Di sarto ch'egli era, si mutò in Brighella, esordendo nella Compagnia di Antonio Marchesini ; e tanto progredì nell’ arte, che, venuto a mancar l’Angeleri (V.) al S.
Di lui scrive suo padre : I caratteri che, a mio credere, più gli si addicono sono i virili, gli energici : ai languidi, amorosi, sentimentali non sembrami inclinato.
Di questo parere è stato ancora il dottissimo lodato Algarotti nel Saggio sopra l’opera in musica. […] Di tutte le imitazioni poetiche certamente la rappresentativa è quella che più si appressa alla verità; e pure in quante guise non le contraddice nell’esecuzione! […] Di grazia parlano in versi gli uomini?
Di più, che le grandi passioni umane appartengano più ad un tempo che ad un altro? […] Di più il personaggio ozioso del vecchio colla sua presenza nuoce alla scena; perchè il sagace Itacese non lascerebbe di trarre anche da lui qualche notizia, e nol facendo, manca in certo modo al proprio carattere. […] Fralle altre cose cerca in tal guisa muoverla per l’ambizione e per la gloria: Ma tu, Semiramis, che in tutto il mondo Di gloria avanzi ogni famoso eroe….. […] Qual Dio, qual legge è che consenta al figlio Farsi consorte de la madre, e nasca Di lor chi sia fratello e figlio al padre, Ed a la madre sia nipote e figlio? […] Ella comanda che colui prevaglia, Che di genti, di forza, e di consiglio, Di stato e di ricchezze gli altri avanzi.
Di un altro nobile oratore fa menzione Cicerone nel medesimo dialogo del Bruto, il quale sorpassò nell’eloquenza i predecessori e i contemporanei. […] Di poi si replicò cambiandovisi le tibie; e finalmente sotto il consolato di M. […] Ah sì, che me l’aspetto, Di sentirmi annunziar qualche gran male. […] Di certo. […] Di essa favella Suetonio in Cæsar. c. 34, Varrone nel V e nel VI de Lingua Latina, e poi il Giraldi, il Crinito, il Vossio.
Di getto, secondo l’idea fattami del personaggio, ne improntai il carattere ; e n’andai si franco e sicuro, che nelle successive rappresentazioni non ebbi nulla da modificare.
Di questo ex attore intelligente, corretto, che per le parti di generico primario e di primo attore ebbe tanti schietti encomj dai giornali e dai pubblici nostri e forestieri, metto qui una nota autobiografica, la quale, nella sua modesta semplicità, rivela l’uomo e l’artista.
Di un’altra Diana trovo notizia nella lettera dell’Archivio di Stato di Modena, che qui riproduco : Ser.mo Sig.re Cugino Oss.mo Bramoso d’incontrare in ogni opportunità le soddisfattioni di Vostra Altezza, hò dato ordine alla Diana Auerara di portarsi à recitare in conformità di quelli dell’ Altezza Vostra, la qual pregando uiuamente à porgermi frequenti occasioni di seruirla, come ne sarò sempre ansioso, mi raffermo con tutto l’animo Di V.
Di lui scrissero il Piazza, il Bonazzi, il Regli, il Piccini, il Polese, il Pavan ; di lui parlaron sul feretro Tommaso Salvini e Gattesco Gatteschi.
Di simili inconvenienti lagnasi pure l’autore del libro intitolato la Mimographe. […] Di figura ovale ha la platea lunga 54 piedi e larga 40; vi sono gradini intorno ed in faccia alla scena, e tre ordini di logge continuate senza veruna divisione di palchi similmente fornite di scalini.
Di grazia poteva sperarsi che nascesse al teatro un Racine ed un Voltaire subito dopo un Mussato o un Laudivio? […] Di più il personaggio ozioso del vecchio colla sua presenza nuoce alla scena; perchè il sagace Itacese non lascerebbe di trarre anche da lui qualche notizia, e nol facendo, come nella tragedia del Grattarolo, manca in certo modo al proprio carattere. […] Di lui vedi l’Eritreo nella Pinacoteca, il Co: Mazzacchelli t. […] Di tali drammi non parla però con molta loda Lilio Gregorio Giraldi nel Dial. 1 De Poet. sui temp. […] Di ciò vedasi il Temanza nella Vita del Palladio presso il Tiraboschi.
Nobile, ampio recar, splendido piatto Che profumando gìa l’aria d’intorno Di grati odori, e a’ commensali intanto L’ore indicava e le stagioni e gli anni; Poichè di tutto il ciel mezzo esprimeva Il globo con quanti astri vi risplendono. […] La virtù, il dovere, Eccelsi gradi, ambascerie, comandi Di eserciti, vocaboli pomposi, Vanità, fasto, nulla han di reale, E dopo un velocissimo romore Passano, al par de’ sogni, in sen del nulla. […] Di figura semicircolare arriva il suo diametro a quaranta canne Siciliane; e si scorge dagli avanzi chiaramente che era diviso in tre ordini tagliati da otto cunei equidistanti.
… Di lui dice T.
Di più quel letterato ci diede una notizia non vera, né verisimile, allorché scrisse che si «rappresentarono con indicibile applauso in Roma e in Napoli» sotto Leone X. […] Di grazia, chi scrivea serafine, e tinellarie, e soldatesche, cosa potea insegnare all’Italia che facea risorger l’eloquenza ed erudizione ateniese, e producea Sofonisbe ed Oresti 171? […] Di più annunziò egli nel suo prologo, come scritte con arte, le otto ultime sue commedie pubblicate un anno prima di morire; e pur sono talmente cattive e spropositate, che nel 1749, per procurar lo spaccio degli esemplari di esse mai più non venduti, il bibliotecario Nasarre prese il partito d’appiccarvi una lunga prefazione, nella quale si ammazzò per dimostrar che Cervantes le scrisse a bello studio così sciocche per mettere in ridicolo quelle di Lope di Vega.
Di queste non meno che delle altre tragedie greche a noi giunte, in grazia della gioventù curiosa, e senza arrogarci l’autorità e l’infallibilità degli oracoli, andremo brevemente esponendo le bellezze principali senza dissimularne qualche difetto. […] la serie acerba Di mie sventure antiveder m’è dato Per tormento maggior! […] Di grazia in che mai essi discordano da Eschilo su questo pnnto?
Di essa così discorre l’Autore nella Dedicatoria ad Ercole II. di Este IV. […] Di poi non si vede che ondeggiate in un elemento instabile senza bussola?
Di moltissimi altri teatri rimangonci anche oggi gli avanzi nel rimanente dell’Italia. […] Di ciò vedi il Bulengero.
Di li, un anno appresso, nel 1873, passò in quella di Luigi Monti, che dovè lasciare poco dopo per soddisfare ai suoi obblighi di leva. […] Di lui allora si conosceva il poeta traduttor di Catullo, l’attore, l’artista colto e coscienzioso ; ma non ancora egli si era rivelato autore di quei monologhi che trovarono sulle scene maggiori e su quelle dei filodrammatici tanta e così invidiata fortuna ; non ancora gli si era sviluppato così nocchiuto il bernoccolo dell’ erudito e del feroce raccoglitore di qualunque cosa avesse attinenza con la storia del nostro Teatro.
Di fuori : A S. […] Di questo mescolamento mi dà grande speranza Luigi Riccobuoni detto Lelio Comico, che con la sua brava Flaminia si è dato non solo ad ingentilire il costume pur troppo villano de' vostri Istrioni, col rendere l’ antico decoro alla comica professione, ma recitando insieme co'suoi compagni regolate e sode tragedie, le rappresenta con vivacità, e con fermezza conveniente ai soggetti, che tratta, dimodochè potete voi dargli il giusto titolo di vero Riformatore de' recitamenti Italiani.
Di un altro nobile oratore sa menzione Cicerone nel medesimo dialogo del Bruto, il quale sorpassò nell’eloquenza i predecessori e i contemporanei. […] Ah sì, che me l’aspetto Di sentirmi annunziar qualche gran male. […] Di per pietà che nuove porti, e sbrigati, Se puoi, ’n una parola. […] Non si vuol più conoscere suo padre; Di lei non si fa conto. […] Di essa favella Suetonio in Caesar.
A un uom perverso Di te obbliata, a un traditor ti rendi! […] Di spade si favella? […] Di anni diciassette cominciò a scrivere commedie che si recitarono con applauso e s’impressero in due volumi nel 1639. […] non è più tempo Di rammentar quel che obbliare è forza. […] Di questo celebre commediografo variamente giudicarono i critici, e forse sempre con ingiustizia.
Di queste distribuzioni di luoghi vedasi Suetonio in Vit.
Di queste distribuzioni di luoghi vedasi Suetonio in V.
Di ciò ne corse querela e furono carcerate tre persone per informar la curia, ma si rilasciarono per non pigliar impegni con li Cavalieri, e con li Principi ehe proteggevano dette donne.
Di fuori : A.
Di taluna di esse (del Padre Prodigo di Dumas figlio) affidò la direzione a Paolo Ferrari, il quale, traeva tale gagliardìa dalla disciplinatezza, dalla sommissione, dal volere di noi giovani, che a volte restava in teatro a dirigere dalle dieci di mattina alle quattro di sera.
Di animo generoso, quanto aveva era degli altri, e se nel momento del bisogno gli si ricordavano crediti che aveva per prestiti fatti, andava su tutte le furie, esclamando : « Debbo angariare chi non può dare ?
Da un sonetto di Girolamo Priuli (pag. 49) sappiamo com’ Ella fosse bionda : Di questa così saggia in biondo pelo, di questa, che di rai la chioma cinta fu Delia in terra, ed ora è Sole in cielo.
Amo l’arte ovunque si trovi, e anche se il romantico e il convenzionale sanno persuadermi e far vibrare la mia anima per modo che io possa trasfondere nel pubblico la commozione mia, li accetto. » Di qui la grande varietà del suo repertorio : accanto a Hedda Gabler, Suor Teresa ; a Casa paterna, Zaza ; a Maria Stuarda, La Locandiera ; a Debora, Fedora ; a Tosca, Adriana Lecouvreur ; a Seconda moglie, Frou Frou ; a Casa di bambola.
Alma non ho capace Di servitù. […] Il ciel ti ricompensi Di tua bontà . . . […] Di tanto non faceva mestieri con un traditore com’ è Jemla per fare che scoprisse Dara. […] Di quest’ultima parlando l’ab. […] Di qual mano?
Di morire in vece?.. […] Di patria? […] Di patria? […] Di maraviglia e di terror son pieno! […] Di più verte siffatta scena su fatti tutti noti ai due confidenti; a che dunque rivangarli?
Di quest’opera del Signor Marmontel ecco come favella M. […] Di lui scrisse Vellejo Patercolo, inveniebat, neque imitandum relinquebat.
Di quì venne quella verità di carattere che costituisce il maggior talento di questo grand’uomo, e che lo rende superiore di genio a tutti gli altri comici. […] Di genio allegro, giocondo e comico meritò, dopo lunghissimo intervallo, di occupare il secondo posto appresso Moliere. […] Di lui è pure rimasta al teatro una imitazione dell’Eunuco di Terenzio intitolata il Mutolo.
Introduzione [Intro.1] Di tutti i modi che, per creare nelle anime gentili il diletto, furono immaginati dall’uomo, forse il più ingegnoso e compito si è l’opera in musica.
Di tali tragici Siciliani si vegga il tomo I delle Vicende della Coltura delle Due Sicilia.
Di lui scrisse anche Tommaso Salvini : e credo di non poter finir meglio questo breve cenno, che riferendo qui le sue parole : Claudio Leigheb è l’attore comico più castigato e più preciso ch'io m’abbia conosciuto !
Di lui scrisse Francesco Bartoli : È stato il Medebach un esperto conduttore della sua Truppa, un eccellente recitante in que' suoi particolari caratteri ; ed ha saputo acquistarsi il concetto d’uomo di probità.
Di lui sappiamo soltanto che fu comico, e che uscito di Francia nel 1697, al tempo della soppressione della Comedia italiana, dopo di aver recitato in Fiandra e nei Paesi Bassi, morì a Bruxelles il 26 ottobre del 1700.
Di lui dice Fr.
Di alcune si conserva qualche piccolo frammento, come dell’Anfiarao e del Cocalo. […] Di più se è di notte, sì che non possa esser veduto, ond’è che sopravviene un altro che lo ravvisa? […] Di sterco? […] Di cio non v’ha nè pruova nè verisimiglianza. […] Di tale opera m.
È ver son tali Certi perversi cuor che ognun detesta: Tale è la calca, è ver, d’uomini falsi, Di spregevoli donne, di buffoni, Spiriti bassi, spiriti gelosi, Senza onestà, senza principi, senza Costume meritevole di stima; Gente infingevol che a se stessa rende Giustizia disprezzandosi a vicenda. […] Quivi quando alcun tratto si dipigne Di candor, di bontà, dove trionfi E del proprio splendor tutta sfavilli L’umanità benefica e gentile, Di pura voluttà s’empie ogni cuore, Quivi s’intende di natura il grido. […] Di questo genere sono le seguenti: l’Oracolo impressa nel 1740, in cui intervengono tre personaggi, cioè una Fata, Alcindoro di lei figlio e Lucinda, il cui carattere è un tessuto leggiadro di vezzi: le Grazie rappresentata nel 1744, ed impressa nel seguente anno, il cui soggetto si trasse dall’ode III di Anacreonte di Amore immollato dalla pioggia, e dalla XXX dell’istesso. […] Abbonda solo Di giolivi pedanti ogni adunanza: Sulle orme lor nelle festive cene Ragionar sanno ancor gli appaltatori: Son di decenza esempio i nostri abbati: Di studio e di saviezza i curiali.
Di moltissimi altri teatri rimangonci anche oggi gli avanzi nel rimanente dell’Italia. […] Di grazia siamo sicuri che sarebbero state allora accolte con pari effetto da que’ repubblicani baldanzosi e pieni soltanto della loro potenza e libertà, la Perintia, Euclione, gli Adelfi, e ’l Misantropo? […] Di ciò vedi il Bulengero. […] Di che vedi il racconto del celebre Donizione presso il Fiorentini, il Muratori e ’l Tiraboschi.
Di lui vedi l’Eritreo nella Pinacoteca, il conte Mazzucchelli t. […] Di tali drammi non parla però con molta lode Lilio Gregorio Giraldi nel dialog. 1 de Poetis sui temp.
Di faccia espressiva, di voce bellissima, fu anche attore egregio nelle parti di tragedia, sebbene pel fisico alcun po'deficiente, era piccolo di statura, non gli si attagliassero troppo. […] Di tra i giudizi dati all’illustre Uomo, scelgo il seguente di Ernesto Rossi : Vidi Tommaso Salvini rappresentare la parte di Egisto nella tragedia classica, Merope di Maffei : e come lo vidi allora, lo tengo sempre scolpito in mente.
Di tutte le opere del Calmo, una lettera, quella scritta al padre domenicano Medici per avere un proemio al Travaglia, è scritta in italiano e senza sensi riposti ; a questa si aggiungon brani qua e là, specie nelle egloghe.
Di lei, scrive la Moda del 1841 : Sdegno, amore, gelosia, puntiglio, vanità, presunzione, ironia, sarcasmo, civetteria e moine d’ogni specie, tutto quanto appresentavasi alla ferace fantasia del Cammarano, trovò nella Colli il riso, il gesto, il contegno, la voce, il piglio ed i lazzi convenienti ; si che penato si sarebbe a trovarle non che l’eguale, la seconda.
Di tal guisa la maggior bellezza delle opere loro è inseparabile dall’ azione, dipendendo il successo di esse esclusivamente dagli attori che dànno loro maggiore o minor pregio secondo il maggiore o minore spirito, e secondo la situazione buona o cattiva nella quale si trovano recitando.
Di lui si hanno alcune notiziole biografiche, pubblicate nel '58, delle quali principalmente si servì il Bertolotti nel distender la vita dell’ artista (Milano, Ricordi).
Narreran la cosa Di tua figlia a svantaggio i tuoi nemici, Non attendendo al ver, bensì alla voce. […] Di questa commedia, che dalla compiuta somiglianza di due gemelli Siracusani prende le grazie, le scene equivoche, il groppo e lo scioglimento, non credo che siavi nazione moderna che non abbia traduzioni o almeno imitazioni. […] Di siffatte commedie, nelle quali i buoni diventano migli ori, se ne inventano ben poche dai poeti di oggidì”. […] Di ciò può vedersi il tomo I della Coltura delle Sicilie p. 146, e la Stor. della Lett. […] Adesso sto pensando Di far così, andarmene diritto Dal mio padrone, e con arte, e destrezza, A poco a poco fargli delle offerte Di danajo, per aver la libertà, Libero poi ch’io sia, mi fornirò Di possessioni, di case, e di schiavi.
Di buon grado il servo pregato dal proprio padrone si presta a quello che per naturale inclinazione farebbe. […] Narreran la cosa Di tua figlia a svantaggio i tuoi nemici, Non attendendo al ver, bensi alla voce. […] Di siffatte commedie, nelle quali i buoni diventano migliori, se ne inventano ben poche da i poeti di oggidì. […] Di ciò può vedersi il tomo I delle Vicende della Colture delle Sicilie, e la Storia della Letteratura Italiana nel tomo I. […] Libero poi ch’io sia, mi fornirò Di possessioni, di case e di schiavi.
Di ciò convengono il Baile a, il Leris nel Dizionario de’ Teatri di Parigi, e l’abate Dubos mentovato dal sig. […] Di genio allegro, giocondo, comico, meritò, per altro dopo lungo intervallo, di occupare il secondo posto appresso Moliere. […] Di lui è pure rimasta al teatro una imitazione dell’Eunuco di Terenzio intitolata il Mutolo.
Di costui non si è conservata cosa veruna teatrale; ma si vuole che ne avesse scritte a migliaja rappresentate verso il 1579.; di maniera che al Malara più giustamente converrebbe lo stupore de’ Posteri tributato alla fecondità di Lope. […] Di questa nella nuova Edizione della Storia de’ Teatri vedrà l’Apologista i difetti e le scene interessanti; non già, come si fa nel Saggio, con lodi vaghe applicabili ad ogni Dramma, o con biasimi che tengonsi ammaniti come le formole delle private Segreterie: ma con una competente analisi accompagnata da qualche scelto squarcio. […] Di questa discolpa, strana al certo, fa galloria il Lampillas, come di un sicurissimo asilo. […] Di passaggio osserva ancora che il Virues attribuisce alla Nazione Assira le Vergini Vestali della Romana.
Di là uscirono quelle maravigliose dipinture allegoriche le quali incantavano la Grecia. […] Di quì Mnesiloco prende argomento per inveire contro l’ebrezza e intemperanza donnesca. […] Di sterco? […] Di ciò non v’ha pruova nè verisimiglianza. […] Di su ora senza timore.
Di più in mezzo a’ modi famigliari e talvolta indecenti di questi due malvagi frammischiansi impropriamente alcune poetiche immagini con intempestiva sublimità lirica espresse. […] Di poi egli fece una risposta in cui perdè di vista l’oggetto vero della tragedia che è di commuovere col terrore e colla compassione. […] Di rimaner oppresso Non dubitar, che allora Sarò tuo difensore. […] Di età di 18, o 19 anni si acquistò qualche nome con due commedie, la Donna è un enigma e l’Amor mascherato. […] Di gusto e capacità somigliante sono gli altri due teatri.
Di quai tempre s’arma il mio cuore per resistere alle uiolenze di questi colpi ? Di qual forza si ueste il mio corpo per sostenere lo sforzo di tanta sventura ?
Di grazia quale ingegnoso artificio lodevole può campeggiare in una favola che si agevola d’ogni modo il sentiero aggruppando in due ore di rappresentazione la storia di mezzo secolo, e presentando in quattro spanne di teatro tutto il globo terraqueo, ed anche il mondo mitologico e l’inferno e il paradiso? […] A’ bei splendori Di nuovi fiori Tutte superbe Ridano l’erbe. […] Di essa si è fatta un’ edizione in foglio nel 1726 colle annotazioni del dotto Anton Maria Salvini. […] Di ciò non ha lasciato di far menzione l’eruditissimo sig. […] Di lui parla Andrea Perrucci nella sua Arte Rappresentativa.
Spiegano al tuo venir dolci carole I garruli Augelletti : Io dolente non meno O Sole al tuo venir che al tuo partire, Viuo in amaro pianto ; Ma voi deh per pietade Vscite meste de gli herbosi fondi O Ninfe, c’habitate i fonti, e i fiumi, Ed aggiungete meco (ancor che’nuano) Lagrime al pianto ; e voi Lasciate ò molli herbette, Lasciate il vostro verde : hor più non lice Di smeraldo portar gonna ridente. Dipinti Augei, che per le Tosche selue Di ramo in ramo saltellando andate, Dite nel vostro canto : La gloria d’Arno, e la sua pompa è morta. […] Felicità de gli infelici, Morte, Morte deh prego trammi Là vè sotto sembiante Di morte è vita vera. […] Di questa prontezza trattando il diuino platone, nel suo dialogo del furore poetico, fà dire ad Ione, « ogni uolta ch’io recito qualche cosa miserabile, gl’ occhi mi lachrimano ; quando qualche cosa terribile o pericolosa, i capelli me si rizzano, » et lo che segue. […] Di atti, et di parole, ui ho detto altre uolte, che si compone la comedia, come di corpo, et d’anima siamo composti noi : l’ una di queste parti principali è del poeta, et l’altra è dello histrione. i mouimenti del quale, chiamati dal padre della lingua latina eloquenza del corpo, son di tanta importanza, che non è per auentura magiore l’ efficacia delle parole, che quella de i gesti. et fede ne fanno quelle comedie mute, che in alcune parti di europa si costumano, le quali, con gl’ atti soli si fanno cosi bene intendere, et rendono si piaceuole lo spettacolo, che è cosa marauigliosa a crederlo a chi ueduti non li habbia.
Di qui nacque una festa, un sagrifizio, un convito rinnovato ogni anno in tempo di vendemmia, nel quale la licenza del tripudio e l’ubriachezza svegliarono quella satirica derisione scambievole, che piacque tanto, e che perpetuò la festa. […] Di grazia, in che discordano i secondi dal primo su questo punto? […] Di grazia, signor Mattei, intendiamoci bene: gl’italiani hanno da’ greci «preso con felice successo tutto il bello», o han tratto «dalle loro miniere tutto il piombo, e lasciato l’oro»? […] T’avvicina, amica, Ricomponi i miei veli, onde m’avvolga: Di me stessa ho rossor: coprimi, dico; Nascondi agli occhi altrui quello, che ’l volto M’inonda e bagna, involontario pianto. […] Di sostegno privo, In man del crudo inesorabil Greco, Chi può rapirti al precipizio orrendo?
Di fatti in Grecia gli uomini più illustri o composero essi stessi pel teatro, o ne promossero lo studio, o servirono di scorta a’ poeti.
Di tre Cherili fanno menzione gli antichi.
La virtù, il dovere, Eccelsi gradi, ambascerie, comandi Di eserciti, vocaboli pomposi, Vanità, fasto, nulla han di reale, E dopo un velocissimo romore Passano, al par de’ sogni, in sen del nulla.
Di pace amico stuol quà dalle rive dell’ Adria, cinto il crin di rose e allori vantando il suo valor tra Fole argive sen venne a sollazzar gli alfei Pastori.
Di più, oltre a Cicerone, e Valerio Massimo, dice Appiano, che regnava in Cadice Argantonio in tempo, che tal Città si chiamava Tarteso, e non Gadir come poi la dissero i Fenici. […] Di poi da qual fatto, da qual monumento, da quale Autore si deduce, che verisimilmente le Colonie Fenicie stabilite in Ispagna vi portarono l’amore delle scienze, e delle arti, e lo comunicarono agli Spagnuoli divenuti Fenici? […] Di sì meschine gloriole, di queste apologetiche petitesses, per dirla alla Francese, ha bisogno la Madre de’ Garcilassi de la Vega, degli Errera, de’ Leonardi di Argensola?
Di quanto scrissi nella mia del 9 non mi rimuovo d’una sillaba. […] Di questa combinazione farebbe parte l’amico Gattinelli. […] Di natura estremamente sensibile e nervosa, s’immedesimava tanto perfettamente nel personaggio da lei rappresentato, fosse esso comico, drammatico o tragico, da far provare allo spettatore le stesse impressioni da lei esuberantemente sentite.
Di grazia quale ingegnoso artificio lodevole può campeggiare in una favola che di ogni modo si agevola il sentiero aggruppando in due ore di rappresentazione la storia di mezzo secolo, e presentando in quattro spanne di teatro tutto il globo terraqueo, ed anche il mondo mitologico, e l’inferno e il paradiso? […] Di essa si fece un’edizione in foglio nel 1726 colle annotazioni del dotto Anton Maria Salvini.
Di assai cattivo gusto furono in seguito il balletto delle Fate del 1625, in cui, come dicemmo, ballò Luigi XIII, e la festa della Finta Pazza mentovata da Renaudot, fatta rappresentare nel Picciolo-Borbone nel 1645 dal cardinal Mazzarini. […] A te del pari Che a me concesso è il vanto Di apprestar del gran dì sacro a Cibele Il festivo apparato.
Di essi abbiamo più distintamente favellato nelle Vivende della Coltura delle Sic. […] Di questa legge parla Demostene nella III Filippica.
Di assai cattivo gusto furono in seguito il balletto delle Fate del 1625, in cui, come si è detto, ballò Luigi XIII, e la festa della Finta Pazza mentovata da Renaudot fatta rappresentare nel Picciolo-Borbone nel 1645 dal cardinal Mazzarini. […] A te del pari Che a me concesso è il vanto Di apprestar del gran dì sacro a Cibele Il festivo apparato.
Di più : in caso di pericolo di vita di un dei suoceri, ella dovrebbe aver subito venti giorni di permesso, rimettendo, nell’anno, le recite ch'ella non avrebbe potuto fare. […] Di questo sono moralmente convinto.
Di alcuni lavori, o di alcuni momenti de'varii lavori da lui rivelati, gli americani del sud, per quanto avesser letto su pei giornali, non avrebbero mai potuto farsi un’idea. Di quel famoso monologo, per un esempio, di Lorenzaccio, in cui egli medita e determina e assapora con voluttà bestiale l’uccisione di Alessandro !
la serie acerba Di mie sventure antiveder m’è dato Per tormento maggior! […] Di grazia in che mai essi discordano da Eschilo su questo punto? […] Di sostegno privo, In man del crudo inesorabil Greco, Chi può rapirti al precipizio orrendo? […] Di tre Cherili fanno menzione gli antichi. […] Di tali tragici Siciliani si vegga il tomo I delle Vicende della Coltura delle Sicilie pag. 207 e seg.
Di esse inutilmente si tesserebbe un catalogo compiuto, nulla avendone guadagnato il teatro, se non che potrebbero servire come di semenzai di pitture, e di ritratti al naturale, e di caratteri, e di passioni poste in inovimento, ed a buon lumea. […] Di grazia poteva ciò essersi immaginato per rappresentarsi? […] Di grazia chi scrivea Trofee, Tinellarie, Imenee, poteva mai, non che insegnare, esser discepolo di buona speranza in Italia, che sin dal XV secolo avea fatta risorgere l’eloquenza e l’erudizione Ateniese e Latina, e poscia illustrò sin da’ primi anni del XVI l’amena letteratura con la Sofonisba, l’Oreste, la Mandragola, il Negromante, la Calandra, il Geloso? […] Di un’ altra tragedia intitolata los Amantes composta da Andrès Rey de Artieda e impressa in Valenza nel 1581, favellano Nicolàs Antonio e l’ab. […] E non sento io nè piango La morte che mi cerca ed i miei giorni Di un colpo indegno in sul fiorir recide, Sento la morte dolorosa e trista Per te, pel regno che vicina io scorgo In quell’amor che pur la mia cagiona.
Di quella del Cinque nel prologo, nell’episodio, nel esito, nel Corico, e nel Como ; di quella del sette nelle sue varie specie, espresse dal Donato, cioè : Palliata, Togata, Atellana, Tabernatia, Mimo, Rhintonica, e Planipedia.
Di misero e infelice Ad ambedue conviene. […] Di me stessa ho rossor; coprimi, dico, Nascondi agli occhi altrui questo che il volto M’inonda e bagna involontario pianto. […] e veggio Trucidato il consorte, acceso il cielo Di funeste faville, Ilio distrutto, E le vele nemiche ai patrii liti Pronte a tornar, e da l’Iliaco suolo A svellermi per sempre! […] Di sostegno privo, In man del crudo inesorabil Greco Chi piò rapirti al precipizio orrendo? […] Di grazia a ragionar dritto chi ardirà sentenziare su i generi stessi senza aver ragione di tempi, di luoghi e di costumi?
E creder puoi capace Di tradimento tal la tua diletta? […] Di quì non si parte, non vi movete prima che io non vi ponga innanzi uno specchio, in cui ravvisiate il più occulto della vostra coscienza. […] La consiglia poi a separarsi a poco a poco dal colpevole suo nuovo sposo… Di poi ripigliandosi le dice, che anzi nol faccia, ed ironicamente le insinua di tosto recarsi a lui, di porsi nel suo letto e fralle sue braccia, di scoprirli che la pazzia del figlio è finta, e che tutto è un artificio. […] Di grazia questi due prodigiosi principi dell’eloquenza si sono mai trovati in un caso simile?
Di tutte le imitazioni poetiche certamente la rappresentativa è quella che più si appressa alla verità, e pure in quante guise non le contraddice nell’esecuzione! […] Di grazia parlano in versi gli uomini?
Di più giunge un altro uomo e vede, che Zoe loriceve con tutti i segni di viva affezione, e lo fa occultare nel suo gabinetto all’arrivo di Dulinval, cui già la madre avea accordato di sposar Zoe. […] Di simili inconvenienti lagnasi pure l’autore del libro intitolato la Mimographe. […] Di figura ovale ha una platea lunga 54 piedi, e larga 40; vi sono gradini intorno, e dirimpetto alla scena, e tre ordini di logge continuate senza divisione di palchi similmente forniti di scalini.
Di grazia può qualunque siesi fregiarsi dell’augusto alloro de’ principi della letteratura, i quali per altro ripetendo per lo più sino all’ultima noja i più divulgati rancidumi producono libri bipalmari di superficie e digitali di profondità?
Di buona fede, se è possibile, Signor Lampillas, mi direste, se, prima di leggere i Libri del Tiraboschi, e del Signorelli, sapevate che avessero mai esistiti al mondo nostro tali Drammatici Italiani del XV. secolo, che inutilmente fingete di non sapere ancora?
Di quest’Accademia che durò per anni 27 sino alla morte del lodato Principe accaduta nel 1630, veggasi Jani Planci Lynceorum Notitia premessa alla nuova edizione del Fitobasano di Fabrizio Colonna fatta in Firenze nel 1744 presso il Viviani.
Di qual Sol gli occhi ?
Di lui lasciò scritto il Colomberti : Molta parte delle sue disgrazie, qual capocomico, venne da lui sofferta per l’immensa passione che nudriva per la sua arte, e nulla trascurò per accrescerne il decoro, dedicandole continuamente studio, veglie, sagrifizj d’ogni genere.
Di fronte al suo dovere di uomo onesto non conosceva ostacoli.
Di più nella morte di Astianatte il dolore di Andromaca prende le prime parti sul personaggio principale. […] Alma non ho capace Di servitù. […] Di tanto non faceva mestieri con un traditore qual è Jemla perchè scoprisse Dara. […] Di qual mano ? […] Di questo mai più non ho potuto sapere altro.
Di esse inutilmente si tesserebbe un catalogo compiuto, nulla avendone guadagnato il teatro, se non che potrebbero servir come di semenzai di pitture e di ritratti al naturale e di caratteri e di passioni poste in movimento ed a buon lume28. […] Di grazia poteva ciò essersi immaginato per rappresentarsi? […] Di grazia chi scrivea Trofee, Serafine, Tinellarie, poteva mai, non che insegnare, esser discepolo di buona speranza in Italia che sin dal XV secolo avea fatta risorgere l’ eloquenza e l’erudizione Ateniese e Latina, e poscia illustrò sin da’ primi anni del XVI l’amena letteratura con la Sofonisba, l’Oreste, la Mandragola, il Negromante, la Calandra e ’l Geloso (Nota I)? […] Di più egli nel suo prologo enunciò come scritte con arte le otto ultime sue commedie pubblicate un anno prima di morire, e pur sono talmente spropositate che nel 1749, per procurar lo spaccio degli esemplari di esse non venduti nello spazio di quasi un secolo e mezzo, il bibliotecario Nasarre prese il partito di appiccarvi una lunga dissertazione, in cui inutilmente si affanna per dimostrare che Cervantes le scrisse a bello studio così sciocche per mettere in ridicolo quelle del Vega. […] Di un’ altra tragedia intitolata los Amantes composta da Andrès Rey de Artieda e impressa in Valenza nel 1581, favellano l’Antonio, e Ximeno; ma i più diligenti letterati nazionali la conoscono soltanto per tradizione, nè sono io stato più felice nel ricercarla.
Di essa non sappiamo indicar edizione alcuna: contuttociò, per quanto ci riferisce il Tiraboschi, conservarsene copia a penna, ma senza nome di autore, nella Biblioteca Estense, e Alberto da Eyb ce ne ha dato un estratto144. […] Di questa poi fece una traduzione italiana Modello Polentone, e pubblicolla in Trento nel 1472 col titolo di Catinia da Catinio protagonista della favola, la quale, secondo che pensa Apostolo Zeno145, é la più antica commedia in prosa volgare, che si abbia alle stampe.
Di figura semicircolare arriva il suo diametro a 40 canne siciliane, e dagli avanzi chiaramente si scorge che era diviso in tre ordini tagliati da otto cunei equidistanti. […] Di questa legge parla Demostene nella III Filippica.
Di due bell’alme amanti Un’alma allor si fa, Un’alma, che non ha Che un sol desio.» […] Ogni fortuna è pena, È miseria ogni età: Tremiam fanciulli D’un guardo al minacciar: Siam giuoco adulti Di fortuna, e d’amor: Gemiam canuti Sotto il peso degli anni. Or ne trafigge La brama di ottenere: or ne tormenta Di perdere il timore. […] L’istesso Dio, Di cui tu predicasti I prodigi, il poter: che di sua bocca La palesò: che quando Se medesmo descrisse, Disse: Io son quel che sono: e tutto disse. […] Io non credei Di pungerti così.
Di tutte le imitazioni però la più naturale é quella de’ simili, contribuendovi assai l’uniformità de’ sensi e dell’organizzazione, e la vicinanza degli oggetti.
Di tutte le imitazioni però la più naturale è quella de’ simili, ed assai vi contribuisce l’uniformità de’ sensi e dell’organizzazione e la vivacità degli oggetti.
Di lui parla Andrea Perrucci nella sua Arte rappresentativa.
Di tutte le imitazioni però la più naturale è quella de’ simili, ed assai vi contribuisce l’uniformità de’ sensi e dell’organizzazione e la vicinità degli oggetti.
Di lui, degli aneddoti che van per le bocche di tutti su di lui, molto scrisser tra gli altri e il citato Arrighi e Jarro e il Fontana.
Di vivaci plausi ferve al tuo comparir l’Itala scena ; che dove a Te simile altra sorgesse, di Melpomene alunna e di Talia, men sonerebbe glorioso il vanto, che le galliche prove a noi rinfaccia.
Di più, l’Archivio di Modena conserva un sonetto, che qui riferisco, e che ci dà un saggio dello scrivere di questo artista letterato.
Di questa maschera fanno parimente menzione Polluce, e Boindin in una memoria consegnata all’Accademia delle Belle Lettere di Parigi, e Metastasio nel capitolo V dell’Estratto della Poetica di Aristotile.
Di questa maschera fanno parimente menzione Polluce nell’ Onomastico, e Boindin in una memoria consegnata all’Accademia delle Belle Lettere di Parigi, e Metastasio nel capitolo quinto dell’Estratto della Poet. di Arist.
Di due allegri è composta sempre e di un grave, strepitosa quanto si può il più, non è mai varia, cammina sempre di un passo e di un modo. […] Di somma semplicità rispetto a quello che sono al dì d’oggi si può affermare che fossero da principio.
Di grazia Signor Abate, non vogliate rassettare a vostro modo i libri composti più di due secoli e mezzo prima di Voi. […] Quì fuori Come atterrito augel, Madre volai Di terror piena.
Di poi egli senza esitare sostiene che Lessing sorpassò tutti i tragici nazionali . […] Di più vi si si dipinge un di lui figliuolo che dall’università degli studii ha riportato ignoranza, libertinaggio e rozzezza, e che domandato dal padre, come vanno le monadi?
Ma Agnese in questa guisa esprime i benefici suoi concetti: No non fia mai che la disgrazia io vegga Di mia cugina, e non la senta io stessa Nel più vivo del cuore. […] Di ciò sono io stesso stato più volte testimonio; ma sento ch’egli continua nel medesimo gusto.
Di qui le ire della Lavinia ; ire di donna per l’una, di artista per l’altra : insomma, un vero inferno. […] Di modo tale, che per l’abuso di costoro, anco i galantuomini vengono disprezzati, e patiscono degli affronti che non sono convenienti a’meriti loro.
Di grazia indicano veruna infelicità del seicento i passi allegati?
Di quest’accademia, che durò per anni 27 fino alla morte del prelodato principe Cesi accaduta nei 1630, veggasi Jani Planci Lynceorum Notita, premessa alla nuova edizione del Fitobasano di Fabio Colonna, fatta in Firenze nel 1744 presso il Viviani.
Di là uscirono quelle maravigliose dipinture allegoriche le quali incantavano la Grecia.
Di ciò vedasi la Storia naturale, civile e politica del Tunkin pubblicata in Parigi nel 1778 dall’Ab.
Di qui ebber vita nuova i buffoni delle antiche commedie, trasformati in Pulcinella, Brighella, Arlecchino, Capitano, Pantalone, Dottore : di qui, si può dire, ebbe vita nuova e rigogliosa il teatro popolare d’Italia.
Di loro sappiamo dal Bertolotti (op. cit.
Di lei dissero Cesare Scartabelli nella Polimazia, e Francesco Regli nel suo dizionario.
Di moltissimi Zanni nulla ci è rimasto. […] Di questa frase press’a poco si servì il Callot per il frontespizio de’suoi balli di Sfessania (Lucia mia, Bernovallà, che buona mi sa), nel quale essa è intonata a suon di mandòla, di cembalo, e di armonica, e in mezzo alle danze, o meglio a’salti i più vertiginosi.
Stile, che fra le valli, ove ristagna Di più ricchi Lombardi il puro argento Usa gente simile, o dove intento A formar molli mura il Mar vi bagna. […] E venuto al testamento, egli proruppe e disse : Spinetta mia consorte, Diana figlia cara, Sa il Ciel se per voi m’è la morte amara, Hor nell’ ultimo addio, Hor nell’ultimo addio, Ambo heredi vi fo di tutto il mio, Di tutto il mio.
Di ogni suo temuto raziocinio ho fatto caso, enunciandolo distintamente, a costo tal volta di rendermi sazievole; e se per avventura alcuno me ne fosse fuggito, non ho certamente peccato per volontà, nè per meschino artificio ad oggetto di scansarne la forza.
Di essa però afferma saviamente uno scrittor francese, che per quanto si esageri dagli zelanti antiquari il merito e l’eleganza di tal componimento, la perdita fattane non apporterà molta pena a chi considera le pietose buffonerie teatrali che si componevano in tal tempo da’ francesi, inglesi, e alemani.
Di lui e della Francesca posseggo due lettere autografe che riproduco ridotte di un quarto, nelle quali sono, come il lettore vedrà, notizie di non poco interesse.
Di rime in prosa una mistura varia fece, e di piedi e numeri diversi, ma soavi così che amica fersi l’ asinesca d’ amor turba gregaria.
Di grazia a chi mai cede egli, sia che alla maniera di Sofocle migliori i grand’uomini dell’ antichità nel ritrarli, ovvero sia che gareggi di sublimità col gran Cornelio dipingendo Greci e Romani, e di delicatezza coll’ armonioso Racine facendo nelle passioni che maneggia riconoscere a ciascuno i movimenti del proprio cuore? […] Di due bell’ alme amanti Un’ alma allor si fa, Un’ alma che non ha Che un sol desio. […] Di qual tempera sarà il cuore del sig.
Di quello per la regola generale che la poesia non può fare una convenevol figura nel melodramma, ove preponderi qualcheduna delle sue compagne, cioè l’armonia o la decorazione. Di questa perché quanto più d’attenzione porgerà l’uditore allo sfoggio delle macchine e ai colpi di scena tanto meno gli resterà per la melodia, e perché non potendo gl’impressari, a motivo del gran dispendio delle comparse, dare ai musici le paghe considerabili che davano loro per lo passato, questi scoraggiti nell’arringo rallenteranno l’ardore per lo studio a misura che verrà meno la speranza del guadagno e degli applausi. […] Di fatti le Danaidi del Calsabigi, dramma ultimamente pubblicato in Napoli è paragonato coll’Ipermestra, ciò che sarebbe uno stravagante quadro di Giordano posto accanto ad una pittura di Correggio. […] Di tali generi di lodi ve ne sono per tutti gli uomini, e per tutti gli eventi.
E creder puoi capace Di tradimento tal la tua diletta? […] Di poi ripigliandosi le dice, che anzi nol faccia; ed ironicamente le insinua di tosto recarsi a lui, di porsi nel suo letto, e fralle sue braccia di scoprirgli che la pazzia di Amlet è finta, e che tutto è un artificio.
Di ciò vedasi la Storia naturale, civile e politica del Tunkin pubblicata in Parigi nel 1778 dal l’ab.
Di questa favola mentovata dal Fontanini e dal Gravina esaltata nel lib.
Di mezzo alle parole di gran lode, altre, naturalmente, se ne levan di incredulità e di scherno da coloro, e per buona sorte sono i pochi, che a questa del Goldoni voglion contrapporre (che c’entra ?)
Di questo numero è la poesia, l’eloquenza, la musica, l’architettura, la pittura, la scultura e la danza, colle loro spezie. […] Di che, senza assegnar precetti, basta rimettersene al giudizio dell’udito. […] Di che colla scorta degli stabiliti princìpi potrà un accorto maestro agevolmente avvedersi. […] Di più, questa campana restringe lo spazio della platea e togli a molti palchetti la veduta delle scene. […] Di che convinti da lunga esperienza, i comici di Francia le hanno oggimai sbandite dal loro teatro.
Di modo che non si discernerebbe punto l’individuale argomento che gli strumenti prendono a dipignere, se le parole non venissero in aiuto del suonatore facendone la dovuta applicazione dei suoni a qualche caso particolare, indicandone le circostanze e i principali lineamenti additandone. […] Di più, questo metodo condurrebbe ben tosto la musica teatrale ad una sgradevole monotonia, poiché, avendosi a rendere la passione che domina per tutto il dramma, l’uditore sarebbe costretto a sentire fin da principio quel gener medesimo d’armonia, che gli toccherà poi in sorte d’ascoltare sì lungo tempo, e che dee per conseguenza essere dal compositore sobriamente dispensato affine di non cadere nel vizio distruggitore d’ogni più squisito piacere qual è la sazietà. […] Sia l’aria, per esempio, questa: «Nel lasciarti, o Prence ingrato, Mi si spezza in seno il cor: Di morirti almeno al lato Perché a me tu nieghi ancor? […] Indi viene il terzo “Di mo….rirti al-me-no al” e doppo un lungo intervallo “lato perché a me tu nieghi an-cor?” […] Di queste ed altre cose appartenenti più da vicino alla scienza loro sono così all’oscuro la maggior parte dei moderni maestri che niuno si trova meno in istato di soddisfare alla difficoltà che ponno muoversi contro da chiunque non sia della professione.
Di che possono far fede l’inimitabile addio di Megacle e di Aristea nell’Olimpiade, e il lo conosco a quegli occhietti della Serva padrona, modelli entrambi di gusto il più perfetto cui possa arrivarsi in codesto genere. […] Di ciò ne può far fede l’uso ch’egli aveva prima di mettersi a comporre di leggere e meditare un qualche sonetto di quel poeta a fine di riscaldar il suo ingegno alle pure fiamme di quel platonico e sublime amatore88. […] [21] Di lungo tedio e di niun giovamento al lettore sarebbe il venir meco per ogni dove cercando tutti i famosi professori di canto, che dell’uno e dell’altro sesso ebbe allora l’Italia, oppure quali fossero i diversi stili de’ Buzzoleni, de’ Cortona, de’ Matteucci, de’ Sifaci, de’ Carestini, de’ Senesini, delle Boschi, delle Cuzzoni, delle Visconti, e di tanti altri, l’abilità de’ quali è ita sotterra con esso loro, sebben non rimanga spenta in quanto alla fama.
Di ciò non può dubitarsi in verun conto. […] Di tal maniera i piaceri dello spirito e della ragione devono preferirsi a quelli de’ sensi. […] Di quest’oda narrativa od epica vari esempi bellissimi vi sono nella lingua inglese scritti da Pope, e da Dryden, e anche dal medesimo Brown, il quale per dare in pratica un’idea del suo sistema compose un’oda intitolata la Cura di Saule.
Brossette, parlando Di giudici e pedanti sì scorretti Che hanno maggior la foggia, che i becchetti. […] Di tutte le imitazioni poetiche la rappresentativa é quella che maggiormente si appressa alla verità; e pure in quante guisa non le contraddice nell’esecuzione! […] Di grazia, parlano in versi gli uomini?
Di questi medesimi tramezzi crede il Fontanini che si servissero quelli che rappresentarono l’Aminta in Firenze per ordine del gran duca coll’accompagnamento delle macchine e prospective di Bernardo Buontalenti; la qual cosa riuscì con tal magnificenza ed applauso, che spinse il medesimo Torquato a recarsi di secreto in Firenze per conoscere il Buontalenti; ed avendolo appena salutato e haciato in fronte, se ne partì subito involandosi agli onori che gli preparava quel principe a. […] Di un’ altra pastorale inedita fa anche menzione il Manfredi composta dal conte Alfonso Fontanelli, la quale , dice nella lettera 364, intendo essere un miracolo di quest’arte .
Di questi medesimi intermezzi crede il Fontanini che si servissero quelli che rappresentarono l’Aminta in Firenze per ordine del Granduca coll’ accompagnamento delle macchine e prospettive di Bernardo Buontalenti; la qual cosa riuscì con tal magnificenza ed applauso, che spinse il medesimo Torquato a portarsi di secreto a Firenze per conoscere il Buontalenti, ed avendolo appena salutato e baciato in fronte, se ne partì subito involandosi agli onori che gli preparava il Granduca135. […] Di un’ altra pastorale inedita fa anche menzione il Manfredi composta dal conte Alfonso Fontanelli, la quale (dice nella lettera 364) intendo esser un miracolo di quest’arte.
ra Florinda FLORINDA, un fior tu sei entro a’ i giardini Di virtude, e d’Amore. […] Di serafico ardor si riaccende la Peccatrice : al Pianto Pianto rende.
Di lui fanno menzione fra gli altri il Tritemio, Arrigo gandavense, e il Moreri, i quali l’annoverano anche fra gli scrittori ecclesiastici a motivo di dodici libri composti da lui sulla Grazia. […] Serva di pruova la seguente ballata di Dante Alighieri, la quale a preferenza delle altre ho voluto trascegliere e per la celebrità dell’autore, e perché ottiene un luogo distinto fra le composizioni di questo genere: «Morte villana, e di pietà nemica Di dolor madre antica, Giudizio incontrastabile gravoso: Poiché hai dato materia al cor doglioso, Onde io vado pensoso, Di te biasmar la lingua s’affatica. […] Fà venir il mio voltin Di color di melaranza. […] Di questa nazione, ragionando de’ tempi più moderni, furono Giovanni del Tintore di Nivelle menzionato più avanti nella sua terra, Iusquino de Pres, Obrecht, Ochegem, Ricciafort, Adriano Willaert, Gioanni Mouton, Verdelot, Gomberto, Lupuslupi, Cortois, Crecquillon, Clemente non papa, e Cornelio Canis i quali tutti sono morti, e di presente vivono Cipriano di Rore, Gian le Coik e Filippo di Monti, Orlando di Lassus, Mancicourt, Bassi, Iusquino Baston, Cristiano Holland, Giaches di Waer, Bonmarche, Severino Cornetto, Piero du Hot, Gherardo di Tornout, Huberto Walcrant, Giachetto di Berckem vicino d’Anversa, e molti altri tutti maestri di musica celeberrimi, o sparsi con onore, e gradi per il mondo.»
Di tutte le figure di un perimetro eguale il cerchio contiene dentro a sé il più di spazio.
Di grazia lesse egli mai cotal Numancia?
«Così all’egro fanciul porgiamo aspersi Di soave licor gli orli del vaso». […] Di molti passi che potrebbono addursi in conferma, basterà riportarne due, che sono decisivi. […] Di tutte l’illazioni surriferite, quella che più mi rincresce è l’ultima. […] Di ciò è un manifesto argomento il vedere che infinite persone di niuna o pochissima vaglia e di cui non potrebbe assegnarsi il luogo che occupano presso i loro contemporanei, ciò nonostante inalzano a tal segno il secolo in cui vissero, che per poco non vanno sulle furie quando altri commenda i tempi ov’essi non furono. […] Di più, non indicando in qual luogo delle sue opere, che sono comprese in molti volumi, abbia quel dotto ed erudito scrittore asserito che la nostra divisione in recitativo semplice, recitativo obligato, ed aria fosse la stessa stessissima presso ai Greci, io non posso né disaminare le sue ragioni, né accusare di falsiti il giornalista.
Di più in mezzo a’ modi famigliari e talvolta indecenti di questi due malvagi frammischiansi impropriamente alcune poetiche immagini con intempestiva sublimità lirica espresse. […] Di poi l’enciclopedista fece una risposta, in cui perdè di vista l’oggetto vero della tragedia, il commuovere col terrore, e la compassione. […] Di gusto e di capacità somigliante sono gli altri due teatri.
Di codesta Compagnia fecero parte la moglie Virginia, Eularia Coris, Giovan Paolo Fabri, Niccolò Barbieri, Domenico Bruni, Diana Ponti, Niccolò Zecca, Girolamo Garavini, ed altri. […] Di questa ci serviremo come breve esame alla fine di questo studio ; poichè se in alcune parti essa può parere il più bel pasticcio comico-drammatico-tragico-melodrammatico-mimo-danzante che sia mai stato visto sulla scena a chi piuttosto la guardi un po’ superficialmente, in altre, senza dubbio, dopo un’ accurata analisi si manifesta opera fortissima, ricca di originali bellezze.
Di tali scene fu l’inventore Ferdinando Bibbiena, il quale con la nuova sua maniera chiamò a sé gli occhi di tutti.
Odimi dunque : e dalle inesorate Leggi del tempo mi sia dato un giro Di pochi istanti, e ch’io li parli teco !
Di fuori : Auisi di Roma di 28 di luglio 1582.
Di poi l’esorta a sperare, dipendendo da lui stesso il rimedio : sol che tu scelga qual prole più desideri. […] Di prosa così bella son pieni Sofocle ed Euripide. […] Di maniera che queste prime scene possono acconciamente chiamarsi preghiere notturne e matutine. […] Pieno di veracissima stima ho l’onore di protestarmi Di. […] Di qual tempera sarà il cuore dell’Andres che pure ha si elegante la penna ?
Di là uscirono quelle maravigliose dipinture allegoriche, che incantarono la grecia. […] Infinita esser dovea la distanza dell’uno all’altro, e ben manifesta giacché Menandro avendolo un giorno incontrato, con tranquilla superiorità gli disse: «Di grazia, Filemone, dimmi senza alterarti, non arrossisci al sentirti proclamare mio vincitore50?»
Ma Agnese in questa guisa gli si oppone : No, non fia mai che la disgrazia io vegga Di mia cugina, e non la senta io stessa Nel più vivo dell’alma. […] Di ciò sono io stato più volte testimonio; ma sento che egli ha continuato sino alla morte nel medesimo gusto.
Di questi tempi, il signor Domenico Lanza pubblicò per le nozze Solerti-Saggini (Pinerolo, Tipografia Sociale, 1889) un capitolo inedito del nostro Francesco, tratto dalla Biblioteca nazionale di Torino, e segnato nel catalogo pasiniano col numero cxlii (Codex CXLII, chartaceus, constans foliis II, sœculi XVII). […] Di tutti i capitani spagnuoli è primo Capitan Cardone, che Michelangiolo Buonarroti il giovine così descrive nella Fiera : …. […] Di essa Compagnia facevano parte : UOMINI Andreini Francesco Capitano Spavento Lodovico da Bologna Dottor Graziano Giulio Pasquati da Padova Pantalone Simone da Bologna Zanne Gabriele da Bologna Francatrippe Orazio, Padovano Innamorato Adriano Valerini da Verona Id.
Di tutte queste commedie venti sole ci sono rimaste. […] Di tante produzioni drammatiche, scritte presso a poco sotto i primi imperadori, non sono passate a noi se non le dieci tragedie attribuite a Seneca, le quali fuor di dubbio appartengono almeno a quattro scrittori. […] Di più l’interesse par maggiore in questa, perché Seneca ingegnosamente suppone che Giasone é costretto a sposar Creusa per evitar la morte; da che Acasto figliuolo di Pelia minaccia di saccheggiar Corinto, se Creonte non rende i colpevoli al gastigo ch’egli lor prepara. […] Di più quando gl’istrioni veri rappresentavano male, a un cenno del popolo dovean soggiacere a smascherarsi, e soffrirne a volto nudo le fìschiate.
Di poi non senza bellezza ripete questa tinta con artificiosa variazione, e vuole che a lui fidi il di lui amore considerandolo solo come amico e militare, e non come padre severo: Cuentaselo al Alcayde de Tarifa, nada sabrà Guzman tu adusto padre. […] Di più due voci femminili possono svegliargli l’idea di un nemico che a quell’ora è verisimile che si trovi nel campo Romano? […] Di poi que’ caratteri sanguigni e quella carta di nobiltà scritta nel foglio del petto è un contrabbando Gongoresco ridicolo nel secolo XVIII, ed assai più nel genere drammatico. […] Di tutto ciò vedi Sicardo, Bernardo Tesoriere, gl’Istorici Inglesi e Francesi, il Muratori negli Annali d’Italia.
Di ritorno dalla Russia, Algarotti conobbe Federico II e si fermò prima a Berlino, dal 1740 al 1742, e poi a Dresda presso Augusto III elettore di Sassonia dal 1742 al 1746; da lì ritornò a Berlino, dove rimase fino al 1753. […] Di seguito le cinque edizioni curate dall’autore: Discorso sopra l’opera in musica, in Discorsi sopra differenti soggetti, Venezia, Giambattista Pasquali, 1755, pp. 1-112.
Non sò s’altra favella vi sia nella Europa, ove possano farsi otto versi paragonabili nella mollezza a questi del Tasso: «Tentri sdegni, placide, e tranquille Ripulse, cari vezzi, e liete paci, Sorrisi, parolette, e dolci stille Di pianto, e sospir tronchi, e molli baci: Fuse tai cose tutte, e poscia unille, Ed al fuoco temprò di lente faci, E ne formò quel sì mirabil cinto Ond’ella avea il bel fianco succinto». […] Di ciò appaiono manifesti vestigi in molti vocaboli secondo le dotte e riflessive osservazioni di Celso Cittadini, e del Muratori assai cognite agli eruditi.
Di maniera che se taluno in vece di ragionare volesse scarabbochiar epigrammi, come altri fece, potrebbe per tanto fango chiamar pantanosi siffatti suoi bei componimenti.
Di grazia questi due prodigiosi principi dell’ eloquenza, si sono mai trovati in un caso simile?
Di una rettitudine a tutta prova, di una mente penetrativa, di un gusto squisito, odiava tutto ciò che era, o gli pareva ingiustizia….
Di tal guisa egli si mostrò nella vita un po' sempre personaggio di commedia, e nelle sue grandi interpretazioni un po'sempre Ernesto Rossi.
Di grazia che altro rappresentano i Cinesi da tanti secoli? […] Di qual diritto poi questo picciolo scarabocchiatore di carta osò nel suo garbuglio tragico trattare il pontefice Giulio II colla maggiore indegnità, come mostro, come carnefice? […] Sorgi, misero oggetto Di tenerezza e orror, caro sostegno Sperato invan di questa età cadente, Sorgi, abbraccia tuo padre: ei ti condanna, Ma se Bruto non era ei ti salvava.
Di cambiar con pravo consiglio il sistema dell’opera italiana per quello della francese, mentre che i francesi alquanto spregiudicati si studiano d’imitar la nostra; di maniera che noi siamo in procinto di cader nelle miracolose stravaganze del teatro lirico francese, ed essi in caso di cagionare in questo una crisi favorevole, e convertir l’opera loro in tragedia confinata all’imitazione della natura, com’é la nostra.
Di che vedasi il racconto del celebre Donizione presso il Fiorentini, o il Muratori, o il Tiraboschi.
Di tutte le traduzioni ed imitazioni di essa fatte da’ Francesi riferite dal nostro autore, quella di M.
Le forme del corpo atletiche e ferrea tempra. » Di tutte le parole stampate in prosa e in verso a onore del sommo italiano, scelgo la seguente ode, d’altre forse men peggiore, che il Dall’Ongaro dettava nel giorno che Gustavo Modena chiuse le sue rappresentazioni nel Teatro di Palma, intitolato poi dal suo nome.
Di poi tanto fondate Voi in una Dedicatoria, che alla fine d’ordinario suole essere una tacita insinuazione, e un panegirico indiretto a favore delle proprie produzioni!
Notizie pellegrine, Di poema degnissime e d’istoria!
Di lui, ch'egli ebbe in tal considerazione da dettare egli stesso la prefazione alle favole rappresentative, facendo dell’artista il più largo elogio ?
Di ciò due ne veggo esser state le cagioni. […] [11] Di più: in una religione che parlava molto ai sensi e pochissimo alla ragione, e che rappresentava l’essere supremo sotto velami corporei, gl’iddi non si distinguevano molto dagli uomini: anzi, ponendo mente alle assurdità e ai vizi attribuiti a loro dai poeti , chiunque avea fior di senno dovea pregiare assai più un vile schiavo virtuoso, che non gli oggetti della pubblica venerazione.
Di cento ventiquattro piedi tra semplici e composti onde costava la loro prosodia (numero prodigioso, dal quale solo potrebbe argomentarsi la superiorità della lingua greca rispetto a tutte le altre) non si trovava neppur uno che non fosse stato inventato per adattarlo piuttosto ad una spezie di canto che ad un’altro. […] Di ciò ne basti arrecar una pruova. […] Di molte che potrebbono addursi, basti solo l’autorità di Platone e quella di Plutarco.
Di poi non senza bellezza ripete questa tinta con artificiosa variazione, e vuole che a lui fidi il di lui amore considerandolo solo come amico e militare, e non come padre severo: Cuentaselo al Alcayde de Tarifa, nada sabrà Guzman tu adusto padre. […] Di poi que’ caratteri sanguigni e quella carta di nobiltà scritta nel foglio del petto è un contrabando Gongoresco ridicolo nel secolo XVIII ed assai più nel genere drammatico11. […] Di tali cose vedi Sicardo, Bernardo Tesoriere, gli storici Inglesi e Francesi, il Muratori negli Annali.
Di siffatto ritrovamento ne fu l’autore Ferdinando Bibbiena bolognese, che grandissimo nome s’acquistò dentro e fuori della sua patria, e che venne meritamente chiamato il Paolo Veronese del teatro.
Di poi s’imputa al Tasso una mescolanza di carattere piacevole al serioso a cagione delle disgrazie di Erminia, che tanti patetici movimenti risvegliano in altri cuori.
Di più vi si dipinge un di lui figliuolo che dall’università degli studj ha riportato ignoranza, libertinaggio e rozzezza, e che domandato dal padre, come vanno le monadi?
Di più alcuna di esse é anteriore alle opere di Apostolo Zeno; le altre sono uscite nell’istesso tempo. […] Se Anocreonte rinascesse, dubito che scrivesse in Italiano un’ode né più armoniosa, né più dolce di questa: Oh che felici pianti, Di due bell’alme amanti Purché si possa dir, Quel core é mio.
Di tante produzioni drammatiche scritte a un di presso sotto i primi Imperadori da personaggi ragguardevoli, non sono a noi pervenute se non le dieci tragedie attribuite a Seneca, le quali (che che ne dica Martin Del Rio e qualche altro) appartengono fuor di dubbio almeno a quattro scrittori, se la differenza del gusto e dello stile può servirci di scorta a conoscerne l’autore. […] Di più l’ interesse in questa par maggiore, perchè Seneca ingegnosamente suppone esser Giasone astretto a sposar Creusa per evitar la morte, perchè Acasto figliuolo di Pelia minaccia di saccheggiar Corinto, se Creonte non rende i colpevoli al castigo che gli attende.
Di recente pubblicazione il lavoro dello storico Vittorio Criscuolo, La penna armata contro la «vil superstizione e la feroce tirannide». […] Di quanto effetto sarebbero talvolta alcuni riposi opportuni ed espressivi? […] Di tali periodi vien formato il discorso, che pure in parti più o meno lunghe si suole dividere; onde risultano capitoli, articoli, paragrafi ed altrettali divisioni, che tutte di più o meno periodi successivamente compongonsi. […] Ora annunciano la gravità, come: Genti v’eran con occhi tardi e gravi, Di grande autorità ne’ lor sembianti. […] Di tale espressione simultanea, complessiva, completa noi qui ragioneremo particolarmente.
[2.90] Cioè le porte che erano state aperte. [2.91ED] Di più arrivando il Nuncio a dimandar di Aiace, sente rispondersi: Non è dentro, ma se n’è gito fuori. […] [4.61ED] Di questo sillogismo negherai tu la minore e io te la provo. […] [5.165] Di sei sillabe ancor ve n’ha per lo più sdruccioli e qualche fiata ancor tronchi. [5.166ED] Esempio del primo può essere: Ma già più languide Le stelle girano. […] Di lui M. ricorderà nell’autobiografia (P. […] Di contro reputava il verso sciolto ‘ignobile’ o oscuro, appellandosi, infine, all’esperienza teatrale che avrebbe dimostrato che i versi non pregiudicano né all’arte attorica né alla commozione dello spettatore (p. 162).
Di già erasi veduto fin dalla prima origine del melodramma Emilio del Cavalieri, il quale all’altre sue abilità congiugneva quella d’essere danzatore bravissimo, inventar balli assai leggiadri per la rappresentazione delle pastorali da lui modulate e celebre fra gli altri divenne uno chiamato il Granduca. […] Di farmi distintamente comprendere l’azione ch’egli mi metterà sotto gli occhi, di regolarla colle leggi che prescrive il buon senso, d’accrescere maggior energia allo spettacolo drammatico riunendo la danza all’altre due sorelle germane la musica e la poesia. […] Di non iscostarsi dal disegno propostogli dall’inventore, di scordarsi d’essere ballerino per non essere che pantomimo, d’usare di que’ gesti soltanto, la significazione dei quali essendo fissata da una convenzione generale e non dal capriccio, può facilmente essere intesa dagli spettatori.
Sorgi, misero oggetto Di tenerezza e orror, caro sostegno Sperato invan di questa età cadente, Sorgi, abbraccia tuo padre : ei ti condanna, Ma se Bruto non era, ei ti salvava. […] Di grazia che altro rappresentano i Cinesi da tanti secoli? […] Di qual diritto’ poi questo picciolo scarabbocchiatore di carta osò nel suo garbuglio tragico trattare il pontefice Giulio II colla maggiore indegnità, come mostro come carnefice?
Di grazia, sig.
Ma è naturale bensì, che Artabano compreso da smoderato desiderio di regnare, al quale ha le sue mire indirizzate, si spieghi col figlio in tali termini: «È l’innocenza, Arbace, Un pregio che consiste Nel credulo consenso Di chi l’ammira, e se le togli questo In nulla si risolve: Il giusto è solo Chi sa fingerlo meglio, e chi nasconde Con più destro artificio i sensi sui Nel teatro del mondo agli occhi altrui.» […] Di tali doti alcune si trovano mediocremente in Lucrezio, delle altre non apparisce neppur vestigio.
Di più l’interesse in questa par maggiore, perchè Seneca ingegnosamente suppone esser Giasone astretto a sposar Creusa per evitar la morte, perchè Acasto figliuolo di Pelia minaccia di saccheggiar Corinto, se Creonte non rende i colpevoli al castigo che gli attende. […] Di ciò così Fulvia si vale nell’Ezio: Non è mai troppo tardi onde si rieda Per le vie di virtù.
Di più, essendo a que’ tempi ricevuta dalle leggi l’appellazione per via di duello, le dame, che non potevano venir a personale tenzone, combattevano per mezzo dei lor cavalieri, ai quali veniva troncata la mano in caso di perdita.
Di tutto ciò che quì si accenna si vegga il citato volume III della Coltura delle Sicilie, pag. 364 ecc.
Di tutto ciò che quì si accenna si vegga il citato volume III della Coltura delle Sicil.
Di quelle del tempo di Filippo IV più non si favella nè anche.
Di scena in scena l’entusiasmo aumenta, circolano mormorii discreti, coi quali si propaga l’ammirazione collettiva, e l’atmosfera della sala è creata, la battaglia è vinta, ahi troppo presto pei miei gusti battaglieri, in tempo appunto perchè la bellezza di questa sala fosse completa e pura.
Di più dico, che l’aspetto della sua disGrazia è sì momentaneo e sì privo di quella parte che chiamasi da greci πάθος, che la sua morte pare così accessoria alla tragedia. […] Di molte lor favole occorrerammi di ragionare nel decorso di questo paragone. […] Di tale dilicatezza è per mio avviso la tessitura loro che troppo difficile è lo schifare ogni imperfezione. […] Di questi si verifica particolarmente quel lambiccamento che dal Marchese Maffei s’attribuisce generalmente a’ sentimenti de’ tragici francesi. […] Di vari metri usati dagli Italiani in tragedia, e de’ tragici versi de’ Francesi.
Non si può appropriare al nostro Teatro (scrive con istupenda franchezza) ciò che dice il Menzini, “Un che al prim’ atto le sue guance ha nude “Di pelo, al terzo poi mel fai barbuto, “Quale il Nocchier della infernal palude.”
Di poi, quando anche que’ versi recitati nel Circo fossero stati scenici (che ben poteva ciò avvenire, perchè ne’ Giuochi Romani, Plebei, e Megalesi3 aveano luogo gli spettacoli scenici), questo proverebbe, che il Popolo Romano talora s’infastidiva degli spettacoli teatrali, e desiderava i Circensi, che formavano la di lui passione principale, ma non già, che per avere il gusto corrotto, come fantastica il Sig.
Di fatti come non sarebbe la Spagna soggiaciuta a questa specie di anarchia de’ tribunali e ad altri disordini, se in essa agiva con maggior forza la medesima cagione che li produceva altrove?
Di esso Corsi erano amicissimi Ottavio Rinuccini gentiluomo fiorentino e bravo poeta, avvegnacchè poco egli sia noto in Italia a motivo di aver la maggior parte della sua vita menato in Francia, e Jacopo Peri musico valentissimo, i quali d’accordo col Caccini e col Corsi tanto studiarono sulla maniera d’accomodar bene la musica alle parole che finalmente trovarono, o credettero d’aver trovato, il vero antico recitativo de’ Greci, ch’era stato da lungo tempo il principale scopo delle loro ricerche.
Di fatti come non sarebbe la Spagna soggiaciuta a questa specie di anarchia de’ tribunali, e ad altri disordini, se in essa agiva con maggior forza la medesima cagione che gli produceva altrove?
Di già ò fatto casare la donacione fatta pasata al parlamento e al Sataleto, il dirle achora sarebe troppo lugo basta a diri ch’ è peggio d’uno faista che a bocha li dirò il tutto come i strapacci fatomi.
Di questa tragedia domestica e romanzesca di M.