragedia come non convenevole. […] Faceva versi ben torniti, ma non mostrò di esser nato per la poesia tragica.

22. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VIII. Vuoto della Storia Teatrale. » pp. 172-179

Si può chiamar vuoto della storia teatrale il lungo periodo interposto dalla corruzione della poesia drammatica fino alla perdita della lingua latina, avvenuta per l’incursione delle nazioni barbare nell’imperio romano. […] Ma non ostante il numero e la magnificenza de’ teatri, e le ricchezze e ’l favore degl’istrioni, noi cominciamo di qui a trovar il vuoto della storia teatrale, perché la poesia drammatica in tal periodo non acquistò veruno scrittore greco o latino che meritaste di passare a’ posteri. […] Certamente nel saggio della poesia araba del signor Casiri inserito nella Biblioteca Arabico-Ispana, da cui Nasarre si prometteva tali monumenti, si dice nettamente, che gli arabi non conobbero gli spettacoli teatrali112. […] Soggiugne poi, che i goti non permisero alla poesia drammatica di allignare in Ispagna; e conconchiude, che gli arabi (che non l’aveano) ve la portarono, adottando senza esame l’opinione di Nasarre, di cui abbiamo veduta la solidità. […] L’antichissima festa de’ tabernacoli, in cui gli ebrei divisi in Cori cantavano Inni al Creatore, tenendo in mano folti rami di palma, di cedro o di altro, conteneva alcuna parte di que’ semi che altrove diedero l’origine alla poesia drammatica; ma pur non si vede che tra gli ebrei la producessero.

23. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO II. Spettacoli teatrali in Alemagna. » pp. 77-87

Anche Tommaso Naogeorgus nato in Straubinge nella Baviera l’anno 1511 e morto verso il 1578, il quale intendeva il greco, ed avea tradotte varie opere di Plutarco, di Dione Crisostomo e del Sinesio, volle adoperare in contese di religione la scenica poesia. […] Aurelio Giorgi-Bertòla non si prefisse di ripetere così da lungi i passi scenici degli Alemanni, allorchè nel Discorso premesso alla tradizione degl’Idilii di Gesner promise un Saggio storico critico sul la poesia alemanna, il quale dovea abbracciare il tempo scorso da Opiz sino a’ nostri giorni . Ma dopo che nel 1777 uscì la Storia critica de’ Teatri antichi e moderni, in cui si parlava di poesia alemanna e di teatro prima di Opitz, s’avvide che poteva su i documenti che in essa si protersero, che poteva risalire un poco più. […] Anzi per essersi forse voluto circoscrivere alla sola poesia scritta nell’idioma tedesco (o perchè d’altro non ebbe contezza) manca alla sua Idea quanto gli Alemanni scrissero in latino pel teatro, ciò che io nella mia Storia teatrale in un volume non lasciai di registrare, e che indi nel produrla in sei volumi con nuove aggiunte riprodussi.

24. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

Stato della poesia volgare. […] La poesia e la lingua vi conservano i loro diritti; a differenza dell’odierna, ove le parole vengono così miseramente sformate. […] i quali sono un’aria perfetta non meno in musica che in poesia. […] Cotanta ignoranza si rende pressoché incredibile in uno de’ primi storici della italiana poesia. […] [NdA] Commentari alla volgar poesia, Volume 1, Libro 4, Capitolo 10.

25. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo III. La Poesia Drammatica nel Secolo XV fa maggiori progressi in Italia. In Francia cominciano i Misteri. » pp. 194-209

Sull’esempio del Muffato il patrizio veneto Gregorio Corraro, morto nel 1464, compose in versi, latini nell’età di soli 18 anni una tragedia intitolata Progne, alla quale fanno plauso con Lilio Gregorio Giraldi e Scipione Maffei tutti gl’intelligenti del latino linguaggio e della poesia drammatica. […] Ma intanto che la drammatica poesia fioriva in Italia nelle mani degli eruditi, si estinse totalmente nella Provenza, e cominciò in Parigi da’ misteri rozza ed informe. […] In Portogallo si coltivava nel declinar di questo secolo la poesia latina, e Luigi De la Cruz compose varie tragedie latine. […] In questo secolo ancora, e propriamente nel 1489 da Bergonzo Botta, gentiluomo tortonese, in data quella si magnifica festa nelle nozze d’Isabella d’Aragona, figlia di Alfonso duca di Calabria, con Giovanni Galeazzo duca di Milano, nella quale la poesia, la musica, la meccanica, e la danza spiegarono tutte le loro pompe. […] Affò corredata eziandio di belle osservazioni appartenenti alla storia della poesia drammatica, l’Orfeo che fu fatto magnificamente rappresentare in Mantova dal suddetto principe porporato, non solo vien purgato da tutte quelle macchie che lo tenevano deturpato nelle anteriori edizioni contraffatte e scomposte, ma é stato diligentemente assai più regolato nel dialogo ed in cinque atti diviso, quale uscì dalla penna del suo autore.

26. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108

La poesia di Aristofane é animata, vivace, fantasiosa e faceta, benché acre, maligna, licenziosa, e spessissime volte triviale. […] Niuna cosa prova più pienamente ciò che abbiamo di sopra ragionato ne’ fatti generali della scenica poesia, quanto questo novello rigore, che incatenò i poeti. […] Da principio la rappresentazione e la danza furono indivise dalla musica e dalla poesia. […] Rimase al coro il pensiero d’intrecciar parole cantando; e in questo la poesia, per accomodarsi al canto, era più lirica, e la rappresentazione, per servire al Ballo, era men naturale. […] Insigni ancora sono le sentenze da cotesto nuovo legislatore di poetica e pronunciate contro l’italica nazione in fatto di poesia.

27. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »

Lascio finalmente agli altri le liti circa l’introduzione della rima nella poesia moderna, quantunque molte cose potrebbono forse in mezzo recarsi contro alle opinioni più ricevute degli eruditi, e mi restringo ad esaminare soltanto i vantaggi che ha la lingua italiana per la musica: circostanza che più d’ogni altra cosa ha contribuito all’incremento di essa, ai progressi della poesia drammatica, e allo splendore di codesto leggiadrissimo ramo della italiana letteratura. […] [11] Sebbene non ogni evidenza di stile, non ogni numero che alla poesia si confà, sarebbe a proposito per la musica, come alcuni affermano innavertentemente. […] La lingua italiana ha dunque un discorso che facilmente divien poesia, ha poesia che s’avvicina alla natura del canto, ha finalmente il recitativo, che dalla declamazione poetica non molto si scosta: del che somministra una pruova il vedere, che i drammi dello Zeno, e del Metastasio sono ugualmente acconci per recitarsi che per cantarsi. […] Io lontano dall’acconsentire al suo parere porto anzi opinione che ciò sia un pregio grandissimo, e maggiore ancor lo sarebbe se la declamazione poetica potesse nel canto intieramente trasfondersi cosicché la poesia fosse dalla musica inseparabile, come avvenne alla lingua greca nel suo principio. […] [16] Un altro vantaggio della lingua italiana per l’oratoria, la musica e la poesia è la trasposizione, cioè quando il collocamento delle parole si fa non secondo l’ordine naturale delle idee, ma come più torna a proposito per la bellezza del periodo, e per il piacere dell’orecchio.

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