Sono (dice) Trigeo Atmoneo buon vignajuolo, che non sono nè spione nè ladro. […] Vo che ritorni al mondo, perchè i tragici che vi sono rimasti, sono ignoranti. […] E tanti altri giovani i quali sono autori di più di diecimila tragedie, e sono più loquaci di Euripide? […] Queste cose non sono pe’ tuoi denti. […] Questi sono i beni che tu fai all’uomo….
Ma gettati gli occhi sul volume, e accortasi dell’errore, aggiunse : veggo che mi sono ingannata, ma per il di lei genio, il solo nome che gli si compete è quello di Augusto. […] » Oltre alle tante produzioni drammatiche, abbiamo di lui i Principii d’arte drammatica rappresentativa, dettati nell’ Istituto drammatico di Padova (Milano, Sanvito, 1857), nei quali, più che le lezioni teoriche, sono da ammirarsi i dialoghi, alcuni de’quali, come la Rissa, sono drammettini vivi, palpitanti, d’una modernità scenica meravigliosa ; e una infinità di articoli pubblicati nella Gazzetta di Milano e nel Pirata…. […] Non potendo ella sopra il mio credito di circa duemila lire somministrarmi scudi settanta fiorentini, che mi necessitano pel pagamento degli impegni da me contratti qui in Firenze, nè tampoco pagarmi il costo della vettura pel trasporto di me e mia famiglia fino a Forli, crescendo d’ora in ora i miei bisogni, nè trovando conciliabili i suoi mezzi pecuniarj con le esigenze della Compagnia tutta, io sono costretto a prevenirla essere per me di necessità di provvedere sull’istante ai bisogni della mia esistenza, a quelli di mia moglie, de’miei quattro figli, non potendo più sostenermi in siffatta pendenza.
Da ciò può inferire, se mai io abbia voluto formare un mistero di ciò che sono ‘per pubblicare, e sottoporre al medesimo suo giudizio. […] Parmi di averle altra volta scritto, che io prendo per quello che sono le scaramuccie letterarie, e segnatamente queste nostre, che (confessiamcelo a quattr’occhi) sono veri litigj di lana caprina: sono semplici scherzi non ad altro buoni, che a farci passare gajamente que’ momenti che spendiamo a respingere, come ci diamo a credere, con bravura l’avversario. […] Detta a lei l’amore di fare de’ sogni piacevoli: a me di dar risalto a’ veri suoi pregi, i quali nè pochi sono, nè volgari, come mostrerò nell’ultimo Articolo del mio Discorso. […] Due secoli e mezzo sono trascorsi dalla morte di Garcilasso de la Vega alla pubblicazione dell’ultimo Volume del Saggio, nè Spagnuolo veruno si è avvisato di denominare le di lui Poesie altramente di quello che l’Autore le lasciò intitolate manoscritte; ed in cento Edizioni non mai le di lui Ecloghe si chiamarono altro che Ecloghe. […] Sono però sicuro di mostrare ad un bisogno l’enorme differenza di un’ Ecloga da uno spettacolo scenico per disegno, per azione, e per dialogo, e singolarmente quella della II. di Garcilasso da qualunque Dramma rappresentativo.
), a pag. 113, dopo di avere accennato a concessioni di famigliarità e passaporti e patenti a vari comici e cantanti dal 1680 al 1684, scrive : « anche prima vi sono lettere di Francesca Allori, detta Ortensia, comica. […] Di lui e della Francesca posseggo due lettere autografe che riproduco ridotte di un quarto, nelle quali sono, come il lettore vedrà, notizie di non poco interesse. […] A queste lettere mancano gl’ indirizzi ; ma sono dirette ai Ministri del Duca di Mantova. […] S. non voleva che la compagnia andasse a Napoli, et che le piazze dove si dovrà recitare il venturo ano sono già state destinate dall’A. […] ma, et a quelli sarò sempre riverentissimo, in tanto sono suplicarla a suplicare in mio nome il S.
Le ultime sono pur poche. […] Tali sono la Buona Figliuola, le Pescatrici, il Filosofo di campagna, il Tamburro notturno. […] Con tale economia sono distribuiti 14 pezzi di musica per lo più parlanti e senza affetti. […] In una di esse si sono personificate e introdotte a parlare le due statue di Apollo e Cibele ed il Passeggio del Prado: in un’ altra si personificò la Cazuela e la Tertulia, che sono due palchettoni del teatro32. […] Entrambi sono un misto di antico e di moderno per la scalinata anfiteatrale e per li palchetti che hanno.
Vieni ove sono e vedila. […] Sono iti? […] Sì sono. […] Piacevoli sono i propositi che tiene coll’astuto Fessenio che se ne burla e l’aggira. […] Non sono io quella, che per esser vostra moglie non mi sono curato di abbandonar la mia madre nè di andar dispersa dalla mia patria, nè divenir favola del mondo?
Vieni ove sono, e vedila. […] Sono iti? […] Sì, sono. […] Piacevoli sono i dialoghi che fa coll’ astuto Fessenio che se ne burla e l’aggira. […] Non sono io quella, che per esser vostra moglie non mi sono curata di abbandonar la mia madre, nè di andar dispersa dalla mia patria, nè divenir favola del mondo?
Più notevoli nell’ Inavvertito sono le tirate sul modo di giudicar le azioni della plebe e de’signori ! […] Nel prologo, a voler sostenere la sua tesi, che le commedie cioè sono la più moral cosa del mondo, e chi ne dice male un fior d’ignorante, egli conclude : …. […] Ma perchè i documenti sono portati da’ comici, questi dalle sentenze miniate d’oro e conteste di credito non gl’accettano : disgratia della parte debole ! […] In somma, i brilli in mano a cavaglieri sono stimati diamanti, e i diamanti in mano a povere persone sono tenuti brilli. […] La qual descrizione non concorderebbe con una vecchia litografia di Delpech, in cui i capelli sono raccolti in una specie di reticella rossa alla brava, la barba e i baffi son bianchissimi, il viso scoperto, la borsa in cuoio giallo, le scarpe nere, e l’orlatura e i bottoni dell’abito turchini.
Lasciamo il giardinaggio da stufa o la spontanea produzione dei campi, e diciamo le cose come veramente sono. […] » Vi sono gli entusiasti : gli entusiasti ad oltranza. […] Le platee sono trascinate, e in preda al delirio : e la storia dell’arte della scena straccia tutte le pagine delle date memorabili, piglia un libro nuovo, tutti i fogli immacolati, e segna un nome, il nome che inaugura la nuova e vera tradizione illustre. Date fiori, date applausi …… Poi ci sono i ribelli …. […] Chi se ne occupa è uno sciagurato : non ha nè il criterio, nè il sentimento dell’arte…… E finalmente ci sono coloro che hanno detto semplicemente e sinceramente così : La Tina Di Lorenzo ha le doti naturali, ma non ha l’arte ; farà la gran conquista quando ai mezzi che la provvidenza le ha elargito avrà aggiunto la formazione dell’intelletto d’arte, che è studio tenace, serietà di proposito, fermezza di volere.
Con tutto ciò mi sono achetato, sperando in Dio e in V. […] Cosi sono state e sono le cose, Ecc. […] Eccone la descrizione : Ms. cartaceo in 4° piccolo di 70 carte, non numerate, delle quali 17 bianche ; quattro in principio, e dieci alla fine del volume : tre sono fra il primo e il secondo atto. […] Di modo tale, che per l’abuso di costoro, anco i galantuomini vengono disprezzati, e patiscono degli affronti che non sono convenienti a’meriti loro. […] Le respirazioni sono frequenti e rapide !
Ma le nostre maschere sono assai diverse dalle antiche pel fine, per la forma, e per l’uso. […] Quanto alla forma gli antichi nelle maschere rappresentavano i volti umani quali sono, per valersene nelle tragedie e nelle commedie. […] Ma poi i moderni stessi sono caduti in un assurdo peggiore col frammischiare con gli attori scoperti quegli altri mascherati, cioè i quattro poveri vergognosi perpetui, il Pantalone, il Brighella, l’Arlecchino, il Dottore che si coprono di una faccia di cartone o di cuojo dipinta e invernicata a.
Ma le nostre maschere sono assai diverse dalle antiche pel fine, per la forma e per l’uso. […] Quanto alla forma gli antichi nelle maschere rappresentavano i volti umani quali sono, per valersene nelle tragedie, e commedie. […] Ma poi i moderni stessi sono caduti in un assurdo peggiore col frammischiare con gli attori scoperti quegli altri mascherati, cioè i quattro poveri vergognosi perpetui, il Pantalone, il Brighella, l’ Arlecchino, il Dottore, che si coprono di una faccia di cartone o di cuojo dipinta e invernicata129.
A detta de' contemporanei nessuno toccò nel Colombi la perfezione di lui, e quanto al Goldoni egli scriveva a Francesco Righetti il 18 agosto' 54 da Venezia : Qui la mia Compagnia piace immensamente, qualunque altra in vece della mia non farebbe le spese serali, tanti sono i passatempi gratis, che offre in questo mese Venezia ; pure ò 116 abbonati e nove palchi a stagione. Colla mia destrezza sostengo persino la Dreoni, che viene salutata al suo comparire ; Salvini furoreggia ; ma con la debita modestia io sono il più festeggiato, e ne ho potenti prove pecuniarie. […] Tornava scritturato pel '56, attore e direttore, con Astolfi, e nella lettera al Righetti dianzi accennata, scriveva : « non voglio più dolori di testa, nei più begli anni della mia carriera : questo è il momento di farmi pagar bene, ed infatti me ne sono prevalso : se Astolfi mi ha voluto pel '56, ha dovuto darmi lire settemila, e cinque mezze serate. » Ma l’ Astolfi morì, e il Pieri fu d’ allora in poi capocomico fino alla morte (a Genova, il 3 marzo 1866), e per di più senza dolori di testa.
Incoraggite i poeti, cercate ogni via perchè si sollevino dalla turba de’ versificatori, ed essi che sono l’anima delle scene, inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, e questo spirito farà che essi rappresentino con tanta energia-naturalezza e sensibilità, con quanta durezza, stento e freddezza rappresenteranno copiando unicamente gli attori stranieri. […] I cori dell’opera sono composti di venti persone in circa, che per lo più vengono dall’Ukrania o Picciola Russia dove si studia molto la musica vocale. […] I balli sono magnifici. […] Vi sono cinque ordini di logge ciascuna divisa in diciotto palchetti.
Non sono divenuto membro del parlamento per darvi gusto? […] Tali sono M. […] Noti sono i progressi della musica in Alemagna dopo che vi si diffusero i capi d’opera della musica italiana. […] Tutte le altre produzioni comiche sono stravaganti assai più di quelle del secolo passato senza averne alcuna grazia. […] Io sono del sentimento di M.
» – « È un pezzo che sono famoso in compagnia di tanti altri signori. […] S. mi cacciò fuori di casa con la moglie per causa di madama Gorle et al presente sono sei anni che sono eternamente perseguitato, ferito et cacciato fuori di casa per quest’ altra ; e pure non ho mai fiatato, e sono stato sempre figlio obbediente e rispettoso. […] S. che lacrime sono. […] Sono 2 anni che mi sono levato e ritiratomi dalle sene comiche e se non fose stato quello che camo mio figlio sarebe a casa sei anni sono ; ma perchè mi fece una infamità che fu costreto a partire di Pariggi e non solo io fui da lui disgostato, come ancho la S. […] Dui anni sono che sarebe partito e sarebbe ritornato col figlio a casa.
Ad eccezione di uno o due personaggi che poco figurano nella multiplicità delle azioni di tal componimento, tutti gli altri sono perversi e scellerati. […] I personaggi per lo più sono inutili ed episodici; le inconseguenze continue; lo stile ineguale ora plebeo e della feccia del volgo, ora fuor di proposito elevato, sempre sconvenevole e lontano dalla tragica gravità, la versificazione dove pomposa, dove triviale. […] Tutti i cinque atti sono ripieni d’inutili, inverisimili e freddi amori de’ capitani di Dido, e di un racconto de’ suoi andati casi impertinentemente cominciato nel I atto, narrato a spezzoni ne’ seguenti, interrotto quattro volte, e compiuto nel quinto. […] Compete questa osservazione ad una favola, di cui tre atti almeno sono inutili, e dove Didone, senza apparire la necessità che l’astringe a promettersi a Jarba, è posta nel caso di darsi la morte per non isposarlo? […] IV, pag. 194, lin. 3, dopo le parole, pochi anni sono, si aggiunga come segue.
Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, là dove nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grandi uomini. […] La satira e l’oscenità sono le note caratteristiche de’ poeti comici inglesi. Le commedie più graziose di tutto il teatro inglese, per avviso del Voltaire, sono quelle che scrisse il cavaliere Van-Broug architetto grossolano, e poeta comico delicato morto nel 1704. […] Sono ancor regolari, e se la scena non è rigorosamente stabile, si circoscrive ne’ luoghi della città di Londra. […] Seguendo l’indole della commedia inglese, le pitture del Wycherley sono forti, oscene, e satiriche.
Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, che nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grand’uomini. […] La satira e l’oscenità sono le note caratteristiche de’ poeti comici Inglesi. Le commedie più graziose di tutto il teatro inglese, per avviso di Voltaire, sono quelle che scrisse il cavaliere Van-Brough architetto grossolano e poeta comico delicato morto nel 1704. […] Sono ancor regolari, e se la scena non è rigorosamente stabile, si circoscrive ne’ luoghi della città di Londra. […] Seguendo l’indole della commedia inglese le pitture di Wycherley sono forti, oscene, e satiriche.
Voi avete per voi il suffragio d’Italia : io che sono l’ultimo dei suoi scrittori, riconosco intieramente da voi la fortuna delle mie tragedie, ed è impossibile far meglio la parte di Teresa. […] Ella esordi il giorno 14 maggio (1840) col dramma tradotto dal francese intitolato Sedici anni or sono. […] Sono stata docile e conveniente, non sono stata attaccata al contratto ed ho fatto le più gran concessioni. Non ha servito nulla, e mi sono convinta che l’invidia non si placa. […] E sono tra le fortunate, perchè, come l’Andolfati e la Perotti, non morrò allo spedale.
[21] Se non che non sono questi i soli difetti che si commettono nelle moderne composizioni musicali. […] Tanto sono lontani dal comprendere il linguaggio individuale di ciascun affetto che non conoscon neppure i gradi specifici che gli distinguono. […] Il sospetto crudele, l’agitazione, la gelosia, il rimorso sono rappresentati ad una foggia medesima. […] Simili agli amanti presso a’ quali le donne amate sono sicure di ottener il perdono di qualunque loro arditezza, gli uditori sono indulgentissimi con chi è lo stromento de’ loro piaceri. […] Se realmente non fosse di lui, io sono pronto a disdirmi.
I due testi sono accompagnati da brevi note di commento. […] Ma spesso gli uni sono più espressivi quando gli altri lo sono meno, e talvolta gli uni tacciono e si riposano affatto, mentre gli altri parlano ed operano invece loro. […] La sede di questa passione sono gli occhi e le ciglia. […] E così la teorica renderebbe più spedita, e più sicura la pratica; e in questo modo tutti i migliori artisti si sono formati e sono riusciti eccellenti nell’arte loro. […] E l’artista diligente non dee cessare dal raccogliere e meditare tali osservazioni, che sono tanto più interessanti quanto più sono rare e straordinarie.
Ma quali sono queste modificazioni? […] Ma se la prostituzione, la dissolutezza de’ costumi, e la schiavitù rendono infami i commedianti del l’Oriente, non si lascia di ammirare la loro abilità di rappresentare, e sono in pregio gli attori eccellenti, e sopra tutti si encomiano quei del Tunkinoa. […] Gl’interlocutori delle favole Cinesi sogliono essere otto o nove; ma i commedianti non sono più di quattro o cinque, e ciascuno di loro rappresenta due o tre parti. […] Prèmare e tratto da una collezione di un centinajo di drammi scritti nella dinastìa di Yuen: «Io sono Tching-poei, mio padre naturale è Tun-gan-cu; io soglio la mattina esercitarmi nelle armi, e la sera nelle lettere; ora vengo dal campo per veder mio padre naturale.» […] Alcuni de’ commedianti cinesi si sono addestrati a rappresentar senza parola seguendo il tempo della cadenza musicale.
Incoraggiare e perfezionare i poeti, i quali sono l’anima di tutto lo spettacolo, ed essi inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, i quali rappresenteranno con tanta energia e sensibilità animati da questo spirito, con quanta freddezza e durezza rappresenteranno copiando unicamente gli attori stranieri. […] Sette od otto anni sono, ne era il regolatore e maestro il veneto Buranelli, a cui é succeduto il nostro Traetta, ciascun de’ quali vi ha avuto 3500 rubli di paga. […] Quanto a’ balli assicurano i nazionali, che sono d’una somma magnificenza.
» sclamava poi ; « voi tutti ben conoscete i miei rimedj, poichè son gli stessi che spaccia nella piazza vicina il mio rivale, di cui io sono il figliuolo. » E qui si diede ad architettare una storiella verosimile, secondo la quale, per certe sue ragazzate, sarebbe stato maledetto e scacciato dal padre. […] Quanto al costume e al carattere dello Scapino, metto qui tradotte le parole del Riccoboni che sono nella sua Storia del teatro italiano a illustrazione della figura del Joullain (V. pag. 451) la quale, secondo il Gueullette è stata fatta per Bissoni stesso. […] Tutte le commedie di Plauto sono state recate sul nostro Teatro Italiano per la facilità del carattere principale, che è quello degli schiavi, applicato a questo personaggio.
La partenza de’ guerrieri dai loro villaggi (cosi ne parla lo storico Robertson a), la marcia nel paese nemico, le cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni del loro partito in agguato, la maniera di sorprendere l’avversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento del pericranio a quegli che sono uccisi, la presa de’ prigionieri, il ritorno dei conquistatori in trionfo, ed il tormento delle vittime sventurate, sono tutte cose che vi si rappresentano una dopo l’altra. Gli operatori eseguiscono con tale entusiasmo le loro diverse occupazioni, sono cosi bizzarri i loro gesti, il viso, la voce, e così bene accomodati alle loro varie espressioni, che gli Europei durano fatica a credere che sia una scena immaginaria, e non la vedono senza ribrezzo ed orrore. […] Chiapa-de los Indios è la città principale di tal contrada popolata da moltissime famiglie nobili americane, dove si gode una giusta libertà e proprietà, che sono le cagioni onde ne’ popoli fioriscono l’industria e la coltura. […] Gli attori però sono tutti Americani, e tra essi intorno a cinque o sei lustri indietro (per quel che mi narrò in Madrid un negoziante di Cadice che vi avea passata una parte della vita) spiccava una bella e giovane attrice figliuola di una Peruviana e di un Italiano chiamata Mariquita del Carmen, e conosciuta pel soprannome di Perrachola. […] Non è questo anzi l’ordinario effetto del rigiro e della cabala tanto più potenti quanto più vaste sono le corti?
La partenza dei guerrieri dai loro villaggi (così ne parla lo storico Robertson 34), la marcia nel paese nemico, le cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni del loro partito in aguato, la maniera di sorprendere l’ avversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento del pericranio a quegli che sono uccisi, la presa dei prigionieri, il ritorno de i conquistatori in trionfo, ed il tormento delle vittime sventurate, sono tutte cose che vi si rappresentano una dopo l’altra. Gli operatori eseguiscono con tale entusiasmo le loro diverse parti, sono così bizzarri i loro gesti, il viso, la voce, e così bene accomodati alle loro varie espressioni, che gli Europei durano fatica a credere che sia una scena immaginaria, e non la vedono senza ribrezzo ed orrore. […] Chiapa de los Indios è la città principale di tal contrada popolata da moltissime famiglie nobili Americane, dove si gode una giusta libertà e proprietà, che sono le cagioni onde ne’ popoli fioriscono l’industria e la coltura. […] Gli attori però sono tutti Americani, e tra essi intorno a diciotto anni fa (per quel che mi narrò un negoziante di Cadice che vi avea passata una parte della vita) spiccava una bella e giovane attrice figliuola di una Peruviana e di un Italiano chiamata Mariquita del Carmen, e conosciuta pel soprannome di Perra-chola. […] Non è questo anzi l’ordinario effetto del rigiro e della cabala tanto più potenti quanto più vaste sono le Corti?
Sono, dice, Trigeo Atmoneo buon vignajuolo, che non sono nè spione nè ladro. […] Dove sono essi andati? […] Tu sembri allevato come una donna; ma dove sono le poppe? […] E tanti altri giovani, i quali sono autori di più di diecimila tragedie e sono più loquaci di Euripide? […] Questi sono i beni che tu fai all’uomo . . .
Un secolo dotto fa risplendere di riverbero ancor quelli che non lo sono. […] Le commedie del Calmo sono: la Spagnolas, il Saltuzza, la Pozione, la Rodiana e il Travaglia, pubblicate dal 1549 al 1556. […] De’ moderni Italiani sono stati molti personaggi o sciocchi, o ridicoli, o astuti nelle commedie introdotti, come sono Don Pasquale de’ Romani, la Pasquelle de’ Fiorentini, i Travaglini de’ Siciliani, i Giovannelli de’ Messinesi, il Giangurgolo de’ Calabresi, il Pulcinella, il Coviello, il Pascariello de’ Napoletani….
Gustavo Modena che s’era aggregato alla sua Compagnia, scrive a Calloud da Parma il 20 novembre del '42 : « La Compagnia Vergnano non piacque ; e con essa, te lo dico schietto, i Parmigiani sono ingiusti. […] Malgrado l’equipaggio sequestrato, i soggetti sono tutti qui requisiti, meno il capocomico Vergnano, il quale seppe destramente sottrarsi colla fuga, terminata che ebbe la parte che aveva nella comedia. » – Si recitava quella sera il 4° atto di Misantropia e Pentimento, poi il 2° de' Due Sergenti.
[4.2] Chiunque, in ciò che si spetta alla danza, se ne sta alle valentìe di cotesta nostra e non va col pensiero più là, ha da tenere senz’altro per fole di romanzi molte cose che pur sono fondate in sul vero: quei racconti, per esempio, che si leggono appresso gli scrittori, degli tragicissimi effetti che operò in Atene il ballo delle Eumenidi, di ciò che operava l’arte di Pilade e di Batillo, l’uno de’ quali moveva col ballo a misericordia e a terrore, l’altro a giocondità e a riso, e che a’ tempi di Augusto divisero in parti una Roma. […] [Sebbene questi non sono che i rudimenti della danza, o piuttosto la parte materiale, a volersi più propriamente esprimere. […] In questa scuola sono essi veramente i maestri, né dovrà niuna nazione recarsi ad onta di studiare da essi anche in tal genere di gentilezza.
Il poeta dirige i ballerini, i macchinisti, i pittori, coloro che hanno la cura del vestiario; egli comprende in mente il tutto insieme del dramma, e quelle parti che non sono eseguite da lui le ha però dettate egli medesimo. […] Lasciati da canto gli argomenti favolosi, che tutto abbracciando, per cosi dire, l’universo sono di lor natura sommamente dispendiosi, si rivolsero ben tosto a’ soggetti storici che dentro a’ più ristretti termini si rimangano circonscritti; e questi e non altri furono posti sulle scene. […] Il maraviglioso di essa darà campo al poeta d’intrecciarla di balli e di cori, d’introdurvi varie sorte di decorazione; e per esser semplice e nota, né di tanto lavoro egli avrà mestieri, né di così lunghe preparazioni per dare a conoscere i personaggi della favola e per far, come si conviene, giocar le passioni, che sono la molla maestra e l’anima del teatro. [1.6] Assai vicini al divisato modello sono la Didone e l’Achille in Sciro dell’illustre Metastasio. Gli argomenti ne sono semplici, cavati dalla più remota antichità, ma non troppo ricercati; in mezzo a scene appassionatissime vi han luogo splendidi conviti, magnifiche ambascerie, imbarchi, cori, combattimenti, incendi: e pare che ivi il regno dell’opera venga ad essere più ampio, per così dire, ed anche più legittimo che d’ordinario esser non suole.
Andreini, direttore di quella Compagnia, (Milano, Malatesta, 1652), sono le lodi artistiche di lei, che sostenne la parte della protagonista, espresse ne’ seguenti madrigali : Alla Signora Eularia mentre rappresentó la Maddalena Penitente. […] Anzi la perderebbe in fatti e in detti con voi degli Orator l’Archimandrita, e direbbe, leccandosi le dita, questi dell’alma mia sono i confetti. […] A. mentre lo ritrovano a cantare, voi fareste disperarmi, poichè sono tanto importune che non credo possa far di meno di non disperarsi leziendole, lo prego però a perdonarmi del ardire, conoscendo che il tutto nasce dalla necessità che mi stimola ad essere ardita. […] In Ancona non fanno niente, così sono venute le nuove, il principio è molto brutto. […] A. d’una gratia, la quale è questa, nel viagiare, all’ osteria mi sono dimenticata quella scufia bianca, della quale V.
Dimostra giornalmente l’esperienza che in una stanza ove nudi sieno i muri, ne sono assai poco ripercosse le voci e riescon crude all’orecchio; le spengono gli arazzi di cui una stanza sia rivestita; ma dove ella sia foderata di asse, le voci mollemente rimbombano, e giungon piene all’orecchio e soavi. […] Ma un tal modo non può se non quelli contentare che sono di troppo facile contentatura. […] Oltre di che non poche sono le disconvenienze che risultano dalla figura della campana: il venirsi a ristrignere con essa lo spazio della platea e il far perdere a parecchi palchetti la veduta di tutta la scena, e alcune altre che qui riferire non giova. […] Gli spettatori posti nella circonferenza del semicerchio sono tutti rivolti alla scena di un modo, la veggon tutta; ed essendo tutti dal mezzo equidistanti, tutti odono e vedono egualmente. […] Secondo una tale idea sono due disegni che m’è avvenuto di vedere in Italia, ne’ quali, non ostante che nulla manchi di quanto richiedono le moderne rappresentazioni, la maestà si conserva dell’antico teatro dei Greci.
Sono nato a Morano sul Po, piccolo paese del Casalasco (Monferrato) or sono 50 anni, cioè l’undici febbraio 1848. […] Quando imprendo a studiare una gran parte, prima la copio tre, quattro, cinque volte, poi la studio letteralmente a memoria, come facevo a scuola del cómpito, poi comincio a plasmare da me e per me il mio personaggio : quando sono riuscito a contentare me, allora mi accingo al duello. […] Prima di recitare il Kean volli uscire dall’assoluta oscurità : lo studiai dopo due anni che ero nell’arte, e lo rappresentai dopo dodici : non mi piacqui perchè ero troppo enfatico : lo ristudiai da capo, ed ora sono contento di me. […] Le leggi del vero sono intangibili, come la più grande e raffinata espressione della verità, è la semplicità. […] È l’attore più vero e più efficace che si possa udire ; col progredire negli anni sono scomparse anche le piccole mende d’un tempo, e finchè avremo artisti di questa fatta non dobbiamo disperare interamente del teatro italiano.
Tali sono pure secondo me le Donne son sempre donne, e qualche altra dell’ab. […] Le di lui favole sono doppie e piene d’intrighi amorosi simili a quelli delle tragedie galanti francesi, e lo stile abbonda di pensieri lirici. […] Sono adunque alcuni de’ suoi drammi anteriori a quelli del Zeno. […] personaggi agitati da una passione contrastata dall’ eroismo o dal dovere, sono perfettamente tragici. […] Dal di lei seno senza contrasto sono usciti i più celebri maestri di questo secolo.
Anche vi sono due prologhi da Pantalone e da Graziano di cui il lettore troverà menzione ai nomi di Pasquati e Bianchi. […] Queste sono delle maraviglie che suole produrre la natura che ancor che paja diligentissima si dimostri nel distinguere le persone, nel carattere dello scrivere, nel suono delle voci, et nella forma dei volti ; contuttociò molti si sono trovati che simigliantissimi tra di loro essendo, benchè nati in paesi diversi e lontani, hanno ingannati quelli che più famigliarmente con loro praticavano ; e la prova si vede nella mia persona che tanto dite assomigliarsi a questa Celia. […] Con tuttociò le crudeltà di Fulvio sono per me di tanta dolcezza animate, che minacciandomi rovina, pare che mi promettino salute. […] Questo fu il primo prologo ; e così entrato nelle Commedie, e con mio Padre vivendo tra’ Commedianti, conobbi l’arte non essere così facile come molti che, non la praticando se non con gli occhi, la credono ; poi che vi sono persone di così poca pratica, che giudicano esse mestiero d’ogni ignorantello il farsi vedere sopra i teatri, parlare in pubblico, e ad una infinità di popolo dare più che mediocre satisfazione. […] Lo studio è necessario per sapere occorrendo trattare di tutte le materie non solo in Commedia, ma nelle Accademie, poichè pure vi sono Accademie illustrissime che per testimonio che i comedianti, che fanno l’arte loro come si conviene, non sono indegni d’essere ammessi nelle loro adunanze ; hanno accresciuto il numero degli accademici accettando e uomini e donne, che ordinariamente comparivano in iscena…. ecc. ecc.
Le Vite de’ Poeti Provenzali da lui scritte, e per la prima volta stampate in Lione l’anno 1575, sono piuttosto favolosi racconti che vere storie, siccome con dotta critica hanno mostrato i Maurini autori della storia generale della Linguadocca tom. […] E il nostro celebre filosofo Antonio Genovesi (degnissimo di quanto ne ha maestrevolmente e veracemente ragionato nel V tomo delle Vicende della Coltura delle Sicilie lo Storico filosofo Don Pietro Napoli-Signorelli autore di quest’eccellente Storia de’ Teatri) anche così: Il favor de’ Monarchi sa germogliar nello Stato gli uomini illustri, ed accende l’anime grandi ad operar cose grandi: queste sono le molle che fanno muovere gli umani talenti. […] Bettinelli) le arti, le lettere, e la cultura sono in Italia come in clima nativo, e germogliano da per tutto, e vivono anche nell’abbandono di premj, e di Mecenati. […] Oh quanti pretendono di seder giudici, e sentenziar di quelle cose, ch’essi ignorano, o che non sono della loro competenza! […] Da’ moderni Italiani (scrisse Giacinto Gimma nell’Italia letterata pag. 196) sono stati molti personaggi, o sciocchi, oridicoli, o astuti nelle commedie introdotti, come sono Don Pasquale de’ Romani, le Pasquelle de’Fiorentini, i Travaglini de’ Siciliani, i Giovannelli de’ Messinesi, il Giangurgolo de’ Calabresi, il Pulcinella, il Coviello e ’l Pasquariello, tutti e tre Napoletani . . . . .
La sua carriera fu rapidissima e brillante ; e molto egli deve senza dubbio alla signora sua, la Celeste De Paladini, la quale, capocomica e attrice di molto merito, slanciatolo di punto in bianco nel campo dell’arte, non gli lasciò il tempo di compier gli anni del noviziato, i più scabrosi della vita artistica, ai quali sono soggetti i principianti. […] Gli ammiratori di Eleonora Duse si sono accorti che al suo fianco era un artista che non doveva essere confuso tra la folla.
Sono le sue lodi, come quelle de'suoi compagni, nell’introvato libretto della Scena illustrata, che ho trascritto al nome dei singoli artisti da Fr. […] Natole a quel tempo un bambino, Cristofano Razzani dettò il seguente MADRIGALE Pargoletto bambino, i tuoi vagiti sono canti graditi, quasi armonia di Cigni e di Sirene : or che sarà poi, quando per l’Italiche scene andrai d’intorno errando fiume che ha d’or l’arene fiume d’alta eloquenza ?
Lo stile è nobile e grave e rare volte ammollito da qualche ornamento lirico, i costumi vi sono ben coloriti, e i discorsi vivacemente appassionati. […] Gli argomenti sono di quel genere che dee bandirsi da ogni teatro culto. […] Ciò vuol dire che sono tragedie, ma difettose. […] Ma se tanti e sì grandi sono i difetti dell’Isabella, quelli dell’Alessandra vincongli di numero e di qualità. […] Non sono forse Spagnuoli quei che nascono in Madrid?
E in altra lettera del 10 maggio, stesso anno (carte 224ª), dice : La Franceschina partì X dì sono. […] Ser. di questa gratia, et perchè son certo che secondo la sua solita benignità è per concedermi questa licenza, non glie ne farò maggior istantia, ma supplicandola a tenermi per quel vero servitore che sempre le sono stato e le sono, le faccio humiliss.ª reverentia, et prego il Sig.
Nella lettera del Goldoni allo Sciugliaga (carteggio, 205) riguardante la distribuzion delle parti nella Trilogia di Lindoro, sono alcune particolarità che toccan la Catroli. […] Con alcuni avanzi – aggiunge il Bartoli – da lei fatti nel mestiere, e con l’assistenza del fratel suo (Francesco Catroli, comico anch’esso) potè circa dieci anni sono (1772) abbandonare del tutto il teatro, e vivere a sè stessa ritirata in un angolo della città di Venezia segregata sino al dì d’oggi dal commercio, non solo de’ comici, ma quasi interamente del mondo.
Si vede che tu conosci poco il mio carattere – per tua norma io sono seria sempre e non amo per nulla scherzare. […] Andò in iscena la Carolina con Sedici anni sono e fece un fiasco deciso – andò lui di seconda sera col Filippo e fece doppia damigiana. […] Posso però, anzi sono determinato, onde non rinunziare al vantaggio di fare l’ottimo di Lei acquisto, di disporre gli elementi necessari a formare un’altra primaria Compagnia, nel caso che la signora Internari fosse contenta di proseguire anco pel 42 e 43 con me. […] Tutto il male è stato perchè mi chiese un permesso di 4 mesi di andare a Marsiglia e tornare alla Compagnia alla fine di 7bre (vedete che pretese) glielo negai, perchè come doveva fare con Genova che sono pagato ? […] ad ogni piazza si teme che fuga si deve stare sempre in guardia e a dirvi il vero sono stanco di fare questa vita ; infelice quel Capo Comico che la prenderà…..
Non sono del gusto del secolo XVIII le favole pastorali. […] Gl’ingressi, le scene, i corridoi sono magnifici. […] Non sono essi ritratti istorici ? […] Gli automati imitano l’uomo e non lo sono. […] Sono essi intanto accertati di utlicio dal sig.
Tali sono i rottami delle sue Mura formate di grandi pietre squadrate, levigate e connesse all’usanza de’ Toscani imitati poi da’ Romani. […] Tali finalmente sono le reliquie de’ Portici, di un Atrio, e l’Anfiteatro 1. […] Quel pregevole ufficioso letterato mi avvertì che le reliquie indicate sono opera de’ bassi tempi; e ciò si rileva dal lavoro troppo minuto nelle cornici di alcune basi di colonne colà rimaste. Quindi esse sono state piuttosto credute portici, ne’ quali introducevansi le mercanzie in città dall’antico porto, che ora è in secco, del cui molo sussistono le ruine ora chiamate Muraccio o il Terrazzo dell’Ausa fiume che bagna la città dalla parte di oriente. […] ERRORI CORREZIONI pag. 66, lin. 7 Tu fra que’ dieci Te fra que’ dieci pag. 84, linea penultima ed ultima con felicità la secondano, sono copiate al naturale da lo pre con felicità la secondano, sono copiate al naturale dalle procedure pag. 113, lin. 19 sempre io t’ami sempre io ti amai pag. 190, lin. 1 Tum verò pavidâ sonipes Tum verò pavidâ sonipedes pag. 236, lin. 20 a un cenno del popolo doveano snudarsi a un cenno del popolo, nel tempo de’ Giuochi Florali, doveaao snudarsi *.
Questi semi dierono in appresso nascimento alla Poesia Satiresca, ma i Drammi di questo genere sono per noi perduti, eccetto il Polifemo di Euripide. Non si curarono, a quel che sembra, di coltivarla i Latini: ma de’ loro Drammi ci sono rimaste troppo scarse reliquie per assicurarsene. […] Sono queste le angustie di Termopile, o il passaggio delle finestrelle della Savoja? […] Ammetto intanto la correzione già da me stesso fatta anticipatamente nel mio Libro dell’enorme equivoco di aver chiamati Colloqui Pastorali tutte le Favole del Lope, quando tra essi vi sono anche delle Commedie. […] Ora, caro Abate Apologista, alcuni Dialoghi del mestiere, della vita laboriosa de’ Commedianti Spagnuoli, e de’ loro costumi, sono in verità ben altra cosa che una Storia de’ Teatri delle antiche Nazioni e del Teatro Spagnuolo.
Ma quali sono codesti cancelli? […] Le sue vestimenta sono ancor bagnate dalla pioggia. […] [41] Se grandi sono i difetti che si veggono nella composizione, non sono minori quelli che nella esecuzione s’osservano. […] Se la intende cogli occhi più facili ad essere ingannati che non lo sono le facoltà dell’anima. […] [NdA] Ballo comico intitolato il Don Quisciotte che servì d’intermezzo anni sono ad un opera buffa.
Dagli altri sonetti pubblicati dal Bartoli ne tolgo uno del Cavaliere Gerosolimitano Fra Ciro di Pers, dettato con ingegnosa strampaleria, e che trovo ancora nella raccolta di motti Brighelleschi di Atanasio Zannoni (Torino, 1807), da lui probabilmente recitato a qualche innamorata, sotto la maschera di Brighella : Alla Signora Maria detta Celia in Commedia Celia, e Maria, voi siete e Mare, e Cielo, E sono i pregi in voi del Ciel, del Mare. […] E metto qui ancora il seguente, non citato dal Bartoli, che tolgo dalle Rime di Pace Pasini, edite a Vicenza nel 1642, per gli eredi di Francesco Grossi : Sopra Celia Comica Scioglier la lingua, & annodare i cori, melar le labra, e amareggiar gli affetti, piagare i seni e non aprire i petti, strugger la speme et animar gli amori ; Scoprir la neve e suscitar gli ardori, nutrire angoscie e partorir diletti, influir tema e implacidir gli aspetti, sono in Celia d’amor forze e stupori. Ma co' vezzi condir grave alterezza maturir gli anni in immaturo crine, e maritar l’Honor con la Dolcezza ; Il sesso sublimar sopra il confine, gli oceani capir de la Bellezza, sono in Celia del cielo opre diuine. […] I dissapori, le battaglie, le accuse a Don Giovanni de' Medici, (il capocomico), e le scuse poi, le invidie, gli scandali sulla scena tra i partigiani di Celia e quelli di Lavinia (l’ Antonazzoni), le sonore fischiate a quella in pubblico teatro, e le pubbliche difese dello Scala, e le lettere di Celia, sono pubblicate e chiarite in un articolo di Achille Neri, uscito nella Scena illustrata del 1° agosto 1887.
sai chi sono? […] Sono già sua. […] E quali sono? […] E che giovano esse quando non sono verificate su i medesimi drammi? […] Ma i di lui clamori non sono stati ancora ascoltati.
Una buona voce, un personale vantaggioso, un lazzo spiritoso, e pronto, sono i capitali in lui meno stimabili. Il suo profondo intendere l’arte con cui si alletta il Popolo in certe situazioni, che devonsi afferrar di volo, e che sfuggite non lasciano luogo di far colpo alla scenica arguzia ; e l’essere grazioso naturalmente senza stento, senza affettazione, o durezza ; il mostrarsi pronto ritrovatore di un vivace motteggio, che altro ne ribatta, ed avvilisca ; il sapere con immensa perizia tutta la Commedia a memoria senza dimenticarsi giammai alcuna ancorchè menoma cosa ; questi sono finalmente tutti quei pregi rari, che in lui abbondevolmente si trovano, e che lo costituiscono un perfetto originale del vero Comico pronto, spiritoso ed arguto.
Lo stesso dico della maggior parte delle chiamantisi Anacreontiche, le quali sono tanto lavorate sul gusto di quell’autore quanto sono conformi alla natura i ridevoli sistemi dei filosofi. […] I suoi tocchi sono sempre da gran maestro chiari insieme e profondi, teneri e sublimi. […] L’entusiasmo cui mi sono abbandonato lodandolo, mi metterà, cred’io, al coperto di siffatta accusa. […] Ci è qualcheduno, come la Semiramide, dove tutti quanti i personaggi sono innamorati. […] Se questi più volte sono posticci; se condotti non vengono spontaneamente dallo sviluppo naturale dell’azione, ma tratti piuttosto a viva forza dalla usanza; essi almeno sono, come i cavalli di vettura, che si pigliano a nolo dal poeta per trasportar i personaggi fino all’ultima scena.
Oh Amico, su tal punto questa Plebe, e questo Popolo polito e colto sono più uniti di quel che taluno crede. […] non sono prezioso ornamento de’ loro Gabinetti, non meno che delle più scelte Biblioteche? […] I Toscani si sono segnalati co’ Gigli, e co’ Fagiuoli, di cui vi sono moltissimi Tomi di Commedie, non già una o due. […] E quanti altri Drammi hanno veduta la luce, i quali sono giudiziosi, regolati, e vicini alla perfezione? Or sono queste le mostruosità, le arlecchinate Italiane, sincerissimo Signor Lampillas?
Da queste danze e scene recitate di Wateeoo non sono dissimili quelle delle isole degli Amici e le altre degli abitanti delle isole Caroline del Mar Pacifico del Nort. Nelle isole dette da Cook di Sandwich vi sono eziandio danze pantomimiche accompagnate da musica, le quali si approssimano più a quelle della Nuova-Zelanda che a quelle di O. […] Ciò rilevasi da’ frammenti che se ne sono conservati, de’ quali stimiamo quì addurne alcuni. […] Similmente degni sono di ricordarsi i teatri di Taranto, di Crotone, di Reggio e di altre città della Magna Grecia. E soprattutti memorabili sono gli antichi teatri di Capua, di Nola, di Pozzuoli, di Minturno, di Pesto, di Pompei, di Erculano e di Napoli.
Nel settentrione son frequenti gli spettacoli, si aprono nuovi teatri, come in Stokolm, si riforma il teatro nazionale da per tutto, e vi si procura di osservar le regole, e correggere la buffoneria grossolana; ma Klopstock, Lessing e Weiss non sono ancora seguitati da’ nuovi poeti drammatici degni di nominarsi. Una manifesta decadenza osservava, pochi anni sono, nel teatro di Londra l’autor francese della Gazzetta letteraria dell’Europa. […] Egli é vero che possiam gloriarci di un Metastasio, nel quale abbiamo, non che un Racine e un Corneille, ma un Euripide: i di lui trionfi però non sono stati seguiti da altri, e l’opera, che tanto si appressa alla greca tragedia, par che declini. Migliavacca autore della Tetide e dell’Armida, Coltellini dell’Almeria e dell’Antigona (che io non ho ancor veduta), e Vittorio Amedeo Cigna di più d’un dramma tollerabile, non hanno la delicatezza, il sublime, il patetico, la maestà, l’eleganza, il calore dello stile di Metastasio; i loro disegni non sono sì ricchi e giudiziosi, le loro invenzioni non sono originali, o da passar come tali, i loro colpi di teatro, i loro quadri spariscono a fronte del colorito vigoroso di Apostolo Zeno, e di Pietro Metastasio270. […] Senza pregiudicare al merito de i sopraccitati melodrammatici, possiamo accertare che molte sono le scimie del Metastasio in Italia; imperciocché la sorte dei più eccellenti scrittori é il fare molti cattivi copisti.
SIGNORE La Storia Critica de’ Teatri scritta pochi anni sono dal Signor Dottore D. […] Sono intanto di avviso, potersi la M.V. degnare permetterne la chiesta impressione.
Ad afforzar le sue idee, cita spesso e volentieri le parole della Clairon che non conosceva nè regole, nè convenzioni che potessero inspirare tutte quelle diverse sensazioni e gradazioni di spirito e di sensibilità, che sono necessarie per formare un grand’artista comico. I soggetti trattati con molto acume e senza pur l’ombra della pesantezza sono : la nobiltà dell’arte, l’educazione comica, la scelta ed unità di caratteri, lo studio de’ caratteri, la natura e il colorito, la pronunziazione, la mimica, la direzione, il contegno e la controscena, il vestiario in costume e l’acconciatura, le doti naturali, la moralità dell’arte (Teatro greco, romano, medievale, e moderno) e in ultimo, la moralità dell’attore accoppiata a quella del teatro.
Ieri sera sono giunto a Torino, perchè mi sono fermato un giorno e mezzo a Bergamo.
Non solo le questioni affrontate sono interne al dibattito italiano, anche nell’impellenza di confrontarsi con i risultati drammaturgici e scenici transalpini, ma quasi tutti italiani o latini sono gli autori citati a corredo. […] Si sono sciolte le abbreviazioni convenzionali di M. […] [1.61ED] Vi sono alcune cose mirabili nei tre citati poeti, ma ve ne sono delle insoffribili, e chi queste imita se meriti fortuna nol so, so ben che non l’ha. […] [4.146ED] Il verso greco e latino sono creati dal metro. […] Ma ciò separatamente è distinto, essendo che alcune parti sono del solo metro contente; alcune vogliono inoltre la melodia.
Incomparabili sono certamente questi versi, che disviluppano i sublimi sentimenti di un anima grande. […] Il Filosofo senza saperlo, la Scommessa, Maillar, o Parigi salvato del Sedaine, non sono stati applauditi dal pubblico francese. […] Sono tratte &c. […] Sotto il peristilo si veggono cinque porte che introducono a un vastissimo vestibolo ornato da sedici colonne doriche, il cui fondo ripete le cinque arcate dell’entrata che sono ad esse opposte, e formano altrettanti portici aperti. […] Il secondo e terzo ordine di palchi sono negl’intercolunnii.
L’Ademollo (Una famiglia di comici italiani) pubblica ancora alcune poesie di lei che sono nella raccolta edita a Venezia nel 1726 dalla Bergalli, moglie di Gaspare Gozzi, senza data, nè altre indicazioni. […] Nè io sarei alieno dal crederlo ; parendo omai accertato che le grazie della Flaminia suscitasser tali discordie tra il Maffei e l’abate Conti e Pier Iacopo Martelli, da invogliare quest’ultimo a scrivere il Femia, acerbissima satira, in versi sciolti e divisa in cinque atti, della quale sono interlocutori Mercurio, Fama, Radamanto, Anima di Mirtilo (Mirtilo Dianidio fu il nome arcade dello stesso Martelli), Ombra di Bione (il Conti), Ombra di Femia (anagramma di Mafei) e Cori. […] Baron mi ha detto la prima volta e la sola, che ho avuta seco conversazione, ch’egli aveva presa quella maniera di declamare senza scostarsi dalla natura, dopo che aveva sentita la Truppa Italiana, che, già sono quattr’anni, è ritornata in Parigi. […] Per creder vero, io tengo ch’egli l’abbi presa dalla sua esperienza, e dallo spirito suo, che sopra i difetti altrui ha saputo conoscere il vero ; ma pure quand’anche fosse così, e non un suo complimento, non ha egli potuto vedere la natura del recitare de’ Comici Italiani che nella Commedia ; mentre le Tragicommedie di Sansone e della Vita è un sogno, non sono tragedie ; ed è ben diversa da quella la maniera nostra nel recitare Andromaca, Ifigenia, Mitridate, Semiramide, Oreste, ecc., e le altre francesi ed italiane tragedie che eravamo accostumati di recitare, e che ora lasciamo da parte.
Non solo dunque i greci, i latini, gl’italiani, i francesi, gli spagnuoli, gl’inglesi, i tedeschi, i russi, e i turchi sono stati prodotti sulla scena ad esporvi quanto serban di prezioso e di raro, o di ordinario e di vile nel drammatico genere; ma i cinesi e i giapponesi vengono anch’essi dal sono dell’aurora, e da mezzo degli antipodi i peruviani e i messicani a far la barbara pompa de’ loro strani spettacoli. […] Oh quanto sono stimabili quegli scrittori che anche in cose di puro piacere discompagnar non fanno le loro vedute dalla sublime infallibile scorta della filososia, che é il più gustoso condimento di ogni opera, e senza di cui ogni opera non é che una pedanteria, una fanciullaggine! […] L’opere degli antichi in questo genere (toltone alcune cose, che non sono, so non relative ai costumi de’ loro tempi) sono state e saranno mai sempre i nostri modelli: tutto l’oro, che più lampeggia fra noi, é stato tratto dalle loro miniere; e i moderni tanto più lusingar si possono di non mettere il piede in fallo, quanto più dappresso a questi grandi originali si accostano. […] I begli spiriti alla moda sono essi a portata di conoscere la storicità de’ propri sondi per accettar volentieri l’altrui soccorso?
Le ultime sono pur poche. […] Oltre a queste si sono tradotte e accomodate a foggia di sarsuole alcune opere buffe italiane, cioè rappresentandosi senza canto il recitativo e cantandosi le sole arie e i duetti e i cori ed i finali. […] Per esempio la prima aria dell’atto I si canta dopo centoventisei versi recitati, e soli trentadue versi poi sono seguiti da due arie; nell’atto II si recitano cento cinquanta versi prima di udirsi un’ aria, e poi settanta versi soli danno luogo a ben cinque pezzi di musica, cioè tre arie, una cavatina ed un recitativo obbligato, ed altri novantotto versi in seguito precedono un’ altra aria. […] Si conchiude l’atto con un’ aria, in cui Calcante profetizza che il sole irritato convertirà en temor nuestras alegrias : ma di grazia quali allegrie sono nel campo greco, di cui Achille ha descritta la mortalità onde l’ha coperto la peste ? […] Che cessando la peste la gente riprenda vigore, ben s’intende; ma le navi sono anch’esse soggette al contagio?
Ma se tu prendi a paragonarle cogli originali Greci, da cui furono tratte, e ogni cosa di seguito e diligentemente tra lor confronti, cominciano le Latine pur troppo a cader di pregio e a svanire al paragone, così sono esse oscurate dalle commedie Greche cui in vano cercano di emulare“. […] In fatti sono assai pochi coloro che sanno, spezialmente in teatro, discernere e distinguere in un dramma gli errori di lingua, i versi cattivi, i pensieri falsi, e ciò che non conviene, e quell’ incantesimo che fin anco nelle cose non buone possono e sogliono produrre gli abili e destri rappresentatori e le decorazioni. […] Gli altri anch’essi, per non parer meno eruditi, davansi lo stesso vanto; e tutti ce tamente non avrebbono scrupoleggiato di accertare sulla lor fede d’aver letto eziandio le commedie di Eupolide, Cratino, Filemone, Difilo, Apollodoro, Turpilio, Trabea, Cecilio, e tutte quelle altre de’ Greci e Latini, di cui o pochissimi frammenti o appena i nomi, rimasti ci sono. […] Queste non sono, e lo giuro, di quelle storiette e cantafavole che molti Francesi sogliono per natural malignità, e per porger grata pastura alla loro nazione, inventare e spargere nel descrivere i loro Viaggi d’Italia, di Spagna &c. […] Io sono d’avviso (dice il P.
I servi di Calisto per ingordigia ammazzano Celestina, danno nella giustizia, e sono impiccati. […] Gli argomenti sono di quel genere che dee bandirsi da ogni teatro culto. […] Ciò vuol dire che sono tragedie, ma difettose. […] Eximeno; ma i più intelligenti nazionali la conoscono soltanto per tradizione, nè sono io stato più felice nel ricercarla. […] Non sono forse spagnuoli que’ che nascono in Madrid?
Discorso se non che “sono così antiche le Tragedie in Ispagna, che prima dell’anno 1533.” […] Qual prò dalle sofisticherie, dove sono contrarj i fatti? […] Infatti nella Scena di Elettra col Coro l’espressioni del Perez sono contrarie al semplice vago linguaggio della passione. […] Queste metafore, quando anche fossero ben concepite, continuate con troppa cura e corrispondenza ricercata, sono il veleno del patetico, disdicevoli al genere Drammatico. […] Queste sono le variazioni fatte dal Perez nell’originale Greco, per le quali combatte l’Apologista.
Quindi é che le di lui languide tragedie sono scritte in istile molto basso e ineguale, senz’arte, senz’azione, senza verun maneggio di teatro. […] Donne violate, cortigiane, adultere, sono le persone principali delle sue favole. […] Oltracciò compose moltissimi drammi chiamati cantanti, de’ quali se ne sono conservati nove. […] Essi sono ancor più stravaganti e bizzarri, che numerali. […] i cui personaggi sono Coridone, Menalca, Melibeo Anabattista, Tefila sua moglie, Lutero, Brenzio, Zuinglio, Carlostad, Francesco monaco, Brigida religiosa, Satana, il Papa Pio IV, il cardinal Campegio, Ozio vescovo, Gesù-Cristo, San Paolo, San Pietro.
Veramente esse sono sommamente basse, fredde, puerili, senza moto teatrale, senz’arte nell’intreccio, senza verisimiglianza nella favola, e senza decenza ne’ costumi. Gli argomenti sono di quelli che debbono bandirli da ogni teatro colto. […] I venticinque volumi impressi sono una parte di ciò che scrisse pel teatro. […] Subito viene la curiosità di domandar dove sono, o chi l’afferma? […] Sono state sepolte fino a’ giorni nostri, e la Filli tuttavia si occulta; ma le altre due si son pubblicate nel Parnaso Español, dove se ne dà un giudizio nobilmente imparziale.
Il gusto che percepisce, confronta ed analizza i rapporti; la critica che ci rende sensibili alle bellezze e ai difetti e che, indicando gli errori altrui, ci premunisce contro alle inavvertenze proprie, sono non men necessari ai progressi dell’umano spirito di quello che lo siano gli slanci del genio sempre coraggioso, ma talvolta poco avveduto. […] La seconda è quel freno salutare, senza cui gl’impeti più felici non sono per lo più che altrettanti indizi di non lontana caduta.
Stabilire cronologicamente la vita di lui è impresa malagevole per certe contradizioni che sono nelle date dei documenti. […] Il Gherardi nella prefazione alla sua Raccolta del Teatro Italiano, dice di non aver conosciuto che Gradelini e Pulcinelli che non piacquer mai ad alcuno ; e però non se ne trova traccia nelle scene della sua raccolta, e se li ha nominati nella prefazione, si è perchè essi sono stati alla Porta del Teatro italiano.
In fatti : non solamente egli ne compose (sono in tutti sessantatrè, due dei quali soltanto in versi : della primavera e della impietà) per comici di professione, ma anche per dilettanti. […] E in quella del XXII (della Pace) : Io son venuto a darvi saggio di questa bell’opera, c’oggi vi recitaranno questi dotti figli ; et se non avrà pronunzia Varroniana, disposizione Aristotelica, e locuzione di Plauto, ornata facondia di Cicerone, gesti del greco Demostene, et eccellenza dell’africano, iscusati siano appresso voi, ch'a tal mestiero di recitare usi non sono, ma ritrovandosi Genio Dio del piacere secretamente tra tutti, in questo festivo giorno, pieno di contenta gioja, et immenso giubilo, oggi ve lo mostreranno con l’animo pronto in rappresentarvela ; piacendovi con lieto volto ascoltarla, e donargli manifesti segni, ch'ella sia riuscita conforme al vostro desiderio.
Io sono Al di 15 di dicembre S. […] Ma i piccioli difetti de’ grandi uomini sono contagiosi. […] Non sono tali considerazioni da questo luogo. […] Così il fondo comune del ballo e del gestire sono i movimenti del corpo. […] Ecco come anni sono si governò un perito maestro.
Ma se questi sono erronei, malfondati, dove va allora il vostro saggio? […] I Moderni sono avvezzi a vedere Drammi di uno, di due, di tre, di quattro, e di cinque Atti; e sono ben rari coloro che riprendono la Sofonisba del Carretto per la divisione degli Atti. Sono però gelosi i Moderni di quei precetti Drammatici che costituiscono l’essenza dell’ottimo componimento scritto secondo i dettati della verisimiglianza. […] Sono proprie della Scenica Poesia le lunghe, studiate, poetiche, liriche comparazioni che si trovano sparse nell’Isabella? […] Ma vuol meglio assicurarsi l’Apologista, che, a riserba dell’Elisa, le altre quattro Tragedie sono scritte alla moderna, cioè senza guardar le regole?
Non sono le lagrime che rendono difettose le favole di Sedaine, Mercier, Falbaire e tanti altri, ma il tuono tragico, i gran delitti, i patiboli. […] Gli autori francesi che a me sembra di essersi contenuti alcune volte in questa specie di commedia senza cadere nella lagrimante, sono la Chaussée, madama di Graffigny, Voltaire e Collet. […] I sentimenti sono veri, i caratteri ben sostenuti, il dialogo è naturale”. […] Valerio temendo di comparir singolare per troppa bontà, asserisce che tutti sono malvagi sulla terra; e Aristo distrugge quest’opinione ingiuriosa al genere umano con una notabile risposta, la quale soffriranno di veder quì tradotta certi meschini ingegni non meno di Valerio ridicoli, i quali volendo passar per uomini di mondo escludono ogni probità dalla terra: Sono tutti malvagi? […] Delle commedie di Boussy sono rimaste al teatro soltanto le Apparenze ingannevoli (les Dehors trompeurs), il Francese a Londra, il Chiacchierone.
Tutti i generi sono buoni secondo l’avviso di Voltaire, fuorchè il nojoso, e (aggiungerei) fuorchè lo spropositato e l’eterogeneo. Quei che pretendono che tutta l’arte comica consista nel solo ritrarre i costumi senza molto aver cura d’istoriar l’azione, riflettano che i costumi, spezialmente locali, sono come le mode passeggieri, ma l’azione esposta con bell’arte in vaghi quadri appassionati o piacevoli conviene ad ogni tempo. I caratteri forti, niuno l’ignora, sono di numero limitati, e dipinti bene una volta, se vogliano replicarsi, riescono per lo più languide e fredde copie. […] Il viluppo della Trappolaria e quello dell’Olimpia sono ugualmente ingegnosi e felici una sola ipotesi verisimile tutto avvolgendo e mettendo in movimento, ed un solo fatto che necessariamente, e non già a capriccio del poeta, si manifesta, riconducendo la tranquillità tra’ personaggi ed un piacevole scioglimento. […] Sono tutte artificiose e facete scritte ad imitazione de’ Latini con intrighi maneggiati da servi astuti e talvolta con colori tolti da Plauto, come il raggiro de’ servi per ingannare un Capitano nell’Alvida, che con poche variazioni si trova nel Miles del comico Latino.
Sono romagnoli fieri veh ! […] … E nondimeno, quand’egli vive lontano dall’arte nella quale egli vede le più alte idealità cedere il posto a la camorra signoreggiante, quanta dolcezza, quanta soavità…. e più ancora qual finezza di forma ; laddove, nello scoppio dell’iracondia le parole gli escono di bocca come sono sono, e s’inseguono e s’incalzano senza che il pensiero della lima tenti di arrestarle. […] E dire che fra i nuovi sopraggiunti ve ne hanno degli altri, che parlando degli attori passati si degnano di approvarli per quei tempi, come pittori che compatissero ai tempi di Michelangelo e Raffaello, non sapendo guardarsi d’attorno per vedere che i valenti di quei tempi sono i valenti d’oggidi. […] Dicesi che su certe vigne omai brontoli il temporale ; ma gli attori di quei tempi si sono provveduti con le raccolte precedenti : e Tommaso Salvini è milionario, laddove Vestri morì in miseria, e Demarini non ebbe mai più di ottomila lire all’ anno. […] Quando il povero parroco, nella bella commedia del Garelli I contingenti piemontesi, esce a far la sua parte, il pubblico lo prende su come viene, e se la figura è meschina e i modi sono piccoli, il pubblico se ne compiace di più perchè lo rassomiglia all’uno o all’altro dei tanti curatucoli di campagna, che son di sua conoscenza ; ma se il parroco recita in italiano, allora il pubblico, ci si perdoni la frase, si monta diversamente, e vuol figura veneranda, vuol modi gravi, vuole unzione, vuole insomma quell’ ideale, che invano si vorrebbe da taluni scompagnare dall’arte.
Or perchè questa spinta industriosa è comune a tutti gli uomini, e la natura da per tutto risponde a colui che ben l’interroga, è chiaro a chi dritto mira, che pochissime sono le arti che da un primo popolo inventore passarono ad altri, ed al l’incontro moltissime quelle che la sola natura, madre e maestra universale, va communicando a’ varii abitatori della terra. […] Ma la coltivazione per obbligar la terra ad alimentarci, e le arti di accozzare e tagliar lane e cuoja per coprirci, si sono trovate in paesi lontanissimi colla scorta del solo bisogno. […] Fanciulli ci formiamo sugli uomini, e principalmente su quelli che ci sono più dappresso, e quindi diventiamo Don Chisciotti, o damerini, o bacchettoni, o spiriti-forti, secondochè il secolo avrà formati quelli che ne circondano, puntigliosi, effeminati, ipocriti, o filosofi orgogliosi. […] Se furono molli i Sibariti nella loro corruzione, magnifici e ghiottoni i Colofonii, trafficanti i Fenici, ospitali i Lucani, e i Romani superstiziosi: e se sono bellicosi e antropofagi gl’Irochesi, e i Tapui, cerimoniosi i Cinesi, pirati gli Algerini, seguono tutti l’occulta forza del l’esempio domestico che più di ogni altro è loro vicino.
Or perchè quella spinta industriosa è comune a tutti gli uomini e la natura da per tutto risponde a colui che ben l’interroga, è chiaro a chi dritto mira, che pochissime sono le arti che da un primo popolo inventore passarono ad altri, ed all’incontro moltissime quelle che la sola natura madre e maestra universale va comunicando a’ varj abitatori dell a terra. […] Scorrendo per diversi climi ben si vedrà che dove la terra non si smuove co’ vomeri di ferro si lavora co’ legni adusti, dove non si cuce cogli aghi si adoperano le spine, dove non si taglia coll’ acciajo si usano le selci; ma la coltivazione per obbligar la terra ad alimentarci, e le arti di accozzare e tagliar lane e cuoja per coprirci, si sono trovate in paesi lontanissimi colla scorta del solo bisogno. […] Fanciulli ci formiamo sugli uomini, e principalmente su quelli che ci sono più dappresso; e quindi diventiamo Don Chisciotti, Damerini, Bacchettoni, Spiriti-forti, secondochè il secolo avrà formati quelli che ne circondano puntigliosi, effemminati, ipocriti, o filosofi orgogliosi. […] Se furono molli i Sibariti, magnifici e ghiottoni i Colofonj, trafficanti i Fenici, ospitali i Lucani, e i Romani superstiziosi: e se sono bellicosi e antropofagi gli Irochesi e i Tapui, cerimoniosi i Cinesi, pirati gli Algerini, seguono tutti l’occulta forza dell’esempio domestico che più di ogni altro è loro vicino.
Cominciando dagli Ebrei l’ opera letteraria più antica sono i due Cantici del loro legislatore Mosè. […] Gli anzinomati versi saliari Latini sono anteriori alla prosa usata la prima volta da Appio Cieco contra Pirro. […] Ma conoscenza di dritti, osservazioni sul costume, raziocinj, artifizio di lagnarsi impunemente, sagacità di ottenerlo per via di giuoco, sono idee di popoli già in gran parte dirozzati, e per conseguenza può bene asserirsi che di tutti i generi poetici il teatrale è quello che singolarmente alligna nelle società già stabilite, e dove regna una competente cultura. E perchè poi la delicatezza delle arti viene colle filosofie, questo genere di poesia non tocca l’eccellenza se non quando la nazione giunta sia ad uno stato florido, e quando i vizj dell’uomo colto e del lusso, i quali sono sì complicati, e sì bene nascondono sotto ingannevoli apparenze la propria enormità o ridicolezza, apprestano al poeta drammatico una materia moltiforme e delicata, che sfugge al tatto che non è molto fine.
Gioisce Acrisio per l’opera stupenda in un momento costruita dal suo nume Vulcano, e si accinge a sacrificargli un’ ecatombe, e fa apprestare un lauto banchetto e dell’oro, per rimunerare i Ciclopi che ne sono stati i fabbri. […] Sarebbesi ciò tollerato sulle scene Ateniesi, nelle quali ebbero luogo le contese piuttosto comiche che tragiche delle Baccanti, di Jone, di Alceste; ma dalle latine tragedie in poi si sono rigettate come impertinenti. […] La regolarità, la convenevolezza del costume, la verità delle passioni dipinte, l’eleganza, il candore e la vaghezza mirabile dell’aureo stile, salveranno sempre dall’obblio questa favola; la languidezza e l’episodio poco tragico dell’atto III ne sono i nei che possono rilevarvisi, e che forse tali non parvero all’autore pieno della lettura degli antichi. […] I trasporti de’ re (dice nel greco la Nutrice) sono veementi e da lievi principii prendono incremento, e con difficoltà poi si cangiano i loro sdegni. […] Sono pur degni di compatimento certi critici e ragionatori di ultima moda!
Dupin non a torto conchiudeva così: “Le nostre tragedie le più gravi altro non sono che commedie sollevate”. […] Più rari sono questi difetti nelle altre sue favole, benchè alcuno se ne rinvenga ancora nel Mitridate, nell’ Andromaca e nell’Ifigenia. […] Palissot, ne sono essi divenuti ridicoli; or che diremo di certi ultimi Italiani che hanno portato al colmo questo difetto? […] Non pertanto Achinoa moglie di Saulle colle due sue figliuole introdotte nel Gionata, e Maaca e Tamar nell’Assalonne, sono persone oziose, inutili a quelle azioni. […] Le più note sono quelle del celebre Dionigi Petavio, di cui s’impresse in Parigi nel 1620 il Sisara, e quattro anni dopo l’Usthazane, ovvero i Martiri Persiani con altre.
Inferno, Elisi, Olimpo, Numi, Incantatrici, Eroi, Esseri allegorici, sono materia ad essa accordata. […] Vi sono dunque oltramonti tali Criticastri, che riprendono assolutamente il canto dell’Opera Italiana. […] E sono Saggi Critici i nomati valent’uomini? […] Perchè l’antico e il moderno Canto scenico non sono in ogni parte simili come due gocciole d’acqua? […] E ditemi dunque un poco, caro Signore: Tali cose sono, o non sono necessarie?
Un secolo dotto fa risplender di riverbero ancor quelli che non lo sono. […] Ma il loro svaporato cervellino sosterrebbe il travaglio di analizzar l’idee che sono concorse alla formazione degli spettacoli teatrali? […] Della Sofonisba del Trissino havvi anche una moderna traduzione francese fatta, cinque o sei anni sono, da M. […] Giacinto Gimma nell’Italia letterata pag. 106) sono stati molti personaggi o sciocchi, o ridicoli, o astuti nelle commedie introdotti, come sono D. […] Non comprende che ’l fasto, le pompe, le gioie, onde si adornano gli attori, sono apparenze senza valore?
Ah sono Pur sventurata! […] Vi entra maggior numero di passioni, alcune delle quali punto non sono tragiche. […] I caratteri quanto non sono più virtuosi e più nobili nella tragedia greca!» […] Io fuor di me già sono, Comincio a delirar. […] I cori di questa tragedia sono tratti dal soggetto e pieni di passione non meno che di bellezze poetiche.
Sono citati dal Bertolotti (op. cit.
sai chi sono? […] E quali sono? […] Le sue giuste querele sono patetiche ma confuse in un mucchio di espressioni fantastiche. […] E che giovano esse quando non sono verificate su i medesimi drammi? […] Ma i di lui clamori non sono stati ancora ascoltati.
che le scene de’confidenti sono troppe ? […] Sono giuste le di lei prime espressioni. […] Notabili sono questi versi. […] Non sono molto contento, a dir vero, che il sig. […] Ove sono ?
Amaduzzi conviene aggiugnere che le reliquie di questa fabbrica non sono in realtà nè teatro nè anfiteatro, ma sì bene un’ opera de’ tempi bassi, per quel che indica il lavoro troppo minuto nelle cornici di alcune basi di colonne piane rimasteci. Quindi sono esse state piuttosto credute portici, ne’ quali introducevansi le mercanzie in città dall’antico porto che ora è in secco, e di cui sussistono le ruine del molo ora chiamat omuraccio o il torrazzo dell’Ausa fiume che bagna la città dalla parte di Oriente.
Dalla metà del passato secolo solamente cominciarono i Francesi, ma con tal felicità, che sono diventati i modelli, e la misura de’ voti degli altri Popoli. […] In tutte le Nazioni, che si sono rendute illustri, si sono in tal guisa condotti i loro Filosofi, i veri amatori della Patria. […] Or se, come dice l’Apologista, la Spagna divenne Greca, e crede che potesse dirsi Nuova Grecia, come poi non si sono conservati in tali paesi gli stessi monumenti della Sapienza Greca? […] Non vagliono per nulla, non sono sufficienti a contentarci le deboli congetture, le illazioni volontarie. […] Essa sola copiosamente fornisce ai veri amatori della Spagna glorie reali, patenti, innegabili: e queste unicamente sono l’incenso Sabeo grato ed accetto ad ogni odorato.
Io ci sono entrato ; e basta in questa professione romperci un pajo di scarpe, per non se ne levar mai più. […] Dopo il nome dell’autore sono le iniziali G. […] Comunque sia, le due operette in discorso (sono come le altre nella Bibl. […] Sono stato io. […] Sono stato io.
È ricordato da Molmenti (Venezia nella vita privata) insieme a Giampaolo, Trapolino, e Cimador fra' Comici che fiorirono a Venezia ai primi del secolo xvi : Cimador (V.) e Tizone sono menzionati dal Sanuto.
Incoraggir bisogna innanzi altro i poeti che sono l’anima degli spettacoli teatrali; cercare ogni via perchè si sollevino dalla turba de’ versificatori; instruirli della ragion poetica stella polare delle rappresentazioni; essi così formati sapranno l’arte di dipingere i caratteri e le passioni, e guidati da un soprio discernimento inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, i quali pieni di questo spirito rappresenteranno con energia, naturalezza e sensibilità quanto la natura umana loro presenta; là dove copiando unicamente gli attori stranieri confonderanno gli eccessi e le bellezze per mancanza di vero lume e rappresenteranno sempre con istento e durezza. […] I cori dell’opera di Pietroburgo sono composti di venti persone in circa che per lo più vengono dall’Ukrania, o Picciola Russia, dove si studia molto la musica vocale. […] I balli sono magnifici.
Recitava le parti di Mezzettino nella celebre Compagnia dei Confidenti, sotto il patronato di Don Giovanni De Medici, a fianco di Marina Antonazzoni, la rinomata Lavinia, al nome della quale sono particolari curiosi della discordia regnante allora in compagnia (1615).
Se in ogni tempo vi sono stati degli amanti che hanno divinizzate le loro belle, anche in ogni tempo vi sono stati degli spiriti forti che hanno bestemmiato contro alla loro divinità. […] Gli argomenti delle loro canzoni sono meschini per lo più, né mai s’inalzano alla sublimità degna del linguaggio dei numi. […] I vantaggi che recarono essi alla musica non meno pratica che teorica sono tanto riguardevoli, che ommettendoli, farei torto alla scienza, alla storia e alla mia patria. […] La tessitura ne’ versi, e la proposizione fra gli intervalli e i riposi sono essenziali ad ogni poesia, come il ritmo e la misura lo sono ad ogni musica, poiché altro esse non sono che la diversa combinazione del tuono e del tempo necessaria in qualunque verso per distinguersi dalla prosa. […] Le ore della mia vita sono già scorse.
Il De Sommi lo cita col Montefalco, il Veratto, l’ Olivo, lo Zoppino da Mantova, tra i molti galanti homini che di recitare perfettamente si sono dilettati a' tempi nostri (poco oltre la metà del secolo xvi).
Hora spropositatamente io sono stato mal ricompensato dal Dottore il quale ingiuriò me et mia moglie nel honore et riputatione presente tuto il popolo et i Comici senza alcun riguardo del patrocinio del Ser. […] r Cardinale farnese, come suo camariero ch’ io sono, di far la pace al dottore Altrimente andarete prigione e poi ne riceuerete disgusto da S. […] ra Donna olimpia non uene alla Comedia di più sono ancora hauisato che ha fato parlare l’Angela da cavaglieri Grandi al S. […] A. mi metta con chi uole e facci di me quello che li pare che sempre sarò pronto a seruirla ma l’esser poi strapazato con quella pouerazza de mia moglie sono cose che fano catiuo, tanto più che il dottore per essere a l’ombra del patrone me a fatto questo che se non fusse me farebbe li ponti d’oro per riunirci in sieme come me fano tutti li altri compagni li quali aspeteno con grandissima diuotione se sono in Compagnia si ò nò acciò poseno fare el lor uiagio per le lor case caso che fuseno esclusi ; di questo io ne suplico con ogni Umilta posibile il Sere. […] mo Per conto della licenza per recitare in Roma ogni nostro patrone ci fà animo che l’ haueremo oggi che il primo sabato di quatragesima sono stato dal S.
Le più applaudite sono: la Suocera ambiziosa, ed il Tamerlano amato con predilezione dal proprio autore. […] Queste sono le tragedie, le commedie, e le farse del secolo XVIII, nelle quali si sono distinti al pari de’ migliori attori diverse attrici. […] Dello stesso ordine corintio sono le due colonne isolate che si veggono nel fondo delle scene. […] Di gusto e di capacità somigliante sono gli altri due teatri. […] Non sono perfette porzioni di cerchi, ma di poligoni tanto la parte anfiteatrale quanto gli scaglioni della platea.
, 87) riferisce un documento ove sono il rimborso delle spese di viaggio, e una somma di trenta scudi (novanta lire tornesi) per aver recitato più commedie dinanzi a Sua Maestà.
Le commedie sono la storia de’ costumi e delle maniere. […] Essa ha per oggetto la comparazione del merito di Eschilo e di Euripide; e benché in fine diasi la precedenza al più antico, ambedue vi sono motteggiati acremente. […] Questi sì, che possono farsene giudici; ma giudici siffatti, provveduti di tante qualità che richieggonsi a rettamente giudicare dell’opere ingegnose degli antichi, sono rarissimi. […] Ma le cose di sopra rapportate sono tutt’altro, che prediche, catechismi ed esercizi spirituali. […] Insigni ancora sono le sentenze da cotesto nuovo legislatore di poetica e pronunciate contro l’italica nazione in fatto di poesia.
Sileno interrompe il coro additandogli un legno di Greca costruzione approdato al lido, dal quale sono discesi alcuni uomini che portano vasi per provvedersi d’acqua. Compiange gl’ infelici che sono quivi capitati ignorando i costumi de’ Ciclopi. […] Patetiche ed eloquenti sono le preghiere di Ulisse, e se un Ciclope poteva intenerirsi, l’avrebbe conseguito. […] Il Mazzoni, il Vettori, il Beni, il Nisieli sono dell’ avviso del Patrizio. […] Volgo, idioti, fanciulli di dieci, di trenta e di settantacinque anni (che sono i peggiori) trovansi in ogni popolo.
Il modo di recitare del signor Bigottini non ha nulla che vedere con quello dell’attore ch’egli deve surrogare ; egli non ne ha nè la grazia, nè la finezza, nè la semplicità : tuttavia le sue metamorfosi sono ingegnose e variate ; e i suoi movimenti senza avere la flessibilità e la mollezza che caratterizzano ogni menomo gesto di Carlino, sono d’una esattezza e d’una rapidità singolari.
Degne di nota speciale sono poi le due commedie che trattan della vita del Goldoni, e la Introduzione comica, in cui sono dipinti al vivo i costumi dei comici colle loro convenienze, dispute, bizze, suscettibilità.
Mi sono servito della prima edizione di Venezia 1634 : nella seconda di Bologna del 1636, le parole trascritte in corsivo sono state soppresse.
mi Cardinali mont’Alto, e monti doue sono stato e sono hora in Firenze, essendosi per la morte del Cognato partito per Roma lo Ill. […] VI) : Le meraviglie che mi scrivete, che s’ han fatto molti nell’arrivo della nuova, che Sua Maestà Cesarea m’ ha privilegiato di Nobiltà, non sono così grandi, come son quelle, ch’ io mi fo, quando veggo uno, che per antichità sia nobile, e per natura dissoluto ; dimostrando egli col giuditio, confermando col discorso, e approvando con le opere che molti villani sono più civili di lui. […] E ciò fece perchè quello et altri comici moderni, non sono del numero di coloro che poco intendendosi di comedie pervertiscono l’arte, rendendosi indegni d’ esser posti nel numero de’ buoni, tal che, è necessario lo studio, e studio assiduo. […] In una lettera da Mantova (15 gennaio 1611) del Cecchini sono i ringraziamenti a Cosimo II per una medaglia con catena, portante il nome e il ritratto di esso Granduca, e per una pomposissima veste di che la Serenissima Arciduchessa si è compiacciuta di ornar la moglie Flaminia. […] Non ci sono io ?
Signore, io non ho l’onore di esser conosciuto da voi ; voi però dovete conoscere in Venezia mio padre e mio zio ; in una parola, sono il vostro servo umilissimo D’Arbes. […] Tutte le doti sono stimabili, purchè chi le possiede sappia farle valere. […] Io sono il Pantalone della Compagnia, che attualmente trovasi in Livorno ; nè posso chiamarmi l’infimo tra i miei camerati, e il pubblico non isdegna di concorrere in folla alle rappresenrazioni, alle quali io prendo parte. […] Quanto sono adesso felice !
Anche sulla origine del nome di Stenterello varj sono i pareri. […] Giacchè sono sulla citazione del Morrocchesi, continuo. […] E ciò fu nel 1830 all’età di ottant’anni : e si racconta, che dovendo egli salire sur una tavola, e non riuscendovi, a uno del pubblico che gli disse forte esser quella troppo alta per lui, rispondeva : « no, sono le quattro ventine che mi pesano. […] Io mi batto fuor nell’atto fino all’otto ; mi ci metto come un matto nè vo in letto finchè a lutto non fai motto ; tu mi batti, io ti ribatto, e in baratto di tua botta, io ti butto giù in un botto ; se sei dotto, io sono addatto ; niuno editto nè altro detto che sia indotto non adotto.
Cominciando dagli ebrei, l’opera letteraria più antica sono i due cantici del gran legislatore Mosé. […] I versi saliari latini sono anteriori alla prosa usata per la prima volta da Appio Cieco contra Pirro. […] VII.) sono «belle sole e pretti sogni di Giove».
Cefisodoro, Forono, Egesippo, sono chiamati ora tragici ed ora comici. […] I Giovani Sacri, il Forbante, il Penteo sono nomi di alcune favole Tespiane. […] Le favole che di lui si citano, sono: Pleuronia, gli Egizj, Atteone, Alcestide, Anteo, i Sintoci e le Danaidi.
L’Italia è debitrice di molto ai tedeschi, i quali, procurando agli ingegni italiani l’agio e il comodo di coltivar i propri talenti, sono stati la cagione che l’Europa ammiri in oggi i Zeni e i Metastasi. […] Spero che le cose che sono per dire abbiano a interessare la curiosità del lettore, trattandosi di un paese che ha rivolti verso di se gli occhi di tutta l’Europa, e che sì famoso è divenuto oggimai non meno per la sua passata barbarie che per il presente splendore. […] [10] A così strana usanza danno occasione gli accenti della lingua russa, i quali sono così spiccati e sensibili, che agevolmente possono adattarsi alla melodia senza l’aiuto del metro. […] I principali sono il Gudock, ovvero sia piccolo violino a tre corde. […] Le corde sono di latta, e si suonano ambidestramente.
Egli dice : Il suo teatro non è scritto in dialogo, ma solamente esposto in semplici scenarj, che non sono così concisi come quelli di cui facciamo noi uso, e che esponiamo attaccati ai muri del teatro dietro le quinte, ma che pure non sono tanto prolissi da poterne trarre la minima idea del dialogo : essi spiegano soltanto ciò che l’attore deve fare in scena, e l’azione di che si tratta, e nulla più. […] Mi sono ben fatto promettere da ciascuno in particolare, che sempre, che per qual si voglia accidente si disunischino, ogni uno di loro farà quel ch' io vorrò. […] Sono Sig. […] Sono stato lungo, ma era necessario parlar chiaro et senza maschera, se ben si tratti de commedianti, perchè non siamo in commedia, et io dico da buon senno. […] Questi e Quegli uno sono ; ma qual s’avanzi stai dubbioso intanto, di Flavio il pregio, o di Flaminio il vanto.
Quali sono le dee che presiedono a quest’arte? […] Si voleva, per esempio, esprimere i movimenti snelli e leggieri, come sono quelli del ballo dei satiri? […] Ciò s’otteneva col dattilo, i cui moti sono d’indole conforme. […] Se si parla delle misure semplici, le quali non sono che due la dupla cioè, e la tripla, la prima non esprime che due soli tempi, e la seconda tre. […] Ora egli è chiaro che con siffatta divisione non si possono misurar molti ritmi che attissimi sono a muover gli affetti.
Sono pur degni di compatimento certi critici e ragionatori d’ultima moda! […] I’ non posso far altro, e sono in via. […] I caratteri vi sono degnamente sostenuti e le passioni dipinte con verità. […] Sono forse moltissime le tragedie più moderne che possono vantarsi d’altrettanto? […] Euripide e Sofocle non sono meno tragici nella lettura e nella nuda recita che in una rappresentazione cantata.
Cefisodoro, Forono, Efippo sono chiamati ora tragici ed ora comici. […] Altro per lui non sono che feste teatrali di ballo serio preparate da alcune poetiche declamazioni. […] Ah sono Pur sventurata! […] Vi entra maggior numero di passioni, alcune delle quali punto non sono tragiche. […] I caratteri quanto non sono più virtuosi e più nobili nella tragedia Greca!
Sono parecchi anni che trovasi in Napoli (1781-82) impiegato in uno di que’ Teatri, facendosi onore e procurando a sè stesso una mediocre fortuna. »
E tanto pur dee bastare perché, col favore di qualche principe virtuoso, possa forse anche un giorno risalire nell’antico suo pregio una scenica rappresentazione che per più riguardi meriterebbe di aver luogo tra’ pensieri di coloro che sono preposti al governo delle cose. […] Da somiglianti saggi, che danno corpo alle idee e le pongono meglio in luce, potrà anche ognuno recarne un più fondato giudizio: vedere se elle sono praticabili o no; e se io non fo per avventura come colui il quale, dopo date le più belle regole del mondo sulla tattica, non sapeva poi far fare a diritta a una picciola mano di moschettieri.
Se pare, l’Impresario, vestito all’ eroica il Re di Coppe, costui pare una figura de' Tarrocchi, e quando sono fuori tutti e due, non si può dare di meglio. […] Io sono stato il primo a farle ; non può darsi, non è vero : o saranno mie copie, o reciteranno male.
Sono al lavoro da un mese e mezzo – e vi assicuro che il beato ozio – e benefico – di Bocca d’Arno – l’ho ben scontato. […] … Ma…. in somma – eccomi qui di nuovo. – Ho avuto un buon successo – e l’animo e la testa sono rimasti tranquilli. […] Sono intontonita esattamente, e non so se sia effetto di chinino ! […] » Così anni sono scriveva a un amico impresario prima di recarsi in Ispagna. […] Sentii la Duse a Londra nella Magda due anni sono, e mi sembrò veramente trasformata.
Scrisse cose teatrali non ispregievoli, e ne fa fede la Penelope, tragedia tratta dall’originale latino dell’ abate Andrea Friz, tragedia stampata a Gorizia da Valerio Valeri il 1780 in cui sono versi di non comune bellezza.
che le scene de’ confidenti sono troppe? […] Nella quarta scena nobili sono i sentimenti di Timandro e de’ figli. […] Le scene di Claudio sono troppo staccate e talvolta si frappongono all’azione inopportunamente. […] Le bellezze delle scene indicate sono molte. […] Sono esse scritte alla greca maniera o alla moderna?
Per soddisfare la vostra vanità non mi sono esposto a tutte le insolenze di un popolaccio abbominevole? […] E queste sono le tragedie, le commedie e le farse di questo secolo, nelle quali si sono distinti al pari de’ migliori attori diverse attrici. […] Dello stesso ordine Corintio sono le due colonne isolate che si veggono nel fondo delle scene. […] Di gusto e capacità somigliante sono gli altri due teatri. […] Non sono perfette porzioni di circoli, ma di poligoni tanto la parte anfiteatrale quanto gli scaglioni della platea.
Le favole del Cañizares da me vedute ripetere in Madrid sono; El honor da entendimiento, el Montañes en la Corte, el Domine Lucas. […] Sono figure subalterne, e tal volta fredde, donna Flora, don Alfonso e don Fausto. […] Sono state tutte e quattro da me rendute italiane. […] In secondo luogo perchè quei che se ne sono occupati non hanno mostrato di saper formare un quadro che rappresenti un’ azione compiuta. […] Di ciò sono io stato più volte testimonio; ma sento che egli ha continuato sino alla morte nel medesimo gusto.
Il Giraldi poi scrive che non si vide mai uomo che avesse ugualmente i risi e i pianti in mano a sua voglia, e la voce e i gesti acconci a questi e a quelli, come egli ha, e fa avere a tutti coloro che sono ammaestrati da lui, tal ch’egli solo si può dire l’Esopo e il Roscio de’nostri tempi.
Gianvito Manfredi nel suo Attore in scena dice di lei : si distinse la celebre non meno che saggia ed onesta Vittoria Miti, detta Eularia, passata all’ altra vita pochi anni sono, da me più volte con non poco stupore ascoltata.
Un raggio dell’implorato vostro patrocinio mi conforti nel dolore da cui sono amareggiato per la perdita d’un vecchio, leale amico, d’un caratterista intelligente, studioso, fortunato imitatore del vero………… ………………………. […] Sono 47 giorni che il letto mi accoglie, e 22 che sto lontano dalla Compagnia. […] Avevo 200 scudi, sono iti ; ne ho presto ripiegati altri, e da questa parte non tremo per ora.
In una lettera da Bologna della Pelzet a Niccolini del 27 luglio 1843, sono queste parole : « Poi è venuta la Job, la quale dopo aver rovinato Verniano colla sua pros…… (prosopopea), cerca d’insinuarsi verso Coltellini per farmi onta e spauracchio. » E più oltre : « Anche la Job prima donna comica, vil…… (vilissima) creatura, ha scelto una tragedia per sua beneficiata. » Ma non è da prestar troppa fede ai pettegoli risentimenti di una artista che si trova tra compagni inesorabili e crudelmente accaniti contro la sua poca abilità ; sono sue parole. […] Incantatrice d’ogni cor gentile, È ver, fu sempre l’armonia ; nè solo Nell’italo terren pregiati tanto Sono gl’itali Orfei.
Et cosi recitarono detta Cingana con gli Intermedij istessi, che furono fatti alla Comedia grande : ma chi non ha sentito la Vittoria contrafar la Cingana, non ha visto, nè sentito cosa rara, et maravigliosa, che certo di questa comedia sono restati tutti soddisfattissimi. […] le di Gambara) dalla signora Duchessa a una Comedia di Zani della Compagnia della Vittoria la quale si ritrova qui molti giorni sono, dove era anche il detto Card. […] A. che sia servita d’ordinare i consiglieri di cotesta Città li quali sono giudici di questa causa che venghino all’esecuzione della sentenza, acciò che sia satisfatta, e non sia più straziata dalla parte avversa.
Recitava come sempre nel dialetto napoletano, e alla scena XVI del primo atto, in cui tutti i Comici fanno « un paragone della Comedia ad altra cosa » egli, dopo il discorso del primo innamorato Ottavio, e del Pantalone Girolamo, dice : Platone nel settimo della sua Repubblica, obliga i Capitani d’eserciti ad essere buoni aritmetici, però io che rappresento la parte del Capitano, sosterrò che la Comedia costa di questa scienza matematica, e che sia il uero : l’aritmetica si diuide in prattica, e speculatiua ; la Comedia e composta di numero semplice non douendo uscire da i termini assegnati da Aristotile, di ventiquattr' hore ; e di numero diuerso, partito in tre parti che sono gl’Atti, ne quali si racchiude. […] Hà la positione semplice, ne i personaggi sciocchi ; la positione doppia ne i serui astuti ; con la prattica d’algebra, e di almucabalà, si espongono i moltinomij de soggetti ; Con l’aritmetica attiua poi numera il tempo, somma gl’accidenti, sottrae l’improprio, e moltiplica gl’abbellimenti ; vsa le proue per riuscire, tiene libro semplice per le rappresentationi, e doppio per il guadagno ; in fine se Pittagora sostiene che la natura de numeri, trascorre per tutte le cose, anche la Comedia di tutte le cose è specchio ; però moltiplicando il suo merito per ogni regola, trouo che innumerabili, come innumerabili sono le diuisioni aritmetiche, sono ancora le sue glorie.
Guarini, Jason De Nores, nella sua Apologia contra l’autor del Verato, dice : « E Messer Battista Veronese, altresì recitator di commedie, affermò pubblicamente appresso persone dignissime di fede di aver rappresentato già quindici anni sono in Franza, per tutta Italia, e specialmente nella istessa città di Ferrara, oltra molte altre la tragicommedia pastorale della Pazzia d’Orlando.
, 738) : « A’tempi nostri s’è visto un Fabio comico, il qual si trasmutava di rubicondo in pallido, e di pallido in rubicondo, come a lui pareva ; e del suo modo, della sua grazia, del suo gentil discorrere, dava ammirazione e stupore a tutta la sua audienza. » Forse a questo stesso Fabio accenna il De Sommi, là dove dice nel terzo dialogo sui recitanti : « Io mi ricordo averne veduti di quelli, che ad una mala nuova si sono impalliditi nel viso, come se qualche gran sinistro veramente gli fosse accaduto. » ?
L’isperienza hauuta del vivace e spiritoso talento che possiede Bartolomeo Falconi detto Trapolino e la speranza maggiore, che dà di sempre migliore riuscita nell’arte comica seruano a noi di motivo di elegerlo e dichiararlo come in uirtù della presente facciamo nostro attual comico volendo che goda e partecipi di tutte le gratie, prerogative, vantaggi che sono soliti godere altri simili nostri seruitori.
r Ambasciatore di Francia passaua a Verona per recitami questo Carneuale ; fortunatamente e con stento si sono saluate le persone, che molto hanno soferto, auendo per altro perduto quasi tutto l’ Equipaggio con loro gran danno.
ma con le lettere dell’ordinario di venetia e di milano sono anciosissimo di sapere se V. […] Ser.mo Sig.re mio Sig.re e Pron. sempre Coll.mo Questa passata notte alle X hore mi sono comparse le lettere di V.
Alle severità della critica odierna, Antonio Cervi, dal cui opuscolo (Bologna '96) ho tratto in parte questi cenni, contrapponeva queste parole di Alamanno Morelli : « Io che ho saputo contraffare le varie interpretazioni di tutti i più grandi artisti, non sono riuscito mai a contraffare quelle del Papadopoli, tanto esse erano naturali e semplici, e di una meravigliosa efficacia. » Come uomo, egli si formò una travagliosa vecchiaja, confortata a pena da qualche sussidio strappato ai colleghi doviziosi, o che gli eran stati compagni, o che sentivan pietà della miseria sua. […] Di lui si ha un libretto, e qui anche torna a mente il Camerani, intitolato Gastronomia Sperimentale (Zara, 1886), in cui sono le norme particolareggiate per allestire una buona serie di piatti dolci e di piatti di famiglia.
Io ne sono contento e deggio rendergli pubblicamente giustizia. […] E dedicando Le Donne curiose all’abate Antonino Uguccioni : Ella ha preso a proteggere una Compagnia di valorosi comici suoi nazionali, dei quali ho fatto altra fiata menzione, e sono, a dir vero, ornamento del teatro italiano.
Non sono le lagrime che rendono difettose le favole di Sedaine, Mercier e tanti altri; ma il tuono tragico, i delitti grandi, i patiboli. […] «Questa favola è nel gusto delle commedie di Terenzio, i sentimenti sono veri, i caratteri ben sostenuti, il dialogo è naturale». […] Delle commedie del Boussy sono rimaste al teatro le Apparenze ingannevoli, il Chiacchierone, ed il Francese a Londra, le quali hanno un merito superiore alle altre, e si sono per lungo tempo ripetute con certo applauso. […] Le sue opere sono state tradotte in Allemagna. […] Sono rimaste per qualche tempo al teatro francese le seguenti commedie: il Giudice benefico del sig.
» Il De Sommi lo chiama, nei suoi dialoghi, l’argutissimo Zoppino da Mantova, collocandolo fra i molti galanti homini, che di recitare perfettamente si sono dilettati a’ tempi nostri….
Accanto ad opere di un ascetismo oserei dire ridicolo, alle solite difese del teatro virtuoso, alle lacrime, alle penitenze stemperate in versi più o meno barocchi, troviamo commedie, nelle quali sono frasi e parole da far arrossire il più spregiudicato. […] Or vada meravigliandosi qualche antiquario, come avesse saputo Sofocle dare il modo di far volare sopra un carro di Dragoni pennuti Medea, quando su i teatri dell’Adria si sono veduti volare gli Eserciti !!! […] Le parole di Marta piene di soavità, quelle di Maddalena piene di sarcasmo,… la canzone di questa e il disprezzo di quella…. poi di quella il ritorno all’ attacco,… sono resi con solidità e varietà di colorito, singolarissime…. […] Battista Andreini (mi servo della traduzione di Francesco Righetti, pag. 107-108) compose egli solo 18 commedie, secondo la raccolta della Drammaturgia dell’ Allacci ; ma tutte sanno della decadenza del gusto, ed alcune sono oltremodo oscene. […] A ogni modo, a parte la forma, la Maddalena e l’ Adamo sono, pare a me, assai superiori alla Mirtilla della madre, all’ Ingannata Proserpina, e all’ Alterezza di Narciso del padre.
Un Letterato Spagnuolo mio amico anni sono mi diceva in Madrid, che Metastasio avea imitato alcuna cosa di Calderòn. […] Non sono comparabili p. e. […] Ecco, Signor Apologista, s’io sono ingenuo (checchè vi sforziate far pensar di me alla Nazione). […] Degni di leggersi sono i di lui disinganni intorno agli Atti Sacramentali.
Le osservazioni del Croce sulla rappresentazione della Flaminia sono giustissime : ma non men giuste paion le induzioni del Bartoli fatte sul Prologo stesso.
Oggi è a capo della Compagnia della Città di Torino, in cui sono elementi egregi.
Reso, Frisso, Medea stessa, benchè vi s’introducano alcuni Greci, non per tanto i protagonisti sono stranieri, o straniere ne sono le azioni. […] Ove sono? […] Sono: del prelodato sig. […] Non sono così persuaso bene di alcune cose del II. […] L’espressioni di Elfrida ad Adelvolto sono giuste e appassionate.
mo Signore Hò con ogni spirito procurato di superare, e subire, le uiuezze d’alcuni Compagni, ora non si può piu ; ed è forza scoprir quali sono ; l’amicizia che passa, trà Brighella e Leandro, con l’unione di Pantalone, e la moglie di Leandro formano la metà della Compagnia e danno tal caldo al detto Leandro e Brighella, che non si può più uiuere. […] Ecc.ª cagionarono, che dieci giorni sono, la Leonora ed’io promettessimo al Carpiani, et Cau. […] Iacomo o Iacopo Antonio Fidenzi era dunque il direttore della compagnia ; e il male accennato nella seconda lettera, che lo fe’andare a Padova, doveva certo esser quello degli occhi, di cui discorre in una delle sue poesie (pag. 70), nella quale sono anche i segni della più profonda gratitudine verso i suoi generosi Padroni. […] Il Fidenzi, oltre all’essere stato attore preclaro, fu preclaro poeta ; e pubblicò un volume di versi a Piacenza del ’52, ch’egli intitolò Poetici Capricci, e dedicò ad Alessandro Farnese, in cui sono, se non sempre, vivezza e semplicità di imagini, tanto più rare e pregiate, in quantochè apparse in mezzo al dilagar delle strampalerie del tempo, e di cui metto qui come saggio il principio del vigoroso canto : I fifgli famelici della Vedova Ebrea assediata Di Sion l’alte mura Tito ricinte havea di genti armate : E gli assediati Ebrei, Con dolorosi omei, Chiedean pietade a l’indurato Cielo : E di viveri affatto impoveriti Con lagrimosi inviti De la Morte chiedean l’orrida falce. […] Nel mio libro degli Aneddoti, sono i Ricordi di un comico, il fiorentino Bellagambi, che racchiudono tutti i raggiri, i sotterfugi, le cabale a cui dovea lasciarsi il povero Fini e coi comici e cogli albergatori e coi barcajuoli per veder di tirar avanti la baracca alla meglio.
Essi sono : La moglie Spinetta e la figlia Diana ; poi in più famosi Dottori Bombarda, Balestrone, Campanaro, Baloardo e Violone ; poi gli Zanni Mezzettino, Brighella, Buffetto, Bagolino, Bertolino, Traccagnino e Trappolino ; poi le dame Celia, Livia, Leonora, Aurelia, Cintia, Olivetta, Flaminia, Isabella, Lavinia e Colombina ; poi le cantarine Fiammetta, Angelina e Cassandrina, e finalmente Beltrame. […] I quali se non sono un chiaro esempio di poesia, traggon valore dalla notizia che ci danno dell’opera artistica del Gabbrielli, che evidentemente non si arrestava alla maestria varia del musicista, nè alle buffonate della maschera, ma sapeva anche spaziar degnamente nel campo della tragedia. […] Qui non si son fatte se non tre comedie nuove le quali si sono non solo per miei affari ma per altri lette particolarmente, havendosi contentato chi le ha fatto durare questa fatica ; ne per cagion mia, ne di altri vi è stato detto pure una parola. […] È ben vero che l’innamorato non sono ne Cintio, ne il morto Aurelio, ma troverebbe bene dei giovani studiosi, quali in Fiorenza dove è la scuola della lingua Toscana sono stati sommamente graditi, con speranza ch’habbino da riuscire mercè el studio al paro di qualunque altro metti il piede sopra la scena, e quel che importa senza prettensione, nè giunta alcuna.
I’ non posso far altro, e sono in via. […] I caratteri vi sono degnamente sostenuti e le passioni dipinte con verità. […] Tarquinio gelosissimo del proprio secreto si scopra alla moglie alla presenza di un coro di donne che sono seco. […] Sono forse moltissime le tragedie più moderne che possono vantarsi di altrettanto? […] Euripide e Sofocle ed Eschilo non sono meno tragici nella lettura e nella nuda recita che in una rappresentazione cantata.
Tali sono alcune delle tante commedie di Roxas, La-Hoz, Candàmo, Alarcòn, Zamora, Solis, e Moreto. […] Sono anche regolari, sebbene la scena non n’é stabile, e suol passarsi da una camera di conversazione a una di dormire, a un’altra casa, a un’osteria, in piazza, alla borsa ecc… Già a’ tempi suoi si satireggiavano sul teatro inglese le persone nobili e titolate. […] Le altre di lui commedie più pregiate sono l’Amore in un Bosco, rappresentata sul teatro di Londra nel 1762, il Gentiluomo maestro di Ballo, e l’Uomo Franco, tradotta e imitata dal signor di Voltaire nella Prude, o Gardeuse de Cassette. […] Tutti questi componimenti regolari e scritti con eleganza superiore a quanto colà si era prodotto prima di lui, ballarono, sì, per additare il sentiero; ma poche traduzioni, quando non sono accompagnate da opere maestre originali, come quelle che indi produsse in Francia il lodato Corneille, non possono fissare il gusto e sondare in una nazione un buon teatro. […] E queste sono le colpe leggieri degli auti, per le quali mi é piaciuto di darli in parte a conoscere più che per gli gravi inconvenienti che risultano dall’analizzare certe materie dilicatissime ed esporle con interpetrazioni e raziocini arbitrari e sofistici.
I Francesi non sono caduti in simili errori, ma non sono a loro volta esenti da colpe nella descrizione degli antefatti, affidata spesso a lunghe e noiose narrazioni. […] Ma ciò che importa assai più, li trattati d’una scena sono non di rado diversissimi da quelli dell’altra. […] Dagli altri moderni ove non si sono schifati del tutto si sono con molta moderazione usati. […] Per mio avviso vi sono lodevoli solamente quando giovano allo scopo di chi vi favella. […] Le qualità d’Inès sono proprissime per un tragico protagonista ed i pregi di questa favola sono per mio parere assai superiori alle sue imperfezioni.
Discorso preliminare premesso alla prima edizione [1] Il teatro considerato come un pubblico spettacolo introdotto, o permesso dalle leggi in una nazione può considerarsi in tanti aspetti differenti quante sono le classi degli spettatori, che vi concorrono. […] Se la simmetria, la vaghezza, e il disegno della fabbrica sono del gusto, sua ne è la raccolta de’ materiali, e il tragitto. […] Forse questa trascuratezza, e questo abbuiamento tornerà in maggior suo vantaggio, convenendo, secondo l’osservazione del gran Bacone di Verulamio, che non si tosto s’affrettino i filosofi a fissare i confini d’un’arte senza prima vedere le diverse forme, ch’essa può prendere dalle diverse combinazioni de’ tempi e delle circostanze; ma egli è vero altresì, che chiunque ne vorrà giudicare si troverà perplesso fra tante e sì contrarie opinioni, non avendo alla mano principi, onde avvalorar il proprio giudizio, Gl’Italiani, che hanno scritto fin’ora, non sono stati in ciò più felici. Senza far parola d’Emilio del Cavaglieri, del Salvadori, di Jacopo Martelli, del Gravina, del Maffei, del Muratori, del Crescimbeni, del Calsabigi, del Mattei, e di tanti altri, che toccarono questo punto alla sfuggita, tre sono stati gli autori, che hanno parlato più di proposito. […] Le sue osservazioni circa le belle arti in genere, e circa la musica, e direzione del teatro in particolare sono assai giudiziose, e proficue, e dappertutto respirano l’onestà, la decenza, e il buon gusto.
Il suo divisamento divenne utilissimo alla gloria della Francia, poiché con questo mezzo si vide il parnaso nazionale arricchito di tante produzioni eccellenti quanti sono i pezzi drammatico-lirici ch’egli compose. […] Io l’ho fatto vedere parlando della Euridice del Rinuccini, e l’ho trovata costantemente osservata in quanti mi sono capitati alle mani di quel secolo. […] Il marchese Scipione Maffei nella Ninfa fida fece vedere che i talenti per la poesia tragica sono diversi dai talenti per la poesia musicale, imperocché niun crederebbe che l’autore di quella pastorale scritta senza interesse, senza dolcezza di stile e senza spirito teatrale fosse lo stesso che avea composto la bellissima Merope. […] Egli non conobbe abbastanza la rapidità che esige il melodramma; perciò le scene sono troppo lunghe, le favole troppo composte, e troppo cariche d’incidenti: talmente che v’ha di quelli fra i suoi drammi che fornirebbero ampia materia di lavoro a due o tre compite tragedie. […] Ma siffatti esempi sono tanto rari che non bastano a sottrarlo dal difetto appostogli.
Sì, caro Signor Lampillas, i Dotti la conoscono; ed alcuni ve n’ha che ne sono impastati a segno, che non solo ne sogliono ragionare egregiamente, ma conservarla vigorosa fino alla estrema vecchiezza. […] Il placido Religioso tutto inteso alla contemplazione, coltivando la Mente, lascia per disuso e per riflessione intepidire i sensi e la prima vivacità della fantasia; ma i Selvaggi che sentono più che non pensano, sono estremamente sensibili. […] Ma con tutte le sue ottime Riflessioni fatte sulla Poetica in generale, egli intanto conchiude, che solo “Omero l’incoraggisce, e Virgilio lo riscalda, e gli altri Poeti lo assiderano, tanto sono essi per lui languidi e freddi”. […] Per concedergliela bisognerebbe non avere studiati altri libri che le di lui Riflessioni: ma ben altri ve ne sono, ne’ quali traspare un cuore delicato e una ragione chiaroveggente. […] Intanto essi in tali favole sembrano meno eloquenti e meno appassionati, che non sono nel Poliuto, nella Fedra, nell’Alzira.
Non vi sono più cadaveri, e si pensa a tirare a sorte tra’ vivi chi debba morire per alimento de’ superstiti. […] La maggior parte de’ personaggi introdotti, e segnatamente Haber e Barach, sono oziosi. […] Questi ordini, queste marce quando si sono eseguite? […] Si sono in Madrid composte altre tragedie ma non rappresentate. […] Contuttociò lodevolissimi sono gli sforzi dell’autore per averla scritta con felicità in un linguaggio straniero.
La sua figura gentile e una grazia singolare la rendono anch’essa degna delle pubbliche lodi, nè lasciano che gli oltraggi del tempo cagionino in lei quelle perdite, che pur troppo inseparabili sono dalla caducità di quei pregi, che tanto soglionsi stimare dagli uomini nel gentil sesso. » Così Francesco Bartoli.
Scrisse alcun che di poesia, e il Bartoli dà come saggio del suo stile il brindisi in versi martelliani (bruttini anzi che no) ch'egli recitò a Brescia nel Convitato di pietra, e in cui sono le lodi sperticate di quella città.
Bon, cominciò a essere da lui protetto ; tanto che fu accolto nella Compagnia con due lire austriache al giorno, nella quale esordì a Parma col semplice annunzio : « Signor Conte, la carrozza è pronta : » annunzio che egli, ad attenuare la triste figura che avrebbe fatta d’innanzi a’compagni, allargò nel modo seguente : « Signor Conte, sapendo che Ella doveva andare in città per disbrigare molte faccende importanti, mi sono dato tutta la premura per fare approntare la carrozza ; e quando Ella comanda, è prontissima ed a sua disposizione. […] E quali sono mai le sue parti nella commedia ?
Anche vi sono frasi e parole di una volgarità un po’cruda, come in tutte le altre del tempo, nella scena specialmente tra il servo Mastica e la balia di Angelica, una, del resto, delle più belle per vivezza di dialogo. […] A quali Rodomontate allude il Cataldo nella prefazione alla sua commedia Gli amorosi inganni, edita il 1609 a Parigi, là dove dice : T’auiso Candido Lettore, che molti mesi sono, son uenute in luce alcune rodomontate Spagnuole, non solo qui, ma quasi per tutta la Francia vendute poco accortamente da colui (perdonami Sua Signoria) che le diceua e recitaua sopra la scena, le quali hanno forse auuilite quelle che ’l vostro Cataldo vi fa leggere…… ?
Il Signor Lampillas pretende che io abbia letto male un passo dell’Opuscolo di Luis Velazquez sulle Origini della Poesia Castigliana, ch’egli così traduce1: “Sindachè i Romani introdussero in Ispagna la buona Poesia, furono in essa conosciuti i Giuochi Scenici; e le rovine di tanti antichi Teatri, che sino a’ nostri giorni si conservano in diverse Città, sono altrettanti testimonj di quanto si fosse impossessato del Popolo questo genere di divertimento”. […] Ha mostrato che tali magnifici avanzi sono di Teatri, e non di altra fabbrica? […] Io per verità fui più diligente del Velazquez, mentovando almeno il Teatro Saguntino, e più il sono nella preparata nuova edizione della Storia de’ Teatri in tre Volumi, nominandovi ancora il Teatro di Merida, accompagnato dalle necessarie citazioni, e quello estemporaneo eretto da Cornelio Balbo in Cadice, sendo Pretore, di cui nè anche il Lampillas si è ricordato.
Il dritto delle Genti accorda nelle Guerre le insidie, gli agguati, le sorprese, le finte: sono tali cose ugualmente accordate nelle contese letterarie? […] Esse sono (il sappia l’Apologista a suo dispetto) Favole Tragiche divise in cinque Atti, scritte in versi Giambici con uno stile facile, e per quei tempi non inelegante, e coll’intento d’imitar Seneca, a cui per altro rimane inferiore. […] Osservo però di volo, che il Quadrio, la cui inesattezza e i sovente non sani giudizj sono pur troppo noti, per Voi solo tratto tratto cangia natura.
Così sono gl’ ingegni: bisogna che si lasci al tempo l’ agio di ridurli a una maturità perfetta80. […] Non sono in me. […] Quattro versi che danno principio a questa favola, sono la disperazione degli scrittori teatrali intelligenti. […] Se sto in cervello, o se sono impazzito? […] Mizione e Demea sono gli originali di moltissime copie moderne di caratteri che graziosamente si combattono sulle scene.
Le altre tragedie reputate degne del gran Cornelio sono il Nicomede, il Sertorio e la Rodoguna. […] Così Racine, tuttochè mirabile per tanti pregi, non ci obbliga a fare una piena eccezione alle tragedie francesi, che quasi tutte sono un tessuto d’interessi proprii del socco trattati con tetra gravità. Dupin non a torto conchiudeva così: «Le nostre tragedie più gravi altro non sono che commedie elevate.» […] Più rari sono tali difetti nelle altre sue favole, benchè alcuno se ne rinvengano anche nel Mitridate, nell’Andromaca e nell’Ifigenia. […] Non per tanto Achinoa moglie di Saulle colle sue figliuole introdotte nel Gionata, e Maaca e Tamar nell’Assalonne, sono persone oziose, inutili a quelle azioni.
Nel seguito lodasi, a detta del Bartoli, « la sua bellezza come cosa rara, e specialmente i suoi capelli sono infinitamente encomiati. » (V.
Serenità humilissima supplico la di lei Clemenza in socorerre Angelo Antonio Muzzio, il quale per auer moglie e cinque figlioli et al presente maggiormente sfortunato per quello che sono certa cioè della moglie che mesi souo uiue inferma et essendo suddetto fori della Compagnia de' Comici di V.
Io sono di lui contento, Roma lo ha stimato e lodato…. » Non sappiamo s’ei fosse accolto nella Compagnia di Venezia, ma sappiamo che, datosi poi all’arte comica, riuscì attore. egregio per le parti buffe.
Vi sono poi certe farfacce buffonesche che costano poco e fanno talvolta gran romore sulla scena, dalla qual cosa potrebbero gl’ inesperti dedurre una falsa conseguenza (e la deducono in fatti e ne fanno pompa) e fuggir la fatica necessaria per mettersi in istato di scrivere componimenti simili all’Atalia e al Misantropo, perchè non furono questi la prima volta ricevuti favorevolmente dagli spettatori. Ma la storia pronta a diradar ogni nebbia, gli avvertisce che le facili farse romanzesche e i mostri scenici non allettano che l’ultimo volgo, e dopo una vita efimera corrono a precipitarsi nell’abisso dell’obblìo; dovechè il Misantropo e l’Atalia ed i componimenti che ad essi si appressano, non solo sforzano alla per fine il pubblico a vergognarsi del primo giudizio, ma ricreano la parte più pura e illuminata della società che sono i dotti, e passano indi a’ posteri insieme con quelli che furono scritti ne la caverna di Salamina.
Ma questi sono fatti istorici, cioè i nemici capitali dell’Apologista, e per conseguenza vanno sotto la rubrica de’ Pregiudizj. […] In questa guisa favellano gli Scrittori Spagnuoli, che amano di migliorar le arti nella nazione, e che non sono Apologisti. Or dove sono i decantati insigni Drammatici prima di Lope? […] Dove poi sono queste composizioni regolate? […] Ma dove sono mai, ripeto, questi semi dolci, preziosi, di cui si pasce solo l’Apologista tra tutti i nazionali e gli stranieri?
La caterva introdotta nella Cistellaria di Plauto, e il grex che trovasi nell’Asinaria, ne’ Cattivi, nella Casina, nell’Epidico e nelle Bacchidi del medesimo, altro non sono che il corpo o coro intero degli attori, il quale con pochissimi versi nella fine prende commiato dall’uditorioa. […] Di questo liberto sono a noi pervenute alcune centinaja di versi, i quali contengono eccellenti sentenze e insegnamenti per la vita civile, e l’eleganza che vi si ammira ci rende molesta la perdita delle intere sue favolette. […] Altri non divulgati trovansene in fine di un codice del Capitolo Veronese, alcuni de’ quali sono riferiti dal marchese Maffei nel suo trattatino de’ Teatri: Vincere est honestum, opprimere acerbum, sed pulchrum ignoscere. […] Della sfacciataggine di simili mime sono pieni gli scrittori. […] Ma gli errori di quell’oltramontano su i pantomimi ed altre particolarità teatrali e non teatrali non sono nè piccioli nè pochi.
La caterva introdotta nella Cistellaria di Plauto, e il grex che trovasi nell’Asinaria, ne’ Cattivi, nella Casina, nell’Epidico, e nelle Bacchidi del medesimo, altro non sono che il corpo o coro intero degli attori, il quale con pochissimi versi nella fine prende commiato dall’uditorio (Nota XVI). […] Di questo liberto ci sono pervenute alcune centinaja di versi, i quali contengono eccellenti sentenze e insegnamenti per la vita civile, e la di loro eleganza ci rende molesta la perdita delle intere sue favolette. […] Altri non divulgati trovansene in fine di un codice del Capitolo Veronese, alcuni de’ quali sono riferiti dal Marchese Maffei nel suo trattatino de’ Teatri. […] Della sfacciataggine di simili mime sono pieni gli scrittori. […] Ma gli errori di tal Francese su i pantomimi ed altre cose teatrali e non, teatrali non sono nè piccioli nè pochi.
Del Bianchi sono lettere nell’Archivio di Stato di Firenze (Cart. […] S. di farmi apresentare delle prime caccie dal Poggio che se haveano da fare, gli mando queste poche righe attento che gli rinfreschino la memoria di mandarmela secondo l’ordine, et così ancor io vado agumentando et crescendo quello ch’io sono obligato per mia parola d’appresentare a V. […] Ancora : Molti anni sono s’introdusse un modo di recitar da Dottore, che stravolgea i vocaboli, v. g. […] Vn’altra spetie Gratianatoria si è ritrouata, ed è che pensando questa di correggere l’vso del parlar rouerscio, si è posta à dir latini, & sentenze, con tirate, & ponga di memoria in guisa, che non lasciando mai parlare chi seco tratta, confonde, & snerva il filo della Fauola, & la mente di chi ascolta, che non riman campo per intendere, & molto meno per capire l’orditura de’ negotij ; e chi è poi colui, che voglia far credere agli Scolari di questa Scuola, che faccino, & dichino male, se ogni giorno cento beuanti gli fanno fede, che sono i primi huomini del Mondo ? […] Comunque sia : il nome di Roscio c’ è, e le conseguenze del Signorelli, come semplice ipotesi, non sono da escludersi.
Gli Dei son raunati in consiglio, & è nato tra essi vn gran disparere, però hanno bisogno della presenza vostra ; Io galantamente rispondo, che per fargli seruitio sono in ordine, lui di posta mi piglia in braccio, & in vn batter d’occhio mi porta in Cielo, e non ve ne voleua di manco, perchè vn poco più ch’io fussi tardato, quei Barbassori si sarebbon date tante le maledette pugna nel naso, che sarebbe piouuto mostarda per otto giorni, e la spetiaria di maestro Apollo sarebbe stata sfornita d’vnguento di biacca, e difensiuo. […] O buono, ò buono, diss’io allhora ; ma perche dice odi l’altra parte, chiamo Gioue ; lui mi viene innanzi, e dice : Io sono stato il fondatore di Bologna ; e poiche M. […] Ergo (conclue Mercurio), io sono stato il fondatore di Bologna, & io debbo riportare il vanto di questa lite, e voi altri Signori Dei resterete come senza lucerna i bacalari. […] Ma se per lo contrario (che non credo) ci denegherete la solita attentione, anch’ io cantando la Palinodia, a Gentil’ huomini, e virtuosi dirò che si sono troppo auari de’ lor beni, e fauori, pur cauandolo dalla voce istessa Bononia, Bo, bonorum, no, nobis, ni, nimis, a, auari, & à certi plebeuzzi, ignorantelli, se ce ne sono, pregherò il meritato fine all’ opere loro, dicendo, Bo, il boja, no, non, ni, nieghi, a, appiccargli.
Lo ringraziai e lo pregai di dirci il suo nome : « Io sono Francesco Voller, comico, » mi rispose. « Ed io ho una lettera di sua madre da consegnarle ; » e glie la diedi. […] Il ’45 i Gagliardi sono scritturati a Nizza con vantaggioso contratto, ed eccoti il Comune entrar in lite col proprietario dell’arena della quale ordina la demolizione, prima che la compagnia si trovi sul posto. […] Dopo il pranzo di bordo, terminato con l’allegria solita degli artisti comíci, allorchè sono riuniti in viaggio ad un medesimo pasto, chiesero al capitano del vapore di ballare. […] Ora il povero vecchio, già tanto travagliato, circondato dalle amorose cure della più buona delle mogli, dall’affetto della più affezionata delle figlie – sono sue parole – attende tranquillo la fine di una vita tanto avventurosa.
Tutti i generi sono buoni, secondo l’avviso del Voltaire, fuorchè il nojoso; ed io aggiungerei, fuorchè lo spropositato e l’eterogeneo. […] I caratteri forti, niuno l’ignora, sono di numero limitati, e dipinti bene una volta, se vogliano replicarsi, riescono per lo più languide e fredde copie. […] Vuolsi però osservare che le accennate feste del Testi sono snervate, senza azione, e tessute di parti che possono supprimersi senza che il componimento ne perisca, la qual cosa è la più sicura prova dell’imperfezione di un dramma. […] Alcuni declamatori traspiantati in Italia sono venuti ad inveire contro di essa per tale usanza; ma con filosofica saviezza si sono ben guardati di accennare neppure a mezza bocca che la Spagna ugualmente partecipi di questa vergogna. […] Questi sono, e non altri i pasticci drammatici accennati dal Maffei, che il sig.
Sè bene dal’altro canto non uorei uedere un mio nemico in questa Compagnia à causa delle continue dissensioni chè sono continuamente in essa ; Dio nè liberi i Turchi ; Io uò sopportando perchè il Sig.
Quali sono or le tue risposte? […] Ah sono Pur sventurata. […] Vi entra maggior numero di passioni, delle quali alcune tutt’altro sono che tragiche. […] I caratteri quanto non sono più virtuosi e più nobili nella tragedia greca? […] Io fuor di me già sono, Comincio a delirar.
E’ un misto di nuovo metodo per gli ordini de’ palchetti che vi sono, e di antico per le scalinate. […] Sappiate, Signor mio (che io ben mi avveggo, che i vostri gravi studj vi avranno tenuto lontano da molte cose, che sono fuori di voi), che los Chisperos, los Arrieros, e simile gentame, trovandosi al coperto in quelle tenebre, specialmente prima d’incominciare la rappresentazione, per la loro naturale rozzezza, e non curanza per la decenza, soleano bere del vino, fumare, mangiar degli agrumi, delle frutta, delle nocciuole, e gettarne via le bucce sull’altra gente. […] Circa un centinajo e mezzo di esemplari della Storia de’ Teatri essendosi sparsi per la Spagna, domandai a molti illuminati nazionali, che l’aveano acquistata, se trovavano in essa cosa veruna contraria a una moderata Critica intorno al Teatro Spagnuolo formale, e materiale, col disegno di approfittarmi del loro avviso nella ristampa; ed ebbi il piacere di udirgli affermare, che tutto era conforme al vero, e a’ dettati degli eruditi nazionali: che anzi delle rappresentazioni mostruose avea io ragionato con più contenenza di tanti loro Scrittori degli ultimi tre secoli, i quali sono tanti, Sig.
Ma Florindo scrive da Mantova il 23 agosto : « le mie Robbe consistenti in cinque casse, per un ordine fattomi fare ad un de' miei compagni a Verona, sono state consegnate non so a chi, mentre nell’ ordine s’esprimeva che si dassero al Cav. […] Mercordì dunque di notte, accompagnato da 5 huomini armati, trè delle guardie, e due della Casa del mio hospite, fui d’improuiso condotto fuori di Mantoua, doue fui costretto lasciare il resto delle mie poche Robbe (mentre degl’Abiti è un pezzo che sono priuo) et un mio Nipote febricitante, quale della Patria fortiuamente uenne à ritrouarmi per darmi parte dell’ultimo esterminio di mia Casa ; e li detti huomeni mi conducono per certo nel Castello di Casale ; se bene nel partire mio da Mantoua mi fecero credere di incaminarmi alla Patria con intiera libertà. […] Sono ridotto in mendicità estrema, e senza quel poco, che haueuo riseruato per la mia Vecchiaia alla Patria, per causa, non dico già della prontezza del mio obedire gl’altrui sourani comandi ; ma per i miei peccati chiedo pietà, e sollieuo, quale spero dalla generosa benignità di un tanto Principe, per mezzo dell’efficacissimi offizii della Paternità Sua molto Reuerenda.
Non compatirmi: ascolta soltanto attentamente ciò che sono per rivelarti. […] E questa la ragione comica Plautina, quelli sono cattivi i quali non sono buoni . […] Ti dimentichi di chi sono? […] Pur le sue tragedie sono altrettanti mostri. […] Di grazia questi due prodigiosi principi dell’eloquenza si sono mai trovati in un caso simile?
I tre superstiti. sono : Amelia, egregia attrice al principio della sua vita artistica in compagnie napoletane, e di Napoli più specialmente, poi bella e brava seconda donna in Compagnie nostre di maggior conto, quali di Marchi-Ciotti-Lavaggi, di Tommaso Salvini, di Sterni, di Alessandro Salvini, ecc., sposatasi a Corrado Di Lorenzo, n’ ebbe tre figliuoli, di cui seconda la Tina (V.) che ha saputo coll’ arte, accoppiata alla leggiadria, salire in gran rinomanza ; Adolfo, egregio artista per le parti di primo attor giovine e di primo attore, appartenne sempre a compagnie di buon nome, e sposò l’attrice Pia Pezzini ; Pia, si ritirò per malattia dall’ arte, e si recò in Roma col marito Icilio Brunetti (V.).
Determinare con esattezza cronologica il suo stato di servizio non è certo agevol cosa, tante sono le compagnie di vario genere, in cui militò, e per tanti anni si trovò a essere conduttor di compagnie egli stesso !
Nell’opera di Jarro : L'origine della maschera di Stenterello (Firenze, Bemporad, 1898), sono riferiti alcuni saporitissimi aneddoti concernenti la Zandonati : e tra gli altri quello di una potente bastonatura, di notte, concertata tra 'l Morrocchesi stesso, il fratello di Del Buono e il servitore.
Voce robusta e modulata, disinvoltura comica, pronuncia non ricercata sono le doti, che assicurano a questa giovinetta di belle maniere, un posto onorevole in un rango cui poche possono aspirare nell’età sua. […] Bernardo Giulini-Golfi di Arezzo dettò in onore di lei il seguente sonetto : Il volto, ov’ hanno Ebe e le Grazie il trono, la pura amabil voce, onde i cor tocchi, rari pregi a trovar, tuoi pregi sono, e il passo e il gesto e il balenar degli occhi.
ma e per tal disgusto mi amalai, come molti lo sanno ; Tralascio ch’egli continouamente mettesse zizanie con tutti i miei Compagni, a ciò tutti uniti facessero contare la sua Bugia p verità, ch’io fossi una donna superba Tiranna di compagnia, et infine che sono pazzacci tutti, et io ero la strapazzata (e uergognia chio lo dicha) da simil gente. […] Sono tali i motivi, ch’impegnano la uolontà di V.
. — Nella mia esistenza affannosa e turbinosa, le ore che io passo in treno sono le mie migliori. […] Italia Vitaliani non ha avuto prima d’ora la fortuna che meritava. « Se Italia Vitaliani volesse, – scriveva alcun tempo fa Alberto Manzi — vedrebbe i pubblici entusiasti di lei, come sempre, quando ha voluto, li ha veduti : se sinceramente volesse, tornerebbe ad essere, come anni or sono, la Vitalianina adorata…. » E oggi pare abbia voluto e voglia davvero, dacchè i pubblici nostri e quelli di Spagna e d’America s’inchinano ammirati all’astro di prima grandezza.
Le sue favole veramente sono assai più complicate delle greche di modo che talvolta stenta a rinvenirvi l’unità dell’azione; ma vari suoi caratteri son pennelleggiati con maestria e vivacità. […] Più simili al Giunio Bruto del medesimo Conti, e alla Merope del Maffei, sono il Bruto, e la Merope di Voltaire. […] Queste, mal grado de i loro difetti, non sono da dispreggiarsi e debbono per certo antiporsi, siccome dice benissimo il signor Palissot, «a tutte le rapsodie romanzesche, colle quali i commedianti francesi hanno avvilito il loro teatro da alcuni anni in qua». […] I due Amici é un’altra commedia del medesimo autore, che ha gli stessi pregi della precedente, ed i caratteri sono ancor più propri del genere comico. […] I sentimenti ne sono veri, i caratteri ben sostenuti, e ’l dialogo naturale e tal quale deve essere».
Tale angustia è ben maneggiata in questa 3 scena, e l’espressioni sono tutte dettate dalla passione che vi domina. […] Non sono in me. […] Non sono in me. […] Quattro versi che danno principio a questa favola, sono la disperazione degli scrittori teatrali intelligenti. […] Se stò in cervello, o se sono impazzito?
Tutto va senza intoppi al suo scopo, tutto è animato dalla passione, e pochi sono que’ passi, ne’ quali possa dirsi di aver più parte la mente che il cuore. […] Sublime n’è lo stile, molto vaghi ne sono i versi, nè vi si scorgono molte antitesi e sentenze affettate che la deturpino (Nota XII). […] I caratteri sono quali esser debbono, e le passioni non sono tradite dall’affettazione, benchè non mostrino di essere animate con que’ colori della natura che nella Troade e nella Medea enunciano la mano esperta di un buon pittore. […] Poetiche sono molte comparazioni, ma sembrano assai improprie nel genere rappresentativo, quando sono lunghe e troppo circostanziate. […] Tale per mio avviso è Seneca, o per meglio dire ciascuno autore delle dieci tragedie latine che sotto il-di lui nome ci sono rimaste.