Nato a Bologna nel 1718, abbandonò il mestiere del sarto per l’arte del teatro, dopo di aver dato prove di singolare attitudine tra' filodrammatici della sua città. Recitò lungo tempo a Venezia e specialmente nel Teatro di San Luca, pel quale dettava il Goldoni le sue commedie. […] Carlo Goldoni fa cenno, nel XIV volume dell’edizione del Pasquali, della moglie di lui, bolognese, punto inclinata al teatro per la estrema sua freddezza, e per la incorreggibile pronunzia dialettale, a cui volle affidar la parte di Graziosa nella Bancarotta, chè a cagione appunto della sua melensaggine, riuscì, egli dice, uno de' più dilettevoli personaggi della commedia.
Dotato di bella persona, di voce soavissima, di maniere nobili, s’acquistò gran fama colla parte del Bugiardo, anche perchè, fuor della scena, l’indole sua rispondeva a meraviglia a quella del suo personaggio. Ai primi tempi della sua vita artistica, egli recitò nelle commedie all’improvviso con le maschere, riuscendo attore di gran pregio : e ciò gli fu di gran soccorso più tardi nella recitazione del Bugiardo, il quale rappresentava in modo vario, ogni sera, sì da esser reputato in quella parte superiore al gran De Marini. Le sue irrequietezze, le bugie che, per una consuetudine de'suoi primi anni, andava dicendo a ogni aperta di bocca, gli scemarono il credito, sì che si ridusse in Sicilia conduttore di compagnie di poco conto. L'ultima notizia sua si ha in una lettera del 16 gennaio 1832, ch'egli scrive da Messina all’attore Stefano Riolo, incaricandolo di formargli una compagnia per l’Arena ch'egli ebbe il superiore permesso d’innalzare in quella città, alla Marina.
Stringemmo insieme amicizia, avendo bisogno l’uno dell’ altro : io lavoravo per la sua gloria, ed essa dissipava le mie malinconie. […] Corressi la sua pazzia, e procurai al tempo istesso di contentarla. […] Il fratello di Madama Baccherini essendo ancora a Venezia, viene da me ; lo veggo addolorato, e senza poter pronunziare parola, mi dà da leggere una lettera venuta da Genova, e sua sorella era morta. […] Non era un Amante che piangesse la sua Innamorata ; ma era un Autore che compiangeva la perdita dell’Attrice. […] Ad essa egli dovè la sua partenza dalla Toscana e il ritorno a Venezia, scritturato dal Medebach.
La moglie e i figli continuarono a recitare quando egli si ritirò (1878) nella sua Cortona, ove morì nel ’94 a ottantadue anni. […] Paglicci Brozzi (Milano, Ricordi) : « Florinda Concevoli…. il 3 di ottobre 1606 innalzava a Sua Eccellenza Don Pedro Rodriguez conte de Acevedo, Governatore per Sua Maestà Cattolica in Milano, una sua domanda per ottener la grazia di poter fare esercire un lotto in Milano per mesi tre cominciando da Novembre fino alla fine di Febbraro. […] Ma visto che il prezzo di tali bollettini era eccessivo, la Florinda chiese e ottenne che le tre parpajole fosser ridotte a due per ciascun bollettino. » « Nel 1612 – dice ancora il Paglicci Brozzi nell’ Appendice del suo lavoro – si ebbe una nuova concessione, in forma tutta gentile e direi quasi sentimentale, onde poter recitare insieme alla sua compagnia nel teatro solito del palazzo Ducale. Unica condizione le veniva imposta di presentare le commedie, o meglio i soggetti delle sue commedie, al Segretario del Senato, Gio.
E però, imitando alcuni de' suoi grandi predecessori, fra cui primo il Coltellini famoso, egli ha aperto nella sua casa di Venezia un ricchissimo negozio di oggetti antichi, ai quali è già tanto affezionato, che tra' più gustosi aneddoti della sua vita è questo, che, venduto un orologio antico a un forestiero, tanto se ne accorò, che non potè riacquistar l’antica pace, se non quando con perdita non lieve ebbe recuperato l’oggetto. […] I più tra noi che di arte antica non capiscon jota, ridon delle compere del Novelli, che dicon vittima della propria ignoranza ; i più, tra noi, che dell’arte tragica del Novelli non han pur l’ombra d’idea, ridon d’una sua interpretazione di tragedia, dicendolo vittima della sua presunzione. […] Il pubblico ha delle crudeltà, delle prepotenze, delle vanità, e delle sicumere tutte sue…. […] Invece egli passò caratterista con Bellotti-Bon, soggetto a Bellotti-Bon, poi caratterista nella Compagnia Nazionale, a vicenda col Vestri, e vincolato da un mondo di convenienze e sconvenienze, che impedivan l’esplicazione della sua forza e della sua volontà. Fu in quei vincoli troppo stretti ch'egli avvertì il peso del giogo, e sentì il bisogno di scuoterlo : fu allora ch'egli risolse di formare una compagnia modesta da avviare, da manipolare, da rendere primaria, mercè la sua forza direttiva, mercè il suo ingegno artistico, mercè la sua tenacità di propositi.
Una delle sue passioni è il latino che conosce assai bene : un’altra è l’arte della lettura, ïntorno alla quale fa quotidianamente studi ed esperienze nella sua scuola. […] Una sua conferenza tenuta al nostro Circolo filologico e ripetuta costi a Roma, fece rumore : un suo trattatello sull’arte del leggere, meritò gli elogi credibili del Carducci. […] Ma quest’opera, così bene e solidamente piantata, richiedeva a fondamento una raccolta teatrale, quale il Rasi ha saputo raccogliere per formare un vero museo del Teatro Italiano, che dovrebbe diventar cosa pubblica, a documento delle nostre glorie passate, se si trovasse chi fosse disposto a compensare delle sue spese e delle sue fatiche il provvido collettore. […] Alla Sua Signora tanti rispetti e ricordi da parte mia e delle mie donne. […] Le giuro, che que' versi miei sulla Madonna mi parvero altra cosa, cioè meno infelice, quando procurai di recitarli secondo le sue norme.
Tale lo stato di servizio di questo artista, che per la sua intelligenza, la sua modestia, la bontà della sua indole e la forza della sua volontà, passò gli ultimi dodici anni in tre sole Compagnie, ammirato e amato sempre da' compagni e dal pubblico.
La morte del suo Giuliano dovrebbe riguardarsi come morte sua, e però il contratto sarebbe da quel punto sciolto. […] Prima fra le regine, ha ricevuto dalla natura tutti i doni necessarj all’arte sua. […] Ella muove al pianto, anche quando non la si comprende, con l’espressione della sua faccia, e la melodia del suo organo di fisarmonica…. […] Vi han delle parti che non accetta, perchè le ripugnano ; ed ella vuol sempre identificarsi con le sue eroine…. […] L'ho veduta in tutte le sue parti, e non ho lasciato alcuna delle sue rappresentazioni.
Sposatasi all’ Internari, e lasciato la Pellandi il teatro, essa fu con Luigi Vestri prima donna assoluta, affermando la sua sovranità nell’arte dell’età sua ; e mortole il marito nel ’25, si mise a capo di una compagnia che accolse in vario tempo i migliori artisti. […] Stabilitasi a Firenze, vi recitò, come addio, nel dicembre del ’58, e a fianco della Ristori, la parte di Euriclea nella Mirra dell’Alfieri, colla quale aveva iniziato la sua gloriosa carriera. […] La sua salma riposa nell’ esterno della chiesetta di S. […] Fu grande nel più largo senso della parola, così nella tragedia, come nella commedia e nel dramma ; e nella sua grandezza, modestissima. […] Da una nota del figliuolo Giovanni sappiamo che mantenne per oltre dieci anni e fino alla morte di lei (’35 o ’36) una povera vecchierella per nome Annina, che le era stata raccomandata da persona di sua famiglia.
Nato il 4 ottobre 1839 a Roma, da parenti non comici, si diede al teatro giovanissimo, ove non fece i soliti progressi con la solita rapidità, forse per la tempra sua di uomo freddo, calmo, che si rispecchiava su la scena. […] Per questo forse la sua carriera, che fu lenta fino all’entrata in Compagnia di Calloud e Diligenti nel 1872 come primo attore a vicenda col Diligenti (era stato quattr'anni primo attor giovine in quella di Peracchi), diventò poi rapidissima, affermandosi egli, un anno dopo, primo attore assoluto nella Compagnia N. 1 di Bellotti-Bon, l’aspirazione suprema dei giovani artisti, al fianco di Adelaide Tessero. […] Pasta, nella sua austerità, nella sua perspicacia, nella sua freddezza, presentiva tutti i requisiti del capocomico….
Tornato in Italia, pare lasciasse definitivamente il teatro, dacchè il Bartoli, un anno dopo, ci avverte com’ egli colle ricchezze, fatte in Francia, avesse acquistato un palazzo e de' poderi nel trevigiano, e quivi stabilita la sua dimora « lungi dal pensier del teatro ». Non si conosce la data della sua morte ; ma egli viveva ancora il 1790, del qual anno il Museo della cità di Bassano, terra natale dello Zanuzzi, io credo, serba di lui una lettera del 18 xbre a Giacomo Vittorelli (il poeta anacreontico ?) […] Fu sua l’idea di far andare il Goldoni a Parigi, dopo il successo del Figlio d’Arlecchino perduto e ritrovato, per rinsanguare la povera commedia italiana che dava i segni manifesti della sua prossima fine di anemia ; e n’ ebbe infatti incarico ufficiale da' Gentiluomini di Corte, e trattò la cosa in tal modo, che il poeta veneziano già ammiratore e conoscitore dei di lui pregi, lasciata la sua cara patria, ov' era accarezzato, festeggiato, applaudito, se n’andò il '62 alla gran capitale. […] E ci venne di fatti, e la sua scelta cadde su Teodora Ricci (V.), la moglie dell’istoriografo dei comici italiani. […] Il Campardon, a mostrare l’eccellenza del suo cuore, cita il fatto ch'egli allevò a sue spese una bimba, e la mise in grado di entrare nell’Accademia Reale di Musica, ov'esordì come ballerìna il 16 novembre '79, nel ballo del IV atto d’Ifigenia in Tauride di Gluck.
Fu accettato ; e tanta misericordia destò in lui coi racconti delle sue avventure, e tanta stima si procacciò coll’obbedienza e col lavoro, che il Ferri lo condusse nell’ altre città, avendoselo più amico, che servo. […] Gli si affidaron parti di generico e di secondo amoroso ; e si notaron subito le sue attitudini spiccate alla scena. […] Un degli ultimi tratti di follia che determinaron la sua entrata nell’ ospedale de' pazzi de' Ponti Rossi, ci è raccontato dall’artista Luigi Aliprandi che del Monti fu lungo tempo collega : …… Cominciò a dire e sostenere che il Re Ferdinando II lo aveva nominato Direttore dei due R. […] In tale illusione si presentò una mattina al Palazzo Reale per voler parlare a Sua Maestà. Il portinajo ignorava lo stato della sua mente, e gli disse che il Re era in colloquio col ministro.
Comico rinomatissimo per le parti di Dottore, fiorito sul finire del secolo xvii, fu al servizio del Duca di Modena con Anna Arcagnati sua moglie, detta in commedia Rosaura. […] Ma gli scriventi, dopo di avere annunziato essere in trattative con certo Don Ferdinando Baldese per la stagione di Pasqua a Napoli, ove sarebbero andati a tutte sue spese con teatro e abitazione per la Compagnia, pagati, e con altre condizioni molto vantaggiose, si dichiarano pronti a eseguire gli ordini di Sua Altezza, raccomandandosi in ogni modo, acciocchè voglia somministrar loro il bisognevole per fare un viaggio tanto dispendioso. […] Infatti i comici tornarono all’ assalto l’11 marzo, e questa volta ricevettero dalla Munificenza di Sua Altezza per mezzo del medesimo abate quarantacinque scudi d’argento con l’ordine reciso di partir subito da Roma. […] A. mi dà una carità convenevole, volere andare a trovare la sacra M. della Regina sua sorella, e portarli un santo Ritratto qual dovevo portare alla felice memoria dell’ Imper. Leonora, come da una sua lettera che tengo può vedere, e l’ assicuro che gli sarà di gran sollievo nelli presenti bisogni, contento all’anima, se si degnerà lasciarmi comparire davanti la di lei serenissima persona sentirà l’ historia, dirò solo che sono stato dall’'83 sino all’'88 in Livorno nascosto.
Da quello di San Simone passò a un altro teatrino di via Castelfidardo, ove conobbe Edoardo Giraud che le insegnò a leggere ed a scrivere, poi finalmente al Teatro Milanese del quale fu una vera colonna fino al giorno della sua morte, avvenuta per sincope, a Firenze, sulle scale di casa mentre tornava a mezzanotte dall’Arena Nazionale. […] Chi non ricorda le sue crinoline, le sue cuffie, i suoi scialli, gli scozzesi inverosimili de’suoi vestiti, che erano spesso piccoli capolavori di imitazione e di ricostruzione di mode dimenticate ? […] Per parecchio tempo anzi essa fu appunto nella primitiva compagnia quello che è il Ferravilla nella sua : il personaggio più atteso, più gustato, più applaudito della produzione. […] Partorì la sua bambina nel camerino suo del Teatro Milanese.
Sentito una volta recitare in una stamberga dal celebre Mascherpa, fu subito scritturato pel venturo anno in qualità di amoroso, e le sue prime prove furono disastrose ; ma il Mascherpa, che fu per lui più padre che capocomico, lo incitò a perseverar nello studio, e lo riconfermò per altri due anni, ne' quali vide avverarsi le previsioni che aveva fatte sull’avvenire artistico di lui. Dopo il triennio, passò il Venturoli nella Compagnia Domeniconi ; e anche qui, al Valle di Roma, le prime prove furon di fischi e corbellature ; ma poi, fatto il pubblico l’orecchio a certe sue stridule intonazioni, ne divenne in breve il beniamino, soprattutto per la sua grande versatilità, mostrandosi ugualmente egregio nella prosa e nel verso, nella tragedia e nella farsa. Infatti egli fu de'più valorosi primi attori e de' più valorosi brillanti del suo tempo ; e già le Varietà teatrali di Venezia del 1821, quand’egli era semplice generico in Compagnia Iob, accennano alle sue larghe promesse.
Così vennero quasi, che a contesa le dette donne fra di loro, perchè la Vittoria voleva si recitasse la Cingana, et l’ altra voleva si facesse la sua Pazzia, titolata la Pazzia d’ Isabella, sendo che la favorita della Vittoria è la Cingana, et la Pazzia, la favorita d’Isabella. […] Il 27 di agosto del 1580 il Principe di Mantova scriveva da Gonzaga al Cardinal d’ Este, raccomandandogli la Vittoria, la quale desiderava recitar le sue comedie a Padova. […] ma per non hauerla potuto seruire questo Carneuale, et perche la riuerenza con la quale l’osseruo da tanti ani in quà supera ognaltra uedendomi così à uiua forza hauer mancato a chi tanto son tenuta, et hò desiderato sempre seruire, uiuo la piu scontenta donna che mai nassesse, et però à suoi piedi ricorro suplicandola ritornarmi nella sua gratia, et l’istesso dico di petrollino, poi che per mia causa è incorso in errore, il quale per l’affano che sente si può dir che facia la penitenza de l’errore, et accresse la mia col suo cordoglio : ma perche una sintilla de quella benignità, con la quale la mi ha sempre fauorita può render noi felicissimi io di nouo caldamente la suplico et humilissimamente me et questo suo deuoto benche basso seruo raccomando, oferendo me et la mia Compagnia suplire al mancamento et pregar Dio per la sua conseruatione, che nostro Signore la feliciti. di Venetia a di. 5. […] E con questo fine nella sua buona grazia mi raccomando e le bacio la mano. […] Batista Mamiano, che le dedicò, ancor giovine, i due seguenti madrigali, pubblicati poi tra le sue rime a Venezia il 1620.
L'arte sua somma nel rappresentare il suo personaggio, la facondia del suo dire, la lepidezza dei sali, congiunte a una probità perfetta e a una perfetta bontà fecero di lui un dei grandi sostegni della Compagnia Sacco pel corso di più che trentadue anni. Carlo Gozzi, sostenitore per cinque lustri di quella Compagnia, parlando dell’imminente suo sfasciarsi, dopo di avere citato i nomi di coloro che se ne allontanarono, dice : « Atanasio Zannoni di lui cognato, valentissimo comico, onest’uomo, e d’indole dolcissima, ferito dalle stravaganze del vecchio inviperito, trattava di sottrarsi dalla Compagnia, ecc. » Il Gozzi, pregato dal Sacco d’interporsi perchè egli non se n’andasse, lo pregò a sua volta, promettendogli di far firmare al Sacco quella famosa scrittura che lo spogliava di ogni despotismo, e il buon uomo Atanagio…. diè la parola di rimanere, ridendo però sulla scrittura disegnata, perocchè (diss’ egli) lei vedrà che con mio cognato le scritture non vagliono un fil di paglia. […] E più che ricordato è nella prefazione del Re Cervo, in cui, oltre alla sua parte di credenziere del Re, rappresenta il vecchio Cigolotti del prologo. […] E va avanti di questo stile per una buona pagina ancora, in cui, dopo avere accennato alla sua probità, alla sua amorevolezza, alla sua carità e alla sua religione, parla della sua erudizione nella storia antica e moderna, e delle sue attitudini allo scrivere in verso. […] La sua fine fu delle più misere.
Egli si trattenne ancora al seguito del Re, il quale in ottobre dello stesso anno gli fe’pagare cinquecento lire tornesi e XVII testoni, ecc. ecc., da repartirsi tra lui e i suoi compagni, sempre in considerazione del piacere che procuraron colle loro commedie a Sua Maestà. […] Il De la Fresnaye Vanquelin dice nel secondo libro della sua Arte poetica : …………… Ou le bon Pantalon, ou Zany dont Ganasse Nous a représenté la façon et la grâce…. e in una sua satira al De Sanzay, lo dice il buon Ganassa. Il Barbieri al Capo XXV della Supplica ricorretta accenna a lui, divenuto ricco in Ispagna ; e il Padre Ottonelli nella sua Cristiana moderazione (Tom. […] Muet, lieutenant du petit criminel — pubblicato dal Fournier il 1865 nelle sue Variétés historiques et littéraires, è detto in nota che il tipo del Guenesche fu creato in dispetto e a derisione degli Spagnuoli, di cui, come Pulcinella, egli esagerava il naso prominente e la mascella avanzata di Ganassa, che è appunto la parola mascella in ispagnuolo.
Cipro, in un articolo su certa sua Maria Nienfour recitatasi al Malibran di Venezia da essa Compagnia, ha parole di molto encomio per l’Antinori insieme a’suoi compagni Gattinelli, Bertini, Beseghi. […] In quella Compagnia la Virginia Marini fece le sue prime armi. Le cose andate a male, abbandonò poi con suo grande rincrescimento l’arte militante ; e si ritirò a Perugia, sua patria, ove fu nominato Direttore della Filodrammatica del Carmine. […] (Vedi la sua lettera a D.
Nel libretto delle Rime varie sono le maggiori notizie della sua vita. Il luogo di nascita ci dice egli stesso in un sonetto A Cividal del Friuli sua patria in occasion di guerra civile, e ci ripete poi nella Canzone, nella quale descrive parte de’ suoi infortunij da che nacque fino all’anno quarantesimo sesto di sua età, e la conchiude con la morte della figliuola. […] Della sua patria, dell’arte sua, e del suo stato assai miserevole discorre egli nella prima Supplica al Cardinal Madruzzi, vescovo e principe di Trento : …. […] Era essa chiamata nella sua patria la bella Cappellarina, perchè figlia di un fabbricante di cappelli. […] Ma temendo sempre di esser troppo vicina al marito, si offri al capo comico Brangi, che con la sua Compagnia occupava il teatro di quella città, come generica giovine.
Di lui dicono i fratelli Parfait : « Turi di Modena, eccellente attore per le parti di Pantalone, recitò sotto le spoglie di tal personaggio sino alla sua morte, avvenuta il 1670, come s’ha ragion di credere dall’annunzio che Robinet fa dell’arrivo di un nuovo Pantalone, il marzo dello stesso anno. » Andò a Parigi colla nuova Compagnia che vi esordì il 10 agosto del 1653 ; ma erronea è la data della sua morte. […] ma, pregandola significarmi la sua volontà, acciò possi risolverlo, dicendomi questo haver altre occasioni. […] r Valerio (Francesco Allori (V.)), quale ha mostrato non curarsi di questa giusta dimanda, per causa della quale non vorrei che al tempo di partire ci fossero contrasti, come ne furono a Padova l’anno scorso, che non voleva la compagnia darli tre quarti e doverà l’anno a venire guadagnare la parte che la merita quanto ogni principiante della sua conditione, supp.co la sua gentilezza di risposta mentre mi sottoscrivo Di V.
Ma farei peccato veramente se osassi defraudare i lettori di questo gioiello di lettera ch'ella mi scrisse or son pochi mesi, la quale rispecchia tutta la benignità della sua natura, e con essa tutta la geniale semplicità dell’arte sua : Nata…. nel '52…. brrrr ! […] Era su me sola che lei poteva fare assegnamento : si trovava presso una sua sorella, aspettando che mio fratello avesse trovato per me una scrittura. […] Le frasi degl’interlocutori sono accompagnate sempre da una sua occhiata, da un suo sogghigno, da una sua interiezione, da un suo atto qualsiasi di protesta, di assenso, di dubbio ; e quei rapidi cenni si sovrappongono a tutte le parole di quegl’interlocutori. Così ogni particina piglia nelle sue mani importanza di una gran parte ; e il personaggio è rappresentato con tale verità e con tale spontaneità, che par sempre ch'ella improvvisi. […] La vivacità della sua dizione, la snellezza della sua figurina, l’agilità dei suoi movimenti, l’eloquenza della sua espressione la fan parere ancor giovinetta ; specie quando rappresenta la Cameriera astuta del Castelvecchio, in cui ella profonde tutto il tesoro delle sue grazie, richiamando alla memoria le monellerie della Cutini (V.), che, appunto in quella commedia, sentii a oltre cinquant’anni, e pur sempre maravigliosa d’arte e di freschezza.
Figlia di Alessandro d’Afflisio, diventò, sotto la sua direzione (Fr. […] Fu anche danzatrice, musicista e schermitrice pregiata, secondo lo stesso Bartoli ; sebbene dalle memorie del Goldoni si rilevi come al proposito della rappresentazione dell’Assemblea letteraria, la sua voce fosse falsa, la sua maniera monotona, e la sua fisionomia smorfiosa. […] Visto che dal Goldoni poteva dipendere la sua maggiore o minor fortuna artistica, si diede a circondarlo di vezzi e di moine, mostrandoglisi gelosa ogniqualvolta le se ne offerisse l’occasione. […] Molto probabilmente era sua ava quella Elisabetta D’Afflisio che recitava a Venezia nel 1644 le parti di servetta e di contadina sotto il nome di Bettina (V.
N'eran.parte principale, oltre al Rossi, la Campi, la Zerri-Grassi, la Migliotti, divenuta poi sua moglie a Genova nella quaresima del’73, la Bernieri, Ceresa, D'Ippolito, Giulio Rasi, Pesaro, Bosio, Luigi Rasi, ecc. ecc. […] Lo stesso fervore di una prima rappresentazione noi troviamo in lui alla cinquantesima replica : rade volte, al momento di andare in scena, egli non rilegge all’ uscio d’ entrata o non ripete a memoria la sua parte per addentrarsi nel personaggio. […] Nè v' ha chi abbia maggiore il culto dell’arte : a volte parrebbe mutarsi in esagerazione o in posa, se non si conoscesse pienamente la sua buona fede. […] Nè Claudio Leigheb costringe le sue doti nei confini del teatro. Dotato di un singolare spirito di imitazione egli disegna, dipinge, pupazzetta con correttezza e spigliatezza incredibili, mettendo nelle sue macchiette quel sentimento che manca assai volte negli artisti di professione.
A dare un saggio della scrittura fiorilliana, metto qui la lettera con cui egli annunzia la sua andata in Italia, e precisamente a Firenze, in casa sua, comunicatami dal cav. […] S. mi ha maltrattato per causa delle sue donne perchè ancora al Palazzo reale V. […] Madama suddetta le rispose : Sua Altezza ne parli al Re ; che lei rispose : Io non ne voglio parlare a Sua Maestà se non ce lo vuole lo mandi via lui. […] Io averei molto a dire de le sue disubete[n]ce e pocho rispeto che mi à senpre portato, basta a dirle che se lui non partiva sarebe morto in prigone per le sue infamità. […] S. che per molti anni mi a senpre continovato le sue grace.
Recitò da innamorato spiritosamente ne'Teatri della sua Patria, e riuscì un ottimo Commediante. Fu nella Compagnia diretta da Antonio Fiorilli, in cui ebbe campo di far spiccare la sua abilità, specialmente nelle Commedie all’improvviso. Una sera dopo d’aver recitato, perdè con sua gran meraviglia la vista, senza avervi avuto alcun preventivo malore.
Nell’aprile del 1500, lo troviam di nuovo a Bologna presso il Bentivoglio, il quale scriveva che « la sua fama si fa immortale per tutta Italia. […] » Nè egli solo era al servizio del Marchese di Mantova, ma tutta la famiglia sua, che prendeva parte con lui alle rappresentazioni, come si rileva da un passo della lettera che Johannes De Gonzaga (sic) scrive il 25 gennaio 1495 a Isabella d’Este, sorella di Alfonso I e moglie di F. Gonzaga, illustrissima et eccellentissima Madonna sua patrona osservandissima, per darle ragguaglio di una rappresentazione allegorica di Serafino dell’Aquila, nella quale prese parte egli stesso, cantando alcune terzine, assai lascivamente vestito, como a la Voluttà si convene, con il Leuto in brazzo. Ma ecco il passo : Cussì finita questa Representazione (che, considerata la brevità del tempo, fu assai bella) Zafarano nostro introe in sala, con un’altra Representazione, per lui e di sua famiglia composta tutta, perchè nel triunfale curro de la Pudicicia aveva quattro figlioli, due maschi e due femine, essendo la sua figliola maggiore ne la summità del curro collocata, tra due unicorni.
Onorato, recatosi il 5 aprile 1667 allo studio di Pietro Lemusnier, ha mosso querela contro Don Pietro Gazotti, prete modenese suo compatriotta, ch’egli conosceva da 6 anni, e in cui aveva riposta una illimitata fiducia per tutto quanto potea concernere le cose spirituali e temporali, perchè accolto in seno alla sua famiglia e ammesso alla sua tavola, ov’egli mangiava e beveva come se fosse stato di casa, spinse la sua brutalità a tal segno da fare a più riprese indegne proposizioni alla moglie del querelante Giovanna Maria Poulain ; la quale, visto come a nulla valessero nè la prudenza, nè il riserbo, nè le rampogne, nè le minaccie, si trovò costretta a narrargli il tutto. […] Al che non fu il prete nè umiliato, nè confuso ; anzi tanto imbestiali contro il querelante che non solo lo minacciò di morte, ma tentò anche di mandare ad effetto il suo triste proposito, servendosi di due sicarj, due svizzeri, i quali alle sette di sera lo aspettarono, appostati presso la sua casa ; e l’insultarono, e miser mano alla spada…. alla presenza del signor Gazotti che osservava il tutto dalla bottega vicina di un merciajo. […] ) : « (Venerdì 16 marzo 1668) fu inumato il signor Giacinto Bendinelly, detto Valerio, uno dei comici di Sua Maestà, della compagnia italiana, morto in via S.
L’Adelaide Tessero, Salussoglia, Penna, Cosset e Toselli stesso campeggiavano per innegabil valore artistico personale, e ognuno sapeva ogni sera sollevar meritamente il pubblico all’ entusiasmo ; ma la Cagliero aveva certe maniere tutte sue, certe inflessioni di voce così spontanee, così incosciamente affascinanti, che lo suggestionava addirittura. […] Bene : la Cagliero giovanetta, nova dell’arte, sin dalle prime sue prove su la scena, esercitava già su di me e di tutto il pubblico lo stesso fascino della grande artista italiana. […] Se aveva da ridere, lo faceva di gran cuore, e la sua risata argentina si comunicava subito negli spettatori ; se aveva da piangere, senza punto preoccuparsi, piangeva liberamente, apertamente, sinceramente, sul serio, e a quelle di lei mescolava il pubblico le sue lagrime ch’era un gusto a vederle. […] La sua rapida apparizione dinanzi ai lumi della ribalta è stata come una meteora luminosa che colpisce, commuove e vanisce.
Separatasi dal marito, un po’per la incompatibilità di caratteri, un po’per la condotta di lui, entrò (1836) collo stesso ruolo nella Compagnia di Romualdo Mascherpa, col quale la troviamo e il’ 39 e il’ 42 : e tanto progredì nell’arte sua, che non ebbe chi la superasse, pochissime che l’uguagliassero. […] Per tal modo ella passò tutta la sua vita artistica in cinque sole Compagnie : di Pesenti e Solmi, del Mascherpa, del Bazzi, del Dondini e del Peracchi, passando in processo di tempo dal ruolo di prima donna giovine a quello di seconda donna e di madre nobile. […] Morta a Pietroburgo la sorella Angiolina celebre cantante, ch’ella avea fatto educare a sue spese nell’arte lirica, n’ebbe in compenso eredità di una villa e di non poco danaro, col quale costruì a Firenze, ove, rimasta vedova, s’era stabilita, la ben nota Arena Nazionale, ch’ella condusse e conduce tuttora con sorti assai propizie. […] Fu molto applaudito per le sue facezie e pe’suoi lazzi ridicoli e gustosi. Terminò la sua vita intorno all’anno 1745. »
, CXXIX), e in Ispagna l’ '88 col fratello Tristano, come abbiam da una sua lettera alla madre del 18 agosto, di cui lo stesso Bartoli (ivi, CXXX) riferisce le parole : staremo tutto quest’anno qui in Spagna. […] Ma se notizie non ci son pervenute di lui come attore, a bastanza ne abbiamo come uomo e come marito, in due lettere sue da Milano del 27 ottobre '91 e da Caravaggio del 9 novembre al capitano Alessandro Catrani, che il D'Ancona riferisce per intero (op. cit. […] Da essa lettera, naturalmente, risulta evidente la onestà così di Angelica, proclamata dal compagno d’arte Leandro, come di lui homo dabene et che sempre fece onore alla sua patria, e la disonestà di Margherita, amante di Gasparo Imperiale, che, avuto il mandato di sfregiar nel volto l’Angelica, mentr'era in palco a recitare, lo aveva passato a un tal Piazza, che poi confessò tutto, non volendosi immischiare in sì losca faccenda. […] Ma la lettera più curiosa, e che ci mette al nudo Drusiano e Angelica nella lor intimità conjugale, è quella che il Capitano Catrani scriveva di Mantova il 29 aprile '98 al Consigliere Cheppio, riferita anch' essa per intero dal D'Ancona (ivi, 523), nella quale spicca in mezzo alle accuse di uomo falso, calunniatore, senza onore, infame, questo brano edificante : Mentre Drusiano è stato ultimamente in questa città che son da cinque mesi in circa, à visso sempre de mio con il vivere ch' io mandavo a sua moglie, et egli atendeva a godere e star alegramente sapendo bene de dove veniva la robba, et comportava che sua moglie stesse da me et venisse alla mia abitatione, et non atendeva ad altro che a dormire, magnare, et lasciava correre il mondo : come di questo ne farò far fede avanti S. […] Ma perchè circa otto giorni sono io li ho fatto intendere per la massaia che si trovi da vivere, che non voglio ch' egli viva de mio, mena rovina et parla di ricorso al Alt.ª Sua, et di più per haverli fatto sapere che quella casa è mia, poi che io ne pago il fitto (come mostrarò) et che se ne proveda d’una, tratta alla peggio sua moglie, con farli quella mala compagnia che S.
Egli recitò a Linz il 1568 e '69, e a Vienna il '70, '71, '74 ; ed ebbe titolo di Attore di Sua Romana Imperial Maestà (V. […] Si sa ancora di lui ch' ebbe un figliuolo dalla Polonia di Vicenza, sua moglie (e moglie poi di Valerio Zuccato ? […] O divisa dal marito si unì a Tabarin, e si fece passare all’estero per sua moglie ?) […] Ma un giorno il ragazzo venne, non so per quale circostanza, a conoscere la verità, e seppe come sua madre vivesse esclusivamente di una pensione che il prelato le faceva corrispondere dal Vescovado di Milano. […] Sua madre non lo rivide più.
Le prime sue sette commedie poco interessanti e difettose, ebbero qualche merito in confronto de’ poeti contemporanei. […] Le prime sue commedie che tirarono maggiormente l’attenzione del pubblico, furono lo Stordito, ed il Dispetto amoroso. […] Ma la filosofia di Moliere non fu quella che orgogliosa e vana sdegna di piegarsi al calore della passione, o ignora l’arte sagace di mostrar di perdersi in esso per celare i suoi ordigni e le sue forze; non fu quella filosofia che fa pompa del suo compasso, de’ suoi calcoli e dell’ austerità della sua dottrina. […] Bisogna però mostrare maggiore ingenuità di codesti eruditi Francesi, e confessare che Moliere abbelliva le altrui invenzioni, accomodandole così acconciamente al suo tempo ed alla sua nazione, che quando non lavorava con fretta, gli originali sparivano sempre a fronte delle sue copie. […] L’autore ebbe principalmente in mira di tesser la sua favola sul disgusto di due amanti procurato per furberia di una serva.
Perchè…. egli è piccolo, molto piccolo, inverosimilmente piccolo, tanto che la sua statura fu nell’inizio della sua vita artistica un grande ostacolo a farlo entrare in una Compagnia rispettabile come quella di Moro-Lin, che fu la sua prima e grande e ben giustificata aspirazione. […] Io aspetto e spero. » E l’aspettazione e la speranza, quasi vane ormai, non gl’impediscono di portar sempre e dovunque il magistero dell’arte sua, con predominio di note schiettamente gaje, sia che il buon gusto del pubblico gli conceda di spiegar le sue doti ne'capolavori goldoniani (oggi [1905] ne ha oltre venti in repertorio), sia che dal palato avvezzo agli eccitanti, o dal bisogno nel pubblico lavoratore di una distrazione spensierata, egli debba mostrarsi nelle innocue e pur vilipese aberrazioni chiassone della pochade. […] … » E di che deve il pubblico dolersi, ove l’artista egregio alle chiassate nell’Amor sui copi, o nel Campagnol ai Bagni al Lido, o nell’Albergo del Libero scambio aggiunga alcuna delle sue strampalerie, qualche suo granellin di pepe ? […] E così, mercè sua, Goldoni rivive sulla scena, di vita, se non anche gagliarda, non più tisica certo, come pochi anni a dietro…. Così, mercè sua, il vecchio teatro dell’Armonia di Trieste riceve il 30 novembre 1902 il nuovo battesimo di Teatro Goldoni ;… E così, finalmente, nel costante favore di popolo e di critica, un suo pallido e debole sogno di creare la casa di Goldoni a Venezia con artisti veneziani e repertorio goldoniano, va acquistando nella sua mente e nel suo cuore luce e vita per modo da occuparlo tutto omai come una, più o men lontana, realtà luminosa….
Ebbe numerosa famiglia, di cui era composta per metà la sua compagnia. […] Chi potrà mai dimenticare le sue occhiate lunghe e profonde e le sue grida appassionate rotte dal pianto ? […] ma sua Casa. […] ma Consorte la sua prole, che N. […] Ma le sue forze questa volta si trovaron misere di fronte a quelle dell’Arlecchino Martinelli, il quale aveva da vendicarsi di tutte le noie, che nel suo primo viaggio in Francia gli aveva procurato il Cecchini colle sue lamentazioni.
Le prime sue sette commedie poco interessanti e difettose ebbero qualche merito in confronto de’ poeti contemporanei. […] Le prime sue commedie che più tirarono l’attenzione del pubblico, furono lo Stordito ed il Dispetto amoroso. […] Bret nella sua edizione delle Opere di Moliere. […] L’autore ebbe principalmente in mira di tessere la sua favola sul disgusto di due amanti procurato per furberia di una serva. […] Il Cavaliere alla moda, il Cittadino di qualità, il Giardiniere galante, sono le sue commedie più pregevoli.
Fu prima donna per varj anni della Reale Compagnia Sarda, poi madre nobile, e nel lungo periodo della sua vita artistica diè tal prova della versatilità dell’ingegno suo, che si vuole non esserci stato carattere, vuoi comico, vuoi tragico, ch’ella non rappresentasse a perfezione. […] Sarda, fornita a dovizia di doni naturali, ha sempre ottenuto il pubblico suffragio nella tragedia, che si adatta mirabilmente alla sua bella figura, alla sua fisonomia piena d’espressione, mercè due occhi neri, ed ampie ciglia egualmente nere. Nelle due Clitennestre delle due tragedie del grand’Astigiano, Agamennone, ed Oreste, nella Giocasta in Eteocle e Polinice, nella Rosmunda, nella Merope, tutte del medesimo autore, nella Fedra di Racine, ha cotesta attrice dei tratti veramente sublimi, si disegna non di rado con molta maestà, e nelle violente espansioni dell’anima dà alla sua dizione tutto il fuoco possibile, e non scapiterebbe alquanto di pregio, se fosse più accurata la pronunzia, e facesse mente locale a proferire lascia e non lassia, sciagura e non siagura, ecc., vizio di pronunzia, in che cadono molti attori ed attrici, e di che poco lor cale.
Dall’ arsenale della sua patria, dov' era impiegato, passò a recitar le parti di Pantalone, sostituendo con onore, l’autunno del 1780 e il carnovale del 1781, il rinomato Gio. […] Al San Cassiano di Venezia fece rappresentare, il 26 dicembre del '97, una sua azione spettacolosa, intitolata il Gran Torneo della Grecia, ch' ebbe una replica. […] Giovinetta entrò in un laboratorio di sarta per impararvi il mestiere, ma, educata alle scene, nella filodrammatica della città, dall’ ex-artista drammatico Zuccato, fuggì di casa, dopo la morte del padre (1836), per sottrarsi alla risoluzione della madre che volea far di lei una istitutrice, e si recò a Venezia, ove fu scritturata amorosa, in Compagnia di Corrado Vergnano, dalla quale passò in quella di Giovannina Rosa, a farvi le parti di seconda donna che meglio si attagliavano alla sua bella e slanciata figura. […] Questi, nel 1878, formata società con Ciotti e Bozzo, la tolse dalle scene, e nel 1883 la fermò a Castel San Pietro, ove tranquillamente visse fino al 18 dicembre del 1888, giorno della sua morte.
Loehner) – piena d’intelligenza, nobile nelle parti serie, e piacevolissima nelle comiche » era stata chiamata a sostituire sua madre. E di questa sostituzione così parla il Goldoni nella prefazione al Tomo XIV delle sue opere (Ediz. […] Ella fu presa per prima donna a vicenda colla Romana, com’ era sua madre. […] La sua fama giunse oltre i confini d’Italia, e fu chiamata dall’Elettor di Sassonia, sotto a’ cui reali auspicj, onorata di favori e di generosa pensione, venne meno il viver suo in Dresda l’anno 1762, il cinquantesimo dell’età sua non interamente matura. […] Il suo sguardo, le sue espressioni, il volger del capo, i gesti, l’incesso, tutto contribuisce a farla recitare perfettamente.
Attore distinto, come diremo più innanzi, non portò sulla scena i convenzionalismi della scuola, piacendo anzi per quella sua naturalezza spontanea del gesto, del portamento, e sopratutto del dire. […] Molta parte della sua fortuna la dovette però, come qualche suo compagno, alla voce armoniosa, che insinuante accarezzava l’orecchio del pubblico ; e nei paesi meridionali il giudizio dell’orecchio è superbissimo, prepotente. […] Allorchè alla fine del prologo rispondeva al lamento della sua amata, per tre volte, in tono diverso, « Ci verrò » tutti erano in piedi : insomma un buggerio, come dicono i comici. […] Sotto quella sua dolce serenità si vedevano la risolutezza, la fermezza e la nobiltà dello stupendo carattere dell’avvocato ; e la sua voce seppe trovare inflessioni piene d’affetto gentile, di dignità profondamente sentita ma senza albagia, che improntavano al personaggio una vita dove l’arte pareva affatto estranea, e dove intanto fors’era più grande. Francesco Ciotti vive oggi a Pistoia, dove di quando in quando mostra ancor l’arte sua forte e gentile a quei filodrammatici ; e d’onde si recò a Firenze il ’93 nella ricorrenza del 1° centenario dalla morte di C.
Nato a Vicenza il 1682, fu il più grande Arlecchino dell’età sua, più noto col nome di Thomassin, che non sappiamo s’egli avesse già prima di recarsi in Francia. […] La sua vita artistica fu delle più brillanti. […] Balletti-Benozzi Rosa Giovanna), la sua celebre compagna d’arte. […] Avuti l’ 11 di agosto dello stesso anno i Sacramenti, morì mercoledì 19 in via Nuova San Dionigi, e fu sepolto il domani a San Lorenzo, sua Parrocchia, assistito da trenta preti, e alla presenza di Vincenzo e Gioacchino Visentini suoi figli, di Giuseppe Balletti e di Bonaventura Benozzi. […] E perchè quei due soit a proposito della sua non apparita sulla scena italiana di Parigi, mentre si sa ch' ella vi recitò le parti di serva sotto il nome di Violetta ?
Memore della sua antichissima gloria nelle lettere, e desiderosa di conservarla, essa fu quasi la sola che mantenesse nel secolo scorso le belle arti guaste per tutto altrove dal cattivo gusto dominante. […] Spero che le cose che sono per dire abbiano a interessare la curiosità del lettore, trattandosi di un paese che ha rivolti verso di se gli occhi di tutta l’Europa, e che sì famoso è divenuto oggimai non meno per la sua passata barbarie che per il presente splendore. […] Questo genio immortale che fu non meno il Mercurio che il Solone della sua nazione, tra i moltiplici oggetti della sua vasta riforma comprese ancora la musica. […] Ogni arte che dipende dal gusto, ha la ragione della sua eccellenza nel clima, nei costumi, nel governo, e nell’indole non meno fisica che morale di quelle nazioni che la coltivano, né può altrove trapiantarsi senza perder molto della sua attività. […] [NdA] Nel Prologo alle sue Commedie.
Fra i tanti miracoli compiuti dal Salsilli nell’arte sua, va segnalato questo : di aver suggerito dell’ '84 in Compagnia Nazionale, un po' a memoria e un po' improvvisando, con poche parti principali in mano, il Cuore ed Arte di Leone Fortis, al Teatro Gerbino di Torino, essendo stato involato il manoscritto, nuova riduzione dell’autore, sul punto di alzarsi il sipario ; e Paolo Ferrari, direttore della Compagnia, ignaro della cosa, si meravigliò, venuto più tardi in teatro, della esattezza e rapidità di esecuzione. […] Ed egli cominciò col pagare di tasca, poichè al suo nuovo modo di amministrare e condurre una Compagnia sua, modo, che, se da'più fu giudicato una fisima, gli acquistò e afforzò l’amore delle imprese e degli scritturati, dovette forse in gran parte la sua rovina come capocomico. Nè questa dell’artista umanitario fu sua sola dote. Antonio Salsilli fu anche scrittore egregio di articoli e bozzetti di teatro, spesso col pseudonimo di Paron Toni, nella Gazzetta di Napoli, nella Rivista Subalpina, nel Corriere di Roma, nel Carro di Tespi ; autore di commedie, tra cui accolta con molto favore quella in un atto Cicero pro domo sua, e di monologhi, tra cui Il punto interrogativo, fatto celebre dall’arte meravigliosa di Claudio Leigheb, e divenuto poi la delizia di tutti i dilettanti maggiori e minori.
Dopo di avere scritto, da ragazzo, una tragicommedia, dopo di avere recitato in una compagnietta di dilettanti, della quale era anche direttore, partì di Bologna con certo Francesco Peli, ancor comico al tempo in cui Bartoli scriveva le sue Notizie. […] Sentito dal capocomico Pietro Rossi, che recitava allora in Modena, passò di là nella sua Compagnia, facendo questa volta il primo passo nell’arte propriamente detta. […] Cajetani et Angelo Bentivolio Cajetani, ambo venetis, ad premissa vocatis et rogatis ; eademque die in hac parochiaii ecclesia nuptialem benedictionem susceperunt. » Nel 1771 passò nella Compagnia di Antonio Sacco, quanto per sua moglie favorevole — egli dice con rara ingenuità — altrettanto per lui dannosa ; poichè essendo o mal visto, o mal noto, o mal gradito fu la sua abilità trascurata, ebbe a soffrire dei travagliosi disgusti, e perdendo la quiete, perse nel tempo istesso, pur troppo, gran parte della salute ancora. […] L’opera sua sulle pitture nostre componeva, di città in città, su luogo, allorquando vi si recava a recitar colla compagnia. […] La Fineschi ch’è assai bella Ragazza, dà di sua abilità chiari argomenti.
Da quella di Solmi e Pisenti passò, la quaresima del 1826, nella Compagnia di Luigi Domeniconi, poi, il ’35, in quella di Romualdo Mascherpa, col quale stette sino all’estate del ’45 (29 luglio), epoca della sua morte, avvenuta in seguito a ribaltatura del legno a Regginara, presso Marradi. […] In una celletta presso Marradi fu alzato un monumento a perenne sua memoria, con una lunga iscrizione latina, dettata da L. […] Gli era troppo a cuore presentarsi con un completo drappello di attori alla diletta sua Roma, città delle sue più nobili e tenere memorie, città che saluta quasi per seconda sua patria ; ma nel meglio di utili trattative, quasi concluse, accaddero inattese vicende che fallir fecero le sue ben concepite speranze. […] Della intelligenza e dello studio di Luigi Gattinelli fanno fede alcune sue lettere, in cui si discorre largamente di commedie originali e tradotte, del ’28 da Firenze ad Antonio Benci, in Livorno, autore della Bottega del libraio, del Salvator Rosa, e di altro, e del ’44 da Trieste al figliuolo Angelo in Vicenza. […] Col Mascherpa aveva di stipendio lire sei mila annue, e una mezza beneficiata per piazza, come si rileva dalla sua scrittura (20 agosto ’33) che vediam riprodotta al nome di Mascherpa.
La sua prima commedia scrisse nel 1834 : ma come autore, pare avesse davvero un nome assai maggiore del merito. Traeva le sue commedie dalla cronaca giornaliera, attorno alla quale egli ricamava favole intricatissime, chiassone, quasi direi acrobatiche, a cui faceva il pubblico le più matte risate. Ma quei successi rumorosi che avevano stabilita la fama dell’autore non dovevano nè potevano essere di troppa durata, poichè letterariamente le sue commedie valevan poco o punto…. A lui non importava de’ posteri : egli voleva campare onoratamente la sua numerosa famiglia, e togliere momentaneamente il suo pubblico dalla musoneria ; e vi riuscì compiutamente. […] » A Messer Alvarotto è indirizzata la lettera del Ruzzante, colla quale si chiude il volume delle sue opere, e nella quale è descritta una visione in lingua rustica, piena di allegorie e di argute osservazioni.
I suoi drammi di Koulican, le sue Sorelle Cinesi sono scritte su queste idee. […] Riuscì dunque nell’intento che si prefisse, e si fissò poi seriamente alle sue Fiabe. […] La sua figura è ovale, contiene sei ordini di palchetti, nel secondo de’ quali è il palco di S. […] La sua figura irregolare, cioè a ferro di cavallo, ha 51 piedi nel maggior diametro, e 46 nel minore. […] La sua figura è di un semicircolo, i cui estremi si prolungano in linee quasi rette, che si accostano avvicinandosi alla scena.
II, pag. 21), che il Bartoli chiamaingrato contro tutti quelli, che l’hanno infinite volte nelle sue indigenze assistito. […] Colla tremante sua voce asserisce che il Goldoni l’ha fatta per lei, e che non deve cederla mai. […] Alcuni gondolieri a Venezia, che di ciò se ne accorsero, gli andavano sempre vicini, e applaudivano la sua cara metà, con quella voce che si fa sentire tanto dagli orecchi, come dal naso. […] Gandini non voleva che l’ impiego di sua moglie venisse usurpato ; egli avrebbe avuto ragione se Madama Gandini non avesse toccata la sua cinquantina ; ma per evitare i contrasti, feci una parte alla seconda amorosa, che a quella della prima prevalse. […] Restò poi colla Compagnia del suocero sino alla sua morte, che accadde in Brescia la primavera del 1780.
Belloni-Lapy Luigia, moglie del precedente e figlia di Giuseppe Lapy, seguì il marito nelle sue peregrinazioni artistiche fino al 1816, anno della sua morte ; e della età sua il cinquantatreesimo.
L'attenzione del Sacco fu in buon grado accolta, e generosamente premiata da Sua Maestà. […] Andò invece a Innsbruck, chiamatovi dalla Corte Imperiale, dove, uscendo dall’avere assistito alla sua rappresentazione del 18 agosto, morì istantaneamente l’Imperatore Francesco I. […] Alla sua s’unì poi la ribellione di tutta la Compagnia ; e a questa le invettive del Sacco, doventato un demonio, che eran morsi canini. […] Sarà vero che molto in sua vita egli abbia guadagnato e molto speso : ma è vero non meno che l’arte comica in Italia non arricchisce nemmeno chi l’esercita colla più grande fortuna. […] Tocchiamo più tosto dell’arte sua come attore e capocomico.
C’era un po’ di vanità, un po’ d’ignoranza anche ; ma c’era tanto culto per l’arte sua da fargli perdonare ogni esagerazione ridicola. […] brillante, o caratterista, o anche primo attore, appariva in una festa come un misero mortale in frac e cravatta bianca, senza però abbandonare la tipica truccatura del volto, che faceva del personaggio un essere ibrido, non più carne nè pesce, poco rispondente certo al tipo originario, che dalla sua faccia allampanata, da quella espressione di stento, trasse appunto il nome di Stenterello. […] Ormai i suoi due teatri eran l’ Alfieri di Firenze l’inverno, e l’ Arena di Montecatini l’estate, ove si recava già da tempo, anche per la sua salute assai malferma, e ove si gloriava dell’assiduità di Giuseppe Verdi alle sue rappresentazioni.
Recitò con molto spirito sotto la maschera di Tabarrino, prima con accademici nel Teatro Malvezzi, poi con comici in altri teatri della sua patria ed in quello del marchese Rangoni di Modena. […] E venendo a parlar delle Torri, due commedie di sua particolare fatica e di sua invenzione, il Bartoli assicura aver egli toccato il sommo dell’ arte, in una scena specialmente, per la quale ci dice che bisognava vederla per giudicare s’ ella meritava ogni lode di chi sa intendere la forza di quell’ arte, che è tutta propria d’ un bravo Comico e che non è permesso alla penna d’ uno scrittore d’ estenderla al Tavolino in pari modo. […] Tornato di Modena, ove fu, come dicemmo, a recitare a quel Teatro Rangoni, non si levò mai più dalla sua Bologna, dove morì nel 1767.
Operatrice di un tale prodigio è la capacità del bravo Cappelletti, che adattò la sua maschera al nostro gusto, e piace, e piacerà ovunque. […] Condusse poi varie compagnie in società con altri, e finalmente entrò in quella primaria di Antonio Raftopulo, dalla quale si allontanò il 1830 per ridursi nella sua Volterra, ove morì nel 1845. Probabilmente fu sua moglie quella Laura Cappelletti che nella stessa Compagnia Andolfati recitava egregiamente le parti di servetta.
Di lui, attore in Compagnia Vestri e Venier, scrisse il Giornaletto ragionato dei teatri del 1821 : Partito da Firenze sua patria, immaginò in Lombardia un nuovo ridicolo personaggio, cui diede il nome di Stentarello, che quantunque in lui non male accolto dal pubblico, tuttavia non fu da altri poi ricopiato. […] Ridonda in singolar sua lode l’osservazione, che la stessa carriera segnata insieme col Vestri, non ha trascinato il Fracanzani a ricalcare le tracce di questo suo precursore. Egli si fa applaudire per le sue qualità distintive e individuali, senza arrogarsi quelle dell’altro, resistendo al pendio dell’imitazione, che in quasi tutti è indomabile.
Una lettera dell’attore Beltramo a Icilio Polese così descrive la morte eroica del povero amico, noto in tutta l’arte per la soavità dell’indole : Il mattino che precedette la sua morte si ritirò in casa, accomodò la sua cameretta cambiando posizione al letto ed al comodino, si vesti da garibaldino, mise le sue decorazioni sul guanciale accanto al revolver, sfoderò la spada e la mise in croce col fodero ai piedi del letto, si coricò, e si sparò un colpo al cuore con una rivoltella a due colpi con tanta sicurezza e precisione che restò fulminato.
Nacque a Venezia il 1760, e cominciò a recitar ne’teatri secondarj della sua città. […] ….. essendo in Venetia gli anni a dietro mi fu da un gentil-homo Napolitano virtuosissimo spirto, donata questa comedia, la quale essendo da me vista, et in qualche parte imbellita, o fiorita, per quanto con la comica prattica sapevo, introducendoli il Capitano Coccodrillo con alcune sue Rodomontate, mi disposi con questa, dico, comparirle davanti. […] Il Croce ne’suoi Teatri di Napoli accenna, forse per natural supposizione, che il De Fornaris fece a Napoli le sue prime armi. […] Quanto alla sua origine e al suo potere, il Capitan Coccodrillo non ha nulla da invidiare a’suoi predecessori e successori. […] A quali Rodomontate allude il Cataldo nella prefazione alla sua commedia Gli amorosi inganni, edita il 1609 a Parigi, là dove dice : T’auiso Candido Lettore, che molti mesi sono, son uenute in luce alcune rodomontate Spagnuole, non solo qui, ma quasi per tutta la Francia vendute poco accortamente da colui (perdonami Sua Signoria) che le diceua e recitaua sopra la scena, le quali hanno forse auuilite quelle che ’l vostro Cataldo vi fa leggere…… ?
Comunque sia, egli sali in rinomanza esclusivamente come conduttore e direttore di Compagnia ; nè la sua fama cominciò a stabilirsi colla formazione e direzione della Compagnia Reale : chè molti e principali artisti di questa avevan già appartenuto alla Compagnia di lui innanzi al ’21, come il Miutti, il Righetti, il Bucciotti, la Vincenza Righetti, e altri. Nel 1808 la sua Compagnia recitò il 3 settembre al Valle di Roma la Ciarliera indispettita del Giraud, e a Siena per la prima volta La Casa disabitata. […] Ecco le parole del Brofferio al proposito di un suo lavoro giovanile, La saviezza umana : …… Bazzi ponea mano alla rappresentazione ; e allora la commedia era sua, allora con uno zelo, con un amore, con una intelligenza che non era in altri che in lui, metteva tutto in movimento, e l’autore vedeva sotto i suoi occhi trasformarsi quasi per incantesimo il proprio lavoro, e i suoi pensieri si animavano, il suo dialogo si vestiva di arcane significazioni, le sue scene si succedevano cosi naturalmente che era una maraviglia, e i suoi personaggi si sentivano trasfuso nelle vene tanto sangue che il medico avrebbe perduto il suo tempo. […] Il giovialone colla certezza della netta sua coscienza ; il serbino colla noncuranza e sufficienza del suo carattere a chi ebbe l’audacia di accusarlo. […] La ingenua lo profferisce colle sue lagrime sincere all’ ingannato amante.
Il più celebre capocomico del secolo xviii, che dovè gran parte della sua celebrità, se non tutta, a' vincoli artistici ch'egli ebbe con Carlo Goldoni, nacque a Roma nel 1706 circa da Giovanni Francesco, e gli furon messi i nomi di Agostino, Raimondo, Girolamo. […] E il Medebach ebbe colla sua Compagnia luminosi successi dovunque ; e lo vediamo, partendosi da Milano, ove avea fatto il migliore degl’ incontri nell’ estate del '55, munito di Lettere-Patenti del Duca di Modena, Francesco III, dettate nella forma più larga e laudativa. […] Passò poi, o meglio, tornò al Sant’Angelo, partitosene il Lapy, e con miglior fortuna ; non tale però da non costringerlo il 1780 ad abbandonar quella Venezia, per la quale avea così indefessamente e onestamente lavorato, e cercar altrove con una Compagnia sociale, un qualche miglioramento alla sua condizione, divenuta omai delle più misere. Di lui scrisse Francesco Bartoli : È stato il Medebach un esperto conduttore della sua Truppa, un eccellente recitante in que' suoi particolari caratteri ; ed ha saputo acquistarsi il concetto d’uomo di probità. Egli ha tollerato con pace la sua non cercata, e non meritata espulsione dal Teatro di San Gio.
La sua voce maschia e vigorosa nella tragedia, trovava nel dramma moderno note di dolcezza ineffabile. […] Ernesto Rossi nella sua foga furibonda sfiorò, senza volerlo, la guancia della giovane artista. […] E a proposito di queste sorprese di effetti, Roberto Bracco racconta di lei che la Duse…. ma no : io voglio metter qui come chiusa le parole dell’ egregio commediografo napoletano, come quelle che ci dànno in bella sintesi il ritratto dell’ artista e della donna, mostrandone le qualità meravigliose, non senza toccare quel tanto di male che potè nuocere in parte alla sua gloriosa carriera. […] La sua recitazione è stata sempre la medesima ; e nondimeno non è improbabile che essa sia apparsa, a volte a volte, romantica, classica, verista, simbolica. […] A complemento delle quali parole, dirò che Giacinta Pezzana Gualtieri prestò l’opera sua sovente all’altrui beneficio.
Al vantaggio non mediocre che gli amatori illuminati di siffatte materie potranno cavare da tal lettura s’aggiunge ancora un conforto non debole per il mio amor proprio quello cioè di trovare gran parte di quelle idee sparse nella mia opera, che da alcuni imperiti sono state riputate insussistenti, avvalorate dall’autorità d’uno scrittore non meno rispettabile per la sua filosofia che per la sua critica, e la sua erudizione. […] Burette medesimo essere malgrado la sua perspicacità e l’estesa sua erudizione incorso in grandissimi abbagli. […] La greca, che per la sua bellezza meritò d’essere considerata come l’opera degli dei, altro non fu che l’opera de’ musici. […] Sì: ogni modo o modulazione ha la sua energia, la sua proprietà; ed è talmente vera questa proposizione che non havvi suono il quale ne sia privo. […] Io fo qualche motto in appresso del mezzo principale, onde si valeva la poesia antica a compiere la sua imitazione.
. – E altre ne cita Luigi Borghi in una sua Dissertazione in difesa dell’Arte Comica, al De Marini dedicata, nella quale sono parole di entusiasmo per l’artista gigante. […] Era affabile, e per nulla superbo della sua immensa superiorità nell’arte. […] Onde riuscire a diferenziare la sua fisionomia il suo volto fu sempre raso. Egli teneva nella sua tavoletta di teatro scatolette con varj colori per dipingersi in modo che quando si presentava sulla scena molte volte il pubblico non lo riconosceva che al suono della voce. […] E qui il Colomberti aggiunge : Nel primo caso, ha tolto un onore alla sua famiglia ; nel secondo…. non ne aveva di bisogno.
Fu due anni in Compagnia Reale Sarda ; ma questa pagina – dice il Regli – nella sua biografia va voltata di pianta, se però non vogliamo provare che ogni eroe ha le sue sconfitte. […] Di lui lasciò scritto il Colomberti : Molta parte delle sue disgrazie, qual capocomico, venne da lui sofferta per l’immensa passione che nudriva per la sua arte, e nulla trascurò per accrescerne il decoro, dedicandole continuamente studio, veglie, sagrifizj d’ogni genere. […] Incoraggiò e premiò per il primo i Poeti drammatici, accrebbe gli onorarj degli artisti ; ammise nella sua Compagnia molti dilettanti, e, generoso e benefico, nessuno mai si presentò a lui per implorarne il soccorso che si partisse senza esserne beneficato. […] La sua recitazione era, si può dire, un commento in azione. […] Noi tardiamo a portargli le sue commedie, con la speranza che possa essere cambiato, cosa di cui si è sparsa voce ….
Dell’arte sua e del suo valor letterario testimoniaron l’Andreini, Francesco Bartoli, il Quadrio, e più tardi Adolfo Bartoli che lo chiama uomo colto e di gusto non inferiore a molti scrittori del tempo suo. […] Di quella stagione il Beltrame Barbieri nel Capitolo XXXVI della sua Supplica ci dà la seguente notizia : Si trovava in Verona la Compagnia del Signor Adriano Vallerini Comico gentilhuomo di quella Città, Dottore et assai buon Poeta Latino, e volgare : e l’Eccellentissimo Signor Gouernatore di Milano inuitò quella Compagnia à dar trattenimento à quella Città ; i Comici accettarono l’inuito, et arriuati che furono, e fatto la prima Comedia, fu loro leuata la licenza dall’istesso Sig. […] Della sua prosa s’è dato largo esempio al nome dell’Armani, ove il lettore troverà gran parte dell’orazione funebre in morte di lei. […] Annotazione Mandò il Valerini a donar alla sua Donna la Galeria di Minerua, libro da lui composto e dedicato al Serenissimo Sig. Duca di Mantoa, et di sua mano scrisse questo Madrigale in fronte dell’opera.
Recatosi egli a Parigi, la Catroli abbandonò quel teatro per entrare in compagnie nomadi, nelle quali seppe mantenersi in quel grado di riputazione che aveva acquistato coll’arte sua, accompagnata alle grazie della persona. Vestiva con tanta attillatura – dice Francesco Bartoli – che fu l’esempio del buon gusto alle donne in allora sue compagne. […] Io stimo la signora Catrolli, ma questa parte non è adattata alla sua abilità. […] Il che potrebbe star a provare quanto la Catrolli tenesse, forse anche troppo, alla sua dignità artistica, a quelle benedette convenienze teatrali che furon sempre la disperazione del povero Goldoni.
Fu detto ch’egli era giureconsulto innanzi di darsi alle scene ; ma il Perrucci nella sua arte rappresentativa dice in proposito : « in Napoli ci sogliamo servire della Parte di Pulcinella, personaggio non già inventato da un giurisconsulto, che si diede a farlo su i pubblici teatri, chiamato Andrea Ciuccio, come sognò l’Abbate Pacicchelli ; ma da un comediante detto Silvio Fiorillo, che si facea chiamare il Capitan Mattamoros : è vero che poi vi aggiunse con lo studio e la grazia naturale, perfezione Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, sartore e non tribunalista, come è noto a tutti coloro che ancora se ne ricordano, essendo morto nel passato contagio del ’56. » Il Bartoli poi alla sua volta, cita contro quella del Perrucci l’asserzione di Bernardo de’ Dominici, che nel Tomo III delle sue Vite de’ Pittori napolitani (pag. 87) afferma essere stato il Calcese giureconsulto.
Sorella della precedente, nata a Venezia verso il 1735, nota in arte col nome di Camilla, esordì alla Comedia italiana il 16 maggio 1744, assieme a sua sorella in Corallina esprit follet, destando la comune ammirazione come danzatrice perfetta. […] Eseguì l’agosto del 1760 con una verità maravigliosa, la parte della Statua nel Pigmalione di Billioni ; e Favart, giudice competente in materia, così parla di siffatta creazione : Nulla uguaglia la finezza dell’arte sua pantomimica, specie quando la statua si va gradualmente animando. […] Cinquanta carrozze borghesi seguivano il feretro, dietro a cui eran tutti i comici del Re della Compagnia italiana, presieduti dal loro decano Giovan Battista Dehesse ; e nel Necrologio del 1769 si legge : Si è detto con ragione che l’indole di Camilla era scolpita sulla sua faccia. […] Lasciò morendo ogni suo avere alla sua famiglia, il che fece onore alla sua mente e al suo cuore. […] III delle sue Memorie, dice : Prendemmo una carrozza, ed andammo da Madamigella Camilla Veronese, ove eravamo aspettati a pranzo.
Loehner in una sua nota (Mem. di Goldoni) al nome di Bigottini, dice : lo credo identico con quel Francesco Bigottini, che trovai nelle carte dell’archivio ex Gonzaga di Mantova, agente della Passalacqua (V. […] Gli fu in un articolo del Journal de Paris rimproverato di fare ancora gli esercizi della bandiera, e di togliersi per alcuna delle sue trasformazioni la maschera d’arlecchino. […] E l’inesorabile Grimm : Un giovine arlecchino di sessanta e più anni, il signor Bigottini, ha esordito sul teatro della Comedia italiana, in una sua commedia, intitolata : Arlecchino Spirito folletto. Il modo di recitare del signor Bigottini non ha nulla che vedere con quello dell’attore ch’egli deve surrogare ; egli non ne ha nè la grazia, nè la finezza, nè la semplicità : tuttavia le sue metamorfosi sono ingegnose e variate ; e i suoi movimenti senza avere la flessibilità e la mollezza che caratterizzano ogni menomo gesto di Carlino, sono d’una esattezza e d’una rapidità singolari. Nulla uguaglia la prontezza con cui egli cambia di costume e di maschera ; la sua perizia a questo proposito ha del prodigioso ; ma è tal pregio che finisce collo stancare….
Amava la Commedia con passione, era di natura eloquente, ed avrebbe molto ben sostenute le parti degli amorosi all’improvviso secondo l’uso d’Italia, se la sua figura e grandezza avessero corrisposto ai suoi buoni talenti. […] Com’egli e per qual motivo entrasse in arte non sappiamo : Goldoni ci dice solamente che « non contento della sua sorte in Genova, si diede all’arte del Comico, nella quale potea far spiccare il suo talento e soddisfare il suo genio, portato ad una vita più comoda e più brillante (Ivi, XII). » Secondo il Loehner, « la casa di Giuseppe Imer a S. […] , I). » La qual cosa concorderebbe con quanto ci fa sapere il Casanova sulla minor figliuola dell’Imer, Teresa, « figlia d’un comico che abitava in una casa presso il palazzo del senator Malipiero, e le cui finestre davan sulla sua camera da letto. […] Ella conduceva a messa la figlia tutti i giorni, e volea si confessasse tutte le settimane ; il che non le impediva d’accompagnarla ogni dopo pranzo dal vecchio, che diventava bestiale ogni qualvolta ella negavagli un bacio, sotto pretesto che avendo fatte le sue devozioni al mattino non sapeva risolversi a offender quel Dio ch’ella avea forse ancora in sè stessa (Mem., I, IV). » Codesta Teresa, divenuta poi l’amante di Casanova, poi, a Londra, la famosa Mistress Cornelys, colla scorrettezza della vita privata, e l’altra figlia, Marianna, cantante anch’essa, colla meschinità del suo talento, ma sopratutto, io credo, la moglie Paolina, ch’era nel 1736 terza donna della compagnia, furon la causa della rovina d’Imer, il quale, dice il Bartoli, « avanzato poi in età fu mantenuto decentemente da’ suoi padroni, i nobili Grimani, onde, dopo d’aver vissuto alienato dalla professione tutto il corso della sua vecchiezza, passò all’eterna beatitudine nel 1758 (op. cit.
Attaccherò il Ferramonti a Bologna, il Pasini a Milano, il Bellotti, detto Tiziani, in Toscana, il Golinetti nella sua solitudine, il Garelli nella tomba. […] Mi conservi la sua stimatissima grazia, ed in fretta mi confermo, Tutto suo Carlo Goldoni. […] Ma ci voleva, a meglio stabilire la sua riputazione, anche una parte che gli desse agio di mostrarsi a viso scoperto. […] » E dopo di aver citate le parole del Piazza (Il Teatro, tomo II) : « Il Pantalone era tanto stimabile per la sua abilità, che per la bontà del suo carattere. Buon marito, ottimo padre, sincero amico, non aveva altro difetto, se pur difetto può dirsi, che quello di un cuor troppo grande, e superiore alle forze sue….
Lo Scardeone (de antiquitate urbis Patavii) lo chiama il Plauto e il Roscio dell’ età sua. […] Io dico, riepilogando, che le sue commedie, rappresentate ne’ vari teatri d’Italia, ebber dovunque accoglienze di risa e di applausi, e ch’egli superò tutti i recitatori del suo tempo. Andava l’estate in campagna alla villa Codevigo presso Luigi Cornelio, veneto, magnifico e liberalissimo uomo suo mecenate ; e là recitava le sue commedie. […] Fu allora che, dopo la cena, il Ruzzante, secondo l’uso, a esilarar gli animi, recitò le sue tre orazioni in lingua rustica, magna cum astantium voluptate. […] ra Ortensia, lei essendo buona comica ne farà fede, starò atendendo le sue gratie, pregandola di favorirmi di riverire il Ser.
Propostogli poi dal re di Polonia, Augusto I, Elettore di Sassonia, di entrare al suo servizio, e da lui invitato a formar per quella Corte una compagnia di attori assai completa così per le commedie come per le opere italiane, egli si recò nel ’98 a Parigi, e sì bene compiè la sua missione, che il re Augusto gli mandò un titolo di nobiltà, creandolo cameriere intimo e custode del suo tesoro privato. Un posto di tale specie parve dover assicurare la sorte di Mezzettino ; ma l’ardire di lui spinto talora alla impudenza, soprattutto con le donne, fe’ volger le sue mire su di una Dama di Corte, che il Re onorava del titolo di sua Favorita, alla quale con le richieste di amore proferì parole non contegnose all’indirizzo del Re. […] Si recò allora il Costantini a Verona, sua città natale, ma voglioso di ricomparir su quelle scene ove tante volte aveva coll’arte sua trionfato, si restituì alla fine del 1728 a Parigi ; e fu ricevuto come un vecchio camerata alla Comedia italiana, ove riapparve il 5 febbraio 1729 nella di cui si spogliò a un cenno di Momo. […] Nè, a detta degli intelligenti, anche nel tempo della sua gran rinomanza, fu mai riguardato come attore di grandi pregi : e ai versi del La Fontaine che si leggon sotto al bel ritratto del De Troy (V. pag. 715), fatti probabilmente ad istanza di lui, il Gacon nel suo Poëte sans fard contrappose i due seguenti epigrammi riferiti dai fratelli Parfait (op. cit. […] Sua moglie, figlia di Angiola d’ Orso, esordì all’Hôtel de Bourgogne sotto il nome di Auretta, col quale sua madre salì in gran rinomanza ; ma non avendo incontrato il favore del pubblico passò a recitare in Germania.
Arrivata a una certa età, e messosi assieme coll’arte sua un po’ di danaro, abbandonò le scene, stabilendosi a Mantova, dove comprò una casa presso il teatro, e propriamente quella vicino alla Torre del Zucchero, la quale, ben ammobigliata, affittava poi a’ comici che si recavan colà a far la stagione. Quivi, col mezzo di Medebach, fu ospitato Carlo Goldoni, che, sul proposito, lasciò scritto nelle sue memorie : Questa era una vecchia comica, che sotto il nome di Fravoletta aveva esercitato eccellentemente l’impiego di Cameriera, che godeva nel suo ritiro d’un’agiatezza molto aggradevole, e che ancor nell’età di 85 anni conservava alcun resto di sua bellezza, ed una lucidezza di spirito bastantemente viva ed amena.
Trovato modo di spingersi fino a Milano, la Letizia potè entrare in Compagnia di Giuseppe Moncalvo, nella quale, se accrebbe di molto le sue doti artistiche, non migliorò per niente la sua posizione materiale, dacchè Moncalvo non mai ricompensò la sedicenne artista fuorchè di savj e utili insegnamenti, e se l’arte era allettatrice potente, le esigenze dello stomaco facendosi di giorno in giorno più imperiose, ebbero il sopravvento. […] La sua brevissima vita artistica fu tutta un trionfo. […] E i fiaschi si successero ai fiaschi, e per quanta maggior cura mettesse nelle sue interpretazioni non le riuscì, mi servo di una frase del gergo, di piantar il chiodo. […] Gustavo Naiper, il figliastro di Maria Luigia, che la conobbe e ammirò e protesse a Milano, a’primi passi gloriosi dell’arte sua, la presentò alla sorella San Vitale, col mezzo della quale fu invitata a colazione e protetta poi e amata dalla Duchessa. […] Per riparare in qualche modo alla sua insufficienza, l’Attrice suddetta ha scelto un nuovissimo interessante e morale dramma mai esposto in questa Città, scritto da celebre Autore, tratto da un fatto vero successo in Francia l’anno 1832, e tradotto da dotta penna nel nostro idioma.
Dopo di aver recitato tra' filodrammatici di Bologna, sua patria, si scritturò con Gabriele Costantini ; poi con Girolamo Medebach a Venezia per le parti di Dottore. Ma la sua inclinazione e le sue attitudini erano più per quelle dell’Innamorato, in cui riuscì per ogni rispetto egregio.
Dell’arte sua dice la Gazzetta Universale di Firenze (10 gennajo 1800) che ella rappresentò la parte d’Andromaca con quella vivacità e maestria, con la quale s’era fatta sempre distinguere sopra le scene del R. […] Il Morrocchesi nelle sue Memorie inedite la dice invece : instabile e prosuntuosa ; robusta e di gran voce, sì, ma non brava : piuttosto giovine, fresca e fatticcia, ma non bella. […] La indemoniata donna morì alle 2 ½ del mattino del 1° maggio 1821, e si ha dai conti del Del Buono, il quale omai viveva con lei nella sua casa di via Borgognissanti, che spese pel mortorio (le fece dire ottanta messe) in tutto lire 328.6.8.
Le sue strampalerie lo avevan fatto un comico guitto, e un artista intermittente ! […] Ma quando la febbre dell’arte lo coglieva, quando la sua mente era intera nel personaggio che egli rappresentava, quando si mostrava al pubblico sicuro di sè, padrone assoluto della sua voce, del suo gesto, della sua concezione, quale artista !
., II, 110 : Mar[illisible chars], il Brighella della Compagnia, era maritato : sua [illisible chars], la quale era stata ballerima da corda al pari di lui, era una giovine veneziana molto bella ed [illisible chars], poema di spirico e di talenti, e mostrava felici disposiricai per la commedia : ella aveva abbandonato suo marito per giovanile inconsideraterra, e venne a riunirsi con lui dopo tre anni, preadendo l’impiego di serva nella Compagnia di Medebach sotto il nome di [illisible chars]. […] Presi cura della sua persona, e composi una commedia per la sua prima sperienan. […] Recatasi col marito nella Compagnia Battaglia, rimase tuttavia, benchè in là con gli anni, quella celebre Corallina che fu nella sua fresca giovinezza, e le lodi — dice il Bartoli — che a lei si dànno in alcuni moderni romanzi sono degne di lei ; ma meglio sarebbero state in una storia vera, di quello che figurano in mezzo alle favole.
Le commedie La bozzetta dell’ ogio, Le barufe in famegia, El moroso della nona, I recini da festa, La famegia in rovina, Mia fia, I oci del cuor furon la fortuna di Moro-Lin ; ma quest’ ultima segnò anche la sua nuova e non più mutabile sciagura. Dopo dieci giorni dalla rappresentazione del capolavoro galliniano, la povera Marianna, che vi aveva profuso tanta arte, tanta grandezza, gli venne a morire, e, lei dileguata, dileguò anche il bene che con la sua attività, con la sua onestà, con la sua mente egli s’era procacciato.
Entrò il '78 nella Compagnia Iucchi, diretta da Giovanni Emanuel, e il '79, dato un addio alle scene, si ritirò nella sua Bologna, dove morì il 19 febbrajo dell’ '85. […] La sua stessa figura era di una comicità irresistibile. […] Fu il '95 con Talli-Sichel-Tovagliari, il '96 con la Vitaliani, il '97 con la Della Guardia, il’98-'99 con Novelli, il '900 con Talli-Gramatica-Calabresi, il’901-'902 con Leigheb ; e finalmente il '903, per un triennio, con la Della Guardia, primo brillante assoluto, assieme a sua moglie, Adele Mosso, attrice egregia per le parti di seconda donna. L'esempio dei maestri, sotto i quali militò, e sui quali si modellò, la sua attitudine e il suo buon volere fanno sperare assai bene del suo artistico avvenire.
Selim I formidabile a’ nemici, godendo nella pace di quel piacere, che, secondo la sua massima favorita, é il maggiore che possa desiderarsi in questa vita, «il regnare senza temer verun nemico domestico o straniero», coltivava con felicità la poesia turca. Solimano di lui figliuolo ancor più poderoso, gran conquistatore, legislatore avveduto, virtuoso ancora e illuminato forse più della maggior parte de’ principi della sua età, si formò sulla storia che amava di studiare, e soprattutto sui commentari di Cesare che fé tradurre in lingua turca. […] In assenza del padre se n’invaghisce il figlio ancora, manifesta la sua passione, ed é ascoltato e corrisposto. […] Il padre tenero cerca il motivo della sua tristezza, lo trova, riflette, compatisce, si vince, e cede al figliuolo la bella georgiana. […] Vedi le sue Lettere sopra i caratteri di diverse nazioni.
Andò il 1777 con esso Merli e con Giovanni Valentini a Napoli, d’onde rimpatriò dopo un solo anno, continuando a condur Compagnia con favorevole successo ad onta dell’età non più giovine e di alcuni incomodi ; ma sopr'a tutto della sua indole collerica e sdegnosa, che la faceva intrattabile. […] Me le presentai con un’aria di sommissione, che gonfiò la sua vanità. […] Palesandole il bisogno ch'io aveva della sua protezione, la trovai si disposta a farmi del bene, che rimasi stupita. […] Ognuna, che se le presentava, le accomodava, pareva fatta per lei, e non passava un giorno che la buona diventava cattiva, ed era licenziata, o andava a sua posta. […] Acconciavasi da sè non trovando un parrucchiere tanto paziente che potesse reggere alle sue stravaganze.
Innalzò il suo palco sur una piazza vicina a quella ove agiva l’altro, e si diede a vantar le sue droghe enfaticamente : « Ma, a che vantarle ? » sclamava poi ; « voi tutti ben conoscete i miei rimedj, poichè son gli stessi che spaccia nella piazza vicina il mio rivale, di cui io sono il figliuolo. » E qui si diede ad architettare una storiella verosimile, secondo la quale, per certe sue ragazzate, sarebbe stato maledetto e scacciato dal padre. Riferita al ciarlatano la cosa, Bissoni approfittando della commozione de’circostanti corre alle ginocchia del presunto padre, chiedendogli perdono delle sue mancanze. […] Tornato in Italia, fu accettato dal Riccoboni nella Compagnia del Duca di Orléans per le parti di Zanni, che egli sostenne col nome sempre di Scapino, fino al tempo della sua morte, che fu il 9 maggio 1723. […] Quanto al costume e al carattere dello Scapino, metto qui tradotte le parole del Riccoboni che sono nella sua Storia del teatro italiano a illustrazione della figura del Joullain (V. pag. 451) la quale, secondo il Gueullette è stata fatta per Bissoni stesso.
Sacco-Vitalba Angela), e recitò ammirato nelle favole di Carlo Gozzi, dalle cui Memorie inutili riferisco il brano che riguarda la parte ch' ebbe Vitalba nello scandalo Gratarol, riproducendolo al vivo in Le Droghe d’amore, dal quale si ha un chiaro cenno delle sue qualità fisiche e morali. […] Il comico Vitalba, buon uomo, ma cattivo attore, per sua sciagura aveva i capelli tendenti al biondo come quelli del Gratarol, e la sua statura era poco più poco meno, consimile. […] Bartoli dice che il Vitalba accumulò del danaro col frutto delle sue fatiche. Viveva ancora alla pubblicazione delle sue Notizie istoriche e aveva un solo figlio per nome Costanzo (il nome della madre ?)
Vendica la sua morte. […] Il Duca si chiama Gonzaga, e la sua consorte Battista. […] la sua presenza ed il suo dolore basterebbe a commuovere le pietre stesse. […] Pur le sue tragedie sono altrettanti mostri. […] Esigeva la sua favola de’ Romani e de’ re, ed egli altro non vide che gli uomini.
Probabilmente essa fu figlia dell’arte, e nacque a Venezia, ove sua madre, incinta, era a recitare : questo il parere del D’Ancona, il quale cita al proposito i vari comici D’Armano, dei quali si parla più oltre. Le notizie della sua vita abbiam particolareggiate nell’orazione di Adriano Valerini (V.), della quale discorriamo a lungo, e nell’opera più volte citata del D’Ancona. […] Che fosse nobile e ben nata ne poteano le sue belle creanze e i suoi leggiadri costumi Santi dar chiaro indicio…….. […] » Ma eccoci all’arte sua. […] E da sua bocca bella poi colgo il cibo grato !
Ma pur troppo anche allora i suoi sforzi non furono fortunati, ed il pubblico rimaneva indifferente ai suoi lazzi ed alla sua parlantina. […] Da questo punto comincia la fortuna di Cesare Rossi, e la sua vita artistica gloriosa. […] come le sue spalle sono strette ? e le sue braccia lunghe ? […] ammissibile per un giovinotto, che vuole interessare la sua bella ?
Le sue attitudini all’arte comica non si mostraron troppo presto, chè, recitata la particina del bimbo ne Due Sergenti, in compagnia di suo padre, fu subito collocato a riposo per…. insufficienza. […] Fu Domenico Bassi artista egregio sotto ogni rispetto ; e la proteiformità mostrata nel tempo non avventurato della sua giovinezza, passando dalle buffonerie della farsa ai belati del dramma, gli fu poi di non poco giovamento in quello della sua maggior riputazione artistica, nel quale seppe farsi applaudire da ogni pubblico d’Italia, così colle comicità grottesche del Flaupin ne’ Buoni villici, come colla compassata rigidità del Metzburg nel Ridicolo ; così nel Tatà dell’Andreina, come nel Prospero delle Zampe di mosca. […] Va citata, come singolarità, la sua avversione ai versi ; tanto che si vuole mettesse in patto di scrittura di non mai recitar che in prosa ; la quale avversione gli venne forse da una cotal consuetudine di andare spesso e volentieri a soggetto.
S. manifesti segni del suo dispiacere, insieme con certezza della sua protettione. […] R. di significargliene il motivo, considerando che non potrei da parte mia differir di partecipar con Lei le sue angustie, et invero hauendo io da tanti anni inuincibil notitia delle infinite prerogative con le quali V. S. veniva così strettamente conjunta col caro nostro difonto, ho campo di penetrare assai più che molti altri ne’sviscerati sui affani, supplico però la divina manc che Le ha fatta la piaga che si degni di sanarla con gratie, e consolationi proportionnate alla sua Virtù e che mi porga il Cielo la desiderata occasione di effettuare i caldissimi affetti con quali mi offerisco. […] Pubblicò a Parigi una sua traduzione della commedia spagnuola : La Bella brutta (Parigi, Guglielmo Lassier, 1666), che dedicò al Re.
Andreini nella citata Ferza a pag. 38 : Non men del consorte fu onestissima e divotissima la signora Margherita Garavini Luciani bolognese sua moglie amata, ed a me carissima Compagna ; poichè inoltre d’aver educati così bene il signor Carlo Amadeo, e la signora Caterina ambi suoi figliuoli onoratissimi, l’uno facendo mirabil profitto nella virtù mantenendolo ad ognora sotto le vera norma delle buone dottrine de’Reverendi Padri Gesuiti ; e l’altra posta avendo Religiosa nel Monasterio di Migliarino, disinamoratasi delle commedie, innamoratissima di così cari figli, data tutta alle divozioni eguali a quelle del Consorte, quanto virtuosa visse, altrettanto divota morì. […] me Tutrici et da me, che possa venire, con la sua Compagnia à recitare in Siena come ha desiderato. Assicurisi l’ Altezza Vostra ch’io le uorrei poter mostrar con gli effetti in cose di sustanza la stima che tutta questa Casa fa delle sue intercessioni. […] Forse una che assunse il nome teatrale della Luciani dopo la sua morte ; giacchè, se bene la data della morte della Garavini non sappiam precisare, è indubbiamente erronea la notizia del Bartoli che la fa sopravvivere al marito.
Il 5 dicembre dello stesso anno apparve una seconda volta colla parte di Maître à chanter nella commedia di Boissy, intitolata Je ne sais quoi, e tutt’ e due le sere mostrò una finezza d’interpetrazione superiore alla sua età. Fu ricevuto poco dopo attore effettivo della Compagnia, per la vicenda col padre ; ma non vi son traccie della sua comparsa come Arlecchino ; bensì di quella come Pulcinella, la quale fu delle più fortunate ; e il Mercurio di Francia del dicembre 1732 trova in lui molto talento pel teatro, e, a perfezionarsi, lo consiglia di studiare e imitar suo padre che ha il potere di afferrare il pubblico al suo primo apparir su la scena. […] Un documento del 3 luglio 1749 reca l’accusa della sua domestica Elisabetta Deniset di averla con ogni specie di carezze e promesse e tentazioni violata e incinta, e la domanda di un rifacimento di danni e interessi ; con un altro del 22 giugno 1741, il Duca di Gesvres, Governatore di Francia, gli ordina di costituirsi immediatamente prigioniero a For-l’Evêque per aver liticato colla moglie tra le quinte, cagionando un certo scandalo. […] Non si sa la data precisa della sua morte, che il Campardon mette verso il 1769.
Leandro che da me hà riceuuto l’educatione, commosso da gli entusiasmi dell’ambizione, mi detrae la fama, e doue può mi conculca : tralascio i dispiaceri hauti dalle sue smarciassate, minacciamenti fondati, sù quello ch’io non uoglio scrivere. […] mo Signor Duca, perche mi conuerrebbe ammazzarmi in Bologna con questi, mi conserui in sua grazia, mostri il mio affetto al Ser. […] Non sei tu quel che cento volte e cento Dal plauso universal vide distinta La sua virtù ? […] Fece le sue prime prove sceniche ne’ teatri accademici di Firenze, e riuscì attrice pregiata. […] Anzi (soggiunse) all’ Apollineo Coro Oggi vo’impor di coronar sua fronte Del nostro eterno, ed onorato alloro.
III pag. 1317), cioè che Antonio di Nebrixa nato nell’Andalusia al 1444, dopo aver fatto per poco tempo i suoi studj in Salamanca, non ben soddisfatto passasse nell’Italia, e fermatosi lungamente nell’Università di Bologna, dopo essersi renduto ben istruito non men nelle lingue che nelle scienze ritornasse alla sua patria, richiamato, come vogliono, dall’Arcivescovo di Siviglia Guglielmo Fonseca (Istor, della Chiesa tom. […] XV, n. 8) cogli acquisti fatti della dottrina Italiana; e leggendo per un gran pezzo in Salamanca, non ostante l’ opposizione degli Scolastici che di favorir la novità l’accusarono, inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere, onde fu caro al Re Cattolico, che lo volle perciò in Corte per iscrivere la sua storia, e fu dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia Poliglotta, e di poi alla direzione dell’Università di Alcalà di Henares, ove si morì nel 1522, e lasciò molte opere. […] ) nato in Aveiro nel Portogallo, il quale fu discepolo del Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e dopo lesse ancora egli in Salamanca per lo spazio di venti anni in compagnia del Nebrissense, e passato in Portogallo fu Maestro de’ due Principi, e morì decrepito in sua casa nel 1530 con lasciar varie opere. […] Amaduzzi Discorso filosofico sul fine e sull’utilità delle Accademie) la sua casa e le sue sostanze per essa consacrò, e di Museo, di Biblioteca e d’Orto Botanico generosamente l’arricchì. […] Il Poeta antico Du Bellai al sonetto 32 dice, che spera, venendo in Italia, d’apprendere il ballo; e la Marchesa di Mantova andando in Baviera sua patria condussevi ballerini Italiani, siccome una rarità prima del 1500.
Le sue opere sono state tradotte in Allemagna. […] La sua versificazione però richiedeva maggior diligenza. […] Seppe usar meglio delle sue richezze? […] Lasciò anche Zoramide altra sua tragedia non rappresentata. […] Le sue adunanze sembrano al di lei marito ridicole.
Serenissima tiene di me e mia povera casa ; i benefizj ricevuti, gli utili ed honori concessimi dalla sua splendidezza, con havermi connumerato (benchè indegno) per servo attuale nella sua Corte, nominandomi per tale in più lettere nelle mie occorrenze ad altri Principi ; mi sforzano (e con ragione) far noto al mondo, che ogni mio affare dipende tutto dal patrocinio dell’Alt. […] E già tutta allentata al Mar cruccioso L’ira credea, che le sue calme infetta, Mentre che in grembo accolto alla diletta Sua Colomba, prendea pace e riposo. […] Ad altro Brighella che sostituì il Locatelli, morto, accenna il Robinet nella sua lettera in versi del 13 giugno 1671. […] ra Donna olimpia di recitare in gracia sua, e questo e broio che ha fato fare l’Angela perche la detta S. […] A. è che non sia con le sue Creature detta Resolutione brama la celerità prima che li personaggi si obligano a d’altre persone per l’amor di dio Sig.
Alla Semiramide del Voltaire dovette forse il sommo della sua gloria. […] Mortole il marito, avrebbe potuto condurre vita agiatissima fuor dalle scene, ma suo nipote, Luigi Riva, figlio di Francesco e della sorella sua maggiore, buon attore, ma rotto a’ vizj, la consigliò e persuase a continuar l’impresa, offrendolesi compagno nel condur la compagnia, che si chiamò appunto Goldoni e Riva. In pochissimi anni il capitale fu distrutto, e il Riva, morto a Trieste nel 1822 di apoplessia fulminante, lasciò un gran cumulo di debiti fatti nel nome di Gaetana, la quale ridottasi al verde, avrebbe finito nella più squallida delle miserie, se una parente del marito, la celebre Bertinotti, non l’avesse ricoverata presso di sè e degnamente mantenuta fino alla sua morte che avvenne in Modena verso il 1830.
Nella Laboranti traluce il dire ed il gesto della Ristori………… Nella sua serata di benefizio scelse un nuovo dramma francese dei signori Scribe e Legreve (sic), Legouvé, tradotto dall’artista comico Gaetano Vestri, col titolo Adriana Lecouvreur. Se in altre produzioni la Laboranti è fedele all’ indole della sua parte, e sa, diremo cosi, convertire in verità l’illusione delle scene, nella parte di Adriana superò sè stessa. Nell’atto quinto, dove la francese commediante rimane avvelenata fiutando un mazzolino di fiori inviatole dalla sua rivale, il lento processo della venefica emanazione fu così bene dipinto dalla Laboranti, che a giudizio dei provetti frequentatori della commedia, ella ragguinse la sublimità della Ristori.
) : Giuseppe Pasquale Cirillo che, assieme al Lorenzi, recitava nel teatrino domestico del Duca di Maddaloni ed aveva anche un altro teatro di filodrammatici a casa sua….. e che, per mettere in burla un paglietta molto conosciuto per la sua bessaggine cercava l’attore che ne sapesse vestire i panni e l’ignoranza, capitò un giorno in un barbiere alto allampanato e con un naso meraviglioso : proprio tal quale il paglietta di cui voleva far la caricatura. Costui si chiamava Francesco Massaro…… Cerlone lo adocchiò e se ne giovò per le sue commedie….
.), metto qui l’aneddoto, che l’Ottonelli riferisce nel libro primo, pagina 101, della sua Cristiana Moderazione del Teatro, inteso da Violone stesso, come testimonio oculare, e già riferito dal Beltrame nella sua supplica. […] Il buon Prelato fece stringere la sua Corte e dar luogo ai Comici ; e con parte de' regali presentati a lui sovvenne alla lor poca provvisione.
Voci di poco galantuomismo co'suoi attori su Rossi, l’aver egli cessato affatto di scrivermi dopo mie ripetute lettere, e tante e tante altre cose m’hanno finalmente convinto che tutte le sue dimostrazioni d’amicizia per me in Torino erano interessate, e dirette al solo scopo d’abindolarmi, e far si che io sopportassi la sua concorrenza in Compagnia Reale ; per cui già garantisco fin d’ora, che fra me e lui non vi sarà più accordo, anzi urto continuo, disprezzando io per principio, chi si serve di gesuitico artificio per sorprendere l’altrui buona fede. […] Al '59, noi vediamo il Peracchi capocomico, e assistiamo, come ci avverte esso Costetti, al cominciamento della sua parabola discendente. […] Non posso ricordare il Peracchi nel primo tempo della sua vita artistica, il quale fu, a detta del Costetti, glorioso. […] Io dissi solamente che egli era stato degno della sua parte – se fosse valso meno, ne avrei parlato di più.
Fu l’81 con Ferrante, poi, per un triennio e per sua fortuna, con Vittorio Pieri, direttore Alamanno Morelli. […] Tornato in patria si unì ad Angelo Saltarelli (già conduttore per quattordici anni della Compagnia di Ernesto Rossi), uomo di molta esperienza e di molta onestà, che gli fu sin ad oggi, e gli sarà lungo tempo ancora, amico, fratello, padre ; e con esso vide la Russia, l’Austria, la Serbia, la Croazia acclamatissimo, a fianco d’Ida Bertini, una filodrammatica pisana, che, divenuta sua moglie, sostenne prima i ruoli di amorosa, poi di prima donna assoluta. […] Tra le maggiori e migliori sue interpretazioni van notate in campo sì disparato quella di Petruzzo nella Bisbetica domata di Shakspeare, di Edipo Re di Sofocle, e di Jago in Otello di Shakspeare : quest’ultimo recitato maestrevolmente a fianco del padre nel suo giro di addio. […] Gli ostacoli non lo impacciano, lo studio non lo prostra, purchè quelli affronti, si dia a questo per l’arte sua, nella quale, e ciò forse gli nocque veramente a conseguir la purezza classica delle linee, si gittò a capo fitto, troppo presto liberato dalla man forte del guidatore. […] » Proprio così : la verità, la spigliatezza, la spontaneità gli mancano tal volta ; e come gli sarebbe agevole riacquistarle potè far fede la parte di Jago, recitata sotto la guida del padre con tal chiarezza e vivacità e sobrietà insieme, che la magnifica figura shakspeariana, troppo sovente fatta consistere in un artifizioso, leccato strisciar delle parole a viemmeglio insinuar la gelosia per vendicarsi o dell’ oltraggio maritale di Otello, o della superiorità di Michel Cassio, balza viva e saltante, quale essa è veramente : figura di cinico, egoista, maligno, calcolatore, sottile, feroce, che va diritto al suo scopo, serbando in quella sua servilità tutta la libertà del pensiero e dell’azione ; e, come al bel tempo, in cui la prima volta la incarnò il padre al Niccolini, è rivissuto nell’arte del forte scolaro tutto il genio selvaggio di Shakspeare.
Tornato Sacco, Paganini condusse la sua compagnia in Toscana, nel Genovesato e in Lombardia, nè mai più pose piede a Venezia. […] Bartoli ch'egli parlava egregiamente all’improvviso, che giocava il secondo Zanni a meraviglia, e scriveva in poesia con molta grazia ; la sua figura teatrale non era delle più adatte al personaggio dell’innamorato, perchè piccola e pingue oltre misura. […] Aveva una voce imbrogliata ed oscura, e pareva che le sue parole uscissero dall’esofago d’uno che mangiasse. […] Gli dissi che un qualunque posto io bramava nella sua Compagnia. […] fors’è che Apollo coll’Aonie Dive Sparga delle sue glorie Inni Canori ?
re Conte, contro sua uolonta, ricorre al Innata bontà del A. […] Questi si permise alla fine della sua produzione di ringraziare i Serenissimi dicendo che le grazie delle LL. […] 2° I Comici, augurandosi di servir Sua Maestà in pace e con buona fama, dimandano che in nessun tempo sien ricevuti nella Compagnia della famiglia dei Costantini, per la quale, tutti sanno che i Comici italiani lor predecessori, vennero in disgrazia della Corte. […] 5° I Comici supplicano Sua Altezza Serenissima di far vive istanze alla Corte, perchè sia loro concesso, come in Italia, il libero uso dei Santi Sacramenti ; molto più che essi non reciteranno mai nulla di scandaloso, e Riccoboni s’ impegna sottopor gli scenarj delle comedie all’ esame del Ministero, e anche di un Ecclesiastico, per la loro approvazione. […] Uomo di gran cuore, benchè d’umore atrabiliare, si raccomandava a Gueullette in una lettera del settembre 1739 (lunedì), perchè andasse con lui ad assistere il povero Thomassin, Visentini, morente ; e soprattutto per indurlo, prima della morte, a pensare alla sua famiglia.
Egli nella sua dissertazione inserita nel tomo III della raccolta della sua Accademia della Roccella conchiude dicendo che “se in una commedia l’ intenerirsi può talvolta giugnere sino alle lagrime, appartiene unicamente alla passione di amore di farle spandere”. […] Io veggo nelle sue espressioni certo studio non molto occulto di mostrarsi spiritoso, (Nota VII) ond’è che la sua maniera degenera alcuna volta in affettazione, e fa perdere di vista i personaggi palesando il poeta. […] Cristofano Bartolommeo Fagan nato in Parigi nel 1702 e morto nel 1755 dotato di facilità e di naturalezza nel genere comico, ma obbligato dalle sue strettezze a scriver troppo, mostra nelle sue favole l’ effetto della precipitazione. […] Seppe usar meglio delle sue ricchezze? […] Clement nelle sue osservazioni critiche sul poema della Declamazione teatrale di M.
Fu anche direttore della Compagnia Nazionale, e socio di Ermete Zacconi, ma il suo nome più che all’arte del recitare egli legò all’opere sue drammatiche, nelle quali è sempre un sapore italianissimo di sana commedia, e delle quali alcuna vive tuttora ne' repertorj delle compagnie sì dialettali che italiane, come l’Amoreto de Goldoni a Feltre, il Tiranno di San Giusto, l’Onorevole Campodarsego, Dall’ombra al Sole. […] In famiglia ci annunciavamo a vicenda l’arrivo della sua compagnia, dicendo : – Viene Pilotto ; – il che significava : – avremo il grande piacere di riveder quel viso buono, di riudire quella cara voce, e di applaudirlo, e di sentirlo applaudire. – Non lo rivedremo più, non potremo più applaudire che le sue commedie. […] Ma io porterò vivo nel cuore la sua memoria fin che avrò sentimento dell’amicizia e dell’arte. […] Augusto di Kotzebue nelle sue Osservazioni intorno a un viaggio da Liefland a Roma e Napoli (Colonia, Peter Hammer, 1805), dice del Pinotti, a pagina 63 della seconda parte (Teatro a Napoli) : La drammatica compagnia dei Fiorentini non è, a dir vero, eccellente, ma buona. […] Anche sua moglie fu attrice valentissima per le parti caratteristiche, che sostenne al fianco del marito, a cui talvolta riuscì superiore.
Nè solamente pel '77 non abbiam prove della sua presenza nella Compagnia de' Gelosi ; ma nè anche per gli anni successivi. […] Le prove certe di lui cominciano dall’estate del 1600, in cui lo vediamo col Frittellino Cecchini a Lione, dove si publica, a sua istanza, Il Postumio, comedia del signor I. […] Luigi Riccoboni nel capitolo quinto della sua Istoria del Teatro italiano, parla a lungo di queste favole dello Scala. […] Andreini poi spiega il perchè della pubblicazion delle Favole in Scenarj piuttostochè in disteso, nella prefazione di esse : Avrebbe potuto il detto signor Flavio (perchè a ciò fare era idoneo) distender le opere sue, e scriverle da verbo a verbo come s’usa di fare ; ma perchè oggidì non si vede altro che comedie stampate con modi diversi di dire, e molto strepitosi nelle buone regole, ha voluto con questa sua nuova invenzione metter fuora le sue comedie solamente con lo Scenario, lasciando ai bellissimi ingegni (nati solo all’ eccellenza del dire) il farvi sopra le parole, quando però non sdegnino d’onorar le sue fatiche da lui composte non ad altro fine che per dilettare solamente, lasciando il dilettare e il giovare insieme, come ricerca la poesia, a spiriti rari e pellegrini. […] re, al quale feci relatione del regalo fatto a ciascuno della sua compagnia, ma in particolare poi dell’honore fattomi da V.
[Dedica] A sua eccellenza il signor D. […] Avrei voluto, e l’avrei certamente voluto con quel zelo, che l’amor nazionale ispira, e giustifica, consecrar alla nostra comune dilettissima patria le mie fatiche: allora io vi sarei venuto avanti con un dono più degno di voi, e la mia patriotica riconoscenza non sentirebbe ad ogni momento l’involontario rimorso di menar sulla terra una vita inutile affatto per la sua gloria. […] [4] Degnate non per tanto onorare dell’autorevol vostro suffragio codesto tenue saggio del mio zelo per gli studi voi, che siete solito d’accogliere con tanta benignità tutto ciò, che spetta l’avanzamento delle arti, e delle lettere; voi, che in una città maestra della religione e della politica sostenete con tanto decoro i diritti di un monarca cognito all’universo non meno per la sua pietà nella prima che per la sua prudenza nella seconda; voi, che collocato ih carica sì luminosa rarissimo esempio avete dato a’ vostri pari di sensibilità spargendo lagrime, e fiori sulla tomba d’un amico illustre; voi, finalmente, che nelle vostre sensate, profonde e per’ogni verso filosofiche riflessioni intorno alle opere di Mengs avete fatto vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e che il più’gran genio del nostro secolo nella pittura era ben degno d’avere per illustratore de’ suoi pensieri, e confidente uno degli spiriti più elevati della Spagna nella penetrazione e sagacità dell’ingegno come nella squisitezza del gusto.
Le passioni e gli affetti dall’arte sua dimostrati sembrano dalla natura in quel momento prodotti, e fa esprimere al vivo l’eroico carattere che rappresenta. […] Essa col solo frutto della sostanza raccolta coll’arte sua, e depositata alla Tesoreria di Venezia, aveva potuto formarsi, fuor delle scene, una agiata se non ricca esistenza : ma, caduta la Repubblica, dietro l’invasione francese, ella fu compiutamente rovinata. […] L’umiliazione e la miseria affrettaron la sua fine, che fu nel 1803 al settantacinquesimo anno dell’età sua.
lle Biancolelli, affidata per la sua educazione artistica alla celebre Silvia (V. […] Dalla prefazione a una sua opera tragica intitolata Il carnefice di sè stesso, si apprende com’egli fosse a Napoli in Compagnia di certo Fabrizio, nella quale recitava le parti d’innamorato. […] Ma quel Domenico, che lasciò alcuni dialoghi scritti per le commedie all’improvviso, e di cui fa menzione Luigi Riccoboni nella sua Histoire du Théâtre Italien, non è che il famoso Dominique, di cui il padre era morto, come abbiam visto, nel ’40, e l’Orsola era moglie e non sorella. […] Staccatosi Niccolò – continua il Bartoli – da Fabrizio, a motivo d’una sua indisposizione ; e ritirandosi in casa d’un suo amico in luogo eremo e solitario, si diede a scrivere un Romanzo, che voleva diviso in sei libri ; ma compiuto solamente il terzo, cambiò pensiero e si pose a scrivere un’opera tragica in prosa intitolata : Il carnefice di sè stesso.
Ma essendo quella città sotto Papa Clemente VII soggiaciuta a un lagrimevole saccheggiamento, egli di là si fuggi a Venezia, dove l’arte sua comica esercitando, grandemente piacque ; e fu inventore in quelle parti di recitar Commedie a suggetto. […] Torino, Loescher, 1888), il quale, analizzando l’opera del Calmo (V.), anche viene, col concorso del D’Ancona e del Sanudo, a parlar distesamente del Cherea, avvalorando le sue parole di molti e importanti documenti. […] A questo punto si arrestan le notizie di recitazioni a Venezia in cui prese parte il Cherea ; ma sappiam poi dal diarista Sanudo che il Cherea, stretta amicizia con l’oratore ungaro, di passaggio a Venezia, aveva lasciato la città, nella quale aveva raccolto tanta messe di lodi, per recarsi in Ungheria, dov’era nel 1532, non sappiam bene se per ispasso, o ad esercitar l’arte sua. […] r Fracasso, et hauer lassato à cherea comico trece[nto] ducati ne la pocha roba sua : De nouo altro non cie : et a vostra Signoria Ill.
Intanto, io prego Vostra Maestà di aver questi comici come raccomandati alla Sua benevolenza e alla Sua protezione. […] Il 3 luglio 1608 il Delfino fu condotto per la prima volta alla Commedia Italiana, ove potè vedere con grande stupefazione quel famoso Cola, che pure mescolava alla sua recitazione de’salti ginnastici sin allora poco noti, e che i cronisti del tempo dicon essere stati sorprendenti.
Prese alla morte del padre le redini della compagnia, egli seppe colla sua sagacia di conduttore e la sua valentìa di maestro e attore, serbarle il bel nome che s’era a ragione acquistato. […] » Furon le sue ultime parole.
Di lui, il più celebre degli stenterelli moderni, nato a Firenze nel 1823, discorre diffusamente Jarro nella sua opera Origine della maschera di stenterello, da cui riferisco in ristretto. […] Il 17 maggio dell’84 recitava per sua beneficiata all’Arena Garibaldi di Livorno, nella commedia Stenterello e il suo cadavere. […] – Stenterello e il suo cadavere non era più una commedia, ma l’epilogo tragico di un’esistenza : quasi appena cessato il suono della sua ultima risata, e gittati gli screziati abiti della Maschera, dava l’ultimo sospiro…. era avvolto nello squallido lenzuolo funerario. »
Addestratosi co' Filodrammatici della sua città natale nelle parti di Pantalone, riuscì comico egregio, e fu più anni sotto quella maschera, con Antonio Sacco, col quale anche si recò in Portogallo. Restituitosi in patria, risolse di abbandonare la scena, stabilendosi nella sua Ferrara, ove ottenne, dice Fr. Bartoli, « impieghi onorati, ne' quali anch'oggi – (1781) – vi esercita di continuo il suo talento e la sua penna. »
Shakespear istudiò la natura, e pure nelle sue espressioni non di rado la perde di vista. […] Esigeva la sua favola de’ Romani e de’ re, ed egli non vide che gli uomini. […] L’ intreccio delle sue favole (parla il medesimo Johnson) in generale è tessuto debolmente e condotto senz’arte. […] Quando vuole esser comico, la sua piacevolezza è rozza, e l’allegoria licenziosa. […] Pure le sue tragedie sono altrettanti mostri.
Pieri sapeva tutte le sue parti a memoria ; Bellotti-Bon nessuna. Pieri era guidato dall’arte ; Bellotti-Bon dalla sua natura…….. […] Militaron sotto la sua bandiera i più grandi artisti del tempo : altri ne formò egli di pianta. […] La morte sua fu un compianto per tutta l’arte : il modo di essa fu un compianto e un mistero inesplicabile per tutta Italia. Ma torniamo alla sua Compagnia unica, la vera Compagnia modello, nella quale egli era tuttavia per viscomica, per finezza, per verità, il principe de’brillanti.
La seconda, perché pochi essendo i principi veri sui quali s’appoggia e dipendendo in parte dalle nozioni di certe idee oscure di sua natura non ancor definite né da tutti universalmente accettate, non può far di meno che non divenga arbitraria e vaga nelle sue conseguenze. […] Perdoniamogli codesti abortivi parti di una musa invecchiata in attenzione alle altre sue cose bellissime, e contentiamoci della ingenua confessione che fa egli medesimo della sua inesperienza in fatto di poesia drammatica. […] «Rem quocumque modo rem»: ecco la sua divisa. […] [19] Un colto spagnuolo, che con esempio non facile a rinvenirsi ha avuto il coraggio d’intraprendere in lingua non sua uno de’ più difficili lavori della ragione poetica qual è la tragedia, ha parimenti voluto sperimentare le sue forze pubblicando un dramma musicale. […] Ivi non comparisce magnanimo, né eroe, né uomo di genio, ma piuttosto un farnetico divenuto giuoco della sua eccessiva sensibilità, uno schiavo della mollezza che ci vendica fra le sue catene dell’ascendente che aveva sopra di noi acquistato la sua fortuna.
Il fiorentino Giovan Battista Marini, discreto artista (era generico dignitoso il 1853 in Compagnia Sadowski-Astolfi), sorpresala nelle sue declamazioni, scoprì il tesoro magnifico della sua voce, e, vedovo da poco e per giunta con figliuoli, propose alla Virginia di sposarla, coll’intento d’iniziarla alla vita dell’arte. […] Sulle prime è la giovine donna che ama e crede nell’amore, che pare profonda e confidente nei gesti, nel volto, nei toni pacati della sua bella voce ! […] Sotto le belle vesti di Rosane, nell’anticamera della tragedia, Adriana non ismentisce un solo istante la sua naturalezza di giovine attrice spigliata, allegra, carezzevole, a cui l’amore ha fatto sempre buon sangue e buona cera. […] … Perchè, Virginia Marini, al fianco di Tommaso Salvini, diventò una di quelle artiste, rimasta unica poi, che sollevava, come il suo grande compagno e maestro, le platee con una semplice inflessione di voce ; era quella una forza sua. I versi, nella sua bocca, si andavano aprendo e sviluppando in melodie nuòve…. forse non sincere talvolta, forse non sempre d’intonazione perfetta, ma di una maravigliosa efficacia sul pubblico, che rimaneva vinto di sorpresa, e soggiogato….
Il dotto Francesco Benzib scrisse due drammi Ergastus, e Philotimus coll’usata sua eleganza, ne’ quali introdusse personaggi allegorici, la Fama, la Virtù, la Gloria, e l’Inganno. […] Acrisio re degli Argivi avendo consultato l’oracolo sulla scelta di un genero intende che di Danae sua figliuola uscirebbe il di lui uccisore, e spaventato congeda i pretensori della mano di lei, risolve di non accompagnarla a veruno, e si raccomanda a Vulcano. […] Egli stesso vi si avvicina (e ciò dinota di aver egli mutato luogo senza lasciare di esser presente agli spettatori) e vede alzata una gran torre di bronzo opera istantanea di Vulcano, in cui è rinchiusa Danae con la sua Nutrice. […] Ode il Coro le voci lamentevoli di Danae che deplora la sua sventura. […] Ma per vedere Aristofane ritratto con tutte le sue grazie comiche senza che si rimanga offeso dall’oscenità tutta sua bisogna consultare l’eleganti traduzioni fatte dal prelato Cosentino delle Nubi e del Pluto, le più felici commedie di quel gran comico.
A norma ancora del Catone di Adisson compose il sua Catone moribondo. […] Degna di molte lodi fu la sua pastorale Evandro ed Alcimna tradotta ed imitata in Francia. […] Io , risponde facendosi vedere la sua Dori. […] Tali idee ci risvegliano le sue poesie liriche, le Canzoni di un’ Amazone, e le sue favole tragiche e comiche. […] Il buon tuono, la piacevolezza, il sale comico campeggia nella sua favola.
Battista suo servo, ambidue con ogni affetto pregandola a tenerne vivi nella memoria sua. […] Pietro Paulo mio cognato, le bacio la sua generosa mano, non mai stanca di giovare a Florinda ; cosi fa Gio. […] Seconda moglie dell’ Andreini. « Aveva l’Andreini nella sua Compagnia - scrive Fr. […] A. intende ne sieguono poi di quelle che la prudenza sua si puol immagginare. […] e sue.
Se così fosse, non ci rimarrebbe che ad augurare alla signorina Belloni un cielo più aperto, affinchè di quella luce, ch’è sua, potesse ella pienamente risplendere. » Fu prima attrice giovine applauditissima nella Compagnia di Carlotta Marchionni, e prima donna in quella che il padre formò in società col Meraviglia. Con gli insegnamenti del padre, del Domeniconi, della Marchionni, con la fermezza della volontà, e la squisitezza dell’ingegno potè in breve tempo competere colle migliori attrici dell’età sua, mostrando quanto valesse ne’ caratteri più disparati, come Ottavia, Mirra, Antigone, Pamela, Zelinda, Eugenia degl’ Innamorati, Chiara di Rosemberg, e altri più. […] Recatasi colla stessa Compagnia a Livorno, e colà sgravatasi d’un bambino, fu colta da febbre d’infezione della quale morì, non ancor tocco il trentesimo anno dell’ età sua.
Fu tre anni con Zerri, uno con Pasta, cinque con Falconi, col quale andò in America, poi in Compagnia sociale con Ditta sua. […] Attrice di larghe promesse, da principio, di voce pieghevole e forte, di eletta educazione, di intuizione non comune e di non comune slancio artistico, passò la seconda metà della sua vita artistica in mezzo alle avversità di ogni specie, nonostante i successi ottenuti specialmente colla Teodora e la Tosca di Sardou, ch’eran divenute una particolarità tutta sua.
Fra le sue commediole si vuol notare principalmente quella intitolata : I viaggi di una donna di spirito. […] Mi si assicura esser egli debitore in gran parte della sua comica naturalezza ad alcune lezioni di Simeone Sografi ; e certamente un buon terreno con tale e tanto cultore produr non poteva che bellissimi frutti. […] Ridottosi vecchio in Padova, lontan dal teatro, vi fu dopo alcun tempo richiamato dalla passione dell’arte : ma la sua ricomparsa lo fe’battere per sempre in ritirata.
Tiranno in Compagnia Donati il 1820 colla moglie Teresa madre nobile, idem nella sua propria in società con Morelli. […] Attore di gran pregio, entrò a far parte, come amoroso comico, della Reale Compagnia Sarda, al momento della sua formazione (1821), sostituendo poi Augusto Bon nel ruolo di brillante. […] Rimase in quella Compagnia della quale era diventato il generico primario e il direttore tecnico, sino alla sua fine (1855).
L'auge della sua vita artistica fu quand’egli ebbe Compagnia in società con Gaspare Lavaggi, nella quale potè mostrar liberamente tutte le sue qualità di artista, interpretrando con molta intelligenza e con molto successo Luigi XI, La Gerla di Papà Martin, Don Marzio, e specialmente L'Aulularia di Plauto, in cui fu riconosciuto, anche dai più severi, artista sommo. […] Allora con la sua bella faccia aperta, onesta, leale, tutto sorrisi, dolcezza, angiolesca bontà : adesso scarno, emaciato, terreo, con la voce rantolosa, le smorfie nevralgiche, tutto ghigni satanici, ferocia, scatti improvvisi di belva.
E il Re aveva in grande pregio non soltanto l’ingegno del Beltrame, ma anche la sua persona. […] Io ho inteso ; ma quel dar commodità ad un giovine che meni via una sua morosa, che ufficio si chiama ? […] Cardinal Ubaldini può dir ancora per lettere scrittegli da Sua Maestà Cristianissima a mio favore, fin dove la benignità di quel gran Re si estese ad onorarmi. […] Recitava in Parma colla sua Compagnia. […] La sua maschera è la stessa di Scappino.
Quando il giovane artista non è costretto a strappare la sua foglia d’alloro, ma se la trova caduta sul capo, senza spiegarsi il come ed il perchè, non toccherà mai la mèta cui era destinato : l’ingegno sortito da natura nella facilità del possesso si andrà affievolendo fino al torpore. […] Sarà questione di tempo ma comincierà col discendere e finirà col precipitare giù giù nel buio fitto del nulla assoluto. — No : nessuno ha il diritto di togliergli tutto quell’avvicendamento di dolori e di ebbrezze, di consolazioni e di gaudi, di lagrime e di sorrisi nelle sue lotte quotidiane alla conquista dell’ideale che nell’anima gli freme : dolori ed ebbrezze, consolazioni e gaudi, lagrime e sorrisi, che nel giorno della gran vittoria, sono la sua pagina di storia, la ricordanza, che mentre soddisfa e ripaga, dà nella visione del cammino percorso l’esatta misura e il legittimo orgoglio di ciò che veramente si è. […] È stata sempre Tina Di Lorenzo, con le qualità che la provvidenza le ha elargito, e nulla più ; ma non ha mostrato finoggi di intendere l’alto fine dell’arte sua : – l’interpretazione. […] Oggi vi è ritornata completamente guarita : più appassionata per l’arte sua, e ancor più ammirata, se pur fosse possibile un crescendo nell’ ammirazione del pubblico per la sua Beniamina. […] Ella aveva da dimostrare, che le acclamazioni e gli applausi del pubblico non eran soltanto rivolti alla sua venustà, ma che questa doveva pur farne parte alla sua valentia.
Rovesci di fortuna obbligaron la giovinetta a calcar le scene, e la maestra si recò il 1867 a posta da Torino a Milano per assistere all’esordir della sua allieva, che andava a sostituire a metà d’anno la Guendalina Dominici Scalpellini in quella celebrata Compagnia di Bellotti-Bon, nella quale ella salì poi al più alto grado dell’arte, ove seppe mantenersi anche dopo, alternando il ruolo di prima attrice assoluta colle sue creazioni di bimba, quali la Carolina nel Codicillo dello Zio Venanzio di Ferrari, la Ivonne nella Serafina di Sardou, la Celeste nell’Idillio Campestre di Marenco, la Silvia nella Famiglia pur di Marenco, la Ida nella Vita Nuova di Gherardi Del Testa, l’Emma nei Mariti di Torelli, ed altre molte, in cui non ebbe chi la superasse, nè chi la uguagliasse. […] Non solo ha potuto farvi sfoggio di tutte le sue eccellenti qualità che noi già conoscevamo, ma è stata nel caso di rivelarcene delle altre che eravamo certi si sarebbero sviluppate in lei con una più lunga pratica dell’arte. […] Fanciulla bizzarra e alquanto leggiera nell’atto primo ; donna esitante, ignara di ciò che realmente prova nel suo petto, e sbalordita della mutazione che intravede dover fra poco accadere nella sua esistenza all’atto secondo ; nel quinto la gioja di sapersi madre la fa quasi ritornare alla ingenuità fanciullesca !
Di lui riferisco le parole di Yorik, come quelle che ci dàn chiaro il ritratto dell’artista e dell’uomo : Aveva appena trent’anni, era pieno di vita e di speranza, forte, robusto, gagliardo, ricco d’ingegno, lieto della sua sorte, felice della simpatia, dell’affetto, della stima, in che lo tenevano i suoi concittadini. […] Scriveva con garbo in prosa ed in verso ; aveva anche fra le sue carte qualche non infelice tentativo drammatico ; si era fatto largo nella schiera degli artisti per l’ingegno suo vivace, per la festività dello spirito, per l’arguzia della parola, per la bontà del cuore, per l’ardore infaticabile de'suoi studj continui. […] E nel pieno fiore delle sue speranze mori a Matelica, la mattina del 27 settembre, alle ore tre, pronunziando a stento col labbro agonizzante il nome di personaggi drammatici che gli rammentavano i suoi più lusinghieri trionfi…. […] Trascrivo da Francesco Bartoli : Fece egli in sua gioventù il Ballerino da corda in una Compagnia di saltatori diretta da Gaspare Raffi Romano, di cui sposò la Maddalena di lui sorella ; e vedesi ancora andare attorno una stampa in Rame con espressevi tutte le forze, ch'egli faceva, e con sotto questa iscrizione : Giuseppe Marliani Ballerino da corda.
A dare un saggio dell’arte sua poetica, metto qui il principio e la fine dell’ode ch'ella dettò nel '64 per la malattia del fratello Luigi : Sorgi, suonò di Naim in su le porte l’Eterna voce onde l’inferno è vinto ; e tosto dal feral sonno di morte surse l’estinto. Ed or la stessa sua voce sovrana, all’ orecchio de' fisici eccellenti, Destatelo, suonò con legge arcana d’alti portenti : e ispirati di Cristo alla parola, sommessi a Lui che l’ Universo ha in pugno, obbedian gli educati all’alta scuola del gran Cotugno. E sorgi, al fratel mio dicean concordi ; Dio nella nostra la sua man ti porge ; e i sensi, che all’udir pareano sordi, scuote, e risorge. […] E poichè immenso don di sua pietade ti pose il fido Beniamin d’appresso, che, conforto a' tuoi mali, or la metade è di te stesso ; appena il potrai tu, fa ch'ei ti guidi al tempio di Maria, madre di Cristo, se delle offese membra ti confidi riaver l’acquisto ; e udrem, nuovo miracolo di Cielo, la stessa di Gesù voce divina, ripeterti col suon dell’ Evangelo : Sorgi e Cammina.
Vendica la sua morte; vendica un omicidio crudele e atroce. […] Viene sua figlia Ofelia, e gli narra la novità di Amlet divenuto folle. […] Il Duca si chiama Gonzago, e la sua consorte Battista”. […] la sua presenza e il suo dolore basterebbe a commuovere le stesse pietre. […] Pure le sue tragedie sono altrettanti mostri.
Attrice, cantante, danzatrice, schermitrice esimia, e conoscitrice perfetta di più lingue, ispirò non poche poesie, che metto qui testimoni del valor suo e della sua virtù, e che mi furon gentilmente comunicate dal chiaro amico A. […] Ma a la sua lingua, a la sua Man non cede, Nodi intrecciando e Laberinti e Ruote, Precorridor de le Pupille, il Piede. […] La stessa Signora s’introduce a maneggiare legiadramente la spada : Eularia di beltà e valor munita Cangia la notte in dì lucente e chiaro Allor che al Campo di forbito acciaro Splende invitta la sua virtù…. […] Così con vaghe sue sembianze e sole Mentre si aggira il ferro in varie rote Di Marte e Citerea rassembra prole ; Poichè tiene ne gli occhi, e su le gote Con le rose dell’alba i rai del sole, Ond’è che intorno Amor l’ale vi scote.
Il 1824 si fece capocomico solo, e potè aver l’onore, mercè la sua probità e la buona accolta degli artisti, di mettere la sua Compagnia al servizio di Maria Luigia Duchessa di Parma, con uno stipendio annuo per quelle stagioni che doveva passar nella capitale. Dal '25 al '49, anno della sua morte, avvenuta in Torino, ebbe scritturate le seguenti prime attrici, le migliori del tempo : Maddalena Pelzet 1825-27 – Isabella Belloni Colomberti 1828 – Maddalena Pelzet 1829-30 – Erminia Gherardi 1831-34 – Amalia Bettini 1835-36 – Laura Della Seta 1837 – Carolina Santoni 1838-39 – Antonietta Robotti 1840-41 – Adelaide Ristori (due compagnie fatte a posta per lei) 1842-46 – Carolina Santoni 1847-49 ; e i seguenti primi attori : Luigi Carraresi 1825-26 – Luigi Domeniconi 1827-31 – Antonio Colomberti 1832-36 – Giacomo Landozzi 1837-39 – Antonio Colomberti 1840-42 – Giacomo Landozzi 1843-49 – Luigi Gattinelli, caratterista, fu con lui dal 1826 al '44, anno della sua morte improvvisa. […] Giovane, che partita dalla sua Patria diedesi alla comica professione ; e che in alcune vaganti Compagnie da circa sei anni va ritrovando impiego. I suoi pregi d’avvenenza, non meno che la sua abilità, la vanno sostenendo sui teatri con una mediocre fortuna. » Così Francesco Bartoli.
Riconosce il Calepio in questa favola pregi assai superiori alle sue imperfezioni: ma non lascia di notarvi certa mancanza d’unità d’interesse, che La Motte nelle sue prose ostentava. […] La sua maniera si distingue da quella dell’uno e dell’altro. […] La medesima passione si manifesta in tutta la sua forza nell’atto V. […] Nel Dionigi sua prima tragedia, secondo l’espressione di M. […] La sua Venezia salvata riuscì molto sulle scene e vi rimase.
Egli sopravvisse al 546, ma s’ignora l’anno della sua morte. […] Il ruffiano ricupera le sue robe, il pescatore la sua libertà con un buon regalo, e Pleusidippo ottiene per consorte la sua bella Palestra. […] L’introduce in sua casa, perchè pensa che avrà bisogno della di lui opera. […] Viene Saturione colla Vergine sua figliuola abbigliata all’ orientale. […] Nel libro I, cap. 10 delle sue Spiegazioni Plautine.
Di lui è detto nella Scena illustrata : Lavinio che s’ingegnava di formarsi un Eco, il quale rispondesse dal Teatro voci di fama al desiderio della sua gloria, udendo il rimbombo delle sue elaborate fatiche.
Marini Giuseppe, veronese, esercitatosi tra'dilettanti della sua patria, si diede all’arte nel 1810, dedicandosi per la sua maestosa figura al ruolo di tiranno, che sostenne con moltissima lode nelle primarie compagnie di Raftopulo, Goldoni, Dorati, Internari e Paladini, Perotti e Fini.
E tanto co’suoi modi, col suo ingegno, colla sua rettitudine aveva saputo acquistarsi la benevolenza della Corte, che dietro sua proposta i comici italiani poteron dare nel carnovale del 1735, mentre il Re era a Varsavia, nella prima anticamera de’Grandi appartamenti ufficiali, nel palazzo di Dresda, piccole rappresentazioni e intermezzi, davanti ai principi e alla principessa, sotto la direzione di Giovanni Alberto Ristori ; rappresentazioni che attenuarono temporaneamente le ristrettezze penose de’poveri artisti. […] Se nella formazione della nuova compagnia entrasse il Bertoldi come attore non sappiamo ; come non sappiamo la data della sua morte.
Nacque a Padova, e fu denominato il Tegna, forse per certa sua economia di vivere. […] Ne abbiamo invece sul suo esordire a Parigi il 21 novembre del 1739 nelle Furberies de Scapin, che, non piaciute il 1726, ebber liete accoglienze, in grazia dell’arte sua. […] Si sa ancora che l’ 11 maggio del ’40, la commedia di Arlequin au désespoir de ne pas aller en prison dovè per la sua meschinità cadere, nonostante l’arte di Costantini ; e che il 5 agosto del ’41 egli sostenne la parte di Scapino nelle Fourberies de Scapin, al fianco di Bertinazzi Pantalone, al quale dovette lasciar ben presto il posto di Arlecchino.
Fu parte integrante della Compagnia reale italiana del Vicerè condotta da Salvator Fabbrichesi, dalla sua instituzione (1807), fino all’anno della sua fine, che fu il 1815. Passato con Fabbrichesi, De Marini, la Tessari alla Corte di Napoli, divenne in breve l’idolo del pubblico, e dello stesso Ferdinando IV, al quale dovette forse la sua morte.
Alle qualità artistiche del Pilastri che lo fecer uno de' più pregiati comici del suo tempo andò congiunta una memoria prodigiosa : e Domenico Bruni nell’introduzione alle sue Fatiche Comiche dice di lui : Vi è stato un Leandro Pilastri, e dotto e grazioso, che della profondità della sua memoria ha fatto stupire ogn’uno, poichè in molti luoghi, ma particolarmente in Milano ha di tutte le famiglie illustri, in una occasione narrato l’armi, descritto i colori, detto i nomi e la origine col nominare quanti Castelli sono sotto quel Dominio, e le cose notabili che in quelle parti nascono ; ha fatto raccolta di sei e settecento nomi, e con epiloghi differenti di quelli mostrato la sicurezza della memoria sua.
Sebbene favorevolmente accolto dal pubblico, credette opportuno interromper le sue recite che riprese poi il 30 marzo del 1756. […] Questo ragazzo di sei o sette anni, ha ballato con una forza e una grazia maravigliose per la sua età. La sua sicurezza e il suo garbo hanno incantato tutti gli spettatori.
Egli contava allora quarantatre anni della sua età. […] La sua maniera si distingue da quella dell’uno e dell’altro. […] La medesima passione si manifesta in tutta la sua forza nell’atto V. […] Contarini comanda che esca di sua casa. […] Si legga la sua epistola a S.
Ode il coro le voci lamentevoli di Danae che deplora la sua sventura. […] L’autore così versato nelle greche lettere nella dedicatoria a Carlo V della sua Italia liberata, poema ricco di varie bellezze Omeriche, afferma di aver nel comporre la sua tragedia tolto Sofocle per esemplare. […] All’ avviso fatale che ne riceve Nino, s’accoppia lo scovrirsi Dirce per sua sorella. […] Con sua buona pace egli s’ inganna. […] Ma il campo era troppo vasto, e lo spirito d’apologia volle avervi la sua parte.
MADRIGALE Dolente Peccatrice al Divino Amador pentita riede, e col biondo tesor di sua cervice legagli il cor, e gl’ incatena il piede. […] ra madre per la sua ragazza. […] A. m’à concesso non è come quella che à dato a Flaminio ond’io la bramerei come quella che dice per essere rafermato nella sua servitù havendo servito con deligienza ve le concedo per bene merito che goda etcetera. […] ia quanto prima acciò non sij di pregiuditio la sua tardanza, ne al guadagno ne alla riputatione, da Firenze scrissi al A. […] Lo prego a non tralasciare di favorirmi con sue lettere, unita con padre e madre e Alessandrina humil.
Battaglia Carlo), non aveva compiuto i quindici anni, quando nella Compagnia di sua madre e del patrigno Francesco Toffoloni, entrò a sostenere il ruolo di prima donna ; nel quale tanto e in sì breve tempo s’innalzò, che Salvatore Fabbrichesi la scritturò nelle veci di Anna Fiorilli Pellandi, quando questa s’unì in società con Paolo Belli-Blanes : e seppe la Cavalletti vincere allora con l’arte sua calda e spontanea la reluttanza del pubblico milanese che credeva di dover sempre sentire la mancanza della celebre artista. […] Voce robusta e modulata, disinvoltura comica, pronuncia non ricercata sono le doti, che assicurano a questa giovinetta di belle maniere, un posto onorevole in un rango cui poche possono aspirare nell’età sua. […] Il Regli, dopo di aver detto che all’ultima recita di Alberto Tessari, e a quella di sua moglie (a’ Fiorentini di Napoli), il pubblico piangeva, e applaudiva con quello spontaneo trasporto, che è figlio della convinzione, scrisse di lei : Tessari Carolina era sorprendente per la robustezza de’suoi polmoni, per la voce maschia ed insinuante. […] De Marini volevala sempre a compagna, perchè sapeva cogliere a volo le sue inspirazioni, e maravigliosamente secondarlo.
Da una lettera sua al Duca, che per gentile comunicazione del cav. […] A. e dalla Sua serenis. […] ma e per tal disgusto mi amalai, come molti lo sanno ; Tralascio ch’egli continouamente mettesse zizanie con tutti i miei Compagni, a ciò tutti uniti facessero contare la sua Bugia p verità, ch’io fossi una donna superba Tiranna di compagnia, et infine che sono pazzacci tutti, et io ero la strapazzata (e uergognia chio lo dicha) da simil gente. […] A. che egli cessi la sua…… di Masaniello, p che continouamente tiene in moto tutti, e questo lo sa cosi ben fare, che imposibile a dirlo. egli sie licenziato dalla Compagnia fuori dogni ragione, e se dice p la uicenda, V. […] ra per lei, et per la sua famiglia.
r Antonio è si troua in secreta con molto pericolo della sua uita. […] V. non lo soccorre di quanto accena nella sua. Io in tempo della sua malatia ho impegnato ogni cosa dell mio, et adesso per la prigionia l’ ho uenduto è non so più come mi fare, à mantenerlo la dentro, onde lascio considerare alla prudenza di V. […] Quando il concorso gli sembrò al completo, si alzò dalla sedia, e rivolto agli accorsi, disse loro in dialetto alcune parole di ringraziamento, e terminò coll’ annunziare che avrebbe recitato un lavoro tragi-comico, in tre atti, intitolato : la Maga Morgana e Arlecchino vittima delle sue vendette. […] Nè mi trovai deluso, perchè il vecchio caffettiere del Teatro mi disse che quell’ uomo chiamavasi Giulio Minelli, che alla sua epoca era stato un bravo Pantalone ; ma che, in vecchiaja, datosi al vino, si era ridotto in miseria.
Ella ben mille a me alme rubelle mi darà col suo dir, allor che ornato sarà il teatro di sue fiamme belle. […] Giovanni Zignoli (pag. 67) ci parla della sua bellezza e dell’età sua giovanile : Discolorato hai morte il più bel volto nell’età sua più bella e più fiorita…. […] Quanto a' suoi pregi artistici, par ch' Ella ne avesse parecchi, e in ogni sorta di composizione, come accenna il Boldri in una sua canzone a pag. 80 : ……… Ancor le menti a volo trarrai nell’altro polo, e formando la voce or benigna, or feroce e mutando te stessa in Cavaliero, in amante, in guerriero, in Pastorella, in Dama, in Serva, ed in Regina, farai degli altrui cor dolce rapina.
r Flavio parte de’miei disgusti, il quale per sua bontà mi amonì ad hauer pacienza per quest’anno, promettendomi l’ajuto suo. […] r Flavio, dalle prime sue parole s’intese che V. E. metteva ogn’uno in libertà : ma chi che fosse, che hauesse alla sua protezione ricorso, sarebbe benignamente della sua gratia fauorito ; là dove rincorati e rinvigoriti, si propose quella Compagnia che da detto Sig. […] re, e quando trovi altrimente mi privi della sua gratia che sopra ogni cosa stimo, ed aprezzo. […] re ho auto pacienza sino a quest’ hora, con speranza di essere consolata dalla gracia sua.
Soprattutto in essa comendiamo il soliloquio di Prometeo nella 1 scena, e l’ultima sua disperazione. […] Che diremo noi di sì raro e felice ingegno che corrisponda alla sua grandezza? […] E Badini e molti altri dissero ancora che dal Cinna formò il Poeta Cesareo la sua Clemenza di Tito. […] La sua rima è discretissima ed esente di legge, i versi, in quanto lo permette la lingua, sono pieni di ritmo, e però facili d’adattarsi alla musica. […] Dorat, il quale sul Regolo di Metastasio compose la sua tragedia Regulus.
Bartoli come valoroso brighella del secolo xviii, noto per una commedia di sua invenzione, intitolata : Arme e bagaglio, « in cui intorno alla sua propria persona aveva tutto il bisogno onde apprestare una mensa lautamente imbandita ».
Tale fu quella di Paulet e della sua pastorella, i quali entrano a parlare de gli affari politici, e delle vedute de’ gabinetti dell’Europa, e la pastorella specialmente favella dell’infante don Pietro d’Aragona e di Odoardo d’Inghilterra. Tale fu pure il dialogo di Gherardo Richier con una pastorella, la quale, benchè da lui trovata a caso, si mostra intesa degli amori di lui colla sua Bel-de-port 1. […] Tiraboschi, nelle sue Aggiunte al tomo IV pag. 343 siesi mostrato egli stesso propenso a reputar drammatiche ed animate con parole le rappresentazioni sacre del secolo XIII della Compagnia del Gonfalone ed altre simili. […] Essendo nato in Ferrara l’anno 1450, ove erasi recata Beatrice d’Este sua madre.
Dopo un anno di riposo a Livorno, fe’ ritorno alle scene con Luigi Pezzana, e col Domeniconi stesso ; poi, dopo varie vicende, con Carlo Romagnoli ; e finalmente, pel ’ 66 e ’ 67, gli ultimi due anni della sua vita artistica, formò società con Eugenio Casilini. […] Dettò varj romanzi e due volumi, uno di ricordi della sua vita, uno di notizie de’ comici del suo tempo, tuttavia inediti. Quanto alla recitazione sua, dice il Bonazzi ch’ essa era lapidaria. […] Negli ultimi anni dell’ arte sua, a’ Fiorentini di Napoli, i compagni suoi, mossi forse da alcuna bizzarria del caso, gli dieder fama di jettatore, o apportator di sventura.
Ma rieccolo a Napoli alla Partenope, ove recitò una sera, davanti all’impresario Luzi e all’attore Di Napoli del San Carlino, la vecchia farsa napoletana Feliciello Sciosciamocca, mariuolo de na pizza, ed eccolo il dì dopo scritturato al teatro famoso, in cui mostra subito le sue doti chiarissime a fianco di celebri artisti quali Petito e De Angelis. […] Non v'era novità comica di importanza che non facesse dopo brevissimo tempo la sua apparizione, foggiata alla napoletana, nel leggendario teatrino, in cui, di conseguenza, alle sghignazzate della popolaglia era subito succeduta la risata schietta e misurata del fiore dell’aristocrazia. […] A questa continuata modificazione del principal tipo, Sciosciamocca deve forse la continuata ammirazione del pubblico, che sin dalla prima apparita al San Carlino rinnovato, lo compensò di tante miserie, di tante lagrime versate, sì da fargli scrivere nelle sue nuove Memorie (Napoli, 1899) : « Dopo tutto, l’essere riuscito a far tanto ridere…. gli altri, dava anche a me il diritto di ridere un poco. » E di qual riso ! Il povero Edoà…, entrato nel campo dell’arte per un usciolino sgangherato, con un vestito che gli cascava di dosso a brindelli, colla faccia macilenta per fame ; che ad ogni passo verso l’agiatezza e la gloria, uno vedea farne contro di lui dalla maldicenza e dall’invidia, trionfando finalmente di tutto e di tutti, autore ammirato, attore idolatrato, il triste suono del piccone distruttore del San Carlino coprì con quello del martello costruttore di un vasto palazzo al rione Amedeo : al battesimo di gloria del San Carlino è succeduta la conferma non mai alterata sin qui de' Fiorentini di Napoli e del Valle di Roma, ove si reca ogni anno a deliziare della sua inesauribile giocondità il gran pubblico della capitale.
Riposò l’ '84 a Mestre, ov'era sua madre, e andò l’ 85 e '86 con Andrea Maggi, passando poi d’anno in anno in compagnie di minore conto, declinando coll’avanzar degli anni la comica forza che per naturale intuito possedeva al sommo. […] Quante, vere o no, storielle sulla sua non troppa coltura andaron per le bocche de' comici ! […] Ricorda il lettore la gran scena di Dita d’oro d’una fata, vecchia commedia di Scribe, in cui il povero Riccardo di Kerbriand, discorre con Elena del suo amore per Berta e della sua balbuzie ? […] L'andatura dello Zoppetti, il suo occhio, la sua dizione, tutto era comico….
Stando a quel che ne dice Francesco Bartoli, dopo di aver recitato per lungo tempo nella Compagnia di Domenico Bassi (1750), si diede al dolce far niente, stabilendosi in Venezia, vivendo alle spalle di un pubblico non sempre il più edificato dalle sue buffonate. […] Apprese l’arte da Andrea Calcese (V.) detto Ciuccio, perfezionatore del Pulcinella dopo Silvio Fiorillo (V.), più noto sotto il nome di Capitan Matamoros, e l’insegnò poi a sua volta a Mattia Barra e Michele Fracanzano (V.). […] Ecco le sue parole : « Graziosissimo nelle sciocchezze facendo da Policinella, ho conosciuto un Francesco Baldi imitatore d’Andrea Calcese detto Ciuccio, che mi dicono essere stato impastato di grazia ; e pur costoro non sapeano che fusse rettorica, nè arte di facezie, nè sali per arte ; ma per natura. »
Fu in breve tempo acclamato come uno de’migliori artisti dell’ epoca sua, al fianco della Tessari, di De Marini e di Vestri. […] Adamo Alberti ne’ suoi Quarant’anni di Storia del Teatro de’ Fiorentini in Napoli (ivi, 1878), dice che Luigi Belisario era un distintissimo attore comico ; ei recitava con grande spontaneità, e spesso improvvisava la sua parte con tanta verità, che il pubblico lo applaudiva credendo che la sapesse a memoria. Egli era un uomo molto erudito, traduceva dal francese con molto spirito e le migliori opere del repertorio erano sue traduzioni.
Licenziata dalla carica, ma non abbandonata da una sola delle sue allieve, tanto perseverò, serena e fidente, che la sua scuola fiorì per trenta e più anni, dando all’arte attori e attrici, come il Maggi, l’ Emanuel, la Campi, la Reinach, la Boccomini, la Migliotti, il Diotti…….. […] Le recite di beneficenza date dalla sua scuola non si contano.
Figlio di un ciabattino di Udine, dove nacque verso il 1780, fu allevato nel mestiere del padre, morto il quale, vagando di paese in paese, or questo or quello frecciando, s’ imbattè in una piccola compagnia di comici che lo accolsero in qualità di socio, e da cui fu licenziato, dopo la prima sua comparsa in pubblico. […] Dalla Compagnia del Perotti, passò in quella di Antonio Raftopulo col ruolo di secondo caratterista, poi in altra secondaria con quello di primo assoluto ; e tanto crebbe in rinomanza collo studio indefesso, col ferreo volere, e colle chiarissime attitudini, che il Perotti lo richiamò e lo tenne con sè fino alla sua morte, accaduta nel 1820. […] Come artista ebbe valore incontestabile, e Francesco Augusto Bon scrisse apposta per lui parecchie delle sue commedie.
Sono le sue lodi, come quelle de'suoi compagni, nell’introvato libretto della Scena illustrata, che ho trascritto al nome dei singoli artisti da Fr. […] La vediamo molto applaudita a Bologna nel 1634, specialmente in una sua fatica, La Pazzia, forse la stessa d’Isabella, rimaneggiata e ammodernata. […] E con nuovo amoroso alto stupore e lega l’alme, e le sue note scioglie, slega la voce, e fa prigione il core.
Oggi è tornato capocomico in società con Pieri, slanciando qual prima attrice sua moglie Edwige. […] Se nella sua recitazione si potè notare talvolta una cotal mancanza di sincerità, essa fu compensata a esuberanza da scatti di passione, calda, violenta, ch'ei serba tuttavia, nei quali è il segreto di tutta la sua forza.
Agostino Dolce fece imprimere nel 1605 la sua Almida da me non veduta. […] Or vediamo se l’altra sua tragedia delle Gemelle Capuane meritava di entrare in una scelta di tragedie. […] Dice che si è piegata a compiacerlo e ad ammetterlo furtivamente nella sua stanza per ambizione di vedersi moglie di sì gran guerriere. […] Aristodemo Greco di Messenia può dirsi un nuovo Agamennone, e Merope sua figliuola una novella Ifigenia. […] La sua colpa la salva, e la sua colpa Pur la condanna.
Trascrivo dal Bartoli : « Lasciata Vicenza sua patria con qualche studio fatto nelle prime scuole, passò alla comica professione facendo da innamorato. […] È uomo intraprendente, abile ed onorato, e trovasi presentemente (1782) colla sua Truppa nella Dalmazia. »
Reca diletto il poter vantare un Petrarca tra’ primi coltivatori della drammatica, benchè non ci sia rimasta la sua Filologia commedia da lui scritta in assai tenera età ch’egli volle involare agli occhi de’ posteria. […] Se non avesse questo Ferrarese dati in Italia continui saggi della sua eccellenza in tale esercizio, l’avrebbe il Petrarca paragonato a Roscio? […] La scrisse nella sua età giovanile, e l’intitolo Paulus comoedia ad juvenum mores corrigendos. […] Andres, che fin dal principio del XIV secolo acquistossi gran fama Algertino Mussato celle sue storie, e colle sue poesie latine. Nel suo Ezzelino, e nella sua Achilleide vide Padova i primi saggi di tragedia che siensi dati dopo il tempo de’ Romani .
Se non avesse questo Ferrarese dati in Italia continui saggi della sua eccellenza in tale esercizio, l’avrebbe il Petrarca paragonato a Roscio? […] La scrisse nella sua età giovanile, e l’intitolò Paulus comœdia ad juvenum mores corrigendos. Giovanni Manzini della Motta, nato nella Lunigiana, scrisse verso la fine del secolo alcune lettere latine, ed in una parla d’una sua tragedia sulle sventure di Antonio della Scala signore di Verona, e ne reca egli medesimo, dice il chiar. […] Andres, che fin dal principio del XIV secolo acquistossi gran fama Albertino Mussato colle sue storie e colle sue poesie latine. Nel suo Ezzelino e nella sua Achilleide vide Padova i primi saggi di tragedia, che siensi dati dopo il tempo de’ Romani.
Terenzio si prevalse di entrambe nell’accozzar la sua favola, e ritenne il titolo della prima. […] Esce egli dalla casa della moglie pieno di tristezza, e al veder la madre si sforza di dissimular la sua pena, benchè i segni ne scappino fuori ad onta della sua industria. […] Clinia attende la sua Antifila ch’egli lasciò povera con una sola fante. […] In grazia sua non svigno. […] Crede egli che Ctesifone sia in villa, mentre si trova colla sua donna e con Eschino in casa di Mizione.
Ma morto il padre, il desiderio di calcar le scene lo vinse, e a sedici anni fece le sue prime prove col celebre Taddei, scritturandosi poi col Pellizza, secondo amoroso, poi, nello stesso ruolo col Domeniconi, sotto il fratello Tommaso primo attor giovine. […] Ma eccolo dal '56 al '60, i quattro anni che accrebbero e cementarono la sua riputazione di artista, con Cesare Dondini, di cui diventa socio più tardi, a fianco di Clementina Cazzola, che doveva poi essere la donna del suo cuore e la madre dei suoi figli. […] Vi hanno frasi di tragedie e di drammi passate nella illustrazione sua in proverbio. […] Salvini ha potuto della sua voce far tutto ciò che ha voluto. […] Egli aveva la consapevolezza piena della sua forza, si piaceva giocar con le difficoltà dell’arte.
Venghiamo a qualche particolarità di ciascuna delle sue favole. […] Un quadro compassionevole della sua famiglia chiude la tragedia. […] Non è stato del pari felice Alfieri nella sua Rosmunda. […] Dopo le Meropi Volteriana e Maffeiana Vittorio Alfieri ci astringe ad ammirare con vero diletto la sua ch’egli dedicò alla contessa sua madre nell’ agosto del 1783. […] Vedi Giustino nel libro XV delle sue Storie.
Era il nostro comico Flaminio. » Una sua lettera del 30 agosto del '57 da Bologna a un Ministro del Duca, ci fa sapere come il settembre e l’ottobre la Compagnia si recasse a Firenze e l’autunno a Venezia al San Samuele, chiamatavi da S. […] Il luglio del '59 si trovava a Siena, come abbiamo da una sua lettera a Francesco Toschi, colla quale accettava di far parte della Compagnia del Duca di Modena sì per l’autunno, sì fino a tutto il carnovale. […] Flaminione fu illustre nella sua professione e amato da' più grandi d’ Italia, specie da Cosimo III granduca di Toscana. […] Flaminione accettò ; ma l’ambasciata non ebbe luogo, perchè in capo a quindici giorni Masaniello fu destituito dalla sua pretesa regalità, e Flaminione di cui fu riconosciuta la probità, potè restituirsi a sè stesso. […] La sua casa era presso al Convento delle Fanciulle.
Il signor D'Origny (non voglio discuter qui l’errore dell’affermazione sua sulla maggiore o minor riuscita di una scena d’amore recitata da due amanti), ha voluto alludere alla special condizione degli Scherli, i quali, non sappiam bene per colpa di chi, ma forse di entrambi, essendo l’uno tutto dedito agli studi e taciturno, e l’altra incline alle esaltazioni…. e ad altro, visser quasi sempre separati. Tornato di Francia, Leopoldo, che aveva mostrato in varie circostanze un cotal ingegno poetico, si diè ad allestire un volume delle sue rime, che pubblicò in-12° a Lucca il 1760 per Filippo Maria Benedini. Lo vediamo il '66 in Compagnia di Pietro Rossi ; poi, allontanatosi per alcun tempo dal teatro, bibliotecario del Senatore Davia a Bologna, poi di nuovo attore, recitando in varie compagnie, ma con poca fortuna, a cagione della sua austerità e taciturnità, a proposito della quale il Bartoli racconta che « andando un giorno a desinare con Andrea Patriarchi, non fu mai sentito pronunziare una parola durante tutto il tempo della tavola, e col solo saluto da quella casa partì. » Fu anche a Palermo, e quivi stette alcun tempo col Nobile Spaccaforni, qual segretario. Toltosi da quell’Ufficio, fu da altri incaricato di formar una compagnia per quella città ; e recatosi a Venezia, la formò difatti, e la condusse a Palermo ; ma essa era di sì mediocri elementi, che subito cadde, procurando allo Scherli rimproveri senza fine, e così fatti da essere forse principal causa della sua morte. Il Bartoli ne fissò la data nell’autunno del 1776 : ma è certo erronea, dacchè lo Scherli pubblicò la sua scelta di rime nel '77 a Palermo.
Sappiamo però che nel periodo parigino l’autore si dedicò, come avvenne per altre sue opere, alla prosecuzione del testo e alla sua revisione. […] E in tale stato ciascuna passione ha la sua espressione particolare e la sua propria fisonomia. […] Ma questo non basta all’esercizio dell’arte sua. […] Secondo questo rapporto ciascuna ha il suo carattere proprio, le sue passioni, le sue espressioni. […] La sua completa imitazione, la sua maggiore efficacia, la sua stessa perfezione diventerebbe imperfezione e difetto, e nuocerebbe al fine dell’arte; perocché la sua illusione medesima riprodurrebbe l’effetto di quella sensazione ingrata, che il vero in tal caso produce, e che le arti debbono prudentemente sfuggire.
Figlia del precedente e di Lucilla Pasini veneziana e non comica, artista egregia, oggi, per le parti caratteristiche nella Compagnia veneziana di Zago e Privato, iniziò la sua vita artistica, seguendo il padre giacometto nelle sue prime peregrinazioni, per diventar poi la prima donna della Compagnia sociale italiana, nel qual ruolo si mantenne, apprezzata e applaudita, per oltre venti anni.
La rettorica è quella che disponendo a sua voglia delle regole e delle parole, e servendosi di esse come di veicoli delle idee, comunica loro quella espressione, che da sé sole non avrebbero fra le mani di un grammatico. […] Il Geminiani serberà chiara lungo tempo la sua memoria presso agl’intelligenti a motivo della sua perizia nell’imitar lo stile del suo maestro, e nella esecuzione, come il Somis per la flessibile leggerezza, uguaglianza, soavità e limpidezza del suo stile. […] Egli comprese in tutta la sua forza la verità del precetto d’Orazio. […] La pittura e la scoltura si fermano imitando, a così dire, nella scorza dell’uomo; il canto penetra fin nell’anima, l’avverte della sua esistenza, ne risveglia la sua attività, e ne dipinge le sue modificazioni più intime. […] Alle volte nembi di rose piovevano sulla sua carrozza, quando egli sortiva dopo aver recitata una cantata.
Egli sopravvisse al 546, ma s’ignora l’anno della sua morte. […] L’introduce in sua casa perchè pensa che avrà bisogno della di lui opera. […] Viene Saturione colla Vergine sua figliuola abbigliata all’orientale. […] Anzi Plauto nella sua favola Miles Gloriosus (at. […] Nel libro I, c. 10 delle sue Spiegasioni Plautine.
Comunque sia, l’Angelica nostra era la colonna della Compagnia dei Comici Uniti, quando nel 1580 si unì a Bergamo per qualche giorno con quella dei Gelosi ; nella quale occasione Cristoforo Corbelli dettò il seguente MADRIALE Non più col foco de i sospir sperate, nè con quello d’amore, voi, cui tutt’arde in strano incendio il core, far, ch’Angelica un poco senta ne le sue fiamme il vostro foco : che, com’aspide chiude sordo agl’incanti le sue orecchie crude. […] Passò poi l’Alberghini ne’Comici Confidenti : chè sotto ’l nome appunto di Angelica Alberghina, Comica Confidente fu commendata da Jeronimo Cassone fra le sue rime impresse nella Raccolta di Genova del 1591.
Nella sua beneficiata al Valle di Roma, recitando la Maria Stuarda di Schiller, fu una pioggia non interrotta di fiori e sonetti ed epigrafi, con dono agli spettatori del suo ritratto, disegnato da Carolina Grasselli Scröther. […] Anche a Torino, per sua beneficiata, vi fu il dono de’ ritratti dell’artista. E questa manifestazione di stima, strana nel suo riprodursi, mi fa pensare a quell’artista che a ogni serata d’onore riceveva la sua stessa corona d’alloro….
Marchetti Angelo, di famiglia lucchese, studiò pittura in patria, andando poi a perfezionarsi a Viareggio sotto due fratelli di sua madre, Emilia Rustici. […] Dopo alcune recite al Teatro Partenope, fu scritturato da Adamo Alberti a' Fiorentini, quale amoroso a vicenda con Luigi Monti, assumendo alla sua partenza il ruolo di primo attor giovine a fianco della Sadowski, della Cazzola, della Monti, di Taddei, di Alberti, di Bozzo, di Majeroni, di Tommaso Salvini, di Angelo Vestri, di Marchionni e di Virginia Marini, con la quale passò poi in Compagnia di Alessandro Monti. Quindi cominciò veramente a farsi popolare il nome di Angelo Marchetti, che fra le tante sue interpretazioni, ammiratissimo per castigatezza e slancio, diventò sorprendente in quella di Armando nella Signora dalle Camelie, colla quale, a fianco di Virginia Marini, il grande astro saliente, allora, formava il più bel duetto artistico che mai si potesse credere.
Molte delle parti nelle Fiabe del Gozzi e nelle sue Commedie tratte dallo spagnuolo furono scritte per lei. […] Bartoli ci fa sapere come « al suo valore non corrispondesse ancora il di lei personale, che per essere basso, e pingue di soverchio le fu di molto discapito nell’arte sua. » Di ciò fa cenno anche il Gozzi nel canto ditirambico : L'Angelina il monte assaglia, ma s’ingrassi un po' più adagio. […] Le scene violente ch'ella ebbe di continuo con lui per vedere la eredità paterna insidiata da ridicoli amori, resero incompatibile la sua dimora in Compagnia, sicchè, avanzando negli anni, determinò di togliersi col marito dalla professione.
In un altro giorno il re per trattenerlo piacevolmente fè rappresentare una specie di commedia, di cui furon pure le attici le tre sue sorelle vestite bizzarramente con abiti nuovi ed eleganti1. […] La sua magnanimità sveglia nello spettatore una sublime idea del nobil suo carattere. […] Si dà una sontuosa immagine di un piatto descritto come una mettà del globo celeste colle sue costellazioni. […] Nuova rinomanza acquista questo poeta per l’elegantissima versione fatta delle sue poesie dal celebre p. […] Speriamo che nuova luce sul teatro di Ansano abbia ad apportare l’eruditissimo Sacerdote Uomobuono de’ Bucachi che stà tessendo la storia della sua patria.
E pur cosi quando del Norte ai liti in te lo Sveco eroe par redivivo, e le sue gesta e sua fierezza imiti. […] Ma rientrati gli austriaci vittoriosi e trionfanti nel Veneto, si vendicaron tristamente di lui, atterrando e distruggendo la casa e la terra ch'egli aveva in Treviso, frutto del suo ingegno e delle sue fatiche. […] Tutta l’opera sua nella stampa della Giovine Italia. […] Gustavo Modena e l’arte sua di Luigi Bonazzi, che ha data un’idea abbastanza chiara, a noi che non avemmo la sorte di sentirlo, della sua artistica grandezza. […] Una conferenza di Carlo Zangarini (Bologna, Zanichelli, 1900), ov'è tutto l’entusiasmo della sua gagliarda giovinezza.
» Meglio non avrei potuto cominciar le note sul forte artista che con questa lettera, la quale dice chiaro nella sua concisione, nella sua modestia, non discompagnata da una certa alterezza, l’indole dell’uomo. […] Ma quando si presenta ai lumi della ribalta, forte di quegli studj, sicuro di sè, vissuto ben lungo tempo nel suo personaggio, fattolo spirito del suo spirito e carne della sua carne, il pubblico si trova sempre dinnanzi a un’opera di novazione, discutibile certo, ma certo opera d’arte, e della grande arte. A testimoniar dell’ingegno e degl’intendimenti artistici di Giovanni Emanuel, del suo metodo di studio, de’ suoi timori, della sua forza, della sua perseveranza, della sua alterezza, e soprattutto della sua sincerità, ecco alcuni brani di una sua lettera del 12 gennaio ’87, indirizzata al Direttore del Fieramosca di Firenze, a proposito appunto della interpretazione nuova e inattesa dell’ Otello, che generò discussioni e polemiche non più udite, e, direi quasi, non più visti accapigliamenti. […] Eccovela : studiate prima a memoria le parole, poi pensate a quale classe sociale appartiene il personaggio : mettete dentro a quel personaggio tutto il vostro cuore e la vostra mente : sentite la sua passione come la sentireste voi stessi se vi trovaste nel suo caso : provate cinque, sei, sette volte quella parte alla mattina come pensate di farla alla sera…. e la creazione è fatta. […] Alcuni di quei comici, e ve ne han pur tanti, che lottan colla fame, e imprecan contro l’arte, e…. non infilan quattro parole al lume della ribalta senza uno sproposito, trovaron ridicole ed esagerate le esigenze artistiche di Emanuel ; e le sue furie per una papera, per una battuta ritardata, per una intonazione sbagliata, chiamarono pazzia.