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12. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 122

Francesco Bartoli che lo vide, quando nel carnovale del 1764 recitava a Bologna con la Compagnia di Onofrio Paganini, ci dà il seguente ritratto dell’ uomo e della maschera : Era egli d’ una statura alquanto piccola, pingue oltre il dovere, con faccia rotonda di sembianze geniali, con un gran ventre, e due gambe grossissime, ma tutte eguali, a cui s’ appiccavano picciolissimi piedi. […] Parlava egli un grossolano linguaggio di Bologna, meschiandovi delle parole toscane di tempo in tempo, che davano grazia a' suoi ragionamenti. Era egli lepido nel suo discorso, accorto, e pronto nelle risposte, ed i lazzi suoi pantomimici dilettavano per la loro varietà e per essere fatti nella debita situazione del teatro, che da' Comici a tempo si appella. E venendo a parlar delle Torri, due commedie di sua particolare fatica e di sua invenzione, il Bartoli assicura aver egli toccato il sommo dell’ arte, in una scena specialmente, per la quale ci dice che bisognava vederla per giudicare s’ ella meritava ogni lode di chi sa intendere la forza di quell’ arte, che è tutta propria d’ un bravo Comico e che non è permesso alla penna d’ uno scrittore d’ estenderla al Tavolino in pari modo.

13. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 980-981

Nel gennaio del ’70 vediamo il Ganassa prender parte alle nozze di Lucrezia d’Este in Ferrara, come è detto in questo brano di lettera riferito dal Solerti : con le confetture vi comparve Zanni Ganassa, e con un cinto in mano assai piacevolmente rintuzzò e fece cagliare un certo Ernandicco Spagnuolo…… Si recò la prima volta a Parigi nel 1571 colla sua compagnia, secondo un documento del 15 settembre pubblicato dal Baschet, ma pare non vi recitasse, per un divieto del Parlamento, non ostante le Lettere Patenti del Re di cui egli era munito. […] Tornò a Parigi nel ’72, e prese parte egli e i suoi ai festeggiamenti pel matrimonio del Re di Navarra con Margherita di Valois, avvenuto il 18 agosto ; ed ebbe dal Tesoriere del Re la somme de soixante-quinze livres tournois en testons à xii sols par livre dont le dict seigneur lui a faict don tant à luy que à ses compagnons, en considération du plaisir quils ont donné à Sa Majesté durant le mariage etc. etc. […] II, pag. 37) : Io aggiungo al detto del Barbieri, che l’anno 1644 in Fiorenza intesi da un fiorentino, huomo di molto spirito e pratico della Spagna, ch’ egli circa l’anno 1610 stando in Siviglia, seppe da certi suoi amici, huomini vecchi e testimoni di vista, che Ganassa, comico italiano e molto faceto ne’detti, andò là con una compagnia di comici italiani, e cominciò a recitare all’ uso nostro ; e se bene egli, come anche ogni altro suo compagno, non era bene e perfettamente inteso, nondimeno con quel poco che s’intendeva, faceva ridere consolatamente la brigata ; onde guadagnò molto in quelle città, e dalla pratica sua impararono poi gli Spagnuoli a fare le commedie all’ uso hispano, che prima non facevano. […] Quanto al tipo ch’ egli rappresentava, esso non fu, credo, che una delle solite varianti dell’ Arlecchino. […] Muet, lieutenant du petit criminel — pubblicato dal Fournier il 1865 nelle sue Variétés historiques et littéraires, è detto in nota che il tipo del Guenesche fu creato in dispetto e a derisione degli Spagnuoli, di cui, come Pulcinella, egli esagerava il naso prominente e la mascella avanzata di Ganassa, che è appunto la parola mascella in ispagnuolo.

14. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 401-403

Ma il successo non essendo stato qual era da sperare, dopo non molte recite, egli fu ancora in Provincia, a Bordeaux, a Bruxelles, a Cambrai, donde restituitosi a Parigi, fu accolto nella Compagnia dei Nuovi Comici italiani. […] « Alto e ben fatto, – dice il Dizionario dei teatri, – egli aveva la voce un po' sorda, e sembrava patir gran pena, allorchè aveva da dire un brano un po' lungo. Fuori di ciò egli era attore egregio in ogni genere di parti, eccellente in quelle di ubbriaco e di svizzero. […] Buon Arlecchino e capocomico mediocre, fu molti anni colla moglie e il cognato Filippo Nicolini nella Compagnia di Nicola Petrioli, fuggito il quale egli ne prese le redini per alcun tempo. Ma pare che questa nel 1776 si sciogliesse avanti la fine dell’anno, ed egli si scritturasse assieme alla famiglia con Alessandro Gnochis pel carnovale di quell’anno a Genova, dove morì ai primi di gennajo.

15. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 718-721

Perchè…. egli è piccolo, molto piccolo, inverosimilmente piccolo, tanto che la sua statura fu nell’inizio della sua vita artistica un grande ostacolo a farlo entrare in una Compagnia rispettabile come quella di Moro-Lin, che fu la sua prima e grande e ben giustificata aspirazione. […] Restò con Moro-Lin fino a che (giugno dell’ '83) per la morte della celebrata attrice Marianna Moro-Lin, la Compagnia si sciolse, e ne formò subito una egli stesso in società con Borisi diretta da Giacinto Gallina, e amministrata dal fratello Enrico, della quale eran bell’ornamento, oltre che Zago e Borisi, la Zanon-Paladini, la Fabbri-Gallina, la Foscari ; e la quale esordì con clamoroso successo il 2 settembre a Feltre, e andò trionfalmente fino al febbrajo dell’ '87 ; in cui, nella sera di congedo, dopo gran numero di chiamate alla Compagnia, egli dovette andar solo a ricever le acclamazioni della folla al colmo dell’entusiasmo. […] « L'avvenire del teatro veneziano – egli disse una sera dell’ottobre '98 al Rossini di Venezia in una intervista con Renato Simoni – sarebbe splendido, ove, tolti di mezzo gli ostacoli, non creati da me, che dividono la nostra Compagnia da quella di Gallina, ci trovassimo uniti tra i migliori : Gallina, Benini, Privato, la Zanon, io, e i più buoni elementi delle due Compagnie. […] Chi vorrebbe adoperar la brutta parola per I Recini da festa, La Casa nova, Sior Todero brontolon, I Rusteghi, Oci del cor, e quel Fator galantomo, in cui egli, incredibile dictu, muore in iscena, e commuove il pubblico, tanto da sclamar la prima sera a Trieste (gennajo '96) a recita finita : « In malorsega che li go fati pianzer ? […] Emilio Zago, che ha in sè tutta la spigliatezza arguta, tutta la bonarietà del suo popolo veneziano, è forse il più atto a sentire e a riprodurre l’opera di Carlo Goldoni fatta dallo stesso vero ; e al teatro di Goldoni infatti egli volge oggi ogni pensiero, ogni studio, ogni aspirazione.

16. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »

Bartoli lo dice un eccellente comico, e aggiunge ch' egli aveva una presenza veramente marziale, e che i suoi discorsi erano tutti sostenuti da frasi alte ed ampollose, dimostranti un coraggio d’invincibile guerriero. […] D'Origny, De Boulmiers, etc.), concordano in questo : ch' egli corruppe con cento pistole l’ incaricato di Luigi Riccoboni di trovare a Napoli un buono Scaramuccia ; ch'egli era usciere del Vicariato di Napoli, e che, recatosi a Parigi, nè piacque, nè dispiacque. Amante delle grandezze e dedito alle dissipazioni, egli mise carrozza, ed ebbe ognor tavola imbandita.

17. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 280-281

Trovandosi il '55 nella Compagnia di Astolfi, morto questi di colera a Pistoia, ne assunse egli la condotta e la direzione, fortunatissimo sempre come capocomico, l’ idolo del pubblico e delle imprese come attore. […] Grazioso, pieno di anima e di vita, eloquente e alquanto istruito (il suggeritore non esisteva per lui), riempieva egli solo tutta la scena. Dire delle commedie ov' egli maggiormente eccelse non è possibile, poichè in tutte egli fu eccellente. […] A detta de' contemporanei nessuno toccò nel Colombi la perfezione di lui, e quanto al Goldoni egli scriveva a Francesco Righetti il 18 agosto' 54 da Venezia : Qui la mia Compagnia piace immensamente, qualunque altra in vece della mia non farebbe le spese serali, tanti sono i passatempi gratis, che offre in questo mese Venezia ; pure ò 116 abbonati e nove palchi a stagione.

18. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 657-659

Il padre lo aveva destinato all’avvocatura, sebbene egli inclinasse più alla medicina : ma ossequente all’autorità paterna, era già per recarsi all’Università di Firenze, quando quegli morì. […] Bello della persona, di fisonomia espressiva, di conversare piacevolissimo, di coltura non comune, di mente svegliata, egli andò perdendo a gradi ogni conoscenza : e in volger di pochi anni, ridotto dal male al completo ebetismo, cessò di vivere in Torino il 1862. […] Un giorno egli stesso confessò che si sentiva quasi un vuoto nel cervello e non gli riusciva d’imparare una parte nuova. » La testa di Gaetano Vestri era enorme. […] A proposito della testa smisurata di Vestri, lo stesso Mazzocca racconta che egli « si divertiva talvolta a entrare in un negozio di cappelli, e provarne un gran numero, senza mai trovare quello che facesse al caso suo. » Pochi particolari si hanno del valor suo artistico, ma per comune consentimento egli fu ritenuto come quello de'figli che più si accostasse all’arte prodigiosa e spontanea del padre.

19. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 186-194

Tagli, aggiunte, riduzioni, scene d’una tal commedia incastrate in tal altra, soppressioni o creazioni di personaggi…. tutto egli si permette…. […] In quella compagnia disciplinata, egli, se bene spirito indipendente, sapeva essere disciplinato, perchè la disciplina era fatta tutta d’amore. […] Un aneddoto : egli si seccava mortalmente a recitar nelle farse. […] Quando la poca o niuna responsabilità della parola gli lasciava una piena libertà di azione, egli soleva allora dedicare al suo personaggio insignificante, un minuzioso studio di trasformazione e di ingrandimento. […] I più continueranno a dare al Novelli il loro aiuto morale e materiale ; e dagli esempi di pertinacia ch'egli ci ha dato più volte, si può concludere che egli dal modesto principio saprà pervenire a una magnifica fine.

20. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 732-736

Forse egli, buono, sarebbe rimasto col cognato sino alla morte ; ma l’umor bestiale di lui, fattosi ancor più intrattabile pel ridicolo sopravvenir di una senile passione amorosa, lo spinsero a partirsene per congiungersi coi figli : lo vediam poi più tardi con la Battaglia insieme a Giacomo Modena. […] Colla lettura di molti libri Francesi e Spagnoli, non che Italiani [bello quel non che], ha saputo egli trovare una fonte di gustosi concetti, di massime dilettevoli ed istruttive, di sentenze dall’universale approvate, e d’apologhi semi-Esopiani argutissimi e faceti. Ne'Contratti rotti, negl’Influssi di Saturno, nella Vedova Indiana, ed in altre commedie dell’arte, dove egli abbia un assoluto maneggio vedesi pure il Zannoni porre in opera tutto il suo ingegno, ed infaticabilmente adoprarsi con lode nell’esecuzione dello studiato suo personaggio…. ecc. […] Naturalmente i giudizi su di un attore van dati in considerazione dei tempi in cui egli fiorì ; chè se s’avesse a giudicar lo Zannoni col criterio che s’ha oggi dell’arte, tutti quei lardellamenti storico-scientifico-filosofici cel mostrerebbero artista enormemente peso. […] Agnelli, la data di rappresentazione del Codice Faustini ne è erronea ; avendo egli rilevato dal Diario Riminaldi che la Compagnia di San Samuele tenne un corso di quaranta recite tra il 22 e il 6 giugno 1747.

21. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 584-585

Allora egli si volgeva alla platea coll’occhio vitreo, col viso allampanato ; restava lì un istante a guardar la folla stupefatta, poi volgeva le spalle e riprendeva serenamente la scena interrotta. Si racconta che al famoso monologo dell’Amleto, egli, una volta, proferito il primo essere…. […] Ed egli placidamente : Mo aspetta ! […] Ma quando la febbre dell’arte lo coglieva, quando la sua mente era intera nel personaggio che egli rappresentava, quando si mostrava al pubblico sicuro di sè, padrone assoluto della sua voce, del suo gesto, della sua concezione, quale artista !

22. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 678

Non si sa quando egli esordisse veramente a la Comedia italiana, in cui assunse come suo padre e suo nonno il nome di Thomassin. Si sa ch' egli recitò il caratterista a vicenda col Larouette, e talvolta l’arlecchino, specie l’ '84, nei Due gemelli bergamaschi di Florian, in cui apparve l’ultima volta il celebre Carlino (V. […] Il Campardon reca una citazione di lui contro certo Fontaine che gli aveva rapita la moglie appena diciannovenne (gennajo 1776), mentre egli era a recitare a Versailles.

23. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 36-38

Poco dopo, di attore egli si era, come il Cammarano e lo Schiano, mutato in autore. […] Traeva le sue commedie dalla cronaca giornaliera, attorno alla quale egli ricamava favole intricatissime, chiassone, quasi direi acrobatiche, a cui faceva il pubblico le più matte risate. […] A lui non importava de’ posteri : egli voleva campare onoratamente la sua numerosa famiglia, e togliere momentaneamente il suo pubblico dalla musoneria ; e vi riuscì compiutamente. Come attore, invece, egli avrebbe diritto ad uno studio accurato che ne rivelasse le alte doti. […] » Ma notevole è la schietta semplicità del monologo con cui egli apre la Moschetta, e in cui si lamenta con sè stesso, per essersi innamorato come mai non avrebbe dovuto della comare : « Putana mo del viver, mo a son pur desgratiò, a crego ch’a foesse inzenderò, quando Satanasso se pettenava la coa : a dir ch’ a n’ habbi me arposo, ne quieto, pi tromento, pi rabiore, pi rosegore, pi cancari, c’haesse me Christian del roesso mondo ; mo l’è pur an vera, Menato, cancar’ è ch’ a l’ è vera, ma a dire an la verité, a no m’ he gnian da lumentare lome de mè, perquè a no me diea mè inamorare in tuna mia comare con hè fatto, ne cercar de far becco un me compare : che maletto sea l’amore, e chi l’ ha impolò, e so pare, e so mare, e la puttana on l’ è vegnù ancuò.

24. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 432-435

Pare che egli recitasse, ancor giovinetto, nella Compagnia del celebre Tabarrini a Vienna, quando per invito di Luigi XIV, con lettera del 5 luglio 1661 al Duca di Parma, fu mandato a Parigi. […] Non mi fu dato rintracciare il titolo della commedia colla quale egli esordì : si sa solo che il primo Zanni della compagnia era Locatelli (Trivelino), e il secondo Biancolelli ; che, recitando con istraordinaria verità, finì col vincerla sulla recitazione raffinata, ma un po’manierata di Trivelino ; morto il quale, nel 1671, egli ne prese il posto, conservando la maschera di arlecchino, e diventando in breve l’idolo del pubblico. […] Ma sciagura volle che, abbandonata la scena sudatissimo, egli prese tal raffreddore che, mutatosi di punto in bianco in polmonite, lo condusse in capo a pochi giorni al sepolcro : e ciò fu il 2 agosto 1688. […] Molte commedie egli scrisse pe’l teatro francese, e solo, e in società col Du Fresny. […] Se egli avesse molta istruzione non è affermato : almeno il suo Scenario (V.

25. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Milano, 1°Aprile 1803. » pp. 318-327

Pensò bene di mutar nome, e per conservare le iniziali ch’ egli aveva sulla biancheria, si fece chiamare Pellegrino Blanes. […] Venuto il Cardinal Ruffo in Napoli, egli fu in que’ moti politici arrestato, e dovè esulare in Francia, d’onde poi ritornato, si rimise a calcar le scene con successo rapido e prodigioso. […] È certo che alle tasche del Belli facevano capo e madre e fratelli e figli di fratelli, alla cui educazione egli attendeva severamente. […] Passò con lui sedici anni, i migliori, non è a negarsi, della sua carriera artistica ; ed altri ancora forse avrebbe passati, se futili motivi ch’ egli oggi riconosce e rimpiange non lo avesser separato da lui che gli fu maestro, amico e padre. […] Ripensando il tempo della maggior gloria di Bellotti-Bon, che fu quello in cui egli aveva un’unica, e quale !

26. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 21-36

Studiando egli la natura mancò di giudizio nell’ imitarne ciò che nelle società si riprenderebbe. […] Esigeva la sua favola de’ Romani e de’ re, ed egli non vide che gli uomini. […] Martino), diviene freddo e snervato; imperciocchè allora solo egli è grande quando si contiene nella natura . . . . […] De Voltaire il più degno di giudicarne: “Shakespear (egli disse) non ha presso gl’ Inglesi altro titolo che quel di divino. […] E pure egli stesso riprende coloro che comparano Racine e Shakespear, perchè il primo (ei dice) ha fatte tragedie, e l’altro soltanto composizioni drammatiche.

27. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 420-431

Da dodici anni egli vive a Zante, mantenuto da'suoi figli, alimentato dalla speranza di venire a morir nella terra, che lo vide nascere. […] Certo egli credette che l’arte dovesse molto a lui, non ch'egli dovesse molto all’arte…. Di tal guisa egli si mostrò nella vita un po' sempre personaggio di commedia, e nelle sue grandi interpretazioni un po'sempre Ernesto Rossi. […] Il padre voleva farne un avvocato, ma egli, che già da bimbo aveva mostrato un amor grande al teatro, a una recita dell’Oreste di V. […] Invece egli la profondità dell’analisi a tavolino, teorica, sposò con una siffatta grandezza pratica di commediante, da riuscire artista gigantesco nel vero senso della parola.

28. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 705-716

E la duttilità dell’ingegno egli ha mostrato fino a qui, e mostrerà pur sempre, passando maestrevolmente dalla vasta tragedia shakspeariana alla inguantata commedia di Dumas figlio ; dal fosco dramma nordico dell’Ibsen, dello Strindberg, del Hauptmann alla saltellante comicità del Goldoni ; dall’aurea scoltura della terzina dantesca alle mute contrazioni spasmodiche di Al Telefono ; imperocchè non una parte lo alletti più di un’altra ; e, purchè l’opera sia elevata e umana, egli abbia provato e provi egual godimento intellettuale recitando la tragedia o la commedia : Shakspeare o Beaumarchais. […] O si dovrebbe attribuir forse al fatto che, quanto maggiormente egli si dà con l’andar degli anni e il crescer della rinomanza alla disanima profonda di un personaggio, tanto meno egli pensa al modo di esprimerla col cesello della parola ? […] Di quel famoso monologo, per un esempio, di Lorenzaccio, in cui egli medita e determina e assapora con voluttà bestiale l’uccisione di Alessandro ! […] Anzi : ammiratore convinto dell’intelligenza grandissima e del genio dell’Emanuel, spesse volte egli avrà dovuto dissentire da lui, metodico per eccellenza, sui diversi modi di estrinsecazione. […] Come avrebbe potuto, egli, così ricco d’intuito artistico, riproduttor della vita sulla scena fin da giovinetto, staccarsi per sentimento d’imitazione da quella sua espressione d’arte, che amava profondamente, perchè espressione del suo cuore e del suo pensiero ?

29. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 547-549

Si laureò in farmacia, e continuò gli studj per uscirne dottore, quando nel '42 (egli aveva già mostrato chiare attitudini alla scena, recitando coi filodrammatici nel dramma e nella tragedia), invitato da un tal Pietrucci (forse il caratterista Petrucci (V.) ?) […] E l’audacia del giovine ebbe tal riuscita, ch' egli risolse di abbandonar la medicina per darsi intero all’arte ; ma parenti ed amici lo distolsero dal proposito, e lo costrinsero ad accettare invece un posto di farmacista nell’ospedal militare di Alessandria d’Egitto. […] Il ' 56 diventò capocomico egli stesso, e continuò a esserlo fino alla fine della sua vita artistica che si chiuse il '69 ; anno in cui si recò definitivamente a Firenze (vi si era già recato nel '64 col fermo proposito di lasciar l’ arte, alla quale tornò poco di poi, sollecitato da Riccardo Castelvecchio ad assumere la direzione della sua Compagnia Dante Alighieri), affine – dice un suo biografo, Cesare Calvi – « di proseguire alcuni studj sull’arte e sul teatro che durante il suo artistico peregrinaggio non poteva condurre a fine, » ma in realtà – dice un annotatore – per darsi a non so che lucroso commercio. […] Gli vietavano i confini del Regno Lombardo-Veneto il coraggio civile e la bella fiamma d’affetto ed intelligenza con cui egli alzava la sua voce a far più bello il grido della libertà e della indipendenza nazionali che usciva dai nostri Poeti, e che il di 8 dello scorso febbrajo metteva all’ ordine del giorno. In quella sera egli declamò I due sogni di Matilde del Berchet e del Damasio, La battaglia di Legnano e La pace di Costanza di Berchet ; L'ultimo cantico lirico di Gabriele Rossetti.

30. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 130-141

La robustezza del suo petto era tale, ch'egli potè a sessantacinque anni replicar più sere il Saul e l’Aristodemo ; quel Saul, nel quale egli fu sommo, e pel quale vuol la leggenda di palcoscenico ch'egli si mostrasse geloso del figlio Gustavo. […] Nei sette anni di esilio di Gustavo, egli, con sacrifici di ogni maniera, privandosi quasi del pane per sè e i suoi, gli fu largo di soccorsi in Francia e in Isvizzera, sopportando sempre con rassegnazione i molti dolori che per tristizia di tempi ebbe a patire nel corso non breve della sua vita. […] Firenze, Bemporad, 1900) – a cui l’enfasi dello stile guerrazzeggiante non scema vigore e non toglie efficacia. » Dell’ Insegnamento popolare egli riferisce il sunto che ne fece il Lami al Presidente del Buon Governo e ch'egli dice fedele ; e quella parte del dialogo riguardante il Canosa, a proposito della quale egli sarebbe incline a credere che lo spiedo immaginato dal Modena generasse la Ghigliottina descritta dal Giusti (Ivi, 112, 113). […] Nè minore entusiasmo egli suscitava in assurdità incredibili come quella famosa del pugnale infisso con gran violenza sul piano della tavola, che…. doveva essere di marmo. […] Ma sta in fatto che l’uno e l’altro scopo non ottenner dalla cattedra tutti insieme gli eruditi espositori, com’ egli dalla scena al popolo infiammato.

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