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34. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Delle scene »

Le più nuove fantasie, i più gran ghiribizzi del mondo, trabiccoli, centinamenti, tritumi, trafori, ogni cosa è messo da loro in opera, purché abbia dello strano. […] Quando saltò su un certo Licinio matematico, che aperse loro gli occhi. […] E il simile avviene anche talora delle volte, che si rimangon zoppe o monche, posano da una banda e non trovano dove impostarsi dall’altra, quasi sogni di gente inferma, che non hanno nelle loro parti connessione veruna. […] Non vorrei né meno che da noi s’imitassero quelle loro pagode e quelle torri di porcellana, salvo se cinese non fosse il soggetto dell’opera. […] Lo stesso è delle comparse, che non si vorrebbon mai far andare colà dove i capitelli delle colonne giugnessero loro alle spalle o alla cintola, dove venissero a toglier via l’illusione della scena.

35. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo settimo »

Le loro antiche fiere, ovvero siano feste carnascialesche chiamate Wirschaft, che con grandissimo apparato di comparse e di suoni vi si celebravano; la musica strumentale da loro coltivata con impegno; la magnificenza degli elettori di Baviera, di Sassonia, dell’Imperador Leopoldo, e d’altri principi che non risparmiavano spesa né diligenza affinchè riuscissero sontuosissimi gli spettacoli che si davano alle loro corti, aveano di già appianata la via al melodramma. […] Ma ciò che ha la moscovitica di particolare, si è che la poesia veniva esclusa dai loro componimenti musicali, perocché i russi non cantavano se non la prosa. […] Coloro che non comprendono come la lingua greca fosse cotanto musicale, troveranno in un barbaro idioma formato tra i giacci e le paludi del settentrione convenevol risposta ai loro dubbi poco fondati, e le nazioni meridionali, che fiancheggiate da filosofiche teorie stimano se sole essere state privilegiate dal cielo per ricevere e rimandarne le dolcissime scosse dell’armonia, dovranno confessare di non poter coi loro linguaggi neppur venire al paragone (almeno in qualche circostanza) con un idioma scitico. […] La novità colpì, qualmente si dovea aspettare, i grandi della nazione, ed ecco a gara coltivarsi da loro la musica, anche per imitare l’imperatore, il quale avea cominciato a tener accademie regolate di musica due volte alla settimana nel proprio palazzo. […] La musica e la poesia italiana non possono adunque se non assai debolmente influire sulla civilizzazione dei russi, i quali, ignorando le ascose cagioni della loro bellezza, altro non saranno giammai che languidi e freddi copisti.

36. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 722-723

Il quale pare stia a provare come regnasse un’antica ruggine fra loro per gelosia di mestiere, e come anche Costantini fosse d’indole piuttosto ribelle. […] Battista Constantini detto Cintio comico, fu assalito da questi sbiri per catturarlo à causa della Caccia, ma il medesimo Cintio si ritirò in una bottega di speciaria di questa Piazza, et ivi contro i medesimi essecutori pose mano et evaginò la spada, tirandoli delle stocate per essimersi dalle loro mani, come depongono li Testimoni. Lui stesso confessa che li sbiri l’assalirono per pigliarlo in Piazza, e che nel correre in detta speciaria, vedendosi seguire da essi sbiri pose mano alla spada contro di loro, ne voleva che lo pigliassero, e che voleva sapere prima d’ordine di chi lo volevano pigliare, sì che poi loro li dissero essere per ordine di Vostra Altezza Serenissima, onde si rese a detti Esecutori, che condussero prigione, che sono le formali della di lui confessione.

37. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »

I professori, che hanno tutta l’anima nelle dita, stimano che altre cognizioni non vi siano d’apprendere nell’arte loro fuor di quella di prestar il cembalo, e di seguitare l’usanza. […] Il canto è quello che li determina, dando loro un valore e una durazione esprimibile per alcuno dei segni musicali. […] Le quali diversità non vengono comunemente notate nella Lombardia, ma sono principalissime presso a’ toscani, come si vede negli autori loro, ed io ho non poche fiate osservato. […] Al che s’aggiugne eziandio l’indole de’ loro versi, i quali, essendo dappertutto rimati, e dovendo la musica fare su ogni rima una qualche pausa, l’andamento del recitativo divien tardo, noioso, e difficile. […] ognun vede quanto accresca loro d’armonia quell’“io canto” messo infine.

38. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Mediolani 20 Iunii 1601. » pp. 242-244

Infatti noi vediamo il marzo 1581 la Vittoria, prima donna di Pedrolino, supplicare con le più dimesse parole il Duca Alfonso di Ferrara, di ridonar a entrambi la sua protezione, che sembrò loro tolta, quando Pedrolino, trovandosi al soldo di certo Ettore Tron, non potè recarsi a Ferrara a recitarvi il carnevale secondo le richieste del Duca. […] ma con ogni debito di riuerenza la supplicano à far loro grazia di una lettera di fauore al S.r Conte de Fuentes, che uoglia dar loro licenza di poter recitar Comedie in Milano, finito c’ haueran di seruir qui à Modona, e pregandole da Nostro Signore felice fine d’ogni suo desiderio aspettano quanto prima la grazia, acciocche altra Compagnia non gli preuenga. […] Altezza di Savoia con ogni debito di riverenza la supplicano a far loro gratia, che possano in Milano nella stanza solita del suo Palazzo recitar le loro honeste Comedie ; hanno già supplicato, et hora di nuovo supplicano mandando messo à posta ; confidano nella sua benignità ed offrendosi prontissimi ad ogni suo cenno le pregano da N.

39. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO II. In quali cose si rassomigli ogni Teatro. » pp. 12-22

Troviamo perciò nella storia anteriore ad ogni profana produzione gli oracoli composti da sacerdoti gentili, le Greche poesie nomiche e ditirambiche ad Apollo e a Bacco, i versi saliari del Lazio, gl’inni Peruviani al Sole, quelle de’ Germani alle loro guerriere divinità, e tanti altri. […] Cominciando dagli Ebrei l’opera letteraria più antica sono i Cantici del loro legislatore Mosè. […] I Celti nazione più antica é più potente de’ Goti pregiarono sommamente i loro Bardi. […] Secondo Tacito i Germani non aveano altra storia se non che i canti de’ loro Bardi. […] I Messicani ne insegnavano alcune a’ fanciulli, le quali contenevano le imprese de’ loro eroi e servivano d’istorie.

40. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO I. Stato della poesia scenica in Francia. » pp. 3-12

Anche i Confratelli detti della Passione continuavano a pascere delle loro grossolane farse la nazione. […] I Confratelli vi si sottomisero; ma non istimando di poter continuare a montar sul palco con loro decoro, cessato l’oggetto della loro confraternita, si diedero ad ammaestrare alcuni nuovi attori che rappresentarono sino al 1588, quando il teatro fu ceduto ad un’ altra compagnia di attori formata in Parigi con real permissione. […] De Voltaire, vendevano a’ commedianti che giravano per la Francia, le loro composizioni a dieci scudi l’una. […] I primi commedianti Italiani che aprirono il loro teatro comico in Francia, furono i Gelosi che nel 1577 per privilegio ottenuto dà Errico III rappresentarono in Parigi. […] Io sono però d’avviso che essi appena ne trassero i nudi argomenti, che poi vestirono alla loro foggia.

41. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

Una tale evidenza si trova però essere falsissima svolgendo anche leggermente le loro storie. […] Che i Greci, massimamente i primitivi, considerassero i loro musici e i loro poeti come rivestiti d’un carattere legislativo si vede da ciò che le loro prime leggi, le prime politiche istituzioni, furono tutte promulgate in versi accompagnati dalla musica. […] Erano essi così persuasi che fossero una specie di rito religioso che per loro l’assistere a’ teatri era lo stesso che confessarsi tacitamente idolatra. […] Ma non sono né favolosi, né alterati, se per prodigi s’intendano i meravigliosi effetti morali prodotti dalla musica sugli animi dei Greci sulla loro educazione, sulla loro politica, sui loro costumi, e il dubitare di questi se non paratamente, almeno in grosso, e quanto basta per attribuire alla loro musica una sorprendente energia, è lo stesso che spingere il pirronismo storico al grado cui lo spinse lo stravagante e pazzo Arduino. […] Niente v’ha di più comune che il vedere certi scrittorelli, i quali privi d’ogni talento filosofico e forniti soltanto d’una sterile filologia, credono, ciò nonostante, d’essere divenuti gli Ettorri e gli Arganti della loro nazione e del loro secolo menando colpi a diritto ed a rovescio contro chiunque non s’assoggetta a’ loro privati e piccoli pensamenti.

42. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » p. 1023

ra Lucrezia sua Madre, mi sono volontieri e di buon animo risoluto di mostrare ad esse un attestato della mia munificenza à loro utile e vantaggio, con le ingionte Propositioni. […] ra Clarice il mio attual servizio con l’annuo stipendio di Doppie trecento all’anno, et in oltre m’obligo à luogare le sue due sorelle della medes.ª nelgrado di loro inspiratione, si di monacare, come di maritarsi, fitto di casa p habitatione della med.ª S.ª Clarice, come della sud.ª sig.ª Lucretia sua madre coll’obligo di habitare continuam. […] ma protettione, correndo però l’obligo, si ad essa che alla madre, non ricevere servitio di qualsisia Pupe anco loro naturale, nè andar à recitare positivam.

43. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1009-1013

Essa racchiude le scene francesi che furono, si può dire, incastonate ne’ loro soggetti, de’ quali non sarebbe stato possibile dare distesamente lo sviluppo. […] I comici italiani non imparan nulla a memoria ; a loro basta, per recitare una commedia, di averne visto il soggetto un momento prima di andare in iscena. Di tal guisa la maggior bellezza delle opere loro è inseparabile dall’ azione, dipendendo il successo di esse esclusivamente dagli attori che dànno loro maggiore o minor pregio secondo il maggiore o minore spirito, e secondo la situazione buona o cattiva nella quale si trovano recitando. […] Ma la loro irragionevolezza sta nel fatto che i novecento esemplari depositati presso il collega Ottavio (Gio.

44. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 508-512

Il Duca di Modena aveva loro ordinato di andare per proprio conto a Modena, e di là a Genova, dopo il carnovale di Roma. Ma gli scriventi, dopo di avere annunziato essere in trattative con certo Don Ferdinando Baldese per la stagione di Pasqua a Napoli, ove sarebbero andati a tutte sue spese con teatro e abitazione per la Compagnia, pagati, e con altre condizioni molto vantaggiose, si dichiarano pronti a eseguire gli ordini di Sua Altezza, raccomandandosi in ogni modo, acciocchè voglia somministrar loro il bisognevole per fare un viaggio tanto dispendioso. Il Duca Francesco ordinò al Tesoriere Zerbini di pagare in Roma a vista all’ abate Ercole Panziroli doppie dieci d’Italia, da darsi al Truffaldino e al Dottore per valersene nel viaggio da Roma a Modena a conto delle loro provvisioni : una miseria codesta, se vogliam credere che il bisogno fosse reale. […] Altra supplica dei Savorini abbiamo al nuovo Duca, morto Francesco, con la quale espongono la loro critica posizione e domandano un ajuto. […] Da quel momento Gaetano Sbodio, « ambrosiano del vecchio stampo, dal cuor largo, dal buon senso caratteristico, dall’amore tradizionale per la rettitudine e per la giustizia, condita con quel pizzico di umorismo onestamente mordace, che rende i Lombardi formidabili negli incruenti duelli della parola e nell’ espressione dei loro giudizj (Ferravilla e Compagni, Milano, Aliprandi, 1890) », potè anche dirsi il più popolare degli artisti milanesi.

45. (1772) Dell’opera in musica 1772

Poi qualche riflessione aggiugneremo sul loro stile. […] Condotti dalla loro propria esperienza. […] Quindi derivò l’alta considerazione in cui questa venne tra loro. […] Il Cinese industre, il molle Persiano, il maomettano fastoso, e lo stesso rozzo Americano, nell’architettura de’ loro edifìzi, nella simmetria de’ loro giardini, negli adobbi delle loro abitazioni, hanno di che adornare con novità le nostre scene. […] Quindi è che poca pratichezza mostrano nella loro professione que’ maestri di balli, che tutta la loro attenzione consumando attorno a’ primi ballerini, lasciano i figuranti in loro balia.

46. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIII. » pp. 182-206

.): “I Poeti, i quali nulla curando che le loro Commedie, o Tragedie occupino con plauso i pubblici Teatri...” […] Così pare, che l’intendiate voi con dire i Savj solitarj ne’ loro Gabinetti. Nò, amico, costoro con quanti per elezione, principj, o instituto, vivono a così fatto modo, paghi del loro cannocchiale, de’ loro rosi rimasugli dell’antichità, delle loro arrugginite medaglie, de’ loro alfabeti Orientali, della loro notte Metafisica, delle loro guastade, e de’ lambicchi chimici, meritano ogni rispetto, ma non si debbono rimovere dal loro centro, poco atti essendo per la loro rintuzzata sensibilità a intendersi e a gustare delle amene leggiadre Lettere. […] non sono prezioso ornamento de’ loro Gabinetti, non meno che delle più scelte Biblioteche? […] Gli stessi Strioni sono forse oggidì così dediti a’ loro Soggetti dell’Arte, che gli vadano seminando per l’Italia?

47. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 704

Tempre entrambi di valenti artisti, avrebbero avuto miglior fortuna e maggior rinomanza, se una turba di figliuoli non fosse venuta a porre un ostacolo alla loro carriera. […] Nacquero dal loro matrimonio tre maschi e tre femmine tutti comici : Romeo, Ildobaldo (morto), ed Ermete ; Giulia maritata Bonfigli ex comico, Imelda maritata Bouchard, ed Argia maritata Tovagliari, che ho veduta e ammirata nella Compagnia dialettale siciliana di Giovanni Grasso.

48. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »

La possanza dell’una e dell’altra a risvegliar idee grandi, sublimi, e fuori dell’ordinario si vede da ciò che spesso i sacri Profeti avanti di proferir i vaticini ispirati loro da Iddio, richiedevano il suonatore, che risvegliasse loro lo spirito. […] Cotale studio suppone nell’ambizioso uno spirito d’osservazione, e di sistema capace di rilevar la connessione delle cause coi loro eventi, e di risalire fino ai principi. […] [29] Che se pochi autori hanno osservate ne’ loro scritti siffatte distinzioni, se si leggono arie, recitativi, e duetti lavorati su principi diversi, ciò altro non prova se non che pochi autori hanno penetrato nello spirito dell’arte loro, e che appunto veggonsi tanti drammi noiosi e languidi perché non sono stati scritti secondo le regole, che prescrive una critica filosofica. […] Supponghiamo che Carlo VI avesse avuto genio contrario, que’ poeti per secondarlo avrebbero fatto andare tutti i loro componimenti a tristo fine, e dall’esempio loro si sarebbe cavata una regola inviolabile pei suoi successori. […] Terza: gli spazi che i colori divisi dal prisma e ricevuti su una carta occupano sopra la carta si ritrovano fra loro nella stessa ragione, che i numeri esprimenti gli intervalli dei tuoni musicali.

49. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »

Sino a tanto che le arti sono rozze per ancora, l’amore della novità è vita di quelle; ond’hanno incremento, maturità e perfezione: ma giunte al sommo, quel principio medesimo che diede loro la vita è anche quello che dà loro la morte. […] Perché non rimettere i liuti e le arpe, che col loro pizzicato danno a’ ripieni non so che del frizzante? Perché non restituire il loro luogo alle violette instituite già per fare la parte media tra i violini e i bassi, onde risultava l’armonia? […] E ad ottenere tal loro intendimento l’uscir bene spesso dalle righe, prodigalizzare i passaggi, ripeter le parole senza fine e intralciarle a loro piacimento, sono i tre principalissimi mezzi ch’ei mettono in opera. […] Non si trovava la via da accordare col nostro canto le orecchie dei Francesi, ed era da essi loro rigettata l’oltramontana melodia, come vi fu altre volte aborrita la oltremontana reggenza.

50. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IX. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 426-437

Migliavacca autore della Tetide e dell’Armida, Coltellini dell’Almeria e dell’Antigona (che io non ho ancor veduta), e Vittorio Amedeo Cigna di più d’un dramma tollerabile, non hanno la delicatezza, il sublime, il patetico, la maestà, l’eleganza, il calore dello stile di Metastasio; i loro disegni non sono sì ricchi e giudiziosi, le loro invenzioni non sono originali, o da passar come tali, i loro colpi di teatro, i loro quadri spariscono a fronte del colorito vigoroso di Apostolo Zeno, e di Pietro Metastasio270. […] Di cambiar con pravo consiglio il sistema dell’opera italiana per quello della francese, mentre che i francesi alquanto spregiudicati si studiano d’imitar la nostra; di maniera che noi siamo in procinto di cader nelle miracolose stravaganze del teatro lirico francese, ed essi in caso di cagionare in questo una crisi favorevole, e convertir l’opera loro in tragedia confinata all’imitazione della natura, com’é la nostra. […] In oltre la necessità di soddisfar l’occhio, e l’amor natural del maraviglioso introdusse ne’ teatri e fa sussistere le decorazioni; ma un ingegno illuminato dal Dio del buon gusto, qual’é il Metastasio, ha saputo profonderle nella Nitteti, destinata pel teatro del ritiro di Madrid, ricorrendo al tesoro della natura, doveché i poeti musicali francesi le hanno cercate nel miracoloso e nelle trasformazioni istrioniche; e i nostri poetastri incapaci di vagliar il grano e separarne le paglie, di distinguer un francese dall’altro, e l’Ifigenia dai Silfi e dalle Barbe turchine, van dietro ai loro errori. […] L’istesso é già principiato ad avvenire a’ sedicenti filosofi francesi della nostra età, uomini per lo più di poco ingegno, di cuore freddo e di gusto depravato, che col loro pretesto spirito filosofico, e con quella loro ventosa loquacità, «quae animos juvenum ad magna surgentes (come disse Petronio) veluti pestilentiali quodam sidere afflavit» tarpano le ali alla fantasia, mettono a soqquadro le belle arti, e deprimono i gran modelli; uomini (parlo sempre per sineddoche) scostumati e sciaurati, nemici della ragione e della verità; uomini mezzanamente instruiti e superlativamente fanatici che per mostrare la loro esistenza, cospirano a distrugger tutto, e alla soddisfazione interna di essere ragionevoli antipongono la vanità di comparire straordinari e spiritosi alla moda; uomini anche in mezzo al loro vantato scetticismo dogmaticamente decisivi che presumono di essere i precettori del genere umano, e che vorrebbero a lor talento governare il mondo; uomini perversamente pensanti che disonorano il cristianesimo, la patria, l’umanità e la filosofìa tutto a un tratto; uomini solidamente audaci e feroci che quando possono scoccare qualche velenoso strale contro l’Italia, la religione, il sacerdozio e ’l principato, se la godono e trionfano e si ringalluzzano; uomini fieramente superbi e boriosi che quando veggonsi tassati nelle loro stravaganze e bestemmie, arruffano il ceffo con rabbia cagnesca, s’inferociscono, s’inviperiscono, s’imbestialiscono; uomini naturalmente maligni e astiosi che con cinica declamazione calunniano alla dirotta, sapendo che il volgo e i più, non la verità, ma l’opinione risguardano; uomini in somma che sono un composto d’ignoranza, di presunzione, di orgoglio, d’impostura, di malvagità, di demenza, e di suprema temerità, e a’ quali può anche a buona equità appropriarsi tutto ciò che il dottor del Genti nelle due epistole a’ romani e agli efesi scrisse de’ filosofi idolatri.

51. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO IV. Memorie drammatiche d’oltramonti nel medesimo secolo XIV. » pp. 140-147

I loro pezzi chiamati drammatici nudi di azione, erano anzi dialoghi che drammi , dicesi nell’introduzione alla Biblioteca Poetica Francese. […] L’amor del dialetto nativo fe dire all’abate Lampillas a che sin dal nono secolo i conti di Barcellona introdussero in quella provincia di Francia, in cui dominarono col titolo di duchi di Septimania, il loro nativo idioma ; e crede ciò provato a meraviglia coll’epitafio del conte Bernardo avvelenato nell’anno 844. […] mangiar de’ pomi ridendo con sua Madre, dire de’ paternostri cogli apostoli, e risuscitare e giudicare i morti: vi si udirono i beati cantare in paradiso in compagnia di circa novanta angeli, e i dannati piangere in un inferno nero e puzzolente in mezzo a più di cento diavoli che ridevano del loro supplizio: vi si vide ancora una volpe prima semplice clerico, indi di mano in mano vescovo, arcivescovo e papa, sempre cibandosi di polli e pulcini . […] Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, ed appresso montarono sudi un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a tal nuovo devoto divertimento.

52. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO III. Memorie drammatiche d’oltramonti nel medesimo secolo XIV. » pp. 41-46

I loro pezzi chiamati drammatici nudi di azione, erano anzi dialoghi che drammi, dicesi nell’introduzione alla Biblioteca Poetica Francese. […] Lampillas 36 che sin dal nono secolo i conti di Barcellona introdussero in quelle provincie di Francia, in cui dominarono col titolo di duchi di Septimania, il loro nativo idioma; e credè ciò provato a maraviglia coll’ epitafio del conte Bernardo avvelenato nell’anno 844. […] S. mangiar de’ pomi ridendo con sua Madre, dire de’ paternostri cogli Apostoli, e risuscitare e giudicare i morti: vi si udirono i beati cantare in paradiso in compagnia di circa novanta angeli, e i dannati piangere in un inferno nero e puzzolente in mezzo a più di cento diavoli che ridevano del loro supplizio: vi si vide ancora una volpe prima semplice clerico, indi di mano in mano vescovo, arcivescovo e papa, sempre cibandosi di polli e pulcini. […] Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, e di poi montarono su d’un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a questo nuovo devoto divertimento.

53. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 471

Li comici Confidenti, dei quali hora io mi servo, desiderano di haver voi in compagnia loro, il che anche a me piace, per intender la sufficienza vostra ; perciò mi sarà di non poca soddisfatione che, posponendo ogni cosa, vi transferiate qui a servire me et a compiacere loro, che vi amano molto.

54. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Come risponderemo loro per renderli meglio istruiti? […] Ma il loro svaporato cervellino mal sosterrebbe il travaglio di analizzar le dee che sono concorse alla formazione degli spettacoli teatrali. Appigliamci al partito più proprio per la loro capacità, rimandandogli a leggere ciò che in tal questione scrisse giudiziosamente M. […] I selvaggi cantavano le loro parole misurate. I villani dell’Attica cantavano le loro poesie nomiche e ditirambiche, e quando pensarono alla tragedia e alla commedia, le animarono perpetuamente colla musica.

55. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IX. Pregiudizj dell’Autore della Storia de’ Teatri, rilevati dall’Apologista. » pp. 95-111

Tiraboschi, e Bettinelli, ma il Varchi, il Gorini Corio, e il Quadrio, purchè parlino a modo dell’Apologista, ed iscreditino per loro fini, le Commedie Italiane del cinquecento. […] Feci altrettanto del Teatro Spagnuolo, perchè per la superiorità del Francese, il vidi passato di moda, e giudicai, che nè i nostri, a’ quali era divenuto indifferente, nè i nazionali, che l’aveano sotto gli occhi, vi avrebbero preso interesse, tanto più che sapeano che i migliori loro Letterati sospiravano per una riforma. […] Circa poi all’espressioni indecenti e a’ sacri detti applicati profanamente, il Signor Lampillas farà stupire ogni lettore, che per qualcheduno, che potrà trovarsene in Ariosto, alzi così rigidamente la voce, quando ne’ due passati secoli in tante migliaja di Commedie Spagnuole i Graziosi fondano in ciò la principale ricchezza de’ loro sali. Apra qualunque de’ loro Autori (appena salvandosi da tal contagio il solo Solis, se non m’inganno), e gli salterà agli occhi questa verità. […] E’ vero che il Signor Lampillas si oppone a questa riflessione con dire, che se quei zelanti conservatori della sanità del Teatro Spagnuolo rimproverarono Lope pel di lui strano modo di comporre, il fecero perchè aveano veduto il loro Teatro in altro stato di salute prima di Lope.

56. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « [Dedica] » pp. -

Altri ben si son dati la briga di riandare i muffi avanzi dell’antichità, e ci han data la storia del teatro greco e latino; ed altri han circoscritte le loro fatiche ne’ soli teatri della propria nazion di ciascuno. […] Oh quanto sono stimabili quegli scrittori che anche in cose di puro piacere discompagnar non fanno le loro vedute dalla sublime infallibile scorta della filososia, che é il più gustoso condimento di ogni opera, e senza di cui ogni opera non é che una pedanteria, una fanciullaggine! […] L’autore intanto, siccome esser lo deve ogn’uom di buon senso, é un partigiano dichiarato degli antichi e del loro buon gusto; ed il principale suo scopo sembra essere di rimenarvi, e di rassodarvi i moderni. […] L’opere degli antichi in questo genere (toltone alcune cose, che non sono, so non relative ai costumi de’ loro tempi) sono state e saranno mai sempre i nostri modelli: tutto l’oro, che più lampeggia fra noi, é stato tratto dalle loro miniere; e i moderni tanto più lusingar si possono di non mettere il piede in fallo, quanto più dappresso a questi grandi originali si accostano. […] Ma particolar riconoscenza gli debbono intanto gli amatori della drammatica, per aver aperto loro un largo campo da poter comparir dotti in queste materie, senza imprendere la penoso fatica di divenirlo a loro spese.

57. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 316-325

Il celebre Hennino Medico Tedesco riferisce che nella China si mette a una certa distanza dagli Attori un Coro di Musica, che regola da lungi le variazioni delle loro voci, e che, quantunque non si sentisse ciò che dicono, pure fa sì, che l’ascoltatore a forza di quel suono sia commosso dalle passioni, ch’essi vogliono destare. […] Quindi avvenne, che que’ due gran luminari della Greca e Latina eloquenza Demostene e Cicerone, col molto esercitarsi nello studio delle tragedie di Euripide, mirabili progressi fecero nell’arte loro. […] Ed il Piccolomini così interpreta sopra la Particella 30: Dal pubblico e dal comune su ordinato un magistrato, il quale avesse cura di quello che ai Poeti Tragici facesse per la recitazione delle loro tragedie bisogno. […] Onde i Poeti Comici si servivano per il Coro, non delle persone date loro dal Magistrato, ma di quelli che eglino stessi a voglia loro o di esse, si provvedevano. […] L’ardire e la franchezza, colla quale i Francesi (parlo per sinecdoche) soglion discorrere, giudicare e scrivere della letteratura forestiera, ch’essi poco o nulla conoscono, è un dono particolare, che la natura ha conceduto loro solamente.

58. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO IV. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 293-299

Apresi il teatro dopo la quaresima con quelle composizioni del secolo passato che conservano le due compagnie come loro fondi. […] Monache disperate, gelosi arrabbiati che danno a mangiare alle spose i cuori de’ loro amanti, uomini dabbene che vanno a rubare in istrada e son destinati al patibolo,   le sombre Falbaire, & Beaumarchais, & l’ennuyeux Mercier (diceva Carlo Palissot), e Diderot col suo Figlio Naturale in prosa dans le grand goût du larmoyant comique, come cantava scherzando Voltaire, ecco i tragici e i comici successori degli autori di Radamisto, dell’Alzira, del Giocatore. […] se i novelli venuti in Parnaso ad essi consacrano il loro tragico cittadinesco e comico lugubre? […] Ma chi guarirà certi letterati furiofili della loro demonomania delle mascherate infernali e de’ prestigj mitologici della verga incantata? Quella non curanza e quella desolazione a cui trovansi negli scrigni de’ loro per altro rispettabili autori condannate le Danaidi ed apparentemente i Meleagri, senza la quale l’Italia correrebbe rischio di piombare irreparabilmente fin anco in braccio a i Silfi ed alle Barbe torchine.

59. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CONCHIUSIONE. Dell’antica storia teatrale. » pp. 239-246

Cinesi, Tunkinesi, Giapponesi, Giavani, culti senza raffinamento, artieri senza delicatezza, naviganti senza coraggio, filosofi quanto basta per distinguersi da’ barbari, imitano le umane vicissitudini senza sceverar ne’ loro drammi gli evenimenti ridicoli da’ compassionevoli. […] Questi tre rari ingegni spiegavano tutta la loro energia nel delineare con maestria singolare le umane passioni, nel dipignere con verità e naturalezza i costumi, nel trionfare per una inimitabile semplicità di azione, sapendosi per tutto ciò egregiamente prevalere della più poetica e più armoniosa delle favelle antiche e moderne, e adoperando quasi sempre una molla per la loro nazione efficacissima, cioè la forza del fato e l’infallibilità degli oracoli consacrati dalla religione. […] Di buona fede siamo noi sicuri che a’ di di Aristofane sarebbero state accolte con pari effetto da que’ repubblicani baldanzosi e pieni sotanto della loro potenza e libertà finanche le greche favole, la Perintia, l’Andria, non che le straniere posteriori, l’Euclione, l’Eunuco, gli Adelfi, il Misantropo?

60. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo I. Ritorno delle Rappresentazioni Teatrali dopo nate le Lingue moderne. » pp. 181-187

Ma i figli de’ tartari antichi che inondarono le provincie romane, col nuovo governo che vi stabilirono, togliendoci i patri costumi, ci trasformarono nella loro barbarie; ed oh quanto tardi il tempo distrugge gli effetti di sì luttuoso vicende! […] Un sistema per indole portato a dividere più che a unire, tagliava ogni più dilatato reame in tante minute signorie, le quali se nella guerra per bisogno formavano un sol corpo, nella pace nulla quali fra loro, e poco s’attenevano al tutto. […] che tutte le muse doveano abbellirle di tutte le loro grazie? […] Era notabile in Roano la Festa Asinaria, nella quale intervenivano tutti i profeti antichi colle loro divise, e l’istesso Balaam sull’asina. […] E quando alcun di quelli celebrar volea solenne festa, costoro non mancavano di venirvi in folla per dar saggio del loro valore poetico, e farli gran nome.

61. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO III. Teatri Orientali. » pp. 17-27

Nel Tunkin si rappresentano ne’ tempj azioni teatrali, che formano una parte del culto di que’ popoli verso i loro idoli22. […] Girano perciò continuamente i commedianti Cinesi di casa in casa, innalzano in un attimo i loro teatri portatili, e recitano ne’ cortili o nelle piazze. […] Ma se la prostituzione, la dissolutezza de’ costumi, e la schiavitù rendono infami i commedianti nell’Oriente, non si lascia di ammirare la loro abilità di rappresentare, e sono in pregio gli attori eccellenti, e si encomiano soprattutti quei del Tunkin26. […] Gl’ interlocutori delle favole Cinesi sogliono essere otto o nove; ma i commedianti non sono più di quattro o cinque, e ciascuno di loro rappresenta due o tre parti. […] I balletti di tali donne voluttuose abbellite dal vago loro abbigliamento (descritto leggiadramente dal chiar.

62. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

Come risponderemo loro per porli nel dritto sentiero? […] Ma il loro svaporato cervellino mal sosterrebbe il travaglio di analizzar le idee che sono concorse alla formazione degli spettacoli teatrali. […] I Selvaggi cantavano le loro parole misurate. I villani dell’Attica cantavano le loro poesie nomiche e ditirambiche; e quando pensarono alla tragedia, e alla commedia, le animarono perpetuamente colla musica. […] Una copia esatta del vero, osserva egregiamente l’immortal Metastasio nel capitolo IV dell’Estratto della Poetica d’Aristotile, renderebbe ridicolo lo scrittore, il pittore, ed il poeta, essendo essi obbligati ad imitare non a copiare il vero, in maniera che non perdano di vista ne’ loro lavori la materia propria delle rispettive loro arti.

63. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 385

. – Gli umili offerenti hanno riposte le loro speranze nella comprovata magnanimità di un Pubblico tanto indulgente, e nella generosità della Nobile Guarnigione, e sperando di essere nei loro voti favoriti vi tributano in concambio stima, ris petto, ed una viva indelebile riconoscenza.

64. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VIII. Degl’Inventori del Dramma Pastorale. » pp. 86-94

Non si curarono, a quel che sembra, di coltivarla i Latini: ma de’ loro Drammi ci sono rimaste troppo scarse reliquie per assicurarsene. […] Che che sia di ciò, Virgilio, Calfurnio rinnovarono in Italia colle loro Ecloghe i Teocriti e i Bioni. […] Brumoy e ad altri ancora, che vorrebbero ricavarlo dal Ciclope; nè le altre moderne Nazioni possono sì di buon’ ora additarne pesta nelle loro contrade. […] E l’avere il Timoneda stampate le Commedie del Rueda dopo la di lui morte, è pruova della loro amicizia? […] Ora, caro Abate Apologista, alcuni Dialoghi del mestiere, della vita laboriosa de’ Commedianti Spagnuoli, e de’ loro costumi, sono in verità ben altra cosa che una Storia de’ Teatri delle antiche Nazioni e del Teatro Spagnuolo.

65. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO III. Teatri Orientali. » pp. 23-39

Nel Tunkin si rappresentano ne’ templi azioni teatrali, che formano una parte del culto di que’ popoli verso i loro idolia. […] Girano perciò continuamente i commedianti Cinesi di casa in casa, innalzano in un attimo i loro teatri portatili, e recitano ne’ cortili o nelle piazze. […] Ma se la prostituzione, la dissolutezza de’ costumi, e la schiavitù rendono infami i commedianti del l’Oriente, non si lascia di ammirare la loro abilità di rappresentare, e sono in pregio gli attori eccellenti, e sopra tutti si encomiano quei del Tunkinoa. […] Gl’interlocutori delle favole Cinesi sogliono essere otto o nove; ma i commedianti non sono più di quattro o cinque, e ciascuno di loro rappresenta due o tre parti. […] Giova trascrivere uno sqarcio del loro dialogo.

66. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 617-622

Di quella stagione il Beltrame Barbieri nel Capitolo XXXVI della sua Supplica ci dà la seguente notizia : Si trovava in Verona la Compagnia del Signor Adriano Vallerini Comico gentilhuomo di quella Città, Dottore et assai buon Poeta Latino, e volgare : e l’Eccellentissimo Signor Gouernatore di Milano inuitò quella Compagnia à dar trattenimento à quella Città ; i Comici accettarono l’inuito, et arriuati che furono, e fatto la prima Comedia, fu loro leuata la licenza dall’istesso Sig. […] Gouernatore chiedendoli la cagione, non sapendo in che haueuano errato d’haver vn tal affronto : rispose quello, che certi gli haueuano detto esser la Comedia azzione di peccato mortale, e che gli aueuano mostrato quello, che ne scriueua il loro Arciuescouo : i Comici cominciarono à dire le loro ragioni, ma il Sig. […] Il buon Prelato ascoltò le ragioni de'Comici : non mancauano li dua di portar Testi contro le Comedie, e non voleuano, che i Comici altercassero ragioni ; quasi volendo che l’autorità dell’habito potesse far autentica legge alle loro opinioni : ma l’amoreuole Superiore diceua, lasciateli dire, il douere è, ch'ogn’ vno dica la sua ragione ; ma perchè la cosa andaua in lungo, si trasportò il ragionarne all’altro giorno ; e così il giorno seguente all’hora deputata comparuero i Comici con l’autorità segnata ne' libri, e così fecero gl’altri che si trouarono inuitati, chi da vna parte, e chi dall’altra, oue che si contrastò vn pezzo, in vltimo il benedetto Cardinale decretò, che si potesse recitar Comedie nella sua diocesi, osseruando però il modo che scriue San Tomaso d’Aquino ; et impose à Comici che mostrassero i Scenarij delle loro comedie giorno per giorno al suo foro, e così ne furono dal detto Santo, e dal suo Reuerendissimo Signor Vicario molti sottoscritti, ma in breue i molti affari di quell’ Vffizio, fece tralasciar l’ordine, giurando i Comici, che non sarebbero stati gli altri suggetti meno honesti dei riueduti : il Braga (così chiamano il Pantalone di quella Compagnia) et il Pedrolino haueuano ancora (e non è molto) di quei suggetti, ò siano Scenarij di Comedie sottoscritti, e quelli segnati da San Carlo, si tengono custoditi, e nella Compagnia, oue hora sono vi è chi ne ha due, e li tiene à casa per non li smarrire.

67. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VII. Spettacoli scenici della Russia. » pp. 418-421

Sconosciuti quasi interamente dal resto dell’Europa i moscoviti, privi di libertà, e immersi in una profonda ignoranza sostenuta particolarmente da un’antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio paese sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello ch’era sotto gli occhi loro, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura e ’l bisogno suggerisce. […] Egli cambiò la natura stessa de’ suoi stati, e i costumi de’ popoli, e introduce fra loro lo spirito d’industria, le arti, le scienze, collegi, accademie, stamperie, e librerie. […] Tuttavolta gli attori russi oggidì vengono encomiati da’ loro compatrioti.

68. (1878) Della declamazione [posth.]

Ora tutti, servendo allo stesso fine come le parole, ch’è quello d’esprimere e farsi intendere il più che si può, noi crediamo di poterli tutti ridurre alle seguenti spezie, distinguendoli per la loro natura, per la loro origine e pel loro uso. […] La storia letteraria è ripiena di siffatti fenomeni, sicché possiamo sicuramente asserire che le più astratte verità e le idee più sincere hanno anch’esse i loro piaceri ed i loro affetti, e quindi la loro espressione conveniente. […] [7.35] Tutte queste specie di passioni, che abbiamo finora tratteggiato, ci mostrano chiaramente come nel loro sviluppo e ne’ loro eccessi non ad altro intendono, che ad esprimere i loro effetti necessari, o a dipingere la loro cagione, o ad impiegare i mezzi più o meno volontari di soddisfare i loro bisogni. […] Questi per la loro costituzione organica, e specialmente pel torno de’ loro articoli, per l’energia delle loro passioni, e per la finezza delle loro sensibilità hanno l’eloquenza della fisonomía e della pronunciazione vocale e visibile. […] Oltreché la loro difformità offenderebbe la stessa dignità dei personaggi principali, che non potrebbero non degradarsi alla presenza ed al confronto di siffatti esseri, specialmente ove li debbano chiamare a parte dei loro segreti e dei loro interessi; e sovente perdono gran parte del loro effetto per non essere opportunamente secondati e sostenuti nelle loro rappresentazioni.

69. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo II. La Poesia Drammatica a imitazione degli antichi rinasce in Italia nel Secolo XIV. » pp. 188-193

Erano dunque già comuni in Italia i divertimenti teatrali nel 1300, cioé prima del 1304 quando nella Toscana, e propriamente nel borgo San Priano si fece la rappresentazione sacra teatrale, di cui parlano Giovanni Villani e l’Ammirato nelle loro storie, il Vasari nella vita di Buffalmacco, il Cionacci nelle osservazioni sopra le rime sacre di Lorenzo de’ Medici, e ’l Crescimbeni nella storia della poesia, il quale però stimola d’argomento profano124. […] Le loro composizioni chiamate drammatiche, nude d’azione, eran piuttosto dialoghi che drammi130. […] Da principio fermavansi a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, e appresso montarono su di un rustico palco in una casa fissa comprata espressamente da alcuni cittadini per trar profitto della folla che concorreva a quello nuovo e devoto divertimento. […] Parmi nondimeno, che questo dottissimo uomo non sempre abbia ragione quando é portato a credere, che le rappresentazioni de’ sacri misteri ed altre pie farse, fatte nel XIII e XIV secolo, fossero state quasi tutte mute, cioé che in quelle gli attori si componessero negli atteggiamenti propri de’ personaggi, cui rappresentavano, ma non venissero tra loro a dialogo.

70. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO V. Rappresentazioni chiamate Regie: Attori Accademici: Commedianti pubblici. » pp. 345-356

Gli uni e gli altri s’invaghirono della nuova foggia di commedie spagnuole, che gl’Italiani, non osando dar loro il nome di commedie e tragedie, chiamarono opere regie, opere sceniche, azioni regicomiche, nelle quali alternava il buffonesco e l’eroico, le apparenze fantastiche e la storia, e la vita civile cd il miracoloso. […] I pubblici commedianti che aveano inventate in quel secolo con lor vantaggio e buon successo nuove maschere per contraffare le ridicolezze delle diverse popolazioni che compongono la Nazione Italiana, recitavano le loro commedie dell’arte tessute solo a soggetto senza dialogo premeditato, come le cinquanta pubblicate nel 1611 dal commediante Flaminio Scala. […] Laonde alla mancanza del concorso nel loro teatro pensarono i commedianti di riparare colle accennate imitazioni delle commedie spagnuole, e con altre ancora più difettose, come il Conte di Saldagna, Bernardo del Carpio, Pietro Abailardo ecc. […] Opposero allora i commedianti decorazioni a decorazioni e musica a musica, e si sostennero anche un poco con farse magiche ripiene di apparenze, di voli, di trasformazioni, e con intermezzi in musica, passeggieri ripari a’ loro continui bisogni. Contribuiva parimenti al loro discredito la destrezza degl’Italiani più culti nell’arte rappresentativa.

71. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VII. ed ultimo. Vuoto della Storia teatrale. » pp. 248-280

Napoli, Capua, Ercolano, Pompei, Nola, Pozzuoli, Siracusa, Catania ed altre città del regno di Napoli e della Sicilia, videro i loro teatri per quel periodo assai frequentati. […] I medesimi capi d’opera dell’antichità si lessero quasichè da per tutto, or perchè non riproducono da per tutto il loro gusto? […] Tra gli Arabi non si trova se non quello che ebbero tutte le nazioni anche rozze, cioè musica, balli e travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie e tornei. […] Posero essi in quel clima la meta alla gloria tragica, che spirò pur con loro, ancor prima che la Grecia divenisse schiava. […] I Semigreci della Magna Grecia Livio Andronico, Ennio, Pacuvio, ed anche Nevio il Campano, insegnano loro ad amar le lettere e a coltivar la poesia drammatica.

72. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Del teatro »

E con ciò quello antico maestro viene quasi di rimbalzo ad insegnare a’ moderni di che materia e’ debban fare i loro teatri. […] Perché, oltre ai vasi di bronzo che rinforzavano le voci, le bocche delle maschere che usavano i loro attori, erano quasi una foggia di tromba parlante; e cosi veniva la natural portata della voce ad accrescersi di assai. […] Ma senza dare gran travaglio alla geometria hanno finalmente prescelto fra tutte le figure quella della campana, che piace loro di chiamar fonica. […] Che se per avventura si domandasse quale sia la più conveniente figura per l’interior del teatro, quale sia la curva la più acconcia di tutte a disporvi i palchetti, risponderemo: la stessa che usavano gli antichi a disporre nel loro teatro i gradini, cioè il semicerchio. […] I pilastri e le colonne adattate ai palchetti, alle quali però pochissimi piedi si può dare di altezza, riescono meschine, tornano, a dir così, pigmee, di quel grandioso troppo perdendo e di quella dignità che loro si conviene.

73. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 281-290

Cornelio Silla amasse così eccessivamente i buffoni, o sia attori di farse, che quando essi riuscivano di suo gusto, regalava loro in ricompensa molte moggia di terra. […] Uno di loro antiponendo Moliere ad ogni altro, francamente vantavasi di aver letto tutte le commedie di Menandro. […] Queste non sono, e lo giuro, di quelle storiette e cantafavole che molti Francesi sogliono per natural malignità, e per porger grata pastura alla loro nazione, inventare e spargere nel descrivere i loro Viaggi d’Italia, di Spagna &c. […] Bianchi) che sebbene appresso i Romani il nome di strione fu reso ancora comune agli attori delle commedie e delle tragedie, contuttociò costoro furono esenti da quella macchia d’infamia, di cui erano notati i veri strioni, i quali senz’ordine de’ magistrati, e fuora de’ Ludi sagri, facevano i loro giuochi. Egli è certo, che quando Tiberio cacciò da tutta Italia gl’ istrioni per la loro somma petulanza e immodestia, e che quando Nerone medesimo, alcun tempo dopo averli richiamati, fu costretto per timor di qualche grave periculo a bandirli da Roma, non cessarono le rappresentazioni delle favole teatrali, segno evidentissimo che non vennero compresi nel bando sotto il nome d’ istrioni i tragedi e comedi, cioè coloro che recitavano e cantavano drammi regolati.

74. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

I loro ragionamenti cadevano per lo più sugli abusi introdotti nella musica moderna, e sulla maniera di restituire l’antica sepolta da tanto tempo sotto le rovine dell’Impero Romano. […] Gli scrittori di quel tempo ci fanno sapere, che i madrigali suoi erano ammirati dai maestri e cantati da tutte le belle: circostanza che dovea assicurar loro una rapida e universale celebrità. […] La poesia e la lingua vi conservano i loro diritti; a differenza dell’odierna, ove le parole vengono così miseramente sformate. […] Egli picchia alla porta del ghetto, mentre quegli recitano le loro orazioni. […] [NdA] Errano grandemente i poeti e i musici se credono di veder chiaro nell’arte loro senza l’aiuto dei filosofi.

75. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388

Sauvigny, e vari altri verseggiatori di simil fatta, hanno veduto spirare sotto gli occhi loro stessi le proprie tragedie. […] Queste, mal grado de i loro difetti, non sono da dispreggiarsi e debbono per certo antiporsi, siccome dice benissimo il signor Palissot, «a tutte le rapsodie romanzesche, colle quali i commedianti francesi hanno avvilito il loro teatro da alcuni anni in qua». […] Diderot) rappresentano con più franchezza de’ francesi… Nel loro gestire apparisce un certo non so che d’originale e facile che mi diletta, e diletterebbe ognuno, se non venisse sfigurato dal loro dialogo insipido e dall’intreccio assurdo». […] Non parlano diversamente de’ loro commedianti alcuni francesi ancora. […] Dorat) coperti di ridicolo i nostri attori ossessi, i quali caricano tutto, e non sanno parlare se non per convulsioni, i quali ci fanno patire per gli loro strani sforzi di voce e pel dilaceramento del loro pettoetc.».

76. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo III. Teatri orientali. » pp. 14-18

Girano per questo istancabilmente i commedianti cinesi di casa in casa, inalzano in un attimo i loro teatri portatili, e recitano ne’ cortili, o nelle piazze. […] Ma se la prostituzione, la dissolutezza de’ costumi, e la schiavitù rendono infami nell’oriente i commedianti, non si lascia d’ammirare la loro abilità di ben rappresentare e si stimano gli attori eccellenti, e si encomiano sopra tutti quei del Tunkino7, egli é pure cosa comune in alcune corti orientali di veder rappresentare i sovrani. […] Gl’interlocutori delle favole cinesi sogliono essere otto o nove; ma i commedianti non son più di quattro o cinque; e ciascuno di loro fa due o tre parti. […] I balletti di tali donne voluttuose abbellite dal vago loro abbigliamento (descritto con leggiadria dal rinomato abate Raynal10 e dall’arte di piacere che posseggono in grado eminente, son quasi tutti pantomimi amorosi, de’ quali il piano, il disegno, le attitudini, il tempo, il suono, le cadenze respirano unicamente l’amore, e n’esprimono i piaceri e i trasporti.

77. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LETTERA dell’autore all’editore. » pp. -

V’ha però chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce di Aristotile e dì Quintiliano, e mentovar dove bene stia que’ sagaci e graziosi attori, i quali seppero sulle scene delle più colte nazioni ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che rappresentar nella società gli originali di que’ medesimi oggetti rìdevoli mascherati da uomini d’alto affare e da filosofi e metafisici senza logica, e da poeti che non intendono nè rima nè ragione, e da pedanti pieni di stomachevole orgoglio e voti di ogni valore. […] E sanno finalmente che i migliori delle nazioni antiche e moderne in ogni tempo fecersi un pregio, e forse un dovere di contribuire co’ loro lumi al miglioramento del teatro, e se ne occuparono con proprio piacere e con altrui vantaggio. […] L’Italia conta i cardinali Bibiena, Delfino, Pallavicini tra gli scrittori drammatici, e San Carlo Borromeo che di propria mano correggeva le rappresentazioni de’ commedianti; il nobile Bentivoglio, i tre grandi epici Trissino, Ariosto, Torquato Tasso, il bravo istorico e politico sommo Machiavelli, e Salviati e Secchi ed il patrizio veneto Antonio Conti, e il duca Annibale Marchese, e Scipione Maffei, e Bernardino Rota, ed Angelo di Costanzo, e il duca Gaetani di Sermoneta, e cento altri personaggi chiari per nascita e letteratura e per gradi, intenti a promuovere co’ loro lavori gli avanzamenti della teatral poesia.

78. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO V. Letteratura e Commedia Turca. » pp. 262-269

Un pregiudizio volgare va impiccolendo in noi l’idea della coltura delle nazioni a proporzione della loro lontananza. […] Generalmente i Turchi, mal grado della loro comunicazione con alcune corti Europee, che potrebbero darne più giusta idea, sono stimati barbari e rozzi. La storia però ci fa vedere che non sia sì grande la loro rozzezza e barbarie. […] L’ Olandese Golio ne’ suoi viaggi in Aleppo, nell’Arabia, nella Mesopotamia e in Costantinopoli, trovò molti Turchi cortesi e illuminati, i quali gli permisero di osservare i codici delle loro librerie77.

79. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

I lavoratori con piena sicurezza tornano a’ loro campi senza spade e senza lance, e si rallegrano colle loro famiglie. […] Mostra in prima il poeta la loro scempiaggine nel modo da esse eletto per ottenerlo. […] Espone poscia la loro imperizia nel concionare. […] Passano indi alla censura de’ canti o sia della musica apposta alla loro poesia. […] Gli argomenti poi onde invitano ed allettano gli uomini al loro culto, son questi.

80. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »

Escono un medico e uno speziale, che si rallegrano scambievolmente di ciò che i mali degli uomini fanno il loro guadagni, e che la terra seppelisce tutti i loro spropositi. La verità comparisce avanti chiedendo loro aita per trovarsi tutta pesta, e mal concia dalle mani de’ procuratori e degli avvocati, ma accorgendosi chi ella è, la sfuggono, dicendo: «A duo. […] A loro altresì ricorre la verità, ma, come può ben credersi, ambedui la sfuggono. […] Non può dirsi a punto fisso l’epoca della introduzion loro. […] La qual permissione tanto più divenne necessaria nel dramma quanto che non ci era maniera di supplire per altro verso alla dolcezza delle voci loro così acconcie ad esprimere e comunicare gli affetti, primo e principale scopo del canto.

81. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

Perciò nella Risposta a Giambattista Sacco disse ottimamente il Bonciario, che “non da’ rottami di Menandro, nè dalle intere favole di Aristofane, ma di loro invenzione ed ingegno fecero gl’Italiani delle loro Commedie gli argomenti, intrecciamenti, e scioglimenti”. […] Appresso la Musica occupò tutti i Teatri, e le Accademie teatrali non videro più desiderate le loro Tragedie, Pastorali, e Commedie, e si slacciarono il coturno ed il socco. […] , diffusero per tutta la Nazione, per mezzo de’ loro individui, il vero lume della Ragione, e delle Esperienze, donde proviene il pensar dritto ed il gusto. […] Non comparvero in Teatro le meretrici nel proprio nome, e nelle loro divise: ma trionfarono in esso las Naranjeras, las Avellaneras (venditrici di aranci, di nocciuole) las Majas (donne sfacciate, insolenti, e per lo più da partito) los Majos de potencia (bertoni di tali donne, e di ordinario loro ruffiani), i condennati a’ presidj, i zingani e le zingane, i Mariti sacrificati alla leggerezza e a’ capricci delle loro Mogli di tal natura, le quali sulle scene dimenandosi a un di presso nella guisa delle antiche Gaditane accennate da Marziale, con malizioso sorriso, e non mascherate parole, se ne millantano. […] Le Dame, le fanciulle onorate, per lo più introducono i loro amanti in casa, gli occultano all’arrivo di un Padre o di un Fratello ne’ proprj appartamenti, vanno esse stesse alle Case, o Locande dove quelli dimorano medianto il soccorso de los Mantos, fuggono con esso loro di notte dalle paterne case &c.

82. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108

Ma che un venditor di porci insegni ai figli contraffare il loro grugnito per invitar alla compera, egli é una scena propria del più basso comico36. […] Eupoli che fiorì nell’Olimpiade LXXXVIII, fu la vittima della loro potenza, estendo stato per ordine di Alcibiade gettato in mare. […] Esso raccolse, come in un centro, tutte le forze del loro ingegno, e ne ingrandì l’attività. […] Del resto la saltazione é un esercizio generale trovato presso tutti i popoli ancor barbari e selvaggi; e frigi, cretesi, indiani, etiopi, egizi, traci, arabi, americani, tutti hanno avuto il loro Androne. […] I loro commedianti chiamanvansi dicelistae; e secondo Suida, il grammatico Sofibio spartano avea composto un trattato sul genere di commedie usato dalla sua nazione.

83. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Teatro di Sofocle. » pp. 104-133

Sino alle cose più picciole distese Sofocle le sue osservazioni per far risplendere l’abilità di ciascuno; e perchè si vedessero in teatro brillare i piedi de’ ballerini, fe calzar loro certi calzari bianchi. […] Lacera finalmente tutti i cuori che non ignorano la potenza della sensibilità, la preghiera di Edipo ridotto in sì misero stato per abbracciar le figliuole, e quando brancolando va loro incontro chiamandosi ora di loro fratello ora padre, Figlie, ove sete, o figlie? […] Mattei, intendiamoci bene, gl’Italiani hanno da’ Greci preso con felice successo tutto il bello , o hanno tratto dalle loro miniere tutto il piombo e lasciato l’oro ? […] Il coro istruisce Edipo delle cerimonie praticate ne’ sacrifizii che facevansi al l’Eumenidi, affinchè questo forestiere e le di lui figlie rifuggite al loro tempio non incorressero in qualche errore nel venerarle. […] Dopo la vita era per gli antichi il più importante oggetto la sepoltura; e noi nel censuarli non dobbiamo dimenticarci delle loro opinioni.

84. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

Dal tempo in cui s’introdusse il melodramma in quella nazione per opera del Cardinal Mazzarini, i poeti che rivolsero l’ingegno a cotal genere di componimenti modellarono intieramente il loro gusto e la loro maniera su quella delle produzioni italiani, che levavano maggior grido. […] I lettori che amano di farne i confronti tanto giovevoli agli avanzamenti del gusto mi sapranno forse buon grado ch’io esibisca loro un qualche saggio dello stile di questo poeta pressoché sconosciuto in Italia. […] Il cangiamento accaduto poscia nella musica, rivolgendo verso i cantori l’attenzione del pubblico che si prestava da prima ai macchinisti, fu la cagione che i musici si tenessero in maggior conto, e che paghe strabocchevoli richiedessero per le fatiche loro, onde venne in seguito la necessità d’appigliarsi ad altri provvedimenti, che servissero a risparmiar da una parte ciò che si profondeva dall’altra. […] Riserbandosi poi questo per alcune occasioni, dove la verità della storia o la pompa dello spettacolo o l’ingresso d’un principe trionfante o qualche altro pubblico evento sembravano giustificare la radunanza di molte persone in un luogo; al quale riflesso per non aver posto mente i Greci, e per essersi lasciati strascinare da un invecchiato costume, caricarono (checché ne dica in contrario la prevenzione) le loro tragedie di mille sconvenenze a fatica ricompensate colle originali bellezze, che dopo venti e più secoli siamo pur costretti ad ammirare nei loro scritti drammatici. […] Il Bernardoni, poeta cesareo parimenti, e Antonio Salvi fiorentino, seguitarono l’esempio dello Stampiglia con qualche credito allora, ma i loro nomi coi drammi loro non riceveranno dalla posterità altro premio se non se quello di far serie nei voluminosi tomi del Quadrio.

85. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 606-607

ma quasi smarriti, et io più di loro trauagliata. li scrissi jeri che sabbato prossimo faremo i 7 infanti dell’ara con machina nel prologo dell’Aurora, ma doppo la mia lettera vennero in mia casa gl’ Ill. […] r Duca a comandarmi più tosto che io mi rimanghi di recitare, che il riunirmi con loro. le cagioni sono tante, e tali, che mi uergogno di fargliene riassunto, non che minuto. e mi creda per quella riuerenza che si deue, e ch’io osseruo al Serenissimo padrone : che se mio marito non fosse in’atto all’armi per la infermità della podagra, che sarebbe stato necessitato a perderci la uita, o farla perder ad’altrui ; poi che il loro fine, e stato d’oltraggiarmi nella riputazione, e danneggiarmi nell’utile ; e giornalmente con termini insofferibili, non cessano di prouocare l’altrui incredibile pacienza : e massime doppo che hanno riceute le lettere di V. 

86. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VIII. Vuoto della Storia Teatrale. » pp. 172-179

Napoli, Baia, Pozzuoli, Nola, Ercolano, Pompei Capua, Benevento, Teano, Minturno, Aquino, Casino, Alba Fucense, Taranto e altre città di quelle provincie che ora compongono il regno di Napoli, ebbero i loro teatri, de’ quali veggonsi anche oggi alcune vestigia. […] Ma non per quello ne diminuì il numero, anzi andarono talmente crescendo, che di sole ballerine forestiere, secondo Ammiano105, si contarono in Roma più di tremila, le quali co’ loro cori, e con altrettanti loro maestri, furono privilegiate ed eccettuate da un bando di sfratto dalla città intimato per timore di carestia a tutti gli stranieri filosofi, retori ed altri professori. […] Tra gli arabi non si trova, se non quello ch’ebbero tutte le nazioni anche rozze, cioé musica, balli, e travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie, e tornei. Furono pur versificatori, ma si limitavano per lo più a’ componimenti di non molti versi, ne’ quali facevano pompa di acrostichi, antitesi, e giuochetti sulle parole, e sembra che i loro talenti poetici non fossero atti a soffrire il peso d’un componimento grande e seguito come il drammatico.

87. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO III. Teatro Inglese. » pp. 143-156

Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, là dove nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grandi uomini. […] Riuscì Otwai più nel tragico che nel comico; ma non fu meno irregolare degli spagnuoli nell’uno e nell’altro genere, e non meno di loro gli confuse. […] E sebbene egli ceda di gran lunga al poeta spagnuolo per fecondità, non per questo diventa minore ne’ punti additati la loro rassomiglianza. […] Nell’atto II della sua Donna di Contado così favella un nobile sciocco che ha timore delle sferzate comiche: ”Si contentavano prima gli autori drammatici di trarre i loro personaggi ridicoli dal ceto de’ servi; ma questi baroncelli oggidì cercano i loro buffoni fra’ gentiluomini e cavalieri; di modo che io da sei anni vò differendo di prenderne il titolo per timore di esser posto in iscena, e di farvi una figura ridicola”.

88. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO VI. Teatro Inglese. » pp. 291-300

Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, che nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grand’uomini. […] Riuscì Otwai più nel tragico che nel comico; ma non fu meno irregolare degli Spagnuoli nell’ uno e nell’altro genere, nè meno di loro gli confuse. […] E sebbene egli ceda di gran lunga al poeta spagnuolo per fecondità, non per questo diventa minore ne’ punti additati la loro rassomiglianza. […] “Si contentavano prima gli autori drammatici di trarre i loro personaggi ridicoli dal ceto de’ servi; ma questi baroncelli oggidì cercano i loro buffoni fra’ gentiluomini e cavalieri; di modo che io da sei anni vo’ differendo di prenderne il titolo per timore di esser posto in iscena e di farvi una figura ridicola”.

89. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Venetia, 23 di marzo 1675. » pp. 351-354

Nell’originale troppo affatican per la difficoltà de’ dialetti, e in una traduzione scemerebber della loro freschezza e spontaneità. […] Non posso, gentilissima Madonna, fare ch’io in quello che servirò quella Magnifica Madonna per la cui generosità sarò riscattato non dica che il padre mio doi figliuoli ebbe senza più, ed egli è il vero che la madre noi d’un medesimo parto avendo partorito passò di questa vita ; per il che dall’avo materno nostro, fummo fino alli sette anni allevati, di poi, per odio di nostri parenti a noi portato, e per fuggire le insidie loro a noi nella vita tese, fummo disgiunti : quello che di mio fratello avvenisse non potei mai risapere ; io in abito di donna fino alli diciotto anni stei rinchiuso in un monasterio di monache, ove, in cambio delle lettere, allo ago, alla rocca ed al fuso diedi opera, e prima imparai a tirar in filo il lino e la lana, di poi a comporre e tessere le tele, e di poi con l’ago di seta di varj colori trapungerle e ricamarle d’oro e d’argento, ed in quelle dipingere e colorire figure di uomini, di animali, di arbori, di paesi, di fontane, di boschi…. ed in breve, quello che faria con un pennello un dotto dipintore, io con l’ago, con la seta tinta di varj colori farò. […] Ed in vero ho veduto in questa città molte madonne, tanto inordinatamente acconcie ed ornate, che se a loro stesse fossero così note come a chi le mira, si andariano tutte a riporre. […] Quando i Cardinali Marco Cornaro e Francesco Pisano, preposti ecclesiastici di Padova, fecero il loro ingresso nella città, tutti, a qualunque classe appartenessero, mosser loro incontro con gran festa.

90. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO IV. Letteratura e Commedia Turca. » pp. 47-55

Un pregiudizio volgare va impicciolendo in noi l’idea della coltura delle nazioni a proporzione della loro lontananza. […] Generalmente i Turchi, malgrado della loro comunicazione con varie corti Europee, che potrebbero darne più giuste idee, si reputano barbari e rozzi totalmente. La storia ci dimostra non esser sì grande la loro rozzezza e barbarie. […] L’olandese Golio ne’ suoi viaggi in Aleppo, nell’Arabia, nella Mesopotamia ed in Costantinopoli, trovò molti Turchi cortesi e illuminati, i quali gli permisero di osservare i codici delle loro libreriea In tutte le moschee considerabili si trovano collegii, dove s’ensegna a leggere e scrivere e spiegar l’Alcorano, ed anche l’aritmetica e l’astronomia e la poesia, la quale conserva l’indole orientale ripiena d’immagini forti e di metafore ardite.

91. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « AVVISO A’ LEGGITORI. » pp. 237-240

A questi inconvenienti comuni a tutti coloro che pubblicano i loro travagli, aggiungansi quelli che seco porta nel presente Discorso la distanza dell’Autore, e l’uso indispensabile de’ passi di varj idiomi e specialmente Spagnuoli, la cui ortografia non suole essere abbastanza famigliare in qualche paese. […] Lattuertas La Huertas p. 176. v. 24. deturpano deturpava p. 177. v. 17. e due o due p. 177. v. 31. fuor dubbio fuor di dubbio p. 187. v. 25. che fanno che fa uno p. 199. v. 11. di buon secolo di un buon secolo p. 200. v. 12. così a loro soggetti   così dediti a’ loro Soggetti p. 201. v. 11. di fatti de’ fatti p. 209. v. 1. dos edificies dos edificios p. 209. v. 5. hyzo hizo p. 210. v. 6. e si osserva se si osserva p. 220. v. 5. hosarascas hojarascas p. 221. v. 17. la felicità la felicita

92. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VI. Teatro Materiale. » pp. 32-37

Incredibile era la loro sontuosità. […] Gli ambasciadori stranieri aveano luogo nel più basso spartimento co’ senatori; benchè poscia Augusto al vedere che mandavansi spesso per ambasciadori i figliuoli de’ liberti, negò loro il luogo nell’orchestra. […] I Militari si collocarono in un sito o cuneo separato: in un altro i pretestati co’ loro pedagoghi: in un altro anche a parte i mariti plebei: alle donne, che prima solevano intervenire alla rinfusa, impose che soltanto dall’alto ed in sito segregato, potessero vedere.

93. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO VI. Teatro Materiale. » pp. 243-247

Incredibile era la loro sontuosità. […] Gli ambasciadori stranieri aveano luogo nel più basso spartimento co’ senatori: benchè poscia Augusto, al vedere che mandavansi spesso per ambasciadori i figliuoli de’ liberti, negò loro il luogo nell’orchestra. […] I militari si collocarono in un sito o cuneo separato: in un altro anche a parte i mariti plebei: in un altro i pretestati co’ loro pedagoghi: e alle donne, che prima solevano intervenire alla rinfusa, impose che soltanto dall’alto, ed in sito segregato, potessero vedere.

94. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 877-878

Ci appare la prima volta in una supplica da Verona del 10 agosto 1651 a un segretario del Duca, sottoscritta da alcuni comici della compagnia, perchè il Marchese Bentivoglio concedesse loro il teatro di Ferrara pel mese di ottobre, dovendo poi andare il novembre a Venezia, e facesse grazia d’introdurvi le dame a udirli. […] S. pagava per loro sussistenza ai comici, quando si trattenevano in Modena o in altra città senza recitare, lire 64 per ciascheduno. Il novembre del ’77 i Fiala erano a Venezia ; e da un documento del 1681 rileviamo che si pagavano loro sessanta ducatoni d’argento di parte intiera.

95. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 294-295

Appena adolescenti, prendevano per passatempo il passeggiare sul cornicione della loro casa, portando sulle spalle enormi pesi, a rischio di cascare nella strada, sfidandosi a vicenda sull’entità del peso da sollevare o sul maggior tragitto da percorrere tanto più preferito quanto più irto di pericoli, specie allorchè lasciando il passeggio usuale salivano addirittura sul tetto…. paterno e su quelli delle case vicine. […] Essendosi incendiato presso la loro casa un fondaco di legname, tre dei quattro fratelli, ancora ragazzi, accorsero fra i primi ; e cacciandosi in mezzo alle fiamme, riuscirono a trasportare parecchie travi non ancora divampanti portandosele come fossero fusicchè togliendogli esca, il fuoco potè essere più facilmente domato. Il padrone del fondaco, grato a codesti piccoli eroi, volle regalarli di 50 scudi, ma il padre inibi loro d’accettare ed essi non opposero verbo, ossequenti alla patria potestà.

96. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 185-186

Dal che appare evidente che le due Compagnie alternavano le loro rappresentazioni…. nè di prosa soltanto, ma anche di giuochi acrobatici, o di piccoli balli (en considération des commedies et saults qu’ils font journellement devant Sa Majesté. […]  » Soldino e Anton Maria avevano la loro residenza a Parigi, e furono chiamati a Blois per piacere del Re.

97. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 358-359

 – Quirino Norberto Berilli Bolognese comico, e sua compagnia, che da Piacenza passano a questa Metropoli per divertire la nobiltà della medesima colle loro fatiche, con loro famiglie, servitù, armi all’uso militare, ed attrezzi teatrali esenti di qualunque dazio e gabella.

98. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 405-406

La grazia sta nel contegno, negli atteggiamenti, nella naturalezza, nella disinvoltura, nella semplicità, nella perfetta armonia, e nell’intero sgombramento di tutto ciò che è superfluo, od incomodo : il linguaggio della servetta deve essere franco, e talvolta ardito ; ma in generale il modo di dire delle nostre servette è tutto pieno di tanti fiori già appassiti nel loro nascere, come quelli che hanno sulla loro gonnella.

99. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XIV. Commedia Nuova. » pp. 151-170

Questo rigore raccolse come in un centro tutte le forze del loro ingegno, e ne ingrandì l’attività. […] Ciascuno da se può discernere che queste idee della nuova commedia Greca passate da’ Latini a noi, in forza di governo e di costumi furono ed esser doveano posteriori alla commedia di Aristofane; e se tanti critici pedanti condannano i poeti comici allegorici chiamandoli marrani, maremmani, auzini, e notandone gli artificii come sconcezze; ciò avviene perchè non seppero nelle loro fantastiche Poetiche giammai distinguere tempi, generi e costituzioni, nè seguire con ordine la marcia, per così dire, dell’umano ingegno e delle diverse società civili nel loro nascere e progredire. […] Non sono però gl’intelligenti sempre d’accordo circa le favole intitolate Galatae, Ephebi, Lacaena, Icetes, Hecyra latinizzata da Terenzio, non sapendo a qual di loro esse si appartengano. […] Ora che si dirà di que’ commediografi, i quali ci avvertono nelle loro prefazioni di essersi essi trovati imbrogliati dopo di aver distesi due atti de’ tre di una loro commedia, non sapendo di che trattane nel terzo? […] Per convincersene vie più, si può riflettere che nel paragone di Eschilo ed Euripide fatto nelle Rane si discusse il loro merito intorno alla poesia e alla musica, ma niun motto fecesi del ballo; la qual cosa non si sarebbe omessa, se il ballo fosse stato il principale oggetto de’ greci drammi.

100. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XV. ed ultimo. Conchiusione con pochi Avvisi amorevoli agli Apologisti. » pp. 214-236

In tutte le Nazioni, che si sono rendute illustri, si sono in tal guisa condotti i loro Filosofi, i veri amatori della Patria. […] Queste non saranno mai nobili figlie della vera Eloquenza, quando manca loro il sostegno della verità. […]  9.): “Non hanno certamente gli Etruschi pruove cotanto autentiche dell’antichità della loro Letteratura”. […] Divenuta sotto i Re Cattolici potentissima Monarchia, conquistatrice in Europa, e padrona di un nuovo Mondo intero a’ loro giorni, e sotto i loro auspicj scoperto? […] Ha bisogno la Spagna, per finirla, di un Tomo Apologetico per sostenere i mostri teatrali del Vega e di Calderon, quasi dovesse alla loro caduta vacillare l’Ispana Monarchia?

101. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « LETTERA DELL’AUTORE ALL’EDITOR VENETO » pp. 1-9

Non di meno v’ha chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce di Aristotile, di Plutarco, di Tullio, di Quintiliano, e mentovar dove stia bene que’ graziosi sagaci attori, i quali seppero sulle più culte scene ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che accreditarsi nelle società come originali di que’ medesimi ridicoli mascherati da uomini di alto affare, come filosofi senza logica, come pedanti pieni di stomachevole orgoglio e voti di ogni valore e dottrina, e come pigmei in somma, la cui pelle distesa a forza di puro vento per via di replicati argomenti si gonfia e gli fa per qualche istante parer gigantoni. […] Sanno in fine che i migliori delle nazioni antiche e moderne in ogni tempo fecersi un pregio e forse un dovere di contribuire co’ loro lumi al miglioramento del teatro, e se ne occuparono con proprio piacere e con altrui vantaggio. […] Non v’ha nemico più temuto dagl’impostori letterarj, politici e morali, quanto un buon teatro; per la qual cosa essi adopreranno sempre gli ultimi loro sforzi per avvilirne l’occupazione, temendo di esser su di esso scherniti, suo principal oggetto essendo il separar l’oro dall’alchimia, la maschera dalla realità, i veri utili scrittori da que’ larghi promettitori eterni di opere che non si producono, i quali sono gl’insetti divoratori della messe che dovrebbe alimentar la povertà meritevole, la modesta filosofia, la virtù infelice che dà riputazione fin anco a’ paesi corrotti, la quale mentre riscuote un apparente rispetto, vien lasciata languire nell’indigenza.

102. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241

Appresso di mano in mano molti gran letterati diedero il nome loro alla milizia di Melpomene dietro la scorta de’ greci corifei. […] Come risponderemo loro? […] Ma il loro svaporato cervellino sosterrebbe il travaglio di analizzar l’idee che sono concorse alla formazione degli spettacoli teatrali? Appigliamoci al partito più proprio per la loro capacità rimandandoli a leggere e masticare quel che in tal questione scrisse giudiziosamente M.  […] IV) forma i costumi delle nazioni, la loro figura, e ’l lor colore.

103. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VII. Su i principali Requisiti per giudicar dritto de’ Componimenti Scenici, Mente rischiarata, e Cuore sensibile. » pp. 69-85

Del pari i Dotti, i Filosofi che si deliziano nel coltivare le forze mentali, poco sensibili all’ambizione, e a’ piaceri tengono così compressa l’elasticità de’ sensi, che questi ne tornano ottusi, e la sensibilità del loro cuore è in ragione inversa della loro forza mentale, e reciproca della scarsezza di elasticità de’ loro sensi. […] Se il calzolajo, il mugnajo, los Chisperos (i fabbri) di Madrid, piangono in teatro al pianto d’Ines, il Dotto che vede l’artificio del Poeta, dove coloro veggono i personaggi imitati, e sentono una passion vera, ride in se stesso del loro pianto: quelli portano al teatro solo il cuore, l’altro soltanto mente e riflessione. […] Socrate, Newton, il Geometra, pel disuso, e per la contemplazione tutta volta alle scienze predilette, può dirsi, senza derogare al loro sapere, che mancavano di cuore. […] Lascio Orazio, lascio Ovidio, non che il Tasso e l’Ariesto, e il Camoens, e Dante, e il Petrarca, benchè in essi di bell’ardore si accendano tutti quelli, che ambiscono diventar Poeti, e che trovano le loro Poesie fatte appunto per mettere in movimento la sensibilità. […] Noi non riconosciamo ne’ Bruti nè una Ragione compiuta, che loro assegna Plutarco, nè un’ Anima simile alla Umana, quale in essi ravvisavano gli antichi Egizj, e i Greci Pitagorici e Platonici, che ammettevano la trasmigrazione delle anime.

104. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XV. Satiri: Ilarodie: Magodie: Parodie: Mimi: Pantomimi. » pp. 171-200

Secondo Ateneoa essa non esigeva nè molta fatica nè molta spesa, e gli Spartani se ne compiacevano come di uno spettacolo assai proprio per la loro frugalità. […] L’Alexis, il Piayas, l’Autmoins, e qualunque fosse il nome che distingueva i loro indovini, o ciurmatori in altre parti d’America, erano tutti medici delle loro rispettive tribù nella stessa maniera che i Bulistos nell’Isola Ispaniola. […] Ma questi rappresentatori non potevano mostrar sempre la loro eccellenza, perchè quando i Comedi rendevansi celebri nell’arte pretendevano passar per capi e regolatori di tutto lo spettacolo. […] Per basso attore ridicolo l’usò ancora Polibio presso Ateneo, allorchè scrisse del re Antioco Epifane che si avviliva tra’ Mimi, e con esso loro gettavasi nel suolo, gestiva e ballava. […] Del rimanente la saltazione è un esercizio che trovasi presso tutti i popoli ancor barbari e selvaggi; e Frigii e Cretesi e Indiani ed Etiopi ed Egizii e Traci ed Arabi ed Americani, tutti hanno avuto il loro Androne, cioè uno che prima di ogni altro si avvisò di saltare e di muoversi a seconda del suono.

105. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO IV. Opera Musicale. » pp. 314-344

Claudiano contra Eutropio pretese che i Parti, per raffinamento di lascivia, cominciassero a praticarlo per conservare più lungo tempo la gioventù de’ loro cinedi. […] Contenti gli antichi delle voci naturali de’ loro attori ancor nelle parti femminili, non mai pensarono a valersi degli eunuchi sulle loro scene. […] Le Nazioni settentrionali aliene da questo obbrobrio in ogni tempo, nel venire a dominare ne’ paesi occidentali del Romano Impero, non poterono comunicar loro ciò che esse detestavano o felicemente ignoravano. Forse gli Arabi soggiogata la Spagna ed acquistatane la naturalità, ed oppressa la Sicilia ed alcune terre della Puglia e delle Calabrie, colla voce de’ loro laidi eunuchi Affricani ne poterono risvegliar l’idea. […] Sarebbe tempo che l’arte e la natura oltraggiate rivendicassero i loro dritti.

106. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 269-289

Secondo Ateneo127 essa non esigeva nè molta fatica nè molta spesa, e gli Spartani se ne compiacevano come di uno spettacolo assai proprio per la loro frugalità. […] L’Alexis, il Piayas, l’Autmoins, o qualunque fosse il nome che distingueva i loro indovini, o ciurmatori in altre parti d’America, erano tutti medici delle loro rispettive tribù nella stessa maniera che i Buhistos nell’isola Ispaniola. […] Ma questi rappresentatori non potevano mostrar sempre la loro eccellenza, perchè quando i comedi rendevansi celebri nell’ arte, pretendevano passar per capi e regolatori di tutto lo spettacolo. […] Per basso attore ridicolo l’usò ancora Polibio presso Ateneo, allorchè scrisse del re Antioco Epifane, che si avviliva tra’ mimi, e con esso loro gettavasi nel suolo, gestiva e ballava. […] Del rimanente la saltazione è un esercizio che trovasi presso tutti i popoli ancor barbari e selvaggi, e Frigj e Cretesi e Indiani ed Etiopi ed Egizj e Traci ed Arabi ed Americani, tutti hanno avuto il loro Androne, cioè uno che prima di ogni altro si avvisò di saltare e di muoversi a seconda del suono.

107. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

In proposito degli attori delle Atellane vuolsi osservare che tra’ privilegii loro accordati era quello di escludere dalla rappresentazione de’ loro esodii o farse giocose gli altri istrioni, i quali per lo più erano schiavi, e in generale pochissimo considerati fuori della scena. […] Egli è però da avvertirsi che anche gli altri istrioni, allorchè viveano onestamente e segnalavansi per L’eccellenza del loro mestiere, si onoravano e si ammiravano. […] Senza ciò che dovremmo pensare di Augusto, il quale, non già per pena fulminata contro di loro, ma per grandezza, secondo me, espose alcuni cavalieri e matrone Romane a rappresentare in teatrob? […] Sul medesimo teatro, non che nelle case, campeggiava la loro impudenza. […] Ma le nostre querele e quelle di tanti scrittori contro de’ pantomimi, cadono sulla loro arte o sulla scostumatezza?

108. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO V. Continuazione del teatro Latino. » pp. 222-242

In proposito degli attori delle Atellane vuolsi osservare che tra’ privilegii loro accordati, era quello di escludere dalla rappresentazione de’ loro esodii e farse giocose gli altri istrioni, i quali per lo più erano schiavi e in generale pochissimo considerati fuori della scena. […] Egli è però da avvertirsi che anche gli altri istrioni allorchè vivevano onestamente e segnalavansi per l’eccellenza del loro mestiere, si onoravano e si ammiravano (Nota XVIII). […] Di questo liberto ci sono pervenute alcune centinaja di versi, i quali contengono eccellenti sentenze e insegnamenti per la vita civile, e la di loro eleganza ci rende molesta la perdita delle intere sue favolette. […] Sul medesimo teatro non che nelle case, campeggiava la loro impudenza. […] Ma le nostre querele e quelle di tanti scrittori contro de’ pantomimi, cadono sulla loro arte o anzi sulla scostumatezza?

109. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 686-687

Alle maschere italiane seguì una vera e propria Compagnia di comici, che dopo aver ajutato il loro padrone a ricevere il denaro che veniva loro buttato in fazzoletti annodati, ed a rimandare i fazzoletti medesimi con iscatolette o vasetti, davano poscia la rappresentazione di commedie in tre atti a lume di torcie di cera bianca con una specie di magnificenza.

110. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIV. Intorno alla descrizione de’ Teatri materiali di Madrid, fatta nella Storia de’ Teatri. » pp. 207-213

Sappiate, Signor mio (che io ben mi avveggo, che i vostri gravi studj vi avranno tenuto lontano da molte cose, che sono fuori di voi), che los Chisperos, los Arrieros, e simile gentame, trovandosi al coperto in quelle tenebre, specialmente prima d’incominciare la rappresentazione, per la loro naturale rozzezza, e non curanza per la decenza, soleano bere del vino, fumare, mangiar degli agrumi, delle frutta, delle nocciuole, e gettarne via le bucce sull’altra gente. […] Mettevano gridi, insolentivano, imponevano di ritirarsi a qualche Attore non accetto, o di un partito contrario, altercavano fra loro ad alta voce senza verun riguardo per gli altri concorrenti, qual proteggendo uno de’ Teatri, e quale l’altro. […] Circa un centinajo e mezzo di esemplari della Storia de’ Teatri essendosi sparsi per la Spagna, domandai a molti illuminati nazionali, che l’aveano acquistata, se trovavano in essa cosa veruna contraria a una moderata Critica intorno al Teatro Spagnuolo formale, e materiale, col disegno di approfittarmi del loro avviso nella ristampa; ed ebbi il piacere di udirgli affermare, che tutto era conforme al vero, e a’ dettati degli eruditi nazionali: che anzi delle rappresentazioni mostruose avea io ragionato con più contenenza di tanti loro Scrittori degli ultimi tre secoli, i quali sono tanti, Sig.

111. (1715) Della tragedia antica e moderna

Io vorrei vedere cotesti greci metter in scena una tragedia di gusto loro. […] — [3.9ED] — I nostri Greci — rispose il vecchio — nel loro sceneggiamento altro non considerarono che il loro bisogno, piantando talvolta in scena per un atto intero, per due ed anche quasi per tutto il tempo della rappresentazione un attore. […] Nessuno degli scrittori del Trecento né de’ loro coetanei e seguaci nel verso si astennero dall’usare la rima. […] [5.140ED] Le arie semplici, alcune diremo escite, altre ingressi ed altre medie. [5.141ED] Dalla denominazione medesima si dedurrà l’uso loro. […] [5.205ED] Le corte abilità s’ingegnano di comparir vaste a forza di magnificare quel poco che dalle loro operazioni si può esiggere.

112. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

E’ questo il fuoco elettrico rinchiuso nelle loro opere, il quale non iscintilla per chi non lo cura o non sa l’arte di farlo scappar fuori. […] Ella durando il loro dialogo dovette mostrarsi sospesa e agitata da varj pensieri sulle conseguenze della difesa che di lei vuol prendere Achille. […] Veggasi quello dell’atto primo, in cui le schiave Trojane sollecite del loro destino vanno immaginando in qual parte toccherà loro in sorte di essere trasportate75. […] Oltre a molti altri tratti assai patetici, vi si trovano varie allusioni alle Greche antichità e tradizioni; il che, come altrove accennammo non lasciavano di fare i tragici Greci per mostrare la nobiltà remota delle loro leggi ed origini, e de’ loro costumi a gloria della nazione. […] Jone si appressa a queste straniere e fa loro osservare i quadri e i bassi rilievi, diciferandone le storie.

113. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article »

Nel registro passaporti dell’Archivio di Milano, N. 780, in data 26 settembre del 1739, è scritto : Antonio Belingeri comediante con sua moglie ballarina, per passare a Venezia con loro bagaglio (Comunicazione Paglicci-Brozzi).

114. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 565-567

Raccomandandola il Perticari al Conte Gabrielli di Fano, scriveva : « Fa ragione che le nove muse vengano di persona a salutarti, perchè elle ti mandano la Rosina Taddei loro amica e compagna. […] Ei fe' di tutti sperimento : e tutti trovi degni di premio all’oprar loro ; e lor darà centuplicati i frutti dall’arche d’oro.

115. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378

L’essere in poco tempo saliti da umili compagnie alle più reputate è prova certa dei loro pregi. […] Perchè i comici di Francia non fan mettere ogni mattina sui loro avvisi : Gli Scomunicati ordinarj del. […] Non lontana da Arlecchino è un’altra capanna, dove Rosaura e Celio, d’accordo con Scapino, hanno fatto nascondere un loro bimbo, dell’età di quello d’ Arlecchino, e ch’essi quivi custodiscono, nell’aspettazione di aver trovato cui confidarlo, o di aver palesato il loro matrimonio. […] Celio, marito di Rosaura, che sa dell’accaduto, sopravviene, e cerca pretesti per chiedere a quella brava gente di affidargli il loro figliuolo. […] Scapino loro svela che son fratello e sorella ; s’abbracciano ; Celio arriva ed ha nuova fonte di gelosia.

116. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 811-

I più freddi si sentono correre ad un tratto la vampa dell’odio o la fiamma dell’amore per tutte le vene, i più infingardi, i più restii provano quell’inquietudine, quella smania, quella agitazione che li strappa alla loro apatia abituale, e li travolge palpitanti e affannosi nelle peripezie dell’azione drammatica. […] Io che ho ammirato sinceramente, e sinceramente ammiro altri artisti maschi e femine del nostro teatro di prosa per la loro maniera schietta di porgere senza avviluppamenti accademici, non so, mi trovo inceppato a parlare della verità di questa piccola fata. […] Se dicessero (e vedrete che tanto dà loro noia il successo che lo diranno) se dicessero che la commedia non vale un soldo, che talento in zucca non ne avete…. e voi lasciateli dire. […] Ciò che quella accolta di artisti applaudiva unanime, frenetica, non era soltanto quel ch’essa coglieva del genio della Duse ; quei brava non significavan soltanto l’elogio di compagni d’arte competenti, scossi dalla traduzione sintetica di una vita di emozioni, di dolori, di amore il cui compendio palpitava dinnanzi a loro : quegli applausi andavan più lontano. Essi eran la traduzione incosciente, impulsiva del loro amore per la loro arte, era tutto un omaggio di commozione che mandava oltre l’artista di passaggio, era il loro ideale ch’essi salutavano, era la loro arte nobilitata, dinnanzi alla quale si sentivan fatti più grandi essi stessi, e la quale dava loro tanto orgoglio !

117. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Conchiusione » pp. 438-442

Egli in somma é sì vario e sì vasto, che non fa un tutto se non all’occhio fino della storia che lo contempla tranquillamente, dall’alto d’una collina; e quei viaggiatori e criticastri di corta vista, scempi o impazienti, i quali si sono occupati sol di una parte di esso, e dalle loro scarse osservazioni han di poi tratto vanamente certi aforismi generali, che tengon per principio incontrastabili, in ogni tempo faranno pietà a chi ragiona. […] All’incontro moltissimi fra’ dotti, come son coloro i quali calcolano il corso de’ pianeti, o Fan triangoli, tondi, e forme quadre; coloro i quali vagando pe’ voti spazi della loro immaginazione, voglion dar corpo all’ombre e vendere per dimostrazioni alcune infelici congetture su di soggetti tenebrosi, inintelligibili, e rimoti dal senso e dalla cognizione dell’uomo; coloro i quali con ammirabile franchezza favellano de’ corpuscoli elementari e de’ loro vari moti e accozzamenti nella primitiva formazion delle cose, come se stati fosseri assistenti alla madre natura allorché disciogliendo il caos, partorì il mondo; coloro i quali vogliono farla da riformatori con immaginari sistemi politici; coloro i quali visitando le cave delle piramidi d’Egitto, si arrogano la facoltà di battezzar le mummie, e sputan sulle medaglie per diradarne l’antica ruggine e farci vedere quel che non é; coloro i quali son dottoroni pel solo capitale della memoria, o che per l’enorme lettura hanno l’immaginativa languente; tutti costoro sogliono per lo più avere, spezialmente nelle materie poetiche, non sano palato, guaste sensazioni e gusti così depravati come quelli delle donne pregnanti.

118. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO III. Spettacoli scenici della Russia. » pp. 38-46

Ignoti quasi interamente al resto dell’Europa i Moscoviti privi di libertà, immersi in una profonda ignoranza sostenuta da un’ antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio perse sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello che era sotto i loro occhi, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura ed il bisogno sugerisce. […] Pietro il grande che dal suo famoso viaggio tornò ne’ suoi vasti dominii, come dicesi che Osiri entrasse nell’Indie, accompagnato da tutto il cortegio delle muse, chiamar si può il vero fondatore e legislatore della nazione Russa, avendo cambiata la stessa natura de’ suoi stati ed i costumi di que’ popoli, ed introdotto fra loro lo spirito d’industria ed arti e scienze e collegii ed accademie e librerie e stamperie. […] Incoraggir bisogna innanzi altro i poeti che sono l’anima degli spettacoli teatrali; cercare ogni via perchè si sollevino dalla turba de’ versificatori; instruirli della ragion poetica stella polare delle rappresentazioni; essi così formati sapranno l’arte di dipingere i caratteri e le passioni, e guidati da un soprio discernimento inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, i quali pieni di questo spirito rappresenteranno con energia, naturalezza e sensibilità quanto la natura umana loro presenta; là dove copiando unicamente gli attori stranieri confonderanno gli eccessi e le bellezze per mancanza di vero lume e rappresenteranno sempre con istento e durezza.

119. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO PRIMO. Antichità Etrusche fondamento delle Romane. » pp. 2-8

Sebbene dello stupendo e capriccioso Labirinto di Porsena, monumento sepolcrale fabbricato nell’antichissima città di Chiusi, giunso all’età di Plinio soltanto la memoria4, pure non pochi altri antichi rottami ci rimangono che manifestano la loro espertezza nel costruire. […] E per le cose sceniche troviamo mentovate le tragedie e la ludicra degli Etruschi, e ci si dice che le donne ancora rappresentavano ne’ loro teatri11. […] Tiraboschi saviamente oppone, che anche sotto il dominio Romano potevano gli Etruschi poetare nella loro lingua patria.

120. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Si è però preteso da taluni troppo leggermente che esse fossero sin dalla loro origine basse non solo e buffonesche ma oscene ancora. […] Due servi aspirano alle nozze di una serva loro compagna chiamata Casina. L’amano a competenza il vecchio padrone, ed il di lui figliuolo, e ciascuno di loro pel proprio intento favorisce uno de’ servi. […] Qual frutto si è ricavato dalle loro fatiche? […] A ciò Annone prende un’ aria di tristezza, e dice che furono in fatti a lui rubate due figlie insieme colla loro balia.

121. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VII. Copia di Teatri per l’Impero: magnificenza e profusione eccessiva negli spettacoli sceneci. » pp. 38-55

Napoli, Capua, Ercolano, Pompei, Nola, Pozzuoli, Siracusa, Catania ed altre città del regno di Napoli e della Sicilia, videro i loro teatri per quel periodo assai frequentati. […] Alcuni moderni autori Spagnuoli fanno menzione di altre rovine teatrali che si trovano nella loro penisola. […] Nè conseguì per questo di scemarne il numero, anzi a tal segno esso crebbe, che di sole ballerine forestiere, secondo Ammiano Marcellinob, contaronsi in Roma più di tremila, le quali coi loro cori e con altrettanti maestri furono privilegiate ed eccettuate da un bando di sgombero dalla città intimato per timore di carestia a tutti i filosofi, retori ed altri letterati stranieri. […] I Semigreci della Magna Grecia Livio Andronico, Ennio, Pacuvio ed anche Nevio Campano, insegnarono loro ad amar le lettere e a coltivar la poesia drammatica. […] La grandezza eroica campeggia nel loro stile con carattere particolare, meno attaccato alla naturalezza greca, e più confacente alla maestà Romana.

122. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo II. Teatro Spagnuolo, Inglese, e Alemano nel medesimo Secolo XVII. » pp. 276-290

Blàs de Nasarre, il quale par che mettesse particolar cura in abbassar i più famosi comici spagnuoli per sostituir loro un meriro ideale, molto prolissamente ha declamato contra le stravagante, gli errori, e l’ignoranza di Calderone. […] Per la qual cosa non pochi giudiziosi scrittori nazionali si lusingarono di arrecar l’inondazione colle loro letterarie querele. […] Tuttavolta un osservatore paziente e ingenua troverà fra tanti mostri varie commedie scritte con ingegno, qualora voglia perdonar loro gli errori sulle unità. […] I loro predecessori contentavano di prendere i personaggi ridicoli fra’ servi: ma questi baroncelli odierni cercano i loro buffoni fra’ gentiluomini e cavalieri; di modo che io da sei anni vo differendo di prenderne il titolo per timore d’esser pollo in iscena, e di farvi una figura ridicola». […] Egli fu con debolezza fecondato da alcuni scrittori, i quali, perduta di mira la natura, correvano dietro a una luce efimera che faceva loro smarrire il buon sentiero.

123. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO VI. Maschere materiali moderne. » pp. 265-269

Quanto al fine si è già veduto nel volume I che gli antichi avendo bisogno per la vastità de’ loro teatri di accrescere la voce, e di avvicinare il personaggio al numerosissimo uditorio, vi provvidero colle maschere. […] Se ne deduce parimente che Pietro Chiari pedantescamente pretese giustificare le maschere degli strioni moderni coll’esempio delle antiche sostenendo con vana quanto trita erudizione la loro mimica pertinacia, poltroneria, o paura di smascherarsi.

124. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [I-H-K]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1060-1062

.° di dodici, ritenendo però per rimborso le dobble venticinque simili delle quali fu fatta loro prestanza in virtù d’ordine del duca, sin sotto li 19 maggio dell’ anno scorso 1688. […] V’ è poi un terzo ordine che porta la data dell’ 11 marzo 1690, col quale il Zerbini doveva pagare alla Lavinia et a Lelio licenziati le loro prouisioni da gli otto di febbraio scorso a tutto marzo corrente in ragione di L. 45 il mese per ciascuno.

125. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Ferrara il dì 27 febraro 1618. » pp. 519-525

Queste sono delle maraviglie che suole produrre la natura che ancor che paja diligentissima si dimostri nel distinguere le persone, nel carattere dello scrivere, nel suono delle voci, et nella forma dei volti ; contuttociò molti si sono trovati che simigliantissimi tra di loro essendo, benchè nati in paesi diversi e lontani, hanno ingannati quelli che più famigliarmente con loro praticavano ; e la prova si vede nella mia persona che tanto dite assomigliarsi a questa Celia. […] Io ho inteso che i nomi hanno in loro un non so che di fortunato e d’infelice ; per me questo di Lauinia non mi piace ; poichè Lauinia, quella cantata da Virgilio originò incendio al Latio, la morte a Turno, e trauagli a Enea : oltre che se voi pigliate la seconda sillaba di questo nome che è Vi, e la fate prima, componete un nome che dice Vilania. […] Lo studio è necessario per sapere occorrendo trattare di tutte le materie non solo in Commedia, ma nelle Accademie, poichè pure vi sono Accademie illustrissime che per testimonio che i comedianti, che fanno l’arte loro come si conviene, non sono indegni d’essere ammessi nelle loro adunanze ; hanno accresciuto il numero degli accademici accettando e uomini e donne, che ordinariamente comparivano in iscena…. ecc. ecc. […] Il Romagnesi et Mezzettino anche loro facendo riverenza, et ringraziando la E.

126. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Allora l’amore altro non fu che un commercio materiale di voluttà, nel quale i poeti s’ingegnavano di ricompensare i sensi del lungo imperio che aveva sopra di loro esercitato l’astratta ragione. […] Col quale avvitamento tanto più agevolmente è divenuto signore degli animi quanto che le persone gentili gli appone il loro spontaneamente, nulla temendo da lui che allarmar possa il loro pudore, anzi trovandovi dipinta al vivo la propria situazione artifiziosamente scolpata. […] Le donne perché niun altro scrittore fa loro conoscer meglio la possanza sorprendente della bellezza e l’ascendente del loro sesso. […] Qual meraviglia è dunque se chi dopo loro si scontra nel medesimo obbietto, o nella medesima situazione, non potendole migliorare le ricopia, o le riveste alla sua foggia? […] Basta una semplice occhiata per ravvisar in loro non già un assirio, un tartaro, un africano, un chinese che parlino, ma bensì il poeta, il quale presta loro spesse fiate i propri sentimenti e il pensare attuale del proprio secolo.

127. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo I. Teatro Italiano nel Secolo XVII. » pp. 268-275

Opposero allora decorazioni a decorazioni, e musica a musica, e si sostennero alquanto con farsacce magiche piene di apparenze, voli, e trasformazioni, e con alcuni intermezzi musicali, passeggieri ripari a’ loro continui bisogni. Un altro momentaneo soccorso trassero dalle favole spagnuole piene d’avvenimenti notturni, di duelli, ratti, nascondigli, e raggiri, facendole tradurre e rassettare al loro dono. […] Se di ciò e di altro fossero informati certi critici francesi, non disprezzerebbero al certo nelle materie filosofiche l’Italia, sempre madre feconda delle scienze e delle belle arti, e non si darebbero a credere che il loro paese sia il solo depositario de i gran lumi della ragione e della bella luce della verità. Essi fanno ciò che di quella loro accademia che ha per divisa, «invenit et perfecit», dice il signor di Voltaire nel suo Candido: «Ah, voilà quatre-vingt volumes de recueils d’une Académie des sciences, s’écria Martin; il se peut qu’il y ait là du bon.

128. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 543-547

E. non uol saper niente, si che non si pol far un opera che sia bona, ma non solo le opere anche le comedie ; l’altra sera appunto si fece ti tre finti turchi e recito il secondo Zanni nouo che andò così bene che tutti si partirno inanzi fornita ; dicendo che se si fariano di quelle ci daranno delle Pomate. dove che ardisco suplicarla il dar ordine à qualcheduno che regoli la compag.ª pchè ò bisogno di studiare è tirarmi inanzi non di star à spasso p. i capricci d’altri ; la Sig.ª Flaminia à dato una delle sue parte che ne faceva due à mia sorella addesso pare che la Sig.ª Ippolita con la colega fatta tra di loro abbiano disgusto è la uoriano far fare alla guercina basta doppo dificultà si sono contentati ma però di nouo lo suplico il scriverli che la facciano recitare è la lettera onorarssi d’inuiarla à me però diretta alla Comp.ª non dirò più per non incomodarla, solo che se segue così non occorre uenir a Ferara p. che so che se non fosse in riguardo alla protetione di V.  […] Di loro sappiamo dal Bertolotti (op. cit.) che Ranucino Farnese per compiacere alla Corte di Mantova, nell’aprile 1670 lasciavale il Capitan Fialla, sua moglie Flaminia, loro figli e cognato, affinchè si unissero in Mantova con Nicolò Zccca (Bertolino) e formassero una buona compagnia comica. […] Dopo il qual tempo ritornò in Italia, e precisamente a Mantova, come abbiamo da una lettera dell’Elettore al Duca ; a cui raccomanda nel lor ritorno la coppia D’Orsi, e da una nota che ci fa sapere come « i loro abiti da commedianti furono spediti a Mantova in 29 casse.

129. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article »

Rinomatissimo capocomico e artista egregio per le parti d’innamorato nelle commedie scritte e improvvise. « Fu uomo di molta intraprendenza – scrive il Bartoli – ed ebbe in sua Compagnia degli abili Personaggi, a’ quali però all’ occorrenza non mancava di dar loro delle buone instruzioni intorno al mestiere. » Mortagli la moglie, abbandonò per sempre il teatro, aprendo in Venezia nel Campo di Santa Margherita una scuola per fanciulli che gli procacciò una decorosa esistenza.

130. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IV. Numero delle Tragedie Spagnuole de’ Secoli XVI., e XVII. » pp. 20-25

Infatti non recitandosi nè essendo ovvie le poche Tragedie Spagnuole per la loro rarità, donde potevano essi argomentare che nella Penisola si conoscesse tal genere di Poesia? […] Gli amatori delle glorie letterarie della Spagna, lasciando da parte le inutili apologie, potrebbero togliere ogni pretesto agli Stranieri col formare delle loro Tragedie de’ due passati secoli una Raccolta. […] Al contrario uscendo da Omero, Virgilio, Ariosto, e Tasso reputati per Epici impareggiabili, se ne troverà un buon numero in Grecia e in Italia di altri, che se non pervennero ad uguagliare la gloria di quelle due gran coppie, meritano pure che si leggano, si studiino, e che la loro memoria passi a’ più lontani posteri.

131. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « PROLUSIONE ALLE LEZIONI DI POESIA RAPPRESENTATIVA DEL PROFESSORE PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI. » pp. 203-226

Questa Prima Cagione del tutto che abbellì la superficie del nostro pianeta col vago variamente colorito ammanto di tutto il regno vegetabile, la popolò d’innumerabili esseri animati, quali d’ingenti forze dotati come i leoni, quali in mille guise proficui come tanti armenti, pesci e volatili, quali di vaghe e care spoglie abbigliati, come le martore, gli armellini, le zebre e le americane tigri, quali per dolci concenti commendabili come usignuoli, canarii, uccelli-mosche e colibrì, quali notabili per sagace istinto come le api, i destrieri, i cani, le scimie, gli elefanti, ed i castori operai insieme ed architetti de’ loro borghi. […] E dell’esempio approfittandosi i legislatori, i Carondi, i Zaleuci, colle medesime spoglie dettarono le loro leggi. Con tale abbigliamento le memorie degli eroi e le grandi imprese si conservarono nelle loro colonne dagli Egiziani, e fra Germani, Celti, Goti, e Peruviani; nè ricusarono queste care spoglie i filosofi, gli Empedocli, i Teognidi, gli Arati, i Lucrezii nell’insegnar le fisiche, l’astronomia, e la filosofia de’ costumi. […] Ma nella Grecia soltanto brillano luminosamente gli Aristofani che con allegoriche imitazioni presentando i più frivoli oggetti, le rane, le vespe, gli uccelli, le nuvole, saettano con acuti motteggi la bruttezza de’ prepotenti e cacciangli in fuga, versando nelle loro favole un tesoro di sana politica, di pura morale e di dilicata poesia. […] Ignorate che ne’ tempi bassi, quando essi gemevano solto il ferreo giogo del più umiliante dispotismo, essa diede loro fin anche il grand’ esempio di vendicarsi in libertà?

132. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO III. Teatro Olandese: Danese: Suedese: Polacco. » pp. 253-256

Benchè gli Olandesi nelle antichissime loro assemblee di verseggiatori anche estemporanei, tra’ quali vuolsi che siasi distinto nel passato secolo il poeta Poot, hanno recitate ancora favole sceniche, nondimeno lenti colà saranno sempre i progressi di un’ arte che non si pregia, e che sdegnano di coltivare i buoni talenti. Dopo del loro Vondel, e del Van-del-Does appena si lodano come le migliori favole del paese due tragedie di Rotgans, ed un’ altra della sig.

133. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 94-95

Li gondolieri del mio paese hanno sempre sostenuto colle loro mani callose, che quel Brighella è un grande uomo. […] Le scene di gelosia, che tratto tratto nascevano tra di loro, erano delle più bizzarre ch' uscir possano da una poetica fantasia.

134. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Si finge nella prima scena che il re e la regina esprimano i loro affetti. […] Orazio legge; è una lettera di Amlet che dice: “Orazio, come avrai letta questa lettera, dirigerai gli uomini che te la recano, al re, pel quale ho dato loro un altro plico. […] Cade il loro discorso sulla nobilità di coloro che maneggiano la zappa, come becchini, zappatori &c., i quali esercitano la professione di Adamo. […] Dopo simili osservazioni va a parlare a’ becchini, e la conversazione riesce lunga e comica per le loro risposte, e morale per le riflessioni di Amlet. […] Essi al par di me vedevano i falli grossolani del loro autor favorito, ma sentivano meglio di me le sue bellezze, tanto più singolari per esser lampi che brillavano in una oscurissima notte.

135. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 533

Il Fuidoro parlando di lui e di Andrea Ciuccio (Calcese), li chiama attori del volgo, ma di tale voga, di tale concorso, che non poteva venire e restare a Napoli una Conversazione (Compagnia) forestiera, se non li accoglieva tra i loro.

136. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Contenti gli antichi delle voci naturali de’ loro attori ancor nelle parti femminili, non mai pensarono a valersi degli eunuchi per le loro scene. […] Le nazioni settentrionali aliene da questo obbrobrio in ogni tempo, nel venire a dominare ne’ paesi occidentali del Romano impero, non poterono comunicar loro ciò che esse detestavano o ignoravano. […] Sarebbe tempo che l’arte e la natura oltraggiate rivendicassero i loro dritti. […] Contribuiva parimente al loro discredito la destrezza degl’ Italiani più culti nell’arte rappresentativa. […] Claudiano contra Eutropio pretese che i Parti, per raffinamento di lascivia, cominciassero a praticarlo per conservare più lungo tempo la gioventù de’ loro cinedi.

137. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 522

rie loro Iosepho Scarpeta già comico, il quale fu inventore di dare la elemosina a' lochi pii delli denari della Comedia soto il Governo della felice memoria dell’Ill.

138. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

Si ridicolizza la loro stravagante pretenzione di togliere agli uomini il governo delle pubbliche cose. Mostra in prima il poeta la loro scempiaggine nel modo da esse prescelto per ottenerlo. […] Espone poscia la loro imperizia nel concionare. […] Ora il poeta dà ad intendere in qual modo esse digiunavano, e mette in vista la loro ipocrisia, mentre provvedendo in segreto al loro ventre, osservano all’apparenza le pratiche della religione. […] Passano indi alla censura de’ canti o sia della musica apposta alla loro poesia.

139. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

Due servi aspirano alle nozze di una serva loro compagna chiamata Casina. L’amano a competenza il vecchio padrone ed il di lui figliuolo, e ciascuno di loro pel proprio intento favorisce uno de’ servi. […] Qual frutto si è ricavato dalle loro fatiche? […] A ciò Annone prende un’aria di tristezza, e dice che furono in fatti a lui rubate due figlie insieme colla loro balia. […] I Latini assai meno rigorosi de’ moderni accordarono a’ loro poeti comici più ampii i confini della verisimiglianza.

140. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO I. Teatro Tragico Italiano. » pp. 228-273

È tenero nell’atto III l’abboccamento di Sileno colla moglie e colla figliuola che già sanno la loro sventura, e l’autore ha posto in bocca di Alcinoe le parole d’Ifigenia che procura intenerire il padre. […] Ella seguita sempre sul medesimo gusto, e poi narra il concertato con Annibale, la promessa fattale di matrimonio, i loro congressi notturni, e lo stabilimento di partirsi con lui in abito militare. […] Le gemelle avvedute dell’inganno prendono dalla mano del loro fratello un veleno, e lo tracannano a gara, indi ridottesi alle loro stanze si animano a combattere fra loro per togliersi que’ momenti di vita che loro rimangono. […] I costumi e i raggiri degli ambiziosi cortigiani vi si dipingono egregiamente colla spoglia delle maniere turche che loro presta novità e vivacità. […] La sesta scena dell’atto III del loro nobile contrasto è piena di vigore e di moto, mal grado di qualche espressione lirica.

141. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »

È citato da Trajano Boccalini nei suoi Ragguagli di Parnaso, là dove dice (I, 242) : « ed in particolare tanta dilettatione ha dato a Sua Maestà il signor Cola Francesco Vacantiello, personaggio napolitano, che ha detto che anche nell’ introdurre il napolitano nelle comedie per rappresentar la fina vacanteria, havevano gl’Italiani mostrato il loro altissimo ingegno…. » Concordando le date, io credo potersi identificare in questo il Cola che fu mandato dal Duca di Mantova a Parigi il 1608 in sostituzione dell’arlecchino Martinelli, omai troppo vecchio.

142. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 850-853

– Egli vi rinunziò, dandone avviso ai suoi scritturati, affinchè provvedessero al loro futuro collocamento. […] Tutti ammirati pel valore artistico, non meno che per la rettitudine della loro condotta nella vita privata. […] Volendo però agire con rettitudine, chiesero, dopo alcuni mesi, al Fabbrichesi se persistesse nel suo rifiuto ; ed in tal caso, qualora a lui non dispiacesse, avrebbero inoltrata domanda per ottenere il contratto di privativa in loro nome.

143. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

È questo il fuoco elettrico rinchiuso nelle loro opere, il quale non iscintilla perchi non lo cura o non sa l’arte di farlo scappar fuori. […] Ella durando il loro dialogo dovette mostrarsi sospesa e agitata da varii pensieri sulle conseguenze della difesa che di lei vuol prendere Achille. […] Veggasi quello del l’atto primo, in cui le schiave Trojane sollecite del loro destino vanno immaginando in qual parte toccherà loro in sorte di essere trasportatea. […] Pur queste due tragedie hanno tra loro qualche relazione nella condotta. […] Oltre a molti altri tratti patetici, vi si trovano varie allusioni alle Greche antichità e tradizioni, la qual cosa, come altrove accennammo, di rado si trascurò dai Greci tragici per mostrare l’antichità remota delle loro leggi ed origini e de’ loro costumi a gloria della nazione..

144. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — [Epigrafo] »

Imperocché è pur lecito il dar giudizio di quelle professioni, in cui furono eccellenti Apelle, Zeusi e Protogene, anche a coloro i quali ad essi non possono in verun patto agguagliarsi: né fu interdetto agli altri artefici il dire il parer loro sopra le opere di Fidia, di Policleto e di Mirone, tuttoché ad essi di gran lunga fossero addietro.

145. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article »

La sua accettazione alla Commedia italiana fu dovuta alle vive sollecitazioni di tutti i comici, che dopo la morte di Collalto la condussero essi stessi dinanzi al Gentiluomo della Camera, e vivamente la raccomandarono in memoria del loro amato e illustre compagno.

146. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Brescello li 16 Dicembre 1738. »

r Ambasciatore di Francia passaua a Verona per recitami questo Carneuale ; fortunatamente e con stento si sono saluate le persone, che molto hanno soferto, auendo per altro perduto quasi tutto l’ Equipaggio con loro gran danno.

147. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Dei balli »

L’arte della coregrafia nacque già tra loro alla fine del Cinquecento, e tra loro apparirono in questi ultimi tempi i balletti della Rosa, di Arianna, di Pigmalione e parecchi altri, i quali si avvicinano di molto all’arte di Pilade e dei più nobili antichi pantomimi.

148. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO II. Teatro Olandese: Danese: Suedese: Polacco. » pp. 32-37

Benchè gli Olandesi nelle antichissime loro Assemblee di verseggiatori anche estemporanei, tra’ quali vuolsi che siesi distinto nel secolo XVII il poeta Poot, recitarono ancora favole sceniche; nondimeno lenti colà saranno sempre i progressi di un’ arte che non si pregia, e che da buoni talenti si sdegna di coltivare. Dopo del loro Vondel, e del Van-del-Does appena si lodano tralle migliori favole del paese due tragedie di Rotgans, ed un’ altra della signora Van-Winter nata Van-Merken autrice (che viveva ancora verso il 1789) del bene applaudito poema in sedici canti intitolato il Germanico.

149. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

Traggono da esse i comici lombardi tanto frutto e riputazione, che finalmente saran costretti dall’evidenza a deporre il rimanente de’ pregiudizi mimici de’ loro predecessori. […] Corneille e Metastasio han soddisfatto compiutamente al loro intento ma se quell’ultimo avesse, seguite l’orme del primo nella condotta della Favola, avrebbe fatta un’opera fredda d’una buona tragedia. […] Per non nuotare nel vacuo delle idee, e dare in stravaganze, fa d’uopo leggere e rileggere di continuo con somma attenzione gli autori classici; imperciocché siccome colui che al sole cammina, colore da esso prende, così quello studioso che con gli padri della letteratura conversa, della. loro virtù si colora, e dal loro lume suo lume accende. Aggiungasi, qualor si possa, alla massa de i loro bei pensieri, ma son giudizio e profonda sagacità; quantunque il comico dica, e sia pur troppo vero, Nil dictum quin dictum prius. […] «Una delle principali cagioni della loro superiorità in questo (scrive il più volte lodato sig.

150. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » p. 162

Per quanto, la supplica dell’Arcieri dicesse in proposito : « le quali per li loro moderati costumi e per non essere state causa di scandalo veruno abitano presentemente in città, ed hanno più volte recitato nel sudetto teatro, » l’Uditore rispondeva che « le quattro donne erano delle peggiori.

151. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO I. Teatro tragico Italiano. » pp. 98-130

E’ tenero nell’atto III l’ abboccamento di Sileno colla moglie e colla figliuola che già sanno la loro sventura; e l’autore ha posto in bocca d’Alcinoe le parole d’Ifigenia che procura intenerire il padre. […] Ella seguita sempre sul medesimo gusto, e poi narra il concertato con Annibale, la promessa fattale di matrimonio, i loro congressi notturni, e lo stabilimento di partirsi con lui in abito militare. […] Le gemelle avvedute dell’inganno prendono dalla mano del loro fratello un veleno, e lo tracannano a gara, indi ridottesi alle loro stanze si animano a combattere fra loro per togliersi que’ momenti di vita che loro rimangono. […] I costumi e i raggiri degli ambiziosi cortigiani vi si dipingono egregiamente colla spoglia delle maniere Turche che loro presta novità e vivacità. […] La sesta scena dell’ atto III del loro nobile contrasto è piena di vigore e di moto, mal grado di qualche espressione lirica.

152. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VIII. Teatro Lirico: Opera Comica: Teatri materiali. » pp. 177-187

Al contrario chi avesse l’umore di codesto Francese, ben potrebbe con maggior fondamento dubitare che simile disgrazia avvenisse in Francia per lo stile serio e grave che può accreditare appo gl’ incauti le loro rappresentazioni liriche ripiene delle stesse mostruosità che alimentano l’ ignoranza e gli errori popolari. […] Se questo sistema al loro credere non può avere la verità richiesta nell’epopea, l’avrà poi sulla scena? […] Lo spirito di rappresentazione che anima i Francesi, i gran modelli nazionali che riempiono le loro scene, il gusto di cui credonsi tutti con privilegio esclusivo in possesso, tutto ciò non basta ad obbligarli a volgere un solo sguardo alla meschinità de’ loro pubblici teatri.

153. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » p. 161

Con tanto fervore, con tale spirito di emulazione si diedero le due donne allo studio de’ loro personaggi, che, a detta degli spettatori, ne uscirono due delle più stupende creazioni dell’arte.

154. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article »

E gli artisti di musica avevan presso che tutti un di codesti nomignoli bizzarri, mentre quelli di prosa eran chiamati col loro nome di scena.

155. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » p. 868

Bologna, Firenze, Genova, ed altre città applaudirono al suo modo di condurre e dirigere una società di persone abili nel loro mestiere con decoro, e con quella riputazione che ha formato il suo buon nome. » Scorreva il 1781-82 la Lombardia con la compagnia, la quale, benchè in gran parte modificata, non gli scemò punto il favore del pubblico.

156. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »

San Petronio è il santo protettore de' Bolognesi, e moltissimi di loro si chiamano con tal nome ; onde il celebre Alessandro Tassoni nella Secchia Rapita volendo parlare de' Bolognesi, li chiama i Petronj.

157. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Queste continue mode, queste eterne novità obbligano gli uomini alla fine a vendere i loro effetti per contentar le loro belle » ecc. […] Eschine gli esorta a disuntar le loro barbacce, ed unguentare i loro capegli, per evitare che in Corte si rida di loro a scherno di Atene eccelsa. […] Chi di loro meglio giunse a risolverlo ? […] I loro colpi di scena poi speriscono a fronte del vigoroso colorito di Apostolo Zeno, come i loro quadri languiscono accanto a quelli di Metastasio. […] Chi giudicherà di loro, il pedantismo o la leggerezza ?

158. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 958-966

A lode dell’ artista poi la canzone ha infine queste tre strofe : — È fama, che le scene Il lugubre colore Giurassero a Scappin loro Signore, E che nell’auuenire, E che nell’auuenire, Tragici casi sol faranno vdire, Faranno vdire. […] mo Principe Tomaso di Savoja, compreso le spese della venuta loro da Venezia e per ritornarsi, fanno L. 2205. […] A loro e a’ lor compagni furon date il 17 dicembre 1624 lire 2400 per aver recitato commedie alla presenza di S. […] A Firenze erano ancora il 31 ottobre, come si ha da un ricorso a Cesare Molzi per le noie che loro cagionava Fabrizio Napoletano (Domenico Antonio Parrino), ricorso ch’ebbe per effetto la immediata espulsione di esso da Firenze e dallo Stato. […] A., cioè di mettere insieme i meglio comici che recitassero ; onde per gli interessi e le discordie loro n’ebbe infinitissimi disgusti.

159. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 363

) pubblica una patente del Duca Ferdinando in data 3 aprile 1680, colla quale si nominava virtuosa di camera, Apollonia fu Lauro Bertani, nostra suddita, cantante già in diversi teatri ; e altra in data 24 ottobre 1683, così concepita : avendo concesso il nostro genitore al fu Lauro Bertani comico e dopo lui ai suoi figli la facoltà di noleggiar sacchi in questa nostra città in ragione di un soldo per sacco al giorno, confermo ai figli Apolonia e Antonio, vita loro durante, tale privilegio.

160. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO VII [IV]. Teatro Lirico: Opera Comica: Vaudeville. » pp. 192-230

Se questo sistema al loro credere non può avere la verità richiesta nell’epopea, l’avrà poi sulla scena? […] La loro musica appartiene al riputato Mèhul, cui si deve anche la Stratonica che riuscì ancor meglio. […] Lo spirito di rappresentazione che anima i Francesi, i grandi modelli nazionali che riempiono le loro scene, il gusto di cui credonsi con privilegio esclusivo in possesso, non basta ad obbligarli a volgere un solo sguardo alla meschinità de’ loro pubblici teatri. […] Nel teatro Montausier che è nel recinto del Palais-Royal, si rappresentavano mal grado della loro caduta, le composizioni di Pixerecourt, Jacques, e Chazet. […] La sala ha dodici colonne d’ordine composito che nella loro altezza comprendono due ordini di logge.

161. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

Egli amava con predilezione Lucano e Seneca, e nelle di loro opere attinse non meno l’amor del sublime che l’impeto e la foga che il trasportava al pari de’ suoi modelli nell’enfatico e nell’ ampolloso. […] Ma se quel Polifonte e quel Paride prendono il linguaggio de’ Celadoni, e si trasformano in pretti signorotti Francesi, diventeranno personaggi comici malinconici, e i loro amori si rigetteranno dal coturno. […] I vizj, le virtù ed anche gli attributi accidentali nelle loro favole (nota il Colepio) diventano le persone agenti. […] Dopo ciò poco parmi conducente al vantaggio della gioventù il particolareggiare su i loro difetti. […] Gli apologisti Spagnuoli doveano contare anche questa favola di Quinault tra quelle che i Francesi trassero da’ loro compatriotti.

162. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 263-265

Cominciò, è vero, a pubblicar nel '67 le sue commedie, intitolando la raccolta : Selva Comica Nazionale, ma egli sapeva appena leggere e scrivere (imparò a scrivere poco dopo di esser entrato al San Carlino), e i suoi sgorbi drammatici eran corretti da Marulli e Altavilla, i quali, il primo specialmente, concedevan ch'ei desse commedie loro sotto il suo nome. […] L'attore era veramente grande, la sua figura illuminava tutta la scena, riempiva tutti i vuoti, raccoglieva tutte le emozioni e gl’interessamenti ; così le volgari stupidaggini della commedia, il suo difetto d’umanità, di nesso logico, di spirito, eran dimenticati in un godimento che pervadeva tutto il pubblico e durava ancor fuori del teatro : una felicità che accompagnava fin a casa gli spettatori, e lasciava ancor sorridere, nel sonno, le loro labbra dischiuse.

163. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133

Qual pro da un cangiamento che mena il poeta a lottare colle opinioni radicate negli animi di chi ascolta, e per conseguenza a rendere poco interessante perchè non credibile la loro generosità verso del padre? […] Si dirà che si vuole impedire un incesto; ma Semiramide non conosce Arsace per suo figlio, ed Arsace è virtuoso ed innamorato di un’ altra; or non bastava di far loro sapere l’arcano? […] Che rappresentarono i Greci se non gli evenimenti della loro storia? […] Che gl’ Inglesi e gli Spagnuoli in quasi tutte le loro favole? […] Temè in prima che le potesse nuocere la potenza e l’ambizione de’ Veneziani, e formò contro di loro la formidabil lega; vide poscia quanto più pericolosi nemici di tal libertà fossero i Francesi, e si distaccò da loro.

164. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article »

re Horatio Colletta da Ferrara con tutta la sua compagnia de Comici hauendo uisuto sempre desideroso di servire la serenissima casa d’Este, et hora più che mai, et uedendo, che in questa Città non si trouano altri comici, et essendoli noto la sua humanità che tiene in fauorire li uirtuosi comici uiene esso pronto ad offerirsi di seruirla con tutta la sua compagnia anzi a pregarla, che si uoglia degnare di accettare al suo seruitio per questo poco carneuale poiche esso si offerisce pronto di seruirla se non quanto che comporta la sua grandezza, almeno secondo che comportara il loro poco sapere, et di piu l’oratore a nome di tutta la compagnia la prega a uolere restar seruita di honorarla di farli prouedere di un luoco opportuno a potere recitare.

165. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Il primo saggio che fe delle sue forze nel tragico, fu la Medea Egli amava con predilezione Lucano e Seneca, e nelle di loro opere attinse non meno l’amor del sublime che l’impeto e la foga che il trasportava al pari de’ suoi modelli nell’enfatico e nell’ampolloso. […] Ma se quel Polifonte e quel Paride prendano il linguaggio de’ Celadoni, e si trasformino in pretti signorotti francesi, diventeranno personaggi comici malinconici, ed i loro amori si rigetteranno dal coturno. […] I vizii e le virtù ed anche gli attributi accidentali nelle loro favole (osserva il Calepio) diventano le persone agenti. […] In questi quel perpetuo tessuto di astratti i quali diventano persone, e la ripetizione de’ medesimi tropi forma l’unico fondo del loro stile; ma Racine le accompagna con altre maniere poetiche calcando da gran poeta le tracce degli antichi tragici che studiava e si proponeva per modelli e per censoria. […] Lampillas, Andres e tutti gli apologisti spagnuoli loro confratelli doveano contare ancor questa favola del Quinault tra quelle che i Francesi trassero da’ loro compatriotti.

166. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Dir però non saprei quando avrebbero essi trasportate nel loro volgare le antiche bellezze, se più lungamente persistevano ad usare la propria versificazione. […] Ferdinando altro amante d’Isabella mal noto e mal gradito, ed Elena di lei cugina occulta amante di Diego formano gli ostacoli della loro felicità. […] Gl’innamorati per comunicarsi anche in pubblico quanto passa, hanno stabilito tra loro una cifra, che rende inutili tutte le diligenze e gli avvisi della spia. […] Si confrontino le loro scritture. […] Sopratutto ho atteso a schivare le loro inutili decisioni generali.

167. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Ferdinando altro amante d’Isabella mal noto e mal gradito, ed Elena di lei cugina ed occulta amante di Diego formano gli ostacoli della loro felicità. […] Si confrontino le loro scritture. […] Interessante singolarmente è la scena della loro cena; e i discorsi del re e di Juan Pasqual sono ben degni degli elogj de’ giornalisti Francesi e di M. […] Soprattutto ho badato a schivare le loro inutili decisioni generali. […] Allora gli Spagnuoli che mostrano già tanti progressi fatti nelle scienze e nelle arti, vedranno a tutta luce le loro forze e le loro debolezze teatrali, e si volgeranno a calcare miglior sentiero.

168. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 252

Neri nel Fanfulla della Domenica (4 aprile 1886), per avere licenza di recitare colà per tre mesi le loro honeste Comedie, sottoscritta dalla Piissimi, dal Pilastri, dallo Zenari, dal Pelesini, dal Capitan Cardone, dal Fabri, dal Salimbeni, dal Panzanini, e dal nostro che firmò : Io Giovanni Balestri affermo ut supra.

169. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 505

 – Passaporto al comico Giuseppe Bresciani detto il Ferrarese, che colla sua compagnia, loro armi etc. di misura, robbe ed arnesi passa da questa Città all’ Imperiale di Vienna ed altre di Germania per distribuirne de’ suoi medicamenti.

170. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 542

Il 1572 era capo di una Compagnia italiana in Francia, e Carlo IX, messosi a un regime per venti giorni, ordinò a' comici italiani di recarsi da Parigi a Blois ov'era la Corte, per divertire Sua Maestà durante il suo periodo di dieta ; e per rimborso di spese di viaggio e per onorario delle rappresentazioni (Comédies et plaisants jeux) ordinò in data 2 marzo 1572 a Claudio Marcello, proposto de' mercanti della città di Parigi, di pagare a esso Soldino e agli altri comici italiani lire tornesi 135, da dividersi tra loro in parti eguali, e di cui non doveva esser fatto cenno ne' registri delle spese (V.

171. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 623

Il dottor Paglicci-Brozzi pubblicò (Scena ill.ª del 15 ottobre 1890) una Supplicatione di lui al marchese d’Ayamonte don Antonio de Guzman governatore per Sua Maestà Cattolica in Italia, in data 25 di giugno 1574, la quale comincia : « Alli giorni passati essendo a Cremona la Compagnia dei Comici Confidenti, et fra loro il fidelissimo servo di V.

172. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » p. 53

mo di Mantova per dimandar favore che detto Graziano andasse con loro a Roma.

173. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 197

Il figlio Leo, nonostante l’avversion de'parenti, che lo tennero in collegio fino a quindici anni, si diede all’arte loro, scritturandosi l’ '82 secondo amoroso con Luigi Monti, e serbandosi in tale ruolo con le Compagnie Bellotti, Pezzana, Emanuel, Marini, fino all’ '89.

174. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81

In grazia della gioventù permettiamo in quell’opera, secondoché la storia ne presenta i poeti antichi, un breve esame delle principali bellezze de’ loro componimenti, senza dissimularne qualche difetto. […] Stese Sofocle le sue osservazioni fino alle più picciole cose per far risplendere l’abilità di ciascuno; e perché si vedessero in teatro brillare i piedi de’ ballerini, fé calzar loro certe scarpe bianche. […] Lacera finalmente i cuori sensibili la preghiera di Edipo ridotto in sì misero stato per abbracciar le figliuole, e quando brancolando va loro incontro nella scena IV chiamandosi or di loro fratello, ora padre: Figlie, ove sete, o figlie? […]  E le tenere spose,  E le madri canute,  L’una de l’altra a canto,  Piangon supplici e meste i loro mali. […] Veggasi quello dell’atto I, in cui le schiave troiane sollecite del loro destino vanno immaginando dove toccherà loro in sorte d’esser trasportate.

175. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Del libretto »

E perché essa pompa fosse come naturale alla tragedia, avvisarono appunto di risalire cogli argomenti delle loro composizioni sino a’ tempi eroici, o vogliam dire alla mitologia. […] Ond’è che i soggetti storici, o hanno il più delle volte a rimanersi nudi o a rivestirsi di panni che non vi si affanno per niente, e, come si suoI dire, piangono loro in dosso. […] Infatti, chi sapesse pigliare con discrezione il buono de’ soggetti favolosi dei tempi addietro, ritenendo il buono dei soggetti dei nostri tempi, si verrebbe quasi a far dell’opera quello che è necessario fare degli stati: che, a mantenergli in vita, conviene di quando in quando ritirargli verso il loro principio.

176. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO PRIMO. Antichità Etrusche fondamento dell Romane. » pp. 4-14

Sebbene dello stupendo capriccioso Labirinto di Porsena, monumento sepolcrale fabbricato nell’antichissima città di Chiusi, giunse all’età di Plinio soltanto la memoriab; pure non pochi altri antichi rottami ci rimangono che manifestano la loro esperienza nel costruire. […] E per le cose sceniche troviamo mentovate le tragedie e la ludicra degli Etruschi; e ci si dice che le donne ancora rappresentavano ne’ loro teatrib. […] Ed il chiarissimo Tiraboschi saviamente oppone, che anche sotto il dominio Romano potevano gli Etruschi poetare nella loro lingua patria.

177. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article »

Entrambi lasciaron la Compagnia Andolfati subito dopo la stagion di quaresima, stabilito avendo piuttosto – scrive il Giornale de’ teatri pel 1820 – di vivere in seno della loro patria, che avventurarsi a nuove disastrose vicende, cui andò soggetta la compagnia stessa nella scorsa quaresima, e che ora partì per Trieste.

178. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » p. 977

Tra quelle eran da notarsi più specialmente la Serva amorosa, la Serva vendicativa, la Locandiera e altre del Goldoni : in queste, così in dialetto come in italiano, dotata di una rara spontaneità di eloquio, non solamente secondava mirabilmente le maschere e gli attori serj, ma spesso con una replica, con un monosillabo, con una occhiata, rubava loro l’applauso, dacchè Maddalena Gallina seppe di ogni piccolissima parte creare un tipo.

179. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »

A richiesta del Duca di Modena, rispose accettando di far parte della di lui Compagnia, di cui eran principale ornamento i Calderoni Silvio e Flaminia, con lettera da Roma del 19 aprile 1679, nella quale si lagna acerbamente del malo trattamento de' capocomici verso di lui, che non sa nè dove spedire la condotta, nè chi la riceverà, nè in che piazze andrà, nè come sia composta la Compagnia, e che soprattutto s’è visto, con suo danno e rossore, metter fuori una seconda donna già scritturata d’accordo con lui, certa Angiola Paffi : « danno, hauendo seco un antico, e non poco concerto (cosa mendicata, e ricercata da ogni Moroso), e rossore per esser tenuto un parabolano, et un falso ; e dopo essermi consumato in Venetia ad aspettare la certezza et unione di questa donna, si ritratta al presente ciò che si deve per debito, essendo stata accettata e corrisposta da tutti. » E si raccomanda al Duca di ordinare che i comici gli scrivano, perchè egli possa con loro più apertamente discorrere. « Alla Paffi – conclude – in cuscienza et appresso Dio et al mondo non si deve mancare. »

180. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Bologna, 23 dicembre 1639. » pp. 5-7

Comunque sia, benchè fra questa Beatrice e l’altra non corrano che dieci anni, è da supporre, oserei dire è certo, che si tratti di due distinte persone, non combaciando troppo fra loro codesta parte drammatica di pazza col carattere spigliato e birichino della Diamantina (V. […] Ecco il brano ch’egli riporta dalle memorie mss. del Ghiselli : È da sapersi che due sere prima che questi istrioni terminassero le loro comedie furono gettati sul Teatro sonetti in biasimo della Beatrice, una delle recitanti, dalli Cavalieri parziali dell’ Eularia altra comica.

181. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 670-674

A ogni modo, essi non avran mai per voi maggior zelo e rispetto de' loro parenti. Parole che, dette da un attore amato e stimato s’ebbero il loro effetto, poichè a poco a poco il teatro italiano ripigliò l’antico vigore.

182. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

Omero la tradussero in latino e la fecero rappresentare da’ loro scolari. […] Turncoat, Atelstan e i loro meschini autori, tutto si è perduto nel nulla. […] Giungono i Bardi e cantano la vittoria di Fingal; ma il loro canto è interrotto dall’avviso della morte di Comala. […] Ciascun di loro resse un teatro per qualche tempo ed ebbe un partito favorevole. […] Gl’ impresarj prestarono gratuitamente la sala, e gli attori lasciarono in di lei beneficio le loro porzioni.

183. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Ad implorare che i due prigionieri si tengano senza catene sulla loro parola; e perchè ciò? […] Al contrario il loro amore è illecito e colpevole. […] I padri vanno ad incontrare i loro figliuoli che vengono dall’esercito. […] In somma, per vedere sin dove giunga il loro delirio, hanno tolto il nome sino ai cani. […] Queste continue mode, queste eterne novità obbligano gli uomini alla fine a vendere i loro effetti per contentar le loro belle” ec.

184. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

Omero la trasportarono in latino, e la fecero rappresentare da’ loro scolari. […] Turncoat, Atelstan, ed i loro meschini autori, tutto si perde ben presto nel nulla. […] Giungono i Bardi, e cantano la vittoria di Fingal; ma il loro canto è interrotto dall’avviso della morte di Comala. […] Ciascun di loro resse un teatro per qualche tempo, ed ebbe un partito favorevole. […] Gl’impressarii prestarono gratuitamente la sala, e gli attori lasciarono in beneficio della società le loro porzioni.

185. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 364-382

Questa saggia e colta popolazione lucchese tanto conoscitrice dei vantaggi che dalle sceniche Produzioni ne derivano, quanto magnanima per incoraggiare nei loro tentativi gli attori che si accingono ad eseguirle, anima l’umile Compagnia, condotta e diretta da Luigi Rosa e Pasquale Tranquilli, ad intraprendere un corso ben regolato di Recite nel corrente Carnevale. I più scelti autori, la novità, il genere, la debita decenza, l’analogia delle decorazioni agli spettacoli daranno prova del rispetto che tutta la Compagnia nutre e professa a questo colto Pubblico, e si lusinga che gli intelligenti e benigni amatori della drammatica, una non dubbia prova accordare vorranno di loro bontà con dare contrassegni di aggradimento alle fatiche degli umili attori, non ad altro tutti aspirando che ad essere coperti col prezioso manto di un si valevole patrocinio. […] Ella più che ogni altro può in ciò giovarci, e mandarci qualche lettera che presenti mio marito, per ora, e quindi ma alle distinte e ragguardevoli famiglie sue conoscenti, raccomandando onorare di loro appoggio quest’esperimento drammatico italiano, pel quale colà si porta mio marito (Giuliano dei Marchesi Capranica, Marchese Del Grillo)…. […] E tutti i giornali comparavan ne' loro articoli i talenti delle due artiste, in verità si diversi, e le lor conclusioni non apparivan sempre favorevoli alla Rachel…. […] Naturalmente i grandi entusiasmi ebbero anche il loro rovescio, e Lemercier De Neuville nelle sue Figures du temps (Paris, Bourdilliat, 1861), non ebbe, specie per la recitazione in francese della Beatrice di Legouvé, parole di soverchia tenerezza per la nostra eroina : ma l’entusiasmo si mantenne alto, nonostante i tentativi di reazione dell’anno dopo, e quel primo battesimo di Parigi fu anche, s’è già detto, il primo passo del lungo e glorioso cammino della Ristori, chè di là il suo nome echeggiò in ogni parte più riposta del mondo.

186. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

Qual pro da un cangiamento che mena il poeta a lottare colle opinioni radicate negli animi di chi ascolta, e per conseguenza a rendere poco importante, perchè non credibile, la loro generosità verso del padre? […] Si dirà che si vuole impedire un incesto; ma Semiramide non conosce Arsace per suo figlio, ed Arsace è virtuoso ed innamorato di un’ altra, or non bastava di far loro sapere l’arcano? […] Che gl’Inglesi e gli Spagnuoli in quasi tutte le loro favole? […] Si propone nel tempo stesso una legge che stabilisce che qualunque senatore per imprudenza o per malizia abbia commercio con gli ambasciadori esteri, o si trovi nel recinto delle loro case, sia reo di morte. […] Due de’ tre Inquisitori di stato nemici per interessi di famiglia, Contarini e Capello, per por fine alla loro nimistà, conchiudono che Capello prenderà in isposa Bianca unica prole di Contarini.

187. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 591

L'ultima sera del carnovale 1754, la Torri recitò un addio, di cui ecco alcune strofe allusive all’abbandono del Sacco e al suo mancato impegno : Chi di sorte il cieco dono amò più del suo decoro loro infuse l’abbandono per saziar sua fame d’oro, e noi pochi, e senza lena, travagliammo con gran pena.

188. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »

Non v'aggiungo, scrive Beltrame, e non dico il tutto, per esser creduto ; ma certo che molte furon le lodi, che per l’onesto recitare a' Comici diedero quelle saggie Persone : e benedicevano il mal tempo, che aveva loro dato occasione di goder si virtuoso trattenimento. »

189. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 765

« L'eroico slancio (diceva il manifesto) di quei Prodi, che versando il loro sangue mirano alla libertà e grandezza della Patria Terra, ben merita essere assecondato da ogni uomo cui batte nel petto cuore Italiano. » E protrattosi di quattro recite il corso stabilito, metà dell’introito, dedotte le spese serali, fu per tutte quattro le sere a profitto de' Siciliani.

190. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO V. Sulle due Sofonisbe Italiane, e su due Traduzioni dal Greco di Fernan Perez de Oliva. » pp. 26-42

Io trovo sulle Atellane così contrarie opinioni negli Scrittori, che non saprei determinarmi a diffinirle, se non col prendere il partito accennato nella Storia de’ Teatri, cioè assegnando loro due epoche, o sia riconoscendo in esse un’ alterazione successiva, che di sobrie, gravi, e degne di essere privilegiate, le converse in leggiere, oscene, e licenziose. Or non essendo sicuri della loro specie, come poteva il Varchi compaparle con le favole del Ruzzante? […] Ei gl’imitò troppo nelle loro debolezze, ma pervenne parimente ad ornarsi di alcune loro bellezze.” […] Libro di Pausania: addio antica Alope di Cherilo, addio famose Ifigenie di Euripide: addio Medee, Ajaci, Ecube, poichè tutte le loro storie trovansi conservate con bronzi, con marmi, con legni, e con pitture nelle rispettive Patrie, e poi ripetute da’ Poeti antichissimi, onde i Tragici trassero gli argomenti delle favole che ne idearono, di che vedasi il citato Pausania: addio insomma diremo a tutte le Tragedie Greche, Latine, Italiane, Francesi, Inglesi, Spagnuole, e Alemanne. Esse tutte senza eccezione, secondo la Critica di ultima moda del Signor Lampillas, mancano d’invenzione, per essere stati prima narrati i loro argomenti dagl’Istorici e da’ Mitologi.

191. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

& a Gratiano, dicendo che stieno cheti, e che non facciano romore, perchè Gioue vuol stranutare e Saturno vuol tirar vna cor…. ; poi seguitando altri spropositi domanda loro se haurebbono veduto Oratio solo contro Toscana tutta. […] Et io me ne aspetto anco di meglio, però che credo, che egli habbi guidate più comedie, che composte ; onde son certo, che egli sarà fatto più esperto nel modo del condurle, che nelle proprieta loro nello inuentionarle. mad eccoci a lui. […] Prima io ne cauo tutte le parti ben corrette, e quindi, eletti i personaggi che mi paiono più atti [auuertendo il più che si puo, a quei particolari di che ragionaremo più avanti] li riduco tutti insieme ; et consegnato a ciascuno quella parte che piu le si conuiene, fò legger loro, tutta la comedia tanto, che sino a i fanciulli che ui hanno d’ hauer parti ; siano instrutti del soggetto di essa, o almeno di quello che a lor tocca. imprimendo a tutti nella mente, la qualita del personaggio, che hanno da imitare ; et licentiati con questo, le dò tempo di poter imparar le parti loro. […] Io mi ingegno poi quanto piu posso, di uestire i recitanti fra loro differentissimi. et questo aiuta assai, si allo accrescere uaghezza con la uarieta loro, et si anco a facilitare l’ inteligenza della fauola. […] Quanto alle qualita loro, a me pare, che abbiano molta maesta, et che siano molto conuenienti, quei modi de prologhi usati da gl’ antichi, cioè che in persona del poeta, eschi uno, togato, Et laureato, il cui habito richiede essere, non men sontuoso che graue.

192. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X. Ultima Epoca della Tragedia Greca. » pp. 208-215

Debbesi al medesimo poeta la cura di descrivere i poeti drammatici cronologicamente sin dal loro principio. […] Ecco come ne favellò presso l’Alcionio Giovanni Medici essendo cardinale: Sovviemmi di avere nella mia fanciullezza udito da Demetrio Calcondila peritissimo delle Greche cose, che i Preti Greci ebbero sventuratamente tanto di credito e tale autorità presso i Cesari Bizantini che per di loro favore ebbero la libertà di bruciar la maggior parte degli antichi poeti, e specialmente quelli che parlavano di amori; alla qual disgrazia soggiacquero le favole di Menandro, Difilo, Apollodoro, Filemone, Alesside.

193. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO IV. Spettacoli scenici della Russia. » pp. 257-261

Ignoti quasi interamente al resto dell’Europa i Moscoviti privi di libertà ed immersi in una profonda ignoranza sostenuta particolarmente da un’ antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio paese sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello ch’era sotto gli occhi loro, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura e il bisogno suggerisce. […] Pietro il grande che dal suo famoso viaggio tornò ne’ suoi vastissimi dominj, come dicesi che Osiri entrasse nelle Indie, accompagnato da tutto il corteggio delle muse, chiamar si può il vero fondatore e legislatore della nazione Russa, avendo cambiata la natura stessa de’ suoi stati e i costumi de’ popoli, e introdotto fra loro lo spirito d’industria, ed arti, scienze, collegj, accademie, librerie, stamperie.

194. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « LUIGI RASI. I COMICI ITALIANI » pp. -

L’edizione è magnifica : oltre allo splendore della carta e dei tipi, noto la ricchezza delle incisioni, tratte con scrupolosa fedeltà dagli antichi disegni : il testo, così vivo ed esatto, sembra più vivo ed esatto illustrato da immagini che rievocano il tempo in cui i comici, questi poveri esseri della gloria rumorosa ed effimera, vissero la loro vita agitata, fra le miserie e le gaiezze, fra gli applausi e le insurrezioni delle platee. […] E se per la necessità d’una cultura solida e d’una vasta erudizione doveva essere un letterato, per l’affetto era necessario che sorgesse di loro. […] Qui accenniamo alla pubblicazione, per ricordarla assiduamente al pubblico che sa valutare e incoraggiare e proteggere le opere che conquistano il loro posto nella biblioteca, poichè nobilmente si elevano.

195. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO I. LIBRO I » pp. 12-33

Giova trascrivere uno squarcio del loro dialogo: “Sacon. […] Il movimento della musica aumentando sempre più verso la fine, le danzatrici spiegarono nelle loro attitudini una forza e destrezza maravigliosa, che in certe posizioni parvero indecenti, ma che forse non aveano altro oggetto che di manifestare la loro agilità estrema. Fuvvi parimente una danza grottesca eseguita da’ principali personaggi dell’isola, la quale singolarmente consisteva nel movimento delle loro teste con tal forza che faceva dubitare agli astanti Inglesi che non avessero a rompersi il collo, battendo intanto le mani e mettendo acutissime grida. […] Al medesimo poeta si dee la cura di descrivere i poeti drammatici secondo l’ordine de’ tempi sin dal loro principio1.

196. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO I. Vuoto della Storia Teatrale nell’età mezzana. » pp. 57-79

I medesimi capi d’opera dell’antichità si lessero quasi dapertutto, ma non riprodussero dapertutto il loro gusto. […] Lasciando stare i travestimenti de’ Cherici, e le loro danze nella festa del Natale id Cristo e nell’Epifania, che, per testimonianza di Teodoro Balsamone, duravano tuttavia nel XII secoloa; e i cantambanchi e buffoni che intervennero nelle famose nozze di Bonifacio marchese di Toscana con Beatrice di Lorena nel 1037b; alquanti anni prima di terminare il secolo XII troviamo nella storia del Basso Impero mentovate persone di teatro. […] Tra gli Arabi non si trova se non quello che ebbero tutte le nazioni anche rozze, cíoè musica, balli, travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie e tornei. Furono anche versificatori; ma per lo più (almeno per quel che apparisce da i libri dell’Escoriale) si limitavano a’ componimenti di non moltissimi versi, ne’ quali facevano pompa di acrostichi, antitesi e giuchetti sulle parole, sembrando che i loro talenti non si fossero avvezzati a soffrire il peso di un poema grande e seguito come il drammatico. […] Così ci avvezzammo a detestare indistintamente i teatri, e per fuggirne gli abusi ci privammo ancor de’ vantaggi: a somiglianza di quegl’impazienti matti coltivatori, i quali in vece di potare e recidere i rami lussureggianti, che fanno ombra inutile e perniciosa, danno al tronco e alle radici degli alberi, e privansi per sempre de’ loro frutti.

197. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO IV. La drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 47-73

Mirate dal punto che discopre i loro progressi nelle scienze e nelle arti, sembra che un’ aurea pace abbia fornito tutto l’agio a’ filosofi ed agli artefici tranquilli per gir tant’ oltre. Viste poi dal punto che tutte manifesta le loro politiche e militari turbolenze, si temerà pel destino delle arti e delle scienze. […] Non ne scrissero alcuno in volgare che loro assicuri l’anteriorità anche per questa via? […] Nel V potè tornare la mutazione de’ primi tre atti, accennandovisi eziandio il monte, questo monte gira intorno, ovvero cangiarsi il teatro in una foresta su questo monte destinata dalle Baccanti alla celebrazione de’ loro riti. […] Questi sono errori dell’età giovanile, o di quegl’ ingegni vivaci che troppo a se fidando mettono giù i loro parti senza scelta e senza lima a somiglianza de’ verseggiatori estemporanei59.

198. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Avvertimento al lettore per la presente edizione »

Se gli uomini mi negheranno il compenso del loro sterile suffragio, io il ritroverò dentro di me medesimo nella soddisfazione di averti servito.

199. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 360

Neri (Fanfulla della Domenica, 16 luglio 1882) a far le parti di donna sotto nome di Franceschina cogli Uniti a Genova, dove con nota 4 agosto 1614 fu loro concesso di recitar commedie per due mesi.

200. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Vi si disviluppa bellamente il carattere delle madri che vedono con gelosia il merito nascente delle figliuole, e si studiano di tenerle lontane dalla conversazione, temendo che ne rimanga la loro vanità ecclissata. […] Ripeterono indi i componimenti francesi de’ loro predecessori; ma non ritornando nel lor teatro il concorso, pensarono ad abbandonar Parigi. Il pubblico però benchè non pago delle loro favole compiacevasi della buona condotta, dell’urbanità, e del rispetto che essi mostravano per la nazione, e con pena gli vedeva partire. […] Nel loro gestire apparisce certo non so che di originale e di facile che mi diletta, e diletterebbe ognuno se non venisse sfigurato dal loro dialogo insipido, e dall’intreccio assurdo» . […] Il signor Clement nelle sue Osservazioni critiche sul poema della Declamazione teatrale di Dorat scrive ancora: «Io vorrei coperti di ridicolo i nostri attori ossessi, i quali caricano tutto, e non sanno parlare se non per convulsioni, e fanno patire chi gli ascolta per gli strani loro sforzi di voce e pel dilaceramento del loro petto.»

201. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO I. Drammi Latini del XVI secolo. » pp. 7-27

Quindi è che si videro da prima in quell’alma Città, divenuta centro delle lettere, rappresentate nel loro natural linguaggio le favole degli antichi, come il Penulo di Plauto nel 1513 in occasione di essersi dichiarato cittadino Romano Giuliano de’ Medici fratello del pontefice, le Bacchidi del medesimo Comico col celebrarsi le nozze de’ Cesarini co’ Colonnesi, il Formione di Terenzio con un prologo del Mureto fatto recitare dal cardinale Ippolito da Este il giovine, e l’Ippolito di Seneca rappresentato avanti il palagio del cardinale Raffaele San Giorgio, in cui sostenne il personaggio di Fedra con tanta eccellenza il canonico di San Pietro Tommaso Inghiramoa dotto professore di eloquenza ed orator grande che fin che visse ne portò il soprannome di Fedra. […] Il loro dialogo ha tutta l’energia della passione, ed è soprammodo lontano dalla durezza delle sentenze lanciate ex abrupto alla maniera di Seneca. […] I trasporti de’ re (dice nel greco la Nutrice) sono veementi e da lievi principii prendono incremento, e con difficoltà poi si cangiano i loro sdegni. […] Vi si vede con somma naturalezza e vivacità espressa felicemente la scena di Giocasta co’ figliuoli, la dipintura assai viva de’ loro caratteri, la robustezza dell’aringa della madre, la descrizione dell’assalto dato a Tebe, l’uscita degli assediati, la rotta degli Argivi, Capaneo fulminato, il duello de’ feroci fratelli con tutta l’energia delineato.

202. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » p. 229

II, pag. 239) alla novella gioventù « perchè collo studio e colle osservazioni trascurate dalla maggior parte dei loro predecessori, facciano rivivere e perpetuino sulla scena italiana il senno di Pianca Paganini, la dignità di Petronio Zanerini, le grazie comiche d’Asprucci, e la versatilità sorprendente di Demarini, la verità di Pertica, la pura dizione di Vestri, e rigettando la chimera delle tradizioni, recitino colla propria anima, e abbiano per norma i precetti dell’arte, e per modello la natura. » Lo troviamo gli anni comici 1795-96-97, brillante nella Compagnia del truffaldino Luigi Perelli, al fianco del famoso Zanerini, e dell’Angela Bruni : poi, l’anno 1797-98, in quella di Carlo Battaglia e compagni con Salvatore Fabbrichesi, e nel 1800-1801 in quella di Angelo Venier e compagni, in cui recita per la prima volta le parti di caratterista : è anche la prima volta che il giornale dei teatri di Venezia si occupa di lui

203. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 614

Nè gli studi scientifici gl’impedirono mai, nonostante la sua piccola statura poco teatrale, di farsi applaudire come caratterista e promiscuo, sia per la diligenza scrupolosa nello studio de' caratteri, sia per l’ingegno pronto nella loro interpretazione, sia per una certa vivacità, soverchia forse tal volta, di recitazione.

204. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo III. La Poesia Drammatica nel Secolo XV fa maggiori progressi in Italia. In Francia cominciano i Misteri. » pp. 194-209

Mirandole nel punto di vista che discopre i molti loro progressi nelle scienze e nelle arti, sembrerà che un aurea pace abbia dovuto fornir tutto l’agio agli artefici e filosofi tranquilli per gire tant’oltre. […] In queste la nazione che le soffre, fida nel sovrano che vigila per tutti, e conta ne’ casi avversi nella moderazione del vincitore; c ond’é che gli artisti, a somiglianza dell’api, attendono con una certa serenità di animo ai loro lavori. […] Coteste sacre rappresentazioni, quasi tutte per l’addietro incondite, indecenti e sconnesse, risvegliando nuovamente ad alcuni dotti e ingegnosi italiani l’idea dell’antica drammatica da moltissimi secoli già estinta, dieder loro probabilmente la prima spinta a trattar anche sulla scena argomenti profani e in latino e nella natìa favella con più eleganza e sfoggio e con qualche regolarità e principio di buon gusto, secondo che que’ tempi lo potevano in tal genere di composizione permettere, nella stessa guisa che i rozzi cori pastorali ed i semplici inni dionisiaci della primitiva tragedia greca mossero l’ingegno di Epigene, di Tespide, e di Frinico a darle nuova forma e nuovo lustro. […] La Francia e l’Inghilterra per loro buona sorte fin dal secolo scorso godono di quello gran vantaggio ed onore che tanto influisce nella felicità degli stati. […] In questo secolo ancora, e propriamente nel 1489 da Bergonzo Botta, gentiluomo tortonese, in data quella si magnifica festa nelle nozze d’Isabella d’Aragona, figlia di Alfonso duca di Calabria, con Giovanni Galeazzo duca di Milano, nella quale la poesia, la musica, la meccanica, e la danza spiegarono tutte le loro pompe.

205. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Enea in Troia »

Calcante e Sinone sul dinanzi del teatro pregano ad alta voce la dea; e al loro canto concertano a luogo a luogo strida e lamenti di gente ferita e presso a morire. […] Coro di Troiani che deplorano le calamità loro, e di Greci che nella marcia gl’insultano; dei quali il corifeo è Calcante.

206. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 118-120

Capitò il secondo anno in Venezia il Medebach accennato ; e unitosi co' Ballatori suddetti, avendo egli cognizione bastante dell’ arte comica, gl’ instrui, forni loro i soggetti, e preso il picciolo Teatro di S. […] La Teodora faceva la prima donna, e la Maddalena facea la servetta ; il Medebach era il primo amoroso, e qualche altro personaggio avean preso per eseguir le loro Commedie.

207. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 169

re l’ Altezza Vostra sentira la continuatione de loro iscuse, et insieme la premura de miei ufitij tributati all’adempimento de suoi commandi.

208. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 293

Lo vediamo il 1593 nella Compagnia degli Uniti, al fianco della Piissimi, la celebre Vittoria, e di Pellesini, il non men celebre Pedrolino, quando chiesero e ottennero licenza di recitare a Genova le loro honeste Comedie (V.

209. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 638

Al momento del matrimonio, gli sposi riconobbero un loro figliuolo, per nome Pietro Lorenzo.

210. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 754

Enrichetta Zerri-Grassi, attrice di molta intelligenza, se non di molti mezzi, fiancheggiò sempre col maggior decoro le prime attrici, che per la lor giovinezza e la loro figura (chè un tempo si badava anche a questo) non poteau abbracciare tutto i repertorio, quali : Pia Marchi e Annetta Campi.

211. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

Certo è però che i forestieri stessi non furongli avari de’ loro applausi. […] I suoi Romani (ciò che per lo più si desidera nelle tragedie francesi) vi compariscono veri Romani; Cassio, Bruto, Cesare, i Tarquinj si riconoscono a i loro particolari lineamenti, all’indole e a i sistemi da loro seguiti secondo la storia. […] Ciò nocque alla loro rinomanza rimanendone confinato il diletto entro pochi instruiti leggitori che ne ammirano singolarmente i pregi dello stile. […] Ciò che ne dicemmo altra volta, cioè che può bastar loro il servir di capitale a parecchie compagnie di commedianti. […] Essi l’hanno bruttamente confuso co’ secentisti, dalle cui macchie egli seppe preservarsi ancor vivendo nel loro secolo.

212. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XI. Se il Ch. Poeta Cesareo Metastasio imitò, o poteva imitare le Opere di Pietro Calderèn de la Barca. » pp. 140-148

Calderòn e Metastasio si avvicinano come Drammatici in un punto, da cui partendo, a misura che s’innoltrano nel loro cammino rispettivo, si discostano scambievolmente. […] e seguire ne’ timori di Mariane, e negli argomenti di Erode per dissiparli la loro dialettica, che converte questi due personaggi reali in due discepoli degli Arabi, che pugnano in un Circolo? […] Lodiamo dunque il genio Spagnuolo negl’intrecciamenti maravigliosi, purchè com’è ingegnoso il viluppo, lo scioglimento sia naturale, e questa è la spina, che per lo più guasta la fioritura delle loro vaghe invenzioni”.

213. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo V. Stato de’ Teatri in Francia, Inghilterra, e Alemagna nel medesimo Secolo XVI. » pp. 242-251

I Fratelli vi si sottomisero; però non parve loro conveniente di montar più in palco, e si applicarono a instruire alcuni nuovi attori, finché nel 1588 cederono il teatro a un’altra compagnia che si formò in Parigi con real permesso. […] A Garnier succedettero Montchrétien, Baron, e Hardy, i quali vendevano, dice M. de Voltaire, a i commedianti che andavano girando per la Francia, le loro composizioni a dieci scudi l’una. […] Brilla soprattutto nel colorir con forza ed evidenza i caratteri de’ grandi uomini inglesi e romani, vedendovi si a meraviglia marcati i loro temperamenti, difetti, e virtù .

214. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VI. Tragici Spagnuoli, secondo il Signor Lampillas, negletti, o censurati a torto dal Signorelli. » pp. 43-68

Ora se le mille Tragedie non bastarono ad acquistare al Malara nome di Sofocle Betico, che dovè contentarsi di quello di Menandro, non sarà malignità e invidia forestiera il dubitare del loro merito. […] Il primo è che egli non ha riflettuto, che tra un Poeta Cristiano e i Tragici Gentili in sì fatte cose non corre uguaglianza veruna; perchè se questi introducevano i loro Numi sulla Scena, ciò facevano per essere essa fondata sulla Religione, pel qual motivo nelle loro utili e necessarie Apologie si scagliarono contro gli spettacoli Scenici i Tertulliani, gli Arnobj, i Lattanzj, i Cipriani, i Giustini Martiri. […] Autorizzati dalla loro Religione bene avrebbero potuto usarne gli antichi Poeti, e pur nol fecero. […] Per chiamare l’attenzione degli ascoltatori gli si vuol parlare di cose, benchè finte, simili a quelle di cui essi conservano le idee; che se voi gli parlerete delle idee fantastiche sugli abitatori di Saturno o di Mercurio, delle quali niun seme rinvengono nella loro fantasia, si ristuccheranno presto, ascolteranno senza credere. In somma bisogna che essi trovino corrispondenza tralle immagini apportate dalle parole del Poeta, e tra quelle che conservano nella fantasia; dalla qual comparazione risulta il loro diletto e la loro istruzione.

215. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO PRIMO. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 2-31

Usciti que’ conquistatori da paesi, ove regnava l’ indipendenza, ove i primori riconoscendo un capo della nazione conservavano una gran parte de’ loro diritti, stabilirono fra noi un governo fatto per dividere in vece di unire. Le regioni conquistate formarono un corpo di varie picciole signorie col nome di feudi, le quali appena in tempo di guerra si congiungevano per bisogno, e nella pace nulla fra loro convenivano e poco si attenevano al tutto1. […] che tutte le muse doveano abbellirle di tutte le loro grazie (Nota II)? […] I mentovati ministrieri erano compagni de’ trovatori, e per lo più giravano per li castelli de’ signori per divertirli nell’ora del desinare, cantando su proprii stromenti de’ versi accompagnati da musica da loro composta. Inglesi, Scozzesi e Danesi ebbero ancora i loro ministrieri, che cantavano i proprii versi14, e forse precedettero a i Bardi ed agli Scaldi (Nota VI).

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