Cominciò da prima a coltivarsi il dramma musicale nelle case private de’ gentiluomini, indi passò su’ teatri. […] Vuolsi però osservare che le accennate feste del Testi sono snervate, senza azione e tessute di parti che possono sopprimersi senza che il componimento ne perisca, la qual cosa è la più sicura prova dell’imperfezione di un dramma. […] Ma questo letterato parlandoci di eunuchi sostituiti alle cantatrici nel dramma riferito non mostra che gli spettatori se ne fossero maravigliati, nè scrive di essersi proposto quel cambio come novità. […] Coltivò ancora il dramma musicale, e ne compose uno assai allora applaudito nelle nozze di Michele Porretti principe di Venafro e di Anna Maria Cesi fatto rappresentare con magnificenza reale. […] Di maniera che allora non fu il dramma musicale italiano meno stravagante che le rappresentazioni spagnuole, inglesi ed allemanne.
Il giorno seguente alcuno del nostro equipaggio credette di veder rappresentar da essi una specie di dramma diviso in quattro parti. […] La scarsa cognizione della lingua toglieva all’equipaggio di Cook l’opportunità di distinguere per mezzo delle parole ciò che poteva essere un canto accompagnato dal ballo da ciò che avrebbe potuto chiamarsi spezie di dramma ancorchè informe.
Entrò poi l’Amalia il ’44 con Luigi Domeniconi prima attrice assieme a Maddalena Pelzet, quindi (1846) prima attrice assoluta con Angelo Lipparini, col quale stette cinque anni, mostrando, e nel dramma e nella commedia, a qual grado di arte ella era salita. […] Artista spontanea, esuberante di passione, nel dramma e nella tragedia, ebbe una vena irresistibile di comicità nelle parti comiche, tra le quali i vecchi artisti ricordan quella del Birichino di Parigi, in cui non ebbe rivali.
La quarta sera, dopo la pessima riuscita del Domeniconi, si presentò al pubblico Cesare Asti, primo generico, nell’antico dramma : La valle del Torrente. […] Accadde una sera, in un dramma a forti tinte, che il pubblico di applausi non volle saperne.
[13] Per la stessa ragione una orditura troppo complicata mal si confarebbe colla natura del dramma. […] Perciò molti modi di dire, che grandemente piacciono nel dramma, non piacerebbero punto nella tragedia. […] Mi sembra egualmente ingiusto lo sbandirle affatto dal dramma, che il volerle tutte senza eccezione difendere. […] Ma, se mal non m’appongo, in niuna delle anzidette cose è posta la natura del dramma in musica. […] Ora in questo senso non si può dubitare, che il maraviglioso dell’Epica trasferito al dramma non faccia perdere il suo effetto a tutte le parti che lo compongono.
E aggiunge: «poiché allora non si potrebbe dire che il dramma per musica è un grottesco della poesia; anzi l’età nostra potrebbe darsi vanto di avere in grandissima parte rinovato, dove la poesia, la musica, il ballo e l’apparato della scena faranno insieme un’amica congiura, e la cosa sarà risolta a decoro e verità». […] Proprio nel 1700 il secolo esordiva con la decisa censura di Giovan Mario Crescimbeni12 che aveva negato legittimità letteraria al dramma per musica, al quale attribuiva la corruzione di ogni regola poetica e la negazione di ogni intento educativo della poesia. Anche Lodovico Antonio Muratori nel Della perfetta poesia italiana (1706) affrontava la questione e non solo deprecava gli esiti di inverosimiglianza e di incongruenza insiti nella struttura stessa del dramma per musica, ma polemizzava contro l’assenza di ogni vocazione educativa che il classicismo primosettecentesco attribuiva al teatro; gli faceva eco nel condannare l’opera nel Della tragedia (1715) Gianvincenzo Gravina che non contestava tanto l’unione di poesia e musica quanto gli esiti del teatro contemporaneo che amplificavano la corruzione di entrambe le componenti del dramma per musica. […] Il favoloso e l’invenzione hanno un ruolo importante proprio come mezzi per sedurre e rapire lo spettatore, in una ideale concordia tra tutte le parti del dramma. […] Il testo parte dall’esperienza concreta dello stato dell’opera italiana in Europa e considera le articolazioni e specificità nazionali, la subalternità della poesia alla recitazione e al canto, la necessità di movimento per contrastare la noia, il piacere sensoriale dello spettatore come strumento di giudizio del successo di un dramma.
Autore di un dramma, La morte di San Nicola, che fu rappresentato per più sere nel 1800 a Tolentino.
E infatti, era tanta e così evidente la precocità artistica in quell’ adorabile fanciulla, che io stesso udii ripeter le mille volte in platea : « Ecco una vera prima donna ideale. » A quello delle Sponde del Po, seguì il successo di Sablin a bala ; ma dove la splendida farfalla si levò sulle ali poderose, dove la Tessero diè prova di tutti i suoi mezzi artistici, si fu in Margritin dle violette, una felice riproduzione, o riduzione, del dramma tipico di Dumas. […] Non fu più la rappresentazione, no : fu tutto un dramma rubato alla vita ! […] Si sarebbe detto che quei mille spettatori fossero compresi dalla verità di quel dramma : non si sentivano che i miei rantoli rabbiosi e le grida soffocate della povera Adelaide.
Francesco Valvasense, e dedicò a Giovanni Giustiniani il Natale de’ Fiori, dramma di Andrea Salvadori Fiorentino, ridotto ad uso delle comiche scene senza la musica.
Recitava egualmente bene la commedia e il dramma.
Pubblicò il '14 da Giulio Rossi a Bologna una traduzione in prosa dell’ Irene Imperatrice dell’ Oriente, dramma in versi per musica dell’abate Silvani, e dedicolla al Marchese Antonio Ghisilieri, col titolo : La Virtù trionfante del Tradimento negli accidenti d’ Irene augusta vedova di Leone Imperatore de' Greci.
Anche sostenne con molto plauso la tragedia e l’alto dramma ; e una bella litografia in foglio del Doyen di Torino (1840) la raffigura in costume di Pia ; ma per la piccolezza della statura, a lei certe parti eroiche non si convenivano.
Dotata di squisita bellezza, di prodigiosa memoria, e di singolar senso d’arte, divenne in poco tempo una delle migliori prime donne, così nelle commedie e nel dramma, come nella tragedia.
Nata il 1777, e sposa a un Ristori comico, legato forse in parentela col precedente, fu artista drammatica di grande valore per le parti di prima donna così nella tragedia, come nel dramma e nella commedia, e il piccolo Giornale de' teatri (Venezia, 1820) ha per lei parole di moltissima lode.
xxi) dice di Alberto Ferro : Se colla parte di Barone nell’Avventuriere notturno si distinse nel comico caricato, con quella dell’Impresario nelle Convenienze teatrali non mancò di provare la sua naturalezza vivace, che venne ancora meglio espressa col Federico II nel dramma che porta questo nome.
Dalla Compagnia Pellandi-Blanes, passò il 1817 in quella di Raftopulo, qual prima attrice assoluta, in cui si sposò all’attore Luigi Fini ; e tale fu l’entusiasmo destato dovunque, che il gran Luigi Vestri, allora capocomico, stipendiato dal Duca Torlonia di Roma, la volle con sè ; e non tardò molto che il pubblico romano, il quale avea già proclamato Carolina Internari la prima tragica del suo tempo, non proclamasse Teresa Fini attrice insuperabile nella commedia e nel dramma.
Fu due anni a Napoli con Giacomo Modena, poi con Antonio Goldoni col quale creò il protagonista nel dramma l’Incognito, che replicò diciotto sere a Torino e venti a Venezia, il carnevale del 1806, traendo il pubblico all’entusiasmo.
Benchè un tantino enfatici nella tragedia, erano umani e valentissimi nel dramma e nella commedia.