Bellotti-Bon, si diede all’interpretazione del gran repertorio moderno, facendosi ammirar schiettamente in ogni lavoro, non esclusa la Moglie di Claudio ; ma il suo vero periodo di gloria fu di quei sei anni passati nella Compagnia di Alamanno Morelli, a fianco di Luigi Monti, col quale formava la più deliziosa coppia d’innamorati che si potesse mai veder su la scena. […] Recitò come tutti i figli d’arte, piccolissima ; poi fu messa in collegio a Milano, dal quale uscita, tornò a recitare, esordendo al Carcano con la parte di prima donna nel Cavalier di spirito di Goldoni, in Compagnia di Adelaide Ristori, colla quale visitò Londra, Parigi, Barcellona. […] … Sembrò a tutti e per un pezzo ch'ella dovesse avere il cuore invulnerabile ; ma un bel giorno con universal sorpresa, si ammogliò al bello e forte attore Andrea Maggi, dal quale poi si distaccò artisticamente avendo così diverse le attitudini e le aspirazioni !
Per ragion d’interessi, avuta a patire da’ parenti alcuna ingiustizia, pensò di chieder soccorso all’arte drammatica, nella quale riuscì conducendo esso stesso una compagnia, e recitando nelle parti di innamorato. Nel 1772 entrò a far parte della Compagnia Medebach, in qualità di padre e tiranno, nella quale stette otto anni applauditissimo sempre. […] Desumo queste notizie dal Bartoli, dal quale anche si apprende come il Brandi scrivesse alcuni sonetti faceti intorno ad una burrasca sofferta da un Comico rinomato nel mar d’amore.
Grimani, dalla quale apprendiamo che egli fu da lui protetto e beneficato ne’venticinque anni che gode l’onore di servire il nobilissimo suo teatro ; e un discorso preliminare, il quale ci dice come queste opere regolate fossero precedute da due favole spettacolose Arabinda prima e Arabinda seconda, che sortirono un esito felicissimo. Il discorso a’lettori sui Pazzi corretti, commedia scritta per fanciulli, ci racconta come in essa avesse parte il maggior suo figlio di anni dieci, il quale, recitata la Commedia nella villeggiatura di Sala a Parma, vi diede anche un concerto di violino, tal chè fu ammesso alla prova nel concerto di musica del Reale Infante, dal quale si ebbe poi patente di suo Virtuoso di camera. […] Egli era probabilmente socio del Battaglia e direttore della Compagnia, nella quale si recitavan commedie premeditate e improvvise.
Pare che il genere suo fosse più specialmente il patetico, dacchè il Goldoni scrisse per lei La figlia ubbidiente e La moglie saggia, e il Chiari La pastorella fedele, nella quale più specialmente si mostrò somma. […] La riputazione artistica della Medebach si stabilì con la Donna di garbo del Goldoni, recitata qualche sera dopo della Griselda, nella quale il pubblico avea già avuto modo di notar le qualità dell’ attrice. […] I successi della Marliani, Corallina, specialmente nella Serva amorosa, furono un gran pruno nell’ occhio della direttrice, per la quale, a guarirla radicalmente, dovè il Goldoni scrivere La moglie saggia. […] E la prova abbiamo in quest’ ultima citazione, la quale ci mostra chiaro come la povera donna non trovasse come prima nel suo coraggio la forza di lottare col male, e nella quale a me par di vedere un pizzico di crudeltà nell’ animo del Goldoni. […] Lo vediamo, assieme alla matrigna, la Scalabrini, ma non sappiam dire in quale anno, in Compagnia di Pietro Rosa.
Azzolini Virginia, figlia di un avvocato egregio, nacque a Bassano nel 1770, e fu educata in un collegio di monache del quale era priora una zia. Uscita di convento, ad onta della singolar squisitezza di educazione, si innamorò di un giovine scavezzacollo, il quale, chiestala in moglie e non ottenutala, seppe con tali arti circuirla, che la indusse a fuggir da la casa paterna, e a recarsi con lui a Venezia, ov’egli la sposò, colla certezza di avere, a fatto compiuto, il perdono del padre. […] Capitato a Venezia un vecchio comico, il quale stava formando una modesta compagnia, scritturò la misera coppia ; e la moglie, giovinetta, dotata di singolar bellezza e di pronto ingegno, salì in brevissimo tempo al grado di prima donna ; per modo che, fattosi il marito a sua volta capocomico, rigenerato materialmente dai non pochi guadagni, e moralmente dall’amore e dalla virtù della sposa, fu richiamato dal suocero, che, perdonato a entrambi, lasciò la figliuola erede di un pingue patrimonio.
Nel 1817 vi fu già un po’ di miglioramento, e si limitò a recitar la Pianella in prosa e musica, con una compagnia, della quale facevan parte artisti discreti. […] Fu però il Bosio artista stimabile e onesto ; e tanto seppe adoprarsi che potè da solo allevar con decoro una numerosa famiglia, la quale nell’arte comica e lirica lasciò bellissimo nome : citiamo l’Angela, cantante celebratissima, morta ancor giovine a Pietroburgo, che lasciò ai fratelli un patrimonio di circa mezzo milione di franchi ; Francesco, primo attore e capocomico pregiato, poi buon generico primario ; Romualdo, attore brillante di meriti singolari ; e Virginia, prima attrice, della quale discorreremo al nome di Virginia Chiari.
Nata – dice il Bartoli – da poveri parenti, cominciò per procacciarsi di che vivere, a montare in banco nella Compagnia dell’ Anonimo Ciarlatano Bonafede Vitali, col quale probabilmente si trovava il 1733 a Milano, se ben giovanissima, assieme al Casali e al Rubini (V.). […] Luca, prima donna a vicenda colla Marta Bastona, della quale divenne un’emula fortissima ; lasciò giovane il teatro, e viveva ancora nel 1782 a Venezia, avendo – aggiunge il Bartoli – il marito impiegato in cariche civili, che a lui procacciavano un utile guadagno, ed a sè stessa una quiete più tranquilla nell’età sua, che a gran passi alla vecchiezza s’incamminava. Del merito di lei fa fede Carlo Gozzi, il quale nel Ditirambo pel Sacchi Truffaldino (Firenze, tip.
Mostrate subito chiare attitudini alla scena colle parti di adolescente nel Povero Piero e nella Morte Civile, potè a quindici anni affrontare il gran pubblico quale amorosa della Compagnia di Teresa Mariani. Fu il '93 prima attrice giovine con Andrea Maggi, poi con Leigheb-Andò ; passò quindi, prima attrice, con Ermete Zacconi, e con Cesare Rossi, dal quale ultimo si allontanò per diventar la prima attrice assoluta della Compagnia formata da suo padre in società prima con Achille Vitti (1899), poscia con altri sotto la direzione del Garavaglia (1901). […] La sua figurina slanciata, il volto piacevole, la giovinezza fiorente, la disinvoltura acquistata col lungo esercizio, la fecero guardar benevolmente dal pubblico, il quale nella gentile prima attrice giovine vide, o gli parve, una futura pregevole prima donna.
Fu Giuseppe Bracci, il restante del ’66, con Ferdinando Arcelli, il ’67 con Raffaello Landini, il ’68 -’69 con Cesare Vitaliani come primo attor giovine, poi, sino a tutto il ’73, con Alessandro Monti, col quale andò a sostituire l’egregio attore Marchetti. […] Ne tornò alla fine del ’91 per entrar nella Compagnia d’ Italia Vitaliani con la quale stette un triennio, e dalla quale si tolse per far parte sino alla quaresima del ’97 della Compagnia Pasta-Di Lorenzo, in qualità di primo attore a vicenda coll’ egregio suo capocomico. […] Daudet, nella quale si procacciò l’encomio meritato e del pubblico e della stampa.
Sposò in quell’anno Amalia Vannucci bolognese e attrice, che gli morì a Padova di colèra il '55, e dalla quale ebbe un figliuolo, Rodolfo. […] Lo vediam poi con Giuseppe Peracchi, col quale stette lungo tempo, poi, del '73, con la compagnia n. 2 di F. […] Passò del '74 in seconde nozze con Sofia Cerretelli, dalla quale ebbe due anni dopo il figliuolo Eleuterio. […] Garzes, morto il quale, entrò subito secondo brillante con Pieri e Ferrati.
In capo a qualche tempo, il Bissoni ne seppe quanto il maestro, del quale divenne il socio, poi separatosene, il concorrente. […] » sclamava poi ; « voi tutti ben conoscete i miei rimedj, poichè son gli stessi che spaccia nella piazza vicina il mio rivale, di cui io sono il figliuolo. » E qui si diede ad architettare una storiella verosimile, secondo la quale, per certe sue ragazzate, sarebbe stato maledetto e scacciato dal padre. […] Bissoni, lieto del successo ottenuto, ma temendo alcun guajo, si affrettò di abbandonar Milano ; e poco tempo dopo il mestiere del ciarlatano, aggregandosi a una Compagnia di comici, nella quale recitò le parti di Scapino. […] » Il poco che potè mettere assieme lasciò a Luigi Riccoboni, il quale, con lettera-patente data a Versailles il maggio 1723, fu autorizzato ad accettare la eredità. […] Quanto al costume e al carattere dello Scapino, metto qui tradotte le parole del Riccoboni che sono nella sua Storia del teatro italiano a illustrazione della figura del Joullain (V. pag. 451) la quale, secondo il Gueullette è stata fatta per Bissoni stesso.
Fa seguito e imitato da Eupoli, poeta più grazioso, il quale compose diciassette commedie, sette delle quali riportarono la corona Olimpica. […] Ma se l’emulazione rese tal commedia gloriosa, la fece oltremodo ardita il governo popolare ateniese, nel quale i comici e gli spettatori erano membri della sovranità. […] Or che addiverrà d’una greca di ventidue, o ventitré secoli indietro, la quale passi nelle nostre contrade sì cambiate da quello che erano allora? […] In tal commedia interloquisce Prometeo, il quale viene fuori esprimendo il suo timore di esser veduto dal Sole e dagli Dei, e prega Pistetero a coprirlo d’un parasole. […] Vi s’introduce Bacco vestito da Ercole e molto poltrone, per deridere un poeta, il quale era riuscito male a vestire e caratterizzar quel nume.
Arcelli Emilia, figlia del precedente, allieva di Gustavo Modena, col quale fece le sue prime armi come seconda amorosa e dal quale se ne andò per assumere il ruolo di prima donna giovane con Domeniconi, a fianco della Fumagalli, dell’Aliprandi, della Cazzola, del Morelli. […] Il marito, trentino, del quale non è messo il nome di battesimo, rappresentava il carattere di Lucca, servo anch’esso probabilmente, e noto fra i tipi del nostro teatro, come amante o marito di Franceschina nella prima delle Farces Tabariniques, nella quale appare egli goloso, libertino, sciupone.
Il suo maggior grido anzi gli venne in quella compagnia, nella quale era segnato a dito come il più nobile de’giovani brillanti. […] Maria Letizia, e dalla quale usci tra gli altri Corinna Quaglia, che sostenne per alcun tempo le parti di prima attrice in Compagnia di Cesare Rossi. […] Fu Domenico Bassi artista egregio sotto ogni rispetto ; e la proteiformità mostrata nel tempo non avventurato della sua giovinezza, passando dalle buffonerie della farsa ai belati del dramma, gli fu poi di non poco giovamento in quello della sua maggior riputazione artistica, nel quale seppe farsi applaudire da ogni pubblico d’Italia, così colle comicità grottesche del Flaupin ne’ Buoni villici, come colla compassata rigidità del Metzburg nel Ridicolo ; così nel Tatà dell’Andreina, come nel Prospero delle Zampe di mosca. […] Va citata, come singolarità, la sua avversione ai versi ; tanto che si vuole mettesse in patto di scrittura di non mai recitar che in prosa ; la quale avversione gli venne forse da una cotal consuetudine di andare spesso e volentieri a soggetto.
Formò, il ’46, società con la Fusarini e Marchi, della quale discorre largamente Ernesto Rossi nelle sue Memorie (vol. […] Egli invocava aiuto al Modena, il quale da Palmanova rispondeva : la posizione tua e di tutti voi mi lacera le viscere ; ma io non posso aiutarvi per ora…. […] Fu con Pezzana ; entrò il ’61 a far parte della Compagnia di Roma condotta da Cesare Vitaliani, dopo la quale fu scritturato in quella di Angelo Diligenti. Lontano dal Modena, n’ebbe sempre i migliori consigli e le più intime confidenze, nonostante una certa disparità di carattere, la quale traspar viva da quelle lettere in cui il sommo artista battezza il Calloud di Sant’ Ermolao, di Michelaccio, di Trippa, ecc.
Dal ’70 al ’73 fu con Benini e con Cesare Vitaliani, pel quale scrisse Un episodio sotto la Comune, bozzetto in un atto rappresentato la prima volta a Bologna con molto successo. […] Su di lui dettò Luigi Suner, nelle Serate Italiane, un affettuoso articolo, dal quale traggo le seguenti parole : Si era formato da sè ; aveva una cultura generale non comune ; parlava e conosceva le letterature drammatiche di cinque lingue ; era scrittore applaudito, e generoso verso i suoi colleghi ; attore piacevolissimo. […] Egli avea frequentate tutte le condizioni sociali e, di quella signorile, ne osservava le forme nel trattare i suoi compagni…… Molto logicamente il Suner, toccando della catastrofe e dei punti che la mossero, ha richiami al maestro Luigi Bellotti-Bon, del quale se il Garzes imitò molti atteggiamenti della vita, come la vanità, la sontuosità, la prodigalità, volle anche imitare la morte con un colpo di rivoltella al cuore. […] Nel cimitero di Mestre è una lapide di marmo nero, sulla quale sono scolpite in oro queste parole : A — Francesco Garzes — Emma e Bona — xiii aprile mdcccxcv. — La moglie e la figliuola.
.), fu trattenuto ad arte nella Compagnia del futuro suoceto, della quale il Salvini era un de' primi sostegni nel ruolo di padre nobile. […] Mortagli poco dopo la moglie (1831), passò a seconde nozze con Fanny Donatelli, divenuta poi buona artista di canto, dalla quale in breve fu per infedeltà separato. Lasciato il maggior figlio Alessandro a studiar belle arti all’Accademia di Firenze, si scritturò nella Compagnia di Bon e Berlaffa, conducendo seco il figlio minore Tommaso ; poi, sempre con lui, in quella di Gustavo Modena ('43-'44), a fianco del quale egli sosteneva Achimelech nel Saul, Lusignano nella Zaira, Andrea nella Pamela nubile, ecc., oltre a tutte le parti di primo attore assoluto in quelle opere di varia indole, in cui Modena non avesse parte. […] Il quale onorario, considerati i tempi, fa fede, mi pare, del gran conto in che Giuseppe Salvini era tenuto dal sommo artista.
Era il '53 primo amoroso della Compagnia Sadowski-Astolfi, e primo attor giovine, il '55, di quella di Ernesto Rossi, il quale di lui lasciò scritto nel primo volume delle sue memorie : Il vero sesso forte si componeva di un certo Raimondi, il quale disimpegnava le parti di primo attore giovine e primo amoroso : e ti posso assicurare che era un bravo giovinotto, pieno di zelo, ricco di talento, abbondante di sentimento. […] Tornatovi, in permesso, cominciarono in lui i segni della tisi, alla quale dovette poco dopo soccombere.
Si sposò giovinetta a un suggeritore Zocca, del quale restò vedova nei primi anni di matrimonio. Recitò mediocremente nelle parti di dramma e di tragedia, ma venuta in età matura, si diede al ruolo di Caratteristica, nel quale riuscì attrice pregiatissima, acquistandosi sino al primo ventennio del secolo xix una bella rinomanza. Fu parte eletta delle Compagnie Paganini, Pelandi, Goldoni e Perotti, col quale la vediamo al Teatro Canobiana di Milano il carnovale 1819-20 col medesimo ruolo, e l’aprile seguente al Carignano di Torino.
Altre due lettere (entrambe dell’archivio Rasi) si hanno di lui : una da Venezia del 2 dicembre 1673, non sappiam bene a chi diretta, nella quale sono i ringraziamenti per l’avuta parte intera, e le assicurazioni della concordia completa della compagnia ; e l’altra da Bologna del 4 aprile 1679 appena decifrabile, nella quale domanda una lettera di raccomandazione pel Cavaliere Bartolomeo Longhi a Genova, a favore di sua moglie, comare della persona sconosciuta, a cui è indirizzata la lettera. Molto probabilmente la moglie è quella tal Marchetta, citata al nome di Girolamo Chiesa, la quale appunto, nel 1664, s’era fatta autrice d’una Compagnia, in cui s’erano impegnati il Dottor Violone e Bagolino : impegno che, a detta dello scrivente Ludovico Bevilacqua, era più atto di perfidia, e liuorc contro la signora Marzia (la Fiali) che sincero, et anteriore à quello, che haueuano con questa signora….
Dei balli [4.1] Ma che cosa è finalmente questo nostro ballo, dietro al quale va così perduta la gente? […] Egli avviene ben di rado che ne’ nostri ballerini si trovi congiunta con la grazia la forza della persona, la mollezza delle braccia con l’agilità de’ piedi, ed apparisca quella facilità nei movimenti senza la quale il ballo è di fatica a quelli ancora che stanno a vedere. […] [4.3] Su questo andare è per esempio il ballo del giocatore composto sopra una bellissima aria del Iomelli; nel quale vengono mirabilmente espressi gli avvenimenti tutti del grazioso intermezzo che porta quel nome. […] E quale tra le moderne ha posto tanto studio quant’essi nella scienza del ballo, a cui hanno da natura tale attitudine, quale abbiamo noi altri Italiani alla musica?
Il '51-'52 fu aggregato alla Compagnia altro primo attore – Ernesto Rossi – pel quale il povero Peracchi, dapprima legato a lui d’amicizia saldissima, ebbe a patire gran pena, come si vede in una lettera a Francesco Righetti, Capo della Compagnia Reale, in cui è il seguente brano : ……………………….. […] Scioglimento che, sappiamo poi, non gli fu accordato, che dopo un anno di prova, trascorso il quale, egli si scritturò con la Compagnia Astolfi e Sadowski, per un anno. […] Non posso ricordare il Peracchi nel primo tempo della sua vita artistica, il quale fu, a detta del Costetti, glorioso. Lo ricordo nel secondo, in cui, nonostante certi difetti di recitazione, emergeva l’antico pregio dell’originalità per alcune parti specialmente, come dell’ Oliviero di Jalin nel Demimonde, in cui non ho mai trovato chi per la eleganza e la verità, lo facesse dimenticare, o del Cavaliere d’ Industria, a proposito del quale, l’ Arte del 28 gennaio '55, in una lettera a Fanny Sadowski, dice : Vi ricordate di Peracchi nel Caralier d’Industria ! […] Alla quale stravaganza si accoppiò quella di una dizione lenta e nasale, originalissima, a base, tal volta, di improvvisazioni curiose.
Essendo Epicarmo già vecchio era giovanetto Magnete Icariese, il quale secondo il medesimo Suida compose nove commedie, e rimase due volte vincitore. […] Coltivarono l’antica commedia varii altri comici non molto dai nominati lontani, come Cratete, Archesila, Cherilo, Eviso, Apollofane, Ipparco, Timocle, di cui Ateneo ci ha conservato un frammento in lode della tragedia, nel quale afferma essere agli uomini utilissima, e Timocreonte, il quale ebbe nimistà con Simonide Melico e con Temistocle Ateniese, contro di cui scrisse una commedia. […] Una delle di lui favole intitolavasi Eolosicone, nella quale si satireggiavano i poeti tragici ed anche Omero. Cratino che visse novantasette anni, fu seguito, ed imitato da Eupoli poeta più grazioso, il quale compose diciassette commedie, ma solo sette volte riportò la corona teatrale. […] Ma se l’emulazione rendè gloriosa questa commedia, la fece oltremodo ardita il governo popolare Ateniese, nel quale i comici e gli spettatori erano membri della sovranità.
Se ben compiuto gli studi legali, ebbe amore profondo, radicato pel teatro, al quale avrebbe voluto sagrificare codici e pandette. […] Morto il padre nel febbraio del '62, egli entrò di punto in bianco primo amoroso ai Fiorentini di Napoli, dove, mercè gli ammaestramenti del Taddei, dell’ Alberti, del Salvini, della Cazzola, della Pezzana, della Marini, salì a tal grado d’arte, che la quaresima del '70 partiva con la madre per Cremona a raggiunger la Compagnia di Alamanno Morelli, della quale egli era il primo attore assoluto. […] Nella Signora dalle Camelie, nell’ Onore della famiglia, nel Falconiere, nella Suonatrice d’arpa, ecc., mostrò a quale altezza avrebbe potuto salire : s’ebbe onori e lodi dai critici migliori, e Paolo Ferrari, Filippi, Arbib, dichiararon riserbato per lui il posto di Tommaso Salvini.
Salvatore di Venezia, rappresentare col Gallina, Gatteschi, Toto e Menichelli il repertorio di Francesco Avelloni intermezzato di drammi spettacolosi, quale l’Innegunda di Scandinavia, o Il gran combattimento all’ultimo sangue per generosità di cuore, di M. […] Fra le lodi prodigate al valor suo, ve n’ha una anche all’artista lirica, la quale si mostrava, accompagnata da piena orchestra, specialmente nella farsa La Commediante, in cui sosteneva sette diversi personaggi, e cantava sette pezzi scelti tra i più riputati maestri. […] Addestratosi co' Filodrammatici della sua città natale nelle parti di Pantalone, riuscì comico egregio, e fu più anni sotto quella maschera, con Antonio Sacco, col quale anche si recò in Portogallo.
A.) concorrendovi le nostre libere volontà, ho composto il presente Cicalamento, intorno a ciò, il quale come tributo del mio debito l’espongo alla luce del Mondo sotto il patrocinio di V. […] V. alla quale io risoluo di raccomandarlo ? […] ra donna olimpia il quale uene con ordine da lasarme andare et a otto hore di notte uene a casa non esendo più a hora di andare da la S.ra Donna olimpia come altre uolte ui son stato la quale me regalo, giocando con altri, d. […] r Cardinale Sforza a hauto nna medaglia di oro con l’ effigie di nostro Signore la quale pesa 10 scudi conosco. il mio libro e aplaudito, mercè la gratia del Sere.
Quivi, invogliato agli studi, si diede a leggere quanti più libri potè, coll’esempio anche del padre suo, al quale, sebben macellaio, erano sconosciuti ben pochi de’nostri poemi italiani. […] Dopo di avere scritto, da ragazzo, una tragicommedia, dopo di avere recitato in una compagnietta di dilettanti, della quale era anche direttore, partì di Bologna con certo Francesco Peli, ancor comico al tempo in cui Bartoli scriveva le sue Notizie. […] Innamoratosi poi della Teodora Ricci, della quale avrem molto a discorrere, la prese in moglie a Genova il 5 novembre del 1769. […] Spronato poi dal desiderio di realizzare un suo disegno, già gran tempo ventilato, si diede con alacrità al lavoro ; e in meno di cinque anni riuscì a pubblicare un’opera nella quale era come un catalogo illustrato delle migliori opere di pittura che sono a dovizia sparse per l’Italia. […] Si tratta di un amico, il quale interrogato dal Bartoli, gli dà notizie di teatri e attori del tempo.
le di Gambara) dalla signora Duchessa a una Comedia di Zani della Compagnia della Vittoria la quale si ritrova qui molti giorni sono, dove era anche il detto Card. […] Il 27 di agosto del 1580 il Principe di Mantova scriveva da Gonzaga al Cardinal d’ Este, raccomandandogli la Vittoria, la quale desiderava recitar le sue comedie a Padova. […] mo mio Signor gratia per l’amor de Dio che quale la chiesto con le ginochia a tera et con le lacrime del Cuore nostro Signor la Conserui et a me dia gratia di poterla seruire di Venetia a di 4. genaro 1581. […] ma per non hauerla potuto seruire questo Carneuale, et perche la riuerenza con la quale l’osseruo da tanti ani in quà supera ognaltra uedendomi così à uiua forza hauer mancato a chi tanto son tenuta, et hò desiderato sempre seruire, uiuo la piu scontenta donna che mai nassesse, et però à suoi piedi ricorro suplicandola ritornarmi nella sua gratia, et l’istesso dico di petrollino, poi che per mia causa è incorso in errore, il quale per l’affano che sente si può dir che facia la penitenza de l’errore, et accresse la mia col suo cordoglio : ma perche una sintilla de quella benignità, con la quale la mi ha sempre fauorita può render noi felicissimi io di nouo caldamente la suplico et humilissimamente me et questo suo deuoto benche basso seruo raccomando, oferendo me et la mia Compagnia suplire al mancamento et pregar Dio per la sua conseruatione, che nostro Signore la feliciti. di Venetia a di. 5. […] mo Per l’instanza che me vien fatta per parte di Vittoria Piissima comica, la quale dice già aver avuto una sentenza a favor suo sopra un suo credito di denari prestati, ho voluto pregar V.
A detta del quale anche fu generico di molto valore, sapendo rappresentar con valore così le parti comiche, come le serie e tragiche ; queste specialmente, chè il Farasmane nella tragedia di Radamisto e Zenobia sosteneva mirabilmente. […] Il Coralli, artista di non gran merito, pare, ma astuto quant’altri mai, temendo di essere licenziato, a preferenza del Barsanti, del quale conosceva i pregi e l’utilità, ricorse ad uno strattagemma. […] Il Sacco, al quale il Barsanti premeva davvero, avutane domanda di scioglimento, montò su tutte le furie.
Giovinetta entrò in un laboratorio di sarta per impararvi il mestiere, ma, educata alle scene, nella filodrammatica della città, dall’ ex-artista drammatico Zuccato, fuggì di casa, dopo la morte del padre (1836), per sottrarsi alla risoluzione della madre che volea far di lei una istitutrice, e si recò a Venezia, ove fu scritturata amorosa, in Compagnia di Corrado Vergnano, dalla quale passò in quella di Giovannina Rosa, a farvi le parti di seconda donna che meglio si attagliavano alla sua bella e slanciata figura. Fu poi, nello stesso ruolo, con Carolina Internari, poi, prima attrice assoluta, col Meneghino Moncalvo, col quale recitò, dopo la Carolina Santoni che l’aveva creata, la parte della protagonista nella Maria Giovanna. […] Fu poi con la società Ciotti, Marchi, Lavaggi ; e con Achille Dondini ; poi, seconda madre e caratteristica, con Alamanno Morelli e con Bellotti-Bon, in Compagnia n.° 2, nella quale recitò la prima volta a fianco del figlio Belli-Blanes (V.).
Instituitasi nella sua Ravenna una Società filodrammatica, egli vi mostrò subito attitudini chiare alla scena : e trasferitosi il '67 con la famiglia, a Firenze, dopo la morte del padre, entrò nell’ Accademia de'Fidenti, di dove uscì dopo breve tempo (1871), per entrar quale amoroso nella Compagnia della Sadowski, diretta da Cesare Rossi. Abbandonata il primo attor giovine D' Ippolito la Compagnia, nel carnovale dello stesso anno, il Rasi ne prese il posto, che tenne fino a tutto l’anno veniente, dopo il quale passò primo attor giovine sotto Francesco Ciotti, al fianco di Virginia Marini, in Compagnia di Alamanno Morelli facendosi notare dai compagni e dal pubblico per la elettezza dei modi, e la correttezza della dizione. […] Su di lui, come attore e come uomo, mi piace riferir le parole di Virginia Marini che gli fu compagna delle più care : Suo fratello, col quale ebbi il piacere di stare qualche anno, era un gentiluomo perfetto, un bravissimo artista ed un compagno buono ed amoroso.
Nato di padre orologiajo, non volle continuar l’arte paterna, e si diede al teatro, scritturandosi amoroso nella Compagnia Reale Sarda il 1827, al posto di Vincenzo Monti, nella quale stette fin oltre il '40. Il Costetti ne lo fa uscire il '43, sostituito da Pietro Boccomini, ma è questo errore evidente, giacchè lo vediamo per l’anno '41-'42 primo attore assoluto della Compagnia Giardini, Woller e Belatti, dalla quale passò poi nello stesso ruolo in quelle di Corrado Vergnano, e di Angelo Rosa con cui stette lungo tempo. […] Morto l’attore Canova, gli successe nella cattedra di declamazione alla Filodrammatica di Torino, sciolta la quale, passò maestro di declamazione alla Filarmonica Subalpina della stessa città, dov'ebbe pur parte nella Commissione pei premi agli autori drammatici.
Adolescente, ogni qualvolta gli veniva fatto di raccapezzar qualche soldo coll’arte sua (dopo tante e diverse prove, s’era dato definitivamente all’oreficeria), si recava co’suoi al teatro della commedia, alla quale si sentiva inconsciamente attratto, sin da quando, bambino, sentì recitare al teatro della Piazza Vecchia, ora distrutto, il rinomato stenterello Amato Ricci. […] Il’48 troncò d’un colpo quei primi passi della sua carriera artistica ; ma tornato di Roma, e recitata in Montedomini la parte di Egherton nell’Orfanella della Svizzera con successo di applausi, determinò di darsi intero all’arte, scritturandosi con Lorenzo Cannelli, stenterello, e da questo passando con Raffaello Landini, stenterello anch’esso, col quale stette a recitare, prima a intervalli, poi (quaresima del’61 al ’63) stabilmente con sua moglie Cesira. […] Fu dal ’67 al ’71 con Luigi Pezzana, il ’71 e ’72 con Francesco Sterni, per passare finalmente la quaresima del ’73 con Giuseppe Pietriboni, col quale stette sino a tutto il carnevale del ’94. […] Scuola di recitazione di Firenze, si diede all’ arte (alla quale mostrò non poche attitudini) esordendo con Giuseppe Pietriboni in Compagnia di suo padre.
Trasferito il padre a Torino, era impiegato di Prefettura, l’Annetta ottenne di poter frequentare la rinomata Scuola di Carolina Malfatti, dalla quale uscirono la Tessero, la Pezzana, Emanuel, Maggi, Diotti. Rovesci di fortuna obbligaron la giovinetta a calcar le scene, e la maestra si recò il 1867 a posta da Torino a Milano per assistere all’esordir della sua allieva, che andava a sostituire a metà d’anno la Guendalina Dominici Scalpellini in quella celebrata Compagnia di Bellotti-Bon, nella quale ella salì poi al più alto grado dell’arte, ove seppe mantenersi anche dopo, alternando il ruolo di prima attrice assoluta colle sue creazioni di bimba, quali la Carolina nel Codicillo dello Zio Venanzio di Ferrari, la Ivonne nella Serafina di Sardou, la Celeste nell’Idillio Campestre di Marenco, la Silvia nella Famiglia pur di Marenco, la Ida nella Vita Nuova di Gherardi Del Testa, l’Emma nei Mariti di Torelli, ed altre molte, in cui non ebbe chi la superasse, nè chi la uguagliasse. […] Questa figura così vaga, così gentile, intorno alla quale il poeta ha speso un largo tesoro di grazia e di bellezza, è stata incarnata da lei senza mende, senza incertezze e con una ispirazione felicissima, dalla prima all’ultima scena. […] Nè si potrebbe dir meglio : nel girar de’ grandi occhi neri, nel muover della bocca breve, in una certa aggraziata e naturale infantilità di pronunzia, dell’s e del c specialmente, nella spontaneità incomparabile della dizione era un cotal fascino, al quale non si poteva resistere….
Fu l’anno seguente con Romualdo Mascherpa, poi di nuovo colla società Colomberti, nella quale, come abbiam detto, sposò Alessandro Monti. […] A sciogliere la lite di precedenza fra esse, appariscono Apollo nel suo Parnasso coi Poeti ed Aristotele, il quale le affida a Felsina sovraggiunta sopra un carro trionfale, acciocchè essa decida del merito di ciascuna ; la quale dando termine a questa introduzione, così favella : Pregiate Donne, se alla vostra lite Sorta sol per aver la precedenza Delle vostre virtù rare, infinite, Bramate fine impor con gran prudenza : Meco omai, che son Felsina, venite Che m’offero condurvi alla presenza De'saggi figli miei, da'quali avrete Giudizio, onde contente alfin sarete. […] [PAGE 153 MANQUANTE] l’importanza di una dizione drammatica, accentuata e vibrata nel canto, e rivelandole poi i misteri della Commedia improvvisa, nella quale essa fece in breve sorprendenti progressi.
Tra questi si distinse Lucio Pomponio Bolognese, il quale fiorì nel tempo che Tullio prese la toga virile. […] Ma quantunque sentisse questi le punture, mantenne la parola quanto al premio, e gli diede anche l’anello quasi in segno di ristabilirlo nella dignità equestre, dalla quale pareva Laberio per capriccio di lui decaduto. […] Giulio Batillo di Alessandria dalla prisca danza comica formò l’Italica, la quale per la troppa oscenità diede motivo ai tratti satirici di Giovenale nella citata satira sesta. […] Egli ebbe un discepolo chiamato Ila, il quale rappresentando co’ gesti una tragedia, nel voler esprimere queste parole, il grande Agamennone , sollevò la persona. […] E in quale altra guerra avrebbe fatte le sue prodezze un imperadore che si gloriava di esser contato tra’ musici ed istrioni?
Tra questi si distinse Lucio Pomponio Bolognese, il quale fiorì nel tempo che Tullio prese la toga virile. […] Ma quantunque sentisse questi le punture, mantenne la parola quanto al premio, e gli diede anche l’anello quasi in segno di ristabilirlo nella dignità equestre, dalla quale pareva Laberio per di lui capriccio decaduto. […] Giulio Batillo di Alessandria dalla prisca danza comica formò l’Italica, la quale per la troppo oscenità diede motivo ai tratti satirici lanciati da Giovenale nella citata satira sesta. […] Egli ebbe un discepolo chiamato Ila, il quale rappresentando co’ gesti una tragedia, nel voler esprimere queste parole, il grande Agamennone, sollevò la persona. […] Vedasi su di ciò il mentovato trattatino de’ Teatri del lodato Maffei, il quale con diligenza raccolse le antiche testimonianze per convincere il P.
Il secondo quasi fanciullo125, compose una commedia intitolata la Filologia, la quale volle involare agli occhi de’ posteri126. […] Pier Paolo Vergerio il vecchio, nato circa il 1349, come prova il Tiraboschi128, scrisse in età ancor giovanile una commedia intitolata Paulus, Comoedia ad juvenum mores corrigendos, la quale conservasi in un codice a penna nell’Ambrosiana di Milano129. […] Il trovatore Luca de Grimaud, il quale per altro era genovese, satireggiò ne’ suoi drammi o dialoghi provenzali il pontefice Bonifacio VIII. […] III § XXVI pag. 340 e seq. recando il passo di Giovanni Villani, non trova ombra di azion drammatica nel di lui racconto, ma bensì vi scorge un popolare spettacolo destinato soltanto a trattener l’occhio de’ riguardanti, e non molto opportuno a un regolare dialogo, quale a una teatrale rappresentazion si conviene. […] pag. 239) il quale ci ha dato ancor qualche saggio dello stile di esse, che non é certamente conforme a quel del Petrarca.
Pucci e Carlo Dondini, della quale era anche primo attore. […] Nel Mattino di Napoli dell’ 11 agosto '97 un abbonato milanese dice che Meneghino trae la sua origine da Domenica, essendochè era uso in Milano, nei secoli passati, di chiamare in servizio, per tutta la giornata di Domenica, un uomo del popolo, il quale si prestava al disimpegno di molteplici faccende, acconciandosi anche a fungere da servo straordinario. […] Scrisser di lui distesamente il Ghislanzoni, il Regli, il Brofferio….. abbiam lettere di Adelaide Ristori, di Ernesto Rossi, di Alamanno Morelli….. e poesie di ogni specie, fra di cui una Cantata di addio del '33 a Torino, dalla quale apprendiamo com’egli recitasse in italiano il D. […] Aveva preso in affitto il Teatro della Commenda, e restauratolo ed abbellitolo, lo andava cedendo alle varie compagnie, mettendo per condizione di contratto una recita a suo beneficio, alla quale egli avesse preso parte. Per tal modo egli vide la luce della ribalta a poco men che ottant’anni ; e, se non miseramente per merito della seconda moglie che mise un freno alle inconsulte dissipazioni, non certo quale avrebbe potuto, morì in Milano il 29 di agosto 1859.
Sotto i tre Consoli della Repubblica francese comparve un’altra tragedia cittadina intitolata Camilla, la quale cadde perfettamente nella rappresentazione, e si obbliò. […] L’invenzione di questa favola appartiene al nostro Carlo Goldoni, il quale scrisse in Italia il Padre di famiglia, commedia per altro non poco difettosa. […] È patetica ma non terribile la terza dell’atto IV, ed interessante la deliberazione del padre di Eugenia, il quale si lusinga di trovare in corte giustizia e pietà. Delicata infine è l’esclamazione di Clarendon, Elle me pardonne , colla quale per trasporto di gioja egli previene le parole di Eugenia già intenerita. […] Non v’ha che Monrose, il quale pieno de’ suoi spaventi e pericoli porta nella favola la propria tristezza quasi tragica.
Cominciò a recitar nella Compagnia di Nicodemo Manni, dalla quale passò poi in quelle di Girolamo Brandi, di Pietro Rosa, di Francesco Paganini e di Nicola Menichelli, col quale trovavasi del 1782.
Il Tralage in una sua nota manoscritta parla della eccellenza de'costumi di Lolli, il quale, un po'fors’anco per questo, e un po'pel suo nome di Angelo, era noto più specialmente col nome di l’Ange, o Lange, col quale anche talvolta si firmava. […] Sposò Patrizia Adami (V.), servetta col nome di Diamantina, insieme alla quale fu naturalizzato francese il 16 giugno del 1683, e si ritirò dal teatro, a cagione dell’età e de'malanni, nel 1694, con una pensione di mille lire, sostituito da Marc’Antonio Romagnesi, che avea recitato sin allora gli amorosi.
Noi lo vediamo il 1796 nell’elenco dei componenti la gran Compagnia del San Carlino di Napoli al fianco dei Cammarano e dei Fracanzano, dalla quale uscì il 1803, già ottimo caratterista, a niuno secondo per la grande spontaneità, acquistata su quelle scene, ricercato dai migliori capocomici. […] Passato con Fabbrichesi, De Marini, la Tessari alla Corte di Napoli, divenne in breve l’idolo del pubblico, e dello stesso Ferdinando IV, al quale dovette forse la sua morte. Sia per doverosa gratitudine al suo Grande estimatore, sia per intima convinzione, sia per istinto di ribellione a ogni oltraggio inconsulto alla Regia Dominazione, egli si sentì trascinato a mostrarsi pubblicamente avverso alla sètta dei Carbonari, gli affigliati alla quale viveano in Napoli, facendo temer prossima una sollevazione.
Comica veneziana, la quale fiorì intorno al 1590, e della quale non sappiamo altro, fuorchè l’ 11 dicembre di quell’anno, di passaggio per Mantova, fu alloggiata con un suo ragazzo, Girardino, e cogli altri comici Messer Guido Nolfi da Fano e Messer Leandro de Pilastri (V.), presso M.
Biancolelli Caterina, sorella minore della precedente ; la più rinomata servetta del teatro italiano sotto il nome di Colombina, col quale fu celebre la nonna Isabella. […] Tale e quale di una donna. […] Trascelgo dall’Arlecchino Proteo, nel quale la Caterina Biancolelli esordì colla sorella Francesca, e il quale suggerì al signor Devizé l’articolo del Mercurio di Francia, che s’è visto al nome di Francesca, la scena dell’incendio che precede la parodia di Berenice, originalissima nella sua mescolanza delle due lingue. […] Il Watteau, uno de’ più geniali illustratori della Commedia italiana, del quale verrò riproducendo le principali opere, ci ha dato il costume dell’ Arlecchina in una delle sue incomparabili acque-forti (pag. 441) : e ce lo ha dato Geremia Wachsmuth col suo Inverno (pag. 439), nel quale, come si vede, figurano, a lato di Arlecchina, il Dottore, Scaramuccia, e altri tipi del nostro antico teatro. […] Le Sacchi-Paladini, le Romagnoli, le Cutini spariron dalla scena, e il ruolo della servetta fu a poco a poco ingoiato dalla prima donna o dalla prima amorosa, specie di attrice universale, che secondo l’importanza di una parte sapeva essere ad un tempo e serva e padrona, e vecchia e giovane, e comica e tragica ; fino a che non venne questa nuova forma di arte, che vuole, dicono, la fotografia dell’ambiente, la quale, oltre al ruolo, ne ingojò persino il tipo….
Gli applausi della folla, le lodi della critica gli fecero lasciare di punto in bianco l’impiego ch'egli aveva di commesso nella Casa Commerciale del Senatore Reali, e lo fecero partire a insaputa de'suoi per Loreo, dove era ad attenderlo la Compagnia di Francesco Zocchi, che recitava all’aperto, e da cui, dopo alcun tempo, felice di potersi liberare da quell’ambiente di guitti, passò a Voltri in Liguria, in quella Ilardi-Cardin, la quale, purtroppo, era più guitta dell’altra. […] Restò con Moro-Lin fino a che (giugno dell’ '83) per la morte della celebrata attrice Marianna Moro-Lin, la Compagnia si sciolse, e ne formò subito una egli stesso in società con Borisi diretta da Giacinto Gallina, e amministrata dal fratello Enrico, della quale eran bell’ornamento, oltre che Zago e Borisi, la Zanon-Paladini, la Fabbri-Gallina, la Foscari ; e la quale esordì con clamoroso successo il 2 settembre a Feltre, e andò trionfalmente fino al febbrajo dell’ '87 ; in cui, nella sera di congedo, dopo gran numero di chiamate alla Compagnia, egli dovette andar solo a ricever le acclamazioni della folla al colmo dell’entusiasmo. Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra di trionfo in trionfo sino allo spegnersi di questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande di vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini di Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, di non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio di Gallina. […] Il rimprovero dello strafare fu mosso dalla critica inguantata, come s’è visto, anche a Luigi Vestri, il quale, artista eminentissimo, di una verità, e soprattutto di una semplicità sbalorditiva, pare fosse tuttavia conoscitore profondo di tutte le risorse del mestiere, alle quali, per acconciarsi alle esigenze di certi pubblici, ricorreva talora, non saprei dire se volentieri o a malincuore. […] Bisogna vederlo fra un atto e l’altro, e magari fra una scena e l’altra, in quel suo camerino, ingombro di giubbe di ogni specie, di spadini lucenti, di parrucche, vicino alla sua tavola di truccatura, sulla quale, accanto ai barattoli del minio, del bianco, della terra d’ombra scintillano anelli antichi enormi, e orologi istoriati e tabacchiere e ciondoli svariati, e al disopra della quale alla parete di fronte, accanto a un grande specchio vigila in bella e nitida incisione il ritratto di Lui, di Goldoni, in compagnia d’incisioni minori di suoi personaggi, di maschere, di mode del suo tempo ; bisogna vederlo, dico, col suo libricciuolo in mano di una commedia del Maestro, non mai tentata a' nostri tempi, per esempio, L'uomo prudente, o L'uomo di mondo, che studia, analizza, notomizza per la riduzione, pei tagli sapienti, per le trasposizioni di scene, di frasi, di parole !
) il nome del Bon sarebbe stato quello di Augusto, al quale poi fu aggiunto quello paterno(?) […] Compagnia Sarda di Torino, dalla quale uscì dopo un anno, per entrare in quella Goldoni-Riva, di cui sposò la prima attrice Luigia Ristori, vedova dell’attore Bellotti (V. […] Morto improvvisamente il Riva a Trieste nella primavera del ’22, e troncato dalla vedova Gaetana Goldoni ogni contratto, il Bon formò quella società comica Bon-Romagnoli-Berlaffa, colla quale si ripromise di ridar vita a tutto il repertorio goldoniano : e tanto vi riuscì che si acquistò il titolo di fedele esecutore testamentario delle volontà dell’italiano Terenzio. […] Si fece poi egli stesso conduttore di quella impresa, la quale dopo tre anni cedette ad Alamanno Morelli e Bellotti-Bon, e della quale restò sempre direttore, recitando ancora talvolta, benchè in età avanzata, la sua Trilogia di Ludro.
Prima di dire di lui come artista, merita la pena di accennare alla famiglia dalla quale usci, assai nota per una specie di eccentricità rivelantesi in tutti i suoi componenti ; assai stimata per la generosità dell’animo, assai ammirata per il patriottismo ; assai temuta per il coraggio e l’eccezionale gagliardia dei muscoli. […] Cesare intanto si senti trascinato per l’arte drammatica, nella quale entrò giovanissimo. Nel 48 lo troviamo con non si sa quale compagnia in Grecia. […] Al suo fianco combattevano anche i fratelli Antonio e Carlo ; il primo, coinvolto nei moti del 31 aveva dovuto emigrare a Parigi dove si guadagnò un nome quale maestro di scherma. […] Tenutosi per un po', si capisce con quale sforzo, nell’attitudine del vinto, ad un tratto si slancia sul vincitore, lo afferra, lo rovescia al suolo gridando nel natio idioma : An’ srà mai dètt che Pilla staga dsòtta !
Tesi Faustina, di Crema, moglie di Domenico Tesi comico bresciano, « il quale – dice Fr. […] Recitò nella prima giovinezza le parti di serva, e vi fu ammiratissima ; in una particolarmente, nella quale eseguiva un volo pericoloso : tal che una sera al S. […] Passò poi con Onofrio Paganini, tornato allora di Spagna, ma gelosa degli applausi della nuora, se ne staccò subito, e andò con Pietro Rossi, col quale stette un anno. Unitasi a Cristoforo Merli, primo innamorato (V.), formò il 1776 una Compagnia di buoni artisti, colla quale percorse decorosamente le migliori piazze, quali Bologna, Parma, Trieste, Milano, Brescia, Mantova, ecc., e della quale un foglio volante di Sassuolo ci dà l’elenco : Faustina Tesi, Cristoforo Merli, Giovanni Valentini, Vittorio Mattagliani, Antonio Fiorilli, Gio.
Annunziò la recita a suo beneficio, il 2 giugno 1832, al Teatro del Giglio di Lucca, nella quale si rappresentò Il Gran Los-Rios Assassino delle Alpi, con Pasquale spaventato dai Masnadieri (Pasquale era Giuseppe Guagni) e nella quale egli sosteneva la parte del protagonista, con un programma reboante (degno dell’attore capocomico), di cui ecco una parte : Per le anime d’altissimo sentire non riescirà stravagante il fatto che si espone di quest’uomo, il quale profugo dalle terre native per un fallo d’amore, dalla malvagità attribuito ad altissimo delitto, a rifugiarsi costretto si vide nelle Alpi, ed a condurre una riprovevole vita in odio di tutta la terra e fulminato dalla celeste maledizione.
Figlio di un ciabattino di Udine, dove nacque verso il 1780, fu allevato nel mestiere del padre, morto il quale, vagando di paese in paese, or questo or quello frecciando, s’ imbattè in una piccola compagnia di comici che lo accolsero in qualità di socio, e da cui fu licenziato, dopo la prima sua comparsa in pubblico. […] Non vi fu Piazza, nella quale, al momento della partenza, non trovasse che dire pei debiti fatti con questo e con quell’oste. A Livorno (in quaresima del '22), la signora Perotti dovè pagare, all’oste della Pera, quaranta francesconi per tanti tordi mangiati dal Miutti, il quale era tenuto in ostaggio….
Scontratosi, dopo alcun tempo, in una giovinetta, figlia dell’attore Santo Nazzari, la quale recitava allora con molto plauso le parti di prima donna giovine, se ne innamorò e la sposò in capo ad alcuni mesi. […] Indi la fama del Perotti, conduttore di una Compagnia, la quale potè sempre competere colle più grandi d’allora, come Pellandi, Fabbrichesi, Dorati, Bazzi, e Goldoni. […] Negli ultimi sette od otto anni di vita, fu colpito da insonnia, a vincer la quale si diede all’uso dell’oppio, che lo condusse lentamente al sepolcro.
Angelo di Venezia, poi si fece capo di una Compagnia vagante, della quale era principale ornamento la sorella Rosa, e colla quale, dice il Bartoli, scorse la Liguria e la Toscana più volte.
Dalla tragedia cittadina, la quale, ove si preservi da colori comici e si contenti di cedere i primi onori al sublime continuato della tragedia grande, potrebbe tollerarsi anche in un teatro di buon gusto, si discende ad un dramma senza contrasto riprensibile, cioè ad una commedia lagrimante, nella quale s’imbratta con pennellate ridicole un quadro tragico. […] L’ invenzione di questa favola appartiene al nostro Goldoni, il quale scrisse in Italia il Padre di famiglia commedia per altro non poco difettosa. […] È patetica ma non terribile la terza scena del IV, ed interessante la deliberazione del Padre di Eugenia, il quale si lusinga di trovare in corte giustizia e pietà. Delicata infine è l’esclamazione di Clarendon, Elle me pardonne, colla quale per trasporto di gioja egli previene le parole di Eugenia già intenerita. […] Non v’ha che Monrose il quale pieno de’ suoi spaventi e pericoli porta nella favola la propria tristezza quasi tragica.
Ma venuti Enrico e il Principe di Savoja alle armi pe 'l Marchesato di Saluzzo, i comici italiani furon messi in disparte sino alla vittoria del Re francese, il quale, dopo la presa di Montmélian, si recò trionfante a incontrar la sposa in Lione, ove, il 17 dicembre, fu celebrato il real matrimonio, e ove si trattennero un mese e mezzo circa. A questo tempo il Martinelli, che, avido com’ era, non lasciava nulla d’intentato pel mantenimento sollecito d’ogni promessa che gli veniva fatta, pubblicò un libro per ottenere dal Re e dalla Regina la promessa collana con medaglia d’oro, del quale il Baschet, alla cui opera magistrale più volte citata vo queste notizie attingendo, ha fatto un largo cenno, ma il quale per la sua curiosità e rarità, riporto qui per intero. […] Seguiron nuovi inviti a più riprese del Re e della Regina al Duca e alla Duchessa e ad Arlecchino medesimo, il quale tuttavia persistè nel rifiuto. […] Garavini), la quale col marito aveva risolto di voler non più saperne di viaggi all’estero. […] Contro il Tesoriere dalla mezza collana, al quale accenna, s’era già scagliato Arlecchino in un poscritto di altra lettera con data di Mantova, 3 dicembre 1611, in cui lo chiama cane cornuto, e gli prepara un purgante per renderlo uomo dabbene.
Condusse alcuni anni ai primi del XIX secolo una Compagnia secondaria, della quale egli era applaudito caratterista, e con la quale s’ebbe la più varia fortuna.
Cognato della Regina, nacque a Brindisi, e si diede giovanissimo al teatro, nel quale riuscì collo studio e il buon volere attore di qualche pregio nelle parti caratteristiche e di tiranno. Fu con Vincenzo Bazzigotti al fianco dell’Ugolini che gli fu largo di savi ammaestramenti nell’arte comica ; e con Costanzo Pizzamiglio, col quale stette più anni, non solo come attore, ma anche adoperato da’ suoi Compagni — dice il Bartoli — negli affari della Truppa, avendolo esperimentato per un Uomo di spirito, e ne’proprj divisamenti utilissimo alla società.
Moglie del precedente, cominciò a recitar quindicenne, seconda amorosa, con Virginia Marini, con la quale stette un triennio. […] Adorna di fisico elegante, di fisionomia aperta, di voce armoniosa, di sufficiente sentire, e di una grande passione per l’arte, è passata al ruolo di prima attrice assoluta, nel quale va oggi affrontando, con onore, i pubblici più severi, e le parti più scabrose.
Errico Brooke diede alla scena inglese una tragedia di Gustavo Wasa, ossia il Liheratore del suo paese, la quale dal sign. […] L’argomento del Gustavo inglese non si aggira come quello di Piron intorno all’amore, ma tutto riguarda la libertà, per la quale ha solo combattuto Gustavo. […] Siddons eccellente attrice, alla quale tributano gl’Inglesi tutti gli elogj, per la verità, l’espressione, e l’energia, che, al loro dire, ella possiede eminentemente.
Momento passeggiero e ben rapido fu quello glorioso del capocomicato di Andrea Bianchi, il quale non finì certo la vita negli agi e nelle ricchezze. Lo troviamo agli ultimi del’700, conduttore di una Compagnia, nella quale egli sosteneva la maschera del Brighella. […] E per dare un’idea del repertorio e dell’ambiente di essa, ecco, a titolo di curiosità, un premuroso (sic) AVVISO TEATRALE Per la sera di sabbato 5 corrente Premurosa tutta la rispettosa Comica Truppa nel voler dar prova del suo costante impegno per ben servire questo erudito, e dotto PUBBLICO, ha scelto per detta Sera una nuovissima Rappresentazione Spettacolosa, quale porta per titolo L’INCONTRO DI VENTI REGI all’assedio di troja ossia andromaca, e pirro.
Dall’Accademia Fiorentina passò a quella de' Fidenti, dalla quale uscì l’ '81 per andare scritturato con Adeleide Tessero, che lo alzò subito al ruolo assoluto di brillante. […] Dopo la società con Paladini, ne formò una con Reinach, della quale era prima attrice Virginia Reiter, creando poi la famosa Compagnia comica Talli-Sichel-Tovagliari, una delle più fortunate del nostro tempo, sì per la novità e originalità del repertorio, sì per la spigliatezza e l’affiatamento. Stette poscia con Teresa Mariani un anno, e un triennio con Di Lorenzo-Andò ; dopo il quale formò società con Irma Gramatica e Oreste Calabresi ; società che dura da quattro anni, e in cui s’andò egli acquistando la fama di direttore forte e intelligente : accresciuta oggi (1904) coll’allestimento della tragedia La figlia di Jorio di Gabriele D'Annunzio, che va scorrendo trionfalmente i teatri d’Italia.
E perchè tale divenisse, convenne immaginarsi una nuova specie di poesia rappresentativa, la quale avesse certe e proprie leggi che in varie cose la rendessero differente dalla tragedia e dalla commedia. […] Havvi in tutte le nazioni un linguaggio comune, del quale si vale il Turco e il Francese, il Parto e il Romano, il Persiano e il Greco? […] Quale ancor volgare leggitore, scorrendo un’opera del Romano Poeta Cesareo, in vece di seguir la traccia dell’azione e degli affetti, si ferma a considerare in qual vocale, in quale a o in quale e formarono i loro gorgheggi e le volate la Bandi o il Pacchiarotti? Legge egli, per esempio, che l’ambizioso e innamorato Aquilio, il quale usa ogni arte per rompere la corrispondenza di Sabina, al vedere che l’amor novello di Adriano e gli sdegni di Sabina combattono per lui, prevede la propria vittoria; ma si dispone ad attendere che si maturi, e ad usar tutta l’arte di un esperto schermidore, il quale esamina il nemico, frena l’ira ed aspetta il momento che lo renda vincitore. […] Ma allora non meriteremo il rimprovero di Platone, il quale chiamò la musica stromentale un’ assurdità e un abuso della melodia ?
Il 1675 arrivò a Mantova da Napoli, comico del Duca di Modena, come abbiamo da una lettera di Alfonso d’Este, il quale chiamandolo principal parte della Compagnia e che si è strecto con promesse di Regalarlo bene, propone a quel Duca non gli si dien meno di 25 dopie, essendo questo un huomo che à testa. […] Antonio Lolli, nella quale si accenna ad un inganno di Florindo, che non lo mostrerebbe, a dir vero, uno stinco di santo. […] Ma pare che il Duca di Mantova l’avesse davvero a morte col pover' uomo, il quale per non commessi delitti fece rinchiudere in una prigione, riuscendo vane per liberarnelo le intercessioni di Altezze e Potentati. […] Sono ridotto in mendicità estrema, e senza quel poco, che haueuo riseruato per la mia Vecchiaia alla Patria, per causa, non dico già della prontezza del mio obedire gl’altrui sourani comandi ; ma per i miei peccati chiedo pietà, e sollieuo, quale spero dalla generosa benignità di un tanto Principe, per mezzo dell’efficacissimi offizii della Paternità Sua molto Reuerenda. […] Il 25 febbraio dell’ '87 manda al Duca i suoi devoti mirallegri per la favorevole impressione da lui lasciata alla Corte e in tutta Napoli, e il primo di marzo il ben tornato a Modena, raccomandandoglisi vivamente per ottenere a un congiunto dottore la provvista d’un governo, per la quale ebbe a scrivere parecchie lettere.
Primo attore e prima attrice della Compagnia accademica-toscana addetta al regio teatro degl’Intrepidi di Firenze, si trovavano l’estate del 1790 a Livorno, ove dieder principio a un corso di recite con un prologo in versi (stampato in Siena dai torchi di Francesco Rossi), esaltante la città di Livorno e l’attore Giuseppe Fineschi, il quale avea, pare, lasciato il teatro, e al nome del quale è pubblicato per intero il prologo originalissimo, ricco d’interesse per la storia della scena italiana su ’l finire del passato secolo.
Lugo Olga, nata a Genova da famiglia borghese, e recatasi giovanetta a Milano, entrò in quella maggiore filodrammatica, e nell’ '80 esordì quale amorosa con Luciano Cuniberti, passando poi con lo stesso nel ruolo di prima attrice, al quale era più adatta, anche per la figura matronale, ond’era dotata.
Il nonno, orefice, non avuto in troppo odore di santità, dovette abbandonare Roma, sua patria, col figliuolo, giovanissimo, e rifugiarsi a Buje nell’ Istria, dove continuò a esercitar l’arte sua, e dove Augusto, era il nome del figlio, si unì con Antonietta Mazzari, istriana, in matrimonio, dal quale nacque il maggio del 1841 Florido Bertini. […] Licenziato dopo la presa di Capua, raggiunse ad Alessandria il padre (che sin dal ’50 era passato a seconde nozze), col quale fu scritturato dal conte Iacopo Billi di Fano pel teatro di Naum di Costantinopoli. […] Formò, l’anno dopo, società con la Boetti-Valvassura ; poi fu scritturato per l’ America del Sud, ove stette oltre due anni, da Adelaide Tessero, colla quale tornò in società, dopo aver passato tre anni in Compagnia di Vittorio Pieri. Formò nuova società con Ettore Paladini e Pietro Falconi per un triennio ; finito il quale, si unì alla Compagnia Talli-Carloni-Colonnello-Favi.
Destata poi l’invidia della prima donna della compagnia, artista provetta, ma già vecchia, non fu riconfermata dal Paga- nini, e tornò con Pietro Rossi, col quale a Livorno, a Parma, a Verona, s’ebbe i maggiori onori nelle cose studiate e improvvise. […] II), il quale, accennando al fatto che la Manzoni, da lui scritturata pel Sacchi, si sciolse poi dall’impegno, vinta dalle supplicazioni e dalle lagrime de' suoi compagni e delle sue compagne, che vedeansi alla rovina, abbandonati da lei, conchiude : Ella ha abbandonata in età giovanile la comica professione in cui si distingueva dalle altre attrici, per abilità, e per educazione, pochi anni dopo l’accennato accidente, e s’è ben meritata la fortuna che la pose in istato di poter fare un tal passo, per dedicarsi, com’ella fa con tutto lo spirito, a istillare in due suoi figliuoletti, le massime più austere della virtù sociale e spirituale. E l’altra non meno attendibile, sebbene il Bartoli non abbia troppe tenerezze per lui, di Antonio Piazza, il quale dopo di averla acerbamente giudicata nella Giulietta (1771), dicendo : …… ha una lettera di raccomandazione nel volto che dovunque presentasi non le manca mai un accoglimento umanissimo. […] In lei merita una gran lode il suo buon volere che fa tutti i sforzi possibili per renderla capace della sua professione, ma la meschina non è nata per la medesima…… le dedica poi, sei anni più tardi, Il Teatro, nel quale sono a profusione le lodi per l’incomparabile artista.
Trascrivo dal Bartoli : « Comico bolognese, il quale si esercita con dello spirito nella Maschera da Dottore. […] Condusse per qualche anno Compagnia, assumendo il ruolo di primo attore, nel quale, specie in varie commedie dell’Avelloni, riusci a meraviglia.
Abbandonò l’avvocatura, nella quale si distinse, dice il Bartoli, per un fino raziocinio, e si diede all’arte comica, nella quale riuscì egregiamente come innamorato per le commedie all’improvviso.
Era il primo innamorato di quella famosa Compagnia dei Comici Gelosi, che pose termine alla drammatica arte, oltre del quale non può varcare niuna moderna compagnia di comici (V. […] Bruni (V.), il quale dice nella introduzione alle Fatiche comiche (pag. 11-12), che il Valerini (V.)
E perchè tale divenisse, convenne immaginarsi una nuova specie di poesia rappresentativa, la quale avesse certe e proprie leggi che la rendessero in varie cose differente dalla tragedia, dalla pastorale e dalla commedia. […] Havvi in tutte le nazioni un linguaggio comune del quale si vale il Turco e il Francese, il Parto e il Romano, il Persiano e il Greco? […] Legge egli, per esempio, che l’ ambizioso e innamorato Aquilio, il quale usa ogni arte per rompere la corrispondenza di Sabina, al vedere che l’amor novello di Augusto e gli sdegni di Sabina combattono per lui, prevede la propria vittoria, ma si dispone ad attendere che si maturi, e ad usar tutta l’arte di un esperto schermidore, il quale esamina il nemico, frena l’ira ed aspetta il momento che lo renda vincitore. […] Sulzer, il quale rimproverò al Metastasio la puerilità dell’aria Saggio guerriero antico. […] Ma allora non meriteremo il rimprovero di Platone, il quale chiamò la musica stromentale un’ assurdità e un abuso della melodia?
Nato il 4 gennaio del 1864 a Bologna, abbandonò a vent’anni l’ufficio delle ipoteche, per entrare in Compagnia di Cesare Rossi, nella quale esordì a Roma come generico. […] Assai probabilmente abbandonerà presto la prosa per darsi all’arte lirica, nella quale ha già dato frequenti prove di buona riuscita.
Lasciato per vicende politiche l’impiego, studiò musica sotto il maestro Pacini, suo cugino ; ma non lungo tempo : chè un secreto malore gli tolse la voce, obbligandolo ad abbracciar l’arte comica, nella quale riuscì non ispregievole attore. Esordì nella Compagnia di Angelo Canova ; fu colla moglie, Maria Pompili, divenuta comica anch’ essa, e con un figliuoletto, Luigi, in quelle di Carlo Mancini, di Giuseppe Colombo, e di Francesco Lombardi, con cui fece quasi tutto il giro della Sicilia, nella quale poi, a Noto, morì l’anno 1846.
Divenuta celebre una certa canzonetta, che cominciava gnora luna, compose una commedia intitolata Lo sposalizio della signora Luna, alla quale accorreva il pubblico in folla, e nella quale egli rappresentava una parte di ebreo a meraviglia.
Comincian notizie precise di lui dal 1817, in cui lo vediamo secondo caratterista applaudito della Compagnia Rafstopulo, nella quale egli stette quattr'anni, e della quale era primo Francesco Pieri, ch'egli imitava nel gesto e nella voce.
Di lui Corrado Ricci (Teatri di Bologna) riferisce una lettera del 1613, con la quale domanda privilegio particolare che nissun possa dispensare un secreto di un olio da lui chiamato il suo Balsamo. […] rie loro Iosepho Scarpeta già comico, il quale fu inventore di dare la elemosina a' lochi pii delli denari della Comedia soto il Governo della felice memoria dell’Ill.
E si vuole accadesse poi una lite, che minacciava di doventar sanguinosa e che a stento potè comporre il Dondini, fra lui e il piccolo collega Napoleone Masi, pregiato brillante oggi, il quale voleva a ogni costo persuaderlo che quelle dimostrazioni non eran per lui ! […] Immaginatevi da quale specie di pubblico era frequentato ! […] Mortogli il padre, il Benini entrò nella Compagnia dialettale di Giacinto Gallina, il gentile continuator di Goldoni, nella quale si trova tuttavia, cavallo da sella e da tiro, artista generico per eccellenza, ugualmente egregio nelle parti di amoroso e di caratterista, di brillante e di promiscuo, e qual si conviene apprezzato e applaudito da ogni pubblico d’Italia.
Rimasto orfano del padre, si trovò conduttore a sedici anni di una bottega di parrucchiere, la sola rimasta di tante possedute dal padre, colla quale era di sostentamento alla madre e a due fratelli minori. […] Scritturato il '67 con Alamanno Morelli, fu con lui Caratterista fino al '79, per passare poi nella nuova Compagnia Marini e Ciotti, dalla quale uscì per recarsi con Emanuel a' Fiorentini di Napoli. Fu poi con Giacinta Pezzana, col Bellotti (Compagnia n. 2), e finalmente ancora con Virginia Marini, per un triennio, dopo il quale (carnevale dell’ '83) si recò a Firenze, dove morì il 23 giugno dello stesso anno.
A tredici anni abbandonò Roma con una compagnia di attori, e l’autunno del 1739 fece la sua prima comparsa a Venezia, ove agiva la Compagnia di ballerini da corda e comici insieme, diretta da Gasparo Raffi, dal quale fu scritturato, e del quale, divenuto poi direttore della Compagnia, domandò in moglie ufficialmente, il 15 gennaio 1740, la figlia Angela, Teodora, Giovanna, lucchese, di circa diciassette anni, che trovavasi da pochi mesi a Venezia. […] Il 10 marzo era stata firmata fra l’autore e il capocomico la scrittura, in forza della quale doveva quegli scrivere otto commedie all’anno, e averne in compenso dal Medebach 450 ducati, con obbligo di seguir la Compagnia anche nelle città di terraferma. […] Ricorse allora il Medebach all’ opera dell’ Abate Pietro Chiari, il quale, se ben per nulla comparabile al Goldoni, ne fu tuttavia un formidabile antagonista. […] Passò poi, o meglio, tornò al Sant’Angelo, partitosene il Lapy, e con miglior fortuna ; non tale però da non costringerlo il 1780 ad abbandonar quella Venezia, per la quale avea così indefessamente e onestamente lavorato, e cercar altrove con una Compagnia sociale, un qualche miglioramento alla sua condizione, divenuta omai delle più misere.
Figlio del precedente, nato a Modena verso il 1675, esordì quale Innamorato nella Compagnia della Diana, moglie di Giovanni Battista Costantini, al servizio di quel Duca, diretta sotto il nome di Federico, che mutò poi in quello di Lelio, sembrato alla direttrice più teatrale ; e diede subito prova di gran valore. […] E questo mi par provi in quale stima fosse tenuto da S. […] Il 20, fu pubblicato un ordine del Re, col quale la Compagnia Italiana era ufficialmente stabilita ; e lo stesso giorno si recitò la commedia a soggetto Arlecchino buffone di Corte, che destò vero fanatismo, a segno che le Dame si credettero in dovere di studiar l’italiano ; coloro che l’insegnavano, diventaron di moda, ed era di somma eleganza averne la sera uno in palco, il quale spiegasse il lavoro. […] 2° I Comici, augurandosi di servir Sua Maestà in pace e con buona fama, dimandano che in nessun tempo sien ricevuti nella Compagnia della famiglia dei Costantini, per la quale, tutti sanno che i Comici italiani lor predecessori, vennero in disgrazia della Corte. […] Ognuno doveva pensare al proprio vestiario, eccettuato Fabio Sticotti, marito di Orsola Astori, la cantatrice, al quale eran forniti gli abiti dalla Compagnia, e da essa poi conservati insieme agli altri che le appartenevano, come di comparse, ecc.
Quindi s’introdusse nell’armonia un bello puramente di convenzione, un gusto arbitrario, il quale consisteva nel rivolgere verso ciò ch’era stravagante e artifizioso l’attenzione, che dovea unicamente prestarsi a ciò che è semplice e naturale. [8] Da che crebbe e si perfezionò il contrappunto formando un’arte di per se, i contrappuntisti presero ferma opinione che le parole e la grazia nel profferirle non entrassero per niente nella natura della musica, la quale secondo loro consisteva nell’armonia complicatissima. […] [24] Per soddisfar appieno la curiosità del lettore aggiungiamo qualche cosa intorno alla musica, i progressi della quale debbono osservarsi unitamente a quelli della poesia, ove si ragiona del melodramma. […] L’autore fu un modenese che fece la musica e la poesia, chiamato Orazio Vecchi, il quale non si dee confondere con Orfeo Vecchi, musico e maestro di Cappella nel medesimo secolo. […] Ma siccome l’anima non è fatta soltanto per sentire, ma anche per pensare, e che l’atto di pensare, apporta seco deduzione degli effetti da una tal causa, o cognizione riflessa della convenienza dei mezzi con un tal fine; così l’unità, la quale, presentandoci d’un colpo occhio nell’oggetto tutte le sue proprietà e relazioni, ci fa vedere più presto siffatta diduzione o convenienza, deve per conseguenza piacere all’anima unitamente alla varietà, la quale nelle diverse sensazioni che le procura, le somministra la materia su cui esercitare la sua facoltà pensatrice o comparativa.
Bazzigotti Vincenzo, bolognese, figlio di onesti negozianti, abbandonò la casa per darsi all’arte del comico, nella quale riuscì mediocremente come innamorato, e passabilmente come brillante. […] Tornato poi in Lombardia, condusse compagnia da sè, della quale, secondo lo spoglio di A.
Fu con la Ristori, con la Robotti, con la Cazzola, con Pezzana, col Moro-Lin, (col quale stette sei anni, caratterista, e col quale iniziò la sua nuova carriera di attore dialettale), con Gallina e con Corazza.
Quivi l’incalzar della miseria e della fame lo indussero a tentare, indarno, di trarre qualche profitto da' suoi studi di chirurgia ; e, per sollecitudine di un amico fiorentino, tornò in patria, trattato col maggior de' rigori dal padre, che mal pativa l’animo ribelle di lui, e sopr' a tutto le sue inclinazioni all’arte del teatro, la quale soleva essere guardata allora dalla gente austera, come quasi disonorante. […] Le cronache non ci dicono quale essa si fosse, ma non è dubbio che la prova riuscisse eccellente, se l’anno dopo lo vediam generico della rinomata Compagnia Consoli e Zuccato, di cui era primo attore Gio. […] Passò il 1806 in Compagnia del caratterista Andrea Bianchi, della quale era primo attore il gran De Marini, che, udito il giovine artista, e capite subito le sue chiare attitudini alla scena, lo consigliò ad assumer le parti del capocomico, il quale annuì di buon grado a esser da lui sostituito, facendolo esordire il carnovale del 1807 al San Benedetto di Venezia, dove il Vestri, nel nuovo ruolo si acquistò la stima e la benevolenza ë l’amore di ogni classe di pubblico. Da quella del Bianchi passò il 1809, socio, nella Compagnia del Dorati, e da questa il 1812, scritturato, in quella del Blanes, per formar poscia il 1816 un’ottima Compagnia assieme ad Angelo Venier, della quale era prima attrice Carolina Internari, fiorente di giovinezza e di gloria, e colla quale andò il '18 al Teatro Valle di Roma, scritturato per un triennio e per tre stagioni (primavera, autunno e carnovale) dal Duca Torlonia con 12,000 scudi romani ogni anno, destandovi il più schietto e vivo entusiasmo, giacchè allora, ad allargar la cerchia del suo repertorio, e ad acquistar nova gloria al suo nome, si diede alla interpetrazione e rappresentazione di quei caratteri così detti promiscui, che lo fecero in breve il signore assoluto della scena. […] Ma ricorsa all’allestimento di un nuovo lavoro spettacoloso : Vita, delitti e morte del celebre assassino Giuseppe Mastrilli, vinse la curiosità del pubblico, il quale fu tanto colpito dalla novità dell’opera, e sopr'a tutto dal valore artistico del Gallina, che ne sosteneva il protagonista, che per ben venti sere affollò il teatro, lasciando deserto il San Benedetto.
Esordì al Teatro Re di Milano, come prima attrice giovine, nel 1854, all’età di 17 anni, in Compagnia Robotti-Vestri, della quale era primo attor giovine l’Aliprandi, che divenne poi suo marito. Nel ’57 entrò con lui in Compagnia di Cesare Dondini nella quale erano Tommaso Salvini, Clementina Cazzola, Lorenzo Piccinini, Achille ed Ettore Dondini, ecc.
L’abbiam visto per le parti di Pantalone in Compagnia del Capitan Fiala, col quale e col Dottor Milanta, col Marchi e col Narici, firmò da Lodi una supplica al Duca di Modena per recarsi a Pavia, dove avevan preso impegno di recitare l’inverno del 1687, piuttostochè a Vicenza. Il 20 luglio 1691, col mezzo di Dario Fontanelli, il Gabrielli si rivolge al Duca, a disposizion del quale era stato fermato, per avere un qualche solieuo in souuenimento di sua persona, che si ritroua in bisogno grande ; nella supplica è chiamato da esso Fontanelli famoso Pantalone.
Passò con Giovanni Simoni e Angiola Dotti nel 1768 a Vienna, ove fu molto applaudito, e formò poi società per lungo tempo con Pietro Ferrari, sino al 1780, nel quale anno cominciò a condurre compagnia da sè con buona fortuna. Viveva ancora il 1781 insieme alla moglie Teresa, la quale, non ostante l’ avanzar dell’ età, dotata di svelta ed elegante persona, di spirito pronto e vivace, recitava ancora egregiamente le parti di serva, specialmente in scene improvvise.
Moglie del precedente, e figlia di un bravo Arlecchino, nipote probabilmente di Felice Sacchi, detto Sacchetto, nata nell’anno 1814, si scritturò, rimasta orfana del padre, come servetta, il 1830 nella Compagnia Bon, Romagnoli e Berlaffa, nella quale, sotto gl’insegnamenti del Bon, celebre attore e autore, divenne ben presto ottima nel suo ruolo, rappresentando per ben ventidue sere al teatro di S. […] Passò il '32 prima donna giovine con Romualdo Mascherpa, tornando poi subito servetta in Compagnia di Luigia Petrelli in cui stette sei anni dal '33 al '38, e in cui sposò l’attore Paladini, col quale si fece poi capocomica, dovunque ammiratissima.
Il raccoglitore di Lucca lo dice in una nota ms. attore passabile ; e ci dà il repertorio della Compagnia, il quale era a fortissime tinte, e del quale facean più spesso le spese La figlia carceriera del padre, Il processo Fualdes, Bianca e Fernando, Le avventure di Mastrilli, ecc.
Moglie del precedente, nata Trabalza a Roma il 1836, apparve sulle pubbliche scene come una meteora, dopo di avere appartenuto, acclamatissima, alle più chiare e signorili filodrammatiche della città, fra cui quella presieduta dal Duca Grazioli, nella quale si meritò l’onore dell’effigie, e busti e poesie. In arte non recitò che un anno, dopo il quale, benchè favorevolmente accolta, si restituì a Roma, abbandonata dal marito, dove continuò a recitare in Società private, alternando le sceniche rappresentazioni con declamazioni dantesche a cui dedicò studi speciali, e dov'è anche oggi, maestra di recitazione.
Non è documento, per altro, il quale dica fino a che anno il Barese abbia recitato da Pulcinella alla Cantina ; tornò egli a far parte di quella Compagnia, rimpatriato appena da Roma ? Dal 1746 — epoca nella quale il Barese lascia Napoli — al 1772 — in cui vi riappare al Nuovo — son di mezzo ventisei anni. […] Carlino, nella quale Michele Tomeo, con parole garbate, tirava i gonzi i quali stavano annusando i manifesti del S. […] Al proposito delle due Compagnie che recitavano alla Cantina e al Giardiniello, il Croce riferisce un brano dell’ Uditor dell’esercito (19 agosto 1740), dal quale sappiamo che quelle erano in estremo miserabili, e facevano tal vile professione solamente per vivere, non lucrandosi se non poche grane per ciascheduno il giorno, li quali, qualora li mancavano, si riducevano in una strettezza, che faceva compassione.
Fece per volontà del padre i primi studj classici, e si dedicò alcun tempo al violino, pel quale mostrava singolari attitudini ; ma poi, chiamato alla scena, abbandonò tutto, dopo la morte del padre, per entrare in una di quelle meschine compagnie che andavan guitteggiando di borgata in borgata. […] Entrò a diciotto anni in Compagnia di Giacomo Modena, di cui faceva parte anche il figliuolo Gustavo, facendosi notar subito per la recitazione spontanea di alcune particine in commedie di Goldoni, Zelinda e Lindoro, Il Medico olandese, I quattro Rusteghi, della quale specialmente il personaggio di Sior Filipetto s’ebbe in lui uno de' più ingegnosi e brillanti interpreti, e per la quale la prima attrice Carlotta Polvaro gli preconizzò splendido avvenire. […] Entrò il '42 amoroso nella Compagnia Favre, passando l’anno dopo primo attore in quella Bergamaschi e Cappelli, nella quale restò sino al '45 e recitò per la prima volta, primo in Italia, il Kean, la Signora di S.
Luigi XIV richiese al Duca di Modena il Riccoboni, il quale, colpito dalle parole cortesi di rammarico che il Duca gli volse nel licenziarlo per la Francia, rifiutò di recarvisi, qualunque fossero i patti offertigli. Secondo i Fratelli Parfait, seguiti poi dagli altri, la richiesta del Re fu causata forse dal fatto che poco piacque a Parigi il Pantalone (di cui s’ignora il nome), il quale andò a sostituir Turi, egregio artista (V.), morto il 1670…. […] Lo vediamo il '79, Pantalone a Londra, non sappiam se solo o con la Compagnia, ma certo al servizio sempre di Don Alfonso,… come ci fa sapere la moglie Anastasia (probabilmente non comica), la quale, lontana dal marito, senza mezzi di sussistenza, e più con cinque creature da allevare, si raccomanda alla solita pietà e munificenza del Duca…. Delle cinque creature non abbiam notizia che di due : Luigi, Lelio, del quale s’ avrà da discorrer lungamente, e Bartolomeo, soldato di fortezza di Modena, che il giugno dell’ '83, provocato da altro soldato di fortezza, figlio di Carlo Curti della guardia del Duca, e seco lui costretto a battersi con la spada, lo distese morto, passandogli il fianco.
Antonio da Pistoia ancora scrisse due drammi ad uso di questo teatro149, pel quale altri celebri letterati furono eziandio impiegati nel tradurre alcune altre commedie di Plauto e di Terenzio150. […] Errico d’Aragona, marchese di Villena, ch’era una serenata, o favola allegorica, nella quale intervengono la giustizia, la pace, la verità, e la misericordia; e l’altro del poeta Giovanni de la Encina, che il conte de Uregnas fece rappresentare in casa sua, ospiziando il re Ferdinando che passava a Castiglia per isposar la regina Isabella. […] il Turco, nel quale il soldato viene in Norimberga a pacificare i cristiani, e un inviato del pontefice viene a participargli come egli ha commessione di caricarlo ben bene d’ogni sorta di villanie151; IV. […] In questo secolo ancora, e propriamente nel 1489 da Bergonzo Botta, gentiluomo tortonese, in data quella si magnifica festa nelle nozze d’Isabella d’Aragona, figlia di Alfonso duca di Calabria, con Giovanni Galeazzo duca di Milano, nella quale la poesia, la musica, la meccanica, e la danza spiegarono tutte le loro pompe. […] III cap. 3, il quale anche pruova con un epigramma di Lancino Corti, poeta di que’ tempi, che Lodovico Sforza fra le altre cose da lui oprate a pro delle lettere fece aprire in Milano, un magnifico teatro.
(Nel 1739 una Nicolina Bonanni era prima donna de’Fiorentini nella Compagnia di Domenico Di Fiore, il quale, caso strano, aveva l’anno dopo a prima donna nel Giardino fuori Porta Capuana, un’Agata Ciavarella : un Vittorio Bonanni fu celebre pulcinella morto circa il 1730). […] Nel 1740 – dice lo Ial – egli fu ricevuto come segretario, serbando la parte di Scapino : e l’ 8 maggio del 1754, tre anni dopo la morte della prima moglie, si unì in seconde nozze con Maria-Giacomina Commolet, figlia di un capo sarto, dalla quale ebbe due figli, e la quale morì il 30 luglio 1769.
Esordì in una Compagnia di niun valore, dalla quale dovè uscire per disperazione. […] Scritturatosi quale secondo amoroso, ebbe subito campo di mostrare le sue forti attitudini, non discompagnate da ottime qualità fisiche e da una bellissima voce. […] Passò poi con la Marta Coleoni assieme alla moglie Francesca (il nome di famiglia non giunse a noi) egregia servetta, e assai probabilmente la stessa giovinetta, per la quale egli s’era dato all’arte. […] Paga enorme a quel tempo, con la quale, ben nota lo scrivente, se ne sarebber tornati via con le borse piene. […] » Era una specie di attore-omnibus, di Giove onnipotente, il quale voleva torreggiar su tutti.
Forse ciò deriva dalla temperatura dolce e fervida insieme dell’aria, che domina generalmente in questo paese, la quale, rendendo più ben cotti, più aridi, e conseguentemente più leggieri i legni, e più elastiche le corde, è la cagione altresì che pesino meno e che più acutamente risuonino. […] Infatti come sarebbe possibile, anzi a che gioverebbe la perfezione delle altre parti costitutive della musica, se quella, cui tutte debbono riferirsi, e dalla quale ogniuna principalmente dipende, restasse abbandonata alla ignoranza e al pessimo gusto? L’arte del maestro e del sonatore altro non è infine che un linguaggio imperfetto, col quale non s’arriva a esprimere se non troppo rimotamente ciò che si vuole, laddove il canto è la più compita e più interessante imitazione che le belle arti possano proporsi per fine. […] Antesignano di essa divenne il celebre Antonio Bernacchi, il quale, comechè avesse fievole voce e disadorna, tanto ei seppe fare a forza di studio, che attissima la rese pel canto, nel quale maravigliosamente poi si distinse pel facile spianamento, per l’arte di graduar il fiato, per la leggiadria degli ornamenti, e per la esatta maniera di eseguir le cadenze. […] [24] Se non che non si dee credere che il buon gusto musicale quale è stato finora descritto, fosse così universale quanto a prima vista apparisce.
.), seppe serbare coll’ arte sua la bella rinomanza nella quale era salita come prima donna. Dovendosi rappresentare a Milano la Rosmunda dell’Alfieri, ella contese alla celebre Pellandi la parte di protagonista, la quale fu dal Camerino di Milano, giudice inappellabile in siffatte contese di artisti, a lei assegnata, perchè parte di matrigna, decretando alla Pellandi quella di Romilda.
Carini Luigi, nato a Cremona il 21 dicembre 1869, lasciò a mezzo gli studi tecnici per entrare in arte, nella quale, dopo ottime prove nella Filodrammatica cremonese sotto la direzione dell’intelligente ex-comico Guido Guidi, esordì qual secondo amoroso e generico giovine in Compagnia di Giuseppe Pietriboni, al Valle di Roma, la quaresima dell’’88. […] Nella quaresima del ’94 entrò collo stesso ruolo in quella di Andò e Leigheb per un triennio ; terminato il quale egli assumerà il ruolo di primo attore assoluto nella nuova Compagnia di Leigheb e Reiter.
Un’altra tragedia latina sulla Passione di Cristo compose in questo secolo Berardino Campagna dedicata dall’autore al pontefice Sisto IV, della quale fa menzione il lodato Maffei nella Verona illustrata. […] Giovanni Sulpizio da Veroli, il quale sotto il pontificato d’Innocenzo VIII teneva scuola dì belle lettere in Roma, vi fece rappresentare un’altra tragedia. […] a Venne poi l’Orfeo del Poliziano, nel quale dee riconoscersi la prima pastorale tragica fra noi composta in volgare con qualche idea di regolare azione. […] S’intitola la prima Tragedia del maximo et dannoso errore in che è avviluppato il fragil et volubil sexo femineo, la quale nella Drammaturgia dell’Allacci s’intitola Errore femineo. […] II parte I citata anche dal Tiraboschi il quale di altre farse sacre fa pur menzione nella pag. 183 nella parte II del t.
Lei, sposa dal ’92 a Giuseppe Masi, è attrice corretta e gentile ; lui, attore moderno, studioso, educato alla scuola dello Zaccone, col quale fu per alcun tempo, è oggi uno de’ migliori amorosi del nostro teatro di prosa. […] Una delle ultime creazioni di Carlino fu la parte di marito nel Bon Ménage, altra commedia in un atto di Florian, rappresentata il 17 gennaio 1783, per la quale si è già riportato il giudizio del D’Origny. […] Dalla quale sconfinata bontà anche si volle dedurre, e credo calunniosamente, ch’egli fosse marito compiacente a segno da tollerar certo intrigo di Madama Carlin con l’Ambasciatore d’Olanda. […] E all’ammirazione del grande attore inglese aggiungiamo quella di Carlo Goldoni, il quale, come abbiam visto, aveva con una sua commedia, offerto modo a Carlino di mostrar tutta la sua valentìa. […] Scapino vorrebbe portarlo in qualche luogo ove fosse sicuro ; ma s’imbatte nuovamente in Pantalone, il quale va a consegnarlo colle sue mani ad Arlecchino.
» Ludovico Gonzaga, vescovo eletto di Mantova, zio del Marchese, e quanto lui appassionatissimo pel teatro, desiderando nel 1488 celebrare il Corpus Domini con una rappresentazione, si rivolgeva il 28 maggio a Cristoforo Arrivabene per avere Zaffarano, il quale, anche se non voleva lui « fare demonstratione sive representation veruna nel corpo di Christo, doveva almeno rinvenire ale, cavigliare, barbe, diademe et lo ferro che tene Christo in alto, più le parole, qual dicono li angeli et propheti et si pur non potesse servirne delle robe, saltem ne favorisca delle parole ; » e in una prima festa drammatica data nel 1501, nel suo reggimento di Gazzuolo, si valse dell’Albergati per gli addobbi teatrali. Nell’aprile del 1500, lo troviam di nuovo a Bologna presso il Bentivoglio, il quale scriveva che « la sua fama si fa immortale per tutta Italia. […] Gonzaga, illustrissima et eccellentissima Madonna sua patrona osservandissima, per darle ragguaglio di una rappresentazione allegorica di Serafino dell’Aquila, nella quale prese parte egli stesso, cantando alcune terzine, assai lascivamente vestito, como a la Voluttà si convene, con il Leuto in brazzo.
Pippo Bergonzoni, allettato dai grandi successi che ottenevan dovunque le fiabe musicate dallo Scalvini, determinò di darsi a quel genere, con nuovi intendimenti d’arte, trascegliendo le migliori operette del repertorio forestiero, e formando in società con Achille Lupi una compagnia, della quale fu direttore appassionato e intelligentissimo, e dalla quale s’ebbe ne’ primi tempi lodi e guadagni ! Moltiplicatesi le compagnie congeneri, e non trovando più il Bergonzoni in Italia quei vantaggi che avea ragione di ripromettersi, risolse di recarsi nell’America meridionale, ove le sorti furono assai prospere ; per modo che nell’ 89 tornò in Italia all’intento di rifare, migliorandola in ogni sua parte, la compagnia, in cui scritturò tutto il buono che già componeva quella del Tomba, col quale doveva poi tornare in America.
Entrata l’ ’86 in arte come amorosa, fu scritturata l’ ’87 da Enrico Dominici come prima attrice giovine, per passar poi nello stesso ruolo con Giovanni Emanuel, col quale stette il triennio ’88-’89-’90, e al quale, maestro de’più egregi, deve gran parte del suo valore artistico. Divenuta sposa di Ernesto Della Guardia, attore brillante di buon nome, esordì qual prima attrice assoluta in America ; e tale si trova ora, dopo egregie prove e là e qui, in società con l’artista De Sanctis, col quale andrà l’anno venturo a far parte della compagnia stabile della città di Torino.
Esordì generico giovine in Compagnia di Alberti e Colomberti a' Fiorentini, e fu sì rapido il suo progredir nell’arte, mercè una naturale attitudine, ma più ancora lo studio indefesso, che nel '61 si recò a Brescia a raggiungervi la Compagnia Morelli, della quale era il nuovo primo attor giovine assoluto. […] Fu a codest’epoca che Luigi Monti mise in iscena l’Amleto, nel quale si rivelò il più intelligente de'nostri artisti. […] Fu il '49 colla società Colomberti-Internari, nella quale si unì in matrimonio colla prima amorosa Cesira Longhi.
Dopo un triennio, formò Compagnia col caratterista Astolfi, della quale eran primo attore Giuseppe Peracchi, e brillante Salvator Rosa. […] Col Majeroni e il Taddei formò poscia una Compagnia, colla quale girò l’Italia, acclamatissima sempre. […] A proposito del suo dare intera l’anima viva ed accesa in ogni parte di passione, il Costetti racconta che avendo ella baciato veramente Paolo nella famosa scena d’amore della Francesca di Pellico a' Fiorentini di Napoli, intervenne il fisco, il quale inflisse all’artista scandalosa la multa di dodici ducati.
Guagni Giuseppe, nacque a Firenze il 1802, ed esordì nella Compagnia sociale di Gaetano Colomberti e Giacomo Dorati il 1826, col ruolo di brillante, nel quale riuscì egregiamente. […] Tornò il ’43-’ 44 con Domeniconi ; e morto Luigi Gattinelli, mentre egli era in riposo, andò a sostituirlo in Compagnia di Romualdo Mascherpa, nella quale stette fino alla morte di lui, avvenuta a Torino nel ’48.
Pieri-Alberti Luigia, sorella minore della precedente, sostenne il ruolo di servetta fino alla morte di suo padre, poi di amorosa nella Società Tessari, Prepiani e Visetti de' Fiorentini di Napoli, della quale, in breve, diventò la prima attrice giovine applauditissima. […] Succedette alla Tessari Maddalena Pelzet, la quale dopo un solo anno dovette andarsene ; e la Pieri tra pel merito reale, e per l’ intrigo del marito, Adamo Alberti, capo socio della Compagnia, diventò la prima donna assoluta dei Fiorentini, fino al '54, in cui fu sostituita da Fanny Sadowski, assumendo essa il ruolo di madre nobile, che sostenne per varj anni, finchè, stanca dell 'arte, il 10 ottobre del 1885 si ritirò dalla scena.
Figlio di Dominique, del quale prese il nome sulla scena, nacque a Parigi il 20 settembre 1680. […] Entrò poi all’Opéra Comique quale Pierrot ; e nel 1717 alla Comedia Italiana, in quella Compagnia formata l’anno prima da Luigi Andrea Riccoboni, nella quale fu accolto per espresso volere del Duca d’Orléans, il Reggente, che amava molto Dominique. […] Certo è che il Biancolelli visse maritalmente con una delle sue compagne, Maria Teresa di Lalande, dalla quale ebbe una figlia nel 1723.
Il De Fornaris vi pubblicò, coi tipi di Abel Angelier, l’Angelica, commedia in cinque atti in prosa, dedicata all’Illustrissimo et Eccellentissimo Signore il Signor Duca di Giojosa, della quale ecco l’istoria che traggo dalla lettera dedicatoria. ….. essendo in Venetia gli anni a dietro mi fu da un gentil-homo Napolitano virtuosissimo spirto, donata questa comedia, la quale essendo da me vista, et in qualche parte imbellita, o fiorita, per quanto con la comica prattica sapevo, introducendoli il Capitano Coccodrillo con alcune sue Rodomontate, mi disposi con questa, dico, comparirle davanti. […] La quale, secondo potei conoscere, non fu dispiaciuta ; non dimeno dovendo comparire avanti de un Signore di si alto merito come V. […] Notevole è anche la scena tra il Capitano e Mastica, il quale si profonde in adulazioni di ogni maniera per ottener finalmente un buon pasto.
In mezzo ai cantici del coro e alle danze giulive esce Cassandra, verace sempre e non creduta mai, la quale profetizza come quel giorno è l’ultimo giorno di Troia, e consiglia di gittare in fondo del mare il cavallo: … timeo Danaos et dona ferentes. […] Priamo prega gli dei tutelari di Troia d’inspirargli quello che sia per lo migliore; e intanto sacrificano al Xanto e alle Ninfe dell’Ida, invitandole a scendere dalla montagna per unirsi con Venere, la quale fra giubilo di suoni e cantici è per guidare le festevoli sue danze là dove prima, tra gli urli e i gridi, Marte guidava la fiera sua tresca. […] L’Atto terzo incomincia da Enea, il quale in sulle prime vigilie della notte destato dalla terribile visione che ha avuto di Ettore, viene alla tomba di lui, vi reca doni ed offerte, commisera il destino della patria, attesta gli dei di aver fatto quanto era in lui perché non venisse condotto dentro di Troia il cavallo fatale, e domanda agli medesimi dei la forza di cui era dotato Ettore, quando arse le navi dei Greci, perché la Patria, se ha da cadere, non cada invendicata. […] La scena cangia, rappresentando una piazza dinanzi al tempio di Pallade, nella quale è collocato il cavallo. […] Calcante con brevi parole gli anima all’eccidio della città nemica, e sotto voce intuona un cantico al quale pur sotto voce rispondono i Greci.
Nata il 1826 a Fano da Benedetto, artista drammatico e conduttore di compagnie meschinissime, crebbe in ristrettezze senza nome, vagendo, si può dire, in fasce parti di prima donna, come la Cesira nell’Aristodemo del Monti che recitò bambina a Toscolano con dilettanti diretti dal padre, il quale riceveva in compenso fuoco ed alloggio per la famiglia : il vitto, allora, fu sempre per essa una specie d’incognita. Trovato modo di spingersi fino a Milano, la Letizia potè entrare in Compagnia di Giuseppe Moncalvo, nella quale, se accrebbe di molto le sue doti artistiche, non migliorò per niente la sua posizione materiale, dacchè Moncalvo non mai ricompensò la sedicenne artista fuorchè di savj e utili insegnamenti, e se l’arte era allettatrice potente, le esigenze dello stomaco facendosi di giorno in giorno più imperiose, ebbero il sopravvento. Capitato allora a Milano Romualdo Mascherpa con la compagnia della quale era amoroso il Landozzi, e sentita la Fusarini, le propose di andar subito con lui prima attrice. […] Gustavo Naiper, il figliastro di Maria Luigia, che la conobbe e ammirò e protesse a Milano, a’primi passi gloriosi dell’arte sua, la presentò alla sorella San Vitale, col mezzo della quale fu invitata a colazione e protetta poi e amata dalla Duchessa. […] Lebert » Luigi Bottazzi Enrico Debrì » Gaetano Benini Gustavo Chateni » Cesare Asti Deschamp » Luigi Zamarini Un servo » Cesare Angelini Indi avrà luogo la tanto graziosa Commedia d’un Atto tutta da ridere intitolata : AMORE E MISTERO nella quale agiranno la Signora Letizia Fusarini, i Sigg.
Toltosi dalla società il Tessari, colpito d’apoplessia il Visetti, l’impresa venne assunta da Prepiani, Monti e Alberti, assumendo il nostro artista per la prima volta il ruolo di primo attore assoluto, che sostenne con clamorosi successi fino al '49, nel quale anno fu colto da alienazione mentale, che lo condusse in breve tempo a morte. […] Regolari ed espressivi furono i lineamenti del suo volto, vivi gli occhi e nerissimi, proporzionate ed armoniche le forme della persona, e la sua voce, la quale nella conversazione comune era d’un metallo piuttosto spiacevole, nei momenti poi di passione e di concitamento di affetti acquistava tanta drammatica energia, metteva tali suoni, da scuotere prepotentemente le fibre dei suoi uditori. – Quando un carattere, un personaggio, lo avevano commosso ed interessato, Monti non temeva rivali nell’ immaginarselo col pensiero e nel dargli una forma sulla scena. […] Vaccaro Matonti scriveva : ……all’ effetto ed al successo gran parte vi ha tenuta Monti, del quale artista sarebbe ingiustizia non promulgare soprattutto il suo ardente zelo nelle parti che esprimono affetti e sentimenti di forte esaltamento ; egli non simula per arte il carattere che sostiene, ma se ne infiamma tanto che va a discapito della propria salute : bel sacrifizio in vero che egli tributa all’ arte sua, e per la quale si fa tanto pregiare ed amare da tutti. […] Di tal fatto si mandò avviso al cognato Alberti, il quale si recò colà in compagnia di un medico amico, e lo fece subito rivestire dicendogli che il Re lo attendeva al R.
) nato in Aveiro nel Portogallo, il quale fu discepolo del Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e dopo lesse ancora egli in Salamanca per lo spazio di venti anni in compagnia del Nebrissense, e passato in Portogallo fu Maestro de’ due Principi, e morì decrepito in sua casa nel 1530 con lasciar varie opere. […] Gimma nella sua Italia letterata pag. 479) da Giambatista della Porta fertile ed elevato ingegno, pregio delle scienze e delle arti, onore dell’Italia non che del Regno, pure fassene quì menzione, perchè parecchi individui di essa col loro capo vissero nel XVII, e furono aggregati nell’Accademia de’ Lincei instituita in Roma l’ anno 1603 dallo scienziato principe Federigo Cesi Duca di Acquasparta, il quale con raro immortale esempio (secondo l’eruditissimo ab. […] Per simigliante artifizio altrettanta lode merita il Lasca, il quale nella Gelosia commedia introdusse per intermedj, o per cori, satiri, streghe, folletti, e sogni. […] “Wycherley (dice il sig. di Voltaire) ha tirato dalla Scuola delle Donne di Moliere questa singolare e troppo ardita commedia, la quale, se volete (ei soggiugne) non è scuola di buoni costumi, ma sì bene dello spirito e del buon comico”. […] Dovunque oggi splenda ancora qualche favilla dello spirante patriotismo, sarà sempre cara la memoria di un letterato, il quale ha sostenuto diciotto anni in Parigi ed il resto della vita in Italia l’onor della lingua e della letteratura Italiana.
Atanasio Zanoni, il quale è intitolato : Discorsi da commedia di me Benedetto Maffei detto il Furioso, allievo della signora Flaminia Comica detta Orsola Cecchini. » A corredo poi dell’articolo, pubblica tre sonetti, uno di Gio. […] r Prencipe di Modona tratta da quell’Archivio di Stato, e concernente la prigionia del fratello Nicola, di cui s’è già parlato al nome di Pier Maria, e pel quale il Martinelli, anche nel 1620, invocava dal Duca di Mantova aiuto e protezione, pregandolo di mandar subito Nicola a Mantova et farlo retenire sin all’arrivo de’comici in Torino, perchè egli aveva minacciato di ammazzare Aurelio e queli, come s’è già detto, che aveva fatto dispiacere a Frittellino. […] S. alla quale faccio humillissima riuerenza. […] Il libretto consta di 72 pagine ; e contiene, oltre a una lettera dedicatoria dell’Alzato al Brivio, e ad un sonetto allo stesso del signor Antonio Biagnaggoni, 109 poesie (madrigali, canzoni, sonetti) tutte — dice l’Alzato — compositioni di honorati Cavalieri, & d’altri virtuosi spiriti concorsi alla lode di meritevole soggetto, quale è appunto la Sig. Orsola ; della quale è pure il seguente madrigale alla città di Torino.
Quanto alle commedie si leggeranno sempre con piacere quelle d’Ottavio d’Isa, degli accademici di Siena, del Malavolti, dell’Altani, la Schiava, l’Ortensio, e i Due Vecchi di don Filippo Gaetano duca di Sermoneta, e l’Idropica del Guarini, gli Scambi del Bulgarini, il Geloso non Geloso di Brignole Sale, la Fiera commedia urbana del giovine Buonarroti, la quale può dirsi uno spettacolo di cinque commedie concatenate in venticinque atti, che si recitarono in Firenze in cinque giorni nel 1618, e la Tancia, semplice; ma graziosa commedia rusticale del medesimo, e la Rosa di Giulio Cesare Cortese, favola boschereccia, in cui si veggono le passioni delineate con somma verità, e delicatezza. […] Claudio Monteverde, il quale avea posta in musica l’Arianna del Rinuccini, divenuto maestro di cappella di San Marco, portò in Venezia questo spettacolo novello, dove fu sì bene accolto e sì pomposamente decorato. Tra Melodrammi che si fecero poi maggiormente ammirare ne’ teatri veneziani, fu quello intitolato la Divisione del Mondo, nel quale le decorazioni magnifiche e pompose chiamarono l’attenzione universale. […] La bella poesia che somministra alla buona musica il vero linguaggio delle passioni, col quale parlasi nel medesimo tempo al cuore e allo spirito, occupava l’ultimo luogo fra tante cose destinate unicamente a solleticare i sensi; e la fina rappresentazione che da essa ancor dipende, fin d’allora fu un oggetto o non veduto o disprezzato dagl’istrioni musici; Qual differenza, non dee immaginarti che si troverebbe da chi potesse paragonarle, tra la musica e la rappresentazione dell’opera moderna, in cui la verità é sì negletta dagli eutropi teatrali, e della tragedia ateniese, nella quale, secondo che ben si esprime ateneo, trasportato da un divino entusiasmo rappresentava e cantava l’istesso Euripide! […] Merita però attenzione particolare il Giasone del Cicognini (pubblicato nel 1649) «il quale, come osserva il signor cavalier Planelli, cominciò a interrompere il grave recitativo con quelle anacreontiche stanze che si chiamano arie».
Innamoratosi dell’arte comica, abbandonò quella dello specchiaro, nella quale (V. […] Allora per compensare l’artista del fiasco, fu messo in iscena l’Uomo prudente, che ebbe un ottimo successo e pel quale fu il D’Arbes proclamato l’attore più perfetto - dice Goldoni – che fosse allora sul teatro. […] Mantener la quale lo inquietava assai meno della difficoltà di trovare un attore abile e piacevole quanto il perduto Pantalone. (Fu poi sostituito da Antonio Mattiuzzi vicentino, del quale discorreremo a suo tempo). […] Angelo, poi in quella di giro di Vincenzo Bugani, dalla quale entrò in quella della Maddalena Battaglia, nel 1776, allorchè le fu concesso il Teatro di S.
Fratello minore del precedente, nacque a Lugo il 1808, e si diede anch’egli all’arte del padre, nella quale riuscì ottimo caratterista. […] Dal 1830 al 1859 fu con le Compagnie di Mascherpa, Pelzet e Domeniconi, Taddei e Gattinelli, Costantini e Colombino, Livini, ancora Mascherpa, Ferri, Pisenti e Solmi, Giannuzzi, Mòzzi e Gattinelli, Vestri e Antinori, Tassani e Augusto Bertini, nella compagnia del quale morì, a Rovigno d’Istria, il 12 gennaio 1859, assistito amorosamente dai fratelli d’arte, e dal figlio Luigi.
Viveva ancora al tempo del Bartoli (1782), il quale ci fa sapere com’ egli a Malta scrivesse un Prologo in versi martelliani, « dove finse che i comici agitati da una burrasca si trovassero vicini a naufragare ; e che poi assistiti da Netunno (il quale lasciavali con questi due versi : restate dunque amici al puro aer sereno, che a riposar men torno ad anfitrite in seno), potessero felicemente in quell’ Isola approdare, e far servitù a quella Nazione, come di fatto poi fecero. »
Prende poi a cantar le parole colla nobil mimica esposta di sopra, e colla quale par che i cantanti vogliano prendersi a gabbo la sensatezza degli uditori; tanto essa è inverosimile, disanimata e ridicola. […] Io non posso trattenermi a dir tutto ciò che mi somministrerebbe un argomento così fecondo, il quale non potrebbe trattarsi a dovere senza lo scioglimento di molte questioni preliminari. […] Ma l’austera verità, alla quale fa d’uopo che un autore sacrifichi fino ai primi movimenti d’un cuor sensibile, mi trattiene dal farlo. […] Che talmente avvenisse presso ai Greci non cel lascia dubitare Aristotile, il quale facendo a se stesso ne’ suoi problemi (§ 19. […] I.) un suono di voce quale non si crederebbe che potesse sortire dai polmoni d’un uomo.
Ecco il salone riempirsi d’acqua in un subito a guisa di mare, pel quale il vascello lentamente inoltravasi, portando nella prora un ricchissimo trono preparato pei sovrani e gli altri principi della corte. […] Lo sfondo del teatro rappresentava una vastissima pianura, in mezzo alla quale si vedeva sospeso in aria un globo che avea la figura di mappamondo. […] Ella resiste, il filosofo insiste, per dimesticare il quale la cortegiana, che conosceva per isperienza tutto l’impero delle proprie attrattive, si squarcia i veli, e gli mostra il seno scoperto. […] [13] Se tal era il linguaggio riserbato ad un semi-deo, ognun prevede in quale stile si doveva far parlare gli uomini. […] Il piacere, che gustava il popolo nelle macchine e nelle decorazioni, faceva che si stimasse più un buon macchinista che un poeta o un musico: quindi mancò l’emulazione tra i professori, la quale non si riscalda, ove il pubblico grido non la risveglia.
Giovanni Sulpizio da Veroli, il quale sotto il pontificato d’Innocenzo VIII teneva scuola di belle lettere in Roma, vi fece rappresentare un’ altra tragedia. […] Una ne presentò al nominato Leonello succeduto al padre nel 1441, nella quale confabulavano le masserizie di cucina, secondo il medesimo Decembrio. […] Venne poi l’Orfeo del Poliziano, nel quale dee riconoscersi la prima pastorale tragica fra noi composta in volgare con qualche idea di regolata azione. […] Affò, o almeno prima del 1483, nel quale anno morì il Cardinale, come bene osserva il Tiraboschi. […] II, parte I citata dal Tiraboschi, il quale di altre farse sacre fa pur menzione nella p. 183 della parte II del t.
Vincenzo Bellagambi esordì nientemeno che a Borgo di Lucca, in Compagnia Majer la quale dovette fare una colletta con cui raccapezzar pochi soldi per potere abbandonare la piazza. Da quella del Majer passò poi nella Compagnia Fini, poi in quella Colapaoli, poi su su in Compagnia di maggior conto, sino a quella di Luigi Taddei, nella quale lo troviamo il 1836 per le parti di amoroso.
Fanatico dilettante, abbandonò la famiglia per darsi interamente all’arte, nella quale fece ottima prova. Entrò quale amoroso nella Compagnia Favre, una tra le ottime d’Italia ; e passò poi in quella di Gioacchino Andreani, il ’36, per le parti nobili ; e di Luigi Pezzana, il ’41.
Carlo Re di Napoli, il quale ebbe a dirgli un giorno : Voi siete un pulito Arlecchino. […] Desolato per tanta sciagura, il pover’uomo, il quale, sebbene scoperto il ladro, nulla o ben poco potè riavere, ridotto in vecchiaja, carico di figli, e per di più con un occhio perduto, si ritirò a Venezia ove morì nel 1757.
Filippo Foscari, dato un ultimo sguardo al Palazzo magnifico, dal quale, lui tuttavia padrone, Vittorio Emanuele assisteva alle Regate, domandò alla scena un qualche sollievo all’angoscia sua ; e l’arte lo accolse pietosa, e Filippo Foscari doventò di punto in bianco un buon mamo, sotto le spoglie di giacometto, la maschera inventata da Luigi Duse, poi un mediocre caratterista. […] Uno dei principali ornamenti della compagnia fu la Carletti, moglie di Prosperi, la quale cantava mirabilmente.
Nato a Pirano il 1830 da poveri genitori, esordì nel settembre del ’45 a Palmanova in Compagnia di Gustavo Modena, dalla quale poi, scioltasi alla fine di quell’anno comico, si formò quella Lombarda, in cui il Kodermann entrò a una lira austriaca al giorno, e in cui stette fino al ’56. […] Si scritturò poscia, caratterista assoluto, con Domeniconi, poi con Pieri, Peracchi, Vitaliani, la Pasquali, Ernesto Rossi, e Amato Lazzari, dopo il quale, a cinquant’anni, abbandonò l’arte per andare a stabilirsi a Milano, ove anch’oggi vive col modesto frutto del suo onorato lavoro.
Serenità humilissima supplico la di lei Clemenza in socorerre Angelo Antonio Muzzio, il quale per auer moglie e cinque figlioli et al presente maggiormente sfortunato per quello che sono certa cioè della moglie che mesi souo uiue inferma et essendo suddetto fori della Compagnia de' Comici di V. Serenità non puo più aggiutare la sua famiglia, la quale è in necesita grandissima, io mi spiace non potere solo che in cosa minima soleuarli : V.
Moglie del precedente, figliuola di saltimbanchi, che recitavano e ballavano sulla corda in baracche mobili di legno, preceduti e accompagnati da un suonatore di tromba, di gran cassa e di chitarra, fu con essi in Portogallo ; d’onde, restituita in patria, fu veduta e amata dal Pieri, il quale, avutala in moglie, la separò per sempre da' suoi congiunti. […] Cedè, il 1826, il ruolo di prima donna a sua figlia Amalia, passando essa a quello di madre nobile, sino al '34, anno della morte di Pieri, dopo il quale scritturò le figliuole Amalia e Luigia a' Fiorentini di Napoli, e il’35 andò a viver con esse fuor dal teatro.
Fu lungo tempo brillante, e beniamino de'Fiorentini di Napoli, capocomico Adamo Alberti, e tolse in moglie in quel torno l’attrice Pia Fabbri figlia dell’attore, poi professor di recitazione, Paolo ; morta la quale, passò a seconde nozze con Vittorina Checchi. […] Fu poi colla moglie in altre compagnie, e finalmente in quella di Romolo Lotti, colla quale si recò in America ove perdè la moglie, e d’onde non rimpatriò più. – Una sua sorella, Giulia, moglie di Leopoldo Orlandini, prima, poi di Giacomo Brizzi, ebbe dal suo primo marito i figliuoli Leo e Giulio, e fu con Ernesto Rossi dal 1863 al 1884 in qualità di seconda donna pregiata.
Belotti Amilcare (detto in arte Belottino), nacque a Bergamo da un negoziante di seta ; morto il quale, egli, poco esperto e poco incline alla mercatura, finì in pochissimo tempo quanto aveva ereditato. […] In grazia della comicità della persona (era piuttosto piccolo, avea le gambe formate ad arco e il viso di color terreo) potè recitare qualche parte di mammo (ingenuo, sciocco, da mammolo – fanciullo, bambino) nella quale, in quella di Filippetto dei Rusteghi specialmente, palesò nuove e maggiori attitudini alle parti comiche ; tanto che, scritturato da Luigi Domeniconi e Gaetano Coltellini pel 1843, finì coll’assumere il ruolo di brillante assoluto che mantenne per diciotto anni in compagnia del Domeniconi stesso, con piena soddisfazione del pubblico. […] Forse al Belottino poteva rimproverarsi una cotal mancanza di finezza nelle mezze tinte, mancanza derivata anche dal fisico volgare ; ma in compenso : quale esuberanza di vita ! […] In una scena nella quale sorprendeva una conversazione intima, disse ai due innamorati confusi : continuinino.
Con tenacia e audacia senza pari, egli affrontò nuovamente il giudizio del pubblico, il quale più tenace di lui ne’suoi propositi, lo fischiò ancor più forte, e per modo ’sta volta, che il povero artista, scoraggiato, disperato, si ricoverò nella nativa Lugo. […] Finalmente, riavuta la libertà, potè unirsi al padre che recitava a Parma nella Compagnia Rosa e Ventura, nella quale s’ ebbe il posto di brillante assoluto ; passando dopo quattr’anni caratterista in quella del solo Angelo Rosa, con cui stette sino al ’42. Il ’44 eccolo sostituir Luigi Taddei nella Compagnia Reale Sarda, nella quale rimase anche dopo la quaresima del ’54, epoca, in cui, toltole il sussidio del governo, continuò sotto la direzione di Francesco Righetti, e colla quale recossi a Parigi nella Sala Ventadour, ove s’ebbe con il Burbero benefico, Un Curioso accidente, La Bottega del caffè e La Locandiera i più schietti e larghi encomii di tutta la stampa.
Il 1° luglio 1747 la giovane ballerina esordì come attrice nella commedia, scritta a posta per lei da suo padre, intitolata Le due sorelle rivali, trascinando poi il 18 settembre il pubblico all’entusiasmo come attrice e come ballerina nella commedia francese in un atto e in versi, Le tableaux, di Panard, il quale dettò allora questo grazioso madrigale : Objet de nos désirs dans l’âge le plus tendre, Camille, ne peut-on vous voir ou vous entendre sans éprouver les maux que l’amour fait souffrir ? […] Cammilla Veronese morì il 20 luglio 1768 tra le braccia di Cromot, che amava da più anni la cara artista, per la quale ordinò magnifici funerali. […] E nel Capitolo III : Madamigella Camilla era un’ eccellente cameriera, ben accompagnata all’arlecchino del quale ho parlato (Bertinazzi), piena di spirito e di sentimento, che sosteneva il comico con una vezzosa vivacità, e che rappresentava le situazioni commoventi con anima e con intelligenza. Ella compariva in pubblico tal quale era in privato, sempre gaja, sempre eguale, sempre interessante, avendo lo spirito ornato, e le qualità del cuore eccellenti.
La tragedia fu dedicata a Leone X, il quale con somma magnificenza la fece rappresentare prima dell’anno 1516 in Roma. […] Havvi in tutte le nazioni un linguaggio comune, del quale si vale il turco e ’l francese, il parto e ’l romano, il persiano e ’l greco? […] Quale anche sciocco leggitore, scorrendo un’opera di Metastasio, invece di seguir la traccia dell’azione e degli affetti, si ferma a considerare in qual vocale, in quale a, in quale e, hanno formati i loro passaggi di gorgheggio la Gabrieli e ’l Pacchiarotti? Legge egli, p. e., che l’ambizioso e innamorato Aquilio, il quale usa ogni arte per romper la corrispondenza di Sabina e Adriano, vedendo che l’amor d’Augusto e gli sdegni di Sabina combattono per lui, prevede la propria vittoria, ma si dispone a vederla matura, e ad usar tutta l’arte d’un esperto schermidore, il quale esamina il nemico, frena il proprio sdegno, e attende il momento, che lo rende vincitore. […] Sulzer, il quale rimprovera al Metastasio la puerilità dell’aria, Saggio guerriero antico.
Eustacchio ; il quale ci ha detto che giovedì passato, verso le nove di sera, fu chiamato dal signor Balletti figlio, comico italiano, ch’egli trovò nel suo letto, per medicargli la ferita prodotta da un colpo di fuoco : che, avendolo visitato, trovò una piaga non lieve nella carne, alla parte esterna della coscia destra, che egli medicò, e che gli parve causata da una palla, che il Balletti disse di aver ricevuta alla Commedia, mentre recitava nella Camille Magicienne, in cui si sparan colpi di fucile contro una torre, ove il signor Balletti stava rinchiuso con altri comici : che si presume esser causa della ferita uno dei soldati, il quale, sostenendo una parte nella commedia, e dovendo sparare a polvere soltanto, prese nell’intermezzo, inavvertitamente, il fucile carico a palla del soldato in fazione sul palcoscenico, anzichè quello che doveva esser carico a sola polvere ; che se il detto artista non venne subito a far la sua dichiarazione, si fu perchè egli credette non valerne la pena, essendo il fatto accaduto in pubblico, e, com’era da credersi, per semplice inavvertenza o errore ; non per cattiva volontà. […] Al proposito del quale aneddoto, V.
Samuele le parti di prima donna con molto plauso l’anno drammatico 1736-37 nella Compagnia Imer diretta da Carlo Goldoni, il quale nella prefazione al Vol. […] E più oltre, al proposito della Rosmonda : L’ho composta per contentar la Bastona, la quale sostenuto avendo il carattere odioso di Teodora, pretendeva di farsi onore con una parte virtuosa, ed eroica ; ma tutti e due c’ ingannammo : ella non era fatta per queste parti, ed io non era ancora assai pratico per iscegliere gli argomenti. […] Fu allora che il Goldoni pensò comporre una specie di serata-complimento, nella quale prendesser parte tutti gli attori della Compagnia.
Dalla prefazione a una sua opera tragica intitolata Il carnefice di sè stesso, si apprende com’egli fosse a Napoli in Compagnia di certo Fabrizio, nella quale recitava le parti d’innamorato. […] Ben trovato il soggetto, il quale va a poco a poco intrecciandosi e arruffandosi per modo da destare il più vivo interesse. […] La dedica non è del Biancolelli, ma di Petronio Ruinetti, che par l’editore, il quale fa anche precedere all’opera una lettera dedicatoria al detto Facini.
Nato a Verona da famiglia agiata, si diede per tempo alla ricerca di varj secreti per la tintura delle stoffe in seta e drapperie in genere : ed essendo pervenuto a felici scoperte, aprì una manifattura colla quale s’acquistò in breve un gran nome. Ma innamoratosi di una commediante, per la quale si diede a spender da disperato, fu costretto, per seguirla, a lasciare il commercio, e ad imprendere l’arte comica, assieme alla moglie e ai due figli Angelo e Giovanni Battista. […] E giacchè siam sulla via delle ipotesi, anche potrebb’essere la Gabbrielli quella Ippolita, a cui è dedicato il sonetto dialettale, di cui il Bartoli non riferisce per pudore alcune parti, e la stessa per la quale lasciò il Costantini la patria.
Recitato prima co' filodrammatici senesi, poi con quelli di Firenze, ove s’era fissato dopo la morte del padre al principio del '29, esordì in Compagnia Villani, quale primo amoroso nell’ antico teatrino della Carconia, allora del Giglio, oggi Nazionale. […] Aveva il Landozzi sposata del '34, mentr'era in Compagnia Vergnano, una Maria Chiavistelli, fiorentina, attrice mediocre, ma siffattamente pazza da avvelenar gli ultimi anni del pover uomo, dalla quale ebbe dodici figliuoli, e la quale morì nel Pio Albergo Trivulzio, il 20 ottobre del '91.
Attrice famosa, intorno alla quale e antichi e moderni hanno fatto il più fitto bujo che si possa dire. […] Che la Lidia fosse una donnina allegra, credo si possa affermare, richiamandoci alla memoria quei versi di Bartolommeo Rossi, veronese, comico confidente, il quale nella sua Fiammella (Parigi, Abell’ Angeliero, 1584) fa dire nell’atto III, scena VI, a Bergamino : Ho vist la Lidia, ma quel so marit mai non l’ho vist, ma pens che 'l sia andat dentr'el Zodiaco, per formar quel segn che scomenza l’invern…… Intanto dunque la Lidia, giacchè d’altre Lidie di quell’epoca non è pervenuta a noi notizia, aveva marito. […] Forse la Lidia è nome di guerra preso dopo la morte dell’Armani, la quale sappiamo chiamarsi così appunto nelle commedie ?
Che abbia poi questi che vedere con Bernardino Lombardi, del quale il Belgrano non sarebbe alieno dal crederlo figlio o fratello, e suo successore nella maschera di Pedrolino, non mi riesce di capire. […] In quella del prologo ventunesimo (della Gloria), dice : Oggi coronerò di qncsta corona di lauro, di fiche, e di rose quest’ Accademia, la quale s’ ha proposto recitarvi una graziosa, piacevole e sentenziosa comedia : li dono le rose per la fatica pigliata ; li porgo le fiche per il compito travaglio, e al fine gli ornarò il capo di lauro, perchè l’ avranno recitata. […] La licenza del prologo LIV (della Fatica), dice : Ogni cosa che giovamento apportar suole, da me fatica, procede, sicome vedrete in questa nuova Comedia, la quale con fatica è composta, e s’ hanno affaticati alcuni Accademici farvene un presente in questo giorno.
La società, poco fortunata, non durò che due anni, e la Perotti potè scritturarsi il 1824 con Mario Internari, poi con altri fino al suo settantesimo anno di età, nel quale risolse di abbandonar l’arte. […] Ma il furfante non diè più segno di vita, e la povera artista col poco rimastole comprò una villetta con podere tra Roma e Frascati, la quale intestò al nome di una amica fedele, e in cui viveva con essa tranquillamente. Ma, ahimè, l’amica la precedè nel sepolcro, e i parenti, impossessatisi per legge di tutto, cacciaron di casa la padrona vera, la quale andò da prima limosinando, poi fu ricoverata all’ Ospizio di mendicità, d’onde usciva una volta la settimana per andare a pranzo dalla poetessa improvvisatrice Rosa Taddei, sorella del celebre caratterista.
Parimente di città in città scorrono nel Giappone alcune compagnie comiche composte quasi interamente di donne schiave di un Archimimo, a conto del quale rappresentano. […] Comparisce fanciulla, amoreggia e si marita una donna, la quale ha da partorire un bambino, che dopo quattro lustri si enuncia come il protagonista della favola. […] Sacontala è una principessa allevata da un Eremita in un boschetto sacro, la quale dovendo andare a nozze nella corte di un re, prende congedo dall’Eremita chiamato Cano, dalle pastorelle sue compagne, ed anche da un arbuscello, da una gazella e da un caprio. […] Le Pastorelle indrizzano la porola alle piante del boschetto, mostrano l’assezione ed il rispetto che ha per esse avuto Sacontala, la quale parte per andare al palazzo dello sposo, e si congeda da Cano. […] Richard, della quale favellarono i dotti Giornalisti Pisani nel tomo 34 an. 1779, onorando di un vantaggioso articolo l’edizione del 1777 di questa Storia de’ Teatri.
Rimasta vedova, passò dopo un anno nella Compagnia della Teresa Goldoni-Riva, nella quale, al fianco di Alessandro Lombardi, crebbe in rinomanza più specialmente con le parti in dialetto veneto del repertorio goldoniano, ch’ella rappresentava mirabilmente. […] Morì Luigia Bon dopo lunga e penosa malattia in Milano, verso il 1845, non ancor tócco i cinquant’anni, compianta dai pubblici e da’ fratelli d’arte che amavano in lei la squisita bontà, e ammiravano il non comune ingegno, al quale era accoppiata quella dovizia di mezzi materiali, che dovrebbero essere l’indispensabile patrimonio di un’attrice : figura slanciata, volto geniale e piacevole, voce melodiosa, occhi vivaci, capelli d’oro filato.
Si sposò ad un parrucchiere della città, Brangis, che da lei stimolato, abbandonò il suo negozio per darsi al teatro, in cui riuscì mediocremente, e per formare poi una Compagnia discreta, in cui potesse la moglie mostrare tutte le sue attitudini a quell’arte alla quale fu chiamata fin da giovinetta. […] Assunse il 1825 con Romualdo Mascherpa, col quale stette quattr’anni, il ruolo di madre nobile ; e dopo di essere stata in altre Compagnie, applaudita sempre, abbandonò il 1840 il teatro per recarsi in patria, ove morì.
Nato a Udine nel 1760 da parenti agiati, e rimasto orfano ancor giovanetto, si diede, non ostante il divieto del tutore, all’arte comica, nella quale riuscì ottimamente come primo amoroso. Innamoratosi a quel tempo di una figlia d’artisti, e venuto in possesso dell’eredità lasciatagli dal padre, determinò di realizzarne i capitali, e di formare una compagnia comica, pernio della quale sarebbe stata la giovane artista, ch’egli avea già sposato, e che sino ad allora non aveva sostenute che parti di amorosa generica ; dando però con l’avvenenza e intelligenza e volontà a sperar bene della prova audace.
Ma, volendo la Tessero per amor di famiglia far accettare in compagnia la sorella Laurina, la Gritti dovè andarsene ; ed entrò con Emanuel, dal quale uscì per assumere il ruolo di prima attrice con Ciotti e Belli-Blanes. Ma, dopo poco, ammalatasi, fu sostituita dalla Duse, amorosa della compagnia, la quale, spiegate allora eccezionali ed inattese attitudini, tolse di sana pianta il posto alla tornata.
Fu poi con Diligenti, Monti, Pieri, Pasta, Zacconi ; col quale ultimo cominciò a recitar parti di primo attore (1894), e dal quale passò il '98 nella Compagnia Di Lorenzo-Andò, in cui stette fino alla quaresima del 1903, per diventar poi capocomico in società con Gemma Caimmi, e primo attore assoluto : società che dura tuttavia (1905) con molta fortuna.
Mettevano gridi, insolentivano, imponevano di ritirarsi a qualche Attore non accetto, o di un partito contrario, altercavano fra loro ad alta voce senza verun riguardo per gli altri concorrenti, qual proteggendo uno de’ Teatri, e quale l’altro. […] Per quale interesse l’avrei fatto? […] In confidenza quale utile apporta a’ vostri Cittadini l’apologia degli spropositi di Lope, e Calderòn? quale quell’imputare altrui colpe sognate? quale il tignere tutte le cose del fosco colore de’ vostri aerei sospetti1?
Il loro studio consiste nel verificar appuntino le date, nel sapere il numero e i titoli delle produzioni d’un autore, per quanti mesi ei le ritenne chiuse nello scrigno, quanti manoscritti se ne facessero, in qual anno e da quale stampatore vedessero la pubblica luce, quante edizioni siano state fatte finora. […] [7] In quale degli accennati aspetti deggia fissare lo sguardo chiunque la storia d’un teatrale spettacolo imprende a narrare può da ogni lettore avveduto dopo qualche riflessione fatta su cotali materie non difficilmente conoscersi. […] Ma presto m’avvidi, che siffatto metodo cangierebbe la storia in una discussione polemica rincrescevole al pubblico , il quale pago per lo più di trovarne il vero poco si cura di risapere, se gli altri abbiano smarrita la via. […] [11] Una ci ha nonostante, la quale quant’otterrà facile indulgenza da giudici illuminati e sinceri, altrettanto darà fastidio a certe persone pusillanimi che scambiano mai a proposito il rispetto colla debolezza. […] [12] Mi resta solo il far una riflessione dopo la quale finisco.
Sileno interrompe il coro additandogli un legno di greca costruzione approdato al lido, dal quale son discesi alcuni uomini che portano vasi per provvedersi di acqua. […] Alle querele e preghiere che Ulisse indirizza a Pallade, succede il canto del Coro, il quale sospetta di cio che dentro farà il Ciclope. […] Un altro elegante scrittore d’ilarodie fu Simo Magnesio, del quale favella Aristotile presso Ateneo, e da questo Simo gli attori ilarodi chiamaronsi altresì Simiodi. […] La rappresentazione continuò a serpeggiare per entrambi gli esercizii, perchè tutto richiedeva espressione; ma nel canto animato dalle parole con alcuni movimenti regolati, quale è quella de’ cori tragici o comici, ebbe minor parte che nel ballo figurato così propriamente detto, il quale privo delle parole tutto cercò dall’azione. […] I Traci spiccarono nella saltazione bellica, della quale facevano uso ne’ gran conviti.
In Bantam, ch’é la capitale dell’isola di Giava, e ch’é divisa in due gran parti, una delle quali é abitata da’ cinesi che le danno il nome, qualunque sagrifizio si faccia nelle pubbliche calamità o allegrezze, é costantemente accompagnato da un dramma, il quale si riguarda come rito insieme, e festa pubblica. […] Scorrono pure di città in città nel Giappone alcune compagnie comiche, composte quasi interamente di donne schiave d’un archimimo, a conto del quale rappresentano. […] La musica antichissimamente introdotta nella China e coltivata dall’istesso Fo-hi, il quale inventò uno stromento di trentasei corde, sembra che vi sia caduta in dispregio, e negli ultimi tempi si trova appena tollerata da’ nobili nella scena9. […] Comparisce fanciulla, amoreggia, e si marita una donna, la quale ha da produrre un bambino che dopo quattro lustri si annunzia come il protagonista della favola. […] Mentre esse ballano, il brutto musico ripete questa parola con una vivacità continua, rinforzando per gradi la voce, e stringendo il tempo del suono in maniera ch’egli palesa il proprio entusiasmo con visacci e strane convulsioni: e le ballerine si agitano con un’agilità sorprendente, la quale accoppiata al desiderio di piacere e agli odori, de’ quali son tutte asperse e profumate le fa grondar di sudore e rimaner dopo il ballo pressoché fuor di se.
Quindi nacque una festa, un sacrifizio e un convito rinnovato ogni anno in tempo di vendemmia, nel quale la licenza del tripudio e l’ubbriachezza svegliarono quella satirica derisione scambievole che piacque tanto e che perpetuò la festa. Quel motteggiarsi a vicenda, e quegl’inni sacri cantati ballando formarono a poco a poco un tutto piacevole, che da τρυγη, vendemmia, si chiamò trigodia a, e fu come il germe che in se conteneva la gran pianta della poesia drammatica, la quale vedremo da quì a poco ingombrar tant’aria, e spandere per tutto verdi e robusti i suoi rami. […] L’Espugnazione di Mileto, di cui parla Eliano stessoa, appartiene a un altro Frinico figliuolo di Melanta, il quale per tal tragedia fu punito dagli Ateniesi con una multa di mille dramme. […] Era questa figliuola di Cercione della quale Nettuno ebbe Ippotoonte uno dei dieci eroi che diedero il nome alle dieci tribù di Atene. […] Vi fu un terzo Frinico poeta comico degli ultimi tempi della Commedia Antica, il quale cominciò a fiorire nel l’olimpiade LXXXVI.
Fu assai stimata e amata da Anna d’Austria, della quale, come il Fiorilli, poteva dirsi veramente intima. Delle poesie di lei vider la luce alcune Poesie musicali composte in diversi tempi, aggiunte alla prima edizione dell’Inganno fortunato, e una raccolta di rime, intitolata : Rifiuti di Pindo, edita in Parigi nel 1666, in 12°, sotto’l nome di Aurelia Fedeli, a proposito del quale si levaron dispute e contese fra’letterati : quello sostenendo che fu per semplice error di proto stampato Fedeli e non Fedele, cioè Aurelia, comica fedele ; questo immaginando che il nome di Fedeli sia quello d’un secondo marito, dovendosi escludere l’error del proto, il quale sarebbe stato continuato da lei e dal figlio di lei, che nelle sue liriche indirizza una poesia a Brigida Fedeli sua madre, a cui tien dietro subito la risposta della signora Brigida Fedeli, madre dell’autore. […] del 1 marzo 1888), il quale cita anche in appoggio il Baillet quasi contemporaneo di lei. […] Che altri la chiamasse pel suo nome di guerra, capisco : ma non capirei che altri potesse chiamarla col nome del secondo marito (e il figlio specialmente), giacchè sappiam per uso come un’attrice porti con sè oltre la tomba il nome col quale diventò famosa.
E come il sangue non è acqua, così egli potè in breve, a motivo di una dizione purissima, che ha tuttavia serbato il primo nitore, salire ai maggiori gradi di primo attor giovine e di primo attore, diventando poi con la intelligenza non comune e la non comune gagliardia di fibra, un de'più pregiati direttori di compagnie, fra cui quella di Teresa Mariani-Zampieri, nella quale stette assai gran tempo, ammiratissimo. — Fu il 1900 in quella di Bianca Iggius, scritturandosi poi pel '901 con Clara Della Guardia, con la quale si recherà nell’ America meridionale.
Dell’arte sua dice la Gazzetta Universale di Firenze (10 gennajo 1800) che ella rappresentò la parte d’Andromaca con quella vivacità e maestria, con la quale s’era fatta sempre distinguere sopra le scene del R. […] La indemoniata donna morì alle 2 ½ del mattino del 1° maggio 1821, e si ha dai conti del Del Buono, il quale omai viveva con lei nella sua casa di via Borgognissanti, che spese pel mortorio (le fece dire ottanta messe) in tutto lire 328.6.8.
Battaglia Carlo), non aveva compiuto i quindici anni, quando nella Compagnia di sua madre e del patrigno Francesco Toffoloni, entrò a sostenere il ruolo di prima donna ; nel quale tanto e in sì breve tempo s’innalzò, che Salvatore Fabbrichesi la scritturò nelle veci di Anna Fiorilli Pellandi, quando questa s’unì in società con Paolo Belli-Blanes : e seppe la Cavalletti vincere allora con l’arte sua calda e spontanea la reluttanza del pubblico milanese che credeva di dover sempre sentire la mancanza della celebre artista. […] Diventò pel ’40-41-42 prima attrice madre della Compagnia Verniano, dalla quale si tolse, per ritornare il ’43-44 capocomica al fianco del marito. […] Fu nello stesso ruolo, il 1820, col Fabbrichesi, il quale, quando condusse il ’24 la Compagnia a Trieste, l’assunse al grado di prima donna assoluta. Aveva la Cavalli sposato a Napoli l’amoroso Demetrio Cristiani ; e con lui, scritturato dalla società Tessari-Prepiani-Visetti quale caratterista, tornò il ’25 a Napoli, ove dopo alcuni mesi morì.
Lo scioglimento corrisponde alle grazie di questa commedia eccllente, nella quale colla sferza comica ottimamente si flagella una ridicolezza comune a tutte le nazioni culte di far versi a dispetto della natura, il quale argomento fu infelicemente trattato in Italia dal signor Goldoni nella commedia intitolata i Poeti. […] Scrisse ne’ medesimi versi la Donna ragionevole uscita nel 1758, la quale può dirsi una galleria di bei ritratti; ma v’introdusse M. […] L’ultima commedia ch’egli produsse fu Merlino bello spirito, nella quale punse gli autori drammatici suoi avversarj. […] Tra gli altri valorosi attori di tal compagnia si ammirava il famoso Carlino nella parte d’arlecchino, il quale cominciò a rappresentare nel 1742, e la celebre attrice Carolina da alcuni anni ritirati dal teatro. […] Confessano i Francesi di dovere le prime idee delle vere bellezze musicali nel genere comico alla Serva Padrona dell’immortale maestro Napoletano Pergolese, la quale colà si cantò nel 1753.
Così rovinò il sistema poetico, e musico degli antichi invece del quale nuova poesia successe barbara, e rozza, che tutta la sua vaghezza traeva dal definito numero delle sillabe in ogni verso, e dall’accoppiamento delle desinenze simili da loro chiamate rime, e nuova musica parimenti, la quale fu ben tosto una serie noiosa, e lenta di passaggi spogliati d’ogni dolcezza, senz’altra melodia, che quella che poteva nascere dalla forza, e dalla durazione de’ suoni. […] Così il canto fermo nella sua prima origine era il perfetto genere chiamato diatonico degli antichi, il quale, o per la maggior divozion de’ cristiani, o per la naturale sua semplicità era più atto a commuovere di quello che sia la sfoggiata pompa della musica presente. […] Gli spettatori non vedevano tra essa e loro quella distanza infinita, la quale, togliendo ogni proporzion fra gli estremi, rende inapplicabile qualunque teatrale imitazione. […] L’eremita allora cava fuori una gran croce, veggendo la quale il diavolo piglia la figura di porco, e va via grugnendo. […] Il primo quel semplicissimo, il quale altro non comprendeva se non se le prime rozze melodie degl’inni e de’ salmi.
L’argomento consiste in un giovane ben nato, il quale sacrifica alla smania di poetare la propria fortuna. […] Lo scoglimento corrisponde alle grazie di quest’eccellente commedia, nella quale si motteggia con tanto garbo su di un ridicolo comune a tutte le nazioni colte, il quale infelicemente fu maneggiato dal signor Goldoni nella commedia de’ Poeti. […] Tutto poi cede alla delicatezza dell’esclamazione di Clarendon, «Elle me pardonne», colla quale nel fine previene le parole di Eugenia già intenerita. […] I sentimenti ne sono veri, i caratteri ben sostenuti, e ’l dialogo naturale e tal quale deve essere». […] Le-Picq é uno de’ pantomimi più celebri odierni, il quale ha meritato d’essere encomiato in Napoli in un’anacreontica dell’illustre poeta D.
Carlino ; ed essendogli stata strappata da Antonio Petito, il celebre Pulcinella, la parrucca, colla quale celava la testa calva, fu obbligato da quella sera a lasciarla. Fu lo stesso Petito che gli affibbiò il nome di Buffo Barilotto, col quale fu celebre.
Non figlio di comici, nacque a Macerata il 7 maggio del 1857, ma dovette, per rovesci di fortuna, recarsi ancor giovinetto colla famiglia a Roma, dove, dominato dall’amore dell’arte, entrò nella filodrammatica Pietro Cossa, della quale era direttore Eugenio Gerbino, piemontese, un de’ migliori e più vecchi dilettanti. […] Vestri in Compagnia Nazionale, andò il Calabresi a sostituirlo con Vitaliani ; morto il Vestri, lo sostituì con la Marini, con cui restò cinque anni, e con cui si recò in compagnia di Francesco Garzes, dopo la tragica fine del quale andò socio e scritturato con Paladini e Zampieri, che abbandonerà la quaresima del ’97, scritturato pel nuovo triennio in Compagnia di Claudio Leigheb e Virginia Reiter.
Bolognese, figliuolo del precedente, recitava le parti d’innamorato, alternando l’arte del comico con quella della pittura, nella quale riuscì ritrattista mediocre. […] Avelloni-Monti Teresa), la quale, sposatala, educò alla scena con molto profitto.
Passò da quello di donna seria al carattere della serva sotto il nome di Smeraldina, nel quale successe alla Passalacqua, e riuscì attrice pregiatissima per l’acutezza dello spirito, la grazia del gesto e la vivezza dei lazzi. Il Goldoni, a proposito dell’arte sua, dice che eccettuata qualche caricatura sosteneva benissimo l’impiego di Cameriera ; ma, avverte saviamente il Löhner, egli la « giudica un po'severamente, forse perchè era cresciuta nelle tradizioni un poco sgangherate delle farse “à Canevas” d’allora. » Sposò il 9 gennajo 1739 in prime nozze il bravo dottore Rodrigo Lombardi (V.), dal quale s’ebbe più figli, tra cui Benedetto e Rosa, di cui è parola al nome di Lombardi ; e dieci anni dopo Atanasio Zanoni, celebratissimo brighella, da cui si ebbe due figli, Teresa e Idelfonso (V.).
Questi i principii di questo artista, che, passato poi nella Compagnia di Girolamo Medebach, col quale stette più anni, potè, al Sant’Angelo e al San Gio. […] Il Bartoli cita una commedia, particolare fatica di lui, nella quale sosteneva parecchi personaggi, parlava più dialetti, e faceva mille giuochi capricciosi. […] Passò vecchio, con la moglie, da quella del Medebach nella Compagnia della Battaglia, nella quale viveva ancora al 1781.
Non ancora spirato il secondo anno di studj, s’era nel 1833, il futuro avvocato, appassionatissimo dell’arte, in cui ebbe lezioni, dicono, dalla celebre Pellandi, e in cui fece prova eccellente nella filodrammatica della sua patria, si scritturò primo attore nella Compagnia di Marco Fiorio, di cui era prima attrice Carlotta Polvaro, vedova del brillante Angiolini, la quale egli sposò dopo alcun tempo. […] Si fece poi capocomico, ora solo, ora in società col brillante Cesare Marchi, col quale stette sino al 1859 (la moglie era morta nel '51). […] Costetti ne' Dimenticati vivi ci fa sapere che nel palazzo del Conte di Montecristo (il Pezzana ricorreva, costretto, alla risorsa della famosa quadrilogia), tutto il lusso orientale di lui consisteva in due moretti di stucco, che reggevano ciascuno un candelabro, e in un braciere di coccio dorato da cui usciva un fumo, poco voluttuoso, di mirra e di incenso, tal quale nelle chiese al momento della benedizione del Santissimo.
Sembra che una delle più famose di esse sia stato l’Avvocato Patelin, la quale ebbe tanta voga che Patelin da nome proprio divenne appellativo, e restò per significare adulatore, e produsse patelinage, e pateliner. […] Da simili rappresentazioni scorgesi che tutto ciò che comparve sulle scene francesi anche sotto Francesco I, era un misto grossolano di religione e buffoneria, che scandalezzò il pubblico talmente che i Fratelli ne perderono il teatro, il quale tornò a convertirsi in ospedale. […] Ma nell’istesso decreto del 1548, col quale si accordava la permissione di tali rappresentazioni, si prescrisse che dovessero essere puramente profane, e che mai più non vi si mescolassero le cose della religione. […] Fin d’allora cominciò ad allignare in Inghilterra un gusto più attivo, più energico che altrove, il quale ama a vedere più che a pensare, una propensione al grande, al terribile, al tetro, al malinconico più che agli amori, una vivacità in somma, una robustezza, un amor del complicato più che del semplice. […] Antonio Scoro d’Hoochstraton compose anche una comedia rappresentata da’ suoi scolari in Heidelberg, nella quale si personificava la religione che andava mendicando alloggio fra’ grandi, ed era esclusa, e che poi ricorreva, a’ plebei, ed era riacettata.
Un altro ancor più famoso tutto di marmo dedicato a Bacco se ne alzò dal chiaro architetto Filone 330 anni prima dell’Era Cristiana, del quale insino ad oggi veggonsi gli avanzi153. […] Uno de’ più magnifici teatri di marmo dell’Asia minore era quello di Smirne, il quale probabilmente fu il luogo dove bruciarono vivo San Policarpo primo vescovo di quella città in età di anni 96 sotto Marco Aurelio o Antonino Pio. […] Ma essa poteva esser vera dopo che si rallentò quel rigore degli statuti di Licurgo, il quale non permise agli Spartani di essere nè anche spettatori delle rappresentazioni sceniche. […] Nell’alto era ancor situata la macchina versatile, dalla quale giove lanciava i suoi fulmini, come dinota la voce Κεραυνοσκοπειον che le diedero. […] Al di sotto del pulpito e nel bel mezzo del teatro era l’orchestra destinata al canto e ai movimenti compassati del coro, la quale così chiamavasi dal saltare, dal verbo ορχεομαι, salto.
Carloni-Talli Ida, nata a Roma da Gioachimo Carloni, romano, e da Emilia Marovich, slava, maestra di ballo, si diede all’arte nel 1887, dopo di aver fatto ottima prova sotto la direzione dell’ex-comico Alessandro Meschini nella Filodrammatica romana, esordendo a Verona, qual prima attrice giovane, nella Compagnia di Giuseppe Pietriboni col quale restò tre anni. « Al Teatro Manzoni di Milano – scrive il Traversi (Natura e Arte, gennaio del ’93) – si ebbe, in quell’anno stesso, il più splendido battesimo….. […] » La giunonica dovizia delle forme, una fine intelligenza, e una non comune intuizione artistica, la innalzaron subito al ruolo di prima attrice nel quale esordì a Venezia in Compagnia Favi, diventando di punto in bianco una fra le più reputate artiste giovani, specialmente per la interpretazione gagliarda e inattesa della Trilogia di Dorina, commedia di Gerolamo Rovetta, la cui fiorente esistenza è a lei dovuta in gran parte.
Cominciò la vita dell’arte come amorosa in Compagnia di Gaspare Lavaggi, nella quale a sedici anni, diventò la seconda moglie dell’attore brillante Giovanni Serafini. […] Recitò con Ernesto Rossi e con Tommaso Salvini ; condusse per alcun tempo compagnia ; fu prima attrice e prima attrice madre con Ermete Zaccone, a fianco del quale creò, tra l’altre, con buon successo la parte della Magdalena nel Cristo di Bovio.
Fu poi con Antonio Sacco, dal quale dice il Gozzi (Mem. […] Gli altri due furono : il Cicuzzi, di Brindisi (il Gozzi lo chiama Cicucci), col nome del quale fu celebrata la Regina, e Giovanni Marchesini, pittor teatrale, figlio di Antonio Maschesini attore e capocomico.
Uscito dalla compagnia, ne formò una in società con Angiolo Gattinelli, scritturandovi il Taddei, col nome e colla direzione del quale potè passar tra quelle di prim’ordine. […] Apparve ancora nel ’63 al Teatro Re di Milano ; poi, venuto vecchio, e ormai vedovo da qualche tempo, con le due figlie ancor giovani, ebbe la fortuna di essere ricoverato da un’agiata famiglia milanese, in seno alla quale morì in tardissima età.
Ebbe soprannome di Signoretto, col quale son noti anch’oggi i figliuoli Luigi ed Annetta, ricchissimi, e col quale è tuttavia chiamato l’antico negozio di manifatture a lui appartenuto.
Esordì al Sannazzaro di Napoli in Compagnia Pietriboni, la quaresima dell’ '83 come amoroso, salendo dopo un triennio al grado di primo attor giovine con Lorenzo Calamai, per passar poi con Andò, nella nuova Compagnia di Eleonora Duse, dov'ebbe campo di farsi notare, per la eleganza e la correttezza della dizione, specialmente nella parte di Pinquet in Francillon di Dumas figlio, che creò con molto successo al fianco dell’illustre attrice, colla quale restò cinque anni. […] Questo il breve e fortunato stato di servizio di Vittorio Zampieri, il quale, recando sulla scena, oltre allo studio e alle chiare attitudini, tutta la gentilezza, tutta la dolcezza dell’indole sua, sa farsi ammirare e applaudire dai pubblici di ogni specie, al fianco della sua egregia compagna.
Ballavano essi, egli è vero, nella tragedia e nella commedia, ma il loro ballo era innestato col componimento, come lo era anche il coro, il quale non si dipartiva dalla scena per tutto il tempo della rappresentazione. […] Questi giungendo al fin del palco infocorno una porta, dalla quale in un tratto uscirono nove galanti tutti affocati, e ballorno un altra bellissima moresca al possibile. […] Finita poi la commedia, nacque sul palco all’improviso un amorino di quelli primi, e nel medesimo abito, il quale dichiarò con alcune poche stante la significazione delle intromesse.» […] In mezzo a siffatta allegrezza il fanciullo fa un cenno, lo scoglio si trasforma in un carro trionfale, sul quale egli ascende. […] Ma da quale ipotesi, opinione, o credenza siamo noi preparati a veder lottare una donna con un’ombra?
La superba Francia, la quale vorrebbe pur ora far fronte e resistere alla dominatrice magia delle modulazioni italiane, fu allora la prima a chiamare a se il dramma musicale, e ciò nel 1645. […] Furono poi maggiormente promosse sotto la regenza di Caterina de’ Medici, la quale chiamò musici e suonatori italiani per rallegrare con balli, mascherate e festini la corte, ove gran nome s’acquistò il Baltassarini conosciuto dai Francesi col nome di Beaujoieux colle sue leggiadrissime invenzioni, onde ottenne l’impiego di cameriere della regina, e in seguito di Arrigo Terzo. né dee tralasciarsi Ottavio Rinuccini inventore del dramma in Italia, il quale allorché accompagnò la regina Maria de’ Medici, di cui ne fu perdutamente innamorato, col titolo di gentiluomo, il gusto delle cose musicali grandemente promosse. […] Questa non s’aggirava se non intorno ad una sola specie di melodia, la quale si variava poi dal cantore secondo il proprio genio, onde veniva in conseguenza che l’arte del compositore e del maestro fosse del tutto ignorata. […] La Walinka, spezie di cornamusa semplicissima, la quale si forma mettendo due flauti in una vescica di bue inumidita. […] La novità colpì, qualmente si dovea aspettare, i grandi della nazione, ed ecco a gara coltivarsi da loro la musica, anche per imitare l’imperatore, il quale avea cominciato a tener accademie regolate di musica due volte alla settimana nel proprio palazzo.
Succedette al Rueda un tal Naharro, nato in Toledo, il quale rappresentava molto bene la parte di ruffiano codardo. […] Or perché poi cotesto scempiato eremita, il quale, senza sapersi perché, si rende complice d’un attentato sì atroce, aspetta fino a quel punto a fare una richiesta sì importante e necessaria per impedir l’uccisione d’Orfea poco meno che eseguita? […] Cervantes lasciò di scriver commedie quando cominciava a fiorire il famoso Lope de Vega Carpio, il quale sopravvisse diciannove anni a Cervantes, e morì nel 1635 d’anni settantatré. […] Contuttociò il Nasarre senza ragione cerca avvilir affatto il merito di Lope, il quale pur é fino ad oggi il Principe de Comici Spagnuoli. […] Geronimo Bermudez, il quale ancor vivea circa il 1589, pubblicò in Madrid nel 1577 sotto il nome di Antonio di Silva due tragedie sopra Doña Inés de Castro, intitolate Nise Lastimosa, e Nise Laureada.
Sposò l’Anagilda Fortunati, figlia dell’Arlecchino più conosciuto col soprannome di Toto, la quale, a detta del Bartoli, diventò coll’assistenza del marito una commediante di buon nome. La troviamo insieme con lui, terza nell’elenco della Compagnia Paganini, poi prima donna a soggetto in quella di Giuseppe Pellandi nel 1797-98, poi madre nobile in quella di Morrocchesi nel 1802, nella quale il marito era caratterista.
Entrò con egual ruolo in quella di esso Rossi, il quale anche afferma aver avuto il Benedetti buone attitudini all’arte. […] Passò il 1871 generico primario con Tommaso Salvini, col quale si recò ne’vari Stati d’ Europa e in America.