In fatti : non solamente egli ne compose (sono in tutti sessantatrè, due dei quali soltanto in versi : della primavera e della impietà) per comici di professione, ma anche per dilettanti. […] In quella del prologo ventunesimo (della Gloria), dice : Oggi coronerò di qncsta corona di lauro, di fiche, e di rose quest’ Accademia, la quale s’ ha proposto recitarvi una graziosa, piacevole e sentenziosa comedia : li dono le rose per la fatica pigliata ; li porgo le fiche per il compito travaglio, e al fine gli ornarò il capo di lauro, perchè l’ avranno recitata.
In brevissimo tempo il giovane e già forte artista passò dal repertorio regolare di compagnia, alle parti del grande repertorio, allettato, nel costante favore del pubblico, da speciali interpretazioni di Amleto e di Otello. […] In alcune parti, per la prestanza fisica, non ha rivali.
In mezzo ai cantici del coro e alle danze giulive esce Cassandra, verace sempre e non creduta mai, la quale profetizza come quel giorno è l’ultimo giorno di Troia, e consiglia di gittare in fondo del mare il cavallo: … timeo Danaos et dona ferentes. […] In vano si oppone Enea al dovere introdursi il cavallo dentro a Troia: l’arte di Sinone vince finalmente coloro, Quos neque Tydides, nec Larissaeus Achilles Non anni domuere decem, non mille carinae. […] In questa si ode un rumor grandissimo della torre che rovina.
In breve : non piaceva.
In un discorso dell’Arte Comica, dato in luce nel 1750 da un certo Dottore, medico di professione, fu chiamato un altro Roscio de’ nostri tempi.
In una delle quali fu conosciuta e sposata dal Fabbrichesi, con cui stette sino alla morte di lui, preclara madre nobile, e ottima caratteristica.
In una lettera al Duca di Modena da Parma in data 4 giugno 1655, si accenna al Milanta, richiesto per la Compagnia di Parigi, e dal Principe Alessandro negato.
In tale stato potevano essi conoscere altri spettacoli scenici, che quelle prime rozze e informi rappresentazioni chiamate sacre, in cui si accoppiava la farsa e la religione? In effetto non ne hanno avute altre sino al presente secolo, e si rappresentavano ne’ monisteri in occasione di qualche festa concorrendovi talvolta il sovrano coi grandi della corte.
In una nota del Giornale drammatico di G.
In questa, una delle sue ultime e più belle interpretazioni fu della protagonista in Odetta di Sardou, che replicò acclamatissima per più sere al Teatro Alfieri di Torino.
In fine di un cenno necrologico, dettato dal collega Giovan Maria Borghi (V.), è la seguente nota manoscritta del figliuolo Angelo : È qui dimenticato il più bell’ elogio di mio padre come uomo. — Iddio, a cui ricorse in pensiero senz’ira, gli concesse alcune ore di mente serena, prima della sua agonia. […] In una celletta presso Marradi fu alzato un monumento a perenne sua memoria, con una lunga iscrizione latina, dettata da L. […] In qualunque modo però la rivoltiate, sarà sempre una cattiva commedia, che passerà una sera, se fatta bene, e senza una prima donna in grazia andrà a fischi.
In tutta la scena di Menelao e di Teucro trovo soltanto che quegli riprende nell’altro la soverchia baldanza, e questi di rimbalzo lo taccia di stoltezza; or dove sono gli obbrobrii esagerati? […] Tal da li corpi un sopra l’altro estinti In largo e folto stuolo, Più che il foco leggere Fuggon l’alme di Stige ai tristi liti. […] In fatti Aristotile stesso nel luogo citato dice che Eschilo fu il primo a far riconoscere il rappresentatore delle prime parti. […] In tradurre questo passo ho soltanto posposta l’apostrofe Ω φως, che nel l’originale va innanzi al l’epilogo de i delitti o errori di Edipo. […] In detestabil nodo Con chi men lice il talamo io divisit Chi men dovea io scellerato uscisi.?
In quella prima rappresentazione, Giuseppe Colombo, sotto nome di Pasquino, supplì il buffo Biscegliese, che per l’esigenze del pubblico e dell’impresario era già troppo vecchio.
In arte non recitò che un anno, dopo il quale, benchè favorevolmente accolta, si restituì a Roma, abbandonata dal marito, dove continuò a recitare in Società private, alternando le sceniche rappresentazioni con declamazioni dantesche a cui dedicò studi speciali, e dov'è anche oggi, maestra di recitazione.
In fatti in questo ruolo esordì il '47 colla Fusarini, passando poi socio con Lottini il '48 e '49, a fianco della Nardi prima attrice e della Cazzola amorosa, con cui si trovò, sciolta la società, nella Compagnia di Antonio Giardini. […] , 164), come contrapposto alle tante accuse : « In questo lasso di tempo furono aggregati alla mia Compagnia la signora Santoni, la signora Baracani e Papadopoli, da tutti proclamato irrequieto, stravagante di carattere, sregolato negli interessi, e da me rinvenuto buono, compiacente, e persino economo e parco nel cibo, che è tutto dire…. »
In data del 14 marzo 1580, il Duca di Mantova eleggeva il giocondo Angeloni, superiore ai comici mercenari, ciarlatani, ecc., in tutti i suoi Stati, decretando che nessuno di essi potesse nè recitare comedie o cantare in banco, ecc. ecc., senza sua licenza in iscritto.
In pieno il pubblico si mostrò di lui appagato, e donò alla sua buona volontà ed indefessa applicazione quei difetti, in cui cade per colpa in parte di una pronuncia non troppo invidiabile e di un limitato talento ».
In fatti in che consistono i Drammi Calderonici? […] In queste che cosa avrebbe potuto imitare il nostro Poeta? […] In questi non trovansi quei tratti patetici da voi accennati? […] In oltre questo Filosofo mascherato comincia il suo discorso dal mostrare, che la semplicità amata da’ Greci, da’ Francesi, e da’ buoni Italiani, non si amò dalla Nazione Spagnuola, che si fondò nel viluppo romanzesco.
In una Nota alle pag. 171 e 172 parlando de’ musici castrati abbiamo detto che in Madrid vi è un collegio di castratini educati espressamente per cantare nella Real Cappella le divine laudi, la qual cosa è verissima.