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147. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO I. Stato della poesia scenica in Francia. » pp. 3-12

Gli attori furono varie persone di buon nome e di talento, e tra esse, oltre al medesimo Jodelle, due altri poeti, cioè Remigio Belleau, e il nominato Giovanni De la Peruse; che anche compose una Medea di assai infelice riuscita. […] E’ costui un Abate che unisce in matrimonio certo Guglielmo di picciola levatura ad una giovane da lui stesso amata cui dà il nome di sua cugina, e finalmente gli scopre il secreto: J’aime ta femme, & avec elle Je me couche le plus souvent; Or je veux que doresnavant J’y puisse sans souci coucher; alla qual cosa il buon Guglielmo risponde: Je ne vous y veux empecher.

148. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

I lettori che amano di farne i confronti tanto giovevoli agli avanzamenti del gusto mi sapranno forse buon grado ch’io esibisca loro un qualche saggio dello stile di questo poeta pressoché sconosciuto in Italia. […] Le pitture nobili, le forti passioni, i caratteri grandi tratti dalla storia greca e romana, (quasi le due sole nazioni che somministrino argomenti al teatro, perché esse quasi le sole furono ove si conoscessero quelle virtù che possono riceversi dalla legislazione, e dalla filosofia) si sostituirono sulle scene all’abbominio del buon gusto, che dominava per tutto. […] Restò bensì sbandita, siccome era da prima, l’unità della scena; unità la quale allorché divien rigorosa ritarda i progressi dell’arte invece di accelerarli93; ma la licenza che indi ne risultava fu limitata dal buon senso prescrivendo al luogo le stesse leggi che al tempo, e misurando la successione per la permanenza: vale a dire, che siccome alla durata dell’azione si permettono ventiquattr’ ore, così permettonsi al luogo que’ cangiamenti che possono naturalmente avvenire camminando una giornata intiera. […] Lo stile dei drammi di Jacopo Martelli bolognese è vago, ricercato e fiorito, ma l’autore disegna bastevolmente i caratteri e lavora qualche aria di buon gusto.

149. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Tramezzi. » pp. 68-88

Questa commedia è nel buon genere tenero ed insinua l’avversione alle nozze disuguali di una fanciulla di quindici a venti anni con un vecchio che ne ha scorsi più di settanta. […] Discostandosi questa favola dalla precedente nella sola specie ne conserva i pregi generali della buona versificazione, del buon dialogo, della regolarità, della grazia e del giudizio. […] Eugenio, che egli non ignora sin dall’atto I: che in una favola che l’autore vuol far cominciare di buon mattino e terminar prima di mezzodì, non pare che possano successivamente accadere tante cose, cioè diverse conversazioni riposatamente, consigli, trame, deliberazioni, una scena di ricamare in campagna, un giuoco di tresillo, indi un altro di ventuna, ballo, merenda, accuse contro D. […] Per natura egli ha lo stile dimesso ed umile assai accomodato a ritrarre, come ha fatto, il popolaccio di Lavapies o de las Maravillas, i mulattieri, i furfanti usciti da’ presidj, i cocchieri ubbriachi e simile gentame che talvolta fa ridere e spesse volte stomacare, e che La Bruyere voleva che si escludesse da un buon teatro.

150. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 448

La commedia ebbe ottimo successo e il Goldoni dice del Bigottini ch’era buon attore, ma sorprendente per le metamorfosi e per le trasformazioni.

151. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 84-85

Il padre di lei, Antonio, oriundo romano, buon attore, formò una discreta compagnia, che dopo brevi tentativi, si scioglieva : e recatosi a Torino colla famiglia, prestò l’opera sua a quella Società Filodrammatica ; ma rottosi l’accordo, quei bersagliati si trovarono ancora in balia della ventura.

152. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 504-506

Attrice tragica di assai buon nome, nacque il 1808 in Livorno da agiata famiglia, e precisamente in quel quartiere detto Crimea, oggi Via.

153. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 646-656

Ma si venne al 1799, e al Vestri toccò la sorte di tanti giovani, forse, nella fiamma di amor della patria, un po' troppo audaci : di essere cioè insultato e percosso dalla popolaglia, e chiuso nelle carceri del Bargello, dalle quali uscito dopo breve tempo, nauseato di siffatte inique persecuzioni, abbandonò Firenze e la Toscana, senza sapere ove il suo buon genio lo guidasse. […] Passò il 1806 in Compagnia del caratterista Andrea Bianchi, della quale era primo attore il gran De Marini, che, udito il giovine artista, e capite subito le sue chiare attitudini alla scena, lo consigliò ad assumer le parti del capocomico, il quale annuì di buon grado a esser da lui sostituito, facendolo esordire il carnovale del 1807 al San Benedetto di Venezia, dove il Vestri, nel nuovo ruolo si acquistò la stima e la benevolenza ë l’amore di ogni classe di pubblico. […] Un assai buon attore : un po' manierato, ma eccellente nell’alta commedia, come nel sentimentale patetico.

154. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo I. Teatro Italiano nel Secolo XVII. » pp. 268-275

Bastava agl’impresari di provvedersi di un buon macchinista, di castroni e di cantatrici dotate di voci delicate, e di un maestro di cappella rinomato. […] Durar non poteva in verun conto simile stato di violenza per l’indole Italiana; e in fatti la disapprovazione de’ savi, e l’allontanamento della gente ben nata dal teatro, riconduce gli spettacoli pel buon sentiero, e cagionò la felice rivoluzione del secolo susseguente.

155. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO III. Teatro Inglese. » pp. 143-156

Crebbe il male in guisa che si vide con orrore un buon re sentenziato da’ rei vassalli passar dal trono al palco, e lo stato che soffrir non volle nel re legittimo una soverchia autorità, si trovò effettivamente schiavo sotto gli speciosi nomi di repubblica e di protezione. […] Per la qual cosa non ebbe torto il signor di Voltaire in asserire, che questa singolare e troppo ardita commedia tratta dalla Scuola delle Donne di Moliere, se volete non è scuola di buoni costumi, ma sì bene di spirito e di buon comico.

156. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VI. Tragedia Cittadina e Commedia Lagrimante. » pp. 134-143

Dalla tragedia cittadina, la quale, ove si preservi da colori comici e si contenti di cedere i primi onori al sublime continuato della tragedia grande, potrebbe tollerarsi anche in un teatro di buon gusto, si discende ad un dramma senza contrasto riprensibile, cioè ad una commedia lagrimante, nella quale s’imbratta con pennellate ridicole un quadro tragico. […] Egli non sa far altro che piangere a tutte le ore, e filosofar cicalando mentre è tempo di operare: non manca nè di buon cuore nè di tenerezza pe’ figli, ma di prudenza e di attività nelle circostanze scabrose: è ricco ed indipendente, e pure si contenta di rappresentare in sua casa il secondo personaggio dopo del Commendatore suo fratello, che colle sue maniere e stravaganze mette tutto in iscompiglio.

157. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 543-547

Luigi Riccoboni dopo di avere parlato delle condizioni artistiche, dell’ignoranza dei comici, della sudiceria dominante nelle commedie di allora (1690) dice : Una sola Compagnia in questa spaventosa decadenza serbò la modestia sul teatro ; ma il buon esempio non durò gran tempo per poter essere seguito dagli altri : essa lasciò l’Italia per recarsi in Germania a servizio dell’ Elettor di Baviera a Monaco e a Bruxelles, d’onde poi passò a Vienna in Austria al servizio dell’ Imperator Leopoldo e di Giuseppe Re de’ Romani. […] ne per parte di tutti di casa, a misura del suo merito, che ual a dire, colme di ogni bene, la nostra Quadragesima è quasi finita, con pioggie quasi ogni giorno, l’armata di marc già si prepara per andarsene, ne altro si attende che alcuni uascelli Inglesi per far un buon numero, e poi portarsi uerso Genoua è quest’anno si uol sentir belle cose, altro non ò che dirle solo che non mi lasci infrotuoso, accertandola che sempre sarò.

158. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 745-749

Buon cristiano, buon amico, buon prossimo : sovventore dei poveri, ed abile artista comico in generale : in particolare poi, sommo nel così detto carattere di Stenterello, che egli stesso inventò, ed inimitabilmente e gustosamente sostenne fino alla decrepitezza…… E il Morrocchesi poteva discorrerne con ragione, poichè fu con lui scritturato per tutto il 1800, che egli passò, dice, in un batter d’occhio, perchè fu del continuo accompagnato da quiete d’animo, da perfetta salute, da ogni possibile soddisfazione nell’arte, e con sopra a 400 zecchini d’avanzo, dopo essersi mantenuto gajamente in tutto e per tutto.

159. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO III. Teatro Olandese: Danese: Suedese: Polacco. » pp. 253-256

Adlerbeth suo segretario ha secondato con buon successo le reali vedute scrivendo un’ Ifigenia in Aulide tragedia con cori ricavata dagli antichi, e Cora ed Alonso componimento posto in musica dal Nauman, ed altre favole musicali imitate dalle francesi, cioè Procri e Cefalo, Anfione, Nettuno ed Anfitrite.

160. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 246-248

Eccone l’elenco : Paladini Francesco Primo attore e padre Antonio Casigliani Caratterista Odoardo Venturini Altro padre e tiranno Giuseppe Beltrami Generico dignitoso Nicola Pescatori Alessandro Ferroni Generici Amalia Pieri Prima attrice Angela Dal Buono Ferroni Madre nobile e caratteristica Giuditta Feoli Amorosa Clotilde Sacchi-Paladini Servetta Carlotta Beltrami Seconda donna Caterina Raftopulo Carolina Pescatori Elena Cristiani Carolina Paladini Generiche Adele Feoli Carlotta Raftopulo Parti ingenue Dario Bacci Primo attor giovine Antonio Zanzi Amoroso Francesco Zocchi Brillante Giuseppe Feoli Secondo caratterista Leonardo Raftopulo Antonio Biasci Generici Facevano parte del repertorio le seguenti produzioni : Il Ventaglio – Un bicchier d’acqua – Trent’anni di vita di un giuocatore – Rosmunda – Le risa della disperazione – Caterina Howard – Giulietta e Romeo – Le Donne di buon umore – Saul – Il diplomatico senza saperlo – Il cieco e lo scultore – Luigi di Valois – Il progetto della strada di ferro, o sia la maniera di far fortuna, ecc.

161. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 379-381

Fu il ’60 con Prina e Asti, dai quali si sciolse per pagare alla patria il suo tributo di buon cittadino.

162. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 451-452

Quanto al carattere di Scapino, è il medesimo degli schiavi di Plauto e di Terenzio ; intrigante, furbo, che s’impegna di condurre a buon termine tutti gli affari i più disperati dei giovani libertini ; che si picca di far dello spirito, che parla molto e molto consiglia.

163. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 859-861

Ancor giovinetta passò a far qualche particina di amorosa in quella Domeniconi, diretta da Carlo Roti ; poi, sviluppatasi alquanto intellettualmente e fisicamente, entrò qual prima attrice giovine al Teatro La Fenice di Napoli in Compagnia di Tommaso Zampa, il Salvini della giacca, salendo a tal grido, che il De Lise, commediografo di buon nome, allora dettò per lei la Cieca di Sorrento, la Civetta punita, l’Orfanella di Parigi ed altro.

164. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 69-70

In lei merita una gran lode il suo buon volere che fa tutti i sforzi possibili per renderla capace della sua professione, ma la meschina non è nata per la medesima…… le dedica poi, sei anni più tardi, Il Teatro, nel quale sono a profusione le lodi per l’incomparabile artista.

165. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 684-685

Il comico Vitalba, buon uomo, ma cattivo attore, per sua sciagura aveva i capelli tendenti al biondo come quelli del Gratarol, e la sua statura era poco più poco meno, consimile.

166. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « A CHI AMA la poesia rappresentativa » pp. -

E chi non ravvisa in un buon teatro siffatto educatore pubblico, saggio, retto, geniale, all’ombra del governo? […] Se io abbondassi di ozio e di talenti (posso aggiungere) e fossi più verde, occupar mi vorrei da buon senno in sì utile poesia, e con novelle invenzioni vivacemente colorite destar sulle moderne scene quando il riso e quando la compassione. […] Gènève del l’Enciclopedia proponeva ai Ginevrini l’introduzione di un buon teatro nella loro città, e ne sostenne l’utilità contro le opposizioni di Gian Giacomo Rousseau.

167. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 420-431

… Ma pare che il Righetti gli scrivesse al proposito di tali minaccie una lettera di buon inchiostro, perchè Rossi, il 12 ottobre '51, da Mantova, venuto a più miti consigli, gli dichiara che la loro amicizia non deve venir meno per sì piccola bazzecola, e, naturalmente, non si parla mai più di scioglimento. […] Fu il '66 in Francia e in Ispagna ; si stabilì il '67 a Napoli, ove gli affari andarono alla peggio ; e avrebbe certo dato fondo a ogni avere messo assieme con tanti sudori, se il buon genio della cassetta non gli avesse suggerito di comporre una specie di satira in tre atti con musica — Colpe e Speranze — che andò in iscena il 25 dicembre, e piacque a segno da non lasciare un sol giorno il cartellone per tutto quel carnovale. […] Il buon predicatore, com’ è avvenuto in ogni epoca d’arte, avrebbe potuto razzolar male.

168. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO II. Teatro Olandese: Danese: Suedese: Polacco. » pp. 32-37

Adlerbeth suo segretario secondo con buon successo le reali vedute con Ifigenia in Aulide tragedia con cori ricavata dagli antichi, e con Cora ed Alonso componimento posto in musica dal Nauman, e con altre favole musicali imitate dalle francesi, cioè Procri e Cefalo, Anfione, Nettuno ed Anfitrite.

169. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 513-514

Mio padre, povero nobiluccio romano, discendente da una famiglia di quei signorotti dei Castelli Romani, entrò nell’arte drammatica non troppo giovane, con una buona dote d’istruzione, che non gli servì punto per diventare un buon artista ; fu anzi mediocre attore, ma onestissimo uomo.

170. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 566-567

Fortunatamente ognuno è padrone di andarsene quando più gli aggrada ; ed invero questo è il solo mezzo che rimane, quando si è nauseati di vedere un pubblico, che fra le più volgari bassezze, dimentica interamente la sua dignità, fino al punto di far credere a chi non lo conosce, che esso non ha più nè buon senso, nè gusto, nè moralità, nè pudore.

171. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 260-262

Il Casanova, trovatolo del '60 mutato in commediante, così ne scrisse : Vidi Pertici con piacere : essendo vecchio e non potendo più cantare, recitava la commedia e da buon comico, il che è raro, dacchè i cantanti, maschi e femmine, confidando nella durata della lor voce, trascuran l’arte della scena.

172. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « NOTE ED OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 313-326

Dove siete andati, felici tempi, in cui ogni Principe, ogni Signore del bel paese, Ch’Appennin parte, e ’l mar circonda e l’ Alpe, si facea gloria di esser Mecenate delle lettere, e di conoscere, amare, onorar, premiare, incoraggiar e proteggere con grandezza d’animo e buon senno le arti tutte e gli artefici? […] Ma sebbene in Italia da qualche tempo suol farsi de’ Letterati e degli Artisti quell’uso che fassi de’ limoncelli, come diceva l’eloquente Cardinal Cassini, i quali, trattone il sugo, si gittano nel letamajo, pur con tutto ciò a disinganno di certi mal prevenuti e mal istruiti Oltramontani si vuol avvertire, che gl’ Italiani nell’opere d’alto ingegno, ove han posta cura, e in tutte le produzioni delle arti dell’ immaginazione, del genio, del sentimento, e del gusto, per la leggiadria, dolcezza, energia, e maesià della lingua, pe ’l propizio influsso del cielo, per la serenità, fervenza, e temperatura dell’aere, per le ridenti e maravigliose prospettive, per la vaghezza, amenità e fertilità del paese, o come diceva il buon vecchio Ippocrate, per l’arie, l’ acque, i terreni, per l’armonica tempera, e per la delicatezza de’ sensi, per la proprietà del loro temperamento, per la massima parte melancolico sebbene poco o niente apparente nell’esteriore, per la placidezza, avvenenza, e gentilezza de’ costumi, per lo sodo, nobile, e grazioso modo di pensare, e di fare, in somma per la natural vampa d’ingegno fervido, elevato, sagace, ed inventivo, sono stati, sono, e saranno in ogni età eminenti, ed a tutte le più culte nazioni moderne, uguali, e ad alla maggior parte, superiori; perchè (dicasi con altre parole dell’ anzilodato Ab. […] Diciamlo quì di rimbecco e per incidenza a risposta e mortificazione di tanti ignoranti e boriosi critici che a lor bel piacere sono andati e vanno tutto giorno disprezzando e malmenando in generale con somma ingratitudine e malignità la nostra nazione e le nostre cose: Ogni uomo dotto sa, che per opera degl’ Italiani a poco a poco diradaronsi in Francia le densissime tenebre dell’ignoranza, dileguossi la stupenda barbarie Gaulese, e surse non che il primo crepusculo di luce letteraria, ma il buon gusto nelle belle arti e scienze tutte.

173. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 741-743

Notevole è anche la scena tra il Capitano e Mastica, il quale si profonde in adulazioni di ogni maniera per ottener finalmente un buon pasto.

174. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 980-981

e in una sua satira al De Sanzay, lo dice il buon Ganassa.

175. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

Carlo Pecchia chiaro nella patria per talenti, per dottrina e buon gusto213. Tentò nobilmente in Venezia la riforma del teatro istrionico, e quasi ne venne a capo, il non poche volte buon dipintor della natura Carlo Goldoni. […] Un buon poeta obbligato a componi pel Teatro musicale ha bisogno di maggior attività e rapidezza nella Favola, per servire al tuo oggetto, dovendo soggettare il dialogo a una precisione rigorosa per dar luogo alla Musica odierna. […] Fiorirono tosto il Peri, il Viola, il Giovannelli, il Monteverde, il Teofilo, il Soriano e vari altri chiari maestri di musica, i quali seppero prevalersi di tante scoperte, e felicemente spianarono la strada al buon gusto e alla perfezione che si ammira nel nostro secolo. […] Si aggiunga qui che ancora il buon orecchio naturale viene così nella musica come nella poesia spesso guasto dall’abito di udire suoni aspri e duri, o discordanti.

176. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378

Del Bertinazzi si racconta che recitò una sera davanti a due sole persone, conservando il suo buon umore, e non saltando nè una scena, nè un lazzo. […] Questo illustre autore parve averci ricondotto per alcun tempo gli spettatori, con molte opere che i conoscitori hanno a buon diritto avuto in conto di capolavori ; ma il pubblico, guastato da certe frivolezze, le abbandonò ben presto ; il che non scema certo il merito del signor Goldoni, come non scema quello dei capolavori di Molière e di Corneille, non meno abbandonati. […] Dopo il successo entusiastico di questa, è ben naturale che si ascoltasse con rispetto un nuovo lavoro e magari con buon volere si applaudisse più qua più là nelle parti buone, tanto da fare scrivere dal Goldoni al Paradisi che la commedia fortunatamente era riuscita bene ; e far mettere nella prefazione di essa (Ediz. […] Mai una compagnia italiana conta più di undici attori o attrici, fra’quali cinque, compreso Scaramuccia, non parlano che bolognese, veneziano, lombardo, napoletano : e quando s’abbia a recitare una tragedia, dov’entrin molte persone, tutti vi prendon parte, non escluso l’ Arlecchino, che toglie la sua maschera ; e tutti declamano de’ versi in buon italiano (il testo ha : en bon romain….).

177. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402

Si calmi adunque di talun l’iraconda impazienza, e mentre da un lato trova in questa compagnia chi per assoluta perizia può soddisfarlo, si appaghi dall’altro della tenera capacità e delle belle speranze, onde a buon dritto l’Itala scena può attendere in questa ragazza una novella esimia attrice. […] Ma se la speculazione fallì, non fallì certo il principale intento di dar libero sfogo alla sua passione, dominata pur sempre da un sentimento vero dell’arte, e di farsi conoscere e ammirare da’varj pubblici ; chè, adocchiatala il Nardelli, capocomico veronese di buon nome, e caratterista egregio, la scritturò per quattr’anni come prima attrice assoluta. […] Io pure se Dio mi darà forza e salute ho ferma intenzione di ritirarmi dalle scene dopo altri cinque anni, ma prima di far ciò desidero ardentemente (per quanto il mio scarso ingegno lo permetterà) cooperare con que’ pochi ottimi artisti drammatici che abbiamo in Italia (dai quali cerco imparare e le massime e l’arte) onde formare un buon gusto generale in tutta Italia che va purtroppo scadendo colpa la noncuranza in che si tengono le cose vere e naturali, le finitezze, le sfumature dell’arte come noi le chiamiamo, per applaudire soltanto alle esagerazioni, contrarie il più delle volte al buon senso.

178. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 11-12

Il repertorio dunque della Compagnia fu a iniziativa sua de' più varj, sapendo egli con buon discernimento alternar le commedie, coi citati drammi, e colle tragedie : e di tal discernimento accoppiato a una operosità senza pari, egli potè godersi i frutti nella vecchiaja. « Vive il Lapy tuttavia (1782) – scrive il Bartoli – in buona prosperità, ed ha la consolazione di vedere la sua famiglia incamminata ad un auge, per cui anche dopo la di lui morte rimarrà al mondo una degnissima ricordanza degli onorati meriti suoi. » In una lettera che si conserva autografa nella biblioteca di Verona, e che trovasi pubblicata nel catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca stessa, il Lapy dà ragguaglio da Venezia il 22 ottobre del 1770 a Domenico Rosa-Morando del successo ottenuto colla sua tragedia La Andromaca, già replicatasi quattro sere, e reclama aggiunte e modificazioni per le nuove repliche da farsi quando la quantità delle genti che presentemente sono in Villeggiatura si saranno restituite in Venezia.

179. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 533-536

Supplemento), dice che a Pistoja, la Piazza precedente, non divisero un soldo e rimisero del loro, e a Livorno son con due paoli al giorno, e con la prospettiva di una nuova rimessa, nonostante la gran quantità de' forastieri e il buon successo della Compagnia ; e domanda per lui ed esso Gaggi dieci doppie pel sostentamento, che avrebber rilasciate dal donativo di carnovale.

180. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo III. La Poesia Drammatica nel Secolo XV fa maggiori progressi in Italia. In Francia cominciano i Misteri. » pp. 194-209

Arse l’Italia d’un grand’incendio di guerra in diversi suoi paesi nel secolo XV, ma le contese de’ pisani co’ fiorentini, de’ veneziani co’ duchi di Milano, degli angioini cogli aragonesi, non impedirono l’alto favore, la generosa protezione, e la magnanima liberalità e munificenza de’ nostri principi, ministri, generali, e grandi verso le lettere, scienze ed arti tutte, e verso i coltivatori di esse133, non la fervida e quasi generale applicazione di ogni uomo di lettera ad apprender profondatamente le due più famose lingue de’ dotti, non l’universale entusiasmo di quanti a quel tempo eruditi viveano, di andare da per tutto, anche in lontane regioni ricercando e disotterrando i codici greci e latini134, non l’ardente premura di moltiplicarli colle copie, confrontarli, correggerli, interpretarli, tradurli, comentarli, non il raccorre da ogni banda diplomi, medaglie, cammei, iscrizioni, statue ed altri antichi monumenti, non lo stabilimento di varie accademie, non la fondazione dì altre università, non l’istituzione di nuove cattedre, non l’aprimento di pubbliche biblioteche e di teatri, non la rapida e maravigliosa moltiplicazione delle stamperie per le città e sin anco per le più ignote contrade d’Italia, non il promovimento dello studio della platonica filosofia per mezzo di Giorgio Gemisto Pletone, e singolarmente di Marsiglio Ficino e di Giovanni Pico della Mirandola in Firenze, e del cardinal Bessarione in Roma, non il risorgimento dell’epopea italiana e i progressi dell’arte drammatica, non il felice coltivamento dell’eloquenza e della poesia latina, e di ogni altro genere di erudizione, precipuamente per le cure, l’ingegno e ’l buon gusto del degretario e vonsigliere de’ nostri re aragonesi Giovanni Pontano135, e del precettore di Leone X Agnolo Poliziano, e del nostro Regnicolo Giulio Pomponio Leto, non impedirono in somma l’acquisto e ’l dilatamento delle piacevoli ed utili cognizioni letterarie e scientifiche, né l’attività e ’l progresso dello spirito umano136. […] Coteste sacre rappresentazioni, quasi tutte per l’addietro incondite, indecenti e sconnesse, risvegliando nuovamente ad alcuni dotti e ingegnosi italiani l’idea dell’antica drammatica da moltissimi secoli già estinta, dieder loro probabilmente la prima spinta a trattar anche sulla scena argomenti profani e in latino e nella natìa favella con più eleganza e sfoggio e con qualche regolarità e principio di buon gusto, secondo che que’ tempi lo potevano in tal genere di composizione permettere, nella stessa guisa che i rozzi cori pastorali ed i semplici inni dionisiaci della primitiva tragedia greca mossero l’ingegno di Epigene, di Tespide, e di Frinico a darle nuova forma e nuovo lustro. […] Dove siete andati, felici tempi, in cui ogni principe, ogni del bel paese, Ch’Appennin parte, e ’l mar circonda, e l’Alpe, si faceva gloria di esser mecenate delle lettere, e di conoscere, amare, onorar, premiare, incoraggiar e proteggere con grandezza d’animo e buon senno le arti tutte e gli artefici?

181. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della maniera del cantare e del recitare »

E potrebbe assai facilmente intervenire che un buon compositore fosse un buon capitano alla testa di un cattivo esercito: con la differenza che il capitano buono può far buoni i soldati, ma il maestro di musica non può lusingarsi di tanto co’ suoi virtuosi.

182. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO II. Tragedia Cittadina, e Commedia Lagrimante. » pp. 112-127

Questi ed altri simili drammi sono discesi dalla tragedia cittadina, la quale, ove si preservi da colori comici, e si contenti di cedere i primi onori al sublime continuato della tragedia grande, potrebbe tollerarsi anche in un teatro che non ignori il buon sentiero. […] Non manca nè di buon cuore nè di tenerezza pe’ figli, ma di prudenza e di attività nelle circostanze scabrose; è ricco ed indipendente, e pure si contenta di rappresentare in sua casa il secondo personaggio dopo del Commendatore suo fratello, che colle sue maniere e stravaganze mette tutto in iscompiglio.

183. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 969-973

Un giovane signore che aveva assistito al nostro sbarco, propose di condurci in un buon albergo : diede braccio a mia madre, combinò il prezzo del porto delle valigie, e ci usò mille gentilezze. […] Il buon uomo piangeva ; si convenne che dopo che mi fossi tornato a tuffare, egli mi avrebbe ajutato tirando la fune : abbracciai il corpo a mezza vita, l’uomo tirò a sè la fune, e venni alla superficie carico del mio funebre fardello.

184. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VIII. Commedia turca. » pp. 422-425

Tutto ciò che non ci rassomiglia, sembraci indegno della nostra stima e incapace di buon senso, di spirito, e di gusto.

185. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Mantoua li 16 Dicembre 1678. » pp. 127-128

Forse il buon Dottore Materazzi ?

186. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241

Ma una mente che fa buon uso delle sue facoltà, e un cuor che sente, qual si richiede nella tragedia, verserà pietose lagrime al racconto del veleno preso dalla regina e dei di lei discorsi, alla compassionevole tenera contesa con Erminia, e al quadro delle donne affollate intorno a Sofonisba moribonda, di Erminia che la sostiene, del figliuolino che bacia la madre, e dell’inutile sforzo che fa costei per vederlo sul punto di spirare154. […] Ma la lingua castigliana é ricchissima, e ha non pochi giri ed espressioni simili a quelle dell’italiana, e non manca di qualche sorta di linguaggio poetico; e n’avrebbe ancor più, se fosse stato dalla propria nazione più conosciuto, e fecondato nel disegno d’arricchire e nobilitar la poesia castigliana, l’andaluzzo Herrera, buon poeta e felice imitator del Petrarca. […] Pare dunque che ’l Trissino, il quale non so perché, e donde venga dal signor di Voltaire, ed indi da altri di lui compatrioti, appellato Arcivescovo, abbia servito di modello a’ primi francesi che si esercitarono nel genere tragico, diciamolo qui di rimbecco e per incidenza a risposta e mortificazione di tanti ignoranti e boriosi critici francesi che a lor bel piacere sono andati e vanno, tutto giorno disprezzando e malmenando in generale con somma ingratitudine e malignità la nostra nazione e le cose nostre: Ogni uomo dotto sa, che per opera degl’italiani a poco a poco diradaronsi in Francia le densissime tenebre dell’ignoranza, dileguossi la stupenda barbarie gaulese, e forse non che il primo crepuscolo di luce letteraria, ma il buon gusto nelle belle arti, e scienze tutte. […] Sogliono per lo più gli nomini involti nelle spesse tenebre dell’ignoranza, ed eziandio i mentecatti, mancando di quel lume di ragione che ci fa conoscer le facoltà del nostro spirito, credersi dotati di buon senno, perciò si veggono in Francia moltissimi infarinati, superbi nel loro patrio sapere, parlar alla cieca e pazzescamente delle nazioni straniere, e biasimare tutto ciò che non conoscono; e quante cose, oh Dio, non conoscono! […] Se dopo il mio soggiorno di sedici anni nella capitale delle Gallie, io non fossi per cento e cento pruove persuasissimo di questa irrefragabile verità, conosciuta da tutti gli uomini dotti e assennati di Europa, basterebbero a convincermene le produzioni de la Harpe, e de’ sedicenti filosofi della Senna, a’ quali, salvo appena due o tre, iddio par che abbia voluto, per farli cadere nel disprezzo, torre quel gran dono fatto all’uomo, cioé quella libertà di fare buon uso della facoltà di pensare: «Evanuerunt (si può dir coll’Apostolo Rom.

187. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

E piacesse al cielo che queste arie, questi duetti o questi finali isolati fossero tali almeno che colla loro vaghezza, novità od interesse ci ricompensassero dei sagrifizi che si fanno del buon senso in grazia del canto; terremmo allora con essi il costume, che suol tenersi col frammenti della greca scultura de’ quali in mancanza d’una intiera statua s’ammira pure e si custodisce un braccio solo, una gamba, od una testa. […] L’illustre Metastasio non avrebbe certamente cominciata una tragedia colle nozze per finirla poi colla casa del diavolo; non avrebbe in mezzo a personaggi veri e reali fatto comparir fantastici amorini che ballassero senza necesssità cogli sposi; non avrebbe sagrificato alla vana pompa della decorazione l’orditura, la verosimiglianza e il buon senso. […] L’eunucare un povero poeta che non ha fatto alcun male, è crudeltà che ripugna al buon cuore. […] «Ho sentito dire altresì che il ridicolo comico dev’essere cavato dalla esperienza non tratto dalla fantasia, che si devono studiare profondamente gli uomini prima d’esporli sul teatro, che le debolezze di temperamento non i vizi di riflessione, i difetti nati da una stranezza di pensare innocente non i delitti odiosi e nocivi sono la materia propria della scena comica, che questa materia dee rappresentarsi abbellita da un colore alquanto caricato e forte ma non esagerato, con cert’altre filastrocche che voi altri autori dite esservi state prescritte dal buon senso. Ma vi torno a dire che il buon senso non è fatto per noi.

188. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

La seconda può far temere una sorte uguale per l’odierna musica e l’odierna poesia, qualora si lasci al ballo un’illimitata licenza sul teatro senza restringerlo fra quei cancelli che prescrivono il buon gusto e la sana filosofia. […] Così dopo d’avere lusingata per qualche tempo la vanità di coloro che si contentavano di far pompa d’ingegno colà dove abbisognavano di far mostra di buon senso, sparì il gusto dei balli allegorici insieme con quello degli acrostici, degli anagrammi, delle paranomasie, degli equivoci, delle antitesi, e dell’altre argute putidezze ch’ebbero tanta voga nel secolo passato180. […] Sotto la direzione del secondo s’udirono per la prima volta l’arie dette di prestezza, perché in esse il movimento divenne più vivo e la cadenza più marcata, dalla qual novità commossi secondo il solito gli adoratori del rancidume si diedero tosto a gridare che la musica si corrompeva, e che il buon gusto andava in rovina. […] Di farmi distintamente comprendere l’azione ch’egli mi metterà sotto gli occhi, di regolarla colle leggi che prescrive il buon senso, d’accrescere maggior energia allo spettacolo drammatico riunendo la danza all’altre due sorelle germane la musica e la poesia. […] Il quarto vantaggio si è di poter rappresentare colla pantomima qualunque argomento senza discapitare nel buon senso; perocché allora si suppone che sia essa non un intermezzo ma uno spettacolo nuovo, il quale non è obbligato ad averne verun riguardo, veruna relazione col primo.

189. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « [Dedica] » pp. -

L’autore intanto, siccome esser lo deve ogn’uom di buon senso, é un partigiano dichiarato degli antichi e del loro buon gusto; ed il principale suo scopo sembra essere di rimenarvi, e di rassodarvi i moderni.

190. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 316-325

Bisogna però esser dotato non che d’ingegno per esaminare, ma di cuore per sentire, e di buon senno per apprezzare; perchè altrimenti si portano giudizj strani, e si può anche giungere alla ridicolosa balorderia e scempiataggine di farsi uscire di bocca ciò che in fine della recitazione della famosa Fedra Francese disse all’Autore un Geometra di lui amico e compatriota assiderato dal compasso di Urania: È che prova cotesta vostra Fedra? […] A buon diritto adunque il nostro dotto e facondo Gian-Vincenzo Gravina nel lib. 

191. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 281-290

Terenzio imitatore e pressochè copista di Menandro, e perciò chiamato da Giulio Cesare dimidiate Menander, non si studiò tanto di piacere come Plauto al popolo quasi tutto, quanto agli Scipioni, a i Lelj, a i Furj, e ad altri nobili uomini di buon gusto, da’ quali, per quello che fin dal suo tempo si credeva, veniva ajutato a scrivere, o come è più verisimile, a ripulire le sue commedie (leggasi il prologo degli Adelfi e Donato). […] Ma nelle materie letterarie è sempre miglior consiglio l’attenersi al sentimento de’ giudici saggi e di buon gusto, i quali son pochi, e la cui maniera di pensare trae seco finalmente quella del pubblico.

192. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »

Un altro buon effetto seguirebbe da simile usanza: che non ci saria allora tanta la gran varietà e disproporzione tra l’andamento del recitativo e l’andamento delle arie, e verrebbe a risultarne un maggior accordo tra le differenti parti dell’opera. […] [2.8] La prima cosa è piena veramente di pericolo, se uno guardi al buon effetto della melodia che, stando anch’essa nel mezzo, tiene maggiormente della virtù; e nella musica si vuol fare quell’uso degli acuti che si fa dei lumi ardenti nella pittura. […] E da che si mise nel buon sentiero la poesia, lo smarrì la musica.

193. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Alemanno. » pp. 4-31

Cristiano Gellert nato nell’alta Sassonia nel 1713, e morto nel 1769 mostrò buon gusto in più opere, e diede al teatro alcune commedie pregevoli. […] Il buon tuono, la piacevolezza, il sale comico campeggia nella sua favola. […] L’autore si prefisse la più bella azione che possa onorare un buon padre di famiglia per farlo trionfare utilmente sulla scena; cioè l’obbligare, ad onta della propria nobiltà, il figliuolo a mantener la fede ad una fanciulla di condizione inferiore ch’egli avea renduta feconda.

194. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO III. Stato della Commedia Francese prima e dopo di Moliere. » pp. 36-58

La dimora ch’ei fece in corte contribuì all’aumento de’ lumi di Moliere intorno al cuore umano e a’ costumi nazionali, e disviluppò sempre più il suo discernimento e buon gusto, e ne migliorò lo stile. […] Il solo Luigi XIV ne giudicò in Versailles più favorevolmente de’ suoi cortigiani, il che dimostra il buon gusto di questo monarca e la stima che faceva di Moliere. […] Intorno a’ caratteri diversi delle sue favole è d’avvertirsi che egli da prima accomodò i suoi lavori al gusto dominante per le commedie d’intrigo; ma poichè ebbe acquistato maggior credito, si rivolse da buon senno a ritrovare il ridicolo ne’ costumi correnti.

195. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO II. Teatro Alemanno. » pp. 232-252

Cristiano Gellert nato nell’Alta Sassonia nel 1713 e morto nel 1769 mostrò buon gusto in più opere e diede al teatro alcune commedie pregevoli. […] Il buon tuono, la piacevolezza, il sale comico campeggia nella sua favola. […] L’autore si prefisse la più bella azione che possa onorare un buon padre di famiglia per farlo trionfare utilmente sulla scena; cioè l’obbligare, ad onta della propria nobiltà, il figliuolo a mantener la fede ad una fanciulla di condizione inferiore, ch’ egli avea renduta feconda.

196. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Introduzione »

E come mutar potriano, salvo se nella corte di un qualche principe caro alle Muse presiedesse al teatro un abile direttore, in cui al buon volere fosse giunta la possa?

197. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 401-403

Mortogli il padre nel’700, e rimaritatasi la madre coll’avvocato Duret, egli ebbe da entrambi tali maltrattamenti, che, sebbene avesse già esordito a quindici anni con buon successo nella compagnia materna, si trovò costretto a prendere il servizio militare, arruolandosi con un tal Capitano, dal quale non ebbe trattamento migliore, nonostante il dono che gli fece d’un piccolo orologio, che era tutto quanto ei possedeva.

198. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

Sono (dice) Trigeo Atmoneo buon vignajuolo, che non sono nè spione nè ladro. […] Tutti di buon grado si accingono all’impresa, pregando Mercurio perchè non si opponga. […] Ma viene una fantesca di Proserpina, la quale accoglie Santia credendolo Ercole con molta cortesia e affabilità, e pensa di presentargli un buon pranzo; la qual cesa udendo Bacco, per goderne, riprende la clava e la pelle di leone. […] Sorgi, io ti arreco Un buon guanciale sprimacciato, adagiati Bellamente su questo, onde non abbia A logorar le Salaminie natiche. […] Ah se ti moccica Talora il naso, o mio buon babbo, in grazia Spazzati nel mio capo.

199. (1772) Dell’opera in musica 1772

Il melodramma, per Planelli, ha perso naturalità perché ha sposato la convenzionalità, accettando il prevalere del mestiere sul buon gusto. […] Ma, mi si permetta il vero, nelle arie propriamente dette egli non sempre è stato attento al linguaggio del cuore, e ‘l buon Omero alcuna volta sonneggia. […] Non ha dunque la mia nazione rinunziato al buon gusto; ed io posso a buon dritto promettermi ch’ella mi saprà grado del richiamarle ch’io fò alla mente gl’immutabili precetti di quel supremo regolatore delle arti belle. […] Io, quanto a me, rare volte soffrirei impresari alla testa d’uno spettacolo scenico; essendo fuor di dubbio tutto ciò che il teatro ha di contrario al buon costume, alle buone regole e al buon ordine, tutto derivato dall’avidità di costoro, i quali per guadagneria non arrossiscono d’allettare gli uomini coll’esca dell’impudicizia e di bizzarre novità. […] Ma (non si dissimuli) è sì ardua e sì dura tale intrapresa, ch’egli è ben malagevole di cavarne buon viso.

200. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 216-226

E conduci pur sempre il pensier mesto al buon Parente, alla pia Madre, a quanti una dolce superbia han de’tuoi vanti…. […] Data dunque la enorme disuguaglianza, i parenti ed amici di una Arrivabene non potevan vedere di buon occhio il loro blasone trascinato sulle tavole della scena.

201. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 881-887

Quando il Direttore Salvoni risolse di formare una Compagnia stabile pel Teatro Ducale di Parma, chiamò a sè i coniugi Fineschi, ma l’impresa ebbe poca durata, ed essi tornarono a Firenze, ove, al Teatro della Piazza Vecchia e del Cocomero, ella recitò alcuni anni acquistandosi buon nome in ogni genere di lavori, e specialmente nella tragedia francese Giulietta e Romeo, tradotta dall’abate Bonucci. […] Formò società coll’Assunta Perotti pel 1822-23-24, ma se ne sciolse per mancanza di buon accordo.

202. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 678-680

Il Gollinetti confessò il suo torto, riacquistò il suo credito di buon attore, senza usurparsi quello di Autore…… Nel 1748-49 passò in Varsavia colla Compagnia italiana, e nello schizzo apparso a Stuttgart, nel 1750, è detto di lui che era un uomo alto e ben tagliato.

203. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 142-145

Ma queste diventavan quasi una celia, confortate dall’ammirazione sconfinata per l’incomparabile artista, la quale su tutti gli profuse in privato epistolario e su per le gazzette Angelo Brofferio, di cui, metto qui il brano seguente : Ti ringrazio, o mio buon Moncalvo, lume e splendore dei Meneghini, ti ringrazio dell’oblio che spargi sulle mie pene, del sorriso che chiami sulle mie labbra, della serenità che trasfondi nel mio cuore.

204. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 337-341

Ebbe a prime attrici Adelina Marchi, la Papà, la Ruta, la Glech, la Marini : con questa trovò subito modo di uscire dallo stato di lieta promessa ; chè la rappresentazione di La figlia di Jefte di Cavallotti al Filodrammatico di Milano (7 aprile '86) consacrò l’artista valorosa, che, l’anno dopo, uscitane la Marini, diventò la prima attrice assoluta della Compagnia, alternando, e sempre con buon successo, Santarellina, Il Matrimonio di Figaro, La figlia di Jefte, con Frou-Frou, Demi-monde, Fedora, Signora dalle Camelie, Fernanda.

205. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 508-512

Da quel momento Gaetano Sbodio, « ambrosiano del vecchio stampo, dal cuor largo, dal buon senso caratteristico, dall’amore tradizionale per la rettitudine e per la giustizia, condita con quel pizzico di umorismo onestamente mordace, che rende i Lombardi formidabili negli incruenti duelli della parola e nell’ espressione dei loro giudizj (Ferravilla e Compagni, Milano, Aliprandi, 1890) », potè anche dirsi il più popolare degli artisti milanesi.

206. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 759-763

Ma essendo la paga divenuta un mito (tanto correva – scrive lo Zoli – che non c’era modo mai di raggiungerla), determinò il buon uomo di non più scritturarsi, nè più unirsi ad altri in società, ma condur solo una modesta azienda, di cui egli e la famiglia, otto o dieci persone, formavan la più gran parte.

207. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

L’argomento si aggira intorno agli amori della fanciulla Gliceria venuta da Andro e del giovane Panfilo disturbati per le nozze che Simone padre di costui gli prepara con una figlia di Cremete, prima per finzione indi da buon senno. […] E perchè, per quando gli si dica, egli rimane sempre più costernato, que’ due fingono di voler partire e lasciarlo; alla qual cosa Antifone si scuote, s’incoraggia, e si sforza di far buon viso. […] E che buon uomo! […] Si sgomenta ogni scrittor di buon gusto nel voler prestare i concetti a un innamorato, rammentandosi di Fedria sulla soglia di Taide. […] Taide rimane affliggendosi di non esser creduta da Fedria ch’ella ama di buon senno; accenna di volere col dono della fanciulla che attende dal soldato, rendersi benevolo il di lei fratello; entra in sua casa; e così termina benissimo l’atto primo.

208. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO VI. Stato della Commedia Francese prima e dopo di Moliere. » pp. 212-244

La dimora che Moliere fece in corte contribuì all’aumento de’ lumi di lui intorno al cuore umano e a’ costumi nazionali, e disviluppò sempre più il suo discernimento e buon gusto, e ne migliorò lo stile. […] Il solo Luigi XVI ne giudicò in Versailles più favorevolmente de’ suoi cortigiani, la qual cosa manifesta il buon gusto di questo monarca e la stima che faceva di Moliere. […] Intorno a’ caratteri diversi delle sue favole, è da avvertirsi che egli da prima accomodò i suoi lavori al gusto dominante per le commedie d’intrigo; ma poichè ebbe acquistato maggior credito, si rivolse da buon senno a rinvenire il ridicolo ne’ costumi correnti.

209. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

Edipo, Sertorio, Sofonisba, e Surena rappresentata nel 1675, quando Corneille rinunziò da buon senno al teatro, sono degne della vecchiezza d’un grand’uomo186. […] Il gusto di quel tempo correva dietro al viluppo romanzesco, agli avvenimenti notturni, errori di nomi, travestimenti, e lettere intercettate e perché spiccano in questo genere le commedie spagnuole, Scarron, Boisrobert, Desmaret, Tommaso Corneille, ed altri, ne tradussero un buon numero. […] Bouhours, Rapin ec., abbiano da molto tempo con egual buon senso e dottrina provato, che le arguzie viziose e i falsi pensieri con altra simile cattiva mercanzia venne dalla Spagna e dalla Francia, ove, da gran pezza, erano in credito, a sbarcare in Italia intorno al 1600, e che tutti gl’ingegni italiani non ne fecero incetta, e che cominciò a perdersene la moda verso la metà dell’istesso secolo pure i francesi fino, al dì d’oggi ci rinfacciano rimproverando cotesti difetti; tanto é vero che i pregiudizi e gli errori de’ criticastri gaulesi sulle cose straniere col passar che fanno di bocca in bocca e di penna in penna presso la loro nazione, vi si stabiliscono e perpetuano per secoli. […] Il signor Déspréaux il promotore, l’arbitro, il legislatore del buon gusto francese, disse a M. 

210. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VI. Teatro Spagnuolo Comico e Tramezzi. » pp. 149-194

Sembra in fine che in una favola che l’autore vuol che cominci di buon mattino e termini prima di mezzodì, non possano successivamente accadere tante cose, cioè diverse conversazioni riposatamente, consigli, trame, deliberazioni, una scena di ricamare poco propria in campagna, un giuoco di tresillo, indi un altro di ventuna, ballo, merenda, accuse contro Eugenio e Chiara, discolpe, arrivo di un nuovo personaggio ec.. […] Questa commedia è nel buon genere tenero, ed insinua la giusta avversione per le nozze disuguali di una fanciulla di quindici a venti anni con vecchi che ne hanno corsi più di settanta. […] Discostandosi questa favola dalla precedente nella sola specie, ne conserva i pregi generali della buona versificazione, del buon dialogo, della regolarità, della grazia, dello stile e del giudizio. […] Per natura egli ha lo stile dimesso ed umile assai accomodato a ritrarre, come fece, la plebe di Lavapies e de las Maravillias (contrade di Madrid abitate solo da un popolo minuto insolente) i mulattieri, i furfanti usciti da’ presidii, i cocchieri ubbriachi e simile gentame che alcuna volta fa ridere e spesso stomacare, e che La Bruyere voleva che si escludesse da ogni buon teatro.

211. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

Sono, dice, Trigeo Atmoneo buon vignajuolo, che non sono nè spione nè ladro. […] Tutti di buon grado si accingono all’impresa, pregando Mercurio perchè non si opponga. […] Ma viene una fantesca di Proserpina, la quale accoglie Santia, credendolo Ercole, con molta cortesia e affabilità, e pensa di presentargli un buon pranzo; la qual cosa udendo Bacco, per goderne, riprende la clava e la pelle di leone. […] Demostene: Havvi un migliajo di cavalieri dabbene che odiano Cleone, e ti ajuteranno; havvi un buon numero di ottimi discreti cittadini e di spettatori che ti proteggeranno, ed io con tutti questi ti spalleggerò. […] Facciamolo giudicare dal buon critico M.

212. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XIV. Commedia Nuova. » pp. 151-170

A questo punto disastroso giugne un servo dabbene, e stando già presso alla soglia, senza veruna prevenzione dell’accaduto, ode i gemiti e le grida della meschinella in procinto d’infantare, e come uomo di buon cuore e pieno di affetto per la famiglia prende parte nella di lei sventura, teme, si adira, sospetta, compassiona e si attrista. […] E se ciò avvenne, in una republica popolare allora gelosissima, si tollerò di buon, grado?

213. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 164-168

Et ideo la Città fu chiamata Bologna, quasi Bonus logos, cioè buon parlare, dalla parola Latina bonus, a, um, che significa buono, e dalla voce Greca Logos, che vuol dire il parlare. […] Voleuano tutti quanti replicare, e mandar la cosa in infinito : anzi Saturno haueua già preso in mano la sua falce fenaja, Gioue vn buon tizzon di fuoco, Apollo la piua, Marte un’archibugetto a ruota, Venere s’era messa a parata, Minerua haueua scoperta la sua rotella, e Mercurio s’era armato del baculo ordinario ; quando questo petto informato in facto, e resoluto in jure, impostogli il debito silentio, così pronuntiò.

214. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »

Ora tali sembrano a me que’ maestri, che senza consultar prima il buon senso, senza la debita graduazione e preparamento fanno all’improviso passaggio da un recitativo andante e negletto ad una sinfonia in forma. […] [18] Si pecca altresì frequentemente nel voler vestire di copiosi accompagnamenti le arie, che da se stesse abbondano d’espressione; laddove il buon gusto insegnerebbe che quando le pa‌role sono talmente esprimenti che bastano esse sole a generare l’effetto, gli accompagnamenti divengono non solo inopportuni, ma nemici della verità musicale. […] [27] Questa verità dura ma incontrastabile, questo grido universale del buon senso e della filosofia, questo pubblico lamento della ragione replicato da quanti non hanno interesse in negarlo riceverà una maggiore conferma volendo discendere all’esame d’un’aria, qualunque ella sia, che serva d’esempio se non di tutte almeno della maggior parte di quelle che si cantano in oggi sui teatri. […] [29] Mi dica ora di grazia un compositore di buon gusto non prevenuto dai pregiudizi dell’usanza, o da quelli dell’arte, che gliene paia della esposta economia di quest’aria? […] Se la leggerezza, la varietà, la leggiadria, il brio, l’abbondanza, l’analisi più minuta dei tuoni, un maggiore raffinamento in tutte le sue parti, ed alcuni antichi pregiudizi tolti di mezzo per sostituirvi degli altri bastano a caratterizzar il buon gusto d’un’arte imitatrice, la nostra età dovrebbe a ragione chiamarsi il secolo d’Augusto per la facoltà musicale.

215. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IV. Numero delle Tragedie Spagnuole de’ Secoli XVI., e XVII. » pp. 20-25

Al contrario uscendo da Omero, Virgilio, Ariosto, e Tasso reputati per Epici impareggiabili, se ne troverà un buon numero in Grecia e in Italia di altri, che se non pervennero ad uguagliare la gloria di quelle due gran coppie, meritano pure che si leggano, si studiino, e che la loro memoria passi a’ più lontani posteri.

216. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LETTERA dell’autore all’editore. » pp. -

Laonde o bisogna essere stato nutrito nella feccia delle surrtferite deformi maschere, o aver sortito dalla natura madrigna la comprensione di un semplice Tinitiva dell’Orenoco, per non capire l’istruzione, i politici vantaggi e l’innocente piacere di un genere poetico cosi difficile, così nobile, e con tanto ardore e buon successo maneggiato da filosofi grandi, da prelati, da cardinali, da più egregi repubblicani Greci e Latini e di ogni nazione e di ogni tempo.

217. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO V. Letteratura e Commedia Turca. » pp. 262-269

Ciò che non ci rassomiglia sembraci indegno della nostra stima e incapace di buon senso e di gusto.

218. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 364-382

Ma per fortuna il padre, uomo di buon senso, la scritturò invece (1837-38) nella Real Compagnia Sarda, come amorosa ingenua, poi prima attrice giovine sotto Carlotta Marchionni, che le fu amica, madre, maestra amorosissima ; ai sacri precetti della quale, affermava ne'suoi ricordi con raro, e direi quasi unico esempio di gratitudine nell’arte nostra, di non essere mai, giovine e adulta, venuta meno. […] Frattanto il Righetti, direttore della Real Compagnia, facevale vive istanze perchè vi tornasse ; ma, prima per le condizioni da lei fatte della scrittura, poi per la speranza del suo matrimonio, non approdarono a buon fine.

219. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

Di buon grado il servo pregato dal proprio padrone si presta a quello che per naturale inclinazione farebbe. […] Il Ruffiano ricupera le sue robe, il pescatore la libertà con un buon regalo, e Pleusidippo ottiene per consorte la bella Palestra. […] Si giustifica il buon vecchio, e mostra la malignità mal fondata di chi va spargendo tali voci senza essere delle cose appieno informato. […] Oh buon! […] Temi tu ch’io ti venda da buon senno?

220. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

L’argomento si aggira intorno agli amori della fanciulla Gliceria venuta da Andro e del giovine Panfilo disturbati per le nozze che Simone padre di costui gli prepara con una figlia di Cremete, prima per finzione, indi da buon senno. […] E quel buon vecchio A me più e più volte ha raccontato, Che questo suo parente a lui voltate Avea le spalle. E che buon uomo! […] Si sgomenta ogni scrittor di buon gusto nel voler prestare i concetti a un innamorato rammentandosi di Fedria sulla soglia di Taide. […] Taide rimane affliggendosi di non esser creduta da Fedria ch’ella ama di buon senno; accenna di volere col dono della fanciulla che attende dal soldato, rendersi benevolo il di lei fratello; entra in sua casa; e così termina benissimo l’atto I.

221. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Egli sprona in tal guisa un cavallo sboccato; di buon grado il servo pregato dal proprio padrone si presta a quello che farebbe per naturale inclinazione. […] Il ruffiano ricupera le sue robe, il pescatore la sua libertà con un buon regalo, e Pleusidippo ottiene per consorte la sua bella Palestra. […] Si giustifica il buon vecchio, e mostra la malignità mal fondata di chi va spargendo tali voci senza essere delle cose appieno informato. […] Oh buon! […] Temi tu ch’io ti venda da buon senno?

222. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO IV. Letteratura e Commedia Turca. » pp. 47-55

Ciò che non ci rassomiglia, sembraci indegno della nostra stima e incapace di buon senso e di gusto.

223. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO IV. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 293-299

tutto è divenuto un tessuto di tirate, di epigrammi, di definizioni metafisiche, di antitesi stentate; tutto il bello è sparito a fronte della smania di mostrar dello spirito a costo del buon senso, e, quel che è peggio, di certa chiamata filosofia armata come un istrice di aguzzi motti enimmatici e di lamenti neologici scagliati con intrepidezza per insultare o coprir di ridicolo tutto ciò che non sa d’empietà dichiarata.

224. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 87-90

Sotto le belle vesti di Rosane, nell’anticamera della tragedia, Adriana non ismentisce un solo istante la sua naturalezza di giovine attrice spigliata, allegra, carezzevole, a cui l’amore ha fatto sempre buon sangue e buona cera.

225. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 456-459

se Decio, il quale lungamente lo fece languire, e li disse più volte che non sapea cosa dirli, alfine che li darebbe una lettera per Bologna, e che gli augurava buon viaggio, che non si potè mai haver la lettera, e che parti doppo aver di ciò parlato in Modena, e sino à Cavalieri, c’erano nell’anticamera di S.

226. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 889-912

Luigi XIV, che di quegli scandali ebbe sentore, s’adoperò con Margherita Luisa d’Orléans, la gran duchessa di Toscana, e con l’Arcivescovo di Parigi, perchè egli cessasse da quel concubinato, e sposasse, morta Marinetta, la Duval e legittimasse la figliuola, dandosi così a una vita di buon cristiano. […] La prego a compatirmi et credere che non ho mai fatto ne farò cosa che sia indegna di un figlio obediente come sono sempre stato ; e pregandola a abolire le grandi maledizioni che mi ha mandato e a benedirmi come buon padre, resto Di V. […]  – Si affaticò assai il buon Padre Gondi, ma non volse già profittarne il vecchio Scaramuccia ; tutto quello si è potuto fare è stato che dia 60 scudi al figlio per fare il suo viaggio in Italia, ma come non ha volsuto pigliare il pensiero di badare ai suoi interessi, li bisogna adesso trovare qualche avvocato o Procuratore che se ne incarichi e poi subito partirà per ritornarsene in Firenze. […] Ill.ª mi creda che non c’ è che Iddio che ci possa rimediare, ma dubito non sia dal medesimo abbandonato affatto, poichè in lui non si scorge un minimo pensiero di uomo, non che di buon cattolico.

227. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IX. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 426-437

In oltre la necessità di soddisfar l’occhio, e l’amor natural del maraviglioso introdusse ne’ teatri e fa sussistere le decorazioni; ma un ingegno illuminato dal Dio del buon gusto, qual’é il Metastasio, ha saputo profonderle nella Nitteti, destinata pel teatro del ritiro di Madrid, ricorrendo al tesoro della natura, doveché i poeti musicali francesi le hanno cercate nel miracoloso e nelle trasformazioni istrioniche; e i nostri poetastri incapaci di vagliar il grano e separarne le paglie, di distinguer un francese dall’altro, e l’Ifigenia dai Silfi e dalle Barbe turchine, van dietro ai loro errori. […] Il nome di sofista fu prima dato da’ greci per titolo d’onore a’ veri filosofi, e significava sapiente, o professor di sapienza; ma dopo i tempi di Péricle essendosi i sofisti a dismisura moltiplicati in Atene, e mostrandosi (come coloro che poscia coll’istesso titolo sotto il regno degli antonini comparvero anche a nuvoli in Roma) prosontuosi, pieni di alterigia ed albagia, bizzarri, cavillosi e vani raziocinatori, frappatori, ciurmadori, avidi di guadagno, amanti di novità, di paradossi, di singularità, e quasi tutti sforniti d’ingegno, di buon gusto, e di soda dottrina, mossero contra di te la gentile ironia di Socrate, l’acra bile di Timone il sillografo, e in appresso il mordace riso di Luciano, e la denominazione di sofista cadde allora nel disprezzo e divenne ingiuriosa e odiosa.

228. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Pastorali: Teatri materiali. » pp. 224-253

Questo buon pittore della natura, come a ragion veduta l’ appellò Voltaire, prima di fare assaporar agl’ istrioni la commedia di carattere da Macchiavelli sì di buon ora mostrata sulle scene di Firenze, servì al bisogno ed al mal gusto corrente: entrò poi nel camin dritto sulle orme di Moliere: deviò in seguito alquanto alterando ma con felice errore il genere: e terminò di scrivere pel teatro additando a Francesi stessi la smarrita via della bella commedia di Moliere. […] La mano del buon pittore si vede nella Locandiera, nelle Donne Puntigliose, nella Vedova Scaltra, nel Moliere, nelle Donne Curiose, nella Serva amorosa, nella Figlia obediente, ne’ Puntigli domestici, nel Filosofo Inglese, nel Feudatario, nell’Avventuriere onorato, nel Ciarlone imprudente &c.

229. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « NOTE DI D. CARLO VESPASIANO. » pp. 301-306

“Wycherley (dice il sig. di Voltaire) ha tirato dalla Scuola delle Donne di Moliere questa singolare e troppo ardita commedia, la quale, se volete (ei soggiugne) non è scuola di buoni costumi, ma sì bene dello spirito e del buon comico”.

230. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 774-779

Appassionato dell’arte, entrò a venti anni in una compagnia d’infimo ordine, e dopo aver passato peripezie di ogni specie in altre compagnie mediocri, nelle quali però era già divenuto un buon artista, riuscì a entrar socio il 1811 con Elisabetta Marchionni, recitando al fianco della celebre Carlotta le parti di primo amoroso.

231. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IX. Pregiudizj dell’Autore della Storia de’ Teatri, rilevati dall’Apologista. » pp. 95-111

Il Signorelli domanda perdono al Signor Lampillas di questo peccato, ora che si è avveduto, che per vivere con lui in pace bisogna tessere un continuo panegirico delle Scene Spagnuole a dispetto del buon senso. […] Ma il Signor Lampillas che stima pregiudizj la Storia e l’Evidenza, che sa convertire un Commediante Spagnuolo in un buon Poeta, e i di lui Dialoghi sul mestiere de’ Commedianti Spagnuoli in una Storia Teatrale delle antiche Nazioni, ha cangiato quì un’ Accademia di bella Letteratura in una Compagnia Comica.

232. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo VI. Spettacoli Scenici Spagnuoli nel medesimo Secolo XVI. » pp. 252-267

Il buon poeta Luigi Camoens scrisse un Anfitrione, e un’altra farsa che leggesi nelle di lui opere. […] Finalmente il buon poeta Luperzio Leonardo di Argensola nato nel 1565, essendo nell’età di venti anni compose tre tragedie l’Isabella, l’Alessandra, e la Filli, le quali si rappresentarono con grandissimo concorso e molto profitto de’ commedianti.

233. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Teatro di Eschilo. » pp. 75-103

Prende Prometeo in buon grado le parole del l’amico, e dopo aver seco favellato di altri rigori da Giove usati con Atlante e con Tifeo, Prometeo l’esorta a partire, perchè schivi d’incorrere anch’egli nel l’indignazione del nuovo regnante. […] Osserviamo che Prometeo è un personaggio totalmente buono e benefattore dell’umanità, e che il buono effetto che fè in teatro c’insegna, che sebbene Aristotile ci diede una bellissima pratica osservazione nel prescrivere che il protagonista debba essere di una bontà mediocre mista a debolezze ed errori, non debba però tenersi per legge generale inviolabile, altrimenti ne mormorerà il buon senno che ci porta ad ammirar giustamente il bellissimo carattere di Prometeo, quello di Ajace in Sofocle, ed altri ancora di ottime tragedie moderne.

234. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Manifesta parimente in essa il suo buon senno col seguire più fedelmente che non in altre l’originale, non avendo dovuto risecar molto del dialogo giusto, naturale e patetico di Sofocle. […] Insomma il leggitore intelligente, oltre all’eleganza e alla maestà dello stile, ammirerà nelle di lui nobili imitazioni ora più ora meno libere ugual senno e buon gusto in quanto ritiene, in quanto altera e in quanto annoda con nuovo ordine. […] Accordiamogli di buon grado quel ch’egli aggiugne, cioè che il Dante, l’Ariosto e il Tasso stesso, non hanno fatti allievi alcuni tra’ Francesi (senza andarne rintracciando il motivo, ch’egli stesso per avventura con tanti altri suoi dotti compatriotti troverà poco glorioso per la testa e per la lingua Francese); e che Lope de Vega, il Castro e ’l Calderon si sieno più facilmente prestati alla loro imitazione. […] Non fu allora che con buon senno disse un inviato della Porta che assisteva ad una giostra, per un vero combattimento è poco, e per uno scherzo è troppo? […] Anche il dotto editore del Teatro Italiano ne portò un vantaggioso giudizio, al quale si soscriverà di buon grado chiunque la legga.

235. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 333-339

Fu anche il Bellotti scrittor di commedie, tra le quali Spensicratezza e buon cuore non compiutamente bandita dal nostro teatro, in virtù dell’interesse che ne desta l’intreccio e della vena di comicità di cui abbonda.

236. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 42-49

Fu un buon amoroso, e recitò applauditissimo nella Compagnia di Pietro Rossi e in quella di Giovanni Roffi di Firenze, dove con molto onore recitava ancora tra l’ 80 e l’ 81.

237. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

Questo dottissimo religioso, del quale è inutile fermarsi a tesser l’elogio, poiché meglio di me lo fa l’Italia tutta e l’Europa, fu il primiero, che mi confortò alla intrapresa, che rimosse da me ogni dubbiezza, che m’indicò le sorgenti, che mi fornì buon numero di libri rari, e di manoscritti, e che m’aprì ne’ suoi famigliari discorsi fonti d’erudizione vieppiù copiosi di quelli che ritrovassi negli autori. […] Le sue osservazioni circa le belle arti in genere, e circa la musica, e direzione del teatro in particolare sono assai giudiziose, e proficue, e dappertutto respirano l’onestà, la decenza, e il buon gusto.

238. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VII. Su i principali Requisiti per giudicar dritto de’ Componimenti Scenici, Mente rischiarata, e Cuore sensibile. » pp. 69-85

Saverio, che da queste parole traspare non solo scarsezza di sensibilità, ma certa zotica affettata ostentazione di buon gusto. […] Dico solo, che troppo vi è da spigolare nelle di lui bellissime Riflessioni, e che un cuore, che si è mostrato sì poco sensibile alle grazie, alle delicatezze, al calore, al patetico della maggior parte degli ottimi Poeti antichi, e moderni, poca impressione dovea fare nel vostro buon gusto, e non riscaldare il vostro zelo in sua difesa, perchè io dissi, che in quanto accennò delle Tragedie del Trissino, e del Tasso, dimostrò mancar di cuore per giudicarne drittamente.

239. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Indice. » p. 443

Caterina de’ Medici vi porta il buon gusto, e ne sorgono alcuni componimenti 243. […] 354. descrivo il buon gusto 439.

240. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — LIBRO VI » pp. 94-106

Per tal motivo il Caraccio col cardinal Delfino e con pochi altri sobrii scrittori, si considerarono da un Gravina, da un Crescimbeni e da altri gran letterati, come i primi ristoratori del buon gusto in Italia.

241. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO III. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 125-139

Il Crescimbeni giudicò tal rappresentazione di argomento profano; ma noi accordandoci di buon grado col cavaliere Tiraboschi, lungi dal crederla cosa teatrale sacra o profana, la reputiamo semplice spettacolo popolare senza verun dialogoa.

242. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO II. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 32-40

Il Crescimbeni giudicò tal rappresentazione di argomento profano; ma noi accordandoci di buon grado col chiar.

243. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO VI. Teatro Inglese. » pp. 291-300

Crebbe il male in guisa che si vide con orrore un buon re sentenziato da’ rei vassalli passar dal trono al palco, e lo stato che soffrir non volle nel re legittimo un’ autorità soverchia, si trovò effettivamente schiavo sotto gli speciosi nomi di repubblica e di protezione.

244. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Pisa, li 13 agosto 1745. » pp. 192-197

E furono scritti I due gemelli veneziani, che piacquero immensamente, contribuendo infinitamente al loro buon successo « la maniera incomparabilmente sostenuta dal Pantalone, che si vide al colmo della gloria e del contento.

245. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 96-104

A questo infatti, col mezzo del signor di Rohan suo cugino, allora in Firenze, fece, il 21 dicembre '99 da Parigi, l’invito formale di recarsi nel suo regno, promettendogli ogni buon trattamento : e l’invito fu accettato per la Pasqua vegnente, e il Duca Vincenzo I il 19 aprile raccomandava con ogni calore al Duca d’Aiguillon e al Duca di Nevers i suoi bonissimi recitanti.

246. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 245-250

Io godo della vostra riputazione più che della mia : avete il suffragio dell’Italia, e voi non avete bisogno di me per avere un gran nome nell’arte vostra, pure non ho desiderato essere un buon tragico quanto adesso che conosco andare in voi le doti dell’animo del pari con quelle dell’ingegno.

247. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 724-729

Levato poi di buon mattino, lo fe' tosto atterrare da contadini al par di lui intolleranti, e lieto dell’opera sua se n’andò nella vicina chiesetta a celebrar la messa.

248. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO V. Teatro Spagnuolo Tragico. » pp. 56-148

Lascio poi che l’istruzione morale che dee prefigersi un buon tragico non si scorge quale esser possa in tal tragedia. […] Dovea il buon sacerdote Numantino risalir col pensiero a’ Tarquinii Romani? […] Anche questa scena fondata su ipotesi tutte false e mancante d’interesse, di verisimiglianza e di grazia, sembrò pregevole al buon bibliografo encomiatore. […] Rachele (egli dirà) non può morir di buon grado, nè per l’esperta mano del boja divenir più bella. […] Nell’edizione di questa istoria del 1777 ne’ medesimi termini parlai della Lucrezia, e l’autore con nobile docilità prese in buon grado il mio giudizio senza punto alterare l’antica nostra famigliarità.

249. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Sotto Augusto, il quale pure incominciò un Ajace, Aristio Fusco scrisse commedie togate: un altro Cajo Tizio (diverso dall’oratore soprannomato) secondo Orazio fu buon poeta lirico e scrisse ancora tragedie: Ovidio fece una Medea, della quale abbiamo un frammento in Quintiliano: e il famoso Mecenate, oltre a’ varii poemi, compose alcune tragedie, come il Prometeo citato da Seneca, e l’Ottavia mentovata da Prisciano. […] l’uomo di buon gusto e discernimento quì vede il poeta, quando aspettava di vedere quella medesima madre trafitta e sì al vivo scolpita nell’atto terzo. […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non sono tradite dall’affettazione, benchè non mostrino di essere animate con que’ colori della natura che nella Troade e nella Medea enunciano la mano esperta di un buon pittore. […] , ma possono in essa senza oltraggio del buon senno ammirarsi varii tratti veramente sublimi, e certa vivacità di colorito nelle passioni che difficilmente si rinviene altrove.

250. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Di esse inutilmente si tesserebbe un catalogo compiuto, nulla avendone guadagnato il teatro, se non che potrebbero servir come di semenzai di pitture e di ritratti al naturale e di caratteri e di passioni poste in movimento ed a buon lume28. […] Ma le parole del prologo del Cervantes hanno tutta l’aria d’ingenuità che manca alla dissertazione, e distruggono sì manifestamente le sofistiche congetture del Nasarre, che io stimo che non mai quest’erudito da buon senno prestò fede egli stesso a quel che si sforzò di persuadere agli altri. […] Il buon poeta Luperzio Leonardo de Argensola nato nel 1565, essendo nell’età di venti anni compose tre tragedie l’Isabella, la Filli e l’Alessandra, le quali si rappresentarono con gran concorso e vantaggio de’ commedianti. […] Quest’inganno verisimilmente passò dall’Eximeno all’Efemeridi letterarie di Roma, dove nel 1782 al numero LII si vide intrusa questa forestiera asserzione, che la nazione Spagnuola è stata la prima ad aver un teatro regolato, onde presero norma tutti gli altri; e dall’Efemeridi si comunicò al nominato Don Vicente Garcia de la Huerta, il quale trionfando su queste parole da lui tenute per irrefragabili, fondò l’introduzione del suo famoso Prologo, dove la moltitudine de’ madornali spropositi gareggia colla di lui impertinenza, e col cumolo di villanie che vomita contro gl’ Italiani e i Francesi, de’ quali il buon uomo perfettamente ignorava, non che il valor letterario, lo stesso linguaggio. […] Garcia de la Huerta, dicendo, yo no he visto ninguno; ma io lo farei certo, se vivesse, di aver veduto ed ascoltato moltissimi che l’assermavano; di che soleva io maravigliarmi col mio dotto amico e buon poeta Nicolas de Moratin.

251. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

E è l’uomo di buon senso che non deva fremere nel veder per esempio Radamisto che, ferito in un braccio da Tiridate, continua ancora a gestire per tutta l’azione col braccio ferito, come l’avesse pur sano? […] Ma uno stato dove la passione s’esprime per reticenze e dove l’alternativo silenzio frapposto alle parole è il miglior indizio possibile della dubbiezza dell’animo, non potrebbe rappresentarsi con una sempre costante e non mai interrotta modulazione: quindi la regola dettata dal buon senso e dalla esperienza d’usar cioè vicendevolmente della poesia e degli strumenti come di due interlocutori che parlano l’uno dopo l’altro. […] Vengono proscritte dal buon senso tutte le cadenze eseguite nello stile di bravura, cioè quelle cadenze arbitrarie inventate all’unico fine di far brillare una voce accumulando senza disegno una serie prodigiosa di tuoni e raggirandosi con mille girigiri insignificanti. […] Come se avessero in qualche scrittura fatta per mano di notaio rinunziato solennemente al buon senso, così gli vedrete sovvertire e capo volgere ogni parte del melodramma. […] Dove questa fermata si fa non alla fine d’un periodo o d’una parola, come vorrebbe il buon senso e il richiederebbe l’inflessione patetica, ma in mezzo ad una parola o su una vocale staccata dalle altre?

252. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VIII. Teatro Lirico: Opera Comica: Teatri materiali. » pp. 177-187

Moline opera eroicomica che manca di comico e di eroico posta in musica dal celebre nostro Paisello, e Tarare di Beaumarchais stravaganza in cinque atti con prologo che incresce al buon senso, benchè diverta i volgari colle decorazioni spettacolose, e l’Amfitrione in tre atti nato e morto in un giorno nel 1788.

253. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 697-702

Or tu la squadra piglia, e giudica degli altri, o buon lettore.

254. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VI. Teatro inglese, alemano, e spagnuolo del medesimo nostro secolo. » pp. 389-417

E se la regolarità, il buon gusto, la verisimiglianza, l’interesse, e l’unità di disegno, che trionfano in quell’ultima, accompagnassero la robustezza e l’attività della prima oggi che ne son bandite le antiche buffonerie, la lite della preferenza sarebbe decisa a favor dell’inglese. […] Il re di Danimarca, che ha premiato questo buon poeta con una pensione considerabile, ha parimente istituita un’accademia in Copenaghen per esaminare e premiare i migliori drammi de’ concorrenti da far poi rappresentare nel suo teatro. […] Quest’autore ha felicemente copiato al vivo il popolaccio di Lavapiés e de las Maravillas, los Arrieros, cioé i mulattieri, i furfanti usciti da’ presidi, gli ubbriachi, e simil gentame che fa stomaco anziché piacere, e che il giudizioso M. de la Bruyère volea affatto esclusa dal buon teatro.

255. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

Sotto Augusto, il quale pure intraprese a scrivere un Ajace, Aristio Fusco compose commedie togate: un altro Cajo Tizio (diverso dall’oratore soprannomato) secondo Orazio fu buon poeta lirico, e scrisse ancora tragedie: Ovidio fece una Medea, della quale abbiamo un frammento in Quintiliano: e il famoso Mecenate, oltre a varii poemi, scrisse alcune tragedie, delle quali da Seneca si mentova il Prometeo, e da Prisciano l’Ottavia. […] L’uomo d’ingegno e di gusto purgato condona di buon grado i difetti, ove le bellezze di ogni tempo e di ogni clima soprabbondino. […] l’uomo di buon gusto e discernimento quì vede il poeta, quando aspettava di vedere quella medesima madre trafitta e sì al vivo scolpita nell’atto III. […] ma possono in essa senza oltraggio del buon senno ammirarsi varii tratti veramente sublimi, e certa vivacità di colorito nelle passioni che difficilmente si rinviene altrove.

256. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO I. Tragedie. » pp. 4-67

Lascio poi che l’istruzione morale che dee prefiggersi un buon tragico, non si scorge in tal tragedia quale esser possa. […] Dovea il buon sacerdote risalir col pensiero sino a’ Tarquinj? […] Ne’ medesimi termini parlammo della Lucrezia nell’edizione del 1777, e l’autore con nobile docilità prese in buon grado il nostro giudizio senza punto alterare la nostra antica famigliarità. […] L’esposta critica moderata, imparziale, lodativa ed amichevole anzi che no, punto non dispiacque allo stesso autore, che accoppiava gusto e buon senno alla patria e straniera erudizione, ed onorò la mia storia e questo mio giudizio lettogli prima d’ imprimersi, di un gentil suo sonetto. […] Il lettore non ne può comprendere il pensiero: Rachele (egli dirà) non può morir di buon grado, nè per l’esperta mano del boja divenir più bella.

257. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo sesto »

Ma onde sia venuta in mente a’ poeti siffatta idea; per qual istrano cangiamento di gusto una nazione sì colta sene sia compiacciuta a tal segno, che abbia nel teatro antiposta la mostruosità alla decenza, il delirio alla verità, l’esclusione d’ogni buon senso alle regole inalterabili di critica lasciateci dagli antichi; se il male sia venuto dalla poesia ovver dalla musica, o se tutto debba ripetersi dalle circostanze de’ tempi, ecco ciò che niun autore italiano ha finora preso ad investigare, e quello che mi veggo in necessità di dover eseguire a continuazione del metodo intrapreso, e a maggior illustrazione del mio argomento. […] Non sapendo come interessar il cuore colla pittura de’ caratteri e delle passioni, cercarono d’affascinare gli occhi e gli orecchi coll’illusione, e disperando di soddisfare il buon senso, s’ingegnarono di piacere alla immaginazione.

258. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO V. LIBRO VII » pp. 107-140

La rassomiglianza che in certo modo ha con l’Alzira, non ha nociuto al buon successo di Zuma. […] Nè questo nè il buon senno di uno scrittore francese ha punto giovato a richiamar su quelle scene l’opera eroica all’imitazione degli uomini da quella de’ demoni e delle furie ballerine.

259. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XV. ed ultimo. Conchiusione con pochi Avvisi amorevoli agli Apologisti. » pp. 214-236

Fornito come siete di tanta dottrina, erudizione, e buon gusto, e sopratutto di ottima morale, forse non ne abbisognerete punto. […] Felice se potrò far con essi, o che voi sempre con più vigore assaltiate, ed esterminiate i vostri avversarj, formando della Letteratura Spagnuola un’ Apologia da essere un monumento della vostra sapienza ære perennius; o se potrò almeno rimettere nel buon cammino qualche altro futuro Apologista traviato, sendo questo uno de’ benefizj chiamati innoxiæ utilitatis, che la Natura c’insinua di praticare, Ἐις ὀδὸν ἀλὐοντα ἀγε.

260. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Questo buon pittore della natura, come lo chiamò Voltaire, prima di fare assaporare agl’istrioni la commedia di carattere dal Machiavelli sì di buon’ora mostrata sulle scene di Firenze, servì al bisogno, ed al mal gusto corrente. […] Riusci dunque nell’intento che si prefisse, e si attenne poi da buon senno al sistema delle sue fiabe. […] L’autore stesso parmi che la diffinisca sagacemente : io la credo difettosa secondo i principii dell’arte, ma la tengo per una commedia di buon effetto, e scritta con sufficiente artificio e cognizione di teatro. […] Odorico non mostra nè saviezza nè costanza in ciò che delibera ; e queste nozzecosi a buon tempo affrettate hanno l’aria sguajata, anzi la maschera (e nulla più di maschera) delle nozze di Marzia con Arbace nel Catone. […] È questa che non ignora che ciò che si chiama buon gusto dipende unicamente dalla conoscenza di questo bello.

261. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO II. LIBRO II » pp. 34-49

L’uomo d’ingegno e di gusto purgato condona di buon grado i difetti, ove le bellezze di ogni tempo e di ogni clima sovrabbondino.

262. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VIII. Degl’Inventori del Dramma Pastorale. » pp. 86-94

Lampillas a leggere El Viage Entretenido del buon Poeta Agostino de Roxas, che egli forse in fide parentum stimò che fosse una Storia de’ Teatri delle antiche Nazioni, ed anche dello Spagnuolo.

263. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO II. Pastorali Italiane del XVII secolo. » pp. 274-291

Le opere che riscuotono gli applausi dell’Europa e degli uomini di gusto e di buon senno, eccitano alle censure la vanità e l’invidia.

264. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO II. Pastorali Italiane. » pp. 131-143

Le opere che riscuotono gli applausi dell’ Europa e gli encomj degli uomini di gusto e di buon senso, eccitano alle censure la vanità e l’invidia.

265. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 186-194

E quando dopo tanti anni di buon umore, l’artista si presentò al pubblico, dicendogli bruscamente : « domani a sera venite a piangere : — Morte civile ! 

266. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 349-355

Neanche Parigi volle sapere delle commedie di buon gusto ; e prima ancora di aprire il teatro, egli dovette obbedire, e cedere alle voglie del pubblico, che non si aspettava dagl’ italiani se non uno sregolato riso.

267. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Si pensava per l’addietro che questo fosse un poema consecrato alle favole e da cui per istatuto se ne dovesse sbandire il buon senso. […] Il decoratore conoscerebbe con sicurezza il campo che liberamente può scorrere la fantasia nelle invenzioni drammatiche senza rapir i suoi diritti al buon senso, troverebbe nel piano di ciascuno de’ suoi componimenti il segreto ma costante rapporto che dee metter l’arte fra la musica e la prospettiva, o ciò ch’è lo stesso fra l’occhio e l’orecchio ne vedrebbe quante fatiche gliene abbia risparmiato il poeta , qual folla di mezzi indicati a fine di preparare, mantenere, ed accrescere l’illusione, quanti germi d’invenzione, quai lampi di genio pittorico somministratigli ora nei cangiamenti di scena, or nelle pitture vaghissime, che scorgonsi ad ogni tratto ne’ suoi componimenti. […] Quantunque la lettura di quelli autori contribuisca in oggi tanto agli avanzamenti del gusto quanto giovano alla vera cognizione dell’Antichità le ricerche sulla struttura delle bracche che portava Marco Tullio, o le fatiche di quel buon monaco bolognese che scrisse una lunga dissertazione investigando qual fosse la costa che Iddio staccò dal fianco di Adamo per fabbricar il corpo della madre Eva. […] [40] Molto più mi rincrescerebbe il non poterlo scolpare da altri difetti, i quali imitati incautamente dai giovani potrebbero condurli alla rovina del buon gusto. […] Siffatti ragionamenti, ammessi che fossero una volta, farebbero crollare quel buon senso e quella illuminata ragione che dee pur tutti guidare i lavori dell’ingegno.

268. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

Perchè hanno tutti sì buon stomaco. […] Se si attenda alla felicissima dipintura de’ caratteri introdotti che non può migliorarsi, e all’ardita satira de’ licenziosi costumi allora dominanti, e a i sali e alle grazie dello stile; noi converremo di buon grado col celebre conte Algarotti che in essa ritrova la eleganza del dire di Terenzio, e la forza comica di Plauto. […] Tralle dipinture lodevoli di questa favola ci si presentano i bellissimi ritratti del buon padre di famiglia e del traviato coloriti egregiamente nella quarta scena dell’atto II delineati da Sofronia nella persona stessa di Nicomaco; veri, naturali, senza massime generali, senza sforzi di spirito, senza affettazioni, senza tirate istrioniche da Pantalone. […] I Francesi stessi e la conobbero e la pregiarono e ne favellarono con senno e buon gusto, ancor prima di conoscere i drammatici spagnuoli. […] Nol posso dire, egli mi risponde, prima de’ nove giorni, e vestitosi si va di buon passo a dormir con Flaminio suo amico; io resto con più sonno che paura, ridendo e compassionandolo.

269. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

Perchè hanno tutti sì buon stomaco. […] Se si attenda alla felicissima dipintura de’ caratteri introdotti che non può migliorarsi, e all’ardita satira de’ licenziosi costumi allora dominanti, e a i sali e alle grazie dello stile, noi converremo di buon grado col celebre conte Algarotti che in essa ritrova la eleganza del dire di Terenzio e la forzæ comica di Plauto. […] Tralle dipinture lodevoli di questa favola ci si presentano i bellissimi ritratti del buon padre di famiglia e del traviato coloriti egregiamente nella quarta scena dell’atto II fatti da Sofronia nella persona stessa di Nicomaco, vivi, veri, naturali, senza massime generali, senza sforzi di spirito, senz’affettazioni, senza tirate istrioniche da Pantalone. […] Nol posso dire, egli mi risponde, prima de’ nove giorni, e vestitosi si va di buon passo a dormir con Flaminio suo amico; io resto con più sonno che paura, ridendo e compassionandolo. […] La protestazione ch’egli fa nel prologo della Sporta, mostra l’intelligenza ed il buon gusto che possedeva in questo genere: In essa (egli dice) non si vedranno riconoscimenti di giovani, o fanciulle, che oggidì non occorre, ma accidenti di una vita civile e privata sotto una immaginazione di verità, e di cose che tutto il giorno accaggiono al viver nostro.

270. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

L’ignoranza di quei tempi fece altresì che i poeti destinati a comporre i motteti o gli inni li lavorassero senza la menoma idea di buon gusto, ond’è che ricercavansi da loro le parole più barbare, s’usavano i metri più esotici mai non ricevuti nell’idioma latino, e si riempivano di sentimenti inettissimi, o incompatibili fra di loro37. Da ciò ne risultava altresì che il popolo da una banda, e i migliori spiriti dall’altra disgustati dal misero strazio che si faceva della poesia, della musica, e del buon senso, preferivano all’armonia destinata al culto dell’Altissimo le voluttose cantilene del secolo, le quali a poco a poco ebbero in chiesa la preferenza. […] Se non che l’esempio di questo grande armonista non ha avuta alcuna influenza nell’Italia dove la musica ecclesiastica con discapito della religione, con iscandalo degli esteri, e con irreparabile iattura del buon gusto dura sul medesimo piede dopo due secoli, nonostanti alcune rispettabili eccezioni che, per esser poche, non bastano a derogare al costume generale.

271. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XII. Confronto Apologetico della Opera Italiana, e della Commedia Spagnuola. » pp. 149-181

Nicolàs de Moratin, il quale, quantunque non sia stato un Criticastro, ma un buon coltivatore delle amene Lettere, pure si accordò col prelodato Sig. […] Venne indi il Moniglia, il Capece, il Lemene, il Manfredi, e la Poesia fe qualche passo verso il buon sentiero, e questi trassero l’Opera dal maraviglioso della Mitologia a’ fatti storici Eroici. […] E quando pure i moderni Roscj e Neottolemi in compagnia de’ migliori Critici di buon gusto vi avranno ben riflettuto, non perverranno a conseguirlo per le difficoltà sopraccennate del verso, dell’Attore, del linguaggio, e di cento altre minuzie, che smentiscono la rappresentazione.

272. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388

Belloy certe qualità che annunziano l’uomo di buon gusto e d’ingegno, e benché si osservi ne’ di lui versi molta durezza e negligenza, e uno stile poco naturale e pieno di altri difetti notati con laudevol cura e magistrale intelligenza dal fu M.  […] Parimente la commedia dopo aver sino alla metà del secolo, o poco più oltre, prodotto più d’un buon componimento in prosa e in verso, cangiando oggetto col divenir capricciosa prende in prestanza le spoglie della tragedia cittadinesca, e in lei si perde e si confonde234. […] Un giovane studioso ne osserverà i riferiti pochi tratti naturali e felici, e fuggirà d’imitar l’autore nel carattere d’un padre di famiglia, che piange a tutte le ore, e filosofa vanamente: d’un padre, cui non manca buon cuore e tenerezza per gli figli, ma si bene una prudenza attiva nelle circostanze scabrose: d’un padre ricco, che invece di far la figura principale in ciò che maggiormente importa, si riduce a rappresentare il secondo personaggio dopo il commendatore, che colle sue maniere, co’ suoi pregiudizi, colle sue stravaganze mette la casa in iscompiglio, e ridusse alla disperazione il nipote243.

273. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

E se la regolarità, il buon gusto, la verisimiglianza, l’ interesse e l’unità di disegno, pregi che si ammirano spesso nella francese, si vedessero congiunti alla robustezza e all’attività dell’ inglese oggi che questa ha deposte le antiche buffonerie che ne deturpavano il coturno, sarebbe forse a suo favore decisa la lite della preferenza. […] A differenza delle commedie francesi, ove trionfa un solo carattere principale, rimanendo gli altri illuminati da una luce riflessa, in questa commedia tutti i personaggi hanno un colorito e un carattere vivace e compariscono a buon lume. […] Per esempio egli alle dame e agli zerbini che vengono in bottega, presenta uno specchio, in cui (egli dice) la civettuola può vedere la sua vanità, la bacchettona la sua ipocrisia, non poche femmine più bellezza che modestia, più smancerie che grazie, più spirito che buon senso.

274. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

Cornelio che dopo aver cessato di scrivere pel teatro pur vi era stato indotto un’ altra volta, al fine da buon senno nel 1675 dopo la rappresentazione del Surena, che non fa scorno alla vigorosa vecchiezza di sì gran tragico, rinunziò alla poesia drammatica. […] Nella Fedra più che la soverchia pompa del racconto di Teramene da ognuno osservata, ferisce il gusto e il buon senno il sentire con figure intempestive e con improprj e falsi pensieri, che il cielo guarda con orrore il mostro marino, la terra n’è scossa, l’aria infettata, e le onde che lo condussero alla riva, rinculano spaventate.

275. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Accordiamo di buon grado quel che egli aggiugne, cioè che il Dante, l’Ariosto e il Tasso stesso non hanno fatti allievi alcuni tra’ Francesi (senza andarne rintracciando il motivo che egli stesso con altri suoi compatriotti troverebbe poco glorioso per la testa e per la lingua francese): e che Lope de Vega, il Castro e il Calderòn siensi più facilmente prestati alla loro imitazione. […] Non fu allora che con buon senno disse un Inviato della Porta che assisteva ad una giostra, per un vero combattimento è poco, e per uno scherzo è troppo ? […] Poichè per lo scoprimento di essere Alvida sua sorella si avvisa il re Torrismondo di proporre le nozze di Germondo, odasi in qual guisa ella ne frema e si creda schernita: Mentre il crudel così mi scaccia e parte, Prende gioco di me, marito vostro, Mi dice, è il buon Germondo, ed io fratello; Et adornando va menzogne e fole Di un ratto antico, e di un’ antica fraude; E mi figura e finge un bosco, un antro Di ninfe incantatrici, e il falso inganno Vera cagione è del rifiuto ingiusto; E fia di peggio. […] Anche il dotto editore del Teatro Italiano ne portò vantaggioso giudizio, al quale si sottoscriverà di buon grado chiunque la legga. […] Un’ immagine anche bene espressa è la seguente: Parve di morte empirsi, e restò chiusa Sua vita io non so dove, e fu simile Nel viso ai morti, e per buon spazio tacque Feritosi al fine Simandio gli toglie dal petto il pugnale, Dicendo, ah Nino!

276. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

In tal periodo non pertanto qualche buon talento mostrò d’intendere l’arte della tragedia senza appressarsi ai modelli grandi. […] L’autore ebbro del buon successo del primo suo saggio tragico volle ergersi a legislatore del teatro e dare ad intendere che la sua tragedia dovesse tenersi per modello d’arte e di gusto. […] Il credito dunque che godè Piron di uno de’ tragici francesi degno di rammemorarsi con onore, vennegli dal Gustavo censurato da alcuni critici di poco conto e difeso dal proprio autore con forza e con buon evento. […] La rassomiglianza che per questa parte ha con l’Alzira, non ha nociuto al buon succsso di Zuma. […] L’amor mio, replica Bianca; quando mio padre è venuto a prevenirmi di avermi destinata al maggiore degli eroi di Venezia, ho creduto ch’egli con ciò ti avesse voluto indicare, ed ho dato di buon grado il mio consenso!

277. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

La sua nota erudizione, lo studio che ha fatto del cuore umano, la sua sensibilità, il buon gusto, l’eleganza della sua penna tanto esercitata, le raccomandano al pubblico, e fanno desiderare che si producano. […] Al suo dire dunque, se le leggi per le circostanze de’ popoli esigono cambiamenti o moderazioni, altro non è permesso al buon re che ciecamente eseguirle, dovesse anche soffrirne lo stato? Il buon re perde dunque ogni diritto di provvido legislatore? […] Di grazia Garzia potrà meritamente riscuotere compassione, poichè si è determinato a così esecrabile esecuzione, per cui trafigge per equivoco un buon fratello, volendo pero assassinare deliberatamente il padre innocente della sua amata? […] Quest’Odorico non mostra molta saviezza nelle sue disposizioni; e queste nozze così a buon tempo assrettate hanno l’aria, anzi la maschera (e nulla più di maschera) di quelle di Marzia con Arbace nel Catone.

278. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Del teatro »

E chi non vede che è un metter sossopra ogni buon ordine, ogni regola?

279. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

Il figlio Giovanbattista (V.) la pone tra’ più noti scrittori de suoi tempi : L’Arïosto famoso e l’Aretino, Torquato Tasso, il buon Giraldi, il Caro, lo Sforza d’Oddi, il Cremonin facondo, il leggiadro Guarini, il Bracciolino, di Partenope il Porta, e in un la dotta Isabella Gelosa…. […] Lascio al buon Francesco Bartoli tutti i più bei fiori della Rettorica, e la sana Filosofia e gli scherzosi detti che allettar possono infinitamente, di cui trova sparse le lettere di lei. […] Anzi, ch’io sono l’istesso mal tempo per voi, poichè per me dite, che non havete mai buon tempo : noi sogliamo dire quando il cielo è coperto di nubi, ch’egli è mal tempo ; e voi mille volte m’avete detto che il mio viso è un cielo angusto, ma che le mia ciglia torve di sdegno son quelle nubi, che lo rendino fosco & oscuro ; l’oscurità cagiona mal tempo, dunque io sono il vostro mal tempo. […] Il progresso dell’arte esteriore, se così posso dire, ossia di tuttociò che concerne il gesto, la voce, la dizione ; quel progresso che fa spesso proferire un discorso eterno colle spalle voltate al pubblico, e tutto d’un fiato, rapido, precipitoso, ruzzolato, che il pubblico non arriva mai ad afferrare ; quel progresso che fa del palcoscenico, nel nome santo della verità, e a scapito dell’arte e del buon senso, una stanza a quattro pareti, senza tener conto quasi mai che per una di esse, il boccascena, gli spettatori han diritto dai palchi e dalla platea di vedere e udire quel che accade lassù ; quel progresso, dico, ha vita da poco più che trent’ anni.

280. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

I Greci ebbero ancor essi i loro “guastamestieri” corruttori del buon gusto ecc,… e lo stesso è seguito e segue ancora fra noi; ma da tutto questo si deve forse arguire che non esiste più una buona musica, o si deve piuttosto confessare per nostra confusione che finché durerà il mondo vi sarà sempre il male accanto al bene, e vi saranno sempre autori mediocri e cattivi in tutte le arti e in tutte le sciente accanto a’ buoni? […] E s’egli ci dirà che s’intese di lodar la musica de’ primi inventori del buon gusto, come di un Pergolesi, di un Leo ecc. e non la nostra; noi gli risponderemo lo stesso che già si rispose ad altri nella summentovata nota13. del nostro libro Regole armoniche, cioè che la musica d’allora in poi avendo sempre guadagnato, non è stata mai tanto eccellente come lo è presentemente.» […] E se tra i più non regna il buon gusto nelle anzidette facoltà, io ho avuto ogni ragione di dire ch’esse sono al presente nella loro decadenza; giacché lo stato d’un’arte in un secolo, e presso ad una nazione dai più si misura, e non dai pochi. […] Ecco le sue parole: «E se il Signor Arteaga ci dirà che s’intese di lodar la musica de’ primi inventori del buon gusto come d’un Pergolese, e d’un Leo ecc. e non la nostra, noi gli risponderemo lo stesso che già si rispose ad altrui nella summentovata nota 13. del nostro libro Regole armoniche, cioè che la musica d’allora in poi non è stata mai tanto eccellente quanto lo è presentemente.» Ora se la nostra musica “ha sempre guadagnato” dai tempi di Pergolese e di Leo infino al presente, e se trovasi attualmente nella sua eccellenza, perché non trarre i classici esemplari dalla nostra musica, da loro anziché da quella degli inventori del buon gusto?

281. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Cristofero Suarez de Figueroa giureconsulto si distinse colla traduzione del Pastor fido impressa in Valenza nel 1609; ed il sivigliano Giovanni Jauregui buon pittore e poeta emulo del Quevedo e del Gongora che produsse in Roma la bella sua versione dell’Aminta nel 1607, ed in Siviglia con nuova cura nel 1618. […] Condiscende il buon vecchio, e si conviene che Isabella rimarrà senza prender marito tre anni e tre giorni, e questi scorsi nè tornando Diego più ricco, possa dare la mano a Ferdinando. […] Moreto non pertanto pieno di buon senso vide molti difetti del teatro spagnuolo, e più di una volta ne rise. […] Notabili sono in essa il carattere del re Alfonso detto il savio, e quello di un uomo di campagna pieno di virtù, e di buon senso naturale. […] È argomento di perfezione, che mentre i personaggi subalterni cianciano a buon dato, Elisa figura principale del quadro, in cinque atti appena recita 170 versi e Jarba non meno necessario all’azione è riserbato unicamente a sotterrar Didone?

282. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Si vede in essa dipinta una falsa virtuosa contrapposta ad una sua cugina amante de’ piaceri, ma ingenua e di buon cuore, come anche ad un uomo candido, il quale giudica bene della prima, e male della seconda per prevenzione fondata sulle apparenze, che però al fine si disinganna a stento per opera di una fanciulla che si occulta sotto spoglie virili. […] «Mancavagli (dice Palissot) la profonda conoscenza del cuore umano, quella del mondo, e dell’arte comica… Mai non possedè (soggiugne) il talento del buon dialogo drammatico fondato nell’imitazione fedele del miglior genere di conversazione.» […] In qualità di capo egli anima e governa i Societarii dell’Odeon di Parigi che prima passarono al teatro Feydeau, indi a quello di Louvois, e somministra loro tuttavia un buon numero di componimenti.

283. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

E se la regolarità, il buon gusto, la verisimiglianza, l’interesse e l’unità di disegno, pregi che si ammirano spesso nella francese, si congiungessero sul Tamigi alla robustezza e all’attività del britanico coturno, oggi che ha questo deposte le antiche buffonerie che lo deturpavano, sarebbe forse a suo favore decisa la lite di preferenza. […] A differenza delle commedie francesi ove trionfa un solo carattere principale, rimanendo gli altri illuminati da una luce riflessa, in questa commedia tutti i personaggi hanno un colorito, e un carattere vivace, e compariscono a buon lume. […] Per esempio egli alle dame e agli zerbini che vengono in bottega, presenta uno specchio, in cui (egli dice) la civettuola può vedere la sua vanità, la bacchettona la sua ipocrisia, non poche femmine più bellezza che modestia, più smancerie che grazie, più spirito che buon senso.

284. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Delle scene »

Ed io punto non dubito che l’istesso Serlio, dal cui trattato sopra le scene si può ricavare per altro qualche buon lume, non si compiacesse pur assai considerando come senza l’aiuto dei rilievi di legname sia da noi vinta qualunque difficoltà di prospettiva, come in siti ristrettissimi si facciano da noi apparire di grandi luoghi e spaziosi, considerando sin dove sia giunta al dì d’oggi in tal parte la scienza degli pittoreschi inganni.

285. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 958-966

r Marchese Nicolò Tassone domenica alle quattro hore di notte mentre recitavo mi fu datta una sua, la quale aperta a casa, dall’intendere il buon animo che S.

286. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 484-498

Non poche sortirono buon successo, come La Spia, L'unico figlio, Le ragazze scherzano, ecc.

287. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Di esse inutilmente si tesserebbe un catalogo compiuto, nulla avendone guadagnato il teatro, se non che potrebbero servire come di semenzai di pitture, e di ritratti al naturale, e di caratteri, e di passioni poste in inovimento, ed a buon lumea. […] Ma le parole del Cervantes hanno tutta l’aria d’ingenuità che manca alla dissertazione, e distruggono sì manifestamente le sofistiche congetture del Nasarre, che io stimo che non mai quell’erudito da buon senno prestò fede egli stesso a quel che si sforzò di persuadere agli altri. […] Il buon poeta Luperzio Leonardo de Argensola nato nel 1565, essendo nell’età di venti anni compose tre tragedie l’Isabella, la Filli e l’Alessandra, le quali si rappresentarono con gran concorso e vantaggio de’ commedianti. […] Quest’inganno verisimilmente passò dall’Eximeno all’Efemeridi letterarie di Roma, dove nel 1782 al numero LII si vide intrusa questa forestiera arbitraria asserzione: che la nazione spagnuola è stata la prima ad aver un teatro regolato , onde presero norma tutti gli altri ; e dall’Efemeridi si comunicò a Vicente Garcia de la Huerta, il quale trionfando su queste parole da lui tenute per oracoli irrefragabili, fondò l’introduzione del suo famoso Prologo, dove la moltitudine de’ madornali spropositi gareggia colla di lui arroganza ed impertinenza, e col cumolo di villanie che vomita contro gl’Italiani e i Francesi, de’ quali il buon uomo perfettamente ignorava, non chel valor letterario, lo stesso linguaggio.

288. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Prende Prometeo in buon grado le parole dell’amico, e dopo aver seco favellato di altri rigori da Giove usati con Atlante e con Tifeo, Prometeo l’esorta a partire, perchè non abbia anch’egli ad incorrere nell’indignazione del nuovo regnante. […] Leviamo un pò più su il guardo ed osserviamo che Prometeo è un personaggio totalmente buono e benefattore dell’umanità, e che il buono effetto che se in teatro, c’ insegna, che sebbene Aristotile ci diede una bellissima pratica osservazione nel prescrivere che il protagonista debba essere di una bontà mediocre mista a debolezze ed errori, non debba però tenersi per legge generale inviolabile, altrimenti ne mormorerà il buon senno che ci porta ad ammirare giustamente il bellissimo carattere di Prometeo, quello di Ajace in Sofocle, ed altri ancora di ottime tragedie moderne (Nota V). […] Achille avea promesso di salvarla dalla violenza; ma quando ella si offre di buon grado alla morte, secondo i principj della religione pagana non gli era lecito più di liberarnela senza esser sacrilego, e quindi desiste dalla promessa difesa. […] Aggiungiamo qualche sentenza sparsa nel Saggio sul Gusto di Cartaud de la Vilade, affinchè il leggitore, dopo avere ammirato nel bel parallelo surriferito un prezioso monumento del buon gusto e del giudizio degli ottimi critici della Senna, possa divertirsi con un piacevole contrasto del gusto vero col fantastico, di una scelta erudizione colla leggerezza, e del dotto Le Batteux col bello-spirito La Vilade. […] Archelao buon commediante rappresentò in Abdera l’Andromeda in una state sommamente calda, e non pochi spettatori uscirono dal teatro febbricitanti.

289. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

In oltre se voi non siete da buon senno dichiarato pertinace nemico della verità istorica, dovete confessare, che la Musica a quei tempi s’impadronì degli animi Italiani, e l’Arlecchino parve freddo alla maggior parte, e rimase presso che interamente abbandonato. […] Mi resta ancora un buon numero di savj nazionali, veri amatori della Patria, i quali riprovano quelchè l’Apologista prende a difendere; ma non vò stancare i miei Leggitori.

290. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108

E quanto più le arti imitatrici si perfezionavano, più il ballo imitava con buon senso, più si soggettava a una rappresentazione vivace e vera, più se ne desiderava lo spettacolo; e quindi uscì l’arte pantomimica portata dagli antichi all’eccellenza. […] Criticastri meschini, per ispacciarvi da uomini d’importanza, di spirito, di gusto, di buon senso, rinfaccerete, gonfiando la bocca, i potini ad Atene, gli orsi e i funamboli a Roma, i duelli de’ galli e ’l teatro delle teste da parrucche di M. 

291. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Il Cornelio che dopo aver cessato di scrivere pel teatro, pure vi era stato di nuovo indotto, al fine da buon senno nel 1675 dopo la rappresentazione del Surena, che non fe scorno alla vigorosa vecchiezza di sì gran tragico, rinunziò alla poesia drammatica. […] Nella Fedra, più che la soverchia pompa del racconto di Teramene da ognuno osservata, ferisce il gusto ed il buon senno il sentire con figure intempestive e con improprii e falsi pensieri, che il cielo guarda con orrore il mostro marino, la terra n’è scossa, l’aria infettata, e le onde che lo condussero alla riva, rinculano spaventate .

292. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VII. Della vera commedia Francese e dell’Italiana in Francia. » pp. 144-176

La Bacchettona, ovvero la Custoditrice della Cassetta tratta da una favola inglese è parimente scritta in versi di dieci sillabe, e vi si vede ben dipinta una falsa virtuosa contrapposta ad una sua cugina amante de’ piaceri ma ingenua e di buon cuore ed anche ad un uomo candido, il quale giudica bene della prima e male della seconda, ed al fine a stento si disinganna per opera di una fanciulla che si occulta sotto spoglie virili. […] Mai non possedè il talento del buon dialogo drammatico fondato nell’imitazione fedele del miglior genere di conversazione”.

293. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Ferrara il dì 27 febraro 1618. » pp. 519-525

Torno a dire che ragionevolmente fate della sua persona buon giudicio : mouendoui a ciò, potrebbe essere la forza delle stelle che forsi nel uostro natale, nello stesso modo all’uno et all’altro concorsero.

294. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »

Il buon gusto e la filosofia debbono tutto sagrificare a questi due fini, e siccome gli uomini radunati in società rinunziarono alla metà de’ suoi diritti per conservar illusa l’altra metà, così il poeta purché conservi ed accresca i dilicati piaceri del cuore, e della immaginazione, purché dia campo alla musica d’ottener compiutamente il suo fine, non dee imbarazzarsi gran fatto dei cicalecci dei critici, che gli si oppongono. […] Non dee star attaccato alla unità di scena, ma non dee trascurarla a segno, che ad ogni scena vi sia un cangiamento, o che gli spettatori vengano trasportati ad un tratto da Pechino a Madrid, o dall’Erebo all’Olimpo: «In vitium ducit vitii fuga…» [41] Insomma il poeta drammatico abbia pur fisso nell’animo, che il buon senso vuol essere da per tutto rispettato, e che gli squarci più vaghi d’immaginazione, e d’affetto non difendono un autore dalla censura quando va contro ai dettami della ragione. […] Eppure per non aver consultato il buon senso nell’orditura de’ suoi drammi fu posto in ridicolo da Boileau 9.

295. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X ed ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati teatri, e della condizione degli attori Greci. » pp. 298-315

Non per tanto dove i costumi mancano di una pubblica scuola teatrale che ammaestri il popolo sotto gli occhi di un provvido governo: dove il teatro, in cambio di essere scuola, fomenta le laidezze, le goffaggini, le assurdità, le bassezze, i pregiudizj, e resta abbandonato dalla gente colta e di buon gusto: dove la poesia drammatica si trascura, si pospone alle farse informi, e si avvilisce per le declamazioni degl’ imperiti, de’ pedanti orgogliosi e raggiratori, o de’ filosofi e matematici immaginarj: dove in somma si cade nell’eccesso contrario delle repubbliche Greche, ognuno vede che in un popolo così guasto si chiudono le cattedre di educazione e di morale che sono le ausiliatrici della legislazione.

296. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Ma se non dee cantarsi quest’immagine piena di affetti attivi, tuttochè sappiasi che i Greci animarono colla musica tutta una tragedia, ci dica il signor Sulzer, quali cose sono da cantarsi senza offendere il buon senno, non dico in teatro, ma fuori ancora?

297. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 21-36

Io tanto più di buon grado ne trascriverò qualche osservazione, quanto più mi sembra conducente a far meglio conoscere per mezzo di un nazionale il carattere del poeta Inglese.

298. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Cristoforo Suarez de Figueroa giureconsulto si distinse colla traduzione del Pastor fido impressa in Valenza nel 1609; ed il Sivigliano Giovanni Jauregui buon pittore e poeta emulo di Quevedo e di Gongora impresse in Roma la bella sua versione dell’ Aminta nel 1607, ed in Siviglia con nuova cura nel 1618. […] Condiscende il buon vecchio, e si conviene che Isabella rimarrà senza prendere marito tre anni e tre giorni, e questi scorsi nè tornando Diego più ricco, possa dare la mano a Ferdinando. […] Moreto non per tanto pieno di buon senso vide molti difetti del teatro spagnuolo, e più di una volta ne rise. […] La prima dicesi composta da un Ingenio, e vi è introdotto anche il re Don Pietro il crudele, il quale andando alla caccia obbligato da un’ improvvisa tempesta si ritira in casa del labrador Juan Pasqual, con cui nel tempo della cena ragiona allegramente, ed intende parlar di se, senza le basse lusinghe cortigianesche, da un uomo di buon carattere e fornito di saviezza. […] Notabili sono in essa il carattere del re Alfonso detto il Savio, e quello di un uomo di campagna pieno di virtù e di buon senso naturale.

299. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Achille avea promesso di salvarla dalla violenza; ma quando ella si offre di buon grado alla morte, secondo i principii della religione pagana, non gli era lecito più di liberarnela senza esser sacrilego, e quindi desiste dalla promessa difesa. […] Aggiugniamo qualche sentenza sparsa nel Saggio sul Gusto di Cartaud de la Vilade, affinchè il leggitore, dopo avere ammirato nel surriferito bel parallelo un prezioso monumento del buon gusto e del giudizio degli ottimi critici della Senna, possa divertirsi con un piacevole contrasto del gusto vero col fantastico, di una scelta crudizione colla leggerezza, e del dotto Le Batteux col bello-spirito La Vilade. […] Archelao buon commediante rappresentò in Abdera l’Andromeda in una state sommamente calda, e non pochi spettatori uscirono dal teatro febbricitanti.

300. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Lo prega ad ascoltarlo da parte, protestando che se lo trovasse colpevole, gli cederebbe di buon grado il regno; ma se conoscerà la sua innocenza, si uniranno insieme cercando entrambi ogni più opportuno sollievo al proprio dolore. […] Io tanto più di buon grado ne trascriverò qualche osservazione, quanto più mi sembra conducente a far meglio conoscere per mezzo di un nazionale il carattere del poeta drammatico inglese.

301. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

Per riuscire nel primo lavoro, si vale il buon poeta di un’ azione importante ma semplice per dar campo al dialogo in cui spicca l’ entusiasmo tragico. […] Bellezze originali son parimente, e fatte per l’ immortalità, le vie tentate da Tito per sapere il segreto di Sesto: le angustie di questo infelice posto nel caso o di accusar Vitellia, o di commettere una nuova ingratitudine verso il suo buon principe: l’ ammirabile combattimento di Tito nel soscrivere la sentenza nella scena 7 del III, che meritò l’ammirazione di Voltaire.

302. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO I. LIBRO I » pp. 12-33

Che, come, se rapisce un buon boccone Correndo in giro cerca la gallina Dove sicura il becchi, e intanto celere La segue un’ altra, ed essa più si affretta, Non altramente chi si avvenne il primo Nella delizia del prezioso pesce Ghiotto saltella col bel tondo stretto, E fugge intorno e ’l van seguendo gli altri.

303. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

Ma se non dee cantarsi quest’immagine piena di affetti attivi, tuttochè sappiasi che i Greci animarono colla musica tutta una tragedia, potrebbe dirci il signor Sulzer, quali cose sono da cantarsi senza offendere il buon senso, non dico in teatro, ma fuori ancora.

304. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 461-471

L'attenzione del Sacco fu in buon grado accolta, e generosamente premiata da Sua Maestà.

305. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

La Virginia, mal grado del buon dialogo d’Icilio e Numitore nell’atto I, e del racconto felice e senza ridondanza del di lei ammazzamento, si posporrà sempre a tutte le altre a cagione dell’ episodio della deflorata Volunnia che si frammischia al fatto di Virginia. […] Sin dalla prima gioventù mostrò gusto e buon senno colla scelta di ottimi argomenti per due sue favole impresse in Napoli nel 1715, il Crispo e la Polissena. […] Il senatore Marescalchi di Bologna diede alla luce delle stampe in Bassano nel 1788 una tragedia di Antonio e Cleopatra, di cui loderemo di buon grado varj tratti di Romana grandezza che vi si possono notare. […] In oltre egli comanda le truppe di Rosmunda contro Almachilde, si pugna, e mentre ferve ancor la battaglia, il buon generale abbandona il campo e torna insulsamente nella reggia &c. […] Il buon uomo prendeva domestica facta per argomenti privati, o di personaggi di seconda classe.

306. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo settimo »

[2] Roma, che in ogni tempo si dichiarò protettrice delle arti e delle lettere, sì perché le une e le altre servono ad abbellire il maestoso edifizio della religione, come perché questa nuova maniera di signoreggiare negli animi si confà molto alle mire di quella Capitale del mondo cristiano, e perché gli avanzi non anco spenti della sua grandezza la richiamano ogni giorno allo studio dell’antichità il quale tosto o tardi conduce al buon gusto, doveva parimenti promuovere la musica e la poesia.

307. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

Essa è diretta ad un celebre letterato della sua nazione, e contiene l’idea d’un’opera da eseguirsi intorno alla musica, ma che per isventura della filosofia e del buon gusto non è stata finora intrapresa. […] Tutta l’opera oltre la chiarezza alla quale si cercherà di ridurre gli spinosi, ed astrusi principi della espressione e del buon gusto, sarà fregiata di moltissimi esempi tratti dalle opere de’ più accreditati oratori poeti, musici, e storici delle antiche lingue, e delle principali moderne; cosicché i lettori di già iniziati negli studi filosofici potranno avere una spezie di logica filosofica fondata sulla teoria e sulla pratica, onde accertatamente giudicare in siffatte materie.

308. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

Sin dalla prima gioventù mostrò gusto e buon senno colla scelta di ottimi argomenti per due sue favole impresse in Napoli nel 1715, il Crispo e la Polissena. […] I leggitori ben comprenderanno, avendo sotto gli occhi l’Ermenegildo ed il Maurizio specialmente, che esse potrebbero meglio arricchire una nuova raccolta di un buon Teatro tragico Italiano. […] Ora una scena diffusa calcata su quella dell’ inglese, come sarebbe piaciuta al Calsabigi a dispetto del buon senno, snervata avrebbe in quel punto l’azione. […] In oltre egli comanda le schiere contro Almachilde, si pugna, e mentre ferve la battaglia, il buon generale abbandona il campo, e torna insulsamente nella reggia. […] Il buon uomo prendeva domestica facta per argomenti privati, o di personaggi di seconda classe.

309. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XV. Satiri: Ilarodie: Magodie: Parodie: Mimi: Pantomimi. » pp. 171-200

A misura che le arti imitatrici si perfezzionavano, il ballo si prestava alle leggi del buon senso, e da una capricciosa saltazione senza perchè, si volse ad imitare azioni vivaci e più simili al vero, e lo spettacolo ne fu più desiderato.

310. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO IV. Opera Musicale. » pp. 314-344

Gli eunuchi si sono perpetuati, e ad onta della ragione e del buon senno non solo nella China, nella Turchia e nella Persia, dall’abjezione della schiavitù più umiliante passano a’ posti ragguardevoli  non solo nella decadenza dell’Impero molti di essi divennero consoli e generali, come i Narseti, i Rufini, gli Eutropii: ma noi, noi stessi gli ascoltiamo gorgheggiare nelle chiese, e rappresentar da Alessandro e da Cesare ne’ nostri teatri.

311. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 269-289

A misura che le arti imitatrici si perfezzionavano, il ballo si prestava alle leggi del buon senso, e da una capricciosa saltazione senza perchè, si volse ad imitare azioni vivaci e più simili al vero, e lo spettacolo ne fu più desiderato.

312. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Ferrara, li 4 marzo 1618.Ferrara, li 3 marzo 1618. » pp. 170-184

« Nell’anno successivo (1619) si fecero — dice il Neridei segreti maneggi da parte del Duca di Mantova per togliere Lavinia, il marito, Mezzettino (Ottavio Onorati), Scappino (Francesco Gabbrielli), dalla Compagnia dei Confidenti, forse con l’intendimento di radunare un buon manipolo di commedianti da mandare in Francia, in seguito alla richiesta fattane da quella Corte ; ma la cosa non ebbe effetto. » Marina Antonazzoni morì nel 1639.

313. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81

Achille avea promesso di salvarla dalla violenza; ma quando essa si offre di buon grado al sacrificio, secondo i principi della religione pagana, non gli era più lecito involarla alla morte senza esser sacrilego, ond’é che desiste giustamente dalla prometta difesa. […] Quest’esame, ben degno della dottrina, e del discernimento e buon gusto del celebre autore delle Belle Arti ridotte a un Principio, compensa solo tutte le fanfaluche affastellate lungo la Senna contro gli antichi dai Perrault, La Motte, Terrasson, e dal marchese d’Argens, il quale colla solita sua superficialità e baldanza asseriva, che i poeti tragici francesi tanto sovrastavano agli antichi, quanto la repubblica romana del tempo di Giulio Care superava in potenza quella che era sotto il consolato di Papirio Cursore. […] Bisogna però esser dotato non che d’ingegno, per esaminare, ma di cuore per sentire, e di buon sonno per apprezzare perché altrimenti si portano giudizi strani, e si può anche giungere alla ridicolosa balorderìa e scempiataggine di farsi uscire di bocca ciò che freddamente disse all’autor della famosa Fedra francese un gran geometra, di lui amico e compatriota, assiderato dal compasso di Urania: «Cotesta vostra Fedra non prova cosa alcuna».

314. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

Si é detto però, né senza ragione, che molti de’ suoi scherzi, come troppo istrionici e qualche volta indecenti, benché piacessero assai ne’ tempi della repubblica, furono riprovati nell’età del buon gusto quando vivea Orazio e Mecenate. […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non son tradite, benché non mostrino di esser animate con que’ colori della natura, che nella Troade e nella Medea annunziano l’uomo d’ingegno e di buon sanno. […] Terenzio, imitatore e pressoché copista di Menandro, e perciò chiamato da Giulio Cesare «dimidiate Menander» non si studiò tanto di piacere, come Plauto, al popolo quasi tutto, quanto gli Scipioni, ai Leli, ai Furi, e ad altri nobili uomini di buon gusto, da’ quali, per quello che fin dal suo tempo si credea, veniva aiutato a scrivere, o, come é più verissimile, a ripulire le sue commedie (leggasi il prologo degli Adelfi, e Donato).

315. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 454-467

E qui dopo di avere con ogni particolarità parlato di Mastro Lione addottorato a Lizzasusina, del Cieco da Forlì, di Zan della Vigna, del Tamburino, del Napolitano, e di Mastro Paolo D’Arezzo e del Moretto da Bologna, e di Settecervelli colla sua cagnuola ammaestrata, e del Parmeggiano colla sua capra, e del Turco e del Giudeo e di tutte le loro scioccherie comiche, ciarlatanesche, acrobatiche, conclude : Or da ogni parte si vede la piazza piena di questi Ciurmadori, chi vende polvere da sgrossar le ventosità di dietro ; chi una ricetta da far andare i fagiuoli tutti fuor della pignatta alla Massara ; chi vende allume di feccia per stopini perpetui, chi l’olio de’filosofi, la quinta essenza da farsi ricchi, chi olio di tasso barbasso per le freddure, chi pomata di seno di castrone per le crepature, chi unguento da rogna per far buona memoria, chi sterco di gatta o di cane per cerotto da crepature ; chi paste di calcina da far morire i topi ; chi braghieri di ferro per coloro che sono rotti, chi specchi da accendere il fuoco posti incontro al sole ; chi occhiali fatti per vedere allo scuro ; chi fa veder mostri stupendi e orribili all’aspetto, chi mangia stoppa, getta fuori una fiamma, chi si percote le mani col grasso discolato, chi si lava il volto col piombo liquefatto, chi finge di tagliar il naso a uno con un cortello artificioso, chi si cava di bocca dieci braccia di cordella, chi fa trovare una carta all’improvviso in man di un altro, chi soffia in un bossolo e intinge il viso a qualche mascalzone, e chi gli fa mangiare dello sterco in cambio di un buon boccone.

316. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 570-583

Alfin voglianvi una benfatta e bella prospettiva di nuovo far vedere, là dove il Cantinella e Zanni vi daran spasso e piacere ; or se volete avere buon tempo un pezzo e rider fuor d’usanza, doman venite a trovarci alla stanza.

317. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Gli eunuchi si sono perpetuati, e ad onta della ragione e del buon senno non solo nella China, nella Turchia e nella Persia, dall’abjezione della schiavitù più umiliante passano a’ posti più ragguardevoli; non solo nella decadenza dell’impero molti di essi divennero consoli e generali, come i Narseti, i Rufini, gli Eutropj: ma noi, noi stessi gli ascoltiamo gorgheggiare nelle chiese, e rappresentar da Alessandro e da Cesare ne’ nostri teatri. […] I pubblici commedianti che aveano inventate in quel secolo con buon successo nuove maschere per contraffare le ridicolezze de’ popoli diversi che compongono la nazione Italiana, recitavano le loro commedie dell’arte tessute solo a soggetto senza dialogo premeditato, come le cinquanta pubblicate nel 1611 dal commediante Flaminio Scala.

318. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

È una colonna ; buon per te che non eri un Colonnello. […] Sarebbe facil’il ridur questa parte sotto la benignità dei miei auuisi, ma mi rende alquanto di dubio la frequenza dell’uso di tanti, che l’hanno rappresentata lontana dal mio parere, onde ridotto in natura il costume parebbe loro fuori del naturale ogn’altro modo, & fuori del buon camino ogn’ altro sentiero, che calcassero, & tenessero.

319. (1715) Della tragedia antica e moderna

Io vi credo assai saggio per capire come debba parlare un attore; ma pochi sono in Italia atti in questo a dar buon giudicio; e però appena pubblicate, le tengo come suppresse, sì perché ne ho in prova altre due che voglio aggiungere a queste quando usciran dalla lima, sì ancora perché in queste voglio prima udire il giudizio de’ giornalisti franzesi, a’ quali procurerò di farle avere a suo tempo4. […] [1.116ED] Per vero dire arde anche in qualche angolo dell’Italia quest’avidità di avvenimenti intrecciati nella tragedia, de’ quali è nauseata la Lombardia dopo che ha gustato sui propri teatri le tragedie franzesi di una condotta facile, piana e naturale, siccome appunto son quelle de’ vostri poeti che son nostra scorta. [1.117ED] Or vatti a fidare del buon giudicio del popolo.  […] — [1.146ED] Qui faceva pausa il buon vecchio, perch’io conchiusi, vedendo venirci incontro la darsena di Savona: [1.147ED] — Non so se veramente mi lasci sedurre a crederti quello che tu mi racconti dell’esser tuo, ma non posso già ingannarmi nel crederti qual ti conosco, uomo di molta erudizione e dottrina, e però nel viaggio che far ci resta ti prego a continuarmi la conversazione e la confidenza. [1.148ED] Seguiremo, quando a te piaccia, a discorrere d’alcune altre circostanze della tragedia, secondo che caderacci ordinatamente in acconcio, e moveremo alcune quistioni non meno importanti che nuove, per non essere state da te insegnate o non pensate o leggermente toccate per altri, e che nondimeno giudico importantissime a questo fastidioso e grave poema.  […] — [4.90ED] Sorrise nuovamente Aristotile, e replicò: [4.91ED] — Se ben tu mi chiami a palesar con franchezza il mio sentimento, ti dorrebbe però (lo conosco) che fosse contrario a cotesto tuo; ma fatti pur animo, oh figlio, e sta di buon cuore che non è; e non è non per adulazione, ma per ragione. [4.92ED] Tu dei sapere che la tragedia è fatta per esser udita, io parlo de’ versi, perché rispetto allo spettacol, egli è fatto per esser veduto. [4.93ED] L’epopeia ha conseguito il suo fine letta che sia; non l’ha conseguito già la tragedia quando non venga rappresentata, cioè, rispetto a’ versi ascoltata, e rispetto all’apparato veduta. […] [commento_1.111ED] e… misti: Non si tratta di una mera ripresa del magistero di Camillo Ettorri (Il buon gusto ne’ componimenti rettorici, Bologna, Eredi del Sarti alla Rosa, 1696, p. 3: «[popolo] è un aggregato di tutte le classi delle quali è composta la comunità in cui si vive»), ma di una puntuale divaricazione tra generi letterari: la poesia, destinata ai dotti e dunque sottoposta al loro giudizio, e il teatro, destinato al popolo, unico foro competente; intelletto: giudicatrice della poesia è infatti la facoltà razionale, mentre nell’opera teatrale è il cuore, cioè la sfera passionale (cfr.

320. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Commento »

al buon volere fosse giunta la possa: Dante, Inf.

321. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Lo prega ad ascoltarlo da parte, protestando che se lo trovasse colpevole, gli cederebbe di buon grado il regno; ma se conoscerà la sua innocenza, si uniranno insieme cercando entrambi ogni più opportuno sollievo al suo dolore.

322. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 811-

. – Ho avuto un buon successo – e l’animo e la testa sono rimasti tranquilli.

323. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

La lingua castigliana riuscirà sempre più della francese nel trasportare le poesie italiane, perchè oltre all’essere assai ricca, ed al possedere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della francese, e credo che ne avrebbe ancora più, se più conosciuto e secondato si fosse dalla propria nazione nel disegno di arricchire, ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo, e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.

324. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

La lingua Castigliana riuscirà sempre più della Francese nel trasportare le poesie Italiane; perchè, oltre all’ essere assai ricca, ed all’avere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della Francese; e credo che n’avrebbe ancora in maggior copia, se più fosse stato pregiato e conosciuto e secondato dalla propria nazione nel disegno di arricchire ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.

325. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

Nulladimeno non può negarsi ch’ella non facesse un buon effetto per tutti gli argomenti che al popolo non son noti, di che li Greci non abbisognavano, perciocché versavano sempre intorno a pochi successi famosissimi. […] Pure egli è vero che nel poema tragico l’utilità dell’esempio non è principale; essa fu creduta, come in fatti è, più propria della epopeia, e tutto che Omero malamente nell’Iliade la procacciasse, egli diede di ciò buon saggio nell’Odissea. […] Ove discorre del metro egli mostra buon senno nell’anteporre i versi liberi dell’Agesilao di Cornelio a’ versi alessandrini. […] È ufficio di buon poeta migliorare i costumi: ma non mai portarli all’eccellenza d’una contraria virtù. […] Bodmer, a cura di Rinaldo Boldini, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1964, pp. 5-17), il Calepio rispondeva alle richieste del sodale affrontando proprio l’argomento del «buon gusto» nella trattatistica italiana tra Cinque e Settecento.

326. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VI. Tragici Spagnuoli, secondo il Signor Lampillas, negletti, o censurati a torto dal Signorelli. » pp. 43-68

Lampillas non cerca se non diffusi panegirici di tutto ciò che appartiene a’ Drammatografi Spagnuoli, quanto ciò che dice del Signorelli a proposito delle Tragedie di questo buon Poeta.

327. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO PRIMO. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 2-31

Quest’ ultime, ad onta di quel bacio che ha posto in buon umore il Lampillas (vedasi il di lui tomo I pag. 27 e 28) sono da quel celebre Presidente riputate giudiziose, e preferite alle Visigote, che dall’ apologista di Barcellona (che è tutt’altro che un Montesquieu) vengono chiamate savissime.

328. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Introduzione »

Il marito frattanto (perché fra il Popolone de’ pigmeiha scroccato fama di savant come l’Algarotti e il ***) gemmando il suo pretto favellare toscano di mille frasi francesi, magnificava il prezzo di quelle inezie, e il buon gusto della sua sposa.»

329. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »

[20] Un’altra ragione potrebbe addursi per ultimo, ed è che essendosi vedute di buon ora in Italia signorie grandi, e possenti, come quella di Genova, Pisa, Firenze, Vinegia, Roma, Milano e Napoli, dove la magnificenza, il lusso, le arti, e il commercio contribuivano non meno ad ingentilir l’ozio che a fomentarlo, la tendenza al piacere, che da tai radici germoglia, e della quale la storia italiana ci somministra esempi sorprendenti, s’introdusse per entro a tutte le facoltà del gusto, che hanno per immediato strumento la parola.

330. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133

In tal periodo non per tanto qualche buon talento mostrò d’intendere l’arte della tragedia senza appressarsi a’ gran modelli.

331. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

E siccome il privilegio di promuovere e di giudicare degli spettacoli è intieramente dato al popolo se non (come si dovrebbe) a persone distinte per sapere, prudenza e buon senso, così hanno essi degenerato in quell’assurdità e stravaganza che si osserva: quindi lo scadimento del moderno teatro e il niun effetto che fa sopra di noi l’unione di tutte le belle arti benché cospiranti ad un fine.

332. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

Fa di mestieri confessare a gloria dell’Italia, che appunto in questa nazione troviamo i primi fonti del buon gusto in così fatto genere, come apparirebbe ad evidenza s’io presentar volessi un quadro storico delle ingegnose feste eseguite nelle antiche corti italiane in occasione di pubblica allegrezza.

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